Dissertations / Theses on the topic 'Teoria Architettura'

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Barbolini, Fausto <1967&gt. "Teoria e pratica dell'architettura solare - Morfologia, rendimento, strategia progettuale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6418/1/Barbolini_Fausto_Tesi.pdf.

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Abstract:
La recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea impone agli stati membri di riorganizzare il quadro legislativo nazionale in materia di prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. La concezione di edifici a energia “quasi” zero (nZEB) parte dal presupposto di un involucro energeticamente di standard passivo per arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. In quest’ottica la riconsiderazione delle potenzialità dell’architettura solare individua degli strumenti concreti e delle valide metodologie per supportare la progettazione di involucri sempre più performanti che sfruttino pienamente una risorsa inesauribile, diffusa e alla portata di tutti come quella solare. Tutto ciò in considerazione anche della non più procrastinabile necessità di ridurre il carico energetico imputabile agli edifici, responsabili come noto di oltre il 40% dei consumi mondiali e del 24% delle emissioni di gas climalteranti. Secondo queste premesse la ricerca pone come centrale il tema dell’integrazione dei sistemi di guadagno termico, cosiddetti passivi, e di produzione energetica, cosiddetti attivi, da fonte solare nell’involucro architettonico. Il percorso sia analitico che operativo effettuato si è posto la finalità di fornire degli strumenti metodologici e pratici al progetto dell’architettura, bisognoso di un nuovo approccio integrato mirato al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico. Attraverso una ricognizione generale del concetto di architettura solare e dei presupposti teorici e terminologici che stanno alla base della stessa, la ricerca ha prefigurato tre tipologie di esito finale: una codificazione delle morfologie ricorrenti nelle realizzazioni solari, un’analisi comparata del rendimento solare nelle principali aggregazioni tipologiche edilizie e una parte importante di verifica progettuale dove sono stati applicati gli assunti delle categorie precedenti
The recent Directive 31/2010 of the European Union requires that the member states reorganize their national legislative framework in the field of energy performance of buildings. so that from 1 January 2021 the energy balance of all new buildings will tend to zero (1 January 2019 for public buildings). The concept of nearly Zero Energy Buildings (nZEB) is based on the assumption that the envelope follows the standard of the passive houses and the small energy consumption required on annual basis is compensated by the production of renewable energy, preferably on-site. In this context, the rethinking of the potential of solar architecture allows to identify concrete tools and valid methodologies to support the design of increasingly efficient envelopes that take full advantage of an inexhaustible, common and affordable energy source, such as the solar energy. This should be achieved considering the necessity of no longer delaying the reduction of the energy load due to buildings, known as responsible for over 40% of world consumption and 24% of greenhouse gas emissions. According to these premises, the central theme of the research is the integration of the heat gain systems, so-called passive, and the solar energy production, so-called active, in the envelope. The carried out analytical and operational path has set the objective of providing practical and methodological tools for the design of the architecture, in need of a new integrated approach to achieve the goals of energy savings. Through a general survey of the concept of solar architecture and its theoretical assumptions and terminology, the research has envisioned three types of outcome: a codification of the recurring morphologies in solar constructions, a comparative analysis of the solar performance in the principal types of building aggregations and a significant design verification, where the assumptions of the previous categories have been applied
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Barbolini, Fausto <1967&gt. "Teoria e pratica dell'architettura solare - Morfologia, rendimento, strategia progettuale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6418/.

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Abstract:
La recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea impone agli stati membri di riorganizzare il quadro legislativo nazionale in materia di prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. La concezione di edifici a energia “quasi” zero (nZEB) parte dal presupposto di un involucro energeticamente di standard passivo per arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. In quest’ottica la riconsiderazione delle potenzialità dell’architettura solare individua degli strumenti concreti e delle valide metodologie per supportare la progettazione di involucri sempre più performanti che sfruttino pienamente una risorsa inesauribile, diffusa e alla portata di tutti come quella solare. Tutto ciò in considerazione anche della non più procrastinabile necessità di ridurre il carico energetico imputabile agli edifici, responsabili come noto di oltre il 40% dei consumi mondiali e del 24% delle emissioni di gas climalteranti. Secondo queste premesse la ricerca pone come centrale il tema dell’integrazione dei sistemi di guadagno termico, cosiddetti passivi, e di produzione energetica, cosiddetti attivi, da fonte solare nell’involucro architettonico. Il percorso sia analitico che operativo effettuato si è posto la finalità di fornire degli strumenti metodologici e pratici al progetto dell’architettura, bisognoso di un nuovo approccio integrato mirato al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico. Attraverso una ricognizione generale del concetto di architettura solare e dei presupposti teorici e terminologici che stanno alla base della stessa, la ricerca ha prefigurato tre tipologie di esito finale: una codificazione delle morfologie ricorrenti nelle realizzazioni solari, un’analisi comparata del rendimento solare nelle principali aggregazioni tipologiche edilizie e una parte importante di verifica progettuale dove sono stati applicati gli assunti delle categorie precedenti
The recent Directive 31/2010 of the European Union requires that the member states reorganize their national legislative framework in the field of energy performance of buildings. so that from 1 January 2021 the energy balance of all new buildings will tend to zero (1 January 2019 for public buildings). The concept of nearly Zero Energy Buildings (nZEB) is based on the assumption that the envelope follows the standard of the passive houses and the small energy consumption required on annual basis is compensated by the production of renewable energy, preferably on-site. In this context, the rethinking of the potential of solar architecture allows to identify concrete tools and valid methodologies to support the design of increasingly efficient envelopes that take full advantage of an inexhaustible, common and affordable energy source, such as the solar energy. This should be achieved considering the necessity of no longer delaying the reduction of the energy load due to buildings, known as responsible for over 40% of world consumption and 24% of greenhouse gas emissions. According to these premises, the central theme of the research is the integration of the heat gain systems, so-called passive, and the solar energy production, so-called active, in the envelope. The carried out analytical and operational path has set the objective of providing practical and methodological tools for the design of the architecture, in need of a new integrated approach to achieve the goals of energy savings. Through a general survey of the concept of solar architecture and its theoretical assumptions and terminology, the research has envisioned three types of outcome: a codification of the recurring morphologies in solar constructions, a comparative analysis of the solar performance in the principal types of building aggregations and a significant design verification, where the assumptions of the previous categories have been applied
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TAPIA, VILA KATERINE NINOSKA. "Mario Bianco. La dialettica tra urbanistica e architettura - fra teoria e pratica." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/11578/282410.

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Camporeale, Antonio. "ARCHITETTURA PLASTICA - L'impiego organico del calcestruzzo armato nel progetto contemporaneo." Doctoral thesis, Universitat Politècnica de València, 2018. http://hdl.handle.net/10251/100088.

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Abstract:
Las siguientes notas representan el inicio de una investigación cuyos supuestos y creencias están ligados a la experiencia diaria con la arquitectura. Se hará referencia al método crítico de análisis e interpretación sobre los que la "Escuela Romana" ha definido la base teórica. Este método tiene como objetivo identificar los caracteres permanentes, que pueden ser leídos en las distintas realidades construidas en los lentos cambios que tuvieron lugar a lo largo de la historia. Una historia que no se entiende como una serie de episodios arquitectónicos particulares en los que los edificios especiales representan la singularidad, sino como una secuencia de transformaciones necesariamente vinculadas unas a las otras que implican la totalidad del mundo construido, desde los tejidos urbanos, pasando por la ciudad, hasta el territorio antropizado. De esa manera se alcanzan, además, las razones de la forma y la expresión, debidas a la consolidación y la transmisión, a través del tiempo y del espacio, de necesidades y costumbres constructivas, típicas de las distintas áreas geográfica-culturales. ¿Por qué el hormigón armado? Porque hoy es el material de construcción por excelencia. Si por un lado se puede hablar con claridad de "desarrollo elástico", ampliamente demostrado por el uso difundido del marco estructural en la arquitectura, su "potencial plástico", por otro lado sin embargo, parece aún no haber encontrado una definición arquitectónica clara. Con "plástico" aquí no se hace referencia al aspecto "escultórico" de tal material, sino a la acepción constructiva del término; es decir, plástico como capacidad del material de reproducir nuevas configuraciones tras la "rotura" ocurrida causada por carga excesiva; plástico como unión entre cantidades y capacidades de transmisión de las cargas; plástico, finalmente, como capacidad de resistencia del material debido a las formas de los elementos. A través de este filtro crítico se puede leer la historia de la arquitectura como un proceso continuo que ha afectado a la materia que constituye la realidad; materia por primera vez "encontrada" por el hombre nómada y de la que luego se reconoció su capacidad especial para ser utilizada como material de construcción dadas las necesidades sedentarias que surgieron. El material se transforma en elemento de construcción, a través de un mayor empeño del hombre en su elaboración. Tales elementos se pueden ensamblar en una estructura de la que serán legibles los caracteres en función del área geográfica-cultural de formación. El área geográfica-cultural se entiende como porción de territorio en que se puede reconocer un gran número de caracteres comunes en los materiales, en los elementos y en las estructuras de las construcciones (Strappa, 1995). La combinación de hormigón con hierro produce un material que es totalmente nuevo, desconocido, mágico. Una "piedra fundida", moldeable en cualquier forma que se desee, que trabaja a compresión y al mismo tiempo resistente a la tracción. Pier Luigi Nervi en Italia y Eduardo Torroja en España han intentado llevar a cabo una síntesis entre el mero diseño estructural, que se creía propio de los ingenieros, y la contribución creativa de los arquitectos, dando a la construcción una función unificadora.
The following notes represent the beginning of an investigation whose assumptions and beliefs are linked to the daily experience with architecture. Reference will be made to the critical method of analysis and interpretation on which the "Roman School" has defined the theoretical basis. This method aims to identify the permanent characters, which can be read in the different realities constructed in the slow changes that took place throughout history. A history that is not understood as a series of particular architectural episodes in which the special buildings represent the singularity, but as a sequence of transformations necessarily linked to each other that imply the totality of the constructed world, from the urban fabrics, passing through the city, to the anthropized territory. In this way, the reasons for form and expression are also reached, due to the consolidation and transmission, through time and space, of constructive needs and customs, typical of the different geographical-cultural areas. Why reinforced concrete? Because today is the building material par excellence. If on the one hand one can speak clearly of "elastic development", amply demonstrated by the widespread use of the structural framework in architecture, its "plastic potential", on the other hand however, seems to have not yet found a clear architectural definition. With "plastic" there is no reference to the "sculptural" aspect of such material, but to the constructive meaning of the term; that is, plastic as the ability of the material to reproduce new configurations after the "break" occurred caused by excessive loading; plastic as a union between quantities and capacities of transmission of loads; plastic, finally, as the ability to resist the material due to the shapes of the elements. Through this critical filter one can read the history of architecture as a continuous process that has affected the matter that constitutes reality; matter for the first time "found" by the nomadic man and from which his special capacity was later recognized to be used as construction material given the sedentary needs that arose. The material becomes a building element, through a greater effort of man in its development. Such elements can be assembled in a structure from which the characters will be legible according to the geographic-cultural area of formation. The geographic-cultural area is understood as a portion of territory in which a large number of common characters can be recognized in the materials, in the elements and in the structures of the constructions (Strappa, 1995).
Les següents notes representen l'inici d'una recerca que els seus suposats i creences estan lligats a l'experiència diària amb l'arquitectura. Es farà referència al mètode crític d'anàlisi i interpretació sobre els quals la "Escola Romana" ha definit la base teòrica. Aquest mètode té com a objectiu identificar els caràcters permanents, que poden ser llegits en les diferents realitats construïdes en els lents canvis que van tenir lloc al llarg de la història. Una història que no s'entén com una sèrie d'episodis arquitectònics particulars en els quals els edificis especials representen la singularitat, sinó com una seqüència de transformacions necessàriament vinculades unes a les altres que impliquen la totalitat del món construït, des dels teixits urbans, passant per la ciutat, fins al territori **antropizado. D'aqueixa manera s'aconsegueixen, a més, les raons de la forma i l'expressió, degudes a la consolidació i la transmissió, a través del temps i de l'espai, de necessitats i costums constructius, típiques de les diferents àrees geogràfica-culturals. Per què el formigó armat? Perquè avui és el material de construcció per excel·lència. Si d'una banda es pot parlar amb claredat de "desenvolupament elàstic", àmpliament demostrat per l'ús difós del marc estructural en l'arquitectura, el seu "potencial plàstic", d'altra banda no obstant açò, sembla encara no haver trobat una definició arquitectònica clara. Amb "plàstic" ací no es fa referència a l'aspecte "escultòric" de tal material, sinó a l'accepció constructiva del terme; és a dir, plàstic com a capacitat del material de reproduir noves configuracions després del "trencament" ocorregut causat per càrrega excessiva; plàstic com a unió entre quantitats i capacitats de transmissió de les càrregues; plàstic, finalment, com a capacitat de resistència del material a causa de les formes dels elements. A través d'aquest filtre crític es pot llegir la història de l'arquitectura com un procés continu que ha afectat a la matèria que constitueix la realitat; matèria per primera vegada "trobada" per l'home nòmada i de la qual després es va reconèixer la seua capacitat especial per a ser utilitzada com a material de construcció donades les necessitats sedentàries que van sorgir. El material es transforma en element de construcció, a través d'una major obstinació de l'home en la seua elaboració. Tals elements es poden assemblar en una estructura de la qual seran llegibles els caràcters en funció de l'àrea geogràfica-cultural de formació. L'àrea geogràfica-cultural s'entén com a porció de territori en què es pot reconèixer un gran nombre de caràcters comuns en els materials, en els elements i en les estructures de les construccions (**Strappa, 1995). La combinació de formigó amb ferro produeix un material que és totalment nou, desconegut, màgic. Una "pedra fosa", emmotllable en qualsevol forma que es desitge, que treballa a compressió i al mateix temps resistent a la tracció. **Pier Luigi **Nervi a Itàlia i Eduardo **Torroja a Espanya han intentat dur a terme una síntesi entre el mer disseny estructural, que es creia propi dels enginyers, i la contribució creativa dels arquitectes, donant a la construcció una funció unificadora.
Camporeale, A. (2018). ARCHITETTURA PLASTICA - L'impiego organico del calcestruzzo armato nel progetto contemporaneo [Tesis doctoral no publicada]. Universitat Politècnica de València. https://doi.org/10.4995/Thesis/10251/100088
TESIS
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Montanari, Stefano. "L'architettura come scienza." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2874/.

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Abstract:
L'obbiettivo della presente tesi curriculare è una lettura di alcuni esami in relazione all'idea di ar-chitettura che la nostra Scuola – la Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” – porta avanti: l'architettura come progetto collettivo e unitario nel tempo fondato sui fatti architettonici, ovvero l'architettura come scienza: Noi raccogliamo questa strada dell'architettura come scienza, della formulazione logica dei principi, della meditazione sui fatti architettonici e quindi principalmente sui monumenti e pensiamo di verificarla attraverso una serie di architetti e di opere antiche e moderne che noi scegliamo, su cui operiamo un certo tipo di scelta . Ciò che caratterizza l'architettura come scienza è il metodo progettuale: l'obbiettivo della tesi è pertanto una riflessione sulla teoria della progettazione insegnata nella nostra Scuola – intesa come momento della più generale teoria dell'architettura di Aldo Rossi – ovvero su come essa sia stata seguita per realizzare i progetti presentati. La tesi è così ordinata: una prima parte dedicata alla teoria dell'architettura di Aldo Rossi nella quale vengono indicati i principi, cioè lo scopo che la nostra Scuola di architettura persegue; una seconda parte dedicata alla teoria della progettazione nella quale viene indicato il metodo, cioè lo strumento eminente che la nostra Scuola di architettura utilizza; infine sono presentati i progetti –Laboratorio di sintesi finale: l'architettura del museo; Disegno dell'architettura II; Laboratorio di progettazione architettonica IV; – scelti per mettere in luce le distinte parti di cui il metodo consiste.
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Minghetti, Giulia. "Progettare nel verde urbano. Dalla teoria del settore a nuove ipotesi di densificazione e riqualificazione urbana: Un nuovo auditorium per bogota." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7986/.

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Abstract:
Questa tesi si propone di ripensare una parte della città di Bogotà, dopo un’attenta analisi del suo sviluppo storico ed evolutivo. L’intento è sia quello di contrastare lo sprawl urbano e gli effetti negativi che esso produce, sia quello di migliorare la vivibilità delle città, tentando di limitare i problemi della città diffusa. In particolare, studiando i piani urbanistici e il loro concretizzarsi all’interno della città, si sono volute dare soluzioni al crescente bisogno di alloggi, causato dall’aumento di popolazione. L’attenzione si è quindi focalizzata sull’area nord, in cui il carattere urbano è più debole e fortemente frammentato dal passaggio dell’attuale autopista Norte, infrastruttura che separa e divide due parti della città e che il progetto vuole provare a ricollegare dal punto di vista identitario. L’idea del masterplan è stata studiata riferendosi al piano pilota di Le Corbusier e più nello specifico alla sua teoria del settore che prevedeva all’interno di ogni quartiere strutturato da una griglia precisa di strade, differenti funzioni, che il maestro chiama categorie fondamentali dell’urbanistica: abitare, lavorare, circolare e coltivare il corpo e lo spirito; è proprio in relazione a quest’ultima categoria che si è pensato di progettare un nuovo polo accentratore per Bogotá legato alle arti, prevedendo una riconnessione con il centro attraverso, soprattutto, un sistema di aree verdi e pubbliche strutturate a formare un sistema gerarchico di parchi, che vede l’autopista come asse principale di sviluppo. La scelta di progettare un edificio con una vocazione pubblica importante è stata dettata dalla volontà di dislocare in un quartiere meno centrale un nuovo polo attrattore per gli abitanti di tutta la città, in questo modo si è cercato di valorizzare il settore nord, fino ad oggi così marginale e periferico.
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BOERI, ELISA. "Architettura, teoria e rappresentazione negli anni della Rivoluzione Francese : i disegni dell'Architecture Civile di Jean Jacques Lequeu (1757-1826) alla Bibliothèque Nationale de France." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/11578/278728.

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Landi, Federico. "EMBODIED ARCHITECTURE Tinder dynamic as an Actor-Network and the spatial consequences of the self-profiling." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Abstract:
L’obiettivo del progetto di tesi qui presentato è stato di evidenziare i caratteri urbani dei servizi di incontri digitali, in particolare di Tinder, e di come i social media influenzino l’uso dello spazio. Attraverso l’impiego della teoria actor-network sono stati rilevati tutti gli attanti coinvolti nella creazione della dinamica di Tinder, gli utenti coinvolti, le psicologie di utilizzo e le tecnologie utilizzate, arrivando a definire i caratteri urbani della dinamica. La negoziazione sessuale, attraverso Tinder e grazie alla localizzazione, si sposta dai luoghi una volta deputati a questa azione, come discoteche e saune, a quegli spazi di interazione che combinano spazi reali e digitali. L’urbanità della negoziazione sessuale grazie agli smartphone si sposta dalle modalità in cui sono configurate le città ai corpi degli utenti ed al modo in cui questi gestiscono i propri profili online. Da questo è stato poi elaborato un progetto architettonico, declinazione delle caratteristiche dell’attuazione urbana di Tinder. Sono state progettate una serie di abitazioni temporanee per gli utenti di Tinder, dalle dimensioni ridotte, ma flessibili e completate da una serie di spazi pubblici, bar, palestra, area relax e di lavoro. Tutti gli spazi sono stati progettati cercando di permettere varie modalità di utilizzo ed organizzati in modo frammentato al fine di creare vari ambiti, alcuni più pubblici, altri più privati. La negoziazione sessuale e tutti i caratteri dell’urbanità digitale possono quindi essere performati negli spazi proposti, assieme alle specificità di azione che ogni spazio progettato, grazie alle dotazioni presenti, può ospitare.
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BELVEDERE, Antonio. "Pratiche dell'architettura in Vittorio Ugo (1957-1987)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90994.

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Abstract:
La ricerca verte sulla figura di Vittorio Ugo (1938-2005), architetto e urbanista palermitano , docente presso la Facoltà di architettura di Palermo dal 1964 al 1987. Della complessa attività di Ugo, che nella seconda fase si svolge principalmente a Milano, la tesi mette a fuoco il periodo 1957-1987, anni che comprendono la formazione universitaria e la sua poco nota attività di architetto e urbanista a Palermo.
Vittorio Ugo (Palermo, 1938-2005) is an Italian architect, mostly known in Italy and France as theorist and a critic as well, Professor at University of Palermo from 1964 to 1987. Much less known is his architectural work as author of projects on different scales: architecture, urban-planning, design. The years from 1957 to 1987 represent a sort of long training period, which prepare the second phase of Ugo’s biography, devoted exclusively to the Theory of Architecture. Born from a family of artists - his grandfather was a sculptor, his father an architect - he was looking for an original way to be an architect, feeling an ethical need to see architecture from a scientific point of view. The main argument of this research, starts from the belief that the fame of Vittorio Ugo as a theorist, together with his open International impulse - France and Japan were his second homeland – conceals a complex "apprenticeship ", yet to be revealed. Many of his former pupils wondered who he was, where he came from, what had determined his passion of teaching and the care he devoted to his students. In 1978, he was living in Paris attending the heated debates that took place at the prestigious Ecole des hautes études en sciences sociales, inside the courses of Louis Marin and Hubert Damisch. «[...] Que venait chercher Victor Hugo auprès de cette école de pensée sémiologique?» What was Vittorio Ugo looking for in that school of semiological thought? Philippe Potié was asking a few years ago. How to explain the choice of Ugo to devote himself to the Theory, after twenty years of designing?
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Ori, Eva <1982&gt. "Enrico Prampolini tra arte e architettura. Teorie, progetti e Arte Polimaterica." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6275/1/Ori_Eva_tesi.pdf.

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Abstract:
Obiettivo principale della ricerca è quello di aggiungere un tassello mancante, attraverso una nuova chiave di lettura, alla complessa attività artistico-teorica dell’artista futurista Enrico Prampolini (1894-1956). Questa tesi, oltre a riordinare e raccogliere tutto ciò che riguarda l’architettura e il rapporto di quest’ultima con le arti nell'opera di Prampolini, coglie l’occasione per puntualizzarne aspetti ancora poco esplorati, grazie anche all'analisi inedita dei documenti originali dell'artista conservati presso il CRDAV del Museo d’arte contemporanea di Roma. Partendo dall'analisi dei rapporti dell’artista modenese con le avanguardie straniere, la ricerca prosegue con la presa in esame dei manifesti, degli scritti e degli articoli noti e inediti legati alla teoria architettonica nella produzione dell’artista modenese. Il nucleo centrale della ricerca è costituito dagli elementi inediti emersi presso l’Archivio Prampolini consistenti in relazioni di progetti architettonici per un Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castel Fusano (1938) e per due alberghi nel centro di Roma (1938-1939). La seconda parte della ricerca si concentra sull'analisi del rapporto tra arte e architettura nel Futurismo e sul fondamentale contributo dato in tal senso da Prampolini, in particolare attraverso la “plastica murale”, come completamento dell’architettura futurista e fascista e la concezione dell’Arte Polimaterica. Nell'ultima parte della ricerca si affronta infine l'analisi del rapporto tra arte e architettura gestito in ambito istituzionale in Italia tra le due guerre, con l’emanazione, nel 1942, della legge detta “del 2%”. Aspetto finora inedito delle vicende legate alla “legge del 2%” è l'emergere del ruolo centrale di Prampolini nel contribuire al dibattito che portò alla sua approvazione, e non secondariamente nella ricerca di migliori condizioni economiche e maggiori occasioni di lavoro per gli artisti. La figura di Enrico Prampolini emerge dunque, da questa ricerca, come un nodo fondamentale per comprendere alcuni degli aspetti ancora inesplorati della cultura artistico-architettonica italiana degli anni Venti-Quaranta.
The main objective of this research is to add a missing piece, through a new interpretation, to the artistic and theoretical activity of the futurist Enrico Prampolini (1894-1956). This thesis , wants collect everything related to architecture and the relationship of the latter with the arts in the work of Prampolini and takes the opportunity to point out this aspects still poorly explored, thanks also to the analysis of unpublished documents’ artist kept at the CRDAV of the MACRO. The core of the research consists in the new elements emerged at the Prampolini Archives consisting in a descriptive reports of architectural plans for a development of the Centre of Hospitality of Castel Fusano (1938) and two hotels in the center of Rome (1938-1939). The second part of the research focuses on the analysis of the relationship between art and architecture in Futurism and the fundamental contribution in this direction by Prampolini, particularly through the "plastica murale" as completion of Futurist and Fascist architecture and the conception of the Polymaterials Art. In the last part of the research we deal with the analysis of the relationship between art and architecture managed in Italy in the institutional context, between the two Wars, with the enactment, in 1942, of the law known as the "2%". Appearance of until now unpublished events related to the "law of 2%" is the emergence of the central role of Prampolini in contributing to the debate that led to its approval, and not secondarily for search of better economic conditions and more job opportunities for artists. The figure of Enrico Prampolini therefore emerges from this research as a crucial question to understand some of the unexplored aspects of the Italian architectural and artistic culture of the Twenties-Forties.
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Ori, Eva <1982&gt. "Enrico Prampolini tra arte e architettura. Teorie, progetti e Arte Polimaterica." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6275/.

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Abstract:
Obiettivo principale della ricerca è quello di aggiungere un tassello mancante, attraverso una nuova chiave di lettura, alla complessa attività artistico-teorica dell’artista futurista Enrico Prampolini (1894-1956). Questa tesi, oltre a riordinare e raccogliere tutto ciò che riguarda l’architettura e il rapporto di quest’ultima con le arti nell'opera di Prampolini, coglie l’occasione per puntualizzarne aspetti ancora poco esplorati, grazie anche all'analisi inedita dei documenti originali dell'artista conservati presso il CRDAV del Museo d’arte contemporanea di Roma. Partendo dall'analisi dei rapporti dell’artista modenese con le avanguardie straniere, la ricerca prosegue con la presa in esame dei manifesti, degli scritti e degli articoli noti e inediti legati alla teoria architettonica nella produzione dell’artista modenese. Il nucleo centrale della ricerca è costituito dagli elementi inediti emersi presso l’Archivio Prampolini consistenti in relazioni di progetti architettonici per un Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castel Fusano (1938) e per due alberghi nel centro di Roma (1938-1939). La seconda parte della ricerca si concentra sull'analisi del rapporto tra arte e architettura nel Futurismo e sul fondamentale contributo dato in tal senso da Prampolini, in particolare attraverso la “plastica murale”, come completamento dell’architettura futurista e fascista e la concezione dell’Arte Polimaterica. Nell'ultima parte della ricerca si affronta infine l'analisi del rapporto tra arte e architettura gestito in ambito istituzionale in Italia tra le due guerre, con l’emanazione, nel 1942, della legge detta “del 2%”. Aspetto finora inedito delle vicende legate alla “legge del 2%” è l'emergere del ruolo centrale di Prampolini nel contribuire al dibattito che portò alla sua approvazione, e non secondariamente nella ricerca di migliori condizioni economiche e maggiori occasioni di lavoro per gli artisti. La figura di Enrico Prampolini emerge dunque, da questa ricerca, come un nodo fondamentale per comprendere alcuni degli aspetti ancora inesplorati della cultura artistico-architettonica italiana degli anni Venti-Quaranta.
The main objective of this research is to add a missing piece, through a new interpretation, to the artistic and theoretical activity of the futurist Enrico Prampolini (1894-1956). This thesis , wants collect everything related to architecture and the relationship of the latter with the arts in the work of Prampolini and takes the opportunity to point out this aspects still poorly explored, thanks also to the analysis of unpublished documents’ artist kept at the CRDAV of the MACRO. The core of the research consists in the new elements emerged at the Prampolini Archives consisting in a descriptive reports of architectural plans for a development of the Centre of Hospitality of Castel Fusano (1938) and two hotels in the center of Rome (1938-1939). The second part of the research focuses on the analysis of the relationship between art and architecture in Futurism and the fundamental contribution in this direction by Prampolini, particularly through the "plastica murale" as completion of Futurist and Fascist architecture and the conception of the Polymaterials Art. In the last part of the research we deal with the analysis of the relationship between art and architecture managed in Italy in the institutional context, between the two Wars, with the enactment, in 1942, of the law known as the "2%". Appearance of until now unpublished events related to the "law of 2%" is the emergence of the central role of Prampolini in contributing to the debate that led to its approval, and not secondarily for search of better economic conditions and more job opportunities for artists. The figure of Enrico Prampolini therefore emerges from this research as a crucial question to understand some of the unexplored aspects of the Italian architectural and artistic culture of the Twenties-Forties.
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RICCOBONO, Alessia. "Architectural Design in the Digital Era. Identifying computer influences and new expressive trends in current architecture." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91050.

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Abstract:
La ricerca propone una riflessione sull’architettura contemporanea in funzione del ruolo sempre più preponderante che le tecnologie digitali hanno assunto all’interno del processo progettuale. L'introduzione dei computer nel panorama dell'architettura ha prodotto una rivoluzione nei metodi e nei processi progettuali che contribuiscono alla generazione della forma architettonica. Si è osservato che l'uso pervasivo dei software ha contribuito a modificare sostanzialmente il linguaggio architettonico. Obiettivo della tesi è capire in che modo l'espressività dell'architettura si è modificata e si sta modificando, quanto pervasivo sia l'uso del computer e quali possano essere gli sviluppi futuri. La ricerca è stata condotta attraverso un'analisi di 60 casi di studio scelti tra architetture di riconosciuta qualità, realizzati negli ultimi quindici anni e in cui l'influsso degli strumenti digitali sia fortemente evidente. I casi di studio sono stati studiati e classificati secondo una struttura teorica, composta da diverse categorie e parametri, che consente di analizzare aspetti singoli e generali. I risultati suggeriscono che una nuova era sta arrivando: il punto di partenza concettuale degli architetti nasce spesso nello spazio digitale, sfruttando le aumentate capacità di rappresentazione nel controllare e manipolare le forme. A partire da un'interpretazione critica dei risultati, si definiscono alcune tendenze trasversali in cui è possibile classificare l'architettura contemporanea digitale.
The research concerns the field of the contemporary architecture evolution related to the increasingly massive use of digital technologies in the design process. The introduction of computers in architecture has produced a real revolution in design methods and processes, which contribute to the generation of architectural shape. It was understood that the pervasive use of software has substantially altered the architectural language in the last years. Therefore, main goal of the research has been to understand how architectural expressivity is changing, how much pervasive are digital influences on architectural design and which may be future developments. The research is carried out through the development of an analytical database with sixty recent case studies, recognized digital influenced architectures, as expression of what is really happening inside architectural scenario. The case studies have been studied and classified according to a logical theoretical framework, consisting of different categories and parameters, that allows to analyze several aspects. The results suggest that a new era is coming, where the conceptual starting point of designers is often born in the digital space, taking advantage of the augmented representation skills to control and manipulate form. Starting from a critical interpretation of the results, we have identified some transversal trends, representative of contemporary digital architecture.
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RAITANO, Manuela. "Esiste un'architettura italiana? La crisi dell'architettura italiana tra teoria e prassi." Doctoral thesis, 2001. http://hdl.handle.net/11573/403437.

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Abstract:
Questa ricerca trae spunto dall’attuale situazione di crisi dell’architettura italiana, riscontrabile nella perdita di riconoscibilità della stessa in campo internazionale. In un editoriale di «Casabella» del 1955, dal titolo la tradizione dell’architettura moderna italiana, Rogers osserva che le caratteristiche identificative dell’architettura italiana risiedono in «una equilibrata ripartizione dei pieni e dei vuoti» e nel perseguimento di «una estetica il cui particolare gusto è di estrinsecare sinceramente il rapporto tra l’utilità e la bellezza». A ciò si aggiunge un particolare tratto operativo che contraddistingue gli architetti italiani, e cioè la versatilità intesa come tendenza a spaziare su temi che vanno dall’arredamento all’urbanistica. Il che rappresenta – secondo Rogers – la completa espressione di una concezione umanistica dell’architettura. Ora, se in questa concezione umanistica va ricercato il filo rosso che ha collegato la storia dell’architettura italiana nei secoli, questo stesso umanesimo non rischia oggi di rivelarsi inoperativo? In un momento storico in cui l’azione estetica assume le sembianze della seduzione, in cui la riflessione si sposta dal conoscere al sentire, e di fronte a una concezione sempre meno umanistica delle arti e dei mestieri, come si colloca la nostra disciplina? Come ha reagito l’architettura italiana a questo mutamento di orizzonti? Ovvero: esiste un’architettura italiana, oggi? Citato in: A. Capuano, Temi e figure dell'architettura romana 1944-2004, Gangemi, Roma, 2005, pagg.22-23.
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CAMILLI, FRANCESCO. "Manierismo partecipativo. Architettura e consenso in epoca post-ideologica." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1364996.

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Abstract:
Questa tesi vuole indagare il ruolo che i metodi partecipativi ricoprono nel caratterizzare dal punto di vista politico, etico e sociale le pratiche architettoniche contemporanee. L’uso di questi metodi viene definito “manierista” non come moto polemico nei confronti di una pratica progettuale diffusa e variegata ma piuttosto per tentare di definirne l’attuale condizione nel progetto di architettura, evidenziandone da un lato la sostanziale addomesticazione nell’ambito del sistema liberale, in parziale contrasto con il carattere rivoluzionario ed emancipatorio che ne ha caratterizzato le prime manifestazioni, dall’altro mettendo in luce il modo in cui il distacco dalle grandi teorizzazioni abbia portato a una grande varietà di applicazioni e sperimentazioni pratiche. Il tema è affrontato a partire da un inquadramento teorico che descrive alcune tra le più recenti teorie sul rapporto tra architettura e politica: attraverso l’analisi del lavoro di studiosi contemporanei come Albena Yaneva, Douglas Spencer, Dejan Sudjic, molti dei quali debitori degli studi di Manfredo Tafuri, viene tracciato un quadro del rapporto contemporaneo tra architettura e politica in cui la prima, superata la fase del disincanto postmoderno, non mira ad agire in conformità a specifici apparati ideologici quanto piuttosto a ricercare una efficacia fattuale della proprio azione. Per comprendere come questa azione progettuale e politica viene orientata, viene descritta la tendenza in atto tra gli architetti contemporanei ad impegnarsi in progetti in cui le soluzioni spaziali sono legate a strategie di natura più ampia e talvolta esterna alla disciplina architettonica, affrontando problematiche legate alla promozione della vita comunitaria, alla sostenibilità ecologica, economica e sociale delle trasformazioni, alla soluzione di conflitti. Questa tendenza viene inquadrata nell’ambito delle teorie di Zygmunt Bauman e Hans Jonas, che pongono nella coscienza e responsabilità personale la guida etica dell’individuo. Tutte queste considerazioni verranno poi rilette alla luce del concetto di “nuovo realismo” enunciato da Maurizio Ferraris: il filosofo infatti si propone di ricostituire la legittimità delle posizioni etiche e politiche, contestata dal relativismo postmoderno, attraverso una riconciliazione tra l’intuizione realista, basata sull’ontologia (quello che c’è), e l’intuizione costruzionista, basata sull’epistemologia (quello che sappiamo). Nel progetto di architettura, l’approccio del “nuovo realismo” dà quindi una nuova legittimità al discorso sulle sue capacità trasformative ed emancipatorie, nella consapevolezza che l’elaborazione teorica più che a descrivere la realtà serve ad indicarne una direzione di trasformazione. Per questo i casi che vengono descritti nei capitoli successivi intendono mostrare i modi in cui alcuni architetti interpretano le capacità trasformative della loro azione progettuale non tanto basandosi su teorie precostituite quanto su una constatazione pragmatica e legata all’esperienza degli effetti che l’architettura nella sua materialità può avere sulla società. I casi analizzati sono: - Lacol Cooperativa d’arquitectes Cooperativa d’habitatge La Borda, Barcellona, Spagna - Asociación Semillas para el Desarrollo Sostenible Scuole nella Selva Peruviana, Satipo, Perù - Roma Capitale – Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana, architetto Valentina Cocco La riqualificazione di Piazza Testaccio e dei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II a Roma - ZUS Luchtsingel bridge, Rotterdam, Paesi Bassi - HEIDE & VON BECKERATH Due edifici residenziali realizzati tramite baugruppen a Berlino Ciascun caso è inquadrato nel suo contesto sociale, politico ed economico. Vengono inoltre descritti i processi che hanno portato alla realizzazione degli edifici analizzati, i processi partecipativi che li hanno interessati e gli esiti architettonici. Queste informazioni sono utilizzate per valutare che tipo di impatto spaziale, politico e sociale questi progetti abbiano avuto sul loro contesto e sul modo in cui questi innovano la professione dell’architetto. Le descrizioni di questi progetti, oltre che sulle pubblicazioni di settore, sono basate su visite in loco e interviste con i progettisti effettuate dall’autore. L’immagine della partecipazione nel progetto di architettura che si è tentato di delineare in questo lavoro è quella di una pratica attraverso la quale l’architettura cerca di responsabilizzarsi nei confronti del tessuto sociale su cui va ad intervenire. Il confronto con la società si traduce nella negoziazione di un potere decisionale che viene redistribuito tra i vari attori coinvolti nel processo di trasformazione attraverso un atto deliberatamente politico. Sono stati presi in considerazione casi molto differenti tra loro che hanno fatto emergere diverse questioni: - Esiste una grande varietà di metodi partecipativi che comportano diversi gradi di coinvolgimento delle comunità nelle decisioni progettuali: ciò ne evidenzia la natura strumentale, volta cioè a favorire una maggiore efficacia del progetto attraverso un suo adattamento alle specificità del singolo contesto. - La partecipazione può mediare le istanze politiche implicite in un progetto di trasformazione dando voce a chi ne è coinvolto, arrivando talvolta a introdurre modelli alternativi di sviluppo urbano. Dai casi analizzati emerge però come i processi partecipativi non producono una contestazione radicale del sistema ma si limitano a proporne una correzione. - Emerge una evoluzione del modo in cui viene interpretata la professione di architetto, in cui la coscienza etica del progettista si media con l’esigenza di sostenibilità economica della sua attività: l’architettura socialmente e politicamente responsabile, oltre che un approccio etico alla professione, diventa una opportunità di lavoro in più per gli studi. - Le architetture frutto di processi partecipativi danno naturalmente un grande peso agli spazi comunitari. In questi edifici infatti il rapporto tra la dimensione privata e quella pubblica, influenzato dal clima di condivisione che contraddistingue tutte le fasi del progetto, offre spunti e innovazioni interessanti. - In maniera simile viene data grande importanza alle questioni ecologiche: il coinvolgimento delle comunità attiva dei meccanismi in cui l’ecologia è intesa non solo come un generico rispetto dell’ambiente ma anche come circuito virtuoso in cui il contributo dei partecipanti aiuta nel generare trasformazioni più sostenibili. Questi temi evidenziano una volta di più la grande complessità del fenomeno della partecipazione in architettura: il “manierismo” di queste pratiche emerge proprio dalla grande varietà di possibili metodi e contesti di applicazione, in cui l’innovazione non è più basata sulla radicalità ma piuttosto sulla reinterpretazione, autonoma e adattata al contesto, di uno strumentario ormai consolidato. Proprio l’ampio spettro di casistiche analizzate, insieme all’inquadramento teorico generale che ne è stato fornito, lascia aperte questioni più specifiche: il ruolo dell’housing cooperativo nello sviluppo equo della città contemporanea, l’impatto di un’architettura copianificata e di qualità nelle politiche di sviluppo nelle aree povere del mondo, le potenzialità di una progettazione degli spazi della città gestita in maniera aperta dal pubblico, le strategie dello spazio pubblico urbano promosse dal basso, le possibilità offerte da metodi di finanziamento innovativi nel campo dell’housing economico sono tutte questioni che se analizzate singolarmente possono aprire prospettive di grande interesse. Rimangono aperte anche questioni che toccano più tangenzialmente il campo dell’architettura. Ad esempio i processi partecipativi relativi alle trasformazioni degli ambienti di vita della comunità hanno un ruolo importante nella negoziazione del potere e nell’evoluzione della democrazia ma si prestano allo stesso tempo ad essere strumentalizzati per coprire interessi di parte: in questa tesi sono state sottolineate alcune ambiguità dei processi partecipativi analizzati ma comprendere quale sia il confine tra una partecipazione come vero strumento di allargamento della democrazia e quella usata per addomesticare il consenso apre ad approfondimenti che si posizionano all’intersezione tra teoria architettonica e scienza politica. Altro campo di indagine che non è stato esplorato in questo lavoro è quello che riguarda i metodi di partecipazione in architettura come tecnica progettuale: uno studio che analizzi i modi in cui i processi di ascolto si traducono in architettura aiuterebbe nella diffusione della partecipazione come approccio al progetto e nell’affinamento dei suoi strumenti.
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MOLINARI, CARLA. "Architettura in sequenza. Progettare lo spazio dell'esperienza." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/915615.

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Abstract:
DESCRIZIONE DEL TEMA Questa ricerca è uno studio critico entro i confini individuati dal tema della disciplina compositiva dell’architettura. In particolare, si investigherà l’ambito relativo alla tematica progettuale dell’organizzazione, o distribuzione, di ambienti, valutata quale azione necessaria al progetto in cui si definisce la successione di spazi secondo uno schema di senso. L’organizzazione degli spazi è ambito della composizione in grado di significare l’architettura secondo la progettazione di un’esperienza. In questa ottica sarà analizzato e interpretato il concetto di sequenza quale sistema per progettare l’architettura secondo le regole dell’esperienza, metodo per disegnare lo spazio in relazione al tempo. La sequenza è un metodo compositivo. É uno strumento di organizzazione di una serie di elementi - di natura simile tra loro - secondo uno schema di senso, e risponde quindi a caratteristiche di creazione artistica così come a quelle di costruzione tecnica. La sequenza, in questo senso, è definita e riconosciuta prima di tutto quale strumento interdisciplinare, metodo teoretico di approccio alle infinite possibilità della composizione. La sequenza consente infatti di mantenere le singolarità dei nuclei posti in successione e di creare, proprio a partire dalle relazioni tra questi elementi, un insieme unitario e coerente. I principali riferimenti teorici e critici per lo sviluppo dell’idea di concepire la sequenza quale metodo compositivo sono stati Sergei M. Eisenstein e Bernard Tschumi. Di Eisenstein, in particolare, è stata considerata la tesi sottesa al processo metodologico del montage che, seppure con alcune caratteristiche differenze, offre un parallelo teorico molto efficace. Di Tschumi è invece stata valutata la proposta di categorie di sequenze, nello specifico la distinzione tra sequenza di spazi e sequenza programmatica ha fornito un primo strategico punto per argomentare la valenza di spazio e tempo in relazione alla sequenza. Con specifico riferimento all’ambito architettonico, la sequenza è quindi stata valutata come sistema organizzativo alternativo alle più rodate possibilità di distribuzione funzionale, o di composizione per forma, in grado di bilanciare i termini di spazio e tempo. Proprio a partire da questa potenzialità, si teorizza la sequenza quale strumento compositivo che consente la progettazione della complessità dell’esperienza in architettura. L’esperienza - che l’uomo vive tramite lo spazio costruito - è oggetto primo e fine ultimo dell’architettura. Il progetto è artificio che occupa - e modifica, e disegna - le dimensioni fisiche della realtà, e come tale è elemento vissuto ed esperito dall’uomo. La composizione architettonica dovrebbe essere concepita ed elaborata attraverso strumenti in grado di definire lo spazio in relazione al tempo, anche a partire da variabili dinamiche e soggettive, quali la percezione, il movimento, o - più in generale - l’esperienza. D’altronde è evidente la difficoltà insita nella progettazione di un’esperienza: indipendentemente dalle possibilità tecniche o specialistiche a nostra disposizione, disegnare lo spazio in relazione al tempo presuppone una serie di elaborazioni mentali implicitamente complesse. In questa ottica si vogliono evidenziare le possibilità della sequenza quale schema di senso che consente di valutare con la dovuta attenzione, ma anche con praticità operativa, le caratteristiche e qualità dell’esperienza, fino a divenire efficace metodo compositivo per descrivere lo spazio in relazione al tempo. Si valuta lo spazio quale ambito e oggetto fondamentale della progettazione architettonica. Inoltre, in accordo con Antonino Saggio, si definisce il tempo quale dimensione prima dello spazio. Il tempo è infatti l’unica dimensione in grado di descrivere e raccontare lo spazio. In questo senso la sequenza è strumento efficace per rappresentare, ma anche chiaramente per progettare, una composizione sequenziale di ambienti, secondo la successione di spazi nel tempo. Infine, si considera lo spazio - e conseguentemente il tempo - quale idea variabile e non assoluta, legata all’evolversi degli strumenti teorici, tecnici e operativi nelle varie epoche. Considerando quindi le variabili di tempo e spazio quali fondamentali per applicazione del metodo della sequenza, questo lavoro di tesi tenta di osservare l’evoluzione del metodo in relazione a diverse interpretazioni dello spazio e del tempo nel corso della storia. Tracciando una ideale linea teorica di riferimento si prende come punto di partenza il concetto di spazio formulato da Bruno Zevi, in particolare in Sapere vedere l’architettura. Saggio sull’interpretazione spaziale dell’architettura (1948), mentre il punto di arrivo è la formulazione di spazio ad opera di Antonino Saggio in Introduzione alla Rivoluzione Informatica (2007). Partendo dall’idea di spazio-tempo formulata all’inizio del secolo scorso si procede, tramite una serie di casi studio e riferimenti teorici, all’analisi di differenti approcci allo strumento della sequenza, fino a concludere con alcune riflessioni sulle nuove concezioni riferite allo spazio contemporaneo. Si sottolinea che la ricerca è stata svolta per buona parte presso il Dipartimento di Architettura e Progetto dell’Università Sapienza a Roma. Si sono svolti però anche dei periodi di ricerca all’estero, in particolare presso l’Istituto di Storia dell’Arte e dell’Architettura dell’Università di Zurigo, sotto la supervisione del Professor Martino Stierli, (Settembre/Dicembre 2014) e presso il Centre for Architecture and Visual Arts dell’Università di Liverpool, sotto la supervisione del Professor Marco Iuliano (Settembre 2015/Maggio 2016).
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EL, KHOURY CHADI. "LA PIEGA: MODELLO MORFO-SEMANTICO DI SUPPORTO ALLA FASE CREATIVA DEL PROGETTO." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11573/918306.

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Abstract:
L’ideazione della forma in architettura si trova ad affrontare un grande problema: la mancanza di modelli teorici, dedicati al campo della progettazione architettonica, che siano solidi per soddisfare i requisiti scientifici e anche sufficientemente flessibili per essere adattabili a qualsiasi progetto architettonico. Il nostro lavoro si concentra su un modello morfo-semantico “la piega”, indotto nella società contemporanea dai sistemi di informazione, come struttura che ci aiuta a prendere delle decisioni per supportare la fase creativa del progetto. Il processo della progettazione architettonica è oggetto di molti studi, nel campo della scienza del disegno, o delle scienze cognitive o quello dell’informatica. La sua ricchezza si basa sulla sua complessità e la varietà di condizioni operative che essa include durante il suo progresso. Per i nostri scopi, ci concentreremo sulle fasi iniziali del progetto, i momenti della ricerca concettuale da cui fluirà tutto l'approccio progettuale. Questo passo fondante della attività di progettazione architettonica è in gran parte associato alla dimensione creativa. Proponiamo questo modello che convalideremo ricostruendo le fasi concrete di morfogenesi su degli oggetti di riferimento. Poi utilizzeremo la piega come modello in uno strumento dedicato per la progettazione architettonica. La nostra scelta è caduta su questo tema perché la piega è un catalizzatore di una serie di elementi che aiuta il processo progettuale elevando la qualità e le modalità operative di questo e creando una vera e propria “nuova estetica”. Pertanto questo modello supera l’apparente opposizione tra l’influenza razionale degli ingegneri che tende a rendere il processo della progettazione completamente intelligibile e quella degli artisti che tendono a considerarlo come un atto creativo, impossibile da comprendere.
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VALERIANI, ANDREA. "La città di latta e la città di vetro. Utopie e distopie della metropoli brasiliana contemporanea." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1448511.

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Abstract:
La tesi proposta tratta principalmente due temi: la promessa dell’utopia e il tradimento della stessa. Essendo la città la protagonista della ricerca, è dall’essenza stessa di città del III Millennio che l’indagine trae i propri spunti fondamentali. Il necessario assioma alla base della linea di pensiero seguita consiste in primo luogo nel qualificare la città contemporanea come luogo del conflitto. Conflitto tra crescita ed equità sociale, tra sostenibilità e insostenibilità ambientale (Finocchiaro, 1999). Essa è un’entità pachidermica, inquinata e sovrappopolata, matrice di diseguaglianze e di tensioni tra classi. In particolare, le grandi metropoli dei cosiddetti “Paesi Emergenti” mostrano, dagli anni Ottanta ad oggi, una certa irrequietezza, decisamente più marcata rispetto a quelle occidentali, che invece si possono considerare - tutto sommato - “consolidate”. Ancora più nel dettaglio, le città brasiliane costituiscono uno stimolante affresco degli effetti che l’obesità patologica della città contemporanea ha sulla società e sui suoi spazi. Il principio cardine della tesi proposta è che l’attuale stadio di sviluppo delle più grandi (e problematiche) metropoli brasiliane è dovuto sostanzialmente a un processo evolutivo costantemente altalenante tra aspirazioni ideali e utopie disattese. Nella ricerca, l’evoluzione urbana di alcune delle metropoli più popolose del mondo (São Paulo, 20 milioni di abitanti; Rio de Janeiro, 12,1 milioni; Fonte: IBGE) - che non riescono a smettere di crescere - viene imputata sostanzialmente a due fenomeni diametralmente opposti, l’uno la nemesi dell’altro: da una parte un processo di gentrificazione e dall’altro uno di favelizzazione. Ad opulenti quartieri (metaforicamente chiamati “città di vetro”) fatti di luce, di spazi dilatati e di ampie aree verdi, fanno da contraltare sterminati insediamenti a-gerarchici, gigantesche baraccopoli (favelas) incancrenite sulle alture tipiche del paesaggio carioca (morros). Questa tipologia viene invece metaforicamente definita “città di latta”. Le forti diseguaglianze alla base della difficile convivenza tra queste due città - l’una contro l’altra armata - hanno portato nel corso della seconda metà del XX secolo all’emergere e all’acuirsi di un forte rancore urbano, che sfocia ogni giorno in una forte incidenza della microcriminalità da parte degli abitanti dei quartieri più poveri, con conseguenti contromisure di autodifesa da parte della gentry (condomini iperprotetti, alti muri con filo spinato, guardie private…). Nella prima parte della tesi si fa un’analisi critica dell’evoluzione storico-politica del Brasile dell’ultimo secolo, attraverso alcune selezionate tappe fondamentali (Guerra di Canudos, Riforma urbana di Pereira Passos, Dittatura Militare e “Lulismo”), seguendo un filo conduttore comune. Si intende infatti dimostrare che l’attuale assetto urbano e sociale delle metropoli carioca è il risultato di un’irrequieta alternanza tra aspirazioni ideali e utopie disattese (la città di vetro tende all’utopia mentre quella di latta viene trascinata verso la distopia da un sistema iniquo e corrotto). Ma l’evoluzione stessa della città risente anche dell’avvicendamento tra utopia e ideologia (Mannheim, 1957), come durante il ventennio di dittatura (1964-1985). Gli eventi storico-politici cui si è fatto cenno vengono integrati con alcuni casi-studio di utopie e distopie urbane (Belo Horizonte, Brasilia, Rio de Janeiro). Nell’corso dell’analisi si opera una riflessione sulle problematiche che hanno portato all’acuirsi delle eclatanti disparità alla base dell’evoluzione urbana recente, soffermandosi in particolare sull’individuazione e sulla riflessione intorno al ruolo di tre attori fondamentali: lo Stato, il popolo e il capitalismo finanziario. Nella seconda parte, la ricerca si addentra ad un livello più profondo di indagine dell’assetto urbanistico e dell’aspetto figurativo delle due metropoli più significative e “problematiche”: São Paulo e Rio de Janeiro. L’adozione di un metodo di osservazione e di percezione dell’ambiente urbano (che prende spunto dagli studi di Kevin Lynch; gestalt) porta all’assunzione come dato di fatto dell’immagine estremamente variegata delle spazialità delle città prese in esame. La tesi propone una tassonomia di tali spazialità che si differenzia da altri tipi di classificazioni rese disponibili dallo stato dell’arte (come per esempio le ricerche di Françoise Choay, anni Settanta) in quanto difficilmente corrispondenti alla sfaccettata realtà di São Paulo e di Rio. Le tre “urbanità” che vengono di conseguenza definite sono:  Lo spazio di difesa. Dei tre attori individuati nella Parte I (Stato, popolo, capitalismo finanziario), questo è lo spazio che afferisce al popolo. Si tratta della città a-gerarchica (favela). Questa definizione intende sottolineare la stretta connessione tra forma e funzione: nel caso della favela brasiliana la configurazione urbana compatta e tortuosa è legata sia a necessari “adattamenti orografici” sia al controllo e alla gestione di un territorio che vive in un’altra legalità, in larga parte al di fuori del controllo statale (spesso dominato dalla criminalità organizzata, tranne che in alcuni casi di favelas “pacificate”). La pianificazione non è data dall’applicazione di convenzioni e strumenti urbanistici ma dalle peculiarità territoriali. Il tessuto è estremamente fitto e non ci sono piazze. La sua dimensione spaziale è di conseguenza il vicolo; l’esplicitazione architettonica è l’edificio autocostruito. L’edificato è immediato e disallineato: la percezione visiva è stimolata da prospettive accidentali. È un tipo di urbanità trascinata verso il distopico (casi studio: favela Tiquatira a São Paulo e favela/conjunto di Cidade de Deus a Rio de Janeiro). La figura retorica di riferimento è la sineddoche (la parte per il tutto).  Lo spazio d’immagine. Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce al capitalismo industriale/finanziario. È la città gentrificata, avida consumatrice di suolo, pianificata e sviluppata su di un tracciato urbano razionale e regolare, che non sempre tiene conto dell’orografia (a differenza delle favelas che “si adattano” a ogni dislivello). La sua dimensione spaziale è il viale, quindi le grandi assialità nelle quali la ricca borghesia glorifica se stessa attraverso i propri feticci (l’esplicitazione architettonica di tale urbanità è il grattacielo). È uno spazio in cui il simulacro (Baudrillard, 1981) prende il sopravvento: iconico, l’immagine esteriore è tutto; il materiale, le forme e le insegne sono una forma di alterazione della realtà per scopi propagandistici (casi studio: Avenida Paulista a São Paulo; Avenida presidente Vargas, Rio de Janeiro). La percezione visiva è stimolata dalla prospettiva a quadro inclinato, che esalta il verticalismo. La figura retorica è l’allitterazione (la ripetitività delle immagini e degli slogan per enfatizzare, promuovere e invogliare al consumo).  Lo spazio di dottrina (o d’autorità). Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce alle istituzioni (lo Stato ma anche l’autorità ecclesiastica, molto forte in Brasile). È il tipo di urbanità che più tende all’utopia, trovandosi di conseguenza esattamente agli antipodi della città a-gerarchica. È lo spazio di celebrazione del Sistema ma anche dei principi e dei valori comuni della Nazione ed è pertanto caratterizzato da una forte carica simbolica e figurativa. La percezione visiva non può che essere stimolata dalla prospettiva centrale, che esalta simmetria e solennità. La sua dimensione spaziale è la piazza, un vuoto ampio e solenne, che tende a valorizzare quella che è l’esplicitazione architettonica di una tale urbanità, ovvero il Monumento. Casi studio: Praça da Sé (São Paulo); Largo da Paço (Rio de Janeiro); Praça dos Tres Poderes (Brasilia). Figura retorica: allegoria (espressione di un concetto astratto tramite un’immagine concreta).
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