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Journal articles on the topic 'Studio clinico osservazionale'

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Marcomini, Ilaria, Neva Perboni, Laura Milani, and Ippolito Notarnicola. "Il ragionamento clinico degli studenti infermieri: uno studio osservazionale." Dissertation Nursing 2, no. 1 (January 30, 2023): 23–34. http://dx.doi.org/10.54103/dn/19389.

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Abstract:
INTRODUZIONE:Gli infermieri utilizzano il ragionamento clinico per guidare le azioni da porre in essere al fine di garantire alla persona un’assistenza adeguata. Il ragionamento clinico richiede tempo per instaurarsi nell’operato di un professionista sanitario e per tale ragione è necessario che questa competenza venga acquisita sin dall’inizio del percorso di formazione di base. Sono esigue le indagini che valutano il grado di acquisizione delle abilità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. OBIETTIVI:Obiettivo primario è stato quello di valutare la capacità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. Obiettivo secondario è stato analizzare i fattori correlati alle capacità di ragionamento clinico. METODI:La raccolta dati ha previsto la somministrazione della versione italiana dello strumento Nurse Clinical Reasoning Scale. Il Test di Pearson e il Test Anova sono stati utilizzati per esplorare i fattori connessi al ragionamento clinico. RISULTATI:205 studenti hanno risposto al questionario. Gli studenti hanno dichiarato difficoltà nel porre in essere alcune abilità utili allo sviluppo del ragionamento clinico. L’anno di corso (p<0.001), la motivazione dello studente (p=0.04), il numero di ore di tirocinio svolte (p< 0.001) e il numero di esperienze di tirocinio intraprese (p<0.001) hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa con il ragionamento clinico. Dai risultati è emerso, inoltre, che, indipendentemente dalla modalità di svolgimento del tirocinio clinico, gli studenti hanno sviluppato in egual modo abilità di ragionamento (p=0.62). CONCLUSIONI:Da questa indagine è emersa l’importanza di misurare le abilità di ragionamento clinico degli studenti infermieri. Future indagini dovrebbero essere condotte per confermare i risultati ottenuti.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Qualità della vita dei pazienti emodializzati alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 60–65. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1503.

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Abstract:
Il DOPPS (Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study) - ampio studio internazionale, prospettico, osservazionale – è iniziato nel 1996 per raccogliere i dati di un vasto campione di pazienti emodializzati con l'obiettivo di migliorare la terapia, la pratica dialitica ed ovviamente la loro qualità di vita. Lo studio DOPPS ha mostrato come i pazienti emodializzati presentino una qualità di vita molto inferiore rispetto ai soggetti di pari età, in tutte le sue diverse componenti (fisica, mentale e legata alla malattia renale cronica), oltre che una maggior prevalenza di sintomatologia depressiva. È inoltre emerso come alcuni fattori socioeconomici (tra cui la disoccupazione, un ridotto livello di formazione, uno scarso supporto sociale familiare e di staff dialitico) e medici (quali l'utilizzo di un catetere venoso centrale, bassi livelli di emoglobina ed albumina, una scarsa qualità del sonno) siano associati a una più bassa qualità della vita. Il DOPPS ha messo in evidenza l'associazione tra più bassi indici di qualità della vita e peggiori outcome clinici, in termini di ospedalizzazione e mortalità, permettendo pertanto di individuare i soggetti “più fragili” dal punto di vista fisico, sociale e clinico su cui intervenire in maniera specifica. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della valutazione della qualità della vita, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Trionfetti, Erika, and Giovanni Di Pietro. "Monitoraggio clinico e complessità assistenziale dei pazienti nel Dipartimento di Emergenza-Accettazione (DEA): aspetti assistenziali e organizzativi." Dissertation Nursing 1, no. 1 (July 29, 2022): 78–86. http://dx.doi.org/10.54103/dn/17506.

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Abstract:
BACKGROUND: L’analisi della complessità assistenziale si è rivelata necessaria per rispondere al meglio ai bisogni di cura e di assistenza del paziente a livello del pronto soccorso; da qui nasce l'esigenza di monitorare la complessità assistenziale nel Dipartimento di emergenza-accettazione (DEA), in quanto non esistono studi né strumenti che trattano tale argomento in questo contesto. OBIETTIVI: Mappare la complessità assistenziale dei pazienti ricoverati in DEA presso l'ospedale San Paolo di Milano, verificando l'applicabilità dello strumento e dei metodi già utilizzati per lo studio in pronto soccorso, eventualmente adattandoli al contesto oggetto di studio. A tale scopo l'elaborato presenta una validazione di uno strumento per la rilevazione della complessità assistenziale dei pazienti in DEA, discutendone le implicazioni per la pratica infermieristica. METODI:Studio osservazionale prospettico, monocentrico su campione di convenienza, con arruolamento di tutti i pazienti con età ≥ 18 anni, ricoverati all'interno del DEA e provenienti dal pronto soccorso del presidio San Paolo. RISULTATI: Sono stati reclutati 203 pazienti. Lo strumento proposto ha mostrato una soddisfacente consistenza interna (0.71). L'analisi statistica inoltre ha permesso di vedere i bisogni più compromessi dei pazienti presi in esame, in base alla diagnosi di accesso e alle comorbilità. CONCLUSIONI:Lo strumento proposto può essere dunque utilizzato per monitorare la complessità assistenziale in DEA con integrazione da parte dell'infermiere, di valutazioni che emergono durante il contatto con la persona assistita. In Italia risulta essere l'unico studio che si occupa della complessità assistenziale nel DEA di I° livello.
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Spinas, E., M. Aresu, and F. Canargiu. "Studio clinico osservazionale sull’uso di ponti Maryland in composito rinforzato con fibre (FRC): successi e fallimenti in cinque anni." Dental Cadmos 81, no. 10 (December 2013): 652–60. http://dx.doi.org/10.1016/s0011-8524(13)70111-9.

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Basile, G. "Semaglutide e dulaglutide: comparative effectiveness analysis e disparità nel Piano Terapeutico Regionale." Journal of AMD 25, no. 2 (July 2022): 105. http://dx.doi.org/10.36171/jamd22.25.2.5.

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Abstract:
OBIETTIVO DELLO STUDIO Si registra una evidente difformità nell’accesso ai nuovi farmaci nelle diverse regioni italiane. Per il clinico non è sempre semplice conciliare evidenze scientifiche e normative vigenti, soprattutto quando quelle regionali differiscono da quelle nazionali. Un caso emblematico è stato, prima della Nota 100 di AIFA, il Piano Terapeutico (PT) per la prescrizione dei GLP1-RA nella Regione Sicilia, che alla prima prescrizione durava 6 mesi per tutte le molecole, salvo che per semaglutide (4 mesi). Il nostro centro ha quindi analizzato i propri dati in un’ottica di comparative effectiveness per documentare se le disparità di PT trovano un riscontro pratico nell’impatto clinico dei due più recenti GLP1- RA disponibili. DISEGNO E METODI È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo. I dati dei primi 50 pazienti trattati con semaglutide sono stati confrontati con quelli dei primi 50 pazienti trattati con dulaglutide tra giugno e dicembre 2021. Sono stati quindi valutati i cambiamenti nei livelli medi di HbA1c, glicemia a digiuno (FBG) e peso dopo la prima e la seconda visita di follow-up, che cadevano, come da PT, a 6 e 12 mesi per dulaglutide e a 4 e 10 mesi per semaglutide. RISULTATI Al primo follow-up, l’HbA1c si era ridotta di -0,8% (IC95% -1,1;-0,5) con semaglutide e di -0,5% (IC95% -0,9;-0,2) con dulaglutide, raggiungendo livelli simili (circa 7,5%). La riduzione è stata significativa rispetto al baseline per entrambi i farmaci, nonostante la valutazione fosse più precoce per semaglutide, mentre il confronto tra i farmaci non ha evidenziato differenze statisticamente significative. Al secondo follow-up la riduzione di HbA1c è risultata di -1% in entrambi i gruppi, con differenze statisticamente significative rispetto al baseline ma nessuna differenza tra i gruppi. L’effectiveness è stata documentata anche sulla riduzione dei valori di FBG (fino a -51 mg/dl con semaglutide e -38 mg/dl con dulaglutide) e peso (circa -5 Kg con semaglutide e -3 Kg con dulaglutide), statisticamente significativa entro i gruppi sia al primo che al secondo follow-up, con riduzioni più marcate con semaglutide che con dulaglutide, ma senza differenze statisticamente significative tra i gruppi. CONCLUSIONI Questo studio conferma l’importanza strategica dei GLP1-RA nel migliorare gli outcome clinici dei soggetti con diabete di tipo 2 non controllato e solleva il problema della urgente necessità di rivedere in un’ottica di equità e valorizzazione dell’innovazione i criteri di accesso a farmaci innovativi, soprattutto se appartenenti ad una stessa classe terapeutica. PAROLE CHIAVE sistema regionale sanitario; semaglutide; dulaglutide; effectiveness; politica sanitaria.
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Orsini, Enrico, and Ettore Antonsecchi. "ARCA Registry. Nuove evidenze nella gestione delle sindromi coronariche croniche." Cardiologia Ambulatoriale 30, no. 3 (December 9, 2022): 137–45. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-1.

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Abstract:
Il trattamento delle sindromi coronariche croniche (SCC) è ancora oggi influenzato dai risultati di vecchi trials di confronto fra bypass aortocoronarico e terapia medica, condotti negli anni ’70 e da studi osservazionali. Da questi studi era emersa la superiorità della rivascolarizzazione chirurgica o percutanea sulla mortalità, rispetto alla gestione conservativa, nei pazienti ad alto rischio anatomico o ischemico. Parallelamente alle nuove acquisizioni patogenetiche, che hanno accertato la natura multifattoriale delle SCC e contemporaneamente allo sviluppo dei moderni farmaci in grado di incidere positivamente sull’outcome delle malattie cardiovascolari, una serie di studi controllati ha confrontato in tempi più recenti la terapia medica ottimale (OMT) con la rivascolarizzazione, accertando l’assenza di benefici incrementali delle strategie invasive, rispetto alle strategie conservative, nei pazienti con SCC. Il trasferimento di queste nuove evidenze dalla teoria alla pratica è tuttavia lento ed insufficiente e la quasi totalità dei pazienti con SCC è ancora oggi trattato invasivamente, in deroga ai principi di appropriatezza e di rispetto delle raccomandazioni delle linee guida. ARCA Registry, uno studio osservazionale, prospettico, progettato e condotto dalla Società Scientifica A.R.C.A., ha accertato l’efficacia e la sicurezza di un modello di gestione dell’angina stabile, raccomandato dalle linee guida e consistente nella OMT quale trattamento inziale in tutti i pazienti ed il ricorso selettivo ed individualizzato alla coronarografia e alla rivascolarizzazione solo nei pazienti non responsivi o ad alto rischio. I risultati di ARCA Registry dovrebbero facilitare il trasferimento alla pratica clinica delle nuove evidenze, migliorando l’appropriatezza gestionale delle SCC.
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Piazza, Antonella. "Community mental health service's monitoring by the local informative system. The results of first year implementation." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 5, no. 1 (April 1996): 46–58. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00003936.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo - Sono presentati i dati di monitoraggio di un servizio psichiatrico territoriale, con l'intenzione di documentare le dimensioni e il profilo demografico e clinico dell'utenza, descrivere per le prime visite le modalita di accesso e di contatto, delineare la distribuzione degli interventi in relazione alle diagnosi, i patterns di utilizzazione del servizio e infine le variabili associate al ricorso continuativo e intenso alle cure, verificando l'ipotesi che i pazienti piu seguiti siano socialmente e clinicamente i più svantaggiati. Disegno - Studio osservazionale con i dati forniti dal primo anno di attivita del sistema informativo locale. Setting - Servizio di Salute Mentale dell'ex USL 25 Emilia Romagna, attualmente Distretto San Giorgio di Piano dell'Azienda-USL Bologna Nord. Principali misure utilizzate - È stato calcolato il rischio relativo di diventare un utente lungoassistito e alto utilizzatore per alcune variabili anagrafiche e clini-co-anamnestiche, rispetto alia categoria di riferimento; la possibility di fattori di confondimento o di interazioni tra variabili e stata controllata con l'analisi stratificata. Risultati - Sono presentati i tassi grezzi di prevalenza-un giorno (635.4/100.000 resident! adulti) e di prevalenza nell'anno (1314.1/100.000) per il 1993. Tra i pazienti in contatto al census-day prevalgono le psicosi schizofreniche e simili, tra le prime visite dell'anno invece le psicosi organiche e i disturbi nevrotici. Al termine della prima visita non viene preso in carico il 50% dei pazienti; la decisione sembra basata sulla diagnosi, a prescindere dai precedenti psichiatrici o da caratteristiche socio-demografiche. Il 20% di utenza con psicosi schizofreniche e simili assorbe il 49% degli interventi e usufruisce di un ventaglio di prestazioni più ampio e articolato delle altre categorie diagnostiche. Il ricorso ai ricoveri è scarso anche per le diagnosi più gravi, con un rapporto complessivo tra pazienti non ospedalizzati e ospedalizzati di 12.5 a 1. I fattori di rischio associati con l'esito di lungoassistiti e alti utilizzatori sono l'età inferiore a 55 anni, la condizione di celibe, il vivere soli o non in famiglia, la diagnosi di psicosi funzionale, la lungoassistenza nel 1992 e la lunga durata di presa in carico. Conclusioni - Coerentemente con i propri obiettivi programmatici il servizio destina le risorse soprattutto ai pazienti clinicamente piu gravi e mostra una forte proiezione territoriale; inoltre sembra accumulare una quota di lungoassistiti proporzionalmente maggiore di altri servizi italiani. L'ipotesi che i pazienti lungoassistiti e alti utilizzatori differiscano per maggiore gravita clinica e anamnestica e confermata, mentre tra le variabili demografiche non emergono differenze statisticamente significative a seconda del sesso, della scolarita e della condizione lavorativa.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Qual è il contributo dello studio DOPPS nel caratterizzare il concetto di dose di dialisi?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 2 (January 24, 2018): 70–76. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1444.

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Abstract:
La necessità di misurare oggettivamente la dose di dialisi somministrata ai pazienti ha determinato lo sviluppo di parametri utilizzabili per la valutazione dell'adeguatezza della terapia dialitica, di cui il principale è il Kt/V dell'urea (che mette in relazione la quantità di clearance dell'urea fornita al paziente nel tempo t di trattamento dialitico, con il volume di distribuzione dell'urea). Due importanti trial randomizzati (il “National Cooperative Dialysis Study” e l'Hemo Study) hanno valutato la dose di dialisi al fine di stabilire il livello minimo da garantire ai pazienti per evitare un aumento di morbilità e mortalità. Ad essi, si sono aggiunti numerosi studi osservazionali che hanno contribuito a definire molti degli aspetti correlati alla dose e all'adeguatezza dialitica. Anche il Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS) - studio internazionale, prospettico, osservazionale iniziato nel 1996 per raccogliere dati riguardanti le pratiche cliniche di gestione di problematiche attinenti all'emodialisi - ha fornito rilevanti informazioni attinenti a tale argomento. Nel corso degli anni, il DOPPS ha evidenziato una crescente aderenza nei confronti di quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, come dimostrato dall'aumento dei valori medi di Kt/V e da una percentuale sempre minore di pazienti che presentano una dose di dialisi inadeguata. Inoltre, sono stati raccolti e valutati periodicamente quei parametri della prescrizione dialitica in grado di influire sul raggiungimento del valore di Kt/V desiderato e suggerire le possibili modalità di intervento per ottenere i target raccomandati. I dati DOPPS, in accordo con un'analisi secondaria dell'HEMO Study, suggeriscono la possibilità che una più alta dose di dialisi possa associarsi a una miglior sopravvivenza nelle donne. Pertanto, oggigiorno, il DOPPS rappresenta, anche in fatto di adeguatezza dialitica, un importante riferimento scientifico e un credibile strumento informativo capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Come è cambiata la gestione dell'anemia per i pazienti in dialisi alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 4 (January 31, 2018): 27–33. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1241.

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Abstract:
L'anemia è una frequente complicanza della malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, o più brevemente CKD) e rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare che aggrava ulteriormente la prognosi dei pazienti nefropatici. Gli agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESA) e la supplementazione marziale rappresentano i cardini su cui attualmente si basa la terapia di questa complicanza della CKD. Il Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS) - studio internazionale, prospettico, osservazionale - è stato avviato nel 1996 per raccogliere informazioni riguardanti le pratiche cliniche di gestione di molte problematiche attinenti l'emodialisi, tra cui anche il trattamento dell'anemia. Nel corso degli anni, il DOPPS ha evidenziato una crescente aderenza nei confronti di quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, come dimostrato dall'aumento dei valori medi di emoglobina, dall'utilizzo di ESA in una percentuale crescente di pazienti e da una maggiore attenzione a garantire adeguate scorte marziali. Il DOPPS, inoltre, ha messo in risalto una rilevante associazione tra valori di emoglobina e rischio di ospedalizzazione e morte nei pazienti emodializzati. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della gestione dell'anemia secondaria alla CKD, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Naso, Agostino, Giuseppe Scaparrotta, Maria Loreta De Giorgi, and Gianni Carraro. "Emodialisi domiciliare intensiva: uno sguardo al passato alla ricerca dell'emodialisi del futuro." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 3 (September 24, 2014): 220–24. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.897.

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Abstract:
Negli ultimi anni vi è stato un rinnovato interesse verso la dialisi domiciliare, che appare come la strategia operativa più facilmente percorribile per l'attuazione di programmi di emodialisi intensiva (IHD). Numerosi studi osservazionali e pochi studi randomizzati controllati fanno ritenere che l'IHD possa migliorare l'outcome degli uremici in dialisi con un rapporto costi/benefici migliore dell'emodialisi convenzionale. È necessaria tuttavia un'attenta valutazione nella selezione dei pazienti da avviare all'IHD, alla luce dei fattori psicosociali, clinici e demografici che possono determinarne il fallimento. Ulteriori studi saranno necessari per definire i limiti e il campo clinico di applicazione dell'IHD.
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Montanaro, D., and R. Canapicchi. "La patologia orbitaria non traumatica: Correlazioni clinico-neuroradiologiche." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 3 (June 2000): 435–48. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300313.

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Abstract:
Sono stati riesaminati i casi di patologia orbitaria non traumatica giunti alla nostra osservazione negli ultimi 10 anni di attività. Al fine di ottimizzare il percorso diagnostico per ciascun tipo di patologia sono stati confrontati i dati neuroradiologici con quelli clinici dei singoli pazienti. Sono stati cosi selezionati differenti gruppi di patologie in funzione dei principali sintomi di esordio. Per ogni gruppo di patologie vengono discussi le possibilità e i limiti dello studio neuroradiologico e viene identificata l'indagine eventualmente più informativa.
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Sessa, Concetto, Walter Morale, Antonino Reina, Giorgio Battaglia, Sandra La Rosa, Daniela Puliatti, Giuseppe Seminara, and Luca Zanoli. "Nutrizione parenterale intradialitica in pazienti con malnutrizione moderata-severa: studio prospettico osservazionale multicentrico." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 33 (September 16, 2021): 102–11. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2021.2335.

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Abstract:
Dialysis patients have a wide range of pathologies that contribute to their frailty. Maintaining a good nutritional status is useful to prevent and treat the so-called Protein-Energy Wasting (PEW), a complex clinical-laboratory condition in which a protein-energy depletion occurs. Adherence to a proper nutritional therapy in CKD requires considerable effort from both patients and health personnel (doctors and nurses). In order to slow down the effects of malnutrition and the disasters that complicate PEW, nephrologists can use supplementation products. In our observational, prospective, multicentre study, we administered an intradialytic parenteral nutrition of a three-compartment emulsion for intravenous infusion through an infusion pump connected to the venous line. After 12 weeks of treatment, subjects with severe malnutrition were reduced from 61.1% to 33.3%, serum creatinine increased by 16% (from 6.00 ± 1.48 mg/dL to 6.98 ± 2.46 mg/dL; P < 0.001), total protein and albumin levels respectively by 13% (from 5.46 ± 0.63 g/dL to 6.19 ± 0.66 g/dL; P < 0.001) and 19% (from 2.70 ± 0.48 g/dL to 3.20 ± 0.57 g/dL; P < 0.001), body weight by 3% (from 55.7 ± 13.2 kg to 57.6 ± 13.0 kg; P < 0.001).
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Colonnese, C., L. M. Fantozzi, M. Antonelli, A. Bozzao, G. Ralli, and L. Bozzao. "Chemodectomi puri del glomo timpanico: Studio con RM." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 4 (November 1992): 457–60. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500407.

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Abstract:
Viene riportata una revisione della letteratura nella diagnostica dei tumori del glomo timpanico e si espone un caso giunto alla osservazione personale. I dati emersi dalla nostra esperienza sottolineano l'utilità della RM anche nei casi in cui ci si trovi di fronte a tumori glomici timpanici puri. Viene in particolare evidenziato come l'aspetto RM di tale lesione consenta di differenziarla da un concomitante tessuto flogistico sia sulla base della diversa intensità di segnale nelle sequenze T2 pesate che del diverso potenziamento dopo mdc.
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Visocchi, M., M. Meglio, F. La Marca, and B. Cioni. "Esostosi ereditaria multipla e compressione cervicodorsale." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 4 (August 1996): 501–3. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900424.

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Abstract:
L'esostosi multipla ereditaria o discondroplasia o condroplasia ereditaria deformante o aclasia diafisale è una malattia relativamente rara a carattere autosomico dominante a penetranza variabile. Nel presente studio, relativo ad un caso clinico giunto alla nostra osservazione, segnaliamo la peculiarità della localizzazione neurochirurgica (cervicodorsale) della malattia e suggeriamo, anche alla luce dei dati di letteratura, la strategia terapeutica più appropriata. La gravità della storia naturale, la possibilità di recidiva e la scarsa radiosensibilità, a nostro avviso stabiliscono la priorità dell'indicazione al trattamento chirurgico quanto più radicale possibile.
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Daidone, R., P. Visconti, R. Agati, and P. Giovanardi Rossi. "Studio clinico-neuroradiologico di un caso di patologia della sostanza bianca individuabile come malattia di Alexander." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 75–78. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s114.

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Abstract:
Viene presentato il caso di una paziente di 4 anni, giunta ad osservazione per ritardo psico-motorio ed arresto dello sviluppo del linguaggio. Figurava nell'anamnesi la comparsa di irrequietezza, insonnia e pianto frequente; la deambulazione senza appoggio, iniziata a 3 anni, era condotta su base allargata. Le indagini di routine, la ricerca di mucopolisaccaridi ed enzimi lisosomiali, EMG, potenziali evocati del tronco encefalico e cariotipo risultarono nella norma; l'EEG mostrò anomalie non specifiche. L'obiettività rivelò macrocrania, ipertelorismo, iper-refles- sia osteo-tendinea. La TC evidenziò grave riduzione di densità della sostanza bianca e discreta dilatazione ventricolare. La RM rivelò parimenti gravi segni di sofferenza della sostanza bianca cerebrale e cerebellare, con integrit della capsula interna e dello splenio del corpo calloso.
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Zenti, Maria Grazia. "La LDL-aferesi nella PAD." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S37—S40. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1089.

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Abstract:
La vasculopatia periferica (PAD) rappresenta una delle manifestazioni cliniche della malattia arteriosclerotica sistemica. I fattori di rischio per la PAD sono gli stessi della malattia coronarica (CAD): età, sesso maschile, fumo di sigaretta, dislipidemia e ipertensione arteriosa. Le comuni tecniche di rivascolarizzazione risultano inefficaci in una larga porzione di pazienti diabetici e in pazienti in trattamento emodialitico cronico. Inoltre, l'associazione di macro e microangiopatia con la neuropatia del paziente diabetico favorisce lo sviluppo di ulcere (piede diabetico). La LDL-aferesi (LA) oltre alla riduzione del colesterolo determina anche una serie di effetti pleiotropici (riduzione di sostanze protrombotiche e pro-inflammatorie, modificazioni Teologiche, miglioramento della funzione endoteliale), che promuovono la funzione del microcircolo con un aumento della perfusione dei tessuti periferici oltre che del microcircolo coronarico. In alcuni studi osservazionali e case-report la LA è stata utilizzata come opzione terapeutica nei pazienti con PAD. Tuttavia, le attuali evidenze non ci permettono di arrivare a conclusioni definitive sul ruolo della LA nella PAD, essendo necessari studi clinici con una maggiore casistica, con precisi criteri di inclusione e con un adeguato follow -up. Lo Studio Italiano, Randomizzato, Controllato, Multicentrico e Prospettico: “La LDL-aferesi nel trattamento del Piede Diabetico Ischemico Error! Hyperlink reference not valid. Identifier: NCT01518205; HELP-Apheresis in Diabetic Ischemic Foot Treatment, HADIF) si propone di definire se la LA possa essere una valida opzione terapeutica in questi pazienti a elevato rischio di amputazione.
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Bonetti, M., B. S. Cotticelli, F. Albertini, G. Dalla Volta, B. Troianiello, and M. Guindani. "Atrofia olivopontocerebellar sporadica: Studio con risonanza magnetica." Rivista di Neuroradiologia 16, no. 2 (April 2003): 307–14. http://dx.doi.org/10.1177/197140090301600211.

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Abstract:
L'atrofia olivopontocerebellare sporadica (sOPCA o MSA-C) è considerata una delle possibili manifestazioni dell'atrofia multisistemica (MSA). Nel periodo gennaio 2000-settembre 2002 sono giunti alla nostra osservazione 8 pazienti affetti da MSA-C di età variabile (42.8 +/- 18.7) che presentavano sintomatologia clinica compatibile con la diagnosi di atassia spinocerebellare. La RM ha documentato atrofia del tronco encefalico e del cervelletto con alterazione del segnale a livello delle fibre traverse del ponte ed a livello del peduncolo cerebellare medio nelle sequenze a TR lungo. In un solo paziente è stata evidenziata una alterazione dell' intensità di segnale a livello putaminale, facendo ipotizzare pertanto una possibile concomitanza con la degenerazione nigrostriatale (SND o MSA-P) considerata anch'essa una possibile espressione di MSA con pesanti ripercussioni sulle aspettative di vita del paziente. La RM, evidenziando le alterazioni delle strutture anatomiche coinvolte nella MSA-C, si rivela strumento essenziale sia per confermare una diagnosi già formulata sulla base delle manifestazioni cliniche peculiari, sia per indirizzare verso una corretto inquadramento diagnostico quei pazienti non ancora inquadrati correttamente sul piano neurologico. Risulta, inoltre, esame indispensabile per il monitoraggio dell'evoluzione della malattia.
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D'Aprile, P., D. Milella, A. Nella, and A. Carella. "Reperti RM in un caso di osteopetrosi associato a malattia di Crouzon." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 6 (December 1994): 941–44. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700614.

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Abstract:
Gli autori descrivono un caso di osteopetrosi associato a malattia di Crouzon in una donna di 27 anni giunta alla loro osservazione per una sintomatologia atassica ingravescente associata a tetraparesi. Per quanto a nostra conoscenza non sono riportati in letteratura associazioni tra le due patologie, come anche molto rare risultano le anomalie nervose, ad esse associate (siringomielia ed ectopia tonsillare) e da noi riscontrate attraverso lo studio RM encefalo-midollare.
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Albertini, F., A. Mercuri, F. Baruzzi, G. Minonzio, A. M. Facchinetti, A. Marra, and G. Bonaldi. "Paralisi isolata del nervo ipoglosso." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 4 (August 1996): 451–58. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900417.

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Abstract:
Vengono presentati quattro casi di paralisi isolata del nervo ipoglosso giunti recentemente alla nostra osservazione. In tre casi la sintomatologia clinica era conseguente ad una compressione del tronco nervoso a livello del canale osseo proprio (due da secondarismo di carcinoma mammario, il terzo da dissezione della carotide interna a livello del bulbo della giugulare). Nel quarto caso il deficit neurologico era in relazione con una poussée di sclerosi multipla. Una paralisi isolata del XII è sintomo relativamente raro, spesso misconosciuto o sottovalutato. Al contrario la nostra esperienza e un'attenta analisi della letteratura mostrano come esso possa essere espressione di patologie a eziopatogenesi estremamente polimorfa, anche gravi e potenzialmente curabili. Il suo rilievo deve quindi indurre il neuroradiologo ad uno studio mirato di tutta la regione, il cui presupposto è rappresentato da una conoscenza approfondita anatomo-clinica, al fine di un corretto utilizzo delle specifiche metodiche diagnostiche.
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Manfrè, L., R. Lagalla, S. Pappalardo, A. Mangiameli, M. Tortorici, F. Riggio, S. Ferrara, P. Ferrara, and A. E. Cardinale. "Anatomia e patologia del labirinto membranoso studio con sequenze RM sensibili al flusso." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 5 (October 1994): 769–76. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700506.

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Abstract:
Nonostante i deludenti esordi nella valutazione delle strutture labirintiche costituenti l'orecchio interno, la risonanza magnetica costituisce oggi, grazie anche al miglioramento dell'hardware e del software disponibili, una modalità diagnostica di grande efficacia non solo nell'analisi della patologia espansiva o infiammatoria coinvolgente il VII ed VIII nervo cranico, ma anche nella valutazione delle alterazioni patologiche del segnale endolabirintico in rapporto a focolai emorragici o, come recentemente dimostrato mediante uso di Gd-DTPA, nell'analisi delle alterazioni a carico della capsula oticanella fase spongiotica dell'otosclerosi. Tuttavia, lo scarso contrasto esistente tra liquido endolabirintico e strutture circostanti (solitamente aria nel cavo timpanico e tessuto osseo capsulare) rende le tradizionali scansioni in tecnica Spin-Echo con ponderazione T1 del tutto inadeguate alla valutazione dell'orecchio interno. Analoga osservazione deve essere fatta per le immagini T2-dipendenti che, per l'eccessivo spessore di scansione e l'elevata durata dei tempi di esame, non rappresentano di certo un mezzo di indagine pratico ed affidabile, certamente comunque non competitivo nei confronti dell'imaging TC, oggi particolarmente fedele grazie alla possibilità di effettuare scansioni di minimo spessore (1 mm). Gli autori riportano la loro esperienza nell'analisi delle strutture labirintiche nel normale e patologico mediante imaging per RM con unità operante a 0,5 T ed applicazione di sequenze di tipo GRASS, opportunamente modificate per aumentarne la sensibilità al flusso lento endolinfatico (mGRASS), e Fast-Spin-Echo (FSE). Nei casi patologici è stata effettuata una analisi comparativa rispetto al reperto TC.
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Gelardi, M., L. Iannuzzi, M. De Giosa, S. Taliente, N. De Candia, N. Quaranta, E. De Corso, V. Seccia, and G. Ciprandi. "Non-surgical management of chronic rhinosinusitis with nasal polyps based on clinical-cytological grading: a precision medicine-based approach." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 1 (February 2017): 38–45. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1417.

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Abstract:
La rinosinusite cronica con polipi nasali (CRSwNP) è una malattia cronica nasosinusale, a eziologia infiammatoria, con significativo impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti. La CRSwNP rappresenta ancora oggi una sfida terapeutica per lo specialista ORL, sia per la comprensione della sua eziopatogenesi, sia per il suo controllo clinico ed è questo è testimoniato dalla alta incidenza di recidiva dopo trattamento. Abbiamo voluto verificare l’ipotesi che un approccio terapeutico nuovo, standardizzato, e individualizzato sul grading clinico-citologico (clinical-cytological grading – CCG) consentisse un miglior controllo dei sintomi della malattia, e di ridurre la necessità di ricorrere alla chirurgia. Abbiamo pertanto reclutato 204 pazienti affetti da CRSwNP, di cui 145 hanno regolarmente assunto la terapia rispettando il protocollo proposto, e 59 pazienti, invece, che non hanno assunto la terapia in modo sistematico e sono stati quindi inclusi come controlli. Dopo 5 anni di trattamento standardizzato, abbiamo notato che 15 pazienti su 145 (10,3%) del gruppo con terapia standardizzata avevano avuto un miglioramento dello staging endoscopico, 61 su 145 (42%) si erano mantenuti costanti, mentre 69/145 (47,5%) erano andati incontro a un peggioramento. Nel gruppo di controllo, invece, i pazienti peggiorati erano ben 49 su 59 (83%), con un peggioramento significativo in termini di grading endoscopico di almeno due classi (p < 0,05). I pazienti e i controlli sono stati successivamente stratificati sulla base del CCG in 3 sottogruppi: pazienti con CCG lieve, moderata e grave. Dopo tale suddivisione in classi, è stato possibile evidenziare che nel gruppo con CCG lieve (n = 27), il 92% dei pazienti manteneva negli anni un trend costante, in assenza di peggioramenti e senza necessità di ricorrere alla chirurgia nei 5 anni di osservazione, mentre nel gruppo di controllo, 1 paziente su 59 (1,6%; p = <0,05) ricorreva a chirurgia. Nel gruppo con CCG moderato (n = 83), invece, il 44% dei pazienti “standardizzati” non aveva avuto un peggioramento di grading endoscopico, con un 3,6% di pazienti che aveva avuto necessità di ricorrere alla chirurgia, contro il 13,6% del gruppo controllo (p < 0,05). Nel gruppo dei pazienti con CCG grave (n = 35), anche se nessun paziente riusciva a ottenere un miglioramento del grading endoscopico, il 40% dei pazienti veniva comunque giudicato “controllato” da un punto di vista clinico. Nel gruppo dei pazienti con CCG grave, ben il 5,7% dei pazienti necessitava di trattamento chirurgico, ma anche in questo caso, la percentuale dei pazienti operati era significativamente maggiore (p = 0,0000) nel gruppo di controllo (49%). Infine, l’analisi statistica effettuata ha dimostrato chiaramente che, da un punto di vista obiettivo, le dimensioni dei polipi nasali tendevano ad aumentare a una velocità maggiore nel gruppo controllo che nel gruppo “standardizzato”, con incrementi proporzionali nelle tre classi di CCG (lieve, moderato e grave). Lo studio attuale fornisce le basi per lo sviluppo e l’adozione di un nuovo approccio per la gestione della CRSwNP sulla base di uno score clinico e citologico (CCG) che permetta di stimare con accuratezza la gravità della CRSwNP e di adattarne il trattamento. Tale approccio limita l’uso degli steroidi sistemici alle sole classi CCG di entità moderata-grave con dosi di steroidi inferiori rispetto a quanto precedentemente suggerito in letteratura. Il nostro protocollo può migliorare pertanto l’aderenza terapeutica dei pazienti, il tasso di controllo della malattia e può ridurre il ricorso alla chirurgia nel corso degli anni.
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Giardini, Anna, Marcella Ottonello, Carlo Pasetti, Debora Pain, and Ines Giorgi. "Cosa voglio fare alla fine della vita? Consapevolezza della malattia, conoscenza delle procedure cliniche e delle direttive anticipate in pazienti con malattie croniche progressive / What do I want to be done at end-of-life? Disease awareness, knowledge of clinical procedures and of advanced directives in patients with chronic progressive diseases." Medicina e Morale 67, no. 1 (March 23, 2018): 11–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.525.

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Abstract:
Scopo del nostro studio osservazionale cross-sectional è di studiare la consapevolezza di malattia, la conoscenza delle procedure cliniche e delle dichiarazioni anticipate di trattamento in pazienti italiani affetti da patologie croniche progressive. Metodo. Sono stati valutati 115 soggetti (23 con Sclerosi Laterale Amiotrofica – SLA; 30 con Scompenso Cardiaco Cronico – SCC; 32 con Insufficienza Renale Cronica – IRC; 30 con Tumore Avanzato –TA) su: conoscenza sui temi della salute, diritto ad essere informati, significato delle Direttive Anticipate (DA) e delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT). Risultati. 86% dei pazienti hanno evidenziato il diritto di conoscere diagnosi e prognosi e di essere informati sull’evoluzione di malattia. Molti pazienti non conoscevano il significato di procedura invasiva (52%) o di trattamento aggressivo (81%). Il 72% non conosceva il significato di DA e di DAT; il 94% riteneva che le DA o le DAT potessero parzialmente o totalmente garantire il desiderio del paziente di prendere parte alle decisioni sulla gestione del fine vita. Una volta informati sul significato delle AD (vincolanti) e delle DAT (non vincolanti) I pazienti con SLA preferivano la scelta di direttive vincolanti rispetto ai pazienti con TA e con SCC (SLA vs SCC p=.005; SLA vs TA p=.001). I pazienti con IRC preferivano direttive vincolanti rispetto ai pazienti con SCC (p=.02). Conclusioni. Deve essere parte integrante nella pratica clinica l’informare e il guidare il paziente dal momento della diagnosi fino alle fasi ultime di vita. ---------- Introduction. Many steps forward within the legal field to facilitate end-of-life communication have been taken, but Mediterranean countries can be considered as a step back. Aim of our observational cross-sectional study is to observe disease awareness, knowledge of clinical procedures and of advanced directives in patients with chronic progressive diseases in Italy. Methods. 115 subjects (23 with Amyotrophic Lateral Sclerosis – ALS, 30 with Chronic Heart Failure - CHF, 32 with Chronic Kidney Failure – CKF, and 30 with Advanced Cancer – AC) were assessed on health literacy, their right to be informed and meaning of Advance Directives (AD) and of Advance Declaration of Treatment (ADT). Results. 86% of patients claimed the right to know diagnosis and prognosis and to be informed of disease progression. Patients did not know the meaning of invasive therapy (52%) and of aggressive treatment (81%). 72% did not know the meaning of AD and of ADT; 94% believed that AD or ADT could partially or totally guarantee patient’s will to make decisions on end-of-life, with frequency difference on AD or ADT efficiency between CHF and ALS patients (p=.01). Once informed on the definitions of AD (legally binding) and ADT (not legally binding), ALS patients preferred legally binding directives, compared to patients with AC and with CHF (ALS vs CHF p=.005; ALS vs AC p=.001). Patients with CKF would prefer legally binding proposal compared to CHF patients (p=.02). Conclusion. To inform and to guide patients from diagnosis to end-of-life should be an integral part of medical practice.
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Foresti, Laura. "Le complicanze stomali prima e dopo l’introduzione dello stoma siting effettuato dall’infermiere: uno studio retrospettivo." Dissertation Nursing 1, no. 1 (July 29, 2022). http://dx.doi.org/10.54103/dn/17946.

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Abstract:
PREMESSA: Il 3%-82% dei pazienti stomizzati va incontro a complicanze stomali, che determinano un aggravio assistenziale con allungamento della degenza e dei tempi di recupero dell’autonomia gestionale dello stoma. In letteratura emerge come la mancanza del disegno stomale preoperatorio risulti uno dei fattori che aumenta l’incidenza di complicanze stomali, insieme al carattere d’urgenza dell’intervento, all’altezza, al tipo di stoma e all’indice di massa corporea. SCOPO: Valutare il numero e le caratteristiche delle complicanze stomali, nel periodo precedente all’introduzione della procedura del disegno stomale preoperatorio eseguito dall’infermiere e confrontare tali numeri con quelli riguardanti le complicanze rilevate nel periodo successivo all’introduzione della procedura di stoma siting. METODI: Studio osservazionale retrospettivo monocentrico presso le U.U.O.O. di Chirurgia generale e Urologia nell’Ospedale San Paolo dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. Campione di convenienza composto da pazienti sottoposti a confezionamento di una stomia enterale e urinaria. RISULTATI: Sono stati reclutati 264 pazienti. Il 51,1% ha manifestato complicanze stomali; il 42,9% aveva effettuato lo stoma siting il 61,5% no. Le complicanze più frequenti sono state le alterazioni cutanee peristomali (29,9%); la differenza di numero tra i singoli tipi di complicanze nei due gruppi è clinicamente rilevante. CONCLUSIONI: Lo stoma siting è una procedura di competenza infermieristica che, se ben eseguita, porta alla riduzione delle complicanze stomali. È responsabilità dell’infermiere garantire a ciascun paziente sottoposto a confezionamento di stomia la corretta esecuzione del disegno stomale, ogni volta che le condizioni del quadro clinico lo consentono.
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Bignamini, Angelo A., and Daniela Bignamini. "Registri, studi osservazionali e consenso informato." Medicina e Morale 55, no. 5 (October 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.344.

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Abstract:
Le procedure di informazione e consenso sono garanzia primaria di corretto svolgimento delle ricerche cliniche. Quando applicate al puro utilizzo di dati già conferiti, sono considerate garanzia di confidenzialità. Tuttavia, si rileva che la macchinosità e complessità delle procedure di informazione e consenso al puro impiego dei dati medici in forma anonima, nel contesto di studi osservazionali e di registri, introducono un errore sistematico nella raccolta dei dati. Ciò può rendere inutile lo studio per la popolazione in genere e, nel caso di registri di patologie croniche o recidivanti, anche per lo stesso soggetto, sia che conferisca, sia che scelga di non conferire i dati. Le procedure attualmente impiegate negli studi osservazionali, che sono direttamente mutuate da quelle in uso per gli studi intervenzionali, non sembrano quindi adeguate a garantire il migliore interesse del soggetto e della collettività. A ciò si aggiungono i problemi generati dalla legislazione di tutela della riservatezza, che non sembrano tenere conto della reale possibilità che venga tutelata - con adeguate procedure - la completa anonimità dei dati clinici personali, pur mantenendo la possibilità di verifica a pubblica garanzia della credibilità. Una possibile soluzione potrebbe essere almeno la estrema semplificazione delle procedure, o meglio il conferimento al Comitato di Etica competente della possibilità di autorizzare l’impiego aggregato di dati già esistenti nei documenti dell’istituzione, senza necessità di consenso specifico individuale. Queste ipotesi, tuttavia, potrebbero essere considerate solo in studi puramente osservazionali (registri di popolazione, registri per patologia o studi osservazionali analoghi). Per studi simili, quali i registri per farmaco (che richiedono informazione specifica e potrebbero implicare procedure aggiuntive) o gli studi di fase IV (che potrebbero anche essere intervenzionali e quindi richiedere specifica informazione o procedure aggiuntive), il Comitato di Etica dovrebbe comunque valutare studio per studio quali procedure di informazione e consenso siano più adeguate. ---------- Information and consent procedures are the main guarantee that clinical investigations are correctly performed. When applied to the exclusive aggregation of already recorded data, are considered guarantee of confidentiality. However, the complexity and intricacy of information and consent procedures to the pure aggregation of anonymously conferred data, within the context of observational studies and of registries, is found to introduce a bias in data collection. Such bias can render useless the investigation, for the population in general and, in the case of registries of chronic or recurrent diseases, for the very subject who confers or chooses not to confer the data. The procedures which are currently in use in observational studies, directly derived from those used in the interventional studies, do not appear therefore appropriate to guarantee the best interest of the subject and of the community. Additional problems derive from the legislation designed to safeguard the privacy. This appears not to account for the true possibility that complete anonymity of personal clinical data can be ensured - with appropriate procedures - still maintaining the possibility of verification to provide public guarantee of credibility. A possible solution could be at least an extreme simplification of the procedures or, even better, the responsible Ethics Committee could be made accountable for authorising the aggregate use of data already existing in the Institution’s documents, without the need for a specific individual consent. These hypotheses, however, can only be considered within the frame of purely observational studies (population registries, illness registries and similar observational studies). For analogous studies such as the drug registries (that might need specific information and additional monitoring procedures) or the phase-IV studies (that may also be interventional and require specific information or additional procedures), the Ethics Committee should evaluate study by study which information and consent procedures are most appropriate for the individual investigation.
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Sfriso, P., F. Salaffi, C. M. Montecucco, S. Bombardieri, and S. Todesco. "MonitorNet: studio italiano osservazionale multicentrico per la valutazione del profilo rischio-beneficio dei farmaci biologici nella pratica clinica reumatologica." Reumatismo 61, no. 2 (June 24, 2011). http://dx.doi.org/10.4081/reumatismo.2009.132.

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Natale, Enrico, and Alfiera Marsocci. "Are clinical trial results transferable in the real life?" Monaldi Archives for Chest Disease 84, no. 1-2 (June 22, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/monaldi.2015.733.

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Abstract:
<p>Generally in the clinical practice patients are more complex in comparison with those included in the clinical trials. In this article, we discuss three relevant items, which may implement the transferability of the clinical trial results in the real world. The observational studies have fewer restrictions on the number of patients included, due to more relaxed inclusion and exlusion criteria than in randomized clinical trials. The absence of randomization however may lead to potential for bias. The recurrent event analysis may extend the positive results of clinical trials regarding the reductions of the first primary endpoint event to total events, including those beyond the first event. This analysis is of great interest in the clinical practice, where recurrent events are common. Finally the reliability of subgroup analysis is discussed. Pre-specified subgroup analyses are more credible and valuable than <em>post-hoc</em> analyses.</p><p><strong>Riassunto</strong></p><p>Nella pratica clinica i pazienti sono generalmente più complessi rispetto alle popolazioni studiate nei trial clinici. Si rendono necessari pertanto strumenti di analisi che integrino i trial clinici. In questo articolo vengono esaminati alcuni punti di rilevante importanza nella definizione di una corretta applicabilità dei risultati dei trial clinici al mondo reale. Il primo punto riguarda il ruolo e i limiti degli studi osservazionali. Il secondo tratta delle analisi degli eventi ricorrenti, una modalità di analisi dei trial clinici che rende i risultati più aderenti alla vita reale, nella consapevolezza che limitare i dati di outcome al primo evento sia riduttivo rispetto alla necessità di stabilire che l’intervento studiato nel trial confermi la sua efficacia anche sugli eventi successivi al primo. Il terzo punto riguarda la controversa questione delle analisi per sottogruppi, uno strumento utile per generare ipotesi, ma discutibile quando impiegato per rimediare a trial con risultati negativi o estendere i risultati di trial positivi a sottopopolazioni particolari di pazienti. </p>
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Anna, Antonacci, Abbinante Antonia, De Vito Danila, Praino Emanuela, and Iannone Florenzo. "Alterazioni del cavo orale e qualità della vita nel paziente sclerodermico. Aspetti clinici. Capillaroscopici e condizionamenti psicologici." Journal of Advanced Health Care, January 8, 2020. http://dx.doi.org/10.36017/jahc2001-005.

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Abstract:
La Sclerosi Sistemica è una malattia infiammatoria del tessuto connettivo caratterizzata da una risposta autoimmune che causa vasculopatia e accumulo di collagene nella pelle e negli organi interni. Obiettivo: verificare gli effetti della malattia sul cavo orale del paziente sclerodermico e la sua influenza sulla qualità della vita, analizzando aspetti clinici, capillaroscopici e psicofisici. A tal fine è stato condotto uno studio osservazionale su 25 pazienti affetti. Sono stati rilevati indici specifici per la valutazione dello stato di salute dento-parodontale, eseguita la capillaroscopia orale e somministrati test per verificare l'impatto della patologia sulla qualità della vita. E’ stato impostato un protocollo preventivo-terapeutico per alleviare la sintomatologia presente e ritardare la progressione delle patologie orali. La deformità delle mani, l’ipomobilità di lingua e labbra, la microstomia e la xerostomia, compromettono le condizioni di igiene orale dei pazienti sclerodermici . La presenza di ectasie, microemorragie e megacapillari alterano gravemente il microcircolo. La progressiva disabilità, i continui cambiamenti del loro aspetto e le sofferenze fisiche favoriscono il peggioramento della qualità della vita Sulla base dei dati emersi, risulta fondamentale la collaborazione dell’igienista dentale con il reumatologo per l’attuazione di un piano personalizzato che consideri in modo prioritario il contesto bio-psico-sociale del paziente.
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Popolo, Raffaele, Antonio Semerari, Antonino Carcione, Donatella Fiore, Giuseppe Nicolò, Laura Conti, Roberto Pedone, Michele Procacci, Stefania D'Angerio, and Giancarlo Dimaggio. "Le disfunzioni metacognitive nei disturbi di personalit Una review delle ricerche del III Centro di Psicoterapia Cognitiva." Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 13, no. 2 (February 22, 2011). http://dx.doi.org/10.4081/ripppo.2010.19.

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Abstract:
Dagli anni '90, il III Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma si è impegnato nell'attività clinica e di ricerca sul trattamento di pazienti gravi e difficili da trattare. In questo lavoro verranno analizzati alcuni tra i più importanti lavori pubblicati dal Gruppo in questo ambito. Si tratta di ricerche sul processo terapeutico condotte a partire dall’osservazione clinica secondo cui la presenza di specifici malfunzionamenti metacognitivi ostacolerebbe la costruzione della rappresentazione degli stati mentali propri e altrui; la regolazione della relazione terapeutica potrebbe migliorare tali malfunzionamenti rendendo così possibili gli interventi sugli aspetti sintomatici del paziente. Sono state portate, quindi, prove sufficienti a sostenere che la metacognizione sia una grandezza composta da sottofunzioni distinte semi-indipendenti. Altri studi del Gruppo hanno mostrato poi come la realtà clinica del paziente grave sia influenzata in modo diverso dalla presenza di specifici malfunzionamenti metacognitivi.
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Varchetta, Giovanni, Marco Palma, and Paolina Tanzillo. "Linfoma di Hodgkin associato a sindrome nefrosica in età pediatrica: tecniche di studio in TC e PET/TC." Journal of Advanced Health Care, August 13, 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-004.

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Abstract:
In Italia il linfoma di Hodgkin (LH) costituisce il 6% dei tumori ed il 43% di tutti i linfomi nella fascia di età compresa tra 0-14 anni ed è più frequente nei maschi. I pazienti con LH nella maggior parte dei casi presentano al momento della diagnosi linfoadenopatie prevalentemente latero-cervicali e/o in sede toracica; invece, sono infrequenti una presentazione addominale e/o sintomi sistemici quali febbre, calo ponderale e sudorazioni notturne. Raramente il LH si manifesta con il quadro clinico di sindrome nefrosica (SN). In età pediatrica il tasso di incidenza annuale della SN è di 2-5 casi su 100.000 bambini e nei piccoli pazienti con meno di 8 anni è più frequente nei ma-schi; è solitamente idiopatica, ma esistono forme congenite o secondarie a glomerulonefriti e pa-tologie sistemiche. La SN si associa al LH solo nell’1% dei casi. La nefropatia a lesioni minime è la patologia renale più comunemente riscontrata nei bambini con LH. La lesione glomerulare pro-voca l’incremento della permeabilità della parete dei capillari glomerulari e conseguenzialmente la SN si manifesta con proteinuria, ipoalbuminemia, diminuzione della pressione oncotica pla-smatica e edema. Nel presente articolo descriviamo il caso raro di una bambina di 7 anni, giunta alla nostra osservazione con SN, che risultava resistente al trattamento con corticosteroidi. Dopo circa due mesi veniva diagnosticato un LH in addome.
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Gelo, Omar C. G., Andrea F. Auletta, and Diana Braakmann. "Aspetti teorico-metodologici e analisi dei dati nella ricerca in psicoterapia. Parte I: La ricerca sull'esito e la ricerca sul processo dagli anni '50 agli anni '80." Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 13, no. 1 (September 14, 2010). http://dx.doi.org/10.4081/ripppo.2010.10.

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Abstract:
La psicoterapia puù essere descritta facendo riferimento a due dimensioni principali: l'esito (ovvero gli effetti di un trattamento) e il processo (ovvero ciò che accade nel corso di un trattamento). Nelle sue prime fasi, lo studio empirico della psicoterapia si è concentrato principalmente, anche se non esclusivamente, su questi due aspetti distinti, dando origine a ciò che prende il nome di ricerca sull'esito e ricerca sul processo psicoterapeutico. In questo periodo, che va dai primi anni '50 ai primi anni '80, nasce e si afferma quello che può essere definito il paradigma classico della ricerca in psicoterapia, caratterizzato da una adesione ai principi metodologici della scienza neo-positivistica. Con il presente articolo intendiamo descrivere le caratteristiche principali della ricerca sull'esito e sul processo terapeutico nel corso di queste tre decadi, con particolare riferimento ai diversi approcci e disegni di ricerca, ai livelli di osservazione, e all'analisi dei dati. Inoltre, ci proponiamo di discutere quelli che noi consideriamo essere gli aspetti critici in ciascuno di questi due diversi ambiti di ricerca.
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Bartalucci et al., Claudia. "L’aumento di peso nei pazienti che vivono con infezione da HIV: analisi retrospettiva di 10 anni di monitoraggio in una ..." JHA - Journal of HIV and Ageing, December 2021. http://dx.doi.org/10.19198/jha31524.

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Abstract:
L'aumento dell'aspettativa di vita delle persone che vivonocon l'HIV (PHIV) ha portato negli ultimi anni ad un aumentodella prevalenza delle comorbidità metaboliche, in particolaresovrappeso e obesità, le cui cause sono attualmenteoggetto di ricerca.<br />Lo scopo di questo studio è quello di valutarel'aumento di peso annuale di PHIV sovrappeso e obesi equali fattori clinici e terapeutici sono associati a un maggioreaumento di peso.Studio di coorte retrospettivo condotto nel periodo marzo 2011-marzo 2021, che ha incluso PHIV con BMI ≥25 kg/ m²(sovrappeso) o ≥30 kg / m² (obesi).<br /> L'associazione tra aumentodi peso annuale e variabili cliniche e farmacologiche è statatestata con un modello di regressione lineare.Sono stati inclusi nello studio 164 PHIV di cui il 73% maschi.<br />L'età mediana al momento dell'arruolamento era di 53.5(±10.34) anni, BMI 29.7 (±4.35) kg/m² con il 34% di PHIVobesi e il 66% di PHIV in sovrappeso nella coorte.<br /> Il 96% deipartecipanti allo studio aveva un HIV-RNA <50 copie/ml, conlinfociti T CD4+ medi di 640 (q1 457.5 q3 914.5) cellule/mm³.<br />L’84,5% dei PHIV ha avuto un aumento di peso durante i 10anni di osservazione, con un incremento ponderale medio di1.30 (±1.70) kg/anno di osservazione: +0.91 (±1.20) kg/annonei PHIV sovrappeso e +2.05 (±2.21) kg/anno nel PHIV obesi.<br />All'analisi univariata, un maggiore aumento di peso è statoassociato a una carica virale più elevata (copie/anno) (VCY,ß+0.30, 95%CI +0.12; +0.36, p<0.001), mentre una correlazioneinversa è stata riscontrata con l'esposizione cumulativaagli inibitori della proteasi (IP, ß -0.15, 95%CI -0.08; 0.00,p=0.08), agli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa(NNRTI, ß -0.18, 95%CI 0.011; -0.001, p=0.021), con l’etàavanzata (ß -0.23, 95%CI -0.07; -0.01, p=0.003) e gli anni totalidi infezione da HIV (ß -0.31, 95%CI -0.08; -0.03, p<0.001).<br />Dopo l'aggiustamento per i principali fattori confondenti, glianni di infezione da HIV sono rimasti l'unico fattore significativamente correlato all'andamento del peso nel corso deglianni, (ß -0.32, 95%CI -0.08; -0.03, p<0.001) con una correlazioneinversamente proporzionale tra anni di infezione e aumentodi peso.In conclusione, tra i PHIV in sovrappeso e obesi, l'84,5% haaumentato il proprio peso in un follow-up di 10 anni.<br />L'entitàdell'aumento di peso era inversamente proporzionale aglianni di infezione da HIV.<br />I nostri risultati mostrano un aumentomaggiore del peso globale subito dopo la diagnosi di infezioneda HIV, coerentemente con un fenomeno del ritorno alla salute,e un aumento più lento ma continuo negli anni successivi,durante un follow-up di 10 anni, indipendentemente dal tempocumulativo trascorso sui farmaci PI, NNRTI e INI.
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