Dissertations / Theses on the topic 'Teoria costituzionale'

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1

Pellizzone, I. "Il rinvio delle leggi nella teoria e nella prassi." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/49555.

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Abstract:
The thesis focuses on an important power belonging to the President of the Republic: the remittal of a law to the parliamentary assemblies, provided by art. 74 Const. The thesis focuses on the theory and the praxis of the mentioned presidential power. Not only the formal remittals are analyzed, but also the informal moral suasion addressed by the Quirinale to the Chamers. The core of the thesis deals with: a) the borders between the neutral presidential power and the political legislative power of the Chambers; and b) with the role of the President in the italian form of government.
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LORENZON, Sara. "TEORIA DEGLI EFFETTI DIRETTI E APPLICAZIONE DEL DIRITTO L’efficacia delle norme ce self-executing nell’interpretazione della Corte di giustizia e del giudice interno." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2009. http://hdl.handle.net/11392/2388683.

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Abstract:
The debate regarding the direct effect of untrasposed Community directives on relations between individuals has not been laid to rest by the judgement in faccini Dori. That judgement does not ruled out the possibility that the Court may reach a dirreeferent conclusion as regards directives published after the entry into force of the new version of article 91 of the EC Treaty or adopted on legal basis wich also permit the adoption of regulations. The solution of distinguishing between direct vertical effect ahd horizontal effects gives rise, in practice, to considerable problems wich can only partially be resolved by recours to the remedies regarded by the Court as alternative options, namely the obligations to interpret the national rules in conformity with the directive in question and the liability of the Member State for breanches of Community law. In conlcusion it will be examined the relationship between constitutional legal sistem and the european one througout the equality review.
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3

Bocchini, Claudia. "La teoria schmittiana della democrazia. Il pensiero politico e la teoria costituzionale di Carl Schmitt nel contesto dell'interpretazione delle costituzioni moderne dall'età della Rivoluzione francese alla Repubblica di Weimar." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425223.

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Abstract:
Carl Schmitt's Theory of Democracy examines specifically Schmitt's juridical works of the twenties and the early thirties of the XX century, combining different scientific approaches: political theory, constitutional history and constitutional theory, and organizing schmittian comment of the Weimar Constitution in the period of a century and a half of the history of modern democracy, that goes from the birth, in the age of the French Revolution, of the first republican constitutions to the Weimer Republic.
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4

MERCURI, Giuseppe. "Il principio di proporzionalità. Dall’esperienza giuridica europea alla rilevanza costituzionale nell’ambito del diritto tributario." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2021. http://hdl.handle.net/10446/181519.

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5

Orlandi, Elena <1983&gt. "L'interpretazione autentica nei suoi profili teorici ed applicativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4597/1/Orlandi_Elena_Tesi.pdf.

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Abstract:
La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
The treatment delineates the theoretical and applicative boundaries of the institute of authentic interpretation, in the clear awareness that this issue lurks behind the most complex problem of a proper delimitation between the activities of legis-latio and legis-executio. The phenomenon of the interpretative laws constitutes in fact a nerve centre and a point of intersection of three distinct areas of law, that are the theory of interpretation, the theory of sources of law and the liberal doctrine of the separation of powers. Within our system, in the most recent period, there has been an exponential increase of interpretative legislative interventions that, in the actual state, are used mainly as instruments of ordinary legislation. Under this aspect, the more and more frequent appeal to the interpretative source can be framed in the more complex phenomenon of the “crisis of the law” whose traditional requirements of generality, abstractness and non-retroactivity have been gradually abandoned by the legislator in parallel with the establishment of the constitutional State. The abuse of the interpretative tool by the lawmaker, seriously injurious of the subjective juridical positions, has not yet been effectively thwarted in spite of the elaboration from the constitutional Court of a series of limits and requirements of legitimacy of the legislative exegesis. In this perspective, the research and examination of strategies and jurisdictional and institutional remedies, such as to embank the “omnipotence” of the lawmaker interpreter, become extremely relevant. As a result of the analysis, the investigation has reached the awareness of the potentialities inherent in the development of the jurisprudence of the Court Edu more inclined to punish the abuse of interpretative laws.
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6

Orlandi, Elena <1983&gt. "L'interpretazione autentica nei suoi profili teorici ed applicativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4597/.

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Abstract:
La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
The treatment delineates the theoretical and applicative boundaries of the institute of authentic interpretation, in the clear awareness that this issue lurks behind the most complex problem of a proper delimitation between the activities of legis-latio and legis-executio. The phenomenon of the interpretative laws constitutes in fact a nerve centre and a point of intersection of three distinct areas of law, that are the theory of interpretation, the theory of sources of law and the liberal doctrine of the separation of powers. Within our system, in the most recent period, there has been an exponential increase of interpretative legislative interventions that, in the actual state, are used mainly as instruments of ordinary legislation. Under this aspect, the more and more frequent appeal to the interpretative source can be framed in the more complex phenomenon of the “crisis of the law” whose traditional requirements of generality, abstractness and non-retroactivity have been gradually abandoned by the legislator in parallel with the establishment of the constitutional State. The abuse of the interpretative tool by the lawmaker, seriously injurious of the subjective juridical positions, has not yet been effectively thwarted in spite of the elaboration from the constitutional Court of a series of limits and requirements of legitimacy of the legislative exegesis. In this perspective, the research and examination of strategies and jurisdictional and institutional remedies, such as to embank the “omnipotence” of the lawmaker interpreter, become extremely relevant. As a result of the analysis, the investigation has reached the awareness of the potentialities inherent in the development of the jurisprudence of the Court Edu more inclined to punish the abuse of interpretative laws.
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CARAMASCHI, OMAR. "Costituzionalismo globale: profili teorici e tendenze evolutive." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1046212.

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Abstract:
The thesis deals with the phenomenon of global constitutionalism from a mainly theoretical point of view. The concept of constitutionalism will be analyzed from a double perspective beyond the classic reference to statehood, to try to adapt it to the changes produced by globalization in the legal sphere. The first concerns constitutionalism as a fully global phenomenon, hence the possibility of common constitutional levels that can favor its global convergence. The second, on the other hand, provides for the mapping of the diffusion of constitutional elements at the transnational, international and global levels, in particular through a gradual constitutionalisation of law and international organizations. Thus global constitutionalism would be an "agenda" or a theoretical "perspective" through which it could be possible to apply constitutional principles in the international and global legal sphere.
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8

Mezzetti, Luca. "Teoría e prassi delle transizioni costituzionali e del consolidamento democratico agli inizi del nuovo millennio." Pontificia Universidad Católica del Perú, 2014. http://repositorio.pucp.edu.pe/index/handle/123456789/116128.

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9

SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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Santos, Igor Raatz dos. "A reconstrução do processo civil no estado democrático de direito: possibilidades a partir da teoria do Direito, do Estado e da Constituição." Universidade do Vale do Rio dos Sinos, 2011. http://www.repositorio.jesuita.org.br/handle/UNISINOS/3266.

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Abstract:
Submitted by Mariana Dornelles Vargas (marianadv) on 2015-04-09T17:12:25Z No. of bitstreams: 1 reconstrucao_processo.pdf: 1303621 bytes, checksum: bf0b1350d375163c6ee518219ab022d2 (MD5)
Made available in DSpace on 2015-04-09T17:12:25Z (GMT). No. of bitstreams: 1 reconstrucao_processo.pdf: 1303621 bytes, checksum: bf0b1350d375163c6ee518219ab022d2 (MD5) Previous issue date: 2011-12-22
Nenhuma
In tempi di riforme e dibattiti sul progetto di nuovo codice di processo civile, questo lavoro nasce con un obiettivo proprio: servire come constrizione epistemologica in relazione alle tendenze (riformista o meno) sperimentate dal processo civile brasiliano oggi, coprendo così quello che è (ri) prodotto dalla dottrina e dalla pratica dei tribunali. La proposta non costituisce una critica rivolta a determinate dottrina o scuola, ma piuttosto un contributo riflessivo per servire come apertura al pensiero di un nuovo processo civile. Pertanto, una proposta per la ricostruzione del processo civile nel Stato Democratico di Diritto. Questo intento si svilupperà su due livelli: la Teoria dello Stato e la Costituzione e la teoria del Diritto. In un primo momento, parte da una proposta di analisi dalla nascita dello Stato moderno, con lo scopo non solo di permette di vedere in che misura lo processo civile è attraversato da questi due piani (Teoria dello Stato e la Costituzione e teoria del Diritto), ma soprattutto per costruire un senso di ciò che è precedente in contrasto con il paradigma di uno Stato Democratico. In una seconda fase, si lavora a costruire le basi di un processo civile nello Stato democratico, che richiederà una analisi sulla Costituzione stessa del Brasile come una Costituzione Compromissoria e Dirigente, domanda di solito trattenuto dalla dottrina processuale. Il lavoro segue dai contributi della Critica Ermeneutica del Diritto, nel tentativo di dimostrare che lo processo civile e la Costituzione sono inseparabile, che tra testo e norma cè una differenza ontologica, in modo che linterprete non dà il senso che più gli piace al testo, e che la differenza tra regole e principi non significa una divisione, soprattutto perché i principi assumono una dimensione trascendentale in relazione al ontico delle regole. Con questo, si affronta problemi centrali della teoria del processo, come il concetto di processo e limportanza che questa inversione di tendenza verificata allinterno della triade azione, giurisdizione e processo induce in relazione a tutta teoria generale del processo. Ad esempio, si lavora con il problema della invalidità processuali e dei presupposti processuali. Alla fine, e dopo essere stato presentato una proposta di analisi del ruolo del giudice e le parti nello Stato Democratico, la reconstruzione dello processo si occuperà della questione della motivazione della motivazione, della possibilità (necessità) di risposte corrette, com il che si scontra scontri lavoro con le posizioni dottrinali che sono state sostenendo ladozione di un sistema di precedenti vincolanti in Brasile, che si presenta è, in effetti, come una sorta di anticorpi del sistema stesso, a causa della mancanza di riflessione sul Teoria del Diritto nel quadro dell processo civile. In generale, lopera si presenta come lapertura di una proposta per ricostruire il processo civile nello Stato Democratico di Diritto.
Em tempos de reformas processuais e de grandes debates em torno do projeto de novo Código de Processo Civil, o presente trabalho surge com um objetivo certo: servir de constrangimento epistemológico às tendências (reformistas ou não) vivenciadas pelo direito processual civil brasileiro na atualidade, abarcando tanto aquilo que é (re)produzido pela doutrina, quanto pela prática dos Tribunais. A proposta não se constitui em uma crítica endereçada a determinada doutrina ou escola processual, mas, sim, em um aporte reflexivo que sirva de abertura para o pensamento de um novo processo civil. Por isso, uma proposta de reconstrução do processo civil no Estado Democrático de Direito. Esse intento vai ser desenvolvido em dois planos: pela Teoria do Estado e da Constituição e pela Teoria do Direito. Em um primeiro momento, parte-se de uma proposta de análise a partir do nascimento do Estado Moderno, com o propósito não somente de deixar ver em que medida o processo civil é atravessado por esses dois planos (Teoria do Estado e Constituição e Teoria do Direito), mas, principalmente, de construir um sentido prévio daquilo que é incompatível com o paradigma do Estado Democrático de Direito. Em um segundo momento, trabalha-se nas bases de uma construção do processo civil no Estado Democrático de Direito, o que vai cobrar uma análise a respeito da própria Constituição do Brasil como uma Constituição Compromissória e Dirigente, questão em regra sonegada pela doutrina processual. O trabalho segue, a partir dos aportes da Crítica Hermenêutica do Direito, no intento de mostrar que Processo Civil e Constituição são incindíveis, que entre texto e norma há uma diferença ontológica, de modo que o interprete não atribui o sentido que melhor lhe aprouver ao texto, e que a diferença entre regras e princípios não significa uma cisão, inclusive porque os princípios assumem uma dimensão de transcendentalidade em relação ao ôntico das regras. Com isso, passa-se a enfrentar problemas centrais da teoria do processo civil, como o próprio conceito de processo e a importância que essa reviravolta ocorrida no bojo da tríade ação, jurisdição e processo cobra no que diz respeito a toda a Teoria Geral do Processo. De forma exemplificativa, trabalha-se com o problema das invalidades e pressupostos processuais. Por fim, e após ser apresentada uma proposta de análise do papel do juiz e das partes no Estado Democrático, a reconstrução do processo vai lidar com a questão da fundamentação da fundamentação e da possibilidade (necessidade) da busca de respostas corretas, com o que o trabalho choca-se com as posturas doutrinárias que vêm defendendo a adoção de um sistema de precedentes obrigatórios no Brasil, o que se apresenta, na verdade, como uma espécie de anticorpos do próprio sistema, tendo em vista a falta de reflexão sobre a teoria do direito no âmbito do direito processual civil. Em linhas gerais, o trabalho apresenta-se como a abertura de uma proposta para que se possa reconstruir o processo civil no Estado Democrático de Direito.
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CANDIDO, ALESSANDRO. "CONFINI MOBILI. IL PRINCIPIO AUTONOMISTA NEI MODELLI TEORICI E NELLE PRASSI DEL REGIONALISMO ITALIANO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/887.

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Abstract:
Il lavoro indaga lo sviluppo del principio di autonomia nella teoria e nelle prassi del regionalismo italiano, con lo scopo di dimostrare come oggi risulta piuttosto difficile individuare un modello preciso per l’Italia. Il regionalismo, infatti, è sempre stato considerato come fattore strumentale a perseguire obiettivi estranei all’autonomia, senza però trovare un adeguato riscontro nel concreto assetto dei rapporti tra centro e periferia. Come lo studio ha cercato di dimostrare, le motivazioni di tale difficoltà, di natura storica e, soprattutto, politica, si possono rintracciare ripercorrendo le tappe del movimento regionalista: dal periodo risorgimentale di formazione dello Stato italiano alla Costituente; dalla lunga fase di inattuazione delle Regioni alle riforme costituzionali del 1999 e del 2001. Dal quadro attuale emerge un diritto regionale “confuso”, immagine sbiadita (e stravolta) del disegno realizzato a grandi linee – e frettolosamente – con la modifica del Titolo V della Costituzione. La realtà dimostra che, per valorizzare il principio di autonomia regionale, occorrerebbe un cambiamento culturale nella classe dirigente italiana. Se ciò non dovesse accadere, il regionalismo (o, come confusamente viene oggi chiamato, il federalismo) rimarrebbe ancora a lungo privo di un modello.
The study investigates the development of the autonomy principle in the theory and praxis of the Italian regionalism. It aims at demonstrating the difficulty in finding an adequate model to Italy nowadays. In fact, regionalism has always been considered as an instrument to reach goals that are extrinsic to autonomy. Nevertheless, it is not to be found in the concrete structure of the relationship between State and regions. As the study intend to focus on, the historical and mainly political reasons can be found by following the different steps of the regionalist movement: from the Risorgimento, when the Italian state was born, to the Costituente; from the long period of failure in the realization of the regions to the constitutional reforms in 1999 and 2001. The current situation shows a “confused” regional law, a faded and upset image of the project hastily outlined by modifying the Titolo V of the Constitution. It is a matter of fact that a cultural change in the Italian ruling-class should be necessary in order to evaluate the principle of regional autonomy. Otherwise, regionalism (or federalism, as it is confusedly called today) would remain without a model for a long time.
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CANDIDO, ALESSANDRO. "CONFINI MOBILI. IL PRINCIPIO AUTONOMISTA NEI MODELLI TEORICI E NELLE PRASSI DEL REGIONALISMO ITALIANO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/887.

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Abstract:
Il lavoro indaga lo sviluppo del principio di autonomia nella teoria e nelle prassi del regionalismo italiano, con lo scopo di dimostrare come oggi risulta piuttosto difficile individuare un modello preciso per l’Italia. Il regionalismo, infatti, è sempre stato considerato come fattore strumentale a perseguire obiettivi estranei all’autonomia, senza però trovare un adeguato riscontro nel concreto assetto dei rapporti tra centro e periferia. Come lo studio ha cercato di dimostrare, le motivazioni di tale difficoltà, di natura storica e, soprattutto, politica, si possono rintracciare ripercorrendo le tappe del movimento regionalista: dal periodo risorgimentale di formazione dello Stato italiano alla Costituente; dalla lunga fase di inattuazione delle Regioni alle riforme costituzionali del 1999 e del 2001. Dal quadro attuale emerge un diritto regionale “confuso”, immagine sbiadita (e stravolta) del disegno realizzato a grandi linee – e frettolosamente – con la modifica del Titolo V della Costituzione. La realtà dimostra che, per valorizzare il principio di autonomia regionale, occorrerebbe un cambiamento culturale nella classe dirigente italiana. Se ciò non dovesse accadere, il regionalismo (o, come confusamente viene oggi chiamato, il federalismo) rimarrebbe ancora a lungo privo di un modello.
The study investigates the development of the autonomy principle in the theory and praxis of the Italian regionalism. It aims at demonstrating the difficulty in finding an adequate model to Italy nowadays. In fact, regionalism has always been considered as an instrument to reach goals that are extrinsic to autonomy. Nevertheless, it is not to be found in the concrete structure of the relationship between State and regions. As the study intend to focus on, the historical and mainly political reasons can be found by following the different steps of the regionalist movement: from the Risorgimento, when the Italian state was born, to the Costituente; from the long period of failure in the realization of the regions to the constitutional reforms in 1999 and 2001. The current situation shows a “confused” regional law, a faded and upset image of the project hastily outlined by modifying the Titolo V of the Constitution. It is a matter of fact that a cultural change in the Italian ruling-class should be necessary in order to evaluate the principle of regional autonomy. Otherwise, regionalism (or federalism, as it is confusedly called today) would remain without a model for a long time.
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Santangelo, Giulia <1988&gt. "Il testo divulgativo medico-scientifico in Italia e in Cina: analisi, adattamento e sottotitolazione di "La teoria dei metodi diagnostici del Huang Di Nei Jing" 黄帝内经的 珍法学 e "I misteri dei cinque visceri" 五脏的奥秘 e traduzione di un capitolo di I nove tipi di costituzione 人分九种." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4785.

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Abstract:
Il lavoro di tesi in oggetto è nato principalmente da un mio interesse personale sia nei confronti del tema, la medicina tradizionale cinese e la divulgazione medica, che nei confronti di una modalità particolare di traduzione che è di fatto la sottotitolazione. Il mio interesse per la sottotitolazione è nato già da tempo ed è stato oggetto di un mio precedente lavoro di tesi, per cui ho scelto anche in occasione di questo lavoro finale a conclusione del percorso di laurea magistrale, di seguire la stessa direzione. L’elaborato si articola in più parti legate da unico tema dominante, il testo divulgativo medico-scientifico, attraverso l’analisi di due audiovisivi tratti dalla serie di documentari ispirati al Huang Di Nei Jing intitolati “La teoria dei metodi diagnostici del Huang Di Nei Jing” e “I misteri dei cinque visceri” e un manuale divulgativo “I nove tipi di costituzione”. L’obbiettivo finale è quello di riuscire ad analizzare i tratti peculiari del testo divulgativo e vedere come e se le tipologie di testi in esame riescono a presentare dei temi e dei contenuti così ricchi a un pubblico di massa in modo comprensibile e accessibile. Lo studio è stato molto interessante perché è riuscito a mettere in luce delle analogie tra i tre prototesti in lingua cinese ma anche delle differenze, legate a vari motivi tra cui anche e spesso quelli di natura editoriale o la diversa tipologia di lettore modello o ancora la loro finalità ultima ( far conoscere aspetti della medicina tradizionale, formare ed educare sul tema ecc…). Inoltre è importante tener conto del fatto che la traduzione in lingua italiana ha dovuto sottostare ad alcune limitazioni imposte dalla tipologia testuale stessa, come nel caso del numero di caratteri per la sottotitolazione o a consuetudini editoriali specifiche del testo divulgativo medico in lingua italiana. L’elaborato presenta due capitoli introduttivi sulla storia della divulgazione in Cina e in Italia e sul rapporto tra paziente e medico che ha una forte influenza sul piano linguistico (lingua settoriale, tecnicismi collaterali), e inoltre è stato dedicato un breve capitolo introduttivo al Huang Di Nei Jing essendo l’argomento centrale dei testi cinesi. A seguire vi è il corpo della tesi costituito dai testi in lingua cinese a confronto con la traduzione in italiano dove emergono le principali scelte traduttive che verranno spiegate dettagliatamente all’interno del commmento traduttologico. Quest’ultimo è diviso in due parti a seconda delle tipologie testuali analizzate, ed è introdotto da un capitolo sull’analisi delle caratteristiche del testo divulgativo sia a livello sintattico che semantico e lessicale. Infine, è opportuno dire che varie fonti, dizionari e testi paralleli mi hanno offerto un grande contributo durante il mio lavoro; in particolare l’opera di Unschuld e la traduzione di Ilza Veith del Huang Di Nei Jing e i testi paralleli in generale sono stati in questo caso specifico molto utili insieme al supporto di dizionari quali il Ricci e il Classfied dictionary of Traditional Chinese medicine.
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MARIA, MAZZIERI ENRICO. "TEORÍA DE LA DELEGACIÓN Y LEGISLACIONES DELEGADAS / TEORIA DELLA DELEGA E LEGISLAZIONI DELEGATE." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11393/291853.

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Abstract:
La presente tesi di dottorato tratta lo studio generale della delega legislativa, con riferimento alla sua teoria, in un percorso teorico attraverso gli ordinamenti di Italia, Spagna ed Unione Europea, con un particolare interesse a come questo tipo di legislazione si è maggiormente concretizzata. Durante l'intera opera, tre sono i metodi di ricerca e analisi utilizzati: dapprima teorico-filosofico, poi analitico e infine comparativo. Nel capitolo I, dopo un’introduzione che connette la teoria della delega con la più generale teoria costituzionale, attraversando i sottili confini tra sistemi federali e confederati, per poi giungere ad una necessaria approssimazione al sistema delle fonti dell’Unione Europea – ontologicamente connesso ad entrambi, in quanto sistema “quasi-federale” – si analizza il momento genetico della delega legislativa partendo dal principio di separazione dei poteri e la sua evoluzione tra le dottrine di Locke, Montesquieu e Carl Schmitt, per arrivare all’esercizio ed alla titolarità della delega legislativa, nonché alla necessità di ricorrervi. Il capitolo II, caratterizzato da un metodo di ricerca più analitico e comparatistico, analizza la delega legislativa negli ordinamenti giuridici di due Stati membri dell’UE: l’Italia e la Spagna. Quindi, dopo un’introduzione ai due differenti sistemi, osservando quadro normativo, principi e criteri rettori, la ricerca si sposta sulla volontà di mettere in risalto similitudini e differenze tra i sistemi normativi, sul rispettivo uso dello strumento della delega e sulla trasformazione che questa ha avuto nel corso degli anni, utilizzando altresì un metodo empirico attraverso lo studio dei dati. Il terzo ed ultimo capitolo, previo inquadramento della figura della delega legislativa nel sistema pre e post Lisbona, tratta la legislazione delegata nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, i suoi limiti e le sue garanzie costituzionali impostegli dalla Corte di Giustizia UE, mediante l’analisi di due dei più celebri casi: il caso Köster ed il caso Rey Soda. Prosegue l’analisi con lo studio degli articoli 290 e 291 TFUE, mediante le conclusioni dell’Avvocato Generale Cruz Villalón, riguardo un altro celebre caso, il caso Biocidi – per poi concludersi con una panoramica sul futuro della legiferazione in Unione Europea ed il programma Better Regulation for Better Results. Lo scopo di questa tesi di dottorato è quindi giungere al punto di arrivo della teoria della delega spiegando, a partire dalla sua originaria ragion d’essere, in che strumento si è tramutata, in un cammino teorico che farà da filo conduttore e che permetterà di rileggere la realtà dei fatti, analizzando le dinamiche della delega legislativa all’interno di tre ordinamenti.
This is a general study of delegated legislation, with reference to its theory, in a theoretical path throughout the legal systems of Italy, Spain and the European Union, with a particular interest in how this kind of legislation mostly materialises. During the study, we face three methods of research and analysis: theoretical-philosophical, analytical and comparative. Chapter I opens with an introduction that connects the theory of delegation with the more general constitutional theory, crossing the fine boundaries between federal and confederate systems, to then arrive at a necessary approximation to the system of sources of the European Union – ontologically connected to both, as a "quasi-federal" system. Chapter I goes on dealing with the birth moment of legislative delegation, starting from the principle of separation of powers and its evolution between the doctrines of Locke, Montesquieu and Carl Schmitt, to eventually arrive at the exercise and ownership of the legislative delegation, as well as the need to use it. Chapter II, characterised by a more analytical and comparative research method, analyses the legislative delegation in the legal systems of two EU Member States: Italy and Spain. After an introduction to the two different systems, observing the regulatory framework, principles and rector criteria, the research moves on to highlight similarities and differences between the two systems. Chapter II also highlights the use of delegation tools and the transformation that this has had over the years, using an empirical method through the study of data and tables. Chapter III places the figure of the legislative delegation in the pre- and post-Lisbon system, and goes on to deal with the delegated legislation in the legal system of the European Union, its constitutional limits and the guarantees imposed by the Court of Justice. Two of the most famous cases are used to analyse the aforementioned subjects: the Köster case and the Rey Soda case. The analysis continues with the study of articles 290 and 291 TFEU, through the brilliant conclusions of Advocate General Cruz Villalón, regarding another famous case – the Biocides case. Chapter III concludes with an overview of the future of legislation in the European Union and the program Better Regulation for Better Results. The aim of this doctoral thesis is therefore to understand the derivation of the theory of delegation. This thesis attempts to do this by explaining its original raison d'être, what kind of instrument it has become, using a theoretical approach that will act as a guiding framework and which will allow readers to better understand the circumstances surrounding facts.
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Campos, Felipe Pante Leme de. "L’istituzionalismo nella storia del pensiero costituzionale brasiliano: appropriazione, influenza e rilettura del pensiero di Santi Romano in Brasile (1889-1940)." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1220227.

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Abstract:
La costruzione dello Stato moderno, almeno quello occidentale, si è fondata a partire dal nucleo “centrale” europeo, in particolare sui modelli tedesco e francese. La componente della centralità ha permesso non soltanto la circolazione di tale modello, ma altresì del discorso circostante e non meno centrale. Dunque, al Rechtsstaat o a una forma di souveraineté si aggiunge un’influenza postrivoluzionaria la quale si riflette maggiormente nella forgiatura dello (di uno) Stato brasiliano. Lo Stato “Repubblicano” brasiliano, “emerso” nel 1889, concentra o cerca di concentrare gli elementi giuridici a esso circostante: esso concentra, superando la Costituzione Imperiale, l’arrivo del discorso statunitense attinente alla “federazione” e, successivamente, i suoi concetti “naturale”. Ciò premesso, il presente elaborato non intende “ricercare” gli elementi “centrali” europei all’interno del discorso giuridico-costituzionalistico brasiliano, ma propone la dimostrazione, a partire dalla lettura stessa di quanto i giuristi cercarono di teorizzare o costruire, dal loro nucleo, un loro Stato all’interno delle loro particolarità senza, però, allontanarsi dalla prospettiva storico-comparatistica a partire dalla “periferia” verso il centro, vale a dire oltre una lettura “standard”. Lo sguardo teorico, dunque, richiama la concezione romaniana dell’ordinamento giuridico; dunque si cercò di dimostrare come i giuristi brasiliani siano stati influenzati o, per meglio dire, come si verificò l’introduzione, la rilettura, l’appropriazione o l’assenza del discorso romaniano – non meno – apparentemente – centrale. L’analisi è stata strutturata diacronicamente in decenni all’interno dei quali sono stati esaminati nelle loro particolarità i giuspubblicisti brasiliani. ---- The forging of the modern State, at least in what concerns its Western model, was founded above all on the "central" European hermetic cocoon, more specifically on the Tedesco and French models. The centrality of this model has not only flowed, of course but has also made the discourse of the surrounding area flow - and no less central. Thus, a Rechtsstaat or a souveraineté is added to a post-revolutionary influence, which is reflected especially in the forging of (a) Brazilian state. The Brazilian 'Republican' state, 'born' in 1889, concentrates, or tries to concentrate, the legal elements that surround it: it concentrates, 'overcoming' the Imperial Constitution, the docking of American discourse as regards the 'federation' and, later, its 'natural' concepts. This presupposes that the present work does not seek to 'search' for the 'central' European elements in Brazilian legal-constitutionalist discourse, but rather proposes the demonstration, from the very reading of what the jurists intended to theorize, or theorized - in what was presented to them as a nucleus - as their state within their own idiosyncrasies; without, however, moving away from a historical-comparative perspective from the 'periphery' with its eyes on the 'center', that is, far from a standard-reproductive reading. The theoretical perspective, therefore, invokes the Romanesque conception of the legal order; thus, an attempt has been made to demonstrate how Brazilian jurists have been influenced or, rather, how the introduction, re-reading, appropriation or absence - with all the caveats about the terms - of the apparently central Roman discourse occurred. The analysis was diachronically structured in decades in which Brazilian jurists were examined in their particularities.
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PALANDRI, LUCREZIA. "Giudicare l'arte. Arte e libertà nella giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/989211.

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Abstract:
Il tentativo di conciliare l’indagine sulla libertà di espressione artistica con il metodo costituzionale comparato mi ha portato alla scelta di concentrarmi sullo sviluppo giurisprudenziale di tale diritto nel contesto della Corte Suprema degli Stati Uniti, seguendo in particolare l’evoluzione definitoria del concetto di arte e dei suoi limiti, insieme alla conseguente variazione del livello di tutela della sua libertà. L’annoso dibattito che ruota attorno alla domanda “cosa è arte?” imperversa da secoli tra studiosi di filosofia, estetica, storia e critica dell’arte. Il lavoro di tesi cerca di mettere in luce come questa stessa domanda non resti confinata nei suddetti campi, ma si ritrovi scritta anche in diversi ambiti del diritto, nonostante arte e diritto vengano tradizionalmente ed intuitivamente ritenuti terreni inconciliabili. Il Capitolo I parte da questa considerazione per inquadrare in via generale il problema della definizione di un concetto giuridico di arte, preparando così il terreno per l’analisi giurisprudenziale dei due capitoli successivi. Concentrandomi, infatti, sull’approccio dei giudici alla domanda “cosa è arte”, preliminare alla risoluzione di controversie in materia di libertà artistica, l’intento sarà quello di mostrare quanto questo modus operandi possa essere funzionale ad una indagine non tanto sul fenomeno artistico quanto sul ruolo stesso dei giudici. Usando come parametri di riferimento i metodi di interpretazione giudiziale e le teorie interpretative costituzionali – oltre ad un terzo parametro di tipo trasversale che è l’unicità della materia in esame –, i Capitoli II e III affrontano il problema della definizione di arte ai fini della tutela del Primo Emendamento ed analizzano, rispettivamente, i casi in cui i giudici cercano di dare una risposta alla domanda “cosa è arte?”, ed i casi, molto più frequenti, in cui i giudici decidono “cosa non è arte”, entrambi valutando l’esistenza e la solidità di argomentazioni e criteri decisori forniti dalla Corte nelle sue opinioni. Il proposito, dunque, non è affatto quello di trovare una volta per tutte la definizione di arte o di sostenere l’assurda pretesa che i giudici sarebbero in grado di risolvere eterni dilemmi artistici. Piuttosto il fine vuole essere quello di dimostrare che i casi in cui i giudici devono decidere se un oggetto costituisce o meno un’opera d’arte possono rivelare molto di più sulla natura del giudicare piuttosto che sulla natura dell’arte. Nell’ultimo Capitolo, il IV, accennerò anche ad alcuni elementi di confronto tra l’esperienza della Corte Suprema degli Stati Uniti e quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel momento in cui si trovano a dover decidere sulla definizione del concetto di arte e della sua libertà.
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PODESTÀ, SEDRA GUSTAVO. "Costituzionalizzazione, Costituzione e teoria del diritto." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/941854.

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Abstract:
La presente ricerca ha come obiettivo principale quello di sostenere una definizione di Costituzione basata solamente sulla sua supremazia normativa, indipendentemente dall’adeguamento delle sue disposizioni a contenuti aprioristici spesso idealizzati con il nome di Costituzione materiale. L’indagine muove da un’analisi di alcune vicende pratiche e teoriche relative al processo storico di costituzionalizzazione dell’Occidente, cercando di dimostrare che, col passare degli anni, i testi costituzionali sono riusciti a sviluppare sempre di più la supremazia normativa, nel momento stesso in cui il loro contenuto si è spinto molto al di là della disciplina del potere statale, rendendo senza riscontro pratico i diversi tentativi teorici di definire la Costituzione in base a un contenuto invariabile nello spazio e nel tempo. Dalla critica di questi tentativi teorici, si evince la necessità di ricostruire il concetto di Costituzione sulla sola base della supremazia normativa, illustrando ciò che ne è l’essenza e ciò che ne è la garanzia. Per irrobustire tale ricostruzione dogmatica, essa viene seguita dalla confutazione di alcuni elementi molto radicati nella teoria costituzionalistica che presuppongono quelle concezioni materiali di Costituzione rifiutate in precedenza. Vengono, pertanto, analizzate criticamente le idee dell’onnipresenza costituzionale e del British constitutional law, così come le riserve di molti giuristi nel senso che un concetto di Costituzione slegato da qualsiasi contenuto aprioristico possa risuscitare il metodo meccanicista di interpretazione del diritto (formalismo ermeneutico) e promuovere la separazione concettuale tra il diritto e la morale (formalismo concettuale).
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maglio. "Limitazione e legittimazione del potere nel dibattito teorico sulla giustizia costituzionale." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11393/258963.

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Abstract:
La ricerca oggetto della Tesi riguarda un’indagine sui fondamenti teorici e giusfilosofici della “giustizia costituzionale”, con particolare riferimento alle problematiche connesse all’individuazione del “posto” che i suoi organi sono chiamati a ricoprire negli ordinamenti giuridici contemporanei e, quindi, sulle fonti di legittimazione delle funzioni che concretamente essi svolgono. L’avvento dell’idea di una “giustizia costituzionale” stimola un’analisi critica sulle esigenze di riconcettualizzazione richieste dal passaggio dallo statualismo e dall’impronta positivistica dello Stato liberale, alle nuove costruzioni teorico-giuridiche che hanno accompagnato l’evoluzione delle democrazie costituzionali novecentesche. Qui emergono, infatti, nuovi modelli teorici legati a dinamiche di manifestazione del diritto autonome dalla mediazione esclusiva e diretta del potere politico e che si affermano in una sfera di esperienza che trascende quella giuridico-positiva. L’ambito di approfondimento del tema di ricerca si concentra sulla letteratura italiana, soprattutto del Secondo dopoguerra, ricollegata al c.d. Neocostituzionalismo. Gli Autori riconducibili a questo movimento d’idee mettono in evidenza l’impossibilità o, comunque, l’inadeguatezza di un approccio avalutativo al diritto. Con la conseguenza che quanto alla sua applicazione essi concordano sulla maggiore affidabilità del metodo della ponderazione – il “bilanciamento”, nel linguaggio della Corte costituzionale italiana – rispetto a quello della sussunzione. Allo stesso tempo è però problematizzata la necessità di individuare limiti alla discrezionalità dell’interprete, ricorrendo ad esempio all’efficacia giuridica vincolante riconosciuta ai valori positivizzati nei principi costituzionali. Costituisce, del resto, un dato acquisito come le teorizzazioni sul “custode della Costituzione” – a partire dalla querelle tra Kelsen e Schmitt – abbiano contribuito a determinare uno “scardinamento” dei fondamenti concettuali (es. supremazia, generalità e astrattezza della legge; divisione tra diritto e morale; giudice bocca della legge e non del caso concreto) e delle categorie dogmatiche (sovranità, unità giuridica dello Stato) sui quali poggiava la costruzione teorica dello Stato liberale. Forma di Stato fondata sulla stretta equiparazione tra legge/diritto/giustizia, innestata in un contesto storico-politico nel quale il prodotto della volontà parlamentare si riteneva del tutto svincolato da esigenze di verifica della sua giustizia sostanziale e/o da un vaglio di legittimità “costituzionale”. Tale impostazione concettuale è inimmaginabile nella dimensione costituzionale post-bellica, “novecentesca”. L’incorporazione nel diritto di principi latu sensu morali e l’apertura alla creatività e ricchezza dell’attività interpretativa caratterizzano il nuovo ordine giuridico, connotato da testi costituzionali infusi di una spiccata vocazione programmatica, legata a filo doppio con l’avvento storico dalle democrazie di massa e del pluralismo assiologico ad esse connesso. Si fa strada la convinzione dell’impossibilità di un approccio meramente scientifico allo studio e alla pratica del diritto, a cui si affianca l’idea della superiorità assiologia della Costituzione per il fondamentale rilievo rivestito dai valori negli attuali sistemi costituzionali. Diviene altresì crescente, nella dinamica istituzionale contemporanea, l’importanza di poteri “neutri” come lo sono, appunto, gli organi di giustizia costituzionale. La visione kelseniana di una corte “neutrale”, custode esterna del parlamentarismo, innestata in una Costituzione indifferente ai valori, agli interessi materiali, ai contenuti reali, rappresenta ormai un disegno storicamente superato e appunto bisognoso di essere riconcettualizzato. Nell’evoluzione della giustizia costituzionale, tanto nei sistemi “diffusi” quanto in quelli “accentrati”, il modello del giudice delle leggi quale “legislatore negativo” (esterno ed estraneo al ciclo nomopoietico) rappresenta una teorica dai confini eccessivamente angusti. Di fatto, le corti svolgono un ruolo diverso da quello immaginato da Kelsen contribuendo a dimostrare la nuova matrice su cui poggiano i diritti fondamentali. Essi hanno una derivazione non più soltanto “legislativa”, ma anche (o soprattutto) giurisprudenziale. I giudici costituzionali sottopongono continuamente le leggi a verifiche di vera e propria “razionalità materiale”, di ragionevolezza, valutandone l’idoneità a realizzare obiettivi di benessere sociale nel rispetto di criteri di eguaglianza, di proporzionalità e adeguatezza tra mezzi e fini e di congruenza con i principi fondamentali del sistema giuridico. Nello Stato costituzionale domina il superprincipio della ragionevolezza del diritto, presente sotto denominazioni diverse, in tutte le giurisprudenze costituzionali statali e internazionali. Tuttavia, nulla è meno predeterminato di questo principio; nulla è più dipendente di esso da presupposti concettuali antecedenti al diritto positivo. Ci troviamo in una dimensione nella quale la giurisprudenza è destinata a operare a pieno titolo quale fonte del diritto, essendo ormai impensabile ricercare nel legislatore l’espressione della Nazione, quand’anche esso rappresenti la maggioranza politica preponderante. Diviene impossibile ravvisare nella legge l’espressione dell’unità politica, rappresentando questa fonte soltanto una parte della società, rectius una delle parti di cui essa si compone. Il giudice delle leggi si misura con una realtà pluralistica, dominata dal principio di differenziazione delle aspettative di valore, e deve fare in modo che il principio di non contraddizione o di coerenza logico-formale sul quale continua a poggiare il postulato dell’unità della Costituzione non ne risulti compromesso. In questa prospettiva, la natura del suo compito diventa squisitamente “politica”; politicità da intendersi però come rispondente a logiche del tutto peculiari e che differisce profondamente, sia nel metodo che negli obiettivi, da quella del Parlamento. Se “le corti”, insomma, da “segmento” divengono “motore” del ciclo nomopoietico emerge ancor più criticamente il problema della loro legittimazione politica. Si è dunque tentato di ricostruire l’evoluzione storico/geografica dei temi connessi alla giustizia costituzionale e del dibattito filosofico che ha accompagnato l’immaginazione, la progettazione e la realizzazione dei diversi modelli nei quali si è attuato un “controllo sostanziale” della legge. Le Corti costituzionali finiscono, insomma, per “interessarsi” di politica sotto specie di diritto – e attraverso il diritto – riconducendo conflitti politici a criteri di ragionevolezza, logicità, proporzionalità e coerenza. Così operando, la loro attività interpretativa sconfina nel campo della moralità politica e mostra come diritto e morale non possono più universi separati, ma vi è tra essi un legame imprescindibile. L’obiettivo di mantenere stabilità e continuità nella vita collettiva, e quindi di ricomporre le fratture e i conflitti che in essa si generano, viene perseguito con gli strumenti della risoluzione giudiziaria delle controversie, dell’argomentazione tramite norme giuridiche sovraordinate alla legge, appunto “costituzionali”. Ma esse sebbene siano norme “positive”, presentano un contenuto di sapore necessariamente morale. Diviene, allora, evidente come il problema in questione si riverbera sul più delicato e ampio tema del rapporto tra potere politico e potere giurisdizionale, tra legis-latio e iuris-dictio.
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Abstract:
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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