Dissertations / Theses on the topic 'Sviluppo del linguaggio'

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Catellani, Cecilia <1995&gt. "I bambini bilingui con disturbo dello sviluppo del linguaggio: strumenti e marcatori clinici per una diagnosi precoce." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18105.

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Abstract:
Questo elaborato si propone di approfondire alcuni aspetti relativi alla competenza linguistica dei bambini bilingui in presenza di un disturbo dello sviluppo del linguaggio (DSL). Obiettivo principale è quello di presentare gli strumenti diagnostici ed i marcatori clinici che permettono quanto più efficacemente e precocemente di individuare il disturbo in un contesto di bilinguismo consentendo di intervenire quanto prima per ottenere miglioramenti linguistici. Fondamentale è stato analizzare separatamente i due fenomeni. Primariamente, da un lato, i tratti distintivi del bilinguismo e dall’altro, le caratteristiche del disturbo di linguaggio. Per raggiungere l’obiettivo sono stati analizzati vari studi sviluppati all’interno del progetto COST Action IS0804, il progetto quadriennale che ha indagato gli strumenti utili per il riconoscimento dei soggetti bilingui con DSL. Tale progetto ha dimostrato l’importanza di strumenti quali la ripetizione di parole, non-parole e frasi, la narrazione, il task di lettura ed il questionario per i genitori, e marcatori clinici tra cui la morfologia verbale ed il pronome clitico in italiano.
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ZAMPINI, LAURA. "Fenomeni tipici e atipici nello sviluppo linguistico di bambini con sindrome di Down." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2008. http://hdl.handle.net/10281/39208.

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Abstract:
Il presente lavoro di ricerca si è proposto di esaminare le prime fasi dello sviluppo linguistico nei bambini con sindrome di Down, allo scopo di evidenziare l’esistenza di fenomeni e processi propri del normale sviluppo del linguaggio all’interno di una popolazione caratterizzata da un profilo evolutivo atipico, dal punto di vista sia cognitivo che linguistico. I partecipanti ai quattro studi riportati nel presente lavoro sono stati estratti da un gruppo di bambini seguiti nell’ambito di un progetto longitudinale sul monitoraggio dello sviluppo linguistico nei bambini con sindrome di Down. Due degli studi condotti sono relativi all’utilizzo dei gesti comunicativi, data la predisposizione, rilevata da diverse ricerche in letteratura, per l’uso della modalità gestuale da parte di questi bambini; dal primo studio, che si è proposto di effettuare un confronto fra bambini con sindrome di Down di 24 mesi e coetanei con sviluppo del linguaggio rallentato, è emerso come il profilo comunicativo preverbale, vocale e gestuale, mostrato dai bambini con sindrome di Down si manifesti, nelle prime fasi di acquisizione del linguaggio, come un semplice rallentamento dello sviluppo tipico. Inoltre, il secondo studio ha permesso di rilevare, nello sviluppo gestuale dei bambini con sindrome di Down, due processi simili a quelli che sono stati identificati nella letteratura relativa allo sviluppo tipico: il ruolo dei gesti come “ponte” fra la comprensione e la produzione verbale ed il ruolo predittivo dei gesti, in associazione alla comprensione verbale, sul successivo sviluppo lessicale. Il terzo studio è, invece, relativo alla relazione intercorrente fra lo sviluppo lessicale e morfosintattico, poiché i dati relativi allo sviluppo linguistico nei bambini con sindrome di Down sono stati frequentemente utilizzati a sostegno dell’ipotesi dell’indipendenza fra le diverse aree del linguaggio, dato il riscontro di una maggiore compromissione a livello morfosintattico rispetto ad abilità lessicali relativamente preservate; i dati rilevati dal presente studio hanno, invece, permesso di sottolineare come, nonostante l’esistenza di una difficoltà specifica a livello morfosintattico, lo sviluppo lessicale e sintattico risultino essere correlati anche all’interno di questa popolazione, allo stesso modo in cui avviene nello sviluppo tipico. Da ultimo, il quarto studio, alla luce della prospettiva socio-interazionista, ha preso in esame le caratteristiche lessicali e strutturali del linguaggio rivolto ai bambini con sindrome di Down, al fine di verificare la tipicità dell’input che viene loro indirizzato; a tale proposito è stato rilevato come il linguaggio materno diretto ai bambini con sindrome di Down si collochi ad un livello intermedio rispetto a quello indirizzato a bambini con sviluppo tipico di pari età cronologica o di pari ampiezza lessicale, risultando più semplice di quanto previsto sulla base dell’età cronologica, ma più complesso di quanto richiesto dalle competenze linguistiche dei bambini.
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FARINA, FRANCESCO. "IL SUONO DELLE EMOZIONI: un' analisi sulle potenzialità espressive del linguaggio musicale nel ciclo di vita." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/846.

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Fernicola, Francesco. "Verso lo sviluppo di un modello predittivo per lo screening del Disturbo di Linguaggio in età evolutiva: un esperimento-pilota con Orange." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/18841/.

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Abstract:
Sin dai suoi albori, la linguistica computazionale si è sviluppata come un campo fondamentalmente interdisciplinare, sfruttando gli innovativi strumenti informatici sorti durante la rivoluzione digitale per analizzare le lingue naturali e i fenomeni linguistici. Questo campo ha fornito un contributo fondamentale per la creazione di alcuni tra gli strumenti che sono diventati parte integrante della vita di tutti i giorni; a partire dagli editor di testo (Microsoft Word), passando per i motori di ricerca (Google) fino ai sistemi di riconoscimento vocale e di traduzione automatica. Questi ultimi due in particolare hanno conosciuto miglioramenti notevoli negli ultimi anni, grazie agli enormi progressi nelle tecniche di machine learning, anche noto come apprendimento automatico. Tuttavia queste tecniche non trovano la propria applicazione solo nella nostra quotidianità, ma anche nella ricerca scientifica. È infatti possibile utilizzarle per l'analisi di dati e persino per la creazione di modelli predittivi a partire da una collezione di dati (chiamata dataset). Rappresentano pertanto uno strumento aggiuntivo per la valutazione delle ipotesi scientifiche, nonché un supporto ulteriore alla diagnosi in campo medico. In questa tesi si intende fornire un'applicazione pratica di queste tecniche al campo della logopedia, proponendo un esperimento-pilota con il fine di sviluppare un modello predittivo per lo screening del Disturbo del Linguaggio in età evolutiva.
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Dispaldro, Marco. "L'acquisizione della grammatica come complesso sistema cognitivo-linguistico: studi sperimentali sulla produzione e comprensione della morfologia in bambini con sviluppo tipico del linguaggio." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425687.

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Abstract:
Summary The definite articles, the 3rd person of direct object clitic pronouns and the 3rd person inflection in the present tense are clinical markers in the Italian language (Bortolini, Arfé et al. 2006; Bortolini, Caselli et al. 2002; Dispaldro, Caselli et al., 2008). These reasons lead us to study the processe involved in morphological acquisition. Through different experiments, the aim of the present work is to investigate the production and comprehension of grammatical morphemes in children with typical language development, in the first fases of grammatical acquisition, at the preschool level (aged between 3 and 4 years). STUDY 1: Lexical Representation and Phonological Working Memory in Morphological Production The aim of this study is to investigate the degree to which morphological production relies on Phonological Working Memory (Gathercole e Baddeley, 1990; van der Lely e Howard, 1993) and on Lexical Representation (Bates, Bretherton e Snyder 1988; Bates e Goodman, 1999). This objective have been pursued by using the word repetition paradigm with the real and non real words. Experiment 1. Production of the Italian Morphology Sixty-two children (aged 3 years) participated in the experiment. The results show that the role of Phonological Working Memory is important to morphological processing. Futhermore, data confirmed the existence of a link between Lexical Representation and morphological production. Experiment 2. Production of the English Morphology (this experiment has been done at the Purdue University in collaboration with Prof. Laurence B. Leonard) The previous experiment was replicated. Thirty children (aged 3 years) participated in the experiment. The results show that the role of Phonological Working Memory is central to morphological processing, but the results about Lessical Representation are not clear. Study 1 Conclusions Both experiments demonstrated that morphological processing is based on Phonological Working Memory, which however cannot explain the productive process entirely. Furthermore, it has been demostrated that Lexical Representation is very important, at least for the production of complex morphological systems such as the Italian language. STUDY 2: Comprehension of Singular and Plural Distinction in Grammatical Morphemes Little is known about children’s understanding of singular and plural expressed by morphology; furthermore, most studies focus on the English Language (Kouider et al., 2006; Schnoor e Newman, 2001; Soderstrom 2002), therefore the objective of this study is to investigate the singular and plural representation in the Italian morphology. Experiment 1. Articles, Clitic Pronouns and Verbs: Pointing Task Seventy-one children (aged 3 years) participated in the experiment. Singular and plural forms were investigated using a task requiring the participants to point at one of two sheets of paper which varied according to the number of items depicted on them ([X] [XX]). The results of this experiment did not clarify whether children possess the conceptual representation of singular as /one/ and plural as /more than one/ items. Experiment 2. Articles: Drawing Task Seventeen children (aged 3;0 years) participated in the experiment. Through the drawing task, prompted by the same morphological informations of the previous experiment, the aim of the second experiment was to investigate whether childrens behaviour better reveals if they have a representation of singular and plural quantities. The results show that children do possess the concepts of singular and plural. Experiment 3 (Articles: Selection Task) and Experiment 4 (Verbs: Selection Task) In the experiment 3 seventy-one children partecipated; they were divided into three age groups (3;0-year-olds, 4;0-year-olds and 6-year-olds); moreover, thirth-eight adults were submitted to the same task. In the experiment 4 fifty-eight children partecipated (they were divided into three age groups: 3;0-year-olds, 4;0-year-olds and 6-year-olds), and forty-two adults were also examined. A task was used in which children were asked to take some objects from one of two containers, which varied in the number of items put on them ([X] [XX]), following to morphological informations provided by instruction. The results confirm that at the age of 3 children possess a quantitative representation of singular and plural, but also reveal that only after the age of 4 they understand which array, of the two containing different items, better suits the information expressed by the morphemes not only from a quantitative point of view but also according to referential comunication functions. Study 2 Conclusion This study demostrates that children at 3 years of age have a procedural representation of the morphemes which is based on quantitative information only. It is only after 4 years that a redescription occurs (Karmiloff-Smith 1992) that allows an interpretation of morphemes also reflecting the communicative intention expressed by this linguistic category. GENERAL CONCLUSIONS Morphological processing is a process which involves a multitude of linguistic and cognitive aspects. By comparing the different studies two main phases can be hyphotesized, underlying a mature acquisition of morphology: - Phase 1: Morphological processing is linked to Phonological Working Memory; moreover, the procedural use of morphology depends on lexicon. In this phase the developmental trends of the different function of the morphemes are independent from each other. - Phase 2: During the course of development, several Representational Redescriptions occur which lead to an integrated conception of the different function of morphemes and to morphological usages reflecting more general and abstract functions of language and communication.
Riassunto In Italiano gli articoli determinativi, la terza persona dei pronomi clitici oggetto e la terza persona dell’indicativo presente sono dei marcatori clinici tra l’acquisizione tipica ed atipica della grammatica (Bortolini, Arfé et al. 2006; Bortolini, Caselli et al. 2002; Dispaldro, Caselli et al., 2008). Questo rende importante lo studio sui processi che governano l’acquisizione di tali morfemi. Il presente lavoro ha lo scopo di indagare, attraverso diversi studi sperimentali (ognuno suddiviso in più esperimenti), la produzione e la comprensione della morfologia grammaticale nei bambini con sviluppo tipico in età prescolare (tra i 3 ed i 4 anni d’età). STUDIO 1: Rappresentazione Lessicale e Memoria di Lavoro Fonologica nella Produzione della Morfologia Attraverso questo studio si intende indagare il grado in cui la produzione morfologica necessita della Memoria di Lavoro Fonologica (Gathercole e Baddeley, 1990; van der Lely e Howard, 1993) e della Rappresentazione Lessicale (Bates, Bretherton e Snyder 1988; Bates e Goodman, 1999). Si intende perseguire tale obiettivo per mezzo del paradigma di ripetizione di parole, reali e non reali. Esperimento 1: Produzione della Morfologia Italiana Hanno partecipato 62 bambini di tre anni d’età. I risultati mostrano che la Memoria di Lavoro Fonologica ha un ruolo importante nella produzione morfologica. Inoltre, è stato riscontrato un legame tra Rappresentazione Lessicale e produzione morfologica. Esperimento 2: Produzione della Morfologia Inglese (esperimento effettuato presso la Purdue University, in collaborazione con il Prof. Leonard) È stato replicato l’esperimento precedente. Hanno partecipato 30 bambini di tre anni d’età. I risultati dimostrano che il ruolo della Memoria di Lavoro Fonologica è centrale nell’elaborazione della morfologia; al contrario, i risultati sulla Rappresentazione Lessicale lasciano aperti alcuni dubbi. Conclusione Studio 1 Lo studio ha dimostrato che la produzione morfologica necessita della Memoria di Lavoro Fonologica, ma essa non può spiegare l’intero processo produttivo; inoltre, la Rappresentazione Lessicale è molto importante per la produzione di sistemi morfologici complessi come quello Italiano. STUDIO 2: La Comprensione della Funzione Grammaticale di Numero (Singolare e Plurale) Poco si conosce sulla comprensione del singolare e plurale all’interno della morfologia; inoltre, la maggior parte degli studi si riferiscono alla lingua Inglese (Kouider et al., 2006; Schnoor e Newman, 2001; Soderstrom 2002). Per questa ragione, l’obiettivo di questo studio è di indagare l’informazione di numero (singolare e plurale) nella morfologia grammaticale Italiana. Esperimento 1: Prova dell’Indicare negli Articoli, Clitici e Verbi Hanno partecipato 71 bambini di tre anni d’età. Attraverso un compito in cui bisogna indicare un foglio, individuandolo tra due che differiscono per la quantità di oggetti o personaggi in esso rappresentati ([X] [XX]), sono state indagate le forme singolari e plurali. I risultati di questo esperimento non hanno chiarito se i bambini possiedono i concetti di singolare come di /una unità/ e di plurale come di /più di una unità/. Esperimento 2: Prova del Disegnare negli Articoli Hanno partecipato 17 bambini di tre anni e zero mesi d’età. L’obiettivo di questo esperimento è di indagare, attraverso l’utilizzo del disegno di oggetti, se il comportamento messo in atto dai bambini è governato dalla rappresentazione della quantità singolare e plurale. I risultati dimostrano che i bambini possiedono i concetti di singolare come /una unità/ e plurale come /più di una unità/. Esperimento 3 (Prova del Prendere negli Articoli) ed Esperimento 4 (Prova del Prendere nei Verbi) Nell’esperimento 3 hanno partecipato 71 bambini, suddivisi in tre gruppi d’età (3;0 – 4;0 – 6 anni) e 38 adulti; nell’esperimento 4 hanno partecipato 58 bambini (3;0 – 4;0 – 6 anni d’età) e 42 adulti. Viene utilizzato un compito in cui i bambini devono prendere degli oggetti posti all’interno di due piatti che variano per il numero di oggetti posti all’interno ([X] [XX]). I risultati confermano che i bambini a 3 anni possiedono una rappresentazione quantitativa di singolare e plurale. Solo dopo i 4 anni i bambini comprendono quale insieme di oggetti meglio si adatta all’informazione espressa dal morfema, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche dal punto di vista referenziale-comunicativo Conclusione Studio 2 Questo studio dimostra che i bambini a 3 anni hanno una rappresentazione procedurale del morfema che si basa solo sull’informazione di quantità. Dopo i 4 anni avviene una ridescrizione (Karmiloff-Smith 1992) che permette di interpretare il morfema anche in relazione alle intenzioni comunicative espresse da quella categoria linguistica. CONCLUSIONE GENERALE L’elaborazione morfologica è un processo complesso che coinvolge in sé una moltitudine di aspetti cognitivi e linguistici. Dal confronto con i due studi, sono state ipotizzate 2 fasi nel processo d’acquisizione della morfologia: - Fase 1: l’elaborazione morfologia è legata ad abilità come la Memoria di Lavoro Fonologica; inoltre, l’uso procedurale del morfema è dipendente dal lessico. In questa fase, ogni funzione grammaticale del morfema ha uno sviluppo indipendente dalle altre funzioni. - Fase 2: Nel corso dello sviluppo si hanno una serie di Ridescrizioni Rappresentazionali che conferiscono al morfema uno stato polisemico, e che rendono l’uso del morfema più generale ed astratto in relazione alle funzioni del linguaggio e della comunicazione.
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Lamberti, Luca. "TSento: sviluppo di uno strumento per l'analisi del sentiment su risposte aperte nelle indagini di clima aziendale." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
Nel seguente elaborato viene introdotto il tema del clima aziendale e viene effettuata una analisi dei problemi legati ai metodi utilizzati nella rilevazione attuale del clima. In seguito viene descritto il processo di sviluppo del prodotto il cui scopo è di risolvere i principali problemi, prima evidenziati, e di fornire maggiori informazioni ai responsabili delle leve che influiscono sulla percezione dell'ambiente di lavoro da parte dei collaboratori. Nella definizione del processo si fa riferimento alle prove empiriche effettuate per determinare quale motore di analisi fosse il migliore, e quindi dei provvedimenti necessari a ridurre la percentuale di errore sotto una soglia accettabile. L'elaborato si conclude con la definizione del report finale e degli aspetti necessari per l'immissione del prodotto nel mercato come nome, logo e slogan.
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Junyent, Andrea Anahi. "Individual differences in Specific Language Impairment: profiles of preschoolers exposed to Italian." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422857.

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Abstract:
This dissertation explores Specific Language Impairment (SLI) through a single case and a group study aimed to define language profiles in children with SLI compared to typically developing children having the same chronological age or the same mean length of utterance (MLU). The single case study compared the morpho-syntactic characteristics of elicited and spontaneous production of a child with SLI to information provided by the literature about children with equivalent MLU. Results were scrutinised in the light of hypotheses which conceive SLI as an originally grammatical deficit. Delay was found in production of inflected verbs, in line with MLU, and was consistent with linguistic accounts. Delay found in production of direct and indirect object clitic pronouns as well as articles was unexpected based on the MLU and could only partially be explained by the linguistic hypotheses considered. The group study examined lexical, morpho-syntactic and textual skills in comprehension and production as well as phonological memory in 50 children with SLI (SLI group). In order to identify profiles, their performance was compared to age- and MLU-matched typically developing children (TD group); and subgroups of children with SLI were identified and compared. Moreover, relationships among language abilities and phonological memory were scrutinised in the overall group of children (SLI and TD groups). Statistical comparisons between the SLI group and the TD group revealed a complex pattern of impaired lexical and morpho-syntactic abilities as well as phonological memory; and partially preserved textual skills. Subgroups (in the SLI group) with the following characteristics were compared: both lexical and morpho-syntactic production mildly impaired; both lexical and morpho-syntactic production severely impaired; mildly impaired lexical production and severely impaired morpho-syntactic production. Results evinced different profiles in these subgroups regarding phonological memory, depending on the severity of the impairment in morpho-syntactic production exhibited by subgroups. This suggests a strong relationship between phonological memory and morpho-syntax in production. The specific relationships among language and phonological memory abilities were examined through regression analyses. Results showed phonological memory as the best predictor for language comprehension and production in the overall group of children, while belonging to the SLI or the TD group did not account for any extra variability. This suggested a strong relationship between phonological memory and language, independently of belonging to one group or the other. The second predictor was lexical comprehension, which predicted both morpho-syntactic and text comprehension in the overall group, while belonging to the SLI or the TD group did not explain any extra variability. These results suggested that language abilities in comprehension are hierarchically structured in SLI as in typical development, regardless belonging to one group or the other.
La seguente ricerca esplora i profili del Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL) attraverso lo studio di un caso singolo e uno studio di gruppo, confrontandoli con quelli di bambini aventi la stessa età cronologica o la stessa lunghezza media dell‘enunciato (LME). Nello studio di caso singolo sono state comparate le caratteristiche morfosintattiche della produzione spontanea ed elicitata di un bambino con DSL con i dati in letteratura sulla produzione di bambini con LME equivalente. I risultati sono stati esaminati alla luce di ipotesi che concepiscono il DSL come un deficit di origine grammaticale. È stato trovato un ritardo nella produzione di verbi flessi, come atteso in base al livello di LME e in accordo con le spiegazioni linguistiche. Un ritardo inatteso per livello di LME è stato trovato nella produzione di pronomi clitici di oggetto diretto e indiretto e articoli, i quali hanno potuto essere spiegati solo parzialmente alla luce delle ipotesi considerate. Nello studio di gruppo, sono state esaminate la comprensione e produzione lessicale morfosintattica e testuale insieme alla memoria fonologica in 50 bambini con DSL (gruppo DSL). Allo scopo di identificare profili, le prestazioni del gruppo DSL sono state comparate con la performance di bambini con sviluppo tipico (gruppo ST) appaiati per età e per LME e sono stati identificati e confrontati sottogruppi di bambini con DSL. Inoltre, i rapporti fra le abilità linguistiche e la memoria fonologica sono stati esaminati nel gruppo totale di bambini (gruppi DSL e ST). Il confronto tra il gruppo DSL e TD ha mostrato, per il primo, un pattern complesso in cui le abilità lessicali, morfosintattiche e di memoria fonologica sono compromesse mentre le capacità testuali sono parzialmente preservate. Sono stati comparati sottogruppi (del gruppo DSL) con le seguenti caratteristiche: produzione lessicale e morfosintattica lievemente compromessa, produzione lessicale e morfosintattica severamente compromessa, e produzione lessicale lievemente compromessa e produzione morfosintattica severamente compromessa. I risultati per i sottogruppi hanno evidenziato diversi profili in relazione alla memoria fonologica, imputabili alla severità del deficit in produzione morfosintattica dei sottogruppi. Ciò suggerisce una forte relazione fra memoria fonologica e morfosintassi. I rapporti specifici fra abilità linguistiche e di memoria sono stati esaminati con analisi di regressione. I risultati hanno indicato che la memoria fonologica è il miglior predittore della comprensione e produzione linguistica nel gruppo totale di bambini, mentre l‘appartenenza al gruppo DSL or al gruppo TD non ha spiegato ulteriore variabilità. Ciò suggerisce una forte relazione fra memoria fonologica e linguaggio, indipendentemente dalla appartenenza a un gruppo o all‘altro. Il secondo migliore predittore è stato la comprensione lessicale, che ha predetto la comprensione morfosintattica e testuale nel gruppo totale, mentre l‘appartenenza al gruppo DSL o TD non ha spiegato ulteriore variabilità. Questi risultati suggeriscono abilità linguistiche gerarchicamente strutturate in comprensione a prescindere del gruppo di appartenenza.
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VALLE, ANNALISA. "Teoria della mente e ironia: il ruolo del contesto relazionale e delle conoscenze pregresse nella comprensione dell'ironia verbale." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/284.

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Abstract:
Il presente lavoro prende in considerazione la comprensione dell'ironia verbale in bambini di età prescolastica e scolastica alla luce del suo legame con la teoria della mente (capacità di attribuire stati mentali a se' e agli altri e di prevederne il comportamento sulla base di tali stati) e con le abilità linguistiche dei soggetti. L'obiettivo è verificare quali fattori di tipo relazionale, contestuale e informativo aiutano i bambini nell'interpretare l'ironia verbale prima e dopo l'acquisizione di abilità mentalistiche complesse. Il primo studio si sofferma sulla differenza di status tra gli interlocutori (rapporto simmetrico e asimmetrico) e sulla qualità del legame di attaccamento del bambino con i suoi caregiver. La seconda ricerca approfondisce il ruolo delle conoscenze pregresse che i soggetti hanno a disposizione per comprendere l'enunciato ironico (conoscenze enciclopediche o episodiche) e il tipo di affermazione ironica (costituita da eco o allusione) in rapporto alle abilità mentalistiche e linguistiche. I risultati mostrano che i bambini si avvalgono di alcuni dei fattori individuati per comprendere l'ironia verbale anche prima dell'acquisizione di abilità mentalistiche complesse.
This work considers the verbal irony comprehension in school and preschool age children in the light of its link with theory of mind (the ability to impute mental states to the self and to the others as a way of making sense and predicting behaviour) and linguistic competences of subjects. The aim is to identify the relational, contextual and informative factors helping children to interpret verbal irony before and after the complex mentalistic abilities acquisition. The first study deals with status difference between talkers (symmetric and asymmetric relation) and characteristics of children relationship attachment with their caregivers. The second research elaborates on the role of previous knowledge of subjects to understand irony statement (encyclopaedic or episodic knowledge) and of ironic claim type (echoic or allusional) and the link with mentalistic and linguistic abilities. The results show that children use some of the detected factors to understand verbal irony also before the acquisition of complex theory of mind.
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VERNICH, LUCA ANTONIO TOMMASO. "CORRELAZIONI TRA SVILUPPO CONCETTUALE NELL'INFANZIA E ACQUISIZIONE DELLA PRIMA LINGUA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6170.

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Abstract:
L'obiettivo del presente lavoro è quello di esaminare criticamente le prospettive teoriche più note sul problema delle relazioni tra sviluppo concettuale del bambino ed acquisizione della prima lingua. Per quanto il lavoro si concentri in particolare sullo sviluppo della componente lessicale, ovvero sul legame tra concetti e apprendimento delle parole con cui gli stessi vengono codificati, verranno necessariamente trattati anche alcuni aspetti relativi alla competenza morfologica e sintattica. Dopo aver presentato sinteticamente le principali teorie proposte nell'ambito della linguistica acquisizionale e della psicologia dello sviluppo, procederemo ad una problematizzazione e discussione dei punti critici delle stesse alla luce dei risultati ottenuti in sede sperimentale negli ultimi anni. Partendo dalla consapevolezza che nell'ambito della linguistica, forse ancor più che in altre discipline, il contrasto tra impostazioni teoriche diverse si traduce spesso in discrepanze significative nell'interpretazione degli stessi dati empirici, abbiamo cercato di dare lo stesso spazio ai vari orientamenti teorici. L'obiettivo di questa tesi, infatti, non è quello di dare giudizi di merito sulla validità di una teoria in quanto tale rispetto ad un'altra, quanto di discutere in modo trasversale i nodi più problematici delle varie teorie e le implicazioni delle stesse. Questo intento è particolarmente evidente nelle conclusioni della tesi, strutturate intorno ad una serie di domande di ricerca.
This work provides a critical overview of the major theoretical perspectives on the relationships between conceptual development and first language acquisition. While our focus is on lexical development (ie. on the relation between learning a word and acquiring the relevant concept), we will also touch on some aspects which pertains more specifically to morphological and syntactical development. After briefly introducing the major theories developed in the field of first language acquisition and developmental psychology, we will discuss them in the light of experimental data collected in recent years. As the same empirical findings tend to be interpreted in completely different ways, in our work we tried to give voice to authors supporting different views. Our goal is not to assess the merits of these theores as such, but to take this comparison as an opportunity to discuss the implications and issues thereof. This will be particularly clear in the Conclusions of our work, which are structured as a series of research questions.
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De, Bernardis Mattia <1977&gt. "La questione percettiva in semiotica. Linee fondamentali e sviluppi della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1091/1/Tesi_De_Bernardis_Mattia.pdf.

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Abstract:
This dissertation deals with the problems and the opportunities of a semiotic approach to perception. Is perception, seen as the ability to detect and articulate an coherent picture of the surrounding environment, describable in semiotic terms? Is it possibile, for a discipline wary of any attempt to reduce semiotic meaning to a psychological and naturalized issue, to come to terms with the cognitive, automatic and genetically hard-wired specifics of our perceptive systems? In order to deal with perceptive signs, is it necessary to modify basic assumptions in semiotics, or can we simply extend the range of our conceptual instruments and definitions? And what if perception is a wholly different semiotic machinery, to be considered as sui generis, but nonetheless interesting for a general theory of semiotics? By exposing the major ideas put forward by the main thinkers in the semiotic field, Mattia de Bernardis gives a comprehensive picture of the theoretical situation, adding to the classical dichotomy between structuralist and interpretative semiotics another distinction, that between homogeneist and etherogeneist theories of perception. Homogeneist semioticians see perception as one of many semiotic means of sign production, totally similar to the other ones, while heterogeneist semioticians consider perceptive meaning as essentially different from normal semiotic meaning, so much so that it requires new methods and ideas to be analyzed. The main example of etherogeneist approach to perception in semiotic literature, Umberto Eco’s “primary semiosis” is then presented, critically examined and eventually rejected and the homogeneist stance is affirmed as the most promising path towards a semiotic theory of perception.
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De, Bernardis Mattia <1977&gt. "La questione percettiva in semiotica. Linee fondamentali e sviluppi della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1091/.

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Abstract:
This dissertation deals with the problems and the opportunities of a semiotic approach to perception. Is perception, seen as the ability to detect and articulate an coherent picture of the surrounding environment, describable in semiotic terms? Is it possibile, for a discipline wary of any attempt to reduce semiotic meaning to a psychological and naturalized issue, to come to terms with the cognitive, automatic and genetically hard-wired specifics of our perceptive systems? In order to deal with perceptive signs, is it necessary to modify basic assumptions in semiotics, or can we simply extend the range of our conceptual instruments and definitions? And what if perception is a wholly different semiotic machinery, to be considered as sui generis, but nonetheless interesting for a general theory of semiotics? By exposing the major ideas put forward by the main thinkers in the semiotic field, Mattia de Bernardis gives a comprehensive picture of the theoretical situation, adding to the classical dichotomy between structuralist and interpretative semiotics another distinction, that between homogeneist and etherogeneist theories of perception. Homogeneist semioticians see perception as one of many semiotic means of sign production, totally similar to the other ones, while heterogeneist semioticians consider perceptive meaning as essentially different from normal semiotic meaning, so much so that it requires new methods and ideas to be analyzed. The main example of etherogeneist approach to perception in semiotic literature, Umberto Eco’s “primary semiosis” is then presented, critically examined and eventually rejected and the homogeneist stance is affirmed as the most promising path towards a semiotic theory of perception.
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ROSSIGNOLI, MARCO. "STORIA E NARRAZIONE: ORIGINE, SVILUPPO E PROSPETTIVE DEL NARRATIVISMO DA ERODOTO A HAYDEN WHITE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6221.

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Abstract:
Il presente lavoro vuole indagare le teorie di quegli autori che, negli ultimi ottant’anni, hanno studiato e approfondito il rapporto che lega la storia e la narrazione. Nonostante si possa parlare di narrativismo, inteso come filone di studio, solo a partire dalla seconda metà del ‘900, tutta la storia e tutti gli storici di ogni epoca, più o meno volontariamente, hanno ragionato sul concetto di storia e sul modo di raccontarla. La mia tesi quindi, se da un lato si concentrerà sugli esponenti del narrativismo novecentesco, dall’altro partirà dai greci, per ripercorrere, seppur brevemente, i contributi degli autori più significativi.
This paper aims to investigate the theories of those authors who, in the last eighty years, have studied and explored the relationship between history and its narration. Although we can talk about narrativism, considered as branch of study, only from the second half of XX century, all the history and all the historians of all time, more or less voluntarily, have reasoned about the concept of the story and how to tell it. My thesis, on the one hand, while it will focus on members of narrativism of the last century, on the other hand it will start by the Greeks, to analyse the contributions of the most significant authors of each age.
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Del, Longo Silvia. "Strategie e strumenti di scrittura per argomentare. Ipotesi di intervento." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424064.

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Abstract:
The three years of Doctoral Program were devoted to the exploration of the role of note-taking, drafting, mapping, and outlining in learning strategies for argumentative writing and speaking in secondary school students. The successful performance in argumentative discourse tasks is expected at the end of the secondary school all over the world. In spite of these expectations, though, what researchers have been observing for decades are the difficulties encountered by students in performing academic writing and speaking tasks. Moreover, further investigation is needed in order to explore the role of writing in supporting strategic learning in argumentative discourse. Therefore, under the supervision of professor Lerida Cisotto, the doctoral student designed a series of exploratory studies and developed an intervention about writing strategies for argumentation, with the aim to improve the argumentative discourse processes and products of the students involved. The aim of the two studies reported here was to investigate the positive influence on the quality of written and oral argumentation of an intervention about strategic writing tools for argumentation. In particular, students who attended four workshops on writing tools were expected to show greater improvement in their argumentative performances than students who were involved in curricular activities about written and oral argumentation. The participants were 124 secondary students attending either 11th or 12th grade, and were assigned either to the Writing for argumentative discourse group or to the Practising for argumentative discourse group. Participants were administered pre- and post-intervention tests to analyze their performances in argumentative speaking and writing, using several indices of quality. Multivariate analyses of variance revealed a significant effect of the intervention about writing tools for argumentation on the quality of persuasive essay writing, and a moderate effect on the quality of debate speaking. The actual use of strategic writing tools during argumentative writing and speaking has also been explored. Findings indicate that instruction in writing tools for argumentation has the potential to influence the learning of strategies for argumentative writing and speaking, especially when strategic writing tools support the use of metacognitive and self-regulation strategies.
I tre anni di ricerca dottorale sono stati dedicati ad esplorare il ruolo di appunti, bozze, mappe e scalette nell’apprendimento di strategie per l’argomentazione orale e scritta da parte di ragazzi della scuola secondaria di II grado. In tale ordine scolastico, infatti, ci si attende che i ragazzi sappiano esprimere e supportare le proprie opinioni in modo convincente e appropriato al contesto. Nonostante le aspettative, tuttavia, le ricerche degli ultimi decenni hanno rilevato le difficoltà incontrate dagli studenti nelle prestazioni argomentative orali e scritte. Inoltre, si ravvisa la necessità scientifica di esplorare il ruolo dello scrivere come strumento di supporto nell’apprendimento strategico del discorso argomentativo. Pertanto, con la supervisione della prof.ssa Lerida Cisotto, la dottoranda ha progettato e condotto una serie di studi esplorativi ed ha sviluppato un percorso didattico laboratoriale sugli strumenti strategici di scrittura per l’argomentazione, con l’intento di migliorare i processi e i prodotti argomentativi degli studenti coinvolti nella ricerca. La finalità dei due studi condotti è stata di indagare l’influenza positiva del laboratorio sulla qualità della scrittura e dell’oralità argomentativa. In particolare, ci si attendeva che gli studenti coinvolti in quattro laboratori sugli strumenti di scrittura mostrassero un miglioramento più consistente nelle loro prestazioni argomentative rispetto ad altri ragazzi coinvolti in attività didattiche curricolari sull’argomentazione scritta e orale. Hanno preso parte alla ricerca 124 studenti della scuola secondaria di II grado, frequentanti la classe seconda o terza, e assegnati casualmente al gruppo Scrivere per argomentare oppure al gruppo Esercitarsi per argomentare. I partecipanti sono stati coinvolti in sessioni di rilevazione iniziali e finali allo scopo di analizzare le loro prestazioni in compiti di oralità e scrittura argomentativa attraverso la presenza di elementi qualificanti. Le analisi multivariate della varianza hanno rivelato un effetto significativo del laboratorio Scrivere per argomentare sulla qualità dei testi argomentativi e un effetto moderato sulla qualità degli interventi di dibattito. Nel corso della ricerca dottorale è stato anche esplorato l’uso effettivo degli strumenti strategici di scrittura a supporto dell’argomentazione orale e scritta. I risultati degli studi indicano che l’insegnamento di strumenti strategici di scrittura per l’argomentazione ha il potenziale di influenzare l’apprendimento di strategie per l’argomentazione orale e scritta, soprattutto quando lo scrivere supporta e guida l’uso di strategie metacognitive e per l’autoregolazione.
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PULVIRENTI, GIULIANA. "Cognizione sociale e linguaggio: il ruolo del processamento dei volti nello sviluppo sensori-motorio del bambino in relazione all'acquisizione della capacità linguistica." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11570/3131075.

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Abstract:
L'obiettivo della presente ricerca è stato quello di esaminare il ruolo che alcuni comportamenti socialmente orientati, come il face scanning, svolgono nello sviluppo delle abilità percettivo-motorie che intervengono e consentono la progressiva acquisizione della capacità linguistica nel bambino, per poi effettuare una comparazione dello sviluppo ontogenetico di tali abilità nelle specie di primati non linguistici (in particolar modo scimpanzé, a noi prossimi fileticamente). Il metodo utilizzato è quello comparativo, che, applicato all’analisi anatomo-morfologica delle strutture ed etologica dei comportamenti, permette di distinguere le componenti omologhe, cioè condivise da due o più taxa per effetto di discendenza comune, da quelle apomorfe, cioè “nuove” e di pertinenza esclusivamente umana.o sviluppo della capacità linguistica sembra essere ontogeneticamente legato a una varietà di processi fortemente dipendenti da bias attentivi e percettivi che dispiegano il loro potenziale nelle forme di interazione sociale normalmente presenti nei contesti di percezione e produzione linguistica precoci. Il bambino inizia a costruire questa competenza integrando le informazioni percepite acusticamente e visivamente durante gli scambi socio-comunicativi che intercorrono con le figure accudenti nei primi mesi di vita. Anche altre specie di primati oltre l'uomo esibiscono le capacità percettive e “versioni” molto simili dei comportamenti socio-comunicativi che nella nostra specie intervengono nel processo di acquisizione linguistica. In questo contesto le precoci abilità di processamento dei volti dei bambini svolgono un ruolo privilegiato e fondamentale per la progressiva costruzione di questa capacità, innescando dinamiche sociali che gradualmente plasmano le loro abilità percettive, produttive e cognitive. Considerati complessivamente, questi dati indicano la presenza di una continuità filogenetica nei meccanismi che interessano la sfera socio-comunicativa mediata visivamente e audio-vocalmente, supportando un modello evoluzionistico dell'emergenza della facoltà linguistica di tipo multimodale, e non esclusivamente gestuale. Le differenze riscontrate a livello ontogenetico sembrano dipendere da variazioni nei tempi e nei tassi di crescita funzionali allo sviluppo delle forme di comunicazione facciale e audio-vocale specie-specifiche.
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ARCOVITO, Marta. "Il corpo della voce - integrazione audiovisiva e gesto articolatorio nello sviluppo del linguaggio e nell'apprendimento di una seconda lingua." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11570/3199805.

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Abstract:
È quando una delle componenti di un sistema non è più accessibile, che ci si rende conto dell’impatto, prima poco visibile nell’uso fisiologico, di quella componente sul funzionamento del sistema, anche se quest’ultimo continua comunque ad assolvere alla sua funzione. Questa considerazione è applicabile, per esempio, alla condizione in cui interagiamo con una persona che indossa una mascherina a protezione delle vie respiratorie e non abbiamo, quindi, accesso alla visione della sua bocca. Quello che ci interessa è sentire, non vedere la bocca, eppure la sensazione è spesso quella di sentire di meno. La bocca del parlante rappresenta la componente articolatoria visibile del linguaggio. Essa non è una componente necessaria per percepire il suono, ma ha un valore intrinseco legato al suono linguistico, la cui disamina può aiutare a comprendere in che modo essa permei il linguaggio verbale a un livello profondo, non solo nella funzione di produzione delle parole. L’indagine del ruolo della componente articolatoria e multimodale del linguaggio verbale sta alla base di questo lavoro. Il percorso che segue mira a comprendere e inquadrare la funzione del sistema articolatorio umano e la relazione che esso ha con il linguaggio verbale che produce. Al passaggio d’aria, la vibrazione delle corde vocali produce onde sonore che si propagano poi nell’aria e arrivano all’orecchio di un’altra persona sotto forma di voce. L’apparato di fonazione di cui è dotato, permette all’uomo di dare vita, attraverso la voce, a una delle funzioni cognitive più complesse e più studiate sia a livello filogenetico che ontogenico: il linguaggio verbale. Le onde sonore sono onde longitudinali, ossia onde in cui le vibrazioni prodotte dalla sorgente sonora producono un’alterazione nella densità delle molecole dell’aria, che iniziano così a muoversi parallelamente alla direzione dell’onda in un alternarsi di compressioni e rarefazioni della densità molecolare, fino al ritorno al punto di equilibrio e quindi al silenzio (Fishbane et al., 1993). Essendo l’atto verbale un atto non automatico, bensì volontario, perché possa avere origine e destinazione, l’onda sonora linguistica ha bisogno di un corpo (il cui sistema di fonazione agisce come sorgente sonora), di un mezzo di propagazione (solitamente l’aria), e di un sistema ricevente che processi ed elabori l’onda sonora. Il linguaggio verbale è il prodotto di un fenomeno meccanico che crea un’onda sonora che altera la densità media delle molecole dell’aria. L’onda sonora, nella forma di suono linguistico, può poi essere processata dal sistema uditivo ed elaborata da quello nervoso del ricevente. Il linguaggio verbale si configura quindi come una sorta di passaggio di oscillazioni molecolari che vengono originate da un corpo e il cui output sonoro viene processato ed elaborato da un altro corpo. Ma cosa rimane dell’elemento corporeo che le produce, nella complessa concatenazione di onde sonore che danno vita al linguaggio verbale? Che ruolo ha l’esperienza corporea nel processamento e nell’elaborazione di queste oscillazioni molecolari? È possibile che le onde sonore linguistiche trasferiscano, oltre all’informazione sonora, un’informazione corporea del linguaggio verbale, propedeutica al suo processamento? E, infine, in che modo tale eventuale informazione corporea può entrare in gioco nella percezione di input sonori poco chiari o poco familiari, come ad esempio quelli di una lingua diversa da quella materna? L’obiettivo di questo lavoro è quello di fare luce, partendo da queste domande, sul ruolo della dimensione corporea nell’apprendimento del linguaggio verbale proprio relativamente all’atto che lo realizza: il gesto articolatorio. Il gesto articolatorio è l’atto motorio compiuto dal tratto vocale e dai muscoli facciali grazie al quale si realizza la produzione linguistica. La parte visibile del gesto articolatorio è rappresentata dal movimento della bocca di chi parla. Nella prima parte di questo lavoro, si approfondisce in che modo la visione del gesto articolatorio altrui e l’integrazione multisensoriale del doppio input, visivo (gesto articolatorio) e acustico (voce), influenzino la percezione sonora, approfondendo gli aspetti legati all’incidenza dell’esperienza linguistica sull’attenzione selettiva agli indizi articolatori e sull’importanza che essi acquistano nel processamento dei suoni linguistici nel corso dello sviluppo. Il gesto articolatorio è presentato nel ruolo di elemento che attribuisce salienza percettiva al volto del parlante, arricchendo il contesto in cui è collocato e processato l’input verbale. Questo percorso attraverso il ruolo del gesto articolatorio quale contesto percettivo che influisce sul processamento sonoro permette di spostarsi con più agilità verso un livello più profondo e più radicato del rapporto tra sistema articolatorio e linguaggio verbale. A partire dal dato sulla minore efficienza nel processamento audiovisivo degli input verbali negli individui con storia di disturbo specifico del linguaggio (Kaganovich et al., 2016) e in quelli con diagnosi di dislessia (van Laarhoven et al., 2018), (Schaadt et al., 2019), (Rüsseler et al., 2018), si apre la seconda parte della trattazione, tesa a fornire elementi sulla natura motoria degli aspetti produttivi e percettivi del linguaggio verbale. Oltre a una minore efficienza nel processo di integrazione audiovisiva degli input verbali (acustico e visivo), infatti, è stata riscontrata negli individui con diagnosi di dislessia una anomalia nella velocità di articolazione dei suoni linguistici: essa risulta più lenta rispetto a quella del gruppo di controllo, sia relativamente alla produzione linguistica, sia relativamente alla pianificazione motoria del gesto articolatorio durante il flusso verbale (Fawcett & Nicolson, 2002). Inoltre, buone capacità di lettura del labiale sono correlate a migliori capacità di produzione e articolazione verbale (Heikkilä et al., 2017). Nella parte conclusiva si analizza il ruolo che la natura motoria del linguaggio verbale può avere nel contesto dell’apprendimento di una seconda lingua, spiegando che cosa possa segnalare il ruolo della componente articolatoria rispetto alla relazione tra sistema motorio, percezione e produzione del linguaggio. La capacità di percepire le differenze sonore tra i suoni di una lingua diversa da quella materna non è sempre scontata. I giapponesi, per esempio hanno grosse difficoltà nella distinzione sonora dei fonemi /r/ e /l/, che nella loro lingua non sono differenziati né acusticamente né produttivamente (Miyawaki et al., 1975). Tale capacità di identificazione migliora però a seguito di un training specifico per l’identificazione del contrasto fonetico. Il miglioramento non si limita all’incremento della capacità percettiva, ma si estende al miglioramento della capacità di produzione di parole contenenti i due fonemi /r/ e /l/ (Bradlow et al., 1997). Le indagini neurofisiologiche condotte durante il processamento dei suoni linguistici e durante la visione del solo movimento delle labbra relativo alla loro produzione rilevano l’attivazione di aree cerebrali motorie coinvolte nella produzione di linguaggio (Fadiga et al., 2002), (Watkins et al., 2003), (Wilson et al. 2004). Tuttavia, nel caso di fonemi di una lingua straniera, l’attivazione nelle aree motorie è maggiore rispetto a quella rilevata durante l’ascolto della lingua materna (Wilson & Iacoboni, 2006) e aumenta all’aumentare della difficoltà di identificazione dei fonemi, come nel caso dei suoni consonantici /r/ e /l/ per i giapponesi (Callan, Tajima et al., 2003), (Callan et al., 2004). L’incremento dell’attività cerebrale nelle aree deputate alla produzione linguistica in risposta al processamento di suoni difficili di una lingua che non è la propria lingua madre e durante il processamento di suoni della propria lingua materna pronunciati con un accento straniero (Callan et al., 2014) indica per gli autori di questi studi un maggiore ricorso, nel caso di un input sonoro con cui si ha poca o nessuna familiarità, ai sistemi di controllo del feedback articolatorio-uditivo. I miglioramenti percettivi a seguito di un training mirato (Callan, Tajima et al., 2003) sono, in quest’ottica, il risultato dell’acquisizione di mappe articolatorio-uditive e uditivo-articolatorie che intervengono a facilitare l’identificazione fonetica e alle quali serve fare maggiore ricorso nel caso di suoni più difficilmente riconoscibili (Callan, Tajima et al., 2003), (Callan et al., 2004). Il fatto che l’esposizione audiovisiva allo stimolo verbale (che includa dunque la presentazione dell’input sonoro associato al relativo gesto articolatorio) nel caso di contrasti fonetici difficili o di differenze nella durata dei dittonghi di una seconda lingua dia risultati percettivi migliori rispetto all’esposizione unicamente sonora (Navarra & Soto-Faraco, 2007), (Hirata & Kelly, 2010) è messo in relazione proprio con questi ultimi studi. Il gesto articolatorio viene presentato come una chiave d’accesso ottimale per la ricostruzione di quelle mappe uditivo-articolatorie utili a un più efficace processamento sonoro. Vengono infatti individuati due livelli di multimodalità del linguaggio verbale: il primo acustico-visivo, relativo al ruolo del gesto articolatorio quale contesto percettivo per l’input sonoro; il secondo, acustico-articolatorio relativo all’incremento dell’attività cerebrale nelle aree motorie del linguaggio per il processamento di una lingua straniera e al maggiore ricorso ai sistemi di controllo del feedback articolatorio-uditivo in risposta a un input linguistico impegnativo di una lingua non familiare. L’incremento della capacità percettiva con l’esposizione audiovisiva all’input, anziché unicamente sonora, si spiega col fatto che il gesto articolatorio visibile si configura come il punto nel quale i due livelli di multimodalità del linguaggio verbale (acustico-visiva e acustico-articolatoria) convergono e grazie al quale il processamento sonoro risulta facilitato. Il gesto articolatorio visibile si pone quindi come un elemento prezioso non solo nell’ambito del processamento della lingua materna, ma anche nell’ambito del processamento e della produzione di suoni linguistici di una seconda lingua. Proprio a partire dal processo automatico di integrazione audiovisiva tra input sonoro e gesto articolatorio, infatti, è possibile reperire un indizio esplicito per la creazione delle mappe articolatorio-uditive e uditivo-articolatorie funzionali al più accurato processamento dell’input sonoro, che può a sua volta riflettersi in un miglioramento della capacità di produzione linguistica orale.
Only when one of a system’s components is no longer accessible, do we realise the impact that component had on the system’s functioning, even when the latter still fulfils its function. This is applicable, for example, in the case of interaction with a person using a face mask as a respiratory system protection tool and we therefore have no access to the vision of their mouth. What we need here is hearing, not seeing the mouth, but the feeling is often that of hearing less. The speaker’s mouth represents the visible articulatory component of human language and is not necessary to the perception of sound itself, but it has an intrinsic value linked to the linguistic sound; analysis of its function may help us to understand how profoundly it permeates speech, not only in its function of producing words. Investigation into the articulatory and multimodal components of speech is the premise of this dissertation. The path it follows aims at understanding and framing the function of the human articulatory system and the relationship that exists between it and the speech it produces. The vibration of the vocal cords, consequent to the passage of air produces sound waves that propagate through the air and reach another human’s ear as voice. The phonatory system enables humans to produce speech: one of the most complex and most widely studied cognitive functions both at the phylogenetic level and at the ontogenetic level. Sound waves are longitudinal waves, namely, waves within which the vibrations produced by the sound source cause an alteration in the density of air molecules, which thus start moving parallel to the direction of the wave alternating compressions and rarefactions of the molecular density, until they return to a state of equilibrium and therefore to silence. Since speech production is not an automatic process, but rather a voluntary act, for it to have an origin and a destination, a linguistic sound wave needs a body (whose phonatory system acts as a sound source), a propagation medium (usually air), and a receiving system to process the sound wave. Speech is the result of a mechanical phenomenon that produces a sound wave which alters the air molecules’ average density. The sound wave, in the form of a linguistic sound, can then be received by the auditory system and processed by the nervous system of the hearer. Speech, therefore, amounts to a sort of transfer of molecular oscillations originated from a body and whose sound output is processed by another body. What is left of the bodily element that produces them, in the complex sequence of sound waves that create speech? What role does bodily experience play in the processing of these molecular oscillations? Could it be that, besides the acoustic information, speech sound waves transfer bodily information of verbal language which leads up to the acoustic processing? And finally, how could such bodily information play a part in the processing of speech sounds that are less clear or less familiar, such as those of a language other than one’s native language? Taking these questions as a starting-point, the aim of this work is to shed light on the role of the bodily dimension of language learning, specifically relating to the act that makes speech possible: the articulatory gesture. The articulatory gesture is the motor act effected by the vocal tract and facial muscles thanks to which language production is enacted. The visible part of the articulatory gesture is the speaker’s mouth movement. The first part of this work examines how seeing the speaker’s articulatory gesture and the multisensory integration of the dual input, visual (articulatory gesture) and auditory (voice), influences acoustic perception, by analysing the aspects linked to the incidence of linguistic experience on selective attention to articulatory cues and the importance they acquire in the processing of speech during development. In this part, the articulatory gesture is presented as the element that confers perceptual salience to the speaker’s face, enriching the context within which the speech input is situated and processed. This route which traces the role of articulatory gestures as a perceptual context that influences acoustic perception facilitates moving towards a more in-depth and embedded level of the relationship between the articulatory system and speech. The second part of the dissertation has its starting point in the data signalling a less efficient audiovisual processing of speech in individuals with a history of specific language impairment (Kaganovich et al., 2016) and in individuals diagnosed with dyslexia (van Laarhoven et al., 2018), (Schaadt et al., 2019), (Rüsseler et al., 2018) and aims to supply elements on the motor nature of speech’s productive and perceptive aspects. Together with a less efficient audiovisual integration of speech inputs (auditory and visual), an atypical speed in linguistic articulation is recorded in individuals with dyslexia: articulation is slower compared to controls both in speech production and in speech motor planning. Furthermore, good lip-reading abilities correlate to better speech production and articulation skills. The final part of the work examines the role that speech’s motor nature may play in the context of second language learning, explaining what the role of the articulatory component may point out in the relationship between the motor system, perception and production of speech. The ability to perceive the acoustic differences of the sounds of a language other than one’s native language cannot always be taken for granted. Japanese people for example have great difficulties in distinguishing the English phonemes /r/ and /l/ which are not differentiated in their language. The phoneme identification performance improves after specific training to allow better identification of the phoneme contrast. The improvement is not limited to perception abilities but extends to an improvement in production abilities for words containing the two phonemes /r/ and /l/ (Bradlow et al., 1997). Neurophysiological investigations carried out during the processing of linguistic sounds and during the vision of speech-producing lip movements alone, have detected the activation of motor areas of the brain involved in speech production. However, in the case of phonemes of a foreign language, there is a greater activation of the brain motor areas compared to the activation recorded when hearing a native language (Wilson & Iacoboni, 2006). This activation becomes greater as the difficulty in the phoneme identification increases, in exactly the same way as with the sounds /r/ and /l/ for Japanese speakers (Callan, Tajima et al., 2003), (Callan et al., 2004). The increase in brain activation in the areas involved in language production in response to the processing of difficult sounds of a language other than one’s native language and during the processing of linguistic sounds of one’s native language pronounced with a foreign accent (Callan et al., 2014) is the sign, for the authors of these studies, of a greater resort to the control systems of the articulatory-auditory feedback. The perceptual improvements following specific training (Callan, Tajima et al., 2003) are, from this viewpoint, the result of the acquisition of the articulatory-auditory and auditory-articulatory maps that intervene to facilitate phonetic identification and on which one needs to rely more for the processing of less easily recognisable sounds (Callan, Tajima et al., 2003), (Callan et al., 2004). The fact that audiovisual exposure to a verbal input (which therefore includes the auditory input associated with the relative articulatory gesture) gives better perceptual results than exposure to the auditory input alone in the processing of difficult phonetic contrasts and in distinguishing the differences in diphthong duration of a foreign language (Navarra & Soto-Faraco, 2007), (Hirata & Kelly, 2010) is compared with the latter studies by Callan and colleagues. The articulatory gesture is presented in this work as an optimal access key for the reconstruction of those auditory-articulatory maps needed for more efficient acoustic processing. Two levels of speech multimodality are identified: the first is an auditory-visual level, relating to the role of the articulatory gesture as a perceptual context for the acoustic input; the second is an auditory-articulatory level related to the increase in the activity in brain motor areas of speech during the processing of a foreign language and to the control systems of the articulatory-auditory feedback in response to a demanding linguistic input of an unfamiliar language. The improvement in perceptual abilities as a result of an audiovisual exposure to the input is explained by the fact that the visible articulatory gesture is the point at which the two levels of speech multimodality converge and thanks to which sound processing is enhanced and is thus a precious element that is not restricted to the processing of one’s native language but extends to the processing and production of linguistic sounds of a second language. It is specifically in the automatic process of the audiovisual integration of the linguistic auditory input and related articulatory gesture that it is possible to find an explicit cue for the creation of the articulatory-auditory and auditory-articulatory maps that enable a more accurate processing of the acoustic input, which may, in turn, be reflected in an improvement of speech production abilities.
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BATTISTI, NADIA. "Lo sviluppo di uno strumento per leggere testi e discorsi: dal costrutto di parola densa all'Analisi Emozionale del Testo." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11573/416497.

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Abstract:
Il dottorato ha consentito di realizzare una ricerca sull'Analisi Emozionale del Testo (AET), uno strumento psicologico per leggere testi e discorsi elaborato da Renzo Carli e Rosa Maria Paniccia alla fine degli anni 90 e presentata in letteratura nel 2000. L'AET consente di conoscere le culture locali, o in altre parole le rappresentazioni sociali, i climi organizzativi, le culture organizzative, ma anche l'immagine aziendale o lo status di una brand reputation. E' un metodo di conoscenza che si presta ad essere integrato con altri tipi di ricerche, di tipo quantitativo, fatte con questionari o altri strumenti di raccolta di dati. La ricerca ha messo a fuoco alcuni sviluppi possibili dell'AET, a partire da una meta-analisi di un gruppo di 79 AET condotte tra il 1998 ed il 2009 da due gruppi di ricerca. In particolare l'Autrice si è concentrata sulla concordanza nella scelta delle parole utilizzate come variabili attive dai diversi ricercatori. Lo scopo è poter arrivare a predisporre un vocabolario di base di parole su cui l'AET concentri la sua attenzione.
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DISPALDRO, MARCO. "L’acquisizione della grammatica come complesso sistema cognitivo-linguistico: studi sperimentali sulla produzione e comprensione della morfologia in bambini con sviluppo tipico del linguaggio." Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/11577/2383273.

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AMATO, SALVATORE IVAN. "Biolinguistica evoluzionistica dello sviluppo: una prospettiva estesa." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11570/3147216.

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Abstract:
Questo lavoro si muove in continuità con altri studi inerenti l’evoluzione e le basi biologiche del linguaggio che si sono succeduti in questi anni. La nostra vuole essere una prospettiva multi-componenziale alla facoltà di linguaggio, ovvero che non concepisca tale facoltà come un blocco monolitico, ma che cerchi di individuare le componenti che la costituiscono – dalle strutture neurali alle strutture “periferiche”. Nostro obiettivo principale non è quello di fornire una teoria dell’evoluzione del linguaggio, né tantomeno del suo sviluppo; tuttavia sarà inevitabile, all’interno dell’argomentazione, evidenziare proposte, fenomeni e ipotesi che, alla luce delle teorie della biologia evoluzionistica dello sviluppo (EvoDevo), ci aiutino a problematizzare su cosa intendere per Ontogenesi e sui possibili meccanismi che influenzano la Filogenesi.
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Abstract:
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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