Academic literature on the topic 'Studio osservazionale'

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Journal articles on the topic "Studio osservazionale"

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Marcomini, Ilaria, Neva Perboni, Laura Milani, and Ippolito Notarnicola. "Il ragionamento clinico degli studenti infermieri: uno studio osservazionale." Dissertation Nursing 2, no. 1 (January 30, 2023): 23–34. http://dx.doi.org/10.54103/dn/19389.

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Abstract:
INTRODUZIONE:Gli infermieri utilizzano il ragionamento clinico per guidare le azioni da porre in essere al fine di garantire alla persona un’assistenza adeguata. Il ragionamento clinico richiede tempo per instaurarsi nell’operato di un professionista sanitario e per tale ragione è necessario che questa competenza venga acquisita sin dall’inizio del percorso di formazione di base. Sono esigue le indagini che valutano il grado di acquisizione delle abilità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. OBIETTIVI:Obiettivo primario è stato quello di valutare la capacità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. Obiettivo secondario è stato analizzare i fattori correlati alle capacità di ragionamento clinico. METODI:La raccolta dati ha previsto la somministrazione della versione italiana dello strumento Nurse Clinical Reasoning Scale. Il Test di Pearson e il Test Anova sono stati utilizzati per esplorare i fattori connessi al ragionamento clinico. RISULTATI:205 studenti hanno risposto al questionario. Gli studenti hanno dichiarato difficoltà nel porre in essere alcune abilità utili allo sviluppo del ragionamento clinico. L’anno di corso (p<0.001), la motivazione dello studente (p=0.04), il numero di ore di tirocinio svolte (p< 0.001) e il numero di esperienze di tirocinio intraprese (p<0.001) hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa con il ragionamento clinico. Dai risultati è emerso, inoltre, che, indipendentemente dalla modalità di svolgimento del tirocinio clinico, gli studenti hanno sviluppato in egual modo abilità di ragionamento (p=0.62). CONCLUSIONI:Da questa indagine è emersa l’importanza di misurare le abilità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. Future indagini dovrebbero essere condotte per confermare i risultati ottenuti.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Qualità della vita dei pazienti emodializzati alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 60–65. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1503.

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Abstract:
Il DOPPS (Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study) - ampio studio internazionale, prospettico, osservazionale – è iniziato nel 1996 per raccogliere i dati di un vasto campione di pazienti emodializzati con l'obiettivo di migliorare la terapia, la pratica dialitica ed ovviamente la loro qualità di vita. Lo studio DOPPS ha mostrato come i pazienti emodializzati presentino una qualità di vita molto inferiore rispetto ai soggetti di pari età, in tutte le sue diverse componenti (fisica, mentale e legata alla malattia renale cronica), oltre che una maggior prevalenza di sintomatologia depressiva. È inoltre emerso come alcuni fattori socioeconomici (tra cui la disoccupazione, un ridotto livello di formazione, uno scarso supporto sociale familiare e di staff dialitico) e medici (quali l'utilizzo di un catetere venoso centrale, bassi livelli di emoglobina ed albumina, una scarsa qualità del sonno) siano associati a una più bassa qualità della vita. Il DOPPS ha messo in evidenza l'associazione tra più bassi indici di qualità della vita e peggiori outcome clinici, in termini di ospedalizzazione e mortalità, permettendo pertanto di individuare i soggetti “più fragili” dal punto di vista fisico, sociale e clinico su cui intervenire in maniera specifica. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della valutazione della qualità della vita, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Come è cambiata la gestione dell'anemia per i pazienti in dialisi alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 4 (January 31, 2018): 27–33. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1241.

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Abstract:
L'anemia è una frequente complicanza della malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, o più brevemente CKD) e rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare che aggrava ulteriormente la prognosi dei pazienti nefropatici. Gli agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESA) e la supplementazione marziale rappresentano i cardini su cui attualmente si basa la terapia di questa complicanza della CKD. Il Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS) - studio internazionale, prospettico, osservazionale - è stato avviato nel 1996 per raccogliere informazioni riguardanti le pratiche cliniche di gestione di molte problematiche attinenti l'emodialisi, tra cui anche il trattamento dell'anemia. Nel corso degli anni, il DOPPS ha evidenziato una crescente aderenza nei confronti di quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, come dimostrato dall'aumento dei valori medi di emoglobina, dall'utilizzo di ESA in una percentuale crescente di pazienti e da una maggiore attenzione a garantire adeguate scorte marziali. Il DOPPS, inoltre, ha messo in risalto una rilevante associazione tra valori di emoglobina e rischio di ospedalizzazione e morte nei pazienti emodializzati. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della gestione dell'anemia secondaria alla CKD, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Rosati, A. "HVC e trapianto: studio osservazionale su dati del Registro Regionale Toscano." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 18, no. 3 (July 1, 2006): 57–59. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2006.1566.

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Rosati, A. "HVC e trapianto: studio osservazionale su dati del Registro Regionale Toscano." Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 18, no. 3 (July 2006): 57–59. http://dx.doi.org/10.1177/039493620601800316.

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Orsini, Enrico, and Ettore Antonsecchi. "ARCA Registry. Nuove evidenze nella gestione delle sindromi coronariche croniche." Cardiologia Ambulatoriale 30, no. 3 (December 9, 2022): 137–45. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-1.

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Abstract:
Il trattamento delle sindromi coronariche croniche (SCC) è ancora oggi influenzato dai risultati di vecchi trials di confronto fra bypass aortocoronarico e terapia medica, condotti negli anni ’70 e da studi osservazionali. Da questi studi era emersa la superiorità della rivascolarizzazione chirurgica o percutanea sulla mortalità, rispetto alla gestione conservativa, nei pazienti ad alto rischio anatomico o ischemico. Parallelamente alle nuove acquisizioni patogenetiche, che hanno accertato la natura multifattoriale delle SCC e contemporaneamente allo sviluppo dei moderni farmaci in grado di incidere positivamente sull’outcome delle malattie cardiovascolari, una serie di studi controllati ha confrontato in tempi più recenti la terapia medica ottimale (OMT) con la rivascolarizzazione, accertando l’assenza di benefici incrementali delle strategie invasive, rispetto alle strategie conservative, nei pazienti con SCC. Il trasferimento di queste nuove evidenze dalla teoria alla pratica è tuttavia lento ed insufficiente e la quasi totalità dei pazienti con SCC è ancora oggi trattato invasivamente, in deroga ai principi di appropriatezza e di rispetto delle raccomandazioni delle linee guida. ARCA Registry, uno studio osservazionale, prospettico, progettato e condotto dalla Società Scientifica A.R.C.A., ha accertato l’efficacia e la sicurezza di un modello di gestione dell’angina stabile, raccomandato dalle linee guida e consistente nella OMT quale trattamento inziale in tutti i pazienti ed il ricorso selettivo ed individualizzato alla coronarografia e alla rivascolarizzazione solo nei pazienti non responsivi o ad alto rischio. I risultati di ARCA Registry dovrebbero facilitare il trasferimento alla pratica clinica delle nuove evidenze, migliorando l’appropriatezza gestionale delle SCC.
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BADII, FRANCO, and Sarah Grossi. "Il modello degli snodi decisionali nella cura del tabagismo: uno studio osservazionale." Tabaccologia 19, no. 1 (June 8, 2021): 21–32. http://dx.doi.org/10.53127/tblg-2021-a006.

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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Qual è il contributo dello studio DOPPS nel caratterizzare il concetto di dose di dialisi?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 2 (January 24, 2018): 70–76. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1444.

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Abstract:
La necessità di misurare oggettivamente la dose di dialisi somministrata ai pazienti ha determinato lo sviluppo di parametri utilizzabili per la valutazione dell'adeguatezza della terapia dialitica, di cui il principale è il Kt/V dell'urea (che mette in relazione la quantità di clearance dell'urea fornita al paziente nel tempo t di trattamento dialitico, con il volume di distribuzione dell'urea). Due importanti trial randomizzati (il “National Cooperative Dialysis Study” e l'Hemo Study) hanno valutato la dose di dialisi al fine di stabilire il livello minimo da garantire ai pazienti per evitare un aumento di morbilità e mortalità. Ad essi, si sono aggiunti numerosi studi osservazionali che hanno contribuito a definire molti degli aspetti correlati alla dose e all'adeguatezza dialitica. Anche il Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS) - studio internazionale, prospettico, osservazionale iniziato nel 1996 per raccogliere dati riguardanti le pratiche cliniche di gestione di problematiche attinenti all'emodialisi - ha fornito rilevanti informazioni attinenti a tale argomento. Nel corso degli anni, il DOPPS ha evidenziato una crescente aderenza nei confronti di quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, come dimostrato dall'aumento dei valori medi di Kt/V e da una percentuale sempre minore di pazienti che presentano una dose di dialisi inadeguata. Inoltre, sono stati raccolti e valutati periodicamente quei parametri della prescrizione dialitica in grado di influire sul raggiungimento del valore di Kt/V desiderato e suggerire le possibili modalità di intervento per ottenere i target raccomandati. I dati DOPPS, in accordo con un'analisi secondaria dell'HEMO Study, suggeriscono la possibilità che una più alta dose di dialisi possa associarsi a una miglior sopravvivenza nelle donne. Pertanto, oggigiorno, il DOPPS rappresenta, anche in fatto di adeguatezza dialitica, un importante riferimento scientifico e un credibile strumento informativo capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Toffol, Giacomo, Roberto Buzzetti, and Laura Reali. "Covid-19 nelle cure primarie pediatriche in Italia, uno studio osservazionale (2° parte)." QUADERNI ACP 29, no. 3 (2022): 100. http://dx.doi.org/10.53141/qacp.2022.100-104.

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Sessa, Concetto, Walter Morale, Antonino Reina, Giorgio Battaglia, Sandra La Rosa, Daniela Puliatti, Giuseppe Seminara, and Luca Zanoli. "Nutrizione parenterale intradialitica in pazienti con malnutrizione moderata-severa: studio prospettico osservazionale multicentrico." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 33 (September 16, 2021): 102–11. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2021.2335.

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Abstract:
Dialysis patients have a wide range of pathologies that contribute to their frailty. Maintaining a good nutritional status is useful to prevent and treat the so-called Protein-Energy Wasting (PEW), a complex clinical-laboratory condition in which a protein-energy depletion occurs. Adherence to a proper nutritional therapy in CKD requires considerable effort from both patients and health personnel (doctors and nurses). In order to slow down the effects of malnutrition and the disasters that complicate PEW, nephrologists can use supplementation products. In our observational, prospective, multicentre study, we administered an intradialytic parenteral nutrition of a three-compartment emulsion for intravenous infusion through an infusion pump connected to the venous line. After 12 weeks of treatment, subjects with severe malnutrition were reduced from 61.1% to 33.3%, serum creatinine increased by 16% (from 6.00 ± 1.48 mg/dL to 6.98 ± 2.46 mg/dL; P < 0.001), total protein and albumin levels respectively by 13% (from 5.46 ± 0.63 g/dL to 6.19 ± 0.66 g/dL; P < 0.001) and 19% (from 2.70 ± 0.48 g/dL to 3.20 ± 0.57 g/dL; P < 0.001), body weight by 3% (from 55.7 ± 13.2 kg to 57.6 ± 13.0 kg; P < 0.001).
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Dissertations / Theses on the topic "Studio osservazionale"

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Salomone, Luisa <1978&gt. "Studio osservazionale sulle complicanze della fibrillazione atriale nell'area di Bologna." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6594/4/Salomone_Luisa_Tesi.pdf.

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Abstract:
Premesse: Gli eventi ischemici (EI) e le emorragie cerebrali (EIC) sono le più temute complicanze della fibrillazione atriale (FA) e della profilassi antitrombotica. Metodi: in 6 mesi sono stati valutati prospetticamente i pazienti ammessi in uno dei PS dell’area di Bologna con FA associata ad EI (ictus o embolia periferica) o ad EIC. Risultati: sono stati arruolati 178 pazienti (60 maschi, età mediana 85 anni) con EI. Il trattamento antitrombotico in corso era: a) antagonisti della vitamina K (AVK) in 31 (17.4%), INR all’ingresso: <2 in 16, in range (2.0-3.0) in 13, >3 in 2; b) aspirina (ASA) in 107 (60.1%); c) nessun trattamento in 40 (22.5%), soprattutto in FA di nuova insorgenza. Nei 20 pazienti (8 maschi; età mediana 82) con EIC il trattamento era: a)AVK in 13 (65%), INR in range in 11 pazienti, > 3 in 2, b) ASA in 6 (30%). La maggior parte degli EI (88%) ed EIC (95%) si sono verificati in pazienti con età > 70 anni. Abbiamo valutato l’incidenza annuale di eventi nei soggetti con età > 70 anni seguiti neo centri della terapia anticoagulante (TAO) e nei soggetti con FA stimata non seguiti nei centri TAO. L’incidenza annuale di EI è risultata 12% (95%CI 10.7-13.3) nei pazienti non seguiti nei centri TAO, 0.57% (95% CI 0.42-0.76) nei pazienti dei centri TAO ( RRA 11.4%, RRR 95%, p<0.0001). Per le EIC l’incidenza annuale è risultata 0.63% (95% CI 0.34-1.04) e 0.30% (95% CI 0.19-0.44) nei due gruppi ( RRA di 0.33%/anno, RRR del 52%/anno, p=0.040). Conclusioni: gli EI si sono verificati soprattutto in pazienti anziani in trattamento con ASA o senza trattamento. La metà dei pazienti in AVK avevano un INR sub terapeutico. L’approccio terapeutico negli anziani con FA deve prevedere un’ adeguata gestione della profilassi antitrombotica.
Background Ischemic events (IEs) and intracranial hemorrhages (ICHs) are feared complications of atrial fibrillation (AF) and of antithrombotic treatment in such patients. Methods AF patients admitted to the Emergency Units of the Bologna area (Italy) with acute IE or ICH were prospectively recorded over a 6 month period. Results 178 patients (60 male; median age 85 y) presented with acute IE, antithrombotic therapy was: a) vitamin K antagonists (VKAs) in 31(17.4%), INR at admission: <2.0 in 16, 2.0-3.0 (ie.in range) 13, and > 3.0 in 2); b) aspirin (ASA) in 107 (60.1%); c) no treatment in 40 (22.5%), mainly because AF was not diagnosed. Twenty patients (8 male; median age 82) presented with acute ICH: 13 (65%) received VKAs (INR 2.0-3.0 in 11, above>3.0 in 2); whilst 6 (30%) received ASA. Most IEs (88%) and ICH (95%) occurred in patients aged >70. A modeling analysis of patients aged >70 was used to estimate annual incidence in subjects anticoagulated with VKAs in our Network of Anticoagulation Centers (NACs), or those expected to have AF but not included in NACs. The expected incidence of IE was 12.0%/year (95% CI 10.7-13.3) in non-NACs and 0.57 %/year (95% CI 0.42-0.76) in NACs (ARR: 11.4% y; RRR: 95%, p<0.0001). The incidence of ICH was 0.63%/year (95% CI 0.34-1.04) and 0.30%/year (95% CI 0.19-0.44), respectively (ARR: 0.33%/year; RRR: 52.4%/year, p= 0.04). Conclusion IEs occurred mainly in elderly patients who received ASA or no treatment. Half of anticoagulated patients with IEs had subtherapeutic INRs. Therapeutic approaches to elderly subjects with AF require an effective anticoagulant treatment strategy.
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Salomone, Luisa <1978&gt. "Studio osservazionale sulle complicanze della fibrillazione atriale nell'area di Bologna." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6594/.

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Abstract:
Premesse: Gli eventi ischemici (EI) e le emorragie cerebrali (EIC) sono le più temute complicanze della fibrillazione atriale (FA) e della profilassi antitrombotica. Metodi: in 6 mesi sono stati valutati prospetticamente i pazienti ammessi in uno dei PS dell’area di Bologna con FA associata ad EI (ictus o embolia periferica) o ad EIC. Risultati: sono stati arruolati 178 pazienti (60 maschi, età mediana 85 anni) con EI. Il trattamento antitrombotico in corso era: a) antagonisti della vitamina K (AVK) in 31 (17.4%), INR all’ingresso: <2 in 16, in range (2.0-3.0) in 13, >3 in 2; b) aspirina (ASA) in 107 (60.1%); c) nessun trattamento in 40 (22.5%), soprattutto in FA di nuova insorgenza. Nei 20 pazienti (8 maschi; età mediana 82) con EIC il trattamento era: a)AVK in 13 (65%), INR in range in 11 pazienti, > 3 in 2, b) ASA in 6 (30%). La maggior parte degli EI (88%) ed EIC (95%) si sono verificati in pazienti con età > 70 anni. Abbiamo valutato l’incidenza annuale di eventi nei soggetti con età > 70 anni seguiti neo centri della terapia anticoagulante (TAO) e nei soggetti con FA stimata non seguiti nei centri TAO. L’incidenza annuale di EI è risultata 12% (95%CI 10.7-13.3) nei pazienti non seguiti nei centri TAO, 0.57% (95% CI 0.42-0.76) nei pazienti dei centri TAO ( RRA 11.4%, RRR 95%, p<0.0001). Per le EIC l’incidenza annuale è risultata 0.63% (95% CI 0.34-1.04) e 0.30% (95% CI 0.19-0.44) nei due gruppi ( RRA di 0.33%/anno, RRR del 52%/anno, p=0.040). Conclusioni: gli EI si sono verificati soprattutto in pazienti anziani in trattamento con ASA o senza trattamento. La metà dei pazienti in AVK avevano un INR sub terapeutico. L’approccio terapeutico negli anziani con FA deve prevedere un’ adeguata gestione della profilassi antitrombotica.
Background Ischemic events (IEs) and intracranial hemorrhages (ICHs) are feared complications of atrial fibrillation (AF) and of antithrombotic treatment in such patients. Methods AF patients admitted to the Emergency Units of the Bologna area (Italy) with acute IE or ICH were prospectively recorded over a 6 month period. Results 178 patients (60 male; median age 85 y) presented with acute IE, antithrombotic therapy was: a) vitamin K antagonists (VKAs) in 31(17.4%), INR at admission: <2.0 in 16, 2.0-3.0 (ie.in range) 13, and > 3.0 in 2); b) aspirin (ASA) in 107 (60.1%); c) no treatment in 40 (22.5%), mainly because AF was not diagnosed. Twenty patients (8 male; median age 82) presented with acute ICH: 13 (65%) received VKAs (INR 2.0-3.0 in 11, above>3.0 in 2); whilst 6 (30%) received ASA. Most IEs (88%) and ICH (95%) occurred in patients aged >70. A modeling analysis of patients aged >70 was used to estimate annual incidence in subjects anticoagulated with VKAs in our Network of Anticoagulation Centers (NACs), or those expected to have AF but not included in NACs. The expected incidence of IE was 12.0%/year (95% CI 10.7-13.3) in non-NACs and 0.57 %/year (95% CI 0.42-0.76) in NACs (ARR: 11.4% y; RRR: 95%, p<0.0001). The incidence of ICH was 0.63%/year (95% CI 0.34-1.04) and 0.30%/year (95% CI 0.19-0.44), respectively (ARR: 0.33%/year; RRR: 52.4%/year, p= 0.04). Conclusion IEs occurred mainly in elderly patients who received ASA or no treatment. Half of anticoagulated patients with IEs had subtherapeutic INRs. Therapeutic approaches to elderly subjects with AF require an effective anticoagulant treatment strategy.
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TOGNI, SERENA. "Le lesioni cutanee maligne nei pazienti oncologici: studio osservazionale prospettico." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/233153.

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Abstract:
Introduzione: Le lesioni cutanee maligne (MWs) sono prodotte dall’infiltrazione di cellule tumorali e rappresentano l’espressione visibile di processi patologici neoplastici in stadio avanzato, sia che si tratti di tumore primitivo, metastasi o recidiva. Il fallimento delle terapie standard finalizzate al trattamento del tumore primitivo determina una rapida crescita delle MWs, causando irritazione, necrosi, essudato, odore, dolore e sanguinamento, con deterioramento della qualità di vita dei pazienti affetti. Le evidenze emerse dalla letteratura sono risultate insufficienti e controverse in merito alla stima della frequenza e del decorso clinico del fenomeno, ed alla sua valutazione, gestione e trattamento. Sono stati sviluppati diversi strumenti di raccolta dati per aumentare l’accuratezza e la riproducibilità della valutazione delle MWs ed ottimizzarne il trattamento palliativo, che ad oggi non risulta definito. L’elettro-chemioterapia (ECT) è un nuovo trattamento indicato in casi di limitata di invasione dei tessuti profondi (<3 cm), aspettativa di vita >3 mesi, Karnofsky Performance Status Scale (KPS) ≥50% in assenza di altre complicanze. Esso consiste nella somministrazione combinata di un chemioterapico con la procedura di elettro-porazione (applicazione chirurgica di elettrodi alla lesione con trasferimento di energia elettrica e permeabilizzazione della membrane cellulari che agevola ingresso ed azione del farmaco). L’obiettivo primario di questo studio è la quantificazione della frequenza delle MWs in un campione di pazienti oncologici al 4 stadio di malattia (Overall Stage Grouping) reclutati presso la Fondazione I.R.C.C.S Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. L’obiettivo secondario è la definizione del decorso clinico e dell’andamento sintomatologico locale in pazienti con lesione cutanea maligna osservati longitudinalmente presso lo stesso centro, anche in relazione al trattamento con ECT. Materiali e metodi: Studio prospettico osservazionale sviluppato in 18 mesi (tra il 15/06/2012 ed il 31/12/2013) in due fasi: un prima fase trasversale per la valutazione della prevalenza e del decorso clinico ed una seconda fase longitudinale per la valutazione dell’incidenza e del decorso sintomatologico locale. Raccolta di dati clinici ed anagrafici presso i reparti di degenza ed ambulatori di pazienti con MWs e malattia oncologica al 4 stadio senza MWs. Per i casi con MWs sono stati registrati: età, BMI, KPS, data della diagnosi di tumore primitivo e sua diagnosi istologica, data della diagnosi di MWs, date delle osservazioni cliniche, sedi topografiche delle lesioni, stadio Malignant Cutaneous Wounds staging system (CMW), data dell’exitus (se avvenuto). Per i casi con malattia oncologica al 4 stadio sono stati registrati: età, BMI, KPS, data della diagnosi di tumore primitivo e sua diagnosi istologica, data dell’exitus (se avvenuto). Tutti i pazienti dello studio (con MWs o con 4 stadio senza MWs) sono stati osservati nel loro decorso clinico con una raccolta prospettica dei dati ottenuti dalle cartelle dei medici oncologi che li avevano in cura. Nel sottogruppo di pazienti con MWs e valutazione infermieristica, è stata individuata una coorte sottoposta longitudinalmente a valutazioni della sintomatologia locale. Sono state effettuate almeno due osservazioni successive di cui la prima al reclutamento utilizzando strumento di valutazione TELER® System (tradotto e validato in lingua italiana) per analisi di irritazione, necrosi, essudato, odore, dolore e sanguinamento. Ad ogni indicatore è stato attribuito un valore da 0 a 5 (5=assenza della condizione; 0=massima gravità della condizione) per ciascun paziente, in ciascuna visita. Infine è stata raccolta l’immagine fotografica della lesione ed effettuata la misurazione dei diametri della lesione per il calcolo dell’area. I dati raccolti sono stati utilizzati per le valutazioni epidemiologiche di frequenza del fenomeno MWs e per la descrizione del decorso clinico (sopravvivenza). E’ stato effettuato anche un confronto tra le valutazioni infermieristiche ottenute nella fase longitudinale, in due osservazioni successive, ed in relazione ad eventuale trattamento ECT. Analisi statistica :Il test di Shapiro-Wilk ha dimostrato che non tutti i gruppi di studio presentavano una distribuzione normale pertanto è stato scelto un approccio statistico non parametrico. Le valutazioni relative alla quantificazione del fenomeno morboso MWs sono state: calcolo di prevalenza ed incidenza. E’ stata effettuata una analisi della sopravvivenza mediante il modello di Kaplan-Mayer. Le valutazioni relative alle caratteristiche del campione ed al decorso clinico nella coorte longitudinale sono state ottenute mediante confronti di mediane (test di Mann-Whitney per variabili continue e test del χ2 per variabili categoriche). Sono stati ottenuti i valori delta (delta = misura visita 2 - misura visita 1) per area, irritazione, necrosi, essudato, odore, dolore e sanguinamento e si è proceduto al confronto di mediane come esposto sopra. Infine è stata effettuata un’analisi di correlazione tra le variabili analizzate. Risultati: In questo studio sono stati reclutati 5885 pazienti, di cui 333 con MWs (50 inclusi nella coorte longitudinale) e 5552 con malattia neoplastica al 4 stadio. Nei malati con MWs il tumore primitivo è stato: melanoma (40.7%), carcinoma mammario (25.4%), altri tumori (33.9%). La sopravvivenza mediana dell’intero gruppo di studio è stata di 8.6 (IQR: 2.3-13.5) mesi dalla diagnosi di MWs e 30.4 (IQR: 16.7-62.2) mesi dalla diagnosi di neoplasia primitiva ed in entrambi i casi è stata significativamente minore nel gruppo non eleggibile ad ECT in confronto a quello eleggibile ad ECT (6.2 mesi vs 23.1 mesi; p=0.036; p=0.012). Le lesioni cutanee maligne hanno presentato una prevalenza del 3.3% [118/(118+3440); IQR:3.1-3.5] ed una incidenza del 1.2% [70/(70+5552); IQR: 1.0-1.4]. Lo stadio CMW delle lesioni non è stato diverso nel gruppo trattato e non trattato (p=0.102). L’analisi al tempo 1 ed al tempo 2 ha rivelato una significativa riduzione dell’area delle lesioni ed un significativo miglioramento di tutti i reperti sintomatologici e degli indicatori analizzati mediante TELER® System dalla prima alla seconda osservazione (p=0.048; p=0.002; p<0.001; p=0.041; p=0.039; p=0.018; p<0.001; p=0.006). L’analisi dei sottogruppi con e senza ECT ha rivelato tra il tempo 1 ed il tempo 2 una significativa riduzione dell’area ed un significativo miglioramento di irritazione, necrosi, essudato, trattamento del dolore e sanguinamento nel gruppo ECT, mentre tale miglioramento è avvenuto solo per necrosi, impatto dell’odore e trattamento del dolore nel gruppo non sottoposto ad ECT. La riduzione dell’area delle lesioni è stata significativa dal tempo 1 al tempo 2 (p<0.001) ed il trattamento del dolore è stato ottimale nel gruppo di studio con un miglioramento significativo delle mediane dell’indicatore dal tempo 1 al tempo 2 (p<0.001). I decessi sono stati più frequenti nel gruppo non trattato con ECT (p<0.001). Sono state evidenziate solo deboli correlazioni, ad eccezione delle seguenti tra valori delta: essudato-necrosi (r=0.549), impatto odore-necrosi (r=0.604); tempo tra diagnosi di tumore primitivo e diagnosi di MWs e tempo tra la diagnosi di tumore primitivo ed exitus (r=0.957). Conclusioni Questo studio effettuato su un ampio campione di malati oncologici in stadio avanzato ha descritto in modo rigoroso la prevalenza del fenomeno MWs (3.3%) e per la prima volta ne ha riportato l’incidenza (1.2%) e la sopravvivenza mediana (8.6 mesi) con potenzialità per utilizzo clinico-prognostico. Il TELER® è risultato uno strumento adeguato e soddisfacente per la valutazione della sintomatologia locale di questi pazienti ed ha facilitato la quantificazione e l’analisi di fenomeni clinici qualitativi altrimenti difficilmente valutabili nel loro decorso. Questo studio ha anche dimostrato che l’andamento clinico delle MWs ha presentato una sintomatologia loco-regionale in miglioramento dalla prima alla seconda osservazione in tutto il gruppo di studio, pur in presenza di malattia sistemica in progressione. Ciò prospetta la possibilità di ottenere il controllo sintomatologico di queste lesioni almeno nella realtà limitata di un gruppo di pazienti ben assistiti afferenti ad un centro di riferimento nazionale per le cure oncologiche. Infine questo studio ha evidenziato la correttezza dell’indicazione ad ECT, confermando che la malattia ha un decorso più grave dal punto di vista loco-regionale nei casi con interessamento di organi e strutture profonde e nei casi non eleggibili ad ECT. Infine, la possibilità di effettuare ECT, nei casi eleggibili a prognosi migliore, determina un ulteriore miglioramento del decorso clinico.
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Battaglia, Laura Rosaria. "Studio osservazionale longitudinale delle caratteristiche cognitive e motorie nelle paralisi cerebrali infantili: differenze di genere." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1048.

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Abstract:
Introduzione Un gran numero di ricerche ha mostrato differenze genere-correlate in condizioni di normalità e in varie condizioni cliniche mettendo in evidenza la influenza del genere su eziologia, diagnosi, trattamento e prevenzione. L'influenza del genere sulla risposta del sistema nervoso centrale all¿azione di noxae patogene è stata messa in luce da numerose scoperte relative agli aspetti biologici, genetico-evoluzionistici, biochimici, isto-morfologici, anatomo-strutturali che rappresentano importanti punti di partenza per la ricerca di potenziali interventi di neuroprotezione in base al genere. In questa tesi presentiamo i risultati di uno studio longitudinale effettuato su bambini seguiti periodicamente presso l¿Ambulatorio di Paralisi Cerebrali Infantili dell¿Università di Catania allo scopo di mettere in evidenza il ruolo del genere nell¿outcome cognitivo e motorio di soggetti in età evolutiva con forme spastiche di Paralisi Cerebrale Infantile (PCI). Materiali e metodi Per questo studio condotto, in un periodo di 2 anni (2010-2011) è stato preso in considerazione un campione costituito da n. 38 bambini (n. 17 femmine e n. 21 maschi) tutti sottoposti ad una prima valutazione (età compresa tra i 24 mesi e gli 8 anni) e ad una seconda valutazione (età compresa tra i 4 e i 10 anni) per la definizione di un quoziente di sviluppo (QS), mediante CAT-CLAMS, e del funzionamento intellettivo generale, mediante Scale d¿Intelligenza Wechsler; ad entrambi i tempi è stata effettuata una valutazione delle funzioni grosso-motorie mediante GMFM, classificate come livelli GMFCS. Risultati Lo studio, in accordo con precedenti lavori, ha dimostrato la presenza di differenze genere-correlate nell¿ambito dello sviluppo psicomotorio di bambini con PCI durante i primi 4 anni di vita; nel nostro campione, le femmine emiplegiche hanno mostrato, rispetto ai maschi, un maggiore QS alla scala CAT-CLAMS e, successivamente, un maggiore QIT ai test psicometrici standardizzati riflettendo, tale risultato, la stabilità nel tempo di un favorevole sviluppo cognitivo nel genere femminile; indipendentemente dal genere, i bambini emiplegici, hanno mantenuto nel tempo le loro abilità grosso-motorie entro il I livello GMFCS, in assenza di significative modificazioni nei punteggi riportati alle dimensioni GMFM. Lo studio ha messo in rilievo il migliore sviluppo grosso-motorio delle femmine diplegiche attribuibile alle migliori performances mostrate alla dimensione D (stazione eretta) della GMFM ed alla riclassificazione delle performances grosso-motorie di due femmine diplegiche dal III livello al II livello GMFCS. I bambini tetraplegici appartenevano più frequentemente al IV e al V livello, similmente distribuiti tra i due generi ad entrambe le valutazioni. I maschi, in tutti i gruppi considerati, hanno mostrato stabilità nel tempo delle funzioni grosso-motorie relativamente alla GMFM ed alla classificazione GMFCS. Conclusioni La nostra ricerca mette in evidenza come il genere possa influenzare differentemente lo sviluppo cognitivo e motorio di bambini affetti da PCI. Il genere femminile mostra una migliore riorganizzazione post-lesionale in presenza di lesioni sia unilaterali che bilaterali rispetto al genere maschile; ciò è rilevabile sia sul versante cognitivo che motorio. L¿identificazione di differenti caratteristiche dell¿outcome psico-motorio nei due generi potrebbe essere di particolare interesse per l¿impostazione di specifici strumenti di valutazione funzionale e per la programmazione di interventi riabilitativi mirati in base al genere.
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Moro, Elisa <1987&gt. "Studio prospettico osservazionale sull'interruzione volontaria farmacologica di gravidanza: fattori predittivi di dolore pelvico durante il trattamento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10290/1/TESI%20DOTTORATO%20DI%20RICERCA%20MORO%20ELISA.pdf.

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Abstract:
INTRODUZIONE Pochi studi in Letteratura hanno indagato la correlazione tra la sintomatologia dolorosa associata all’interruzione farmacologica di gravidanza (IVG) e i livelli d’ansia pre-trattamento. L’obiettivo primario del nostro studio è stato di valutare la correlazione tra la sintomatologia dolorosa in corso di IVG farmacologica e i livelli d’ansia pre-trattamento. Inoltre, sono stati indagati i fattori predittivi di dolore e la correlazione con l’epoca gestazionale. MATERIALI E METODI È stato condotto uno studio osservazionale, prospettico, multicentrico presso l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda USL e presso l’Unità Operativa di Ginecologia dell’IRCCS Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Sono state incluse le pazienti sottoposte a IVG farmacologica tra giugno 2021 e novembre 2021, che rispettassero i criteri di inclusione ed esclusione. Sono stati somministrati 5 questionari (GHQ-12, GAD-7, STAI-6, VAS) e raccolti i dati anamnestici ed ecografici. I potenziali fattori di rischio sono stati, quindi, selezionati per l’inclusione nell'analisi di regressione multivariata. RISULTATI Delle 242 pazienti incluse, il 38,0% ha riferito una sintomatologia dolorosa severa (VAS >70). Dall’analisi di regressione multivariata, la dismenorrea intensa è risultata essere il fattore di rischio più forte per il dolore (OR = 6,30, IC 95% 2,66 – 14,91), seguita da alti livelli di ansia valutati mediante il punteggio del GHQ-12 > 9 (OR = 3,33, IC 95% 1,43 – 7,76). Al contrario, la nostra analisi ha confermato che un precedente parto vaginale rappresentava una caratteristica protettiva contro il dolore (OR 0,26, IC 95% 0,14 – 0,50). CONCLUSIONI Nel nostro studio alti livelli d’ansia pre-trattamento e la dismenorrea sono associati ad intensa sintomatologia dolorosa, mentre il parto vaginale è risultato protettivo. L’IVG farmacologica è una metodica efficace e sicura, ma spesso associata a sintomatologia dolorosa. È quindi fondamentale delineare fattori di predittivi di dolore ed individuare le pazienti a maggior rischio a cui somministrare un’idonea terapia antalgica.
INTRODUCTION Few studies in Literature have investigated the anamnestic and medical features that might be associated with increased pain levels during medical abortion. The primary aim of our study is to identify the anamnestic and clinical characteristics that may represent risk factors for intense pain levels, with particular focus on women’s pre-treatment psychological distress and anxiety levels. Moreover, we evaluate the correlation between pain and gestational age. MATERIALS AND METHODS This prospective, observational, non-pharmacological, multicentric study was conducted at the Department of Obstetrics and Gynecology of Azienda USL of Bologna, and at the Department of Gynecology and Human Reproduction Physiopathology of IRCCS S. Orsola – Malpighi Hospital. We included all women who opted for medical treatment for abortion, between June 1st, 2021 and November 30th, 2021. In addition to anamnestic records and ultrasound data, women were asked to fill in the following questionnaires: GHQ-12, GAD-7, STAI-6, VAS. The potential risk factors were, therefore, selected for inclusion in the multivariate regression analysis. RESULTS On 242 women enrolled, 38.0% experienced severe pain during medical abortion. A previous history of intense dysmenorrhea appeared the strongest risk factor for pain, when evaluating the size effect of each significant predictor (OR = 6.30, 95% CI 2.66 – 14.91), followed by a GHQ-12 score > 9 (OR = 3.33, 95% CI 1.43 – 7.76). On the contrary, our analysis confirmed that a previous vaginal delivery represented a protective feature against intense pain (OR 0.26, 95% CI 0.14 – 0.50). CONCLUSIONS Our data clearly show that nulliparity, dysmenorrhea, and increased baseline anxiety levels significantly increase the likelihood of severe pain in women undergoing medical abortion. Medical abortion is a safe and effective procedure, but it is often associated with pain symptoms. The identification of women at risk for experiencing severe pain is crucial to improve women’s care.
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FUMAGALLI, SIMONA. "STUDIO OSSERVAZIONALE MULTICENTRICO SUL RICORSO ALLE PROCEDURE DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO E/O DI DIAGNOSI PRENATALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/202944.

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Abstract:
Multicenter observational study using the procedures for risk assessment and / or prenatal diagnosis BACKGROUND The increased use of the screening test and prenatal diagnosis is closely correlated with the perception of risk. Often the perception of risk is adjusted according to the choice, some already made, even according to their family history and socio-cultural context. The causal relationship between real and perceived risk is very difficult to determine and many factors of different nature interfere. Often the lack of knowledge and understanding prevail in generating those feelings that lead women to make unconscious choices. OBJECTIVE The aim of the study was to evaluate the factors influencing choice of invasive techniques (CVS, amniocentesis) for prenatal diagnosis (PD) in a population of women, after childbirth, that delivery in S.Gerardo Hospital (Monza) and V.Buzzi Hospital (Milano). METHOD Structured interview in an unselected population of consecutive women (after childbirth) administered by 2 trained interviewers. The interview included social variables and clinical history, type of care during pregnancy, use of screening tests, and VAS (visual analogue scale, range from 1 to 10) of perceived risk of miscarriage due to amniocentesis (using risk of 1/200), and of a child with Down Syndrome (DS) (using a risk of 1/350). Both VAS investigated the perceived risk in term of intensity and acceptability (0 least risk and least acceptable to 10 most risk and more acceptable). Statistical analysis included logistic regression, in which all variables significant at univariate were entered, with p<0.01 or 95% CI not inclusive of unit considered significant. RESULTS 60% of women underwent screening test and 22% underwent invasive procedures. At logistic regression factors affecting the choice of screening test were: to have already had at least one miscarriage (OR=2,72 p=0,0016), to have received a consulance (OR=3,13 p=0,0017), number of visits during pregnance (OR=1,29 p=0,0003), wrong knowledge about test(OR=1,83 p=0,039). At logistic regression factors affecting the choice of invasive PD were: maternal age (OR 11,58 p<.0001),to be married (OR=0,23 p=0,005) to have received a consulance (OR=3,53 p=0,001) ,to be assisted in a public service (p=0,06), considering low the risk of miscarriage after amniocentesis (p=0,08). CONCLUSIONS: The choices regarding screening test and invasive PD are influenced by type of assistance, while social variables are less involved. The counselling should consider factors involved in perceiving risks.
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ZANZI, MARIA VITTORIA. "Studio prospettico osservazionale in pazienti affetti da melanoma cutaneo primitivo e sottoposti a biopsia del linfonodo sentinella." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2478768.

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Scopo: La biopsia del linfonodo sentinella (SLN) (SLNB) è ampiamente accettata per la stadiazione dei pazienti con melanoma. È stato dimostrato che le caratteristiche clinicopatologiche come lo spessore di Breslow, l'ulcerazione, l'età e il sesso sono migliori fattori predittivi di ricaduta e sopravvivenza rispetto all’interessamento del SLN da solo. Gli obiettivi di questo studio sono stati: 1) valutare l'impatto prognostico a lungo termine (10 anni) della SLNB e 2) determinare i fattori predittivi associati a metastasi del SLN, recidiva e mortalità specifica da melanoma (MSM). Metodi: si tratta di uno studio prospettico osservazionale su 289 pazienti consecutivi con melanoma cutaneo primitivo sottoposti, presso un Ospedale Universitario Italiano, a SLNB da gennaio 2000 a dicembre 2007 e seguiti in follow-up fino a gennaio 2014. Risultati: il SLN è risultato positivo in 64 pazienti (22,1%). Il follow-up mediano è stato di 116 (79-147) mesi. La sopravvivenza libera da malattia a 10 anni e la sopravvivenza specifica da melanoma sono state basse nei pazienti con SLN positivo (rispettivamente il 58,7% e il 66,4%). Solo lo spessore crescente di Breslow è risultato associato indipendentemente ad un aumentato rischio di metastasi al SLN. L'analisi di regressione di Cox ha dimostrato che lo spessore di Breslow> 2 mm è un fattore predittivo indipendente di recidiva e il sesso maschile e lo spessore di Breslow> 2 mm sono fattori predittivi di MSM. A 10 anni, la metastasi al SLN non era significativamente associata né a recidiva né a MSM. Conclusioni: Dopo il quinto anno di follow-up, le metastasi del SLN non sono un fattore predittivo indipendente di recidiva e mortalità che sono, invece, principalmente influenzati dalle caratteristiche del tumore primitivo e del paziente. I pazienti con spessore di Breslow> 2 mm, indipendentemente dallo stato del SLN, devono essere considerati ad alto rischio per recidiva e mortalità a 10 anni.
Purpose: Sentinel lymph node (SLN) biopsy (SLNB) is widely accepted for staging of melanoma patients. It has been shown that clinico-pathological features such as Breslow thickness, ulceration, age and gender are better predictors of relapse and survival than SLN status alone. The aims of this study were 1) to evaluate the long-term (10-years) prognostic impact of SLNB and 2) to determine predictive factors associated with SLN metastasis, relapse, and melanoma specific mortality (MSM). Methods: This was a prospective observational study on 289 consecutive patients with primary cutaneous melanoma who underwent SLNB from January 2000 to December 2007, and followed until January 2014, at an Italian academic hospital. Results: SLN was positive in 64 patients (22.1%). The median follow-up was 116 (79–147) months. Ten-year disease free survival and melanoma specific survival were poor in patients with positive SLN (58.7% and 66.4%, respectively). Only the increasing Breslow thickness resulted independently associated to an increased risk of SLN metastasis. Cox regression analysis shown that Breslow thickness >2mm was an independent predictor of relapse, and male gender and Breslow thickness >2mm of MSM. At 10-year, SLN metastasis was not significantly associated either to relapse or to MSM. Conclusions: After the fifth year of follow-up, SLN metastasis is not an independent predictive factor of relapse and mortality that are mainly influenced by the characteristics of the primary tumor and of the patient. Patients with Breslow thickness >2mm regardless of the SLN status should be considered at high-risk for 10-year relapse and mortality.
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Liguori, E. I. "STATO DI NUTRIZIONE MATERNO, ESITI GRAVIDICI E OUTCOMES OSTETRICI: STUDIO OSSERVAZIONALE PROSPETTICO IN DONNE DI ORIGINE CAUCASICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/264754.

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Abstract:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Medicina e Chirurgia SCUOLA DI DOTTORATO in SCIENZE FISIOPATOLOGICHE, NEUROPSICOBIOLOGICHE E ASSISTENZIALI DEL CICLO DELLA VITA DIPARTIMENTO di Scienze Biomediche e Cliniche “Luigi Sacco” CORSO DI DOTTORATO in Scienze Assistenziali del Ciclo della Vita - CICLO XXVII ABSTRACT DELLA TESI DI DOTTORATO DI RICERCA STATO DI NUTRIZIONE MATERNO, ESITI GRAVIDICI E OUTCOMES OSTETRICI: STUDIO OSSERVAZIONALE PROSPETTICO IN DONNE DI ORIGINE CAUCASICA Settore scientifico disciplinare MED/40 Ginecologia e Ostetricia Tesi di Dottorato di Elena Isabel Liguori Matricola R09522 TUTOR: Chiar.mo Prof. Enrico Mario Ferrazzi COORDINATORE: Chiar.mo Prof. Roberto Weinstein A.A. 2013/2014 ABSTRACT In the bibliography the Mediterranean diet is associated with positive health effects in the general population, such as a lower incidence of cardiovascular diseases, diabetes and obesity. There is limited data on pregnant women. The relationship between nutrition in pregnancy and obstetric outcome was investigated. In particular the adherence to the Mediterranean diet of caucasian pregnant was analyzed, because it’s already considered a positive prognostic index in the normal population, to see if the dietary pattern is correlated with a lower incidence of complications in pregnancy related to poor nutrition and excessive weight, and then to an improvement of neonatal outcomes. 127 caucasian woman were enrolled voluntarily, pertaining to outpatient of the I.C.P. Buzzi Children’s Hospital, in Milan, and these were followed in the three trimesters of pregnancy. The trend of the nutritional profile during pregnancy was analyzed with a standardized questionnaire, to be able to detect the degree of adherence to the mediterranean diet, and the maternal weight gain has been detected combined with anthropometric measurements (skinfold and circumferences). All data collected were analyzed and were related with medical history, pregnant examinations routine, obstetric and neonatal outcomes. Of the 127 women who partecipated in the first meeting 97 have completed the course. The sample of urban Caucasian women is rather uniform, mainly composed of primigravida, nonsmokers, with a high cultural level and 79.5% of the sample is normal weight, with an average BMI 21.8. The nutritional profile shows that there are not significant differences in the Mediterranean score in the three trimesters of pregnancy, but only about 16% reaches the minimum cut off of adhesion and is correlated directly and significantly with the age of the mother (r = 0:23 , p = 0.01). In particular it a low fish consumption was noted (only 4% reported consuming at least 3 times a week), legumes (only 10.6% reported consuming at least three times a week), dried fruit and nuts (only 22.4% reported consuming at least once a week). Of these women, those underweight and normal weight had an average weight gain of 13 kg and then in the range, overweight women instead took an average of 14 kg compared to 11 kg indicated by the IOM. The Mediterranean score detected at the end of pregnancy was inversely correlated (of borderline significance: 00:07) with the increase in weight, and can be correlated with the variation of the subscapular fold, which is skinfold more indicative of the change in fat mass. The weight of the newborn was correlated significantly to maternal weight, the folds of subcutaneous fat measured at the end of pregnancy and maternal waist circumference. The weight change between the first and third trimester was associated to the change of the folds and thus significantly associated to the increase in fat mass, which is in turn associated with weight. BIBLIOGRAPHY • American College of Obstetricians and Gynecologist. ACOG Committee Opinion number 315, September 2005. Obesity in pregnancy. 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GUERRIERO, MASSIMO. "Valutazione della funzionalità respiratoria dei residenti del Comune di Verona: risultati di uno studio osservazionale cross-sectional." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/40135.

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Abstract:
Indagare la prevalenza di una patologia è una sfida molto impegnativa. Se da un lato il sostegno economico ed organizzativo sembrano gli ostacoli maggiori, dall’altro una corretta impostazione dello studio potrebbe non essere sufficiente al raggiungimento dell’obiettivo se una parte consistente delle unità statistiche selezionate decidessero di non aderire all’indagine epidemiologica. Le mancate risposte totali registrate in questo studio assommano al 31%, se ci si riferisce al campione programmato, ma arrivano sino al 67% se ci si riferisce all’ammontare complessivo dei soggetti invitati a partecipare. Tali tassi di mancata risposta totale hanno determinato una auto selezione dei rispondenti in termini di sesso, con una sovra rappresentazione delle femmine, e di età, con una sotto rappresentazione dei giovani ed una sovra rappresentazione degli anziani. Essendo la patologia indagata correlata al sesso ed all’età si è reso necessario correggere la stima di prevalenza con il metodo della riponderazione, introducendo sei classi di aggiustamento determinate proprio dai livelli della variabile sesso e classe di età: giovani, adulti ed anziani. Per quanto riguarda invece la sintomatologia respiratoria, l’utilizzo di farmaci respiratori e della spirometria, nonché la presenza di una pregressa diagnosi di BPCO, le due popolazioni dei rispondenti e dei non rispondenti sono risultate essere del tutto sovrapponibili e quindi nessun intervento di correzione, al momento, è stato necessario introdurre. Alla luce di tali premesse si possono fare alcune considerazioni. I sintomi respiratori quali tosse, catarro e dispnea sono piuttosto diffusi nel campione indagato (1 soggetto ogni 4 o 5) e nonostante ciò, l’esame spirometrico risulta ancora scarsamente impiegato (1 soggetto ogni 3) a conferma del fatto che i soggetti tendono sistematicamente a sottovalutare tali sintomi respiratori sino a quando non compromettano la qualità della vita. Inoltre, ciò rende particolarmente difficile intercettare precocemente i casi potenzialmente a rischio di BPCO e, soprattutto, quelli di stadio iniziale, con conseguenze sociali ed economiche facilmente intuibili. Tali sintomi respiratori sono statisticamente associati al fumo attivo ma non all’esposizione alle diverse fonti di inquinamento (traffico veicolare, leggero o pesante, impianti industriali). I potenziali BPCO così come definiti dalle linee guida GOLD (almeno tre di cinque items positivi tra età superiore ai 40 anni, fumatore, tosse e catarro, limitazione dell’attività fisica e dispnea) ammontano al 27,9%; prendendo questo status come indicatore di BPCO emerge una scarsa capacità dello stesso ad individuare la patologia respiratoria BPCO (sensibilità pari al 46,2%) quando presente ed una discreta capacità di escluderla se non presente (specificità pari al 74,5%). Quando il medesimo ragionamento viene applicato alla diagnosi clinica della bronchite cronica si nota invece una scarsissima capacità nell’individuare la patologia respiratoria BPCO quando presente (sensibilità pari al 16,1%) ma una molto buona capacità di escluderla se non presente (specificità pari al 91%). Ciò fa pensare che la domanda “Ha avuto tosse e catarro per la maggior parte dei giorni per almeno tre mesi all’anno e da almeno due anni consecutivi?” posta sistematicamente negli ambulatori della medicina di base potrebbe essere un eccellente e semplicissimo strumento per escludere, almeno in una prima fase, la presenza di BPCO. Qualora la diagnosi di BPCO fosse effettuata con il metodo della soglia variabile (LLN) i risultati sarebbero del tutto analoghi: bassa sensibilità e discreta specificità per i potenziali BPCO, individuati con il metodo di “almeno tre items positivi su 5”, bassissima sensibilità e alta specificità per il metodo della “diagnosi clinica di bronchite cronica” a conferma ulteriore dell’utilità dell’impiego di un semplice questionario quale strumento confermativo della non presenza di BPCO. L’evidenza della potenziale presenza di BPCO deve essere confermata, invece, dall’esame spirometrico e da una attenta anamnesi dello specialista pneumologo. La stima della prevalenza di BPCO, con il metodo della soglia fissa, è pari all’11,7% con nette differenze tra maschi e femmine; si viene a confermare così la sistematica sottostima della prevalenza della patologia respiratoria indagata da parte di altre fonti ufficiali come ad esempio l’ISTAT, che la colloca su livelli intorno al 4%. Anche i dati derivanti dai data base della medicina generale, che, va detto, sono molto parziali, indicano una prevalenza di BPCO in Italia che varia dall’1% al 4%, così come riportato dallo studio QuaDro di GlaxoSmithkline (www.gsk.com). La stima della prevalenza derivante dall’applicazione del metodo della soglia variabile LLN risulta essere pari all’8,8% a livello globale con differenze tra maschi e femmine davvero minime. Le differenze, invece, possono meglio saggiarsi a livello delle diverse tre fasce d’età e ciò è dovuto alle caratteristiche intrinseche del metodo. Da un punto di vista meramente metodologico, il metodo LLN, tenendo in considerazione oltre che al sesso, l’età, appare più rispettoso della naturale evoluzione dell’apparato respiratorio. Ciò suggerirebbe la necessità di abbandonare il metodo della soglia fissa in favore di quello della soglia variabile ma si pongono, fondamentalmente, tre problemi. Il primo, riguarda la necessità di reperire i valori di normalità congrui alla popolazione a cui il metodo viene applicato – è ciò prescinde dal metodo adottato (soglia fissa o variabile); il secondo, riguarda la necessità di reperire il miglior modello teorico (rette o anche funzioni più complesse); il terzo, riguarda la necessità di validare il metodo della soglia variabile attraverso studi longitudinali misurando così gli esiti di malattia. Le stime di prevalenza di BPCO aggiustate per sesso e fascia d’età sono pari al 13,1% e all’11,8%, rispettivamente, per il metodo della soglia fissa e della soglia variabile. Ciò indica che c’è stato un forte effetto da parte della riponderazione che però necessita di ulteriori approfondimenti di analisi. È stato anche eseguita una riponderazione applicando i modelli logistici ma i risultati sono ancora molto parziali quindi si è ritenuto di non presentarli in questo documento. Dalle evidenze emerse in capo all’analisi spaziale è possibile sostenere, con i dati in possesso, la presenza di un pattern spaziale, cioè di un legame tra area geografica cittadina e BPCO. In particolare sembrerebbe essere colpita da una maggiore concentrazione di scarsa salute respiratoria la zona in cui vi è una maggiore concentrazione abitativa e di traffico veicolare. Infatti, l'analisi circoscritta ai soggetti privi dei fattori di rischio, ha permesso di far emergere la componente della BPCO correlata all'esposizione ambientale. Quest'ultimo risultato ci permette di avallare l'analisi statistica spaziale come strumento importante nell'identificazione di ulteriori fattori di rischio per la BPCO, oltre al fumo, connessi all'esposizione occupazionale ed ambientale. Sembrerebbe quindi di poter avanzare un’ipotesi e cioè che ha salute compromessa chi è esposto ad inquinanti seppur privo di fattori di rischio. Le analisi svolte non sono certo esaustive per poter addurre conclusioni inferenziali robuste sulla diretta causalità inquinamento-BPCO. In effetti, il pattern spaziale emerge solo dove i dati analizzati sono stati precedentemente “aggiustati” per altri fattori confondenti come età e fumo. Non vi è da escludere però che vi siano altri fattori confondenti non considerati nel database e per i quali non è possibile una correzione. A tal proposito, si segnala che la parte di variabilità spaziale spiegata in tutte le applicazioni non supera il 15% della variabilità totale delle tre variabili in analisi, ciò probabilmente dovuto proprio alla presenza di fattori confondenti che apportano variabilità non spaziale al fenomeno e che impedisce al pattern territoriale di emergere in modo evidente. Nonostante tali limiti però, i risultati finora osservati costituiscono sicuramente un’ipotesi valida per l’analisi della correlazione tra BPCO e territorio. Si evidenzia altresì la necessità sia di produrre altre mappe sui dati rilevati che tengano in considerazione anche altri fattori, come ad esempio l’esposizione lavorativa, sia e, soprattutto, di intraprendere studi ad hoc controllati su soggetti omogenei e privi di fattori di rischio al fine di far emergere in modo più evidente la variabilità spaziale della BPCO espressa come fattore latente “stato di salute respiratoria”.
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Piccoli, Sara. "La quetiapina nella gestione dell'agitazione e dell'aggressività nel paziente adulto con grave cerebrolesione acquisita: uno studio prospettico osservazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3421533.

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Abstract:
The use of atipycal antipsychotic in the treatment of patients with severe acquired brain injury is linked to the molecule’s mechanism of action. This characteristic makes this drugs differents from other antipsychotic agents. Pharmacological treatment of behaviour and cognitive patterns occurring after the incident is most often required for this class of patients than treating the typical psychotic productivity of schizophrenic patterns. What is more relevant in the choice of the drug is its potential of not further affecting motor functions which are already seriously compromised. The drug should also be able to control behavioural aspects which could compromise the rehabilitation process. Agonism at D2 receptors has shown not to affect the physiological levels of dopamine in the pathways involved in the regulation of motricity and the endocrine system. This allows patients to avoid side effects like extrapyramidal symptoms and hyperprolactinemia, which are caused by blocking dopaminergic activity of nigrostriatal, mesocortical and tuberoinfundibular pathways. As for the negative symptomatology, partial dopaminergic agonism should also increase dopaminergic activity in areas where it may be low, such as the mesocortical pathway. Unlike in schizophrenia, deficit in patients with severe ABI is usually secondary, as it is related to the reported lesion. However, symptomatology in patients with severe ABI is similar to the typical negative symptomatology of schizophrenia and it is characterized by apathy, abulia, lack of initiative or behavioural disease and cognitive symptoms. Another relevant aspect in the choice of an antipsychotic drug for the rehabilitation treatment of these patients refers to its effects on cognitive functioning. Experimental studies on neurocognitive effects of second generation antipsychotics like quetiapine on schizophrenic brain showed improvements of some cognitive functions, namely verbal learning and working memory. Twenty subjects were selected and recruited between the ordinary hospitalized from the Unit for the Rehabilitation of Neuropsychological Acquired Disorders (Unità per la Riabilitazione delle turbe Neuropsicologiche Acquisite URNA) of IRCCS “E. Medea” Ass. La Nostra famiglia -Polo Veneto of Conegliano and Pieve di Soligo (TV). Individuals suffer from post-lesion behavioural disease as a result of Acquired Brain Injury ( ABI). The subjects of the sample that during the hospitalization manifested episodes of aggressive behavior or anxiety with such a scale and a duration that required clinical treatment, were treated medically with quetiapine. The behavioral changes were recorded through ABS scale. At the time of recruitment, the rating of “Level of Cognitive Functioning (LCF)” scale, was between 4 and 6. It was also recruited a control sample, comparable in age, sex and LCF whose cognitive and behavioral changes were altered but not as to require a clinically justified drug treatment. Both groups were evaluated on the motor level FIM. The two groups of patients received equally multidisciplinary rehabilitative treatment during ordinary hospitalization. At the end of the observation period, the two groups (pharmacologically treated and non-treated) were compared and measured through LCF and FIM. In detail it was verified whether any improvement showed, its magnitude and, eventually, if the pharmacologically treated sample manifested any drug influences on the cognitive and motor level compared to the non treated sample. It was taken qualitative analysis of the treated sample in order to quantify and describe both characteristics and trend of behavioral disturbances with reference to anti- psychotic taking. The results demonstrate that quetiapine reduce behavioural diseases; the sample treated with drug has improved in neuropsychology and motricity index. In other words, quetiapine used in acquired brain injury with behavioural disease can reduce symptoms without interferences in cognitive and motor aspects.
L’utilizzo di antipsicotici atipici nei pazienti con grave cerebrolesione acquisita ha il suo razionale nel meccanismo d’azione di queste molecole rispetto ai neurolettici convenzionali. In questa tipologia di pazienti è necessario nella maggior parte dei casi intervenire farmacologicamente su quadri di tipo comportamentale e su aspetti cognitivi che si manifestano in seguito al danno, piuttosto che sulla produttività psicotica classica dei quadri schizofrenici. In altre parole, l’efficacia antipsicotica derivante dal blocco della via dopaminergica mesolimbica sulla sintomatologia positiva, non è la caratteristica dirimente nella scelta di un farmaco antipsicotico nel grave cerebroleso. Svolgono un ruolo di i maggiore rilevanza nella scelta terepeutica le potenzialità che ha il farmaco di non influire negativamente su un quadro motorio già gravemente compromesso, e contemporaneamente di contenere aspetti comportamentali di entità tale da compromettere il buon esito di un percorso riabilitativo. Alla luce di quanto detto, l’agonismo D2 dovrebbe non interferire con i livelli fisiologici di dopamina nelle vie deputate al corretto funzionamento della motricità e del sistema endocrino, risparmiando quindi ai pazienti effetti secondari quali i sintomi extrapiramidali e l’iperprolattinemia, che si avrebbero con il blocco dei recettori dopaminergici delle vie nigrostriatali, mesocorticali e tuberoinfundibolari. Inoltre, per ciò che riguarda la sintomatologia negativa, l’agonismo dopaminergico dovrebbe ripristinare un’adeguata attività dopaminergica nelle vie in cui questa è deficitaria, come può essere la via mesocorticale. A differenza di quanto accade nella schizofrenia, il deficit nel caso di paziente con grave cerebrolesione acquisita è verosimilmente di natura secondaria, cioè legato alla lesione riportata. Anche se si tratta di meccanismi d’azione adottati per la schizofrenia, dunque, di frequente nei pazienti con grave cerebrolesione si assiste alla comparsa di una sintomatologia simile a quella negativa propriamente schizofrenica, con apatia, abulia, mancanza di iniziativa o, come nel nostro campione di pazienti oggetto di studio, si assiste alla comparsa di alterazioni comportamentali sul versante produttivo dell’agitazione e dell’aggressività. Un ulteriore aspetto dirimente nella scelta di un antipsicotico nel trattamento riabilitativo di questi pazienti è la sua efficacia sulla dimensione cognitiva. Sono stati reclutati 20 soggetti in regime di ricovero ordinario presso l’Unità per la Riabilitazione delle turbe Neuropsicologiche Acquisite (URNA) dell’IRCCS “E. Medea” Ass. La Nostra famiglia-Polo Veneto di Conegliano e Pieve di Soligo (TV). I soggetti sono affetti da agitazione post-lesionale come conseguenza di grave cerebrolesione acquisita (GCA). I soggetti del campione, al manifestarsi nel corso del ricovero di comportamenti aggressivi o di episodi di agitazione di entità e durata tali da necessitare trattamento clinico, sono stati trattati farmacologicamente con quetiapina. Le variazioni comportamentali sono state registrare con la scala ABS. Al momento del reclutamento, il punteggio alla scala Level of Cognitive Functioning (LCF) era compreso tra 4 e 6. Si è inoltre provveduto a reclutare un campione di controllo, comparabile per sesso, età e LCF che manifestasse alterazioni della sfera cognitiva e comportamentale, ma per il quale non fosse opportuno dal punto di vista clinico il trattamento farmacologico. Entrambi i gruppi sono stati valutati sul piano motorio con la FIM. I due gruppi di pazienti ricevono in misura uguale trattamenti riabilitativi multidisciplinari, in regime di ricovero ospedaliero. Al termine dell’osservazione, i due gruppi ( trattato e non trattato farmacologicamente) sono stati misurati e confrontati per LCF e FIM per valutare ove presente l’entità del miglioramento e se presenti o meno influenze del farmaco sul piano cognitivo e motorio nel campione che ha assunto il farmaco rispetto all’altro. Nel campione trattato è stata fatta un’analisi qualitativa per quantificare, descrivere le caratteristiche e l’andamento del disturbo comportamentale in relazione all’assunzione dell’antipsicotico, per descrivere la distribuzione dei punteggi nelle sottoscale dell’ABS in modo da definire meglio le caratteristiche del disturbo comportamentale anche in relazione a variabili quali il momento della giornata o all’eziologia del danno. Questi dati possono essere utili oltre che per coadiuvare le scelte del trattamento farmacologico, anche per fornire strumenti che possono contribuire a una piu’ appropriata gestione del disturbo comportamentale all’interno di un setting riabilitativo. I risultati dimostrano che la quetiapina riduce effettivamente la sintomatologia comportamentale; il campione che ha assunto il farmaco è risultato comunque migliorare dal punto di vista cognitivo e anche sul piano motorio. In altre parole, la quetiapina utilizzata nel paziente con grave cerebrolesione acquisita affetto da agitazione e aggressività, consente di ridurre la sintomatologia senza influenzare negativamente gli aspetti cognitivi e motori.
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Books on the topic "Studio osservazionale"

1

Concato, Giorgio, and Luigia Mariotti Culla. Supervisione per gli operatori penitenziari: Il progetto "Pandora" con i gruppi di osservazione e trattamento. Milano: F. Angeli, 2005.

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Risultati della sperimentazione del mMltitrattamento Di Bella (MDB): Studio osservazionale. Roma: Istituto superiore di sanità, 1999.

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3

Osservazione del bambino e formazione degli educatori: Atti del seminario di studio, Comune di Milano, Settore educazione (Milano, 16 marzo 1990). Milano: UNICOPLI, 1991.

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