Academic literature on the topic 'Struttura del reale'

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Journal articles on the topic "Struttura del reale"

1

Tammaro, Ciro. "IL MATRIMONIO NEL «DE SACRAMENTIS» DI UGO DI SAN VITTORE E NELLE Ciro Tammaro IL MATRIMONIO NEL « DE SACRAMENTIS » DI UGO DI SAN VITTORE E NELLE « SENTENTIAE » DI PIETRO LOMBARDO: BREVI NOTE TEOLOGICO-CANONICHE COMPARATIVE." Revista Española de Derecho Canónico 72, no. 179 (July 1, 2015): 599–614. http://dx.doi.org/10.36576/summa.46451.

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Abstract:
Considerazioni preliminari. Struttura essenziale del matrimonio nell’opera De Sacramentis di Ugo di San Vittore: considerazioni generali. La teoria «consensuale» nella dottrina matrimoniale di Ugo di San Vittore: rilievi descrittivi. La disciplina dei beni del matrimonio nel pensiero teologico-canonico espresso nel De Sacramentis. Struttura essenziale del matrimonio nelle Sententiae di Pietro Lombardo: considera- zioni generali. La teoria «reale» nella dottrina matrimoniale di Pietro Lombardo: rilievi descrittivi. La disciplina dei beni del matrimonio nel pensiero teologico-canonico espresso nelle Sententiae. Considerazioni teologico-canoniche comparative e rilievi conclusivi.
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2

Orazi, Francesco. "I sistemi locali di sviluppo del Medio-Adriatico: i risultati di una ricerca." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 116 (April 2010): 204–19. http://dx.doi.org/10.3280/sl2009-116017.

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Abstract:
L'articolo, riprendendo i dati di una ricerca svolta su 5 distretti industriali nelle Regioni Marche e Abruzzo (area Medio-Adriatica), cerca di descrivere le profonde trasformazioni economiche e socio culturali che hanno investito negli ultimi anni queste comunitŕ e queste forme organizzate e diffuse della produzione. Sul piano della struttura industriale si notano due eventi cruciali: l'emergere di poche medio-grandi imprese leader distrettuali che ne guidano di fatto gli esiti, fino a mutare l'articolazione del distretto di specializzazione in post-distretto "ri-verticalizzato"; il processo di delocalizzazione produttiva delle filiere di Pmi in paesi di nuovo approdo industriale, con il conseguente processo di erosione dei legami sociali tra struttura produttiva endogena e comunitŕ locali (a es. disoccupazione industriale). Infine, il lavoro sostiene l'esigenza di un nuovo e moderno apporto istituzionale allo sviluppo, sia con il reale potenziamento delle strategie di governance che con un forte processo innovativo innescato dalle risorse locali, cognitive, umane e tecniche per traghettare le economie distrettuali verso sentieri innovativi della competitivitŕ globale.
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3

Erlicher, Arcadio, and Antonio Lora. "Conclusioni." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 11, S6 (December 2002): 74–75. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000253.

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Abstract:
Il progetto ha rappresentato un notevole sforzo organizzativo, che ha coinvolto per un anno un ampio numero di DSM/UOP, di operatori e di pazienti.La ricerca ha dimostrato che, all'interno e tra i Dipartimenti di Salute Mentale:possibile costruire un network di ricerca,che possono essere utilizzati nella routine strumenti per la valutazione della gravità e dell'esito,possibile raccogliere ampi campioni di pazienti rappresentativi della realtà clinica dei servizi,gruppi di clinici possono collaborare tra loro per raccogliere dati sull'effective-ness e sui costi dei trattamenti.La possibilità di costruire un network di ricerca nei servizi clinici richiede uno sforzo organizzativo e ha un costo. Per fare questo sono necessari una struttura centrale in grado di dare supporto formativo, epidemiologico, informatico e di analisi, un sistema strutturato di incentivi scientifici e la restituzione agli operatori “in tempo reale” delle informazioni ricavate dalla ricerca.Questa ricerca ha portato ad una estesa conoscenza sulle caratteristiche sociodemografiche e cliniche (diagnosi e gravità) dei pazienti in trattamento nei servizi di salute mentale: il campione indagato è il più ampio oggi raccolto in Italia. La ricerca è anche stata la prima esperienza nazionale di stima dei costi per 50 strutture, con analisi dei costi standard delle singole prestazioni e del pattern di trattamento annuo e relativi costi.
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4

Ghigi, Nicoletta. "Il Galileo di Husserl ne La Crisi delle scienze europee." Aoristo - International Journal of Phenomenology, Hermeneutics and Metaphysics 4, no. 2 (August 22, 2021): 129–36. http://dx.doi.org/10.48075/aoristo.v4i2.27978.

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Abstract:
Muovendo dall’analisi del pensiero galileiano che Husserl svolge nella celebre conferenza di Praga, edita successivamente con il titolo di La crisi delle scienze europee, in questo lavoro ci si prefigge di mettere il luce come, nonostante i meriti che il padre della fenomenologia riconosca al filosofo scienziato Galileo Galilei, alcuni grandi errori filosofici si sono perpetuati nella storia proprio a seguito della divulgazione e applicazione del suo metodo alle scienze umane. Il concetto di quantificazione, ad esempio, nato dall’idea della matematizzazione della natura, ha condotto la riflessione scientifica della psicologia ad un vicolo cieco e ad una impossibilità reale di poter comprendere a fondo la complessa struttura della natura spirituale dell’essere umano. La riflessione (la “presa di coscienza storica”) sulla perpetuazione di una forma mentis che nasce dall’assunzione di tale metodo, può dunque, secondo Husserl, salvarci dalla profonda crisi in cui a conseguenza di ciò sono scivolate le scienze. Tanto più importante oggi, in un momento storico così articolato e delicato, in cui la psicologia ha assolutamente bisogno di tornare a dialogare con la dottrina dell’anima e con una considerazione della natura non quantificabile dello spirito umano e del mondo-della-vita.
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5

Casati, Elisa, and Silvia Donato. "La relazione tra i familiari e l'équipe di cura della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA): la prospettiva degli operatori." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 2 (August 2020): 25–51. http://dx.doi.org/10.3280/pds2020-002002.

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Abstract:
Obiettivo: la transizione relativa al trasferimento della persona anziana non autosufficiente dal domicilio a una struttura residenziale è complessa e caratterizzata da una vasta gamma di vissuti emozionali ambivalenti per tutti gli attori coinvolti. Obiettivo della ricerca qui presentata è quello di indagare e descrivere la percezione che gli operatori dell'équipe di cura e assistenza della RSA hanno dei vissuti e dei bisogni che accompagnano il familiare nella scelta dell'istituzionalizzazione e all'ingresso in RSA, dei vissuti e dei bisogni di cui gli operatori stessi fanno esperienza nella relazione con i familiari in questa fase del percorso di cura, non-ché delle possibili risposte a tali bisogni secondo il punto di vista dell'operatore. Metodologia: il disegno di ricerca adottato è di tipo qualitativo e si avvale di interviste somministrate a nove operatori facenti parte dell'équipe di cura e assistenza di una RSA del Nord Italia. Risultati: dalle interviste emerge un operatore consapevole sia delle molteplici e ambivalenti emozioni esperite dal familiare durante la transizione, sia delle motivazioni che lo portano a scegliere l'istituzionalizzazione del proprio caro. L'operatore riconosce inoltre l'importanza di spazi di confronto e incontro con i familiari, ma nel contempo riporta come, a livello fattuale, non esi-stano spazi di effettivo e reale coinvolgimento dei caregiver informali. La precisione con cui l'operatore riconosce emozioni e motivazioni del familiare non sempre però corrisponde ad altrettanta consapevolezza per i propri vissuti emotivi e per come essi agiscano nella relazione con il familiare, ad indicare una specifica area di bisogno formativo e di accompagnamento degli operatori in questa complessa relazione.
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6

Fiori, Angelo, and Lea Cinzia Caprioli. "La fecondazione artificiale eterologa: un altro ritorno al matrilineare?" Medicina e Morale 43, no. 2 (April 30, 1994): 213–30. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1019.

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Abstract:
Gli Autori, dopo un breve ricordo storico-antropologico delle primitive società matrilineari, passano in rassegna le principali legislazioni internazionali riguardanti le tecniche di procreazione artificiale, puntando l'attenzione sulle norme circa il riconoscimento di paternità legale al marito o convivente che ha prestato il proprio consenso alla fecondazione artificiale eterologa e circa l'anonimato del donatore di seme. Essi rilevano la contraddizione tra le attuali possibilità della ricerca biologica di paternità che, avvalendosi degli accertamenti genetici basati sull'impiego dei polimorfismi del sangue, consente a chiunque di conoscere il proprio padre biologico, e le norme sull'anonimato che, non consentendo al figlio di conoscere il proprio vero padre, creano notevoli diseguaglianze tra cittadini. La fecondazione artificiale eterologa viene considerata come un altro regresso alla società matrilineare, in cui la struttura protofamiliare era incentrata sulla figura della donna, la quale assumeva un ruolo dominante come strumento di fecondità e il "marito" era "in visita", cosicché padre e figlio erano completamente estranei l'uno all'altro. Viene infine commentata la recente sentenza del Tribunale di Cremona che ha accolto l'istanza di disconoscimento di paternità di un figlio nato a seguito di inseminazione artificiale con sperma eterologo. Il Tribunale, mancando in Italia una legge che regoli la fecondazione artificiale eterologa, ha percorso l'unica strada a disposizione nell'attuale panorama giuridico nazionale, fondando la propria sentenza sugli art t. 231 , 235 c 143 del Codice Civile. L'auspicio è che storie come quelle del piccolo Mattia, oggi "figlio di padre ignoto", inducano tutti a riflettere sui "prodigi" della scienza e del progresso, ma soprattutto non spingano frettolosamente verso leggi che consentano, per la loro permissività, di sconvolgere la reale biologia dell'essere umano.
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7

Saraceno, Benedetto, Corrado Barbui, Alessandra Bedoni, Graziella Civenti, and Lucilla Frattura. "Evaluation of dehospitalization policies of the former psychiatric hospitals of Regione Lombardia. QUALYOP study results. I: Structural resources, organizational procedures and activities." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 5, no. 1 (April 1996): 59–71. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00003948.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo — Lo studio QUALYOP si prefigge tre obiettivi: 1) descrivere la situazione dei 12 ex ospedali psichiatrici lombardi in relazione a caratteristiche strutturali e organizzative e all'andamento di ammisioni/dimissioni e decessi dei pazienti ricoverati; 2) descrivere la qualita di strutture, organizzazione e attivita dei reparti; 3) descrivere le caratteristiche socio-demografiche, cliniche e le potenzialita riabilitative della popolazione ricoverata. I dati presentati in questo articolo si riferiscono ai primi due obiettivi. Disegno - Studio descrittivo-valutativo. Gli ospedali sono stati vistitati nell'arco di sei mesi (luglio-novembre 1994) da un gruppo di ricercatori-rilevatori in una data concordata con i rispettivi direttori. Sono state utilizzate quattro fonti di informazione e documentazione: scheda ospedale, scheda reparto, scheda paziente, documentazione fotografica delle strutture. Setting - I 12 ex-ospedali psichiatrici pubblici della Regione Lombardia in funzione alia data della rilevazione (Bergamo, Brescia, Castiglione delle Stiviere, Codogno, Como, Cremona, Limbiate, Mantova, Milano, Sondrio, Varese, Voghera). Principali misure utilizzate - È stato utilizzato un gruppo di indicatori che forniva informazioni sulle strutture, sull'organizzazione della vita di reparto e sulle attività svolte. I giudizi di qualita sono stato espressi in relazione a criteri espicitati a priori. I reparti sono stati quindi raggruppati in tre tipologie a seconda del livello di adeguatezza delle strutture, dell'organizzazione e delle attività. Risultati - I 12 ospedali psichiatrici pubblici della Lombardia risultano costituiti da 63 reparti che accolgono complessivamente 2752 ricoverati. La situazione risulta estremamente eterogenea nei diversi ospedali che si differenziano per affollamento dei reparti, rapporto operatori-pazienti, decremento negli anni della popolazione ricoverata e numero di nuove ammissioni. La valutazione della qualita strutturale, organizzativa e delle attivita evidenzia che il 70% dei reparti e inadeguato o gravemente inadeguato dal punto di vista strutturale, mentre più del 70% è inadeguato o gravemente inadeguato dal punto di vista organizzativo e delle attività che vi si svolgono. Conclusioni - Lo studio dimostra la fattibilita di valutazioni di programmi di sanita pubblica utilizzando criteri non riferiti a dati di efficacia ma formulati a partire da valori etici, senso comune, eventi non ammissibili, risultati di studi quasi-sperimentali ed esperienza. I dati cosi raccolti permettono di concludere che le politiche di superamento dell'ospedale psichiatrico sono estremamente carenti nella maggior parte dei casi e che la ricoversione esclusivamente strutturale degli immobili, in molti casi assolutamente necessaria, non è tuttavia sufficiente a garantire un reale superamento. Molto più urgente sembra essere la necessita di formare e motivare il personale di assistenza e amministrativo.
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8

Heimgartner, Stephanie. "Existentielle Zwitter." Deutsches Dante-Jahrbuch 93, no. 1 (September 28, 2018): 160–76. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2018-0008.

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Abstract:
RiassuntoNell’Inferno dantesco, chi separa volontariamente il corpo dall’anima con l’atto del suicidio, deve consapevolmente sopportare la disgrazia di uno stato puramente vegetativo, che secondo la classificazione scolastica sarebbe privo di coscienza. Questa metamorfosi ›contro natura‹ modella la struttura del canto XIII dell’Inferno a livello verbale e retorico, ma anche a livello strutturale: su entrambi i livelli, difatti, si creano dinamiche antitetiche. Tormentando i dannati del canto con antichi mostri quali centauri e arpie, Dante esibisce l’ordine specifico del suo mondo immaginario. Da un lato, infatti, troviamo creature ibride mitico-finzionali provenienti dagli auctores Virgilio e Ovidio; creature che nel loro contesto – sia pure infernale – funzionano senza restrizioni; dall’altro abbiamo mostri ›reali‹, creature esistenzialmente ibride che si sono private volontariamente della loro condizione umana e devono perciò sopportare l’eterna separazione del corpo dall’anima.
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Kenda, Jana. "Il modello valenziale." Journal for Foreign Languages 13, no. 1 (December 27, 2021): 519–36. http://dx.doi.org/10.4312/vestnik.13.519-536.

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Abstract:
L’elaborazione della grammatica valenziale, che considera il verbo come l’elemento centrale e generatore della frase, predisposto a combinarsi con un certo numero di elementi per realizzare un’espressione minima di senso compiuto, trova applicazione anche nel contesto dell’insegnamento/apprendimento dell’italiano L2. L’articolo evidenzia i vantaggi glottodidattici del modello che sono rappresentati in primo luogo dall’importanza attribuita all’imprescindibile legame tra semantica e sintassi e alla correlazione tra frase e testo. In relazione a ciò, il discente impara a i) riflettere sugli elementi obbligatori e facoltativi della frase e a considerare i parametri con cui il verbo definisce e modifica la sua struttura argomentativa in funzione del suo significato e ii) trasformare i singoli elementi frasali da elementi nominali in frasi dipendenti. L’esercitazione sull’abilità di passaggio da un elemento nominale a uno frasale nella stessa funzione sintattica costituisce una importante risorsa didattica in quanto abitua l’apprendente a esprimere lo stesso concetto con strutture linguistiche differenti. L’articolo mette in evidenza l’utilità didattica e matetica della descrizione della frase secondo il modello valenziale anche per l’approccio all’analisi del testo in ottica della classificazione della tipologia testuale fondata sul grado di rigidità/elasticità dei testi: l’apprendente impara a misurare lo scarto tra la modalità di uso della lingua a livello di sistema (rappresentato dalla struttura della frase-tipo) e la modalità che appare negli enunciati dei testi reali illustrando lo stretto nesso tra queste due dimensioni della lingua. Il modello valenziale offre anche un valido supporto all’apprendimento sotto forma di rappresentazioni grafiche della frase per mezzo di cerchi radiali, che facilitano sia l’apprendimento dei postulati teorici che la pratica delle attività produttive degli studenti. La flessibilità del metodo lo rende compatibile con diversi livelli di conoscenza dell’italiano, diverse età e background culturali.
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10

Marconi, Mauro, Anna Grazia Quaranta, and Silvana Tartufoli. "Lineamenti dell'evoluzione del settore manifatturiero. Le Marche quale laboratorio." ARGOMENTI, no. 35 (September 2012): 5–30. http://dx.doi.org/10.3280/arg2012-035001.

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Abstract:
L'economia italiana dal 2007 ha subìto una profonda turbolenza recessiva. In un sistema economico popolato da piccole e medie imprese, il più delle volte il dato nazionale nasconde la reale entità delle modifiche strutturali dei settori produttivi e delle realtà territoriali. L'economia marchigiana, caratterizzata da un'alta densità imprenditoriale, è un microcosmo nel quale le modifiche strutturali del comparto manifatturiero possono essere adeguatamente analizzate. Lo strumento di indagine proposto è quello di un campione chiuso di imprese, osservato dal 1994 al 2010. Dalla ricerca emergono alcuni fatti stilizzati quali il processo di concentrazione basato sulle medie imprese, un'alta propensione all'esportazione ed una crescente patrimonializzazione. A questi aspetti si accompagnano una riduzione dell'efficienza operativa, un alto indebitamento a breve termine ed un'inerzia all'espansione dimensionale.
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Dissertations / Theses on the topic "Struttura del reale"

1

Di, Stasi Giuseppina. "La struttura del reale nel De Essentiis di Ermanno di Carinzia." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/888.

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Abstract:
2011 - 2012
Il lavoro di tesi si compone di tre parti: la prima di carattere storico e le altre due dedicate ad una analisi testuale. In esse l'interpretazione e il commento dei passi più significativi dell'opera s'intrecciano a considerazioni storiografiche, filologiche ed ermeneutiche... [a cura dell'autore]
XI n.s.
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2

Di, Giacomo Francesco. "Conoscenza e struttura del reale nel commento alle categorie di Giovanni Buridano." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/890.

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Abstract:
2010 - 2011
Il problema dell’esatta definizione della natura e del valore (ontologico o logico-linguistico) della tavola categoriale aristotelica, fu una delle più interessanti ed importanti cause di sviluppo del pensiero medievale. Da esso, e dal corrispondente problema relativo allo statuto ontologico degli universali e del loro rapporto con gli individui, ebbe storicamente origine l’antitesi tra i due principali indirizzi di pensiero di quel periodo: il realismo ed il nominalismo. Questo schema storiografico, proprio perché più facile da riconoscere delle filosofie che lo hanno ispirato, ha finito per avere una maggiore longevità ed un’influenza pervasiva sullo studio dell’evoluzione storica del pensiero medievale. In tal senso, esso è giunto a trasformarsi in una premessa teorica ineludibile per affrontare lo studio del pensiero dei diversi autori di quel periodo e tentare, in relazione ad essi, una valutazione retroattiva e ragionata dell’efficacia o della sommarietà di questo stesso modulo storico-interpretativo di partenza. Entro tale prospettiva, un caso di rilevante interesse, per il rigore e la modernità degli argomenti trattati, è quello della dottrina categoriale e delle connesse teorie semantiche e gnoseologiche di Giovanni Buridano. Pur essendo conosciuto come una delle figure di spicco del movimento di pensiero nominalista, infatti, Buridano seppe percorrere in maniera originale la strada aperta dal suo illustre predecessore e punto di riferimento teorico Guglielmo di Ockham, che con la sua critica alla metafisica e alla filosofia della natura tradizionali, contribuì in modo decisivo agli sviluppi filosofici che, dalla morente scolastica, porteranno, in seguito, verso l’affermazione della filosofia moderna. Come ben documentato dagli studi di William J. Courtenay ed in particolare dal suo Ockham and Ockhamism, il nominalismo del secolo XIV non può difatti essere ridotto al semplice ockhamismo. In particolare, Buridano, al quale una consolidata tradizione storiografica aveva attribuito un’imprescindibile dipendenza dal pensiero del Venerabilis Inceptor, deve essere considerato come il fautore di un diverso modo di intendere il terminismo logico il cui obiettivo principale era lo sviluppo di una teoria del significato dei termini che permettesse di spiegare il funzionamento del linguaggio a partire dalla riduzione del numero di entità necessarie per farlo. In tal senso, l’opportunità di scardinare un modello interpretativo consolidato nel tempo, come quello della totale dipendenza di Buridano dal suo maestro, è offerta dalla lettura del suo commento alle Categorie di Aristotele, a cui questo lavoro di tesi è principalmente dedicato. Nel tentativo di elaborare un’esegesi coerente del testo aristotelico, infatti, i due autori medievali hanno manifestato i loro differenti approcci all’interpretazione dello statuto ontologico della realtà, modulando in vario modo, all’interno dello stesso indirizzo di pensiero, i medesimi presupposti ontologici e linguistici di partenza. Pertanto, lo scopo immediato del lavoro di tesi proposto sarà quello della lettura e dell’analisi del commento alle Categorie di Buridano, cercando di coglierne sincronicamente gli elementi di novità e distinzione rispetto alla dottrina categoriale di Ockham; mentre invece il fine più generale di esso sarà la collocazione in senso diacronico del pensiero del filosofo piccardo all’interno del panorama filosofico del nominalismo, rispetto al quale offrirà l’occasione di mettere in evidenza l’interna vitalità e la conseguente irriducibilità di esso ad un generico movimento di pensiero. Al di là dello stretto legame con Guglielmo di Ockham - soprattutto per quanto riguarda la costruzione di un’ontologia povera di entità -, ci sono aspetti del pensiero di Buridano, come il modo di intendere le proprietà semantiche dei termini concettuali e le condizioni di verità degli enunciati, su cui le loro posizioni divergono anche in maniera sensibile. I risultati conseguiti da questa ricerca oltre a consentire di dare un senso più preciso all’affermazione della dipendenza di Buridano da Ockham per quanto riguarda l’accettazione dei presupposti teorici a partire dai quali elaborare la teoria dei termini categoriali mostreranno, per mezzo di concrete diversità nella scelta e nella rielaborazione di alcuni classici strumenti semantici come le teorie della supposizione e della predicazione, che il maestro delle arti parigino non sia stato un pensatore poco originale, quanto uno spirito critico che aveva una collocazione precisa nell’ambito della variegata “geografia” filosofica del nominalismo tardo-medievale. Tutto ciò, consentirà infine una valutazione critica degli aspetti più specificamente filosofici delle sue teorie riconducibile al convincimento di natura semantica che non è possibile rinunciare a cercare un fondamento nel reale per le divisioni e catalogazioni del linguaggio, per cui nel mondo extra-mentale vi sono certamente sostanze individuali significate da un particolare punto di vista che coglie un qualche aspetto o modo d’essere accidentale della loro realtà complessiva. Le differenze tra i due maestri, sono riconducibili, come avremo modo di vedere, al convincimento di natura semantica proprio di Buridano che non è possibile rinunciare a cercare un qualche fondamento nel reale per le divisioni e catalogazioni del linguaggio, per cui i diversi punti di vista a partire dai quali denotiamo le sostanze individue connotando qualcosa d’altro, colgono pur sempre un qualche aspetto (o modo d’essere) della loro realtà complessiva, che è poi ciò che vanno a connotare. La tesi, complessivamente strutturata in cinque capitoli, risulta idealmente divisa in due parti: la prima, di carattere più storico, è volta a chiarire i due punti di riferimento dottrinale di Buridano, e cioè il testo e la teoria delle categorie aristotelica e l’intepretazione che ne diede Ockham; la seconda, invece, è dedicata ad uno specifico approfondimento della teoria semantica dei termini e della predicazione di Buridano, vista nel suo contesto gnoseologico, e all’analisi testuale delle Quaestiones in praedicamenta del maestro piccardo. Nello specifico, il primo capitolo propone una breve analisi del trattato aristotelico fatta alla luce delle acquisizioni storiografiche più recenti, ma al fine di chiarire la problematicità e la complessità del testo, visto come aperto alla molteplicità di interpretazioni che nel corso della tarda antichità e nel medioevo ne sono state date. Il secondo capitolo, invece, è dedicato ad una presentazione della dottrina categoriale elaborata da Ockham, inserita nel contesto generale della sua logica dei termini. Nel rifiutare la tendenza dei vari commentatori antichi e medievali a sublimare i significati in referenti che, dal punto di vista categoriale, individuano le cose significate dalle voci e non i nomi ed i concetti attraverso i quali ci riferiamo ad esse, Ockham elabora il primo esempio di un’esegesi esclusivamente logica delle Categorie. L’idea che guida il Venerabilis Inceptor in questa scelta interpretativa consiste, fondamentalmente, nel negare che la nostra conoscenza delle cose debba essere garantita dal valore ontologico degli universali e delle categorie. Per garantire il valore della nostra conoscenza è infatti sufficiente, per Ockham, riuscire a spiegare come il linguaggio possa vertere sul reale senza per questo rispecchiarne analiticamente elementi e strutture. Particolare attenzione è stata perciò riservata alle opere principali di Ockham su questo argomento, come la prima e la seconda parte della Summa logicae e la Expositio in librum Praedicamentorum. La seconda (ideale) sezione, la più cospicua, concerne lo sviluppo della dottrina categoriale di Buridano, incentrata in modo particolare sul ruolo della semantica dei concetti per una corretta classificazione dei termini. Buridano, come Ockham, sostiene una forma di nominalismo nella quale l’esigenza di considerare il linguaggio nei suoi rapporti con il pensiero e con le cose deve essere coniugata ad una ferma presa di distanza dal realismo rigidamente corrispondentista difeso da diversi filosofi del XIII secolo, come ad esempio Duns Scoto. Anche il maestro parigino, infatti, parla delle categorie come di classi particolari di termini (più esattamente, per le categorie degli accidenti, di termini connotativi), distinte le une dalle altre per la loro differente capacità semantica. Nel suo commento alle Categorie, però, Buridano ripropone, staccandosi da Ockham, la cosiddetta “via boeziana” ossia l’idea che i segni linguistici significhino anzitutto i concetti e solo secondariamente le cose. Nella tesi si mostrerà pertanto come Buridano, fedele al pensiero di Boezio, optò per questa via e derivò da questa scelta un’originale interpretazione delle Categorie di Aristotele nell’ambito della corrente nominalista alla quale storicamente appartenne. Difatti, dalla scelta di attenersi alla tradizione classica e di far corrispondere ai nomi i concetti (e poi le cose), derivano due dei temi cardine su cui il maestro piccardo fonda la sua interpretazione della tavola categoriale: 1) quello del numero dei suoi settori (sufficientia praedicamentorum); 2) e quello della sua portata ontologica. Rispetto al primo punto, per Buridano, le categorie corrispondono al numero di tipi di concetti comuni con i quali apprendiamo tutto ciò che può essere predicato, direttamente o indirettamente, delle sostanze prime. Per il filosofo francese, dunque, le categorie non servono a classificare né le cose né i nomi, ma le diverse modalità (o punti di vista) attraverso le quali apprendiamo e poi significhiamo le realtà sostanziali. E’ solo in funzione del nostro modo di rivolgerci intenzionalmente alle sostanze particolari, infatti, che i termini possono essere classificati come connotativi o non connotativi, a seconda che servano a significare ciò che accade d’essere alle sostanze o a denotare la loro costitutiva assolutezza ontologica. In questo riferimento ad aspetti (seppure contingenti) della realtà delle sostanze individue, consiste la maggiore apertura di Buridano (rispetto ad Ockham) nei confronti del realismo: la diversità delle categorie non dipende, per lui, soltanto dalla diversità dei modi di concepire le sostanze particolari, poiché il nostro processo gnoseologico coglie pur sempre una effettiva complessità di aspetti, secondari ma reali, delle cose esistenti. Per meglio chiarire il duplice aspetto di intellezione e significazione della realtà sostanziale da parte delle categorie, il capitolo finale, dedicato all’esame delle Quaestiones in praedicamenta, è stato fatto precedere da un capitolo dedicato alla semantica dei termini e da uno dedicato alla teoria della conoscenza, nel quale vengono analizzate alcune tra le questioni principali dei vari commenti al De anima di Buridano. Seguendo la strada già indicata da Boezio il quale riteneva che l’intentio delle Categorie fosse quella di parlare delle voci significative in quanto tali, e quindi indirettamente anche di ciò che i termini significano, Buridano oltre a riaffermare l’esistenza di una relazione molto stretta tra termini (vocali o scritti) e concetti a cui essi rinviano, ha premura di mettere l’accento sulle diverse forme di corrispondenza dei concetti alla realtà esterna (res extra). Per il maestro del Collège de Navarre, il discorso categoriale non deve concentrarsi solo sui segni considerati di per se stessi, ignorando la realtà che ad essi corrisponde, ma conservando al reale il luogo di referente di ogni atto di intellezione e di significazione, mettere in evidenza la natura semantica dei segni linguistici di cui la conoscenza si serve per render conto ed interpretare i modi d’essere delle cose a cui essa è rivolta (e da ciò mi sembra derivi la concezione estensionale distributiva degli universali in rapporto ai particolari). A completare il lavoro, nelle conclusioni finali, viene data una valutazione complessiva della dottrina categoriale di Buridano, vista nel suo rapporto di analogia e originalità con quella di Ockham. [a cura dell'autore]
X n.s.
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DESOGUS, MICHELE. "Indagini strutturali e quantitative durante lo sviluppo del rene mediante l’utilizzo di elaborazione immagini." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266774.

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Abstract:
The attention of the scientific community about human intrauterine life is constantly growing. A very relevant aspect is the development of the kidney. Nephron number at birth has a relevant clinical importance with implications for long-term renal health. In recent years, the podocyte depletion hypothesis has emerged as an important concept in kidney pathology. Moreover, a variety of renal and urological abnormalities have been reported in subjects with chromosomal aberrations, such as Down syndrome and Beta Thalassemia. This study was aimed at verifying how human kidney structures, in particular glomerular shape and podocyte number, change during intrauterine life. Moreover, we evaluated if glomerular and tubular changes observed previously in adult subjects with Down syndrome and Beta Thalassemia might be related to changes in renal development in the early phases of embryogenesis. With these aims, fetal kidney sections were stained with H&E and digitally scanned; dimensional and quantitative analyses were performed using an algorithm developed in Matlab (Mathworks©). We first examined sixty-two normal subjects with gestational age ranging from 20 up to 41 weeks; subjects were subdivided into: fetuses (gestational age ≤ 24 weeks, n=5), preterms (gestational age ≥25 and ≤ 36 weeks, n=39), and at term (gestational age ≥ 37 weeks, n=18) infants. we found an average podocyte number of 1908 ± 645, 1394 ± 498 and 1126 ± 256 was respectively observed in fetuses, preterms and at term infants. A significant main effect (P=0.0051) of gestational age on podocyte number was observed with a significantly lower number in at term infants than in fetuses (P<0.001). An intra-group variability was also observed. To evaluate renal differences between Down syndrome fetuses and normal fetuses twenty-five subjects were examined. Subjects were subdivided into two groups: fetuses with Down syndrome (DS-fetuses, n=11) with a gestational age ranging from 13 up to 21 weeks, and healthy fetuses (N-fetuses, n=14) with a gestational age ranging from 9 up to 22 weeks. DS-fetuses showed slightly larger glomeruli as compared to N-fetuses. Moreover, glomeruli in DS-fetuses group were characterized by an enlarged Bowman’s space as compared to glomeruli in N-fetuses (p=0.0028 ). Differences in the nephrogenic zone width were also observed; DS-fetuses showed a greater width of this zone as compared with N-fetuses. Finally, with the end of evaluate differences in Beta Thalassemia, four beta-thalassemic fetuses and four normal fetuses at 13-15 weeks of gestational age were examined. The presence of enlarged glomeruli in the deep cortex, with the enlargement of the urinary space, has been observed in beta-thalassemic fetuses. Moreover, the presence of podocytes in urinary space, and of clusters of mesangial cells at the periphery of the glomerulus, was observed. An average podocyte number of 2494 ± 317 and 1546 ± 372 was observed in normal fetuses and beta-thalassemic fetuses (P=0.0082) respectively. In conclusion, a decreasing trend in podocyte number during gestation in normal condition was observed; this decreasing trend of podocyte number suggests that podocytes might undergo a programmed cell death (apoptosis) or alternatively transdifferentiation during the glomerular growth; the high cell number in the first step of kidney development being correlated to the presence of both podocytes and podocyte precursors. In fetuses with Down Syndrome relevant morphological differences, such as glomerular abnormalities and expanded nephrogenic zone, have been found. Moreover, in fetuses with Beta Thalassemia relevant differences in architecture, in particular a deficiency in podocyte number, have been observed. These harmful changes in the glomerular structure may result in a nephron deficit, which may be associated with development of renal diseases and hypertension later in life. We hypothesize that the observed morphological anomalies could have significant implications for both the short- and long-term renal health of subjects with Down Syndrome and with Beta Thalassemia.
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LANFRANCHI, CARLO. ""L'ORDINE DELLE PASSIVITA' NELLE SOCIETA' DI CAPITALI. PROPORZIONALITA' E ALTERAZIONE"." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35777.

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Abstract:
La tesi si propone di rintracciare all’interno dell’ordinamento italiano una regola giuridica, quanto più generale possibile, suscettibile di applicazione al maggior numero di ipotesi in cui un atto giuridico determina l’alterazione di un ordine dato di priorità applicabile a pretese di azionisti e creditori di una società di capitali. Si rileva, infatti, che il diritto vivente delle garanzie reali possa spesso trovarsi in contrasto con un fondamentale principio di diritto dei contratti: quello di relatività dei loro effetti. Vengono, quindi, isolate, due classi di garanzie reali che, al contrario, risultano essere compatibili con il principio richiamato. Una più ampia regola viene, di seguito, proposta, basata sulla stessa logica che fonda l’istituto dei vantaggi compensativi, funzionale a regolare i fenomeni di alterazione di un ordine di priorità, a prescindere dalla natura della pretesa coinvolta. Essenzialmente, quest’ultima regola costituisce la trasposizione nel linguaggio e nel sistema giuridico del criterio di efficienza di Kaldor-Hicks. Dal lato dei diritti patrimoniali e nel prisma dei problemi “ordinali”, vengono individuate decisive somiglianze tra le pretese a titolo di debito e quelle a titolo di capitale di rischio, cosicché viene proposta l’applicazione di istituti classici del diritto azionario (ad es., il diritto di recesso) alla materia dei rapporti di credito. Definito l’ambito di applicazione dei diritti reali di garanzia e riconosciuta la maggior efficienza di strutture del passivo costruite prevalentemente sullo schema della subordinazione invece che su quello della preferenza, si propone di attuare un netto passaggio di sistema dal secondo schema al primo. Lo studio si conclude misurando i risultati ottenuti sugli analoghi fenomeni che si verificano nell’ambito della disciplina del sistema finanziario.
This thesis aims at finding in the Italian legal system a general rule able to provide a guidance for the modification of the order of priority of claims against limited liability corporations. It is argued that the applicable legal approach to security interests could often be in contrast with a basic principle of contract law: relativity. Therefore, firstly, two classes of security interests that proved to be coherent with the aforementioned principle are described. Secondly, a wider rule based on a logic of compensation is put forward and tested on some particular cases. Basically, this rule is a transposition into legal terms of the well-known Kaldor-Hicks criterion. On the economic rights side, similarities are founded between credit claims and equity claims about order issues, so that the compensation rule is thought as applicable, almost equivalently, to both types of claims. Application to a certain class of creditors of “organizational rules” (for example, right of withdrawal) typically provided by law for shareholders is also suggested. Defined the scope of application of security interests and considered the efficiency gains that are achievable by subordination structures instead of priority ones, it is proposed to pursue the same goal of modifying a given order of priority, through subordination agreements. Finally, these results are discussed taking into account some financial law topics.
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LANFRANCHI, CARLO. ""L'ORDINE DELLE PASSIVITA' NELLE SOCIETA' DI CAPITALI. PROPORZIONALITA' E ALTERAZIONE"." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35777.

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La tesi si propone di rintracciare all’interno dell’ordinamento italiano una regola giuridica, quanto più generale possibile, suscettibile di applicazione al maggior numero di ipotesi in cui un atto giuridico determina l’alterazione di un ordine dato di priorità applicabile a pretese di azionisti e creditori di una società di capitali. Si rileva, infatti, che il diritto vivente delle garanzie reali possa spesso trovarsi in contrasto con un fondamentale principio di diritto dei contratti: quello di relatività dei loro effetti. Vengono, quindi, isolate, due classi di garanzie reali che, al contrario, risultano essere compatibili con il principio richiamato. Una più ampia regola viene, di seguito, proposta, basata sulla stessa logica che fonda l’istituto dei vantaggi compensativi, funzionale a regolare i fenomeni di alterazione di un ordine di priorità, a prescindere dalla natura della pretesa coinvolta. Essenzialmente, quest’ultima regola costituisce la trasposizione nel linguaggio e nel sistema giuridico del criterio di efficienza di Kaldor-Hicks. Dal lato dei diritti patrimoniali e nel prisma dei problemi “ordinali”, vengono individuate decisive somiglianze tra le pretese a titolo di debito e quelle a titolo di capitale di rischio, cosicché viene proposta l’applicazione di istituti classici del diritto azionario (ad es., il diritto di recesso) alla materia dei rapporti di credito. Definito l’ambito di applicazione dei diritti reali di garanzia e riconosciuta la maggior efficienza di strutture del passivo costruite prevalentemente sullo schema della subordinazione invece che su quello della preferenza, si propone di attuare un netto passaggio di sistema dal secondo schema al primo. Lo studio si conclude misurando i risultati ottenuti sugli analoghi fenomeni che si verificano nell’ambito della disciplina del sistema finanziario.
This thesis aims at finding in the Italian legal system a general rule able to provide a guidance for the modification of the order of priority of claims against limited liability corporations. It is argued that the applicable legal approach to security interests could often be in contrast with a basic principle of contract law: relativity. Therefore, firstly, two classes of security interests that proved to be coherent with the aforementioned principle are described. Secondly, a wider rule based on a logic of compensation is put forward and tested on some particular cases. Basically, this rule is a transposition into legal terms of the well-known Kaldor-Hicks criterion. On the economic rights side, similarities are founded between credit claims and equity claims about order issues, so that the compensation rule is thought as applicable, almost equivalently, to both types of claims. Application to a certain class of creditors of “organizational rules” (for example, right of withdrawal) typically provided by law for shareholders is also suggested. Defined the scope of application of security interests and considered the efficiency gains that are achievable by subordination structures instead of priority ones, it is proposed to pursue the same goal of modifying a given order of priority, through subordination agreements. Finally, these results are discussed taking into account some financial law topics.
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RENGHINI, Cristina. "Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea: il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Abstract:
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Abstract:
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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BELLETTI, Eleonora. "SUSTAINABLE TOURISM AND VALUE CO-CRATION: CHALLENGES AND OPPORTUNITIES FOR RURAL AREAS." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251118.

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Abstract:
La co-creazione di valore in ottica di sviluppo turistico di una destinazione è oggi un hot topic della ricerca scientifica sul destination management. L’obiettivo del presente lavoro è, da un lato, quello di fornire a studiosi ed operatori di settore alcuni spunti critici di riflessione sulle relazioni, le interazioni tra stakeholder e la gestione delle risorse del territorio in un’ottica di sviluppo turistico; dall’altro lato è quello di mostrare il ruolo, in tale contesto, che la nascita di modelli innovativi di agribusiness basati su un approccio culturale e sul supporto delle nuove tecnologie possono giocare, in particolare nelle aree rurali delle Marche. Al fine di comprendere le dinamiche, le idee e le spinte motivazionali dei soggetti coinvolti nel processo di ricerca, si è scelto di optare per un approccio qualitativo, nel quale i metodi privilegiati sono stati il case study e l’etnografia. Sono stati quindi analizzati dialoghi, interazioni, materiale informativo di vario genere, documenti ufficiali, field notes ed interviste semi-strutturate con soggetti chiave. La ricerca mette in evidenza come un cambio di paradigma culturale sia necessario per apportare reale innovazione e sviluppo sul territorio, sia in termini di relazioni ed interazioni tra stakeholder, sia in termini di gestione delle risorse. Questo cambiamento può favorire inoltre l’affermazione di modelli di agribusiness innovativi, che in parte stanno già iniziando a diffondersi, che rispondono a nuovi principi economici ed istanze sociali e culturali diverse rispetto al passato. Una successiva ricerca quantitativa potrebbe essere utile per una generalizzazione delle evidenze emerse dal presente lavoro e misurare l’effettiva ampiezza e diffusione dei vari argomenti qui descritti e discussi. La presente indagine contribuisce in particolare a sottolineare il valore di un approccio culturale e creativo anche in ambiti apparentemente distanti e guidati da logiche diverse.
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Books on the topic "Struttura del reale"

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Pagano, Domenico. La struttura uno-trinitaria nella dialettica del reale: La causalità. Settimo Milanese: Marzorati, 1991.

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Conti, Alessandro D. Esistenza e verità: Forme e strutture del reale in Paolo Veneto e nel pensiero filosofico del tardo Medioevo. Roma: Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1996.

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3

Conti, Alessandro D. Esistenza e verità: Forme e strutture del reale in Paolo Veneto e nel pensiero filosofico del tardo Medioevo. Roma: nella sede dell'Istituto Palazzo Borromini, 1996.

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Dolfi, Anna, ed. Non dimenticarsi di Proust. Florence: Firenze University Press, 2014. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-610-7.

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Abstract:
Da una parte le côté de Guermantes e dall’altra quello di chez Swann… Pochi luoghi come Illiers-Combray offrono la misura tangibile di un mito che ha coinvolto non solo lettori e scrittori,ma quanti hanno riflettuto sul senso e le strutture della narrativa moderna. Già che non sarebbero pensabili la grande critica del Novecento e le più innovative riflessioni sul metodo senza la Recherche . Vi si sono misurati, con saggi e/o libri memorabili,Auerbach, Curtius, Spitzer, Poulet, Jauss, Deleuze, Richard, Genette, Barthes…, e da noi Solmi, Debenedetti, Contini,Macchia, mentre si sono cimentati nella traduzione Caproni, Fortini, la Ginzsburg, Raboni... Insomma, la seduzione di un’opera dalla fittissima intertestualità e varietà di registri risiede ancora, non solo nella capacità di parlare della storia e cultura dell’Occidente, offrendo il grandioso affresco di un universo in declino, ma nella possibilità di inserirsi su molti livelli (compreso quello della meta-letteratura, della saggistica) quale punto obbligato di passaggio. Contribuendo a creare un mondo parallelo rispetto a quello reale, che si trova ormai popolato dei suoi doppi: città, cattedrali, sentimenti, emozioni, parole intermittences … Dal campo della finzione a quello, indotto, della narratologia, nessun dubbio che Proust ci abbia cambiato la vita, la percezione del mondo, e il modo di guardare gli oggetti, e di leggere i libri e le cose. La raccolta che qui si propone, progettata e curata da Anna Dolfi, ne dà un’ampia e suggestiva testimonianza, offrendosi ormai come un imprescindibile oggetto di studio sulle tracce dell’imprendibile, indimenticabile Marcel.
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Book chapters on the topic "Struttura del reale"

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Mantelli, Alessandro. "4 Progettare un e-learning per il giapponese. Il case study JaLea." In E-learning sostenibile per la didattica del giapponese Progettare per l’apprendimento autonomo. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2021. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-554-4/004.

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4.1. Perché è importante l’experience design per l’e-learning? – 4.2 Perché è importante il Web 2.0 per l’e-learning? – 4.3 Strategie di embodiment in un prodotto e-learning. La learner experience. – 4.3.1 Il tempo nella relazione utente - artefatto digitale. – 4.3.2 Minimizzare i tempi di attesa. Tempo reale, percezione e tolleranza. – 4.3.3. Design collaborativo sostenibile: minimizzare i tempi di gestione e di inserimento contenuti. – 4.3.4 Sostenibilità e manutenibilità del software. Embodiment nel lungo periodo. – 4.3.5 Affordance e signifier nella pratica del Web design. – 4.3.6 Utenti e interfacce. – 4.4 Da BunpoHyDict a JaLea. – 4.5 JaLea, Your Japanese Learning System! – 4.5.1 JaLea: frontend e struttura. – 4.5.2 JaLea: proposte di utilizzo. – 4.5.3 JaLea: backend. – 4.6 JaLea: modalità di apprendimento attivo tramite esercizi. – 4.6.1 Motivazioni per la progettazione di un prototipo per l’apprendimento dei kanji. – 4.6.2 Realizzazione del prototipo.
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Conference papers on the topic "Struttura del reale"

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Burgio, Gianluca, and Giovanna Acampa. "Paradigmi relazionali nello spazio urbano: il caso-studio del centro storico di Palermo." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8031.

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Abstract:
In questo scritto analizzeremo le modalità attraverso le quali vengono sovvertite, con piccole azioni dei cittadini, le regole che disciplinano gli spazi urbani. Partendo dal caso studio del centro storico di Palermo illustreremo come la “conquista” anche temporanea, di strade e piazze possa permettere una rivitalizzazione ed una rivalutazione dei luoghi. Il nostro interesse è rivolto a comprendere come si siano sviluppati processi di ri-conquista dello spazio urbano, che hanno permesso di “addomesticare” alcuni spazi della città, modificando usi e configurazioni comuni, che estrapolati dal contesto abituale sono stati inseriti in nuove relazioni. La scelta di prendere Palermo come caso studio deriva da alcune caratteristiche di questa città: la prima caratteristica può essere individuata nelle sue radici storico-culturali che in qualche modo favoriscono l’insediamento di nuove comunità; l’altra caratteristica è che le forme di scambio con abitanti di diverse culture avvengono, non in periferia, ma in centro. Questo rende la città siciliana un caso non unico ma atipico nel panorama europeo, dove si tende ad avere una spinta centrifuga e quindi una emarginazione delle popolazioni non locali e dei ceti meno abbienti. Da questo punto di vista il centro di Palermo può essere considerato come una sorta di spugna, che riesce non solo ad assorbire nuove comunità ma anche ad attrarre esponenti del ceto sociale medio. A differenza di altre città europee, dove si sono innescati processi di gentrification grazie agli interventi strutturali promossi dalla pubblica amministrazione, a Palermo il processo di riqualificazione è dovuto a piccole azioni promosse dai residenti. L’inversione della tendenza degenerativa che era in atto e l’inversione dell’andamento dei valori immobiliari non è dovuta quindi ad una politica integrata, quanto alla libera iniziativa delle fasce sociali più deboli. In this script we’ll describe the everyday,little actions of the citizens that break the rules of the urban areas’ organization. Starting from the Old Town of Palermo, that we used as the example in our analysis, we’ll show how the “conquest”, even just temporary, of streets and squares could achieve a revitalization and a revaluation of quarters. Our focus is on understanding how revitalization/ re-conquest of urban areas has taken place. By altering people preconcieved ideas of areas of the city, this process achived the “domestication” of some areas that, out of their usual context, are inserted in new relations. Our choice to take Palermo as example derives from some typical characteristics of this city: the first one is due to its historical-cultural origins which, in some way, favor the settlement of new comunities; the second is that the way of live among population of different cultures develops in the centre of the city, not in the suburbs. These features make Palermo not unique, but atipical compared to the rest of Europe where immigrants and lower-class people, are generally forced to the external areas of towns. From this point of view we can imagine Palermo’s Old town as a sponge which is able not just to absorb new comunities, but also to attract people from the middle classes. In European cities gentrification processes are started thanks to projects realized by the Public Administrations, On the contrary in Palermo this process generates from actions of the inhabitants themselves. The change of degenerative trend and the increasing value in the Real Estate Market is therefore not caused by a political action, but thanks to the initiative of the lower class.
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