Journal articles on the topic 'Storie di seconda mano'

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Iacobone, Damiano. "Storie delle città giardino." TERRITORIO, no. 95 (May 2021): 19–29. http://dx.doi.org/10.3280/tr2020-095003.

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Abstract:
Il saggio ripercorre la lunga vicenda delle città-giardino, a partire da una sintesi delle principali caratteristiche teoriche e progettuali che costituiscono la genesi di questo fenomeno urbano: i saggi di Ebenezer Howard e le realizzazioni di Letchworth, Welwyn, ma anche Hampstead e Brentham. La repentina diffusione di questa idea di urbanizzazione ha il suo impatto anche in altre nazioni, dove alcuni tra i più importanti architetti del periodo si confrontano con il tema della città giardino: Le Corbusier, Berlage, Taut, Tessenow, anche se successivamente seguiranno indirizzi progettuali differenti. Nella terza parte si ripercorre l'impatto in Italia di queste proposte, con una prima associazione alle case popolari sino a esiti ben differenti nella seconda metà del Novecento.
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Nicassio, Renato. "Odio di forma e di sostanza: la villainization della rete in The Circle di Dave Eggers e No One Is Talking About This di Patricia Lockwood." ENTHYMEMA, no. 30 (January 2, 2023): 89–104. http://dx.doi.org/10.54103/2037-2426/19552.

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Abstract:
Il presente articolo si propone di analizzare la caratterizzazione essenzialmente negativa che la rete subisce nella letteratura contemporanea. Nella prima parte si discute la tendenza a ignorare Internet e i suoi effetti sulla società. Nella seconda parte ci si concentra su due romanzi, The Circle e No One Is Talking About This, che invece mettono Internet al centro delle propri storie, per criticarlo.
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Farinelli, Patrizia. ""[...] in un giardino d'armida : Il racconto d'autunno di Landolfi. Esempio di metamorfosi novecentesca del fantastico." Acta Neophilologica 42, no. 1-2 (December 30, 2009): 153–61. http://dx.doi.org/10.4312/an.42.1-2.153-161.

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Abstract:
Tommaso Landolfi (1908-1979) e uno dei narratori italiani novecenteschi piu coscienti dei limiti del linguaggio; la sua poetica poggia, infatti, sul postulato che ogni narrare commette un tradimento nei confronti del suo referente per la natura stessa della parola, che muta l'oggetto del dire, mentre lo dice, e non c'e scritto in cui egli non ritomi su questo punto. II suo opus, le cui prime prove risalgono alla seconda meta degli anni Trenta, e rappresentato soprattutto da racconti brevi, costruiti intomo a storie d'impianto non verosimile, e da opere di genere diaristico o piuttosto pseudo­ diaristico, considerato che il discorso autobiografico vi risulta sempre intersecato da elementi di finzione.
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Marcocci, Giuseppe. "Tra cristianesimo e Islam: le vite parallele degli schiavi abissini in India (secolo XVI)." SOCIETÀ E STORIA, no. 138 (November 2012): 807–22. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-138007.

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Abstract:
L'articolo prende in esame le storie connesse di due schiavi abissini vissuti nelle regioni dell'India nord-occidentale a cavallo fra il tardo Cinquecento e il primo Seicento. Esso intende riflettere sulle diverse opportunitÀ che si offrivano ai membri di questo specifico gruppo sociale dalla religiositÀ incerta, a seconda che si trovassero a vivere sotto un potere musulmano, o sotto un potere cristiano, con particolare riguardo per l'impero portoghese, dove contro i convertiti era attiva l'Inquisizione. Lo studio ravvicinato di due vite parallele permette di approfondire relazioni e conoscenze che si trovavano alla base degli spostamenti e dei destini degli schiavi abissini.
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Genovesi, Ilaria, Carlotta Di Giusto, and Francesca Lemmi. "C'era una volta un re che ballava sulle punte.." IPNOSI, no. 1 (July 2021): 55–63. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2021-001004.

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Abstract:
In un periodo storico-sociale, come quello caratterizzato dal COVID-19, un gruppo di bambini della classe seconda elementare s'incontra, ogni mattina, in vi-deoconferenza Skype, con un ipnoterapeuta che gioca con loro, li ascolta, raccon-ta fiabe e insieme co-costruiscono tante storie possibili, immaginate e disegnate, che stimolano sentimenti di speranza e resilienza. E come scriveva Erickson «la capa-cita` d'immaginazione eidetica del bambino (...) e le occasioni che gli vengono of-ferte dai giochi di finzione e di imitazione, tutte queste cose lo mettono in grado di rispondere in maniera competente e soddisfacente alle suggestioni ipnotiche» (Erickson, 1984, p. 214; Fasciana, 2009, p. 19).
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Lorusso, Silvia. "Marika Piva, Memorie di seconda mano. La citazione nei “Mémoires d’outre-tombe” di Chateaubriand." Studi Francesi, no. 160 (LIV | I) (April 1, 2010): 163–64. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.7275.

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Cecalupo, Chiara. "Per una storia del museo sacro cristiano: confronti diacronici dall’antichità ad oggi." Humanitas, no. 77 (June 28, 2021): 169–89. http://dx.doi.org/10.14195/2183-1718_77_8.

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Abstract:
L'articolo si propone di descrivere alcuni importanti casi di musei sacri cristiani dalla tarda antichità all'età contemporanea, al fine di tracciare la storia di questa istituzione e individuare i concetti chiave che ne stanno alla base. Il confronto diacronico parte dalla donazione di libri e oggetti liturgici da parte di Sant'Agostino alla sua chiesa episcopale (fine del IV secolo), per poi passare al Medioevo - quando l'idea di musei sacri cristiani è pienamente sviluppata - e concentrarsi sul Tesoro di San Denis, istituito dall'abate Suger nel XII secolo. Nella seconda parte del saggio sono esposte le storie relative alle collezioni di oggetti cristiani nei Musei Vaticani e i concetti che li hanno ispirati nel XVIII secolo. Si passa poi alla presentazione finale con l'analisi delle attuali linee guida dei musei sacri cristiani, visti come il prodotto finale del millenario patrimonio della museologia cristiana.
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Russo, Eugenio. "La scultura della seconda metà del IV secolo d.C." Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia 30 (February 20, 2019): 249–308. http://dx.doi.org/10.5617/acta.6874.

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Abstract:
Si parte dalla scultura di Costantinopoli, che assume una propria identità non con Teodosio I come si pensa comunemente, ma con il nipote Teodosio II: la scultura di carattere mitologico, grazie alla statuetta di Cristo del Museo Nazionale Romano e alla statua di Valentiniano II, da Afrodisia, può essere attribuita, unitamente alla produzione “cristiana”, a maestranze afrodisiensi attive nella capitale. Maestranze di Afrodisia che contemporaneamente hanno lavorato a Roma: non solo per soggetti pagani, ma pure per a statuetta diCristo e per sarcofagi cristiani (come quello di Giunio Basso), tra cui spicca - come l’esemplare di più alta qualità - il sarcofago del beato Egidio in S. Bernardino a Perugia. Maestranze afrodisiensi sicuramente attive anche a Mantova per il sarcofago della cattedrale: dove tuttavia, come per i varii esemplari di Roma , vi è la compresenza di maestranze romane, italicheforse. Pure in Renania notiamo l’attività degli artefici di Afrodisia; mentre a Ravenna siamo davanti a sarcofagi importati direttamente da Costantinopoli, nella cui esecuzione si vede evidente la mano di maestranze afrodisiensi di vario livello. Per Efeso, ho rinvenuto nella città alta un capitello di pilastro di età antonina, ch’è stato in parte rilavorato in modo mimetico forse all’inizio del V secolo: è l’unico elemento nuovo tra le opere di artefici effemini finora apparso per questo periodo nella città , accanto ai capitelli della prima basilica di S. Giovanni, della”Stigengasse” e dell’edificio a ovest del Prytaneion.
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Bertini, Ferruccio. "Il corpo della volpe e del lupo nelle miniature del codice Leidense di Ademaro di Chabannes." Reinardus / Yearbook of the International Reynard Society 25 (December 31, 2013): 28–35. http://dx.doi.org/10.1075/rein.25.03ber.

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Abstract:
Il monaco Ademaro di Chabannes, vissuto, tra la fine del X e la prima metà dell’XI secolo tra il monastero di Saint-Cybard ad Angoulême e quello di Saint-Martial a Limoges, è autore delle 67 favole esopiche di origine prevalentemente fedriana contenute nei ff. 195-203v del ms. Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. 8° 15 (sec. XI). Di mano dello stesso Ademaro sono anche le illustrazioni che su questo codice accompagnano il testo dei singoli apologhi, intersecandosi disordinatamente a esso. L’A. si concentra in particolare sulle raffigurazioni delle favole 28 e 40, che hanno entrambe come protagonisti un lupo e una volpe. Particolarmente interessante è soprattutto la seconda, che, con una tecnica fumettistica ante litteram, fonde insieme tre distinti momenti del racconto.
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Milandri, Flavio. "Paesaggio e orizzonti: San Marino, uno sguardo inatteso. Introduzione." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 3 (September 2011): 11–14. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-003002.

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Abstract:
L'ipermodernitŕ avanza col suo carico di flussi e luoghi, storie e Storia, pericoli e opportunitŕ. Il tessuto sociale in dialogo con queste dimensioni sta ripensando nei fatti l'idea stessa di confine e presto dovrŕ mettere mano anche all'idea di comunitŕ da tempo dissolta ed evoluta. In questo numero monografico della rivista affronteremo daunache ai piů parrŕ inattesa. La rappresentazione proposta attraverso sei saggi č quella del paesaggio di San Marino coniugata al futuro attraverso lo sguardo di esperti o ricercatori che, attraversando liberamente sia le frontiere tra saperi e specialismi sia i confini fisici e mentali, porta una visione insolita che č di impegno, studio, ricerca ma che dialoga con la complessitŕ e le parti sociali. In queste pagine si coglie l'invito a guardare di nuovo il cielo, con il luccichio dell'intelligenza, della passione, della conoscenza e con alcune proposte per una nuova saggezza, in una nuova era.
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Bender, Agnieszka. "Bona Sforza d’Aragona i rola mody w kształtowaniu jej wizerunku." Fabrica Litterarum Polono-Italica, no. 2 (June 30, 2020): 33–52. http://dx.doi.org/10.31261/flpi.2020.02.03.

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Abstract:
L’obiettivo principale dell’articolo è esaminare come il gusto e la sensibilità per la moda di Bona Sforza siano stati influenzati da sua madre, Isabella d’Aragona e dall’ambiente italiano, prima del suo arrivo in Polonia. Nella prima parte l’autrice cerca di ottenere una risposta alla domanda su come la moda rinascimentale aveva influenzato l’aspetto e il modo di vestire di Bona. Per dimostrare le sue tesi, l’autrice propone una propria versione della traduzione dei testi, che gettano nuova luce sull’argomento. In particolar modo degna di nota è la descrizione del matrimonio di Giuliano Passero, Giuliano Passero cittadino napoletano o sia prima pubblicazione in istampa, delle Storie in forma di Giornali (Napoli, 1785). La nuova traduzione presenta delle differenze rispetto alla versione di Władysław Pociecha, pubblicata negli anni Cinquanta. Nella seconda parte dell’articolo è stato analizzato l’abito cerimoniale e i gioielli indossati dalla giovane Bona nel suo unico ritratto, realizzato probabilmente in Italia all’incirca nel 1518. La xilografia, inclusa in De Sigismundi regis temporibus liber III di Jost Ludwik Decjusz nel 1521, non rendeva riconoscibile precisamente le caratteristiche del viso e i dettagli dell’abbigliamento della giovane regina.
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Tebbini, Nadia. "Le storie degli animali nel Corano di Ahmad Bahgat: Quando gli animali prendono la parola." Altre Modernità, no. 26 (November 29, 2021): 127–44. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16801.

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Abstract:
Nella letteratura di ispirazione islamica, i racconti delle vite dei profeti hanno sempre messo in rilievo il contributo degli animali, seppur relegato a una posizione secondaria e ausiliare a quella dell’uomo. A ciò fa eccezione la raccolta Qiṣaṣ al ḥayawān fil Qur’ān (Le storie degli animali nel Corano) dello scrittore e giornalista egiziano Ahmad Bahgat. Nei suoi 16 racconti, ispirati agli episodi coranici che hanno visto animali al centro di miracoli e prodigi, i protagonisti sono gli animali che raccontano come in un diario, in prima persona e dal loro punto di vista, la vicenda riportata nel Corano. Per la prima volta si fa luce sulle loro esistenze, senza che queste vengano eclissate da quelle degli esseri umani con cui sono stati in contatto. È quindi interessante analizzare la rappresentazione degli animali nell’opera e coglierne l’originalità. La prima parte sarà dedicata alle fonti dell’opera e alle implicazioni che queste hanno sul tessuto narrativo. La seconda parte sarà invece focalizzata sulla scelta dell’animale come mezzo per aggirare il tabù islamico (religione iconoclasta) della rappresentazione dei Profeti, operando una sovrapposizione (parziale o totale, nel corpo e nello spirito) tra il profeta e l’animale. La terza parte tratterà dell’animale/virtù in quanto doppio invertito dell’uomo/vizio e sul conseguente smantellamento dei pregiudizi su alcuni animali nella cultura arabo-musulmana.
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Jansen, Monica, and Maria Bonaria Urban. "Raccontare la giustizia." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 51, no. 1 (February 16, 2017): 10–21. http://dx.doi.org/10.1177/0014585816682483.

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Abstract:
Dalle varie riflessioni critiche sul rapporto tra letteratura e giustizia e tra narrazione e legge si può dedurre che alla letteratura venga attribuita la facoltà di “fare giustizia” e alla legge il potenziale di produrre delle storie. Anche se le opinioni divergono sull’effettivo valore trasformativo della letteratura di fronte alla legge, nel panorama italiano sembra prevalere l’idea che la letteratura possa offrire uno strumento conoscitivo per raggiungere una giustizia poetica e fare esperienza della verità. Tale compito etico, che viene attribuito a una narrativa che svolge la funzione di “estetica documentale”, si collega al complicato passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, riassunto comunemente con la formula di “memoria divisa”. Gli esempi letterari presi in esame dagli anni Sessanta ad oggi, si caratterizzano attraverso le loro ibridizzazioni di genere, le dimensioni transmediali, performative e metanarrative. Da Giuseppe Fava a Gianrico Carofiglio, da Franco Fortini a Giampaolo Pansa, si trasmette il bisogno di una giustizia sociale che si concretizza attraverso un’indagine critica dell’apparato giuridico e attraverso la formulazione di una giustizia metaforica. Anche la raccolta di racconti Giudici e il fumetto Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova dimostrano come la letteratura usi la transmedialità e la performatività per coinvolgere il lettore e arrivare a una giustizia che sia anche un “atto culturale”.
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Conti, Flavio Giovanni. "La Chiesa cattolica e i prigionieri di guerra italiani negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (May 2012): 39–78. http://dx.doi.org/10.3280/mon2011-003002.

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Abstract:
Gli oltre cinquantamila prigionieri italiani detenuti negli Stati Uniti, durante la seconda guerra mondiale, ricevettero un trattamento migliore rispetto agli altri prigionieri italiani in mano alleata. Molti fattori vi contribuirono: l'alto livello economico della societŕ americana; gli interventi di sostegno delle organizzazioni assistenziali internazionali e americane; la Chiesa cattolica, che svolse un ruolo particolarmente intenso ed incisivo riguardo ai prigionieri italiani negli Usa. Attraverso le proprie gerarchie ecclesiastiche e le organizzazioni cattoliche americane, i cappellani militari, i sacerdoti americani e italiani, e con il sostegno determinante delle comunitŕ italo-americane, la Chiesa non si occupň soltanto dell'aspetto religioso ma ampliň il suo intervento alla gestione della corrispondenza con le famiglie, al trattamento materiale, alle iniziative ricreative ed educative. Questa azione capillare di assistenza permise alla Chiesa di influenzare in senso moderato l'orientamento politico dei prigionieri, ed ebbe lo scopo di favorire il reinserimento dei reduci in una nuova Italia democratica, collocata nel blocco occidentale.
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Lewis, Michael. "Vitruvius and Greek aqueducts." Papers of the British School at Rome 67 (November 1999): 145–72. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200004530.

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Abstract:
VITRUVIO E GLI ACQUEDOTTI GRECILa sezione di Vitruvio (VIII 5-6.9) sugli acquedotti ha causato molte difficoltà agli studiosi della materia che non riescono a riconciliarlo né con le pratiche conosciute nell'occidente romano, né con le teorie dell'idraulica moderna. In questo articolo si sostiene che, con l'eccezione dei passaggi sulle dimensioni dei tubi e sulla distribuzione urbana, le fonti di Vitruvio siano interamente greche. La sua descrizione dei chorobates deriva da Carpo di Antiochia, i suoi dati sul gradiente da Filone di Bisanzio, mentre le sue specifiche riguardanti le condutture dell'acqua, complete con un sifone invertito, corrispondono esattamente all'acquedotto Karapinar a Smirne. Tre grandi sifoni del secondo secolo a.C. (Smirne, il Madra Dag a Pergamo e l'esempio di stile ellenistico ad Alatri) tutti includono una caratteristica ingegneristica che spiega l'enigmatico colluviaria di Vitruvio. Le ‘pietre rosse’ che Vitruvio consiglia come ancore di sifoni possono essere ritrovate solo negli acquedotti dell'Asia Minore occidentale. La sua teoria idraulica è comprensibile più in termini di disciplina stoica che di fisica moderna. Se ne conclude che Vitruvio fosse ampiamente influenzato da fonti pergameniche del secondo secolo a.C, e che forse perfmo il suo resoconto del tipico acquedotto romano con tubazioni, che sembra descrivere l'Anio Vetus, possa derivare di seconda mano dalle stesse fonti.
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Ziolkowski, Adam. "The Plundering of Epirus in 167 B.C: Economic Considerations." Papers of the British School at Rome 54 (November 1986): 69–80. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200008850.

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Abstract:
IL SACCO DELL'EPIRO NEL 167 a.C: LE CONSIDERAZIONI ECONOMICHENell'articolo si esamina il motivo del sacco dell'Epiro nel 167 a.C., ordinato dal Senato e eseguito da Lucio Emilio Paolo. Non sonso convincenti recenti spiegazioni che ricercano questo motivo nelle ragioni politiche o nel ricordo dell'invasione di Pirro. Per spiegare una decisione che ebbe come effetto la più grande caccia all'uomo nella storia di Roma (150 000 prigionieri), bisognerebbe considerare la grande richiesta di mano d'opera di schiavi, conseguenza dello sviluppo dell'economia schiavistica in Italia dopo la scconda guerra punica. Secondo l'autore il sacco dell'Epiro deve essere messo in relazione alia diminuzione della popolazione di schiavi in Italia, causata dalla grande pestilenza del 175–174 a.C. Questo deficit fu ulteriormente aggravato dalla politica conciliatoria propugnata dal Senato nei confronti degli stati confinanti in vista della prossima guerra con Perseo e dagli insuccessi dei primi anni della guerra macedone. La decisione del Senato mirava a risolvere la carenza di schiavi in Italia: la scelta cadde sull'Epiro perchè esso era l'ultima tappa del viaggio di Paolo, esecutore dell'ordine senatoriale, e vicino ai grandi porti di Brindisi e Taranto.
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Janssens, Jules. "L’exposé de la réprobation dans l’Ihyā’ d’al-Ghazālī: quelques observations concernant l’influence d’al-Muhāsibī." Doctor Virtualis, no. 17 (May 14, 2022): 41–77. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17828.

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Abstract:
Nella seconda parte del Libro della condanna dello status e dell’ostentazione il ventottesimo libro della sua opera principale, La rinascita delle scienze religiose – al-Ghazālī trae molta ispirazione da al-Muhāsibī, soprattutto dalla sua opera al-Ri’āya al-huqūq Allāh (L’osservanza dei diritti di Dio). Il fatto che al-Ghazālī menziona esplicitamente il nome di al-Muhāsibī non meno di quattro volte in questa sezione testimonia la sua ammirazione profonda per questo grande mistico delle origini. Un attento esame di questi riferimenti e del loro contesto rivela una grande familiarità e un ampio uso della Ri’āya, così come un accesso diretto a un’altra grande opera di al-Muhāsibī, cioè il Kitāb al-Wasāya (Il Libro dei Comandamenti). Inoltre, la scelta di al-Ghazālī di specifici versetti coranici e delle Tradizioni, sia profetiche che di storie, è molto debitrice della Ri’āya, come diventa chiaro sulla base di un esame del primo capitolo di questa seconda parte che consiste interamente in citazioni di versetti coranici e delle Tradizioni riguardanti la questione dell’ostentazione.Per quanto riguarda il secondo capitolo, che si concentra sui modi usati per attirare l’attenzione della gente su di sé sia negli atti religiosi che in quelli verbali, esso condivide molte caratteristiche con l’esposizione di al-Muhāsibī nella Ri’āya, compresa la copia quasi letterale di alcuni passaggi. Infine, l’uso che al-Ghazālī fa della Ri’āya in ciascuno degli altri capitoli è brevemente indicato. Questo studio mostra che al-Muhāsibī non era solo una fonte importante per al-Ghazālī – un fatto già noto da quasi un secolo – ma la fonte principale, almeno per questa sezione della sua Rinascita. Tuttavia, allo stesso tempo, questo studio chiarisce che al-Ghazālī non è colpevole di cieco plagio. In the second part of the Book of the Condemnation of Status and Ostentation – the twentieth-eight book of his major work, The Revival of the Religious Sciences – al-Ghazālī draws much inspiration from al-Muhāsibī, above all from his work al-Ri’āya al-huqūq Allāh (Eyeservice to God’s Laws). The very fact that al-Ghazālī explicitly mentions al-Muhāsibī’s name no less than four times throughout this section clearly testifies to his profound admiration for this great early mystic. A close examination of these references and their context reveals a great familiarity with and an extensive use of the Ri’āya, as well as a direct access to another major work of al-Muhāsibī, i.e., Kitāb al-Wasāya (The Book of Commandments). Moreover, al-Ghazālī’s choice of specific Qur’anic verses and of Traditions, both prophetic and stories, is much indebted to the Ri’āya, as becomes clear on the basis of an examination of the first chapter of this second part which consisting entirely of quotations of Qur’anic verses and Traditions concerning the issue of ostentation. As to the second chapter, which focuses on the ways used to draw people’s attention to oneself both in religious as well as in wordly acts, it shares many features with al-Muhāsibī’s exposition in the Ri’āya, including the almost verbatim copying of some passages. Finally, al-Ghazālī’s use of the Ri’āya in each of the other chapters is briefly indicated. This study shows that al-Muhāsibī was not just a major source for al-Ghazālī – a fact already known for nearly a century – but the major source, at least for this section of his Revival. However, at the same time, this study makes clear that al-Ghazālī is not guilty of blind plagiarism.
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Martelli, Barbara. "TWO HALVES OF THE SAME KIWI: ITALIAN LANGUAGE AND CULTURE AMONG NEW ZEALANDERS OF ITALIAN ORIGIN." Italiano LinguaDue 14, no. 1 (July 26, 2022): 338–59. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/18183.

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Abstract:
This essay documents the diffusion of the Italian language and culture in Aotearoa-New Zealand, an officially bilingual (English and Māori), as revealed by the double name, and multicultural society. By adopting an eclectic approach that combines sociolinguistics, language teaching methodology, and cultural anthropology, my paper is a micro-ethnography performed on a group of five women of Italian origin with different levels of competency in Italian as their second language. This group of Kiwis – as New Zealanders frequently refer to themselves – ranged age from 16 to 68 and reside in greater Auckland, New Zealand’s most populous city. Their testimonies were collected through a series of face-to-face semi-structured qualitative interviews and based on several sessions of participant observation involving immersion and interaction in the socio-cultural environment of the informants. Notwithstanding their small number, the stories collected in this research disclose a significant ethnographic relevance as they testify to key aspects of Italianness in the social and historical context of New Zealand. In line with the sociolinguistic theories on the circulation of Italian in the world, on the motivations underpinning its learning and on the typology of speakers, I specifically addressed the following topics: Italian as a language of migration, Italian as a language of culture, Italian taught at university, Italian as part of a fluid and transnational multi-identity, and Italian in the global market. Due metà dello stesso Kiwi: lingua e cultura italiana tra i neozelandesi di origine italiana Il seguente saggio documenta la diffusione della lingua e della cultura italiana in Aotearoa - Nuova Zelanda, paese ufficialmente bilingue (inglese e Māori), come rivela il doppio nome, e multiculturale. Attraverso un approccio eclettico che combina sociolinguistica, glottodidattica e antropologia culturale, l’articolo si propone come micro-etnografia condotta su un gruppo di cinque donne di origine italiana con diversi livelli di competenza in italiano come lingua seconda. Questo gruppo di informatrici Kiwi – questo è il nome con il quale i/le neozelandesi si riferiscono comunemente a sé stessi/e – ha un’età compresa tra i sedici e i sessantotto anni e risiede nell’area metropolitana di Auckland, la città più popolosa della Nuova Zelanda. Le loro testimonianze sono state raccolte tramite una serie di interviste qualitative semi-strutturate, condotte di persona, e diverse sessioni di osservazione partecipante che hanno comportato l’immersione e l’interazione nell’ambiente socio-culturale delle informatrici. Nonostante il loro numero limitato, le storie raccolte in questa ricerca dimostrano una significativa rilevanza etnografica poiché testimoniano aspetti chiave dell’italianità nel contesto storico-sociale neozelandese. In linea con le teorie sociolinguistiche sulla circolazione dell'italiano nel mondo, sui motivi dell’apprendimento e sulla tipologia dei parlanti, ho esaminato nello specifico i seguenti argomenti: l’italiano lingua di migrazione, l’italiano lingua di cultura, l’italiano insegnato all’università, l’italiano come parte di una pluri-identità fluida e transnazionale e, infine, l’italiano nel mercato globale.
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Paya Rombe, Ascteria. "Kesetiaan Seorang Perempuan." SOPHIA: Jurnal Teologi dan Pendidikan Kristen 1, no. 1 (June 30, 2020): 53–62. http://dx.doi.org/10.34307/sophia.v1i1.8.

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Abstract: The Book of Ruth is one of the Old Testament books that is classified as a book of history. The story in the book of Ruth took place during the reign of the judges. The time when the apostasy of the nation of Israel was so apparent. The time when the Israelites began to worship idols. A time when there was competition among the tribes of Israel. The book of Ruth begins with famine in the land of Israel, which brought the family of Elimelech from Bethlehem-Judah to migrate to the land of Moab and settled there. The story continues with a sad story. Naomi's husband and even her two children died in the land of Moab. The series of stories left the impression that there was no presence of God in the midst of the Naomi family. Resulting in two widows who finally struggled to survive. Through literature study, two main points from the series of stories are revealed. First, even though God seems invisible, but behind everything God does not stop nurturing. God is present in silence. God works through the lives of faithful people. Second, despite the various crises that hit the country, even though evil and sin continue to be made by humans, even though it is as if God left humanity. But truly God is still the Alpha and Omega, who will not leave the deeds of his hands but always and always work in the midst of humanity who hope, loyal, and surrender to Him. Keywords: Naomi, Ruth, Nurturing, Loyalty, God Abstrak-Kitab Rut merupakan salah-satu dari Kitab Perjanjian Lama yang tergolong sebagai kitab sejarah. Kisah dalam kitab Rut terjadi pada zaman pemerintahan hakim-hakim. Masa di mana kemurtadan bangsa Israel begitu nampak. Masa di mana bangsa Israel mulai menyembah berhala. Masa di mana terjadi persaingan di antara suku Israel. Kitab Rut di awali dengan kelaparan di tanah Israel, yang membawa keluarga Elimelekh dari Betlehem-Yehuda merantau ke tanah Moab dan menetap di sana. Kisahnya terus berlanjut dengan kisah yang menyedihkan. Suami Naomi bahkan kedua anaknya meninggal di tanah Moab. Rentetan kisahnya meninggalkan kesan tiada kehadiran Allah di tengah-tengah keluarga Naomi. Mengakibatkan dua orang janda yang akhirnya berjuang untuk dapat bertahan hidup. Melalui studi kepustakaan tersingkap dua hal pokok dari rentetan kisah tersebut. Pertama, sekalipun Allah seolah-olah tidak nampak namun di balik semuanya Allah tidak berhenti memelihara. Allah hadir dalam kesenyapan. Allah berkarya melalui hidup orang yang setia. Kedua, Meskipun berbagai krisis melanda negeri, meskipun kejahatan dan dosa terus diperbuat manusia, meskipun seakan-akan Allah meninggalkan umat manusia. Namun sungguh Allah tetaplah Alfa dan Omega, yang tidak akan meninggalkan perbuatan tangannya melainkan selalu dan senantiasa berkarya di tengah-tengah umat manusia yang berharap, setia, dan berserah kepada-Nya. Kata Kunci: Naomi, Rut, Memelihara, Kesetiaan, Allah
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Lanzalaco, Luca. "LA FORMAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI IMPRENDITORIALI IN EUROPA OCCIDENTALE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 1 (April 1989): 63–89. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017494.

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IntroduzioneLa progressiva attenzione della scienza politica per le tematiche organizzative sembra essere una tendenza incontrovertibile. Gli attori politici collettivi sono visti sempre meno come delle «scatole nere», dei semplici canali di trasmissione di domande e interessi, e si sottolinea, invece, sempre più come essi siano delleorganizzazioni complessela cui condotta è regolata da meccanismi ed imperativispecificiedautonomie come, di conseguenza, l'individuazione di queste dinamiche organizzative contribuisca in modo determinante alla comprensione del funzionamento del sistema politico nel suo complesso. La configurazione di una organizzazione politicanonè un fatto meramente «tecnico» o «ingegneristico», e men che meno «formale», ma determina l'autonomia e la discrezionalità di cui gode il gruppo dirigente nel ridefinire gli interessi dei gruppi sociali rappresentati e nel «guidare» lamembershipverso determinate mete collettive. Una delle acquisizioni più rilevanti che sono state fatte in questo campo di indagine è che per spiegare le caratteristiche strutturali di una organizzazione politica occorre risalire al modo in cui essa è nata, si è formata e si è consolidata. Il concetto distruttura, infatti, appartiene ad una classe di concetti utilizzati nelle scienze sociali — i cosiddettitime oriented concepts— che assumono significato solo in un orizzonte temporalediacronico(Rosenthal 1978). Ciò che si percepisce come «strutturale» al tempo T sono modelli di comportamento e interazioni sociali che sono perdurati e si sono stabilizzati al tempo T-1, T-2, T-3, … T-n, e che per questo motivo diventano elementicostitutividi quella relazione sociale. Quella che potremmo chiamare lafallacy of synchronic reductionismporta a «fotografare» una organizzazione in un dato momento e a considerare tutti i suoi caratteri strutturali in un orizzonteatemporale.Invece, le proprietà strutturali di una organizzazione sono il risultato di scelte organizzative e di processi di adattamento che si sono verificati inmomenti e fasi differentidella vita dell'organizzazione e i cui risultati si sono poi «congelati», «sedimentati», «stratificati» nel tempo. Una semplice analisi del contesto ambientale in cui opera un'organizzazione, come suggerisce l'approcciocontingency, non è sufficiente in quanto organizzazioni con «storie»differentipotranno daredifferentirisposte, in termini di proprietà organizzative, agliidenticiimperativi posti in un dato momento dallo stesso ambiente. Per spiegare le proprietà strutturali di una organizzazione politica occorre quindi integrare opportunamente l'analisistrutturale-morfologica, basata sull'ipotesi che le organizzazioni tendano ad adattarsi razionalmente alla struttura del loro ambiente, con l'analisistorico-genetica, in base alla quale la razionalità degli attori organizzativi è vincolata dalle loro esperienze passate, dallastoriadell'organizzazione e, in particolare, dal modo in cui l'organizzazione stessa è nata e si è formata. L'approccio genetico ha trovato ampie applicazioni nello studio di vari tipi di organizzazioni politiche: i partiti, i sindacati dei lavoratori, i gruppi di interesse, i movimenti collettivi, le organizzazioni terroristiche. Con questo articolo mi propongo di estendere l'utilizzazione, e di dimostrare l'utilità, di questo approccio anche per quanto riguarda l'analisi di un tipo particolare di organizzazioni politiche, che solo recentemente sono diventate oggetto di studio, cioè leassociazioni imprenditoriali.In particolare, mi occuperò dellepeak associations, cioè delle confederazioni nazionali intersettoriali, come la confindustria e le sue omologhe in altre nazioni. Nella prossima sezione traccerò una tipologia dellepeak associationssulla base del loro «modello originario», cioè del modo in cui sono nate, e del loro grado di istituzionalizzazione; nella seconda sezione verificherò la validità di questa tipologia attraverso l'analisi storico-comparata: illustrerò un «modello a dicotomie successive», costruito alla luce dell'evidenza empirica disponibile, per l'analisi dei processi di formazione delle associazioni imprenditoriali, mettendo in evidenza come a diversi processi di formazione siano corrisposti differenti «modelli originari». Nelle sezioni finali, infine, esaminerò i fattori esplicativi che hanno determinato il prevalere di uno o dell'altro dei vari processi di formazione.
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Rohmaniyah, Wasilatur, and Anas. "Penerapan Akad Jual Beli di Toko Modern dalam Pandangan Hukum Ekonomi Syariah (Studi Kasus di Pulau Mandangin Kabupaten Sampang)." Al-Huquq: Journal of Indonesian Islamic Economic Law 3, no. 1 (July 9, 2021): 81–95. http://dx.doi.org/10.19105/alhuquq.v3i1.3106.

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Penelitian ini membahas tentang perkembangan praktik jual beli di era modern, di mana ketiadaan ijab dan qabul secara ekplisit menjadi suatu hal yang lumrah. Berdasarkan hal tersebut, ada dua permasalahan yang menjadi kajian pokok dalam penelitian ini, pertama, bagaimana penerapan akad jual beli di toko Basmalah Pulau Mandangin; kedua, bagaimana penerapan akad jual beli di toko modern dalam pandangan hukum ekonomi syariah. Penelitian ini merupakan penelitian deskriptif dengan menggunakan pendekatan kualitatif. Sumber data diperoleh melalui wawancara, observasi dan dokumentasi. Informannya adalah jajaran staff toko Basmalah cabang Pulau Mandangin, pelanggan dan tokoh masyarakat. Sedangkan pengecekan keabsahan data dilakukan melalui perpanjangan keikutsertaan, ketekunan pengamatan, triangulasi, analisis kasus negatif dan uraian rinci. Hasil penelitian menunjukkan bahwa: pertama, pelaksanaan akad jual beli di toko modern di Pulau Mandangin ini menggunakan barcode dan pelanggan diperbolehkan mengambil produk/barang yang inginkan; kedua, mengenai transaksi jual beli di toko modern, ulama berbeda pendapat sebagian ulama tidak membolehkan karena akad itu harus jelas dan sebagian ulama lainnya membolehkan, seperti Ibnu Syuraih berpendapat sebagaimana firman Allah telah menghalalkan jual beli dan tidak ada lafal khusus untuk hal tersebut sehingga diperbolehkan memakai adat kebiasaan yang berlaku. (This study discusses the development of buying and selling practices in the modern era, where the absence of consent and qabul is explicitly becoming a common thing. So, there are two problems which is the main idea in this case; first, how the implementation of the sale and purchase agreement at the Basmalah store of Mandangin Island; second, how is the application of the sale and purchase agreement in a modern store in the view of Islamic economic law. This research is a descriptive study by using a qualitative approach. Sources of data obtained through interviews, observation and documentation. The informants were the staff of the Basmalah store branch of Mandangin Island, customers and community leaders. While checking the validity of the data is done through extended participation, perseverance of observation, triangulation, negative case analysis and detailed description. The results showed that: first, the implementation of the sale and purchase agreement at this modern shop on Mandangin Island used barcodes and customers were allowed to take the products / items they wanted comfortably; secondly, regarding buying and selling transactions in modern stores, some scholars disagree, it do not allow because the contract must be pronounced clearly, while some others allowed, as Ibn Syuraih which is though that God has justified the sale and purchase and there is no specific pronunciation for that matter so it is permissible to use prevailing customs).
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Guntara, Rangga Gelar, Asep Nuryadin, and Benyamin Hartanto. "Pemanfaatan Google Speech to Text Untuk Aplikasi Pembelajaran Kamus Bahasa Sunda Pada Platform Mobile Android." Justek : Jurnal Sains dan Teknologi 4, no. 1 (May 4, 2021): 10. http://dx.doi.org/10.31764/justek.v4i1.4455.

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Abstract: Sundanese language is one of the Malayo-Polynesian languages which are a subgroup of the Austronesian language family. There are at least 38 million people speaking this language and it becomes the second-largest language after the Javanese language in terms of the first language. However, the Sundanese language is considered an endangered language as according to a study conducted by West Java Province Language Center, only 40% of children in West Java who know and can speak the Sundanese language. Therefore, it is crucial to find ways of improving people’s interest in learning the Sundanese language one of which by making the learning process easy and enjoyable. In this study, an interactive Sundanese language learning application named RuangBasa has been built by using Google Speech to Text technology. The software development method used was the waterfall method. The Alpha test results showed that all features available in the application could run as expected. In addition, the results of the user reviews on the Google Play Store, in which they provided comments on the application after they had used it, had generated the beta test results. Based on the user review results, the application got a score of 4.8 out of a total of 27 users.Abstrak: Bahasa Sunda adalah salah satu dari bahasa-bahasa Melayu-Polinesia yang merupakan cabang dari rumpun bahasa Austronesia. Setidaknya ada 38 juta orang yang menuturkan bahasa ini dan menjadi bahasa Ibu dengan penutur terbanyak kedua di Indonesia setelah bahasa Jawa. Namun, bahasa Sunda dianggap bahasa yang terancam punah karena berdasarkan penelitian yang dilakukan Balai Bahasa Provinsi Jawa Barat, hanya 40% anak-anak di Jawa Barat yang tahu dan dapat berbicara bahasa Sunda. Oleh karena itu, sangat penting untuk menemukan berbagai cara untuk meningkatkan ketertarikan masyarakat untuk belajar bahasa Sunda, salah satunya dengan menjadikan proses belajar menjadi mudah dan menyenangkan. Pada penelitian ini, sebuah aplikasi pembelajaran bahasa Sunda yang interaktif bernama RuangBasa dibangun dengan memanfaatkan teknologi Google Speech to Text. Metode pengembangan perangkat lunak yang digunakan adalah metode waterfall. Hasil pengujian Alpha (black box), menunjukkan semua fitur yang tersedia pada aplikasi berjalan sesuai yang diharapkan. Selain itu, hasil review pengguna di Google Play Store, di mana mereka memberikan komentar pada aplikasi setelah mereka menggunakannya, telah menghasilkan hasil pengujian beta. Dari hasil review para pengguna, aplikasi mendapatkan skor 4,8 dari total 27 pengguna.
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Puanandini, Dewi Asri. "PIDANA PENCUCIAN UANG HASIL KEJAHATAN SIBER (CYBER CRIME) MELALUI MATA UANG DIGITAL (CRYPTO CURRENCY)." JURNAL PEMULIAAN HUKUM 4, no. 2 (October 30, 2021): 57–70. http://dx.doi.org/10.30999/jph.v4i2.1480.

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This study aims to examine the crime of money laundering originating from cyber crimes through digital currency (Crypto Currency). This research uses a normative juridical approach with primary and secondary legal materials. The results of this study indicate that this virtual bitcoin currency has been defined by the FATF as a digital representation of exchange rates that can be traded virtually and functions as (1) a medium of exchange; and/or (2) one unit of account; and/or (3) a store of value, but does not have legal tender status in any jurisdiction. Bitcoin as a digital currency, can still be mentioned in the explanation of financial transactions in Article 1 number 4 of Law no. 8 of 2010, which refers to the receipt, transfer, deposit, withdrawal, book-entry, payment, grant, donation, deposit, and/or exchange of a sum of money or other actions and/or activities related to money. So, bitcoin should still be penalized if it is related to the transactions made. Activities that can be carried out legally through bitcoin are only in the form of investments so that they are vulnerable to money laundering. In an effort to overcome the occurrence of money laundering through digital currency in Indonesia, Indonesia can take several examples of law enforcement models in several countries such as Switzerland.Penelitian ini bertujuan untuk mengkaji tindak pidana pencucian uang yang berasal dari kejahatan siber melalui mata uang digital (Crypto Currency) Penelitian ini dilakukan terhadap permasalahan hukum dari sisi normatif berdasarkan aturan hukum dalam perundang-undangan maupun norma. Penelitian ini menggunakan pendekatan yuridis normatif dengan bahan hukum hukum primer dan sekunder. Hasil penelitian ini menunjukan bahwa Mata uang virtual bitcoin ini telah didefinisikan oleh FATF sebagai representasi digital dari nilai tukar yang dapat diperdagangkan secara virtual dan berfungsi sebagai (1) media pertukaran; dan / atau (2) satu unit akun; dan / atau (3) penyimpan nilai, tetapi tidak memiliki status tender legal di yurisdiksi mana pun. Bitcoin sebagai mata uang digital, tetap dapat disinggung di dalam penjelasan mengenai transaksi keuangan dalam Pasal 1 angka 4 UU No. 8 Tahun 2010, yaitu merujuk pada penerimaan, pentransferan, penyetoran, penarikan, pemindahbukuan, pembayaran, hibah, sumbangan, penitipan, dan/atau penukaran atas sejumlah uang atau tindakan dan/atau kegiatan lain yang berhubungan dengan uang. Maka, bitcoin pun seharusnya tetap dapat dipidanakan jika terkait dengan transaksi yang dilakukan. Kegiatan yang dapat dilakukan secara legal melalui bitcoin hanya dalam bentuk investasi sehingga rentan terjadi tindakan pencucian uang di dalamnya. Dalam upaya penanggulangan terjadinya tindak pidana pencucian uang melalui mata uang digital di Indonesia maka Indonesia dapat mengambil beberapa contoh model penengakan hukum di beberapa Negara seperti diantaranya Swiss.
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Мингазов, Шамиль Рафхатович. "БУЛГАРСКИЕ РЫЦАРИ ЛАНГОБАРДСКОГО КОРОЛЕВСТВА." Археология Евразийских степей, no. 6 (December 20, 2020): 132–56. http://dx.doi.org/10.24852/2587-6112.2020.6.132.156.

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Настоящая работа является первым общим описанием на русском языке двух некрополей Кампокиаро (Кампобассо, Италия) – Виченне и Морионе, датируемых последней третью VII в. – началом VIII в. Культурное содержание некрополей показывает прочные связи с населением центральноазиатского происхождения. Важнейшим признаком некрополей являются захоронения с конем, соответствующие евразийскому кочевому погребальному обряду. Автор поддержал выводы европейских исследователей о том, что с большой долей вероятности некрополи оставлены булгарами дукса–гаштальда Алзеко, зафиксированными Павлом Диаконом в VIII в. на территориях Бояно, Сепино и Изернии. Аналогии некрополей Кампокиаро с погребениями Аварского каганата показывают присутствие в аварском обществе булгар со схожим погребальным обрядом. Из тысяч погребений с конем, оставленных аварским населением, булгарам могла принадлежать большая часть. Авары и булгары составляли основу и правящую верхушку каганата. Народ Алзеко являлся той частью булгар, которая в 631 г. боролась за каганский престол, что указывает на высокое положение булгар и их большое количество. После поражения эта группа булгар мигрировала последовательно в Баварию, Карантанию и Италию. Несколько десятков лет проживания в венедской, а затем в лангобардской и романской среде привели к гетерогенности погребального инвентаря, но не изменили сам обряд. Булгары лангобардского королевства составляли новый военный слой, который представлял из себя профессиональную кавалерию, получивший землю. Эта конная дружина является ранним примером европейского феодального воинского и социального сословия, которое станет называться рыцарством. Библиографические ссылки Акимова М.С. Материалы к антропологии ранних болгар // Генинг В.Ф., Халиков А.Х. Ранние болгары на Волге (Больше–Тарханский могильник). М.: Наука, 1964. С. 177–191. Амброз А.К. Кинжалы VI – VIII вв, с двумя выступами на ножнах // СА. 1986. № 4. С. 53–73. Безуглов С.И., Ильюков Л.С. Памятник позднегуннской эпохи в устье Дона // Средневековые древности Дона / Ред. Ю.К. Гугуев. М.–Иерусалим: Мосты и культуры, 2007. C. 25–48. Бешевлиев В. Пръвобългарите. История, бит и култура. Пловдив: Фондация «Българско историческо наследство», 2008. 505 с. Гавритухин И.О., Иванов А.Г. Погребение 552 Варнинского могильника и некоторые вопросы изучения раннесредневековых культур Поволжья // Пермский мир в раннем средневековье / Отв. ред. А.Г. Иванов. Ижевск: УИИЯЛ УрО РАН, 1999. С. 99–159. Добиаш–Рождественская О.А. Ранний фриульский минускул и одна из проблем жизни и творчества лангобардского историка VIII в. // Вспомогательные исторические дисциплины / Под ред. А. С. Орлова. М.; Л.: Изд–во АН СССР, 1937. С. 109–140. Засецкая И.П. Культура кочевников южнорусских степей в гуннскую эпоху (конец IV–V вв.). СПб.: АО "Эллипс", 1994. 221 с. Казанский М.М. Оногуры в постгуннское время на Дону // Дивногорский сборник / Труды музея-заповедника «Дивногорье». Вып. 6. / под ред. А. З. Винникова. Воронеж: Изд.– полигр. центр «Научная книга», 2016. С. 96–111. Казанский М.М. Хронологические индикаторы степных древностей постгуннского времени в Восточной Европе // НАВ. 2019. Т. 18 (2). С. 109–124. Кардини Ф. Истоки средневекового рыцарства // Пер. с ит. В.П. Гайдук / Общ. ред. В.И. Уколова, Л.А. Котельникова. М.: Прогресс, 1987. 384 с. Комар А.В., Кубышев А.И., Орлов Р.С. Погребения кочевников VI–VII вв. из Северо–Западного Приазовья // Степи Европы в эпоху средневековья. Т. 5. Хазарское время / Гл.ред. А.В.Евглевский Донецк: ДонНУ, 2006. С. 245–376. Кондукторова Т.С. Антропологическая характеристика черепов из Верхнего Чир–Юртовского могильника в Дагестане // ВА. 1967. Вып. 25. С. 117–129. Красильников К.И. Могильник древних болгар у с. Желтое на Северском Донце // Проблеми на прабългарската история и култура. София: БАН, Нац. Археол. институт с музей филиал Шумен, Аргес, 1991. Т. 2. С. 62–81. Красильников К.И., Красильникова Л.И. Могильник у с. Лысогоровка – новый источник по этноистории степей Подонцовья раннего средневековья // Степи Европы в эпоху средневековья. Т 4. Хазарское время / Гл.ред. А.В. Евглевский. Донецк: ДонНУ, 2005. С. 187–244. Красильников К.И., Руженко А.А. Погребение хирурга на древнеболгарском могильнике у с. Желтое // СА. 1981. № 2. С. 282–289. Кузнецова Т.И. Павел Диакон. Из «Истории лангобардов» // Памятники средневековой латинской литературы IV–IX веков / Отв. ред. М. Е. Грабарь-Пассек и М. Л. Гаспаров. М.: Наука, 1970. С. 243–257. Медникова М.Б. Трепанации у древних народов Евразии. М.: Научный мир, 2001. 304 с. Мингазов Ш.Р. Болгары Алзеко в Баварии, Карантании и Италии как пример автономной части этнокультурной общности // Восточная Европа в древности и средневековье. Античные и средневековые общности: XXIX Чтения памяти члена-корреспондента АН СССР В.Т. Пашуто. Москва, 19–21 апреля 2017 / Отв. Ред. Е. А. Мельникова. М: Институт всеобщей истории РАН, 2017. С. 160–164. Мингазов Ш.Р. Следы взаимовлияния европейской и азиатской социокультурных моделей: булгары в Италии (VI–VIII вв.) // Восточная Европа в древности и средневековье. Сравнительные исследования социокультурных практик: XXXII Чтения памяти члена корреспондента АН СССР В.Т. Пашуто. Москва, 15–17 апреля 2020 / Отв. Ред. Е. А. Мельникова. М.: Институт всеобщей истории РАН, 2020. С. 162–166. Нестеров С.П. Конь в культах тюркоязычных племен Центральной Азии в эпоху средневековья. Новосибирск: Наука. Сиб. отд–ие АН СССР, 1990. 143 с. Павел Диакон. История лангобардов / Пер. с лат., ст. Ю.Б. Циркина. СПб.: Азбука–классика, 2008. 318 с. Решетова И.К. Население донецко–донского междуречья в раннем средневековье: Палеоантропологическое исследование. СПб.: Нестор–История, 2015. 132 с. Решетова И.К. Описание индивидов с трепанированными черепами среди носителей Салтово–маяцкой культуры: медицинская практика или культ? // Этнографическое обозрение. 2012. № 5. С. 151–157. Ронин В.К. «История лангобардов» Павла Диакона // Свод древнейших письменных известий о славянах / Отв. ред. Л. А. Гиндин, Г. Г. Литаврин. М.: Издательская фирма «Восточная литература» РАН, 1995. Т. II. С. 480–501. Ронин В.К. Так называемая Хроника Фредегара // Свод древнейших письменных известий о славянах / Отв. ред. Л. А. Гиндин, Г. Г. Литаврин. М.: Издательская фирма «Восточная литература» РАН, 1995. Т. II. С. 364–397. Трифонов Ю.И. Об этнической принадлежности погребений с конем древнетюркского времени (в связи с вопросом о структуре погребального обряда тюрков–тугю // Тюркологический сборник 1972. / Отв. ред. А.Н. Кононов. М.: Наука, 1973. С. 351–374. Храпунов И.Н., Казанский М.М. Погребение № 114 на могильнике Нейзац (предгорный Крым) и древности кочевников Северного Причерноморья второй половины V — первой половины VI в. // КСИА. Вып. 238. М.: ИА РАН, 2015. С. 170–194. Шишманов И. Българите в “Orlando furioso” и въ по–старата френска драма // Български преглед. VI. Кн. 8. 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Nava, Andrea. "BEYOND MONOLINGUALISM: A VIEW FROM THE PAST." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 17, 2023). http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19612.

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Abstract:
The 21st century is often dubbed as the era of multilingualism in applied linguistics and language teaching, in contrast to the previous century, when the monolingual approach prevailed. The importance of this paradigm shift cannot be overestimated as it is also enshrined in the recently compiled Companion to the CEFR. However, the multilingual approach has a long history and arguably underpins several language teaching textbooks that rely on the learners’ L1 as a bridge to the L2 and as such are associated with the often reviled Grammar Translation method. Recent research has shown that the negative portrayals of L1 use and translation as featured in historical language teaching materials are based on second-hand information, and close analyses of these pedagogical materials may provide a different picture. Against this background, this article focuses on a corpus of English language materials published in Italy in the 20th century, an area of investigation that is still under-researched. The analysis shows that the learners’ L1 – Italian – is extensively exploited across the corpus, although the impact of the monolingual paradigm can be detected in the more recent materials. Several instances were found in the corpus where the L1 acts as a cognitive, cultural as well as linguistic mediation tool, in ways that are not far removed from what is envisaged in the CEFR Companion. Oltre il monolinguismo: uno sguardo al passato Il XXI secolo è spesso definito come l’era del multilinguismo nella linguistica applicata e nell’insegnamento delle lingue, in contrasto con il secolo precedente, in cui prevaleva l’approccio monolingue. L’importanza di questo cambiamento di paradigma non può essere sopravvalutata, in quanto è sancita anche nel Volume Complementare del QCER, recentemente pubblicato. Tuttavia, l’approccio multilingue ha una lunga storia e probabilmente è alla base di molti libri di testo per l’insegnamento delle lingue che si basano sulla L1 dell’apprendente come ponte verso la L2 e che, in quanto tali, sono associati al metodo della traduzione grammaticale, spesso vituperato. Recenti ricerche hanno dimostrato che le rappresentazioni negative dell’uso della L1 e della traduzione presenti nei materiali storici di insegnamento delle lingue si basano su informazioni di seconda mano e che un’analisi attenta di questi materiali pedagogici può fornire un quadro diverso. In questo contesto, il presente articolo si concentra su un corpus di materiali in lingua inglese pubblicati in Italia nel XX secolo, un’area di indagine ancora poco studiata. L’analisi mostra che la L1 degli apprendenti – l’italiano – è ampiamente sfruttata in tutto il corpus, anche se l’impatto del paradigma monolingue può essere rilevato nei materiali più recenti. Nel corpus sono stati individuati diversi casi in cui la L1 agisce come strumento di mediazione cognitiva, culturale e linguistica, in modi che non si discostano molto da quanto previsto dal Companion del QCER.
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Desnica, Dusan. "La Nave della legalità: gli effetti negli istituti scolastici del Centro Italia." Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata 8, no. 2 (December 29, 2022). http://dx.doi.org/10.54103/cross-19501.

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Abstract:
Il presente articolo ha l’obiettivo di analizzare gli effetti dell’esperienza della “Nave della legalità” sulla mobilitazione scolastica nelle regioni del Centro Italia. In particolare, l’intento è di restituire, in una prima parte, il valore di questa iniziativa attraverso le storie degli insegnanti e degli istituti scolastici più attivi e impegnati sul versante dell’educazione alla legalità; in una seconda parte mettere in luce il lascito che l’esperienza della “Nave della legalità” ha prodotto negli studenti e nelle studentesse che hanno partecipato al viaggio.
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Floriani, Mariaelena. "Natalia Ginzburg. «Scrivere con il corpo» sul margine del «buco del Reale»." altrelettere, January 4, 2022. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-57.

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Abstract:
Quest’articolo si propone di illustrare il legame tra corpo e scrittura che caratterizza la parabola creativa di Natalia Ginzburg (1916-1991) attraverso alcuni strumenti ermeneutici della psicanalisi lacaniana. Nella prima parte dell’articolo - Linguaggio e Inconscio - si definisce la natura del soggetto lacaniano, scisso tra parola soggettiva e struttura linguistica, tra il sé e l’illusione del sé: due poli divisi da un’opacità connaturata all’esistenza, che il linguaggio e la scrittura non possono risolvere. La seconda parte - La frammentazione come strumento narrativo e psicanalitico – indaga i modi in cui Natalia Ginzburg ha assunto su di sé la responsabilità di questa scissione trasformandola in contenente e contenuto di tutta la sua narrativa: da un lato, la frattura si manifesta tramite lo strumento della frammentazione, nelle diverse voci sperimentate dalla Ginzburg fra il 1942 e il 1984; dall’altro, la crepa diventa strumento psicanalitico-esistenziale per l’indagine del rapporto problematico tra soggetto e mondo. Ogni (non) presa di parola da parte dell’autrice o dei suoi personaggi è sintomo di un vuoto personalissimo e sempre diverso a seconda delle storie raccontate. Tenteremo di ricondurre la molteplicità di questi soggetti scissi all’unità tramite alcune delle pathosformeln descritte da Lacan, investendole di nuova luce. Nella terza parte - Scrivere con il corpo - si riassumono le strategie elaborate dalla scrittrice per rispondere al suo enjeux biografico, ovvero riuscire a scrivere malgrado l’infelicità causata dal rapporto con il «buco del Reale». Ogni parola vergata dalla penna di Natalia Ginzburg è una presa d’atto dell’intangibilità della vita e un atto di amore verso «l’opacità dell’enunciazione che soggiace agli enunciati che ne derivano».
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Zamboni, Lorenzo. "Ceramiche d’impasto decorate in Cisalpina tra seconda età del Ferro e romanizzazione – appunti per una ricerca." LANX. Rivista della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici - Università degli Studi di Milano, January 17, 2022, 118–48. http://dx.doi.org/10.54103/2035-4797/17090.

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Abstract:
Come già intuito da Maria Teresa Grassi, le classi ceramiche domestiche decorate sono un aspetto sottovalutato ma cruciale per decifrare la complessità delle interazioni culturali nelle regioni della Cisalpina centrale (Piemonte orientale, Lombardia, Emilia e Veneto occidentale). Il periodo considerato è compreso tra la metà del I millennio a.C. e la prima età imperiale, quando la pianura padana è un mosaico di culture e attori sociali in movimento che lasciano tracce nella cultura materiale che sfuggono alle categorie interpretative tradizionali. In questo lavoro si pongono le basi – tecniche e teoriche – per una riconsiderazione di quelle ceramiche d’impasto, realizzate a mano o al tornio lento, che vengono decorate con tecniche che traggono ispirazione da diverse regioni e culture (Liguria, Europa centrale), andando a formare un aspetto culturale che caratterizza abitati e necropoli dell’Italia settentrionale.
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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Preece, Abdul Shakour. "Make it mean! Using a ‘community of inquiry’ to improve language skills in the esl classroom." IIUM Journal of Educational Studies, December 30, 2013. http://dx.doi.org/10.31436/ijes.v1i1-2.15.

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Abstract:
The purpose of the study was to explore ways of making ESL classes more engaging for language learners at the International Islamic University Malaysia (IIUM). To this end, an instructional method known as ‘Community of Inquiry' (CI) where students sit in a circle and explain, challenge and justify one another’s opinions, arguments and assertions was combined with specially written ‘thinking stories' containing philosophical issues and elements of relevance to learners' culture. Two such stories were written and taught to a class of intermediate level, ESL learners at IIUM, over a five-week period, using CI method. Qualitative research methodology was utilized to evaluate learners' responses to the method and materials. Data collection instruments included: in-depth interviews, student-diaries, focused-group observation and teacher’s diary entries. The data was subsequently transcribed, analysed and arranged into themes and sub-themes using Nvivo - a qualitative research software. The results of the research showed that CI method, combined with thinking stories, holds great potential for improving all four language skills (listening, speaking, reading and writing) in a holistic way. For example, speaking and listening were practiced through CI discussions; grammar and vocabulary were learnt in-context using the thinking stories; pronunciation was practiced during read-aloud sessions of the stories and the philosophical issues and questions discussed provided an excellent stimulus for written work. In addition, students' confidence to speak-up in class grew, as did their ability to use critical thinking skills. It appears that combining CI method with thinking stories satisfied learners' cognitive, affective and cultural needs, and this, in turn, helped to increase their intrinsic motivation to study English - an important factor for effective language learning. The paper ends by suggesting ways to improve CI method for future implementations of this new approach to second language learning. Abstrak Tujuan kajian ini adalah untuk meneroka cara-cara bagi membuat kelas ESL lebih menarik bagi penuntut Bahasa di Universiti Islam Antarabangsa Malaysia (UIAM). Bagi tujuan ini, sejenis kaedah pembelajaran yang dikenali sebagai “Komuniti Inkuiri” (KI) di mana pelajar duduk dalam satu bulatan dan menjelaskan, mencabar dan mendokong pendapat, hujah dan dakwaan mereka, telah digabungkan dengan cerita-cerita yang ditulis khas berunsur pemikiran yang mengandungi isu falsafah dan unsur-unsur yang relevan kepada budaya penuntut. Dua buah cerita khas telah dikarang dan digunakan dalam sebuah kelas pelajar tahap pertengahan di UIAM bagi tempuh lima minggu menggunakan kaedah KI. Metodologi kualitatif telah digunakan bagi menilai respons pelajar kepada metode dan bahan mengajar. Instrumen untuk mengumpul data terdiri daripada temubual mendalam, diari pelajar, pemerhatian kumpulan fokus dan entri daripada diari guru. Data yang diperolehi telah ditranskripsikan, dianalisa dan disusun mengikut tema dan sub-tema menggunakan Nvivo – satu perisian bagi kajian kualitatif, Hasil kajian menunjukkan bahawa kaedah KI bergabung dengan cerita-cerita berunsur pemikiran mempunyai potensi yang amat besar bagi memajukan keempat-empat kemahiran Bahasa (mendengar, bertutur, membaca dan menulis) secara holistic. Kajian juga mendapati bahawa keyakina pelajar bertutur bertambah, dan juga kemahiran berfikir kritis. Penggabungan kaedah KI dan cerita khas untuk berfikir memenuhi keperluan kognitif, afektif dan budaya pelajar, yang akhirnya meningkatkan motivasi intrinsic untuk belajar Bahasa Inggeris. Kertas ini diakhiri dengan cadangan bagi memperbaiki kaedah KI bagi pelaksanaan akan datang.
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