Academic literature on the topic 'Storia delle istituzioni locali'

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Journal articles on the topic "Storia delle istituzioni locali"

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Cavazzoli, Luigi. "La Polenghi Lombardo e le istituzioni sperimentali e formative del Lodigiano." STORIA IN LOMBARDIA, no. 1 (July 2010): 5–40. http://dx.doi.org/10.3280/sil2010-001001.

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Abstract:
Con l'istituzione nel 1871 della Stazione di caseificio di Lodi. si apre il primo centro di ricerche in una zona di grande produzione di latte, che contribuě al progresso dell'industria lattiero casearia locale e nazionale. Inoltre, l'istruzione professionale si affermň in Italia con questa «Stazione»: e contribuě al lo sviluppo dell'industria lattiera italiana L'intreccio che nel Lodigiano si realizzň fra industria, sperimentazione e formazione nella filiera del latte č in gran parte dovuto alle proficue collaborazioni che s'instaurarono, fra istituzioni pubbliche e private; collaborazioni gestiste da scienziati e tecnici di notevole prestigio e da propensione all'intrapresa, che operarono in un ambiente particolarmente favorevole. Note biografiche: Luigi Cavazzoli dirige il Centro Studi Ivanoe Bonomi e collabora con il Dipartimento di Storia della societŕ e delle istituzioni dell'Universitŕ Statale di Milano, la Fondazione "F. Turati" di Firenze, l'Accademia nazionale virgiliana e l'Istituto mantovano di storia contemporanea. Email: luigi cavazzoli @tin.it
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Buono, Alessandro. "Guerra, élites locali e monarchia nella Lombardia del seicento. Per un'interpretazione in chiave di compromesso d'interessi." SOCIETÀ E STORIA, no. 123 (June 2009): 3–30. http://dx.doi.org/10.3280/ss2009-123002.

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Abstract:
- Through the case study of Spanish Lombardy during the Thirty years' war, the Author tries to link the latest results of military history with the politico-institutional framework, with a view to overcome the narrowness of an exclusive military approach. By focussing on the agenda of a commission for the control of the army composed of civil and military authorities from 1638 to 1679 and on the careers of some financiers and military entrepreneurs, the Author suggests the need to abandon the pattern of the militarization of society in order to describe the processes affecting the Milanesado. The military tool appears to be purposefully used to strengthen political and social ties between centre and periphery and also to integrate emerging social, economic and political groups into the Lombard power elite. The interpretation underlying the essay is therefore based on the idea of a «compromise of interests» between centre and periphery of the Spanish imperial system as a way to stabilize the situation of Lombardy.Keywords: Milan, Spanish Monarchy, XVIIth century, power élites, military history, institutional history, Thirty Years' WarParole chiave: Lombardia, Monarchia spagnola, secolo XVII, elites dominanti, storia militare, storia delle istituzioni, Guerra dei Trent'anni
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Pozzi, Daniele. "Lissone: una comunitŕ di mobilieri (1880-1970)." STORIA IN LOMBARDIA, no. 1 (July 2010): 78–112. http://dx.doi.org/10.3280/sil2010-001003.

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Abstract:
Il saggio analizza le origini della specializzazione manifatturiera di Lissone a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, soffermandosi in particolare sul rapporto tra artigiani a domicilio e grandi commercianti di mobili. Il periodo tra le due guerre mondiali vide una significativa modernizzazione del settore, soprattutto grazie alla mobilitazione di alcune istituzioni locali. Le iniziative promosse dalle autoritŕ comunali e dalle associazioni ebbero una forte rilevanza anche dopo la seconda guerra mondiale, in particolare con la creazione dell'Ente comunale del mobile (1951). Gli sforzi per un aggiornamento dell'artigianato locale naufragarono a causa del perdurare di alcune pratiche individualiste tradizionali e di un peggioramento della congiuntura nel corso dei decenni sessanta-settanta, mentre progressivamente veniva meno l'identificazione del tessuto produttivo locale con la specializzazione mobiliera. Note biografiche : Daniele Pozzi (1976) č assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico dell'Universitŕ commerciale "Luigi Bocconi" di Milano e insegna Storia economica e d'impresa presso l'Istituto di Economia dell'Universitŕ Carlo Cattaneo - LIUC di Castellanza (VA). Email: daniele.pozzi@unibocconi.it - dpozzi@liuc.it
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Giuseppe, Vecchio. "Tecniche di valutazione e caratteristiche istituzionali dell'autonomia universitaria." RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no. 48 (January 2012): 45–58. http://dx.doi.org/10.3280/riv2010-048004.

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Abstract:
Il problema della valutazione haa costiituito, da sempre, uno degli aspetti piů significativi della vita universitaria. L'universitŕ ha sempre costituito il luogo di valutazione della ricerca e, contemporaneamente, il luogo di valutazione dell'ammissibilitŕ degli studiosi alle funzioni di insegnamento e di ricerca finanziate e sostenute dalle varie espressioni della societŕ ( comunitŕ religiose, comunitŕ locali, Stato, ecc.). La valutazione č, dunque, essenziale alla vita e alla continuitŕ del sistema di formazione superiore e di ricerca per la formazione. In questa fase storica, sono entrati in crisi i meccanismi tradizionali di valutazione, fondati sull'autonomia e sull'autogoverno delle stesse comunitŕ accademiche, e si tenta di elaborare nuovi strumenti che garantiscano piů significativi livelli di oggettivitŕ e piů ampi spazi di di confronto per il riconoscimento della validitŕ della ricerca e, quindi, della legittimazione di coloro che la ‘professano'. L'obbiettivo del saggio č quello di proporre una riflessione sulla praticabilitŕ di metodi di valutazione che utilizzano sistemi ‘automatici' di ‘quantificazione' ai fini della formulazione dei ‘giudizi' e di metodi di valutazione che utilizzano sistemi ‘soggettivi accademicamente responsabili' di formulazione dei ‘giudizi'.
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Celi, Giuseppe, Andrea Ginzburg, Dario Guarascio, and Annamaria Simonazzi. "Una Unione divisiva. Una prospettiva centro-periferia della crisi europea." Il Politico 252, no. 2 (January 19, 2021): 195–98. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2020.522.

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Abstract:
La storia dell’integrazione europea resta ancora oggi, a sessantatré anni dalla fondazione della Comunità Economica Europea, uno dei temi fondamentali per comprendere l’Unione e i suoi sviluppi politici. Molti dei conflitti, delle tensioni, dei problemi strutturali e delle inefficienze che si riconducono all’Unione Europea, così come anche molti dei successi e delle fortune, sono realmente comprensibili soltanto con una conoscenza della storia delle istituzioni europee e della progressiva integrazione degli Stati Membri.
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Brunetti, Dimitri. "La storia della Bassa Valle Scrivia sul web." DigItalia 16, no. 1 (June 2021): 117–27. http://dx.doi.org/10.36181/digitalia-00030.

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Abstract:
Nel contesto dei portali culturali nazionali e regionali, il contributo propone il sito web condiviso fra tre comuni della Bassa Valle Scrivia che offre alla consultazione libera e gratuita un ricco patrimonio composto da fotografie, registrazioni sonore, audiovisivi, libri, inventari d'archivio, mappe, calendari e giornali locali per raccontare le vicende del territorio, delle famiglie e delle persone. Considerando gli elementi qualitativi e quantitativi che differenziano i grandi progetti dal variegato mosaico delle proposte sul web culturale offerte dalle realtà più piccole, l'illustrazione del sito piemontese vuole sollecitare il dibattito sulla convergenza delle esperienze per comporre un quadro unitario del patrimonio culturale nazionale.
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Marzio Cresci. "Nuove proposte per una scuola integrata con il territorio: la necessità di coordinare le risorse." IUL Research 1, no. 1 (July 24, 2020): 126–43. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v1i1.38.

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Abstract:
La riflessione inquadra le prospettive dell’outdoor education e dell’educazione non formale nella più ampia visione dello sviluppo della scuola di comunità: il tema centrale è quello dell’aula decentrata, si potrebbe dire della “scuola diffusa”, tema analizzato attraverso uno specifico modello metodologico, esperito dalla Regione Toscana. L’analisi delle fasi storiche del modello, la messa in evidenza delle potenzialità non ha solo lo scopo di offrire una testimonianza, ma soprattutto quello di individuare, con una lettura “sul campo”, alcuni aspetti chiave dell’integrazione scuola-territorio e del ruolo che le istituzioni locali possono giocare in una rinnovata alleanza.
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Di Benedetto, Paolo. "Costruire e ri-costruire la storia e l’identità d’Asia in età imperiale." Ars & Humanitas 16, no. 1 (December 22, 2022): 47–63. http://dx.doi.org/10.4312/ars.16.1.47-63.

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Abstract:
Nell’antica Grecia, il mito delle Amazzoni, che, nell’immaginario collettivo greco, rappresentavano l’elemento “altro”, è spesso associato a tradizioni di fondazione e di eponimia in rapporto a città, soprattutto nella Ionia e nell’Eolide d’Asia Minore. Queste tradizioni si possono rintracciare in racconti locali, che si sono conservati fino all’età imperiale romana, in un momento in cui, in particolare, si assiste ad una ripresa delle tradizioni greche arcaiche e classiche durante la seconda sofistica. L’epoca dell’imperatore Adriano, più di ogni altra, sarebbe stata importante per la rinascita ed il recupero di questi miti di fondazione, in quanto molte città ioniche ed eoliche (come Efeso, Smirne, Cuma e Mirina) creavano un nesso con il loro passato e con la loro origine per mezzo della figura dell’Amazzone, rappresentata anche sulla monetazione locale, con l’obiettivo di affermare la loro antichità e priorità: tali tradizioni sono attestate anche nelle fonti letterarie. Grazie alla remota antichità ed adattabilità, il mito di fondazione basato sulle Amazzoni attraversò diversi processi di rielaborazione e rifunzionalizzazione e fu riutilizzato come “paradigma” in Asia Minore, soprattutto in età imperiale, per sottolineare l’archaiologia delle antiche poleis. Queste elaborazioni, fondate su antiche tradizioni mitiche locali, sono state determinanti per riaffermare e rivendicare l’identità culturale ed etnica dei Greci sotto l’Impero romano in un preciso momento storico. Obiettivo del presente lavoro è indagare i processi di costruzione e ri-costruzione dell’identità cittadina attraverso l’analisi delle fonti relative ai racconti di fondazione e di eponimia attestati in Ionia e in Eolide in relazione al particolare contesto legato al revival delle tradizioni locali greche in età imperiale.
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Ricciardi, Giuseppe Carlo. "REGIONALISMO DELLA DIFFERENZIAZIONE E RIORDINO DELLE AUTONOMIE INFRAREGIONALI. UN GIOCO (ISTITUZIONALE) “NON A SOMMA ZERO”." Il Politico 254, no. 1 (June 7, 2021): 62–85. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.561.

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Abstract:
Nell’ultimo decennio il sistema delle autonomie di molti Stati nazionali aderenti all’Unione Europea ha conosciuto una stagione informata alla razionalizzazione. Si tratta di una reazione ai rilievi formulati da alcune Istituzioni europee1, che hanno ravvisato nella dimensione multilivello dei governi locali degli Stati membri maggiormente in difficoltà dal punto di vista finanziario una fonte di spesa da rivedere in chiave riduttiva, alla luce della crisi economica che ha colpito l’Europa.
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Loner, Arnaldo. "Il lavoro del medico: La legge, la deontologia." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 4 (March 22, 2022): 248–54. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-5.

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Abstract:
Gli esseri umani stanno insieme, vivono insieme. Sono milioni nelle grandi capitali, poche migliaia nei piccoli centri. Il loro stare vicini cagiona e promuove incontri, relazioni, rapporti. Anche contrasti. Sono necessarie delle regole, una disciplina. Questo per ogni settore delle molteplici attività umane. La sanità rappresenta un elemento essenziale nella vita delle comunità e sussiste una particolare necessità di regolamentare compiutamente lo svolgimento di questa indispensabile attività di protezione della vita e della salute dell’uomo. Lo stato, con il parlamento e le istituzioni locali provvedono a disciplinare in modo dettagliato con specifiche disposizioni legislative il funzionamento delle organizzazioni sanitarie e il lavoro degli operatori sanitari. Vi sono numerose leggi che obbligano tutti i cittadini, non soltanto gli addetti alla sanità, all’applicazione ed al rispetto delle disposizioni.
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Dissertations / Theses on the topic "Storia delle istituzioni locali"

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Grazia, Mura Angela. "L’archivio dell’Ufficio capitaniale e vicariale di Fassa. Sezione di Antico regime (1550-1803)." Doctoral thesis, Università di Siena, 2018. http://hdl.handle.net/11365/1046842.

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Abstract:
Angela Grazia Mura L’archivio dell’Ufficio capitaniale e vicariale di Fassa. Sezione di Antico regime (1550-1803) Tesi di dottorato in Beni culturali e Storia medievale discussa presso l’Università degli studi di Siena a.a. 2016-2017, tutor prof. Andrea Giorgi Abstract Oggetto della ricerca è lo studio dell’archivio dell’Officio capitaniale e vicariale di Fassa di Antico regime, nell’arco di tempo compreso tra l’inizio di una organizzata e strutturata produzione documentaria (1549) e la secolarizzazione del Principato vescovile di Bressanone (1803), organismo statuale dell’Impero del quale esso amministrava la circoscrizione territoriale (giudizio) corrispondente all’omonima valle, oggi nella porzione nord-orientale del Trentino (I). Lo studio della struttura ordinamentale dell’archivio e dal suo inventario, oggetto della parte centrale del lavoro, consente di delineare il contesto di produzione, trasmissione e conservazione documentaria, il funzionamento della cancelleria principale dell’ufficio e le sue relazioni con quelle periferiche, ma anche gli strumenti di cui il potere principesco si serviva per amministrare la giustizia e le proprie rendite dal territorio. Ne emergono elementi di dettaglio per tratteggiare il quadro delle competenze istituzionali dell’ente produttore – di controllo politico e di amministrazione della giustizia, della fiscalità e delle rendite economiche vescovili in Valle –, che si sono espresse, nell’arco di questi due secoli e mezzo, attraverso la documentazione scritta. La descrizione del profilo storico-istituzionale del Giudizio di Fassa e delle relazioni verticali – con il Principato da una parte e con le sue comunità dall’altra – e trasversali, con i giudizi circumvicini con il potere principesco vescovile, che viene presentata nella prima parte del lavoro, consente di collocare opportunamente le modalità di inquadramento di terre, persone e comunità entro il quadro giuspubblicistico. Lo studio del fondo archivistico lasciato dall’Ente, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Trento, e l’inventario, a livello di fascicolo, delle 430 unità individuate, vengono presentati nella seconda parte del lavoro, con un’opportuna premessa sulla struttura ordinamentale e sulle vicende archivistiche otto- e novecentesche. Le opere consultate – manoscritte, al di fuori del fondo oggetto dello studio, e a stampa – sono riportate nella terza parte del lavoro, assieme all’edizione di documenti inediti relativi alla Val di Fassa ritenuti di particolare rilevanza per illuminare l’assetto costituzionale del Giudizio e le dinamiche di produzione e conservazione documentaria. I motivi di interesse storico e culturale di questa ricerca derivano dalla posizione della Val di Fassa, posta a cerniera tra l’area culturale tedesca e quella italiana, e parte integrante di un enclave ladino-dolomitico, e dal suo essere profondamente compenetrata di usi giuridici provenienti da ciascuna di queste tradizioni. Le stesse procedure di documentazione che troviamo attestate in questo distretto, mostrano dagli albori della prima Età moderna, in piena aderenza con quanto vediamo accadere nello stesso torno di anni nei territori di lingua tedesca sottoposti allo statuto della Contea del Tirolo o al principe vescovo di Bressanone, ove vigevano statuti locali allineati a quelli tirolesi, i segnali di una precoce statalizzazione delle funzioni in area italiana comunemente assolte dai notai e la progressiva assunzione della pubblica scritturalità in capo alle cancellerie degli organi locali. Questo determinante passaggio, dai primi anni del XVI secolo, segnala una radicale trasformazione nelle modalità di conferimento della riconoscibilità pubblica ai documenti: all’affievolirsi dell’istituto notarile corrisponde, infatti, una presenza più assidua del sigillo quale elemento di validazione degli atti. A cavallo tra Quattro- e Cinquecento la documentazione di tutti i rapporti di diritto civile dei soggetti privi di autonoma capacità di validare con un proprio sigillo i negozi giuridici inerenti ai propri beni e ai propri diritti (riservata al ceto nobiliare, all’alto clero e alle città, poi estesa progressivamente alla nobiltà minore, ai ministeriali, al notabilato urbano e rurale), quindi di cives e di contadini («bey Stetten und Gerichten»), venne fatta convergere verso le cancellerie dei giudizi (cittadini o rurali) e validata con il sigillo del giudice, ovvero del capitano e vicario: nella fascia territoriale governata o orientata allo Statuto tirolese non più il notaio ma l’ufficiale del giudizio – quindi l’emissario sul territorio del potere signorile – conferiva, con la sua autorità, fides publica agli accordi stipulati fra privati, apponendovi il proprio sigillo e facendo registrare l’atto stesso tra le scritture ufficiali. L’assolvimento di queste competenze impose, a partire dal primo XVI secolo, d’individuare adeguati strumenti per instaurare il controllo centrale sullo stato delle proprietà ai fini della perequazione fiscale. In questa direzione si rivelò strategico attingere allo stato delle proprietà reali e alla situazione patrimoniale della popolazione, tenendone registrazione ufficiale in appositi libri di archiviazione o d’insinuazione aggiornati e conservati dai giudizi, chiamati in lingua locale Verfachbücher. La diffusione della tipologia documentaria dei Verfachbücher riguardò le giurisdizioni tirolesi soggette ai conti del Tirolo e all’episcopato brissinese, e quindi la stessa Valle di Fassa e il confinante Giudizio di Livinallongo, mentre nelle giurisdizioni tirolesi sottratte all’episcopato trentino – come il Primiero e le altre ai Confini d’Italia – o alla Repubblica di Venezia – come Ampezzo – si lasciò sussistere il diritto vigente e con esso la prassi notarile di validazione e conservazione degli atti. Si delinea così una mappa di distribuzione abbastanza frastagliata e non immediatamente sovrapponibile né, da una parte, ai confini dei territori soggetti allo statuto del Tirolo, né, d’altro canto, ai territori ove prevaleva la lingua tedesca. In numerosi istituti del diritto di famiglia, particolarmente riguardanti il diritto di successione e la trasmissione dei diritti reali, ed in quelli del diritto comunitario, che ebbero riflessi visibili non solo nell’organizzazione delle comunità insediate e nello sfruttamento delle risorse collettive ma anche e nell’evoluzione dei nuclei abitati, la Valle di Fassa guarda invece, in prevalenza, alle vicine comunità trentine, e in particolare alla Valle di Fiemme. Lo spaccato offerto sulla storia istituzionale del Giudizio di Fassa offre dunque numerosi spunti di collegamento con i processi di sviluppo storico della regione trentino-tirolese nella Prima età moderna.
The PhD thesis deals with the archival fonds produced by the Officio capitaniale e vicariale di Fassa (the Captain’s and Vicar’s Office of Val di Fassa, I-TN), covering a period from the middle of the 16th century – when the structured organisation of the archives began – to the secularisation of the see of the Prince Bishop of Bressanone at end of the 17th century. From this small state body within the German Empire the Fassa Officio administered the territory and population of Val di Fassa, which is nowadays part of North-East Trentino. The 430 descripted units of the fonds created by this institution are now preserved in the State Archives in Trento. The first part deals with the institutional history of the Fassa Officio and the pattern of government – with the Officio on the one hand as a link between the Prince Bishop and the rural community and, on the other hand, its relationship with the other Giudizi in the surrounding territory. It gives us an insight into the management of land, persons and community from a public law point of view. The analysis of the structure and inventory of the fonds, which constitutes the central part of the thesis, sheds light on the production, transmission and conservation of the written documentation of the main Chancellery of the Officio, and its relationship with the peripheral scribes, and also the means by which the Prince Bishop administered justice and kept track of his income from his lands. The range of competence of this administrative and jurisdictional body is well documented for over two centuries. In the third part of the thesis are listed published and manuscript sources; also the transcription and comment of unpublished documents relevant to Fassa and its constitutional organisation, and to show the custom of documentation. The historical and cultural interest of this research is related to the geographical position of Val di Fassa (which in Ladin means a “strip of land”), wedged between a German-speaking area to the North and an Italian-speaking area to the South, and at the same time an integral part of a Ladino Dolomite enclave. Val di Fassa is therefore a melting pot of various judicial and cultural customs. The keeping of public documentation in this area shows from the early modern period that the work previously carried out by notaries was being taken over by public officials. Documentation was becoming progressively the task of the chancelleries of the giudizi and of the local public bodies. The same was happening in most of the neighbouring German-speaking Tyrol as well as in the rest part of Prince Bishopric of Bressanone. This significant change at the beginning of the 16th century shows a radical transformation in the method of making documents probative (i.e. imbued with publica fides, public faith and credit): the custom of putting a seal on a document as a guarantee of authenticity went hand in hand with the weakening of the function of the notaries of the Latin tradition. Between the 15th and 16th century contracts between persons (cives and peasants) who were not allowed to validate with a seal of their own their legal transactions, needed to be written by public chancelleries and validated by a judge (only nobles, high-ranking clergy and towns had their own seal, which was later extended to lower-ranking nobles and the upper middle classes in towns and in the country). In the strip of land falling within the jurisdiction of the Tyrolean statute it was no longer the notary but the judicial officer, meaning the local lord’s emissary, who authenticated – fides publica – contracts between private parties. This he did by stamping his seal on the document and by officially registering the contract. From the 16th century on, in order to establish central control over property rights for tax proposes, people’s rights to property were entered in special archival registers kept in the Giudizi, known locally as libri di archiviazione or Verfachbücher. This type of documentation also spread to areas under Tyrolean jurisdiction, governed by the Counts of Tyrol and also in the see of Bressanone, which included Val di Fassa and the neighbouring Giudizio of Livinallongo. This change in the law did not however affect areas that were now under Tyrolean jurisdiction and no longer under the Bishop of Trento – i.e. Primiero and the other Giudizi on the Italian border – or under the Republic of Venice – such as Ampezzo –, where the previous legal system continued to exist and the notary procedure continued as before. As we see, the pattern of distribution of these contract registers in the whole region is not strictly confined to German-speaking areas, nor to areas that came under the Tyrolean Statute. Val di Fassa, on the other hand, was primarily influenced by neighbouring Trentino – particularly by Val di Fiemme – with regard to the broad spectrum of private law including family law, property, testamentary law and community law. This in turn has affected not just the organisation of the community and access to jointly-owned resources, but indeed the whole pattern of settlement. Val di Fassa as case of study provides insight into the historic and institutional development of the whole Trentino-Tyrolean Region in the early modern age.
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GARA, MARTA. ""CHANGE THE SYSTEM FROM WITHIN". PARTICIPATORY DEMOCRACY E RIFORME ISTITUZIONALI NEGLI STATI UNITI DEGLI ANNI SETTANTA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/100610.

Full text
Abstract:
La tesi è stata intitolata “Change the System From Within”. La participatory democracy e le riforme istituzionali negli Stati Uniti degli anni Sessanta e si compone di cinque capitoli. Nel primo capitolo si riprende l’idea di participatory democracy emersa in seno alla New Left e ai movimenti sociali dei lunghi anni Sessanta. In questo contesto il concetto di participatory democracy assunse due principali accezioni: da una parte rappresentava la rivendicazione politica di un maggior coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle politiche - locali, statali e federali - frutto della crisi di legittimità che la democrazia americana stava attraversando in quegli anni; dall’altra, il concetto venne adottato come principio organizzativo all’interno dei gruppi stessi di attivisti, con la funzione di prefigurare quelle riforme politico-istituzionali cui gli stessi militanti aspiravano. Dalla stessa temperie di contestazione sorse del resto anche la critica che alcuni studiosi mossero alla teoria liberale pluralista e alla sua esemplificazione nella coeva democrazia americana. Nel primo capitolo si mostra proprio come da quelle rielaborazioni critiche degli anni Sessanta emerse anche il primo modello di participatory democracy in seno alla teoria politica, sviluppato pienamente negli anni Settanta e Ottanta da Carole Pateman, Crawford B. Macpherson e Benjamin Barber. Questa parte del lavoro di tesi si propone quindi di accostare alle pratiche partecipative introdotte dai movimenti anche la ricostruzione dello sviluppo graduale di una teoria politica della participatory democracy. Tale riflessione è completata da un’analisi storica di ampio raggio, necessaria a meglio contestualizzare il fenomeno e ad includere le nuove richieste democratiche nell’ambito di una tradizione democratico-rappresentativa già dotata di istituti partecipativi di democrazia diretta. Chiarito il quadro storico-politico degli anni Sessanta, il secondo capitolo analizza la ricezione dell’idea di participatory democracy nelle politiche federali. A questo proposito si illustra come il principio di citizen participation fosse stato recepito già con la War on Poverty promossa da Lindon B. Johnson alla metà degli anni Sessanta e fu mantenuto, con esiti istituzionali differenti, almeno fino alla fine della presidenza Carter. Si dimostra inoltre che, malgrado il dettato legislativo federale fosse spesso approssimativo sulle modalità operative, quel principio ebbe in realtà un notevole impatto sulle relazioni intergovernative. Tale principio favorì ad esempio l’intraprendenza di molti amministratori locali nel promuovere il decentramento amministrativo e politico su base di quartiere. Nel terzo capitolo l’analisi affronta le principali trasformazioni in senso partecipativo avvenute nei sistemi di governo statali e locali negli anni Settanta, mettendole in relazione anche alle dinamiche intergovernative di più lungo periodo. Il capitolo è strutturato in modo tale da evidenziare il tendenziale recupero e rafforzamento di istituti già esistenti, come l’initiative, i public hearing e gli school district come strumenti di rivendicazione del community control in alcune città di grandi dimensioni. Mentre il secondo e terzo capitolo tendono a osservare le riforme istituzionali degli anni Settanta in senso partecipativo in seno al governo federale, statale e locale, i due successivi capitoli mirano ad osservare l’impatto della participatory democracy nel confronto tra attivismo militante e pratiche amministrative tradizionali degli anni Settanta. Il quarto capitolo è infatti dedicato all’ingresso della nuova generazione di politici progressisti nelle amministrazioni locali e statali fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Per analizzarlo si è deciso di analizzare come principale caso di studio la Conference on Alternative State and Local Policy (CASLP), una organizzazione e forum nazionale che mirava proprio ad unire alle istanze dei progressisti una expertise di governo. Nell’ambito della CASLP, la cosiddetta Coalizione progressista di Berkeley, CA, fornì un caso esemplare di strategia di confronto con le istituzioni locali e per questo il capitolo le dedica una attenta disanima. La pluriennale esperienza di azione collettiva dei progressisti di Berkeley nell’arena istituzionale è infatti rilevante sia per l’innovazione nella strategia istituzionale, sia per attestare una evoluzione dell’idea di participatory democracy nel tempo. Il quinto capitolo ricostruisce ed analizza la carriera politica di Tom Hayden negli anni in cui passò dall’attivismo alla politica istituzionale, con la campagna elettorale per diventare Senatore della California in Congresso (1975-1976) e la successiva Campaign for Economic Democracy (1976-1982), confermando la spiccata propensione del leader all’innovazione istituzionale in senso partecipativo. In particolare, nella campagna elettorale per il Senato del Congresso del 1976 Hayden riuscì a implementare forme di decision-making partecipato in seno allo staff. Nella gestione del personale cercò inoltre di favorire l’empowerment di volontari e cittadini senza perdere di vista i requisiti essenziali per la sopravvivenza della campagna: fundraising e propaganda. In linea con la sua battaglia contro le distorsioni economiche del big business, scelse di non accettare fondi da corporation e banche e riuscì nell’intento di essere sostenuto per gran parte da small donors. Hayden dunque introdusse pratiche di participatory democracy in seno alla campagna elettorale e continuò a rivendicare la sua fiducia nella forza dei movimenti grass-roots. L’analisi storica, ad ogni modo, evidenzia anche le criticità che derivavano dall’uso di pratiche partecipative nella governance della campagna elettorale. Atttraverso l’analisi teorica e politico-istituzionale della democrazia partecipativa americana fra gli anni Sessanta e Settanta su vari livelli istituzionali (federale, statale e locale), questo progetto di ricerca tenta quindi di colmare un vuoto storiografico e, al tempo stesso intende contribuire alla definizione storico-istituzionale della participatory democracy in seno alla democrazia rappresentativa degli Stati Uniti. Infine, la presente ricerca mira a inserirsi nel dibattito pubblico contemporaneo sulla participatory democracy, offrendo una visione storico-istituzionale importante per meglio comprendere il fenomeno e che, finora, non ha ricevuto l’attenzione che meriterebbe.
Chapter 1 retrieves the idea of participatory democracy stemmed from the Long 1960s New Left and the following social movements. Indeed, the concept of participatory democracy mainly acquired two slightly different shapes in that historical framework. From one hand, it meant the broad political call for common citizens’ greater involvement in the policy-making - at the local, state and federal level. That request was in fact a reply to the ongoing crisis of the American democracy, in terms of political legitimacy and social representation of minorities and poor people. In the other hand, participatory democracy represented the organizing principle adopted by most of the grass-roots groups of that period, with a clear prefigurative function. Indeed, making the activist groups’ inner decision-making participatory was a way for the collectives to anticipate the institutional changes they aspired to. In the meantime, because of the same disaffection against the raising social and political inequalities, some political science scholars elaborated a critique to the pluralist version of the liberal democracy - then the most praised one, as well as credited as it was embodied in the American democracy. Those 1960s critiques were eventually used to conceive the first political theory of participatory democracy in the 1970s and 1980s, as Chapter 1 shows. The participatory democracy’s canon was in fact mostly developed by Carole Pateman, Crawford B. Macpherson and Benjamin Barber. Beside the intellectual history of participatory democracy from 1960s to 1980s, Chapter 1 allows to contextualize ideas and practices of common citizens’ participation into the wider history of the American Political Development. According to that, chapter 1 also provides a detailed analysis of the participatory political institutions that were traditionally part of the United States representative democracy. Chapter 2 verifies whether the 1960s idea of participatory democracy actually affected the federal public policies of the late 1960s and 1970s. Indeed the principle of “citizen participation” was introduced in some of the War on Poverty legislations, promoted by Lyndon B. Johnson since the mid-1960s. Although the heterogeneous institutional effects, that principle was maintained in some grant-in-aid projects until the end of the Carter administration, through the Nixon and Ford administrations. Therefore, the political meanings assumed by the idea of “citizen participation” and its institutional consequences from 1964 to 1980 are carefully analyzed in chapter 2. Moreover, chapter 2 shows that the principle of citizen participation had such a strong impact on the intergovernmental relations. It thus brought forward, for instance, the local public officers’ entrepreneurship towards the local devolution, shifting the administrative and political power base from the center to the neighborhood. Chapter 3 deals with the 1970s main institutional reforms aimed at introducing the common citizens’ participation in the government decision-making at the state and local levels. Those reforms are deeply related to some long-lasting intergovernmental dynamics and this relationship is also argued. The same chapter’s lay-out is vowed to underline the 1970s general trend of retrieval and enhancing of traditional institutions, such as the initiative (direct democracy), the public hearings and the school districts. The school board was indeed reevaluated and reshaped as a means of community control in the biggest cities. As chapters 2 and 3 aim at exploring the implementation of participatory reforms in the federal, state and local level of government, chapters 4 and 5 aim at inquiring the participatory democracy’s impact on the 1970s boundary of polity - the space where activism meets political institutions. Chapter 4 inquires the new generations of progressive politicians entering the local and state administrations from the late 1960s to the mid-1970s. To frame that national phenomenon, the historical analysis use the Conference of Alternative States and Local Policies (CASLP) as a case study. CASLP was indeed a national organization born in 1975 to give voice to the progressive public officers around the country and allowed them sharing their government experiences for a more effective institutional impact. Inside CASLP, the progressive coalition of Berkeley, CA (called Berkeley Citizens’ Action, BCA) was especially spotted for its exemplary strategy to confront local political institutions. The 1970s BCA’s political actions are thus specifically analyzed. In fact, the institutional approach of the Berkeley progressive coalition resulted to be innovative in terms of strategy as well as successful in introducing new forms of participatory democracy into the local government, assessing the 1970s evolution of the participatory democracy political theory and practices. Chapter 5 retraces the political career of the former New Left leader Tom Hayden during the years of turning from activism to institutional politics. Especially, the analysis focuses on the 1975-1976 U.S. Senate Campaign and the following Campaign for Economic Democracy (CED), a coalition project and organization led by Hayden with the goal of mobilizing activists and public officers around the issues of economic justice, environmental and economic public policies (1976-1982). That period - just before Hayden was elected representative at the California Legislature in 1982 - is thus analyzed as a testing ground to verify his long-lasting commitment towards participatory democracy. The historical and political analysis, based on original archival findings, confirms Hayden’s inclination for institutional innovation in the participatory realm. In particular, during the 1975-1976 electoral campaign for the U.S. Senate in California Hayden introduced participatory forms of decision-making involving staff people, volunteers and supporting grass-roots groups. Moreover, that campaign’s staff and people management was conceived in order to directly empower citizens and volunteers, without losing track of the campaigning basic requirements (e. g. fundraising and propaganda). As he stood against big business and economic inequalities, he chose to reject fundings from corporations and banks. Therefore his electoral campaign was mostly sustained by small donors. Hayden successfully made the campaigning more open, accountable and participatory and kept on sponsoring his trust in community organizing and grass-roots social movements even in his following political endeavour, CED. Eventually, the investigation casts lights on the strengths, as well as the critical issues, produced by the Hayden’s participatory governance of campaigning. By the means of analysing the intellectual history and the institutional implementation of participatory democracy during late 1960s-1970s United States, this research project firstly aims at making up the lack of historiography about the topic. In the second stance, grounding the institutional and political history of participatory democracy in the United States representative democracy - where the concept was born - this research project intends to provide a first genealogy of the participatory democracy’s institutional implementation. In this sense, the research projects wants also to contribute to the contemporary debate on the participatory democracy. It is indeed a compelling and popular issue in many worldwide political arenas, but it is still rarely defined by its historical and institutional terms.
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3

GARA, MARTA. ""CHANGE THE SYSTEM FROM WITHIN". PARTICIPATORY DEMOCRACY E RIFORME ISTITUZIONALI NEGLI STATI UNITI DEGLI ANNI SETTANTA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/100610.

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Abstract:
La tesi è stata intitolata “Change the System From Within”. La participatory democracy e le riforme istituzionali negli Stati Uniti degli anni Sessanta e si compone di cinque capitoli. Nel primo capitolo si riprende l’idea di participatory democracy emersa in seno alla New Left e ai movimenti sociali dei lunghi anni Sessanta. In questo contesto il concetto di participatory democracy assunse due principali accezioni: da una parte rappresentava la rivendicazione politica di un maggior coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle politiche - locali, statali e federali - frutto della crisi di legittimità che la democrazia americana stava attraversando in quegli anni; dall’altra, il concetto venne adottato come principio organizzativo all’interno dei gruppi stessi di attivisti, con la funzione di prefigurare quelle riforme politico-istituzionali cui gli stessi militanti aspiravano. Dalla stessa temperie di contestazione sorse del resto anche la critica che alcuni studiosi mossero alla teoria liberale pluralista e alla sua esemplificazione nella coeva democrazia americana. Nel primo capitolo si mostra proprio come da quelle rielaborazioni critiche degli anni Sessanta emerse anche il primo modello di participatory democracy in seno alla teoria politica, sviluppato pienamente negli anni Settanta e Ottanta da Carole Pateman, Crawford B. Macpherson e Benjamin Barber. Questa parte del lavoro di tesi si propone quindi di accostare alle pratiche partecipative introdotte dai movimenti anche la ricostruzione dello sviluppo graduale di una teoria politica della participatory democracy. Tale riflessione è completata da un’analisi storica di ampio raggio, necessaria a meglio contestualizzare il fenomeno e ad includere le nuove richieste democratiche nell’ambito di una tradizione democratico-rappresentativa già dotata di istituti partecipativi di democrazia diretta. Chiarito il quadro storico-politico degli anni Sessanta, il secondo capitolo analizza la ricezione dell’idea di participatory democracy nelle politiche federali. A questo proposito si illustra come il principio di citizen participation fosse stato recepito già con la War on Poverty promossa da Lindon B. Johnson alla metà degli anni Sessanta e fu mantenuto, con esiti istituzionali differenti, almeno fino alla fine della presidenza Carter. Si dimostra inoltre che, malgrado il dettato legislativo federale fosse spesso approssimativo sulle modalità operative, quel principio ebbe in realtà un notevole impatto sulle relazioni intergovernative. Tale principio favorì ad esempio l’intraprendenza di molti amministratori locali nel promuovere il decentramento amministrativo e politico su base di quartiere. Nel terzo capitolo l’analisi affronta le principali trasformazioni in senso partecipativo avvenute nei sistemi di governo statali e locali negli anni Settanta, mettendole in relazione anche alle dinamiche intergovernative di più lungo periodo. Il capitolo è strutturato in modo tale da evidenziare il tendenziale recupero e rafforzamento di istituti già esistenti, come l’initiative, i public hearing e gli school district come strumenti di rivendicazione del community control in alcune città di grandi dimensioni. Mentre il secondo e terzo capitolo tendono a osservare le riforme istituzionali degli anni Settanta in senso partecipativo in seno al governo federale, statale e locale, i due successivi capitoli mirano ad osservare l’impatto della participatory democracy nel confronto tra attivismo militante e pratiche amministrative tradizionali degli anni Settanta. Il quarto capitolo è infatti dedicato all’ingresso della nuova generazione di politici progressisti nelle amministrazioni locali e statali fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Per analizzarlo si è deciso di analizzare come principale caso di studio la Conference on Alternative State and Local Policy (CASLP), una organizzazione e forum nazionale che mirava proprio ad unire alle istanze dei progressisti una expertise di governo. Nell’ambito della CASLP, la cosiddetta Coalizione progressista di Berkeley, CA, fornì un caso esemplare di strategia di confronto con le istituzioni locali e per questo il capitolo le dedica una attenta disanima. La pluriennale esperienza di azione collettiva dei progressisti di Berkeley nell’arena istituzionale è infatti rilevante sia per l’innovazione nella strategia istituzionale, sia per attestare una evoluzione dell’idea di participatory democracy nel tempo. Il quinto capitolo ricostruisce ed analizza la carriera politica di Tom Hayden negli anni in cui passò dall’attivismo alla politica istituzionale, con la campagna elettorale per diventare Senatore della California in Congresso (1975-1976) e la successiva Campaign for Economic Democracy (1976-1982), confermando la spiccata propensione del leader all’innovazione istituzionale in senso partecipativo. In particolare, nella campagna elettorale per il Senato del Congresso del 1976 Hayden riuscì a implementare forme di decision-making partecipato in seno allo staff. Nella gestione del personale cercò inoltre di favorire l’empowerment di volontari e cittadini senza perdere di vista i requisiti essenziali per la sopravvivenza della campagna: fundraising e propaganda. In linea con la sua battaglia contro le distorsioni economiche del big business, scelse di non accettare fondi da corporation e banche e riuscì nell’intento di essere sostenuto per gran parte da small donors. Hayden dunque introdusse pratiche di participatory democracy in seno alla campagna elettorale e continuò a rivendicare la sua fiducia nella forza dei movimenti grass-roots. L’analisi storica, ad ogni modo, evidenzia anche le criticità che derivavano dall’uso di pratiche partecipative nella governance della campagna elettorale. Atttraverso l’analisi teorica e politico-istituzionale della democrazia partecipativa americana fra gli anni Sessanta e Settanta su vari livelli istituzionali (federale, statale e locale), questo progetto di ricerca tenta quindi di colmare un vuoto storiografico e, al tempo stesso intende contribuire alla definizione storico-istituzionale della participatory democracy in seno alla democrazia rappresentativa degli Stati Uniti. Infine, la presente ricerca mira a inserirsi nel dibattito pubblico contemporaneo sulla participatory democracy, offrendo una visione storico-istituzionale importante per meglio comprendere il fenomeno e che, finora, non ha ricevuto l’attenzione che meriterebbe.
Chapter 1 retrieves the idea of participatory democracy stemmed from the Long 1960s New Left and the following social movements. Indeed, the concept of participatory democracy mainly acquired two slightly different shapes in that historical framework. From one hand, it meant the broad political call for common citizens’ greater involvement in the policy-making - at the local, state and federal level. That request was in fact a reply to the ongoing crisis of the American democracy, in terms of political legitimacy and social representation of minorities and poor people. In the other hand, participatory democracy represented the organizing principle adopted by most of the grass-roots groups of that period, with a clear prefigurative function. Indeed, making the activist groups’ inner decision-making participatory was a way for the collectives to anticipate the institutional changes they aspired to. In the meantime, because of the same disaffection against the raising social and political inequalities, some political science scholars elaborated a critique to the pluralist version of the liberal democracy - then the most praised one, as well as credited as it was embodied in the American democracy. Those 1960s critiques were eventually used to conceive the first political theory of participatory democracy in the 1970s and 1980s, as Chapter 1 shows. The participatory democracy’s canon was in fact mostly developed by Carole Pateman, Crawford B. Macpherson and Benjamin Barber. Beside the intellectual history of participatory democracy from 1960s to 1980s, Chapter 1 allows to contextualize ideas and practices of common citizens’ participation into the wider history of the American Political Development. According to that, chapter 1 also provides a detailed analysis of the participatory political institutions that were traditionally part of the United States representative democracy. Chapter 2 verifies whether the 1960s idea of participatory democracy actually affected the federal public policies of the late 1960s and 1970s. Indeed the principle of “citizen participation” was introduced in some of the War on Poverty legislations, promoted by Lyndon B. Johnson since the mid-1960s. Although the heterogeneous institutional effects, that principle was maintained in some grant-in-aid projects until the end of the Carter administration, through the Nixon and Ford administrations. Therefore, the political meanings assumed by the idea of “citizen participation” and its institutional consequences from 1964 to 1980 are carefully analyzed in chapter 2. Moreover, chapter 2 shows that the principle of citizen participation had such a strong impact on the intergovernmental relations. It thus brought forward, for instance, the local public officers’ entrepreneurship towards the local devolution, shifting the administrative and political power base from the center to the neighborhood. Chapter 3 deals with the 1970s main institutional reforms aimed at introducing the common citizens’ participation in the government decision-making at the state and local levels. Those reforms are deeply related to some long-lasting intergovernmental dynamics and this relationship is also argued. The same chapter’s lay-out is vowed to underline the 1970s general trend of retrieval and enhancing of traditional institutions, such as the initiative (direct democracy), the public hearings and the school districts. The school board was indeed reevaluated and reshaped as a means of community control in the biggest cities. As chapters 2 and 3 aim at exploring the implementation of participatory reforms in the federal, state and local level of government, chapters 4 and 5 aim at inquiring the participatory democracy’s impact on the 1970s boundary of polity - the space where activism meets political institutions. Chapter 4 inquires the new generations of progressive politicians entering the local and state administrations from the late 1960s to the mid-1970s. To frame that national phenomenon, the historical analysis use the Conference of Alternative States and Local Policies (CASLP) as a case study. CASLP was indeed a national organization born in 1975 to give voice to the progressive public officers around the country and allowed them sharing their government experiences for a more effective institutional impact. Inside CASLP, the progressive coalition of Berkeley, CA (called Berkeley Citizens’ Action, BCA) was especially spotted for its exemplary strategy to confront local political institutions. The 1970s BCA’s political actions are thus specifically analyzed. In fact, the institutional approach of the Berkeley progressive coalition resulted to be innovative in terms of strategy as well as successful in introducing new forms of participatory democracy into the local government, assessing the 1970s evolution of the participatory democracy political theory and practices. Chapter 5 retraces the political career of the former New Left leader Tom Hayden during the years of turning from activism to institutional politics. Especially, the analysis focuses on the 1975-1976 U.S. Senate Campaign and the following Campaign for Economic Democracy (CED), a coalition project and organization led by Hayden with the goal of mobilizing activists and public officers around the issues of economic justice, environmental and economic public policies (1976-1982). That period - just before Hayden was elected representative at the California Legislature in 1982 - is thus analyzed as a testing ground to verify his long-lasting commitment towards participatory democracy. The historical and political analysis, based on original archival findings, confirms Hayden’s inclination for institutional innovation in the participatory realm. In particular, during the 1975-1976 electoral campaign for the U.S. Senate in California Hayden introduced participatory forms of decision-making involving staff people, volunteers and supporting grass-roots groups. Moreover, that campaign’s staff and people management was conceived in order to directly empower citizens and volunteers, without losing track of the campaigning basic requirements (e. g. fundraising and propaganda). As he stood against big business and economic inequalities, he chose to reject fundings from corporations and banks. Therefore his electoral campaign was mostly sustained by small donors. Hayden successfully made the campaigning more open, accountable and participatory and kept on sponsoring his trust in community organizing and grass-roots social movements even in his following political endeavour, CED. Eventually, the investigation casts lights on the strengths, as well as the critical issues, produced by the Hayden’s participatory governance of campaigning. By the means of analysing the intellectual history and the institutional implementation of participatory democracy during late 1960s-1970s United States, this research project firstly aims at making up the lack of historiography about the topic. In the second stance, grounding the institutional and political history of participatory democracy in the United States representative democracy - where the concept was born - this research project intends to provide a first genealogy of the participatory democracy’s institutional implementation. In this sense, the research projects wants also to contribute to the contemporary debate on the participatory democracy. It is indeed a compelling and popular issue in many worldwide political arenas, but it is still rarely defined by its historical and institutional terms.
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4

Coltro, Fabiana <1980&gt. "Il Giappone nel diritto internazionale delle peacekeeping operations (PKO) delle Nazioni Unite." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2008. http://hdl.handle.net/10579/127.

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5

Cairo, Giambattista <1974&gt. "Roma, tra storia ed archeologia: religione, istituzioni, territorio nell'epoca delle origini." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2173/1/cairo_giambattista_tesi.pdf.pdf.

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Abstract:
My research tells about the origins of Rome. I think that Rome became a civil community under king Tullus Hostilius who transformed a federation of villages in a city. Perhaps he retook a project of his grandfather, Hostus Hostilius. I think also that the tradition on the early Rome was elaborated by Servius Tullius’ court and his motivations must be researched in the relations between this king and Tarquin’s dynasty. Finally I formulated some particular theories on the comitia centuriata and their evolution and on the international politic of Servius Tullius.
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6

Cairo, Giambattista <1974&gt. "Roma, tra storia ed archeologia: religione, istituzioni, territorio nell'epoca delle origini." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2173/.

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Abstract:
My research tells about the origins of Rome. I think that Rome became a civil community under king Tullus Hostilius who transformed a federation of villages in a city. Perhaps he retook a project of his grandfather, Hostus Hostilius. I think also that the tradition on the early Rome was elaborated by Servius Tullius’ court and his motivations must be researched in the relations between this king and Tarquin’s dynasty. Finally I formulated some particular theories on the comitia centuriata and their evolution and on the international politic of Servius Tullius.
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7

Marchetti, Giulia <1992&gt. "La fascistizzazione delle istituzioni all'estero: La "Casa degli Italiani" di Barcellona." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14927.

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Abstract:
La Casa degli Italiani di Barcellona nasce come società di beneficenza e mutuo soccorso nel 1866 e nel 1882 fonda le prime scuole italiane gratuite. Con l'avvento del regime fascista e del suo progetto di inquadramento e di controllo della società e delle colonie all'estero, anche la Casa degli italiani non sarà risparmiata. Obiettivo del mio elaborato è evidenziare il processo di fascistizzazione della associazioni italiane di Barcellona e delle scuole, attraverso l'analisi degli statuti della società e delle relazioni presidenziali annuali.
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8

Toschi, Chiara <1996&gt. "La rivitalizzazione rurale nelle campagne tibetane. Interessi e ripercussioni della strategia cinese sulla realtà etnica locale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21613.

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Abstract:
Il presente elaborato esamina il rapporto tra il progetto di rivitalizzazione delle campagne cinesi e la questione etnica, ovvero come la politica di rinnovamento rurale, fulcro del nuovo piano quinquennale 2021-2025, impatta sulla realtà economica e sociale delle minoranze etniche cinesi. Proponendosi come obiettivo la modernizzazione delle zone rurali, la campagna di rivitalizzazione va di fatto a interessare prevalentemente le regioni occidentali, notoriamente più arretrate e principali luoghi di raccolta delle maggiori comunità etniche. Similmente alla Western Development Strategy del ’99, e alla successiva campagna di eradicazione della povertà, anche questo progetto ha già sollevato diversi interrogativi e varie critiche esterne sulle sue modalità di implementazione. La presente ricerca si propone in particolare di approfondire tale rivitalizzazione rurale all’interno della Regione Autonoma del Tibet, nel tentativo di contestualizzare alcune azioni particolarmente invasive che, nel quadro della nuova campagna, hanno interessato la popolazione tibetana locale: dalle politiche di ricollocamento, alla costruzione di villaggi di frontiera, all’apertura di centri di formazione “in stile militare” destinati ai lavoratori rurali locali. Alla luce del complesso quadro multietnico cinese e della crescente assertività che Pechino ha dimostrato nella gestione delle principali aree etniche, tra cui Tibet e Xinjiang, si rende necessaria una contestualizzazione dei nuovi obiettivi nazionali che hanno proposto le campagne cinesi come nuovo motore per la crescita nazionale. L’analisi verrà condotta tramite un’analisi dei documenti governativi disponibili (XIV Piano quinquennale, Libro Bianco “Tibet dal 1951”, ecc.) e della letteratura scientifica esistente, nel tentativo di fornire una nuova chiave di lettura delle politiche interne cinesi e dei relativi obiettivi a medio e lungo termine.
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9

Marcato, Eleonora <1993&gt. "Egisto Lancerotto. Proposta per un catalogo ragionato delle opere." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15073.

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Abstract:
L'elaborato mira a creare una catalogazione quanto mai completa sull'opera del pittore Egisto Lancerotto (1847-1916). Si propone una breve biografia dell'autore, gli studi precedenti e la fortuna critica, le mostre a cui parteciparono i suoi dipinti, un report sulle loro condizioni e i relativi interventi di restauro; si riportano poi le opere finora rintracciate corredate di immagine, dati tecnici essenziali, bibliografia, eventuali esposizioni e scheda di commento.
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10

Giovanazzi, A. "I CONSIGLI DI PREFETTURA DELL'ITALIA NAPOLEONICA. ACQUE E STRADE TRA AMMINISTRAZIONE E DISCIPLINAMENTO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/362140.

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Books on the topic "Storia delle istituzioni locali"

1

Fantappiè, Carlo. Inventario dell'Archivio storico comunale di Lastra a Signa (1531-1944): Contributo alla storia delle istituzioni locali in Toscana. Firenze: All'insegna del giglio, 1987.

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2

Brunelli, Giampiero. Storia delle istituzioni politiche. Roma: Aracne, 2012.

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3

Prospero, Michele. Storia delle istituzioni in Italia. Roma: Editori riuniti, 1999.

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4

Bonini, Francesco. Lezioni di storia delle istituzioni politiche. Torino: G. Giappichelli, 2002.

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5

Il labirinto delle istituzioni nella storia europea. Bologna: Il mulino, 2007.

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6

Càssola, Filippo. Linee di una storia delle istituzioni repubblicane. 3rd ed. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 1991.

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7

Caianiello, Vincenzo. La cultura delle istituzioni nella storia del Mezzogiorno. Napoli: Vivarium, 1993.

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8

Stramaccioni, Alberto. Stato e istituzioni locali: La storia politica dell'Umbria dall'unità nazionale a oggi. Foligno (PG): Il formichiere, 2018.

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9

Musselli, Luciano. Storia del diritto canonico: Introduzione alla storia del diritto e delle istituzioni ecclesiali. Torino: G. Giappichelli, 1992.

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10

Gino Arias (1879-1940): Dalla storia delle istituzioni al corporativismo fascista. Firenze, Italy: Firenze University Press, 2012.

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Book chapters on the topic "Storia delle istituzioni locali"

1

"O. STORIA DEL DIRITTO E DELLE ISTITUZIONI NELL’ETÀ MODERNA." In 1994, 281–84. K. G. Saur, 1999. http://dx.doi.org/10.1515/9783110959352.281.

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2

"Parte 1. Introduzione." In Cipro nella Biblioteca Marciana di Venezia Manoscritti, testi e carte. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-621-3/001.

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Abstract:
Nell’Introduzione sono discusse e per la prima volta formalizzate le ragioni della presenza di pezzi ciprioti nella Biblioteca Marciana di Venezia. Forse non del tutto esaustiva, essa lascia il testimone a quanti in futuro intenderanno approfondire un ambito di ricerca determinante per comprendere le vicende della città lagunare, delle sue istituzioni culturali e del suo ruolo nella storia mediterranea ed europea.
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3

"Parte 1. Introduzione." In Cipro nella Biblioteca Marciana di Venezia Manoscritti, testi e carte. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-621-3/001.

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Nell’Introduzione sono discusse e per la prima volta formalizzate le ragioni della presenza di pezzi ciprioti nella Biblioteca Marciana di Venezia. Forse non del tutto esaustiva, essa lascia il testimone a quanti in futuro intenderanno approfondire un ambito di ricerca determinante per comprendere le vicende della città lagunare, delle sue istituzioni culturali e del suo ruolo nella storia mediterranea ed europea.
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Conference papers on the topic "Storia delle istituzioni locali"

1

Lutzoni, Leonardo. "Forme di dialogo tra sapere tecnico e sapere locale: proposte di metodo: il dispositivo di trascinamento “la Strada che Parla” a Calangianus." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7941.

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Abstract:
Il processo di trasformazione, che ha visto protagonisti il territorio e la città contemporanea nella lunga fase della modernità, scandito dalle dinamiche veloci della globalizzazione e dal venir meno delle forme di controllo e di pianificazione, ormai incapaci di registrare e comprendere gli elementi delle diversità territoriali, sta fortemente riportando al centro dell’attenzione il peso dei territori deboli e dei sistemi locali come protagonisti del progetto. Sono territori, come la regione ambientale del Massiccio del Limbara, nei quali si stanno verificando fenomeni emergenti, indizi contemporanei di progetto, che messi in cortocircuito con gli elementi della storia e del passato, disegnano le traiettorie per una prospettiva di cammino differente. L’esperienza di ricercaazione svolta a Calangianus, è un esempio di proposta operativa sul territorio che ha provato a costruire, nel rimettere in discussione un’idea di pianificazione piramidale calata dall’alto, un processo relazionale in divenire, di conoscenza, azione e progetto, utilizzando strumenti e dispositivi innovativi. Un processo, esito di un’interazione tra sapere tecnico e competenze diffuse, di una sinergia tra attori, istituzioni, associazioni, strutture economiche, produttive e culturali, che operano nel territorio e che messe in relazione, possono innescare processi alternativi di sviluppo locale nel ripensare una nuova idea di città-territorio.
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2

Aragona, Stefano. "Ecological city between future and memory: a great opportunity to rethink the world." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7932.

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Abstract:
L’attuale momento di crisi sociale, ambientale e spaziale può essere una svolta - uno dei significati della parola greca originaria κρίσις - del modello di sviluppo basato sul paradigma industriale (Khun, 1962) i cui limiti erano ipotizzati nell’omonimo The Limits of Growth commissionato dal Club di Roma ad alcuni ricercatori del MIT di Boston (USA) edito nel 1972. Il presente scritto suggerisce di sostituire al modello industrialista del “fare la città” - indifferente alle condizioni locali grazie alla supremazia data alle “soluzioni” tecnologiche (Del Nord,1991) - l’approccio ecologico che parte dalle condizioni locali quali indicazioni di piano/progetto/realizzazione per la trasformazione dell’anthropocosmo, cioè del rapporto tra contenitori, reti e comportamenti, ovvero del λόγος, discorso, studio, con l’οίκος, ambiente (www.ekistics.org) con le finalità di Smart City cioè costruire Comunità inclusive, sostenibili socialmente e materialmente avendo il risparmio di consumo di suolo come presupposto della sostenibilità. Ciò significa per i paesi ormai più che emergenti - BRIC e tutti gli altri in forte crescita economica - evitare gli errori compiuti dalle nazioni, usualmente chiamate Occidentali, di devastazione del territorio oltre che in termini di danni sociali. Mentre per quest’ultime l’attenzione va posta al tema della riqualificazione dell’esistente sotto il profilo funzionale, spaziale, ambientale e sociale. Per entrambe si pone la questione centrale del rapporto con la storia, i segni di essa sul territorio, cioè la memoria quale essenziale componente del senso delle cose. The current social, environmental and territorial crisis, can be a turning point - one among the meanings of the originary Greek word κρίσις - of the development model based on the industrial paradigm (Kuhn, 1962) whose limits were declared in the homonymous The Limits of Growth commissioned by the Club of Rome at Boston MIT researchers (Meadows and al.) and published in 1972. This paper suggests to replace the industrial model of “making the city” - indifferent to local conditions thanks to the supremacy given to the technological “solutions” (Del Nord, 1991) - with the ecological approach that starts from the local conditions such as indications of plan/project/construction for the transformation of the anthropocosmo, i.e. the relationship connecting shells, networks and behaviours. That is to relate the λόγος, discourse, analyses, with the οίκος, the environment (www.ekistics.org): finally the purpose of Smart City. It requires to build inclusive Communities, socially and materially sustainable, having the saving of land use as precondition. This should mean for most countries now more then emerging - BRIC and everyone else in the strong economic growth - try to avoid the mistakes made by the nations, usually known as Western ones: i.e. devastation of the territory, social harms, and attention to the spatial redevelopment, and to the functional and social ones. For both there is the central question of the relationship with history, the signs of it, ie the memory as essential component of the meaning of things.
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Salamone, Giancarlo. "Towards the contemporary city. Reading method of post-unification restructuring of Trastevere in Rome." In 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.6046.

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Towards the contemporary city. Reading method of post-unification restructuring of Trastevere in Rome Giancarlo Salamone Dipartimento di Architettura e Progetto. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Roma. via Flaminia, 359. 00196 Roma. Dottorato di Ricerca in Architettura e Costruzione. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Roma. via Antonio Gramsci, 53. 00197 Roma. E-mail: giancarlo.salamone@uniroma1.it Keywords (3-5): Restructuring, Rome, Trastevere, process, reading method, tools, analysis in urban morphology Conference topics and scale: Tools of analysis in urban morphology Trastevere, the only area of the historic center of Rome (together with the Vatican / Borgo complex) located on the right side of the Tiber river, shows a morphological structure that depends on the pre-existing substrate, both road that typological, which was modified during the post-unity period by the establishment of the Tiber fronts and, above all, by the opening of Viale Trastevere. In the way of thinking about urban morphology as a scalar product of the factors that influence each other, in particular building typology, local structure, overall structure and territory, and that contribute together to generate an organism, it is therefore possible to read this part of the historical center as the last product, but not definitive, of a "process". The reading method on the consolidated structure, later renovated in a post-unification era, is based on the analysis of the most abundant building typology and on the permanence and derivations of local typological processes that led to the formulation of the “line house” in nineteenth-century line, the predominant building type of roman expansion in nineteenth-twentieth century. The reading of the restructuring, understood as synchronic action on the historical center, has been implemented instead by the analysis of synchronic variations at “line house” through the research of all projects registered for the edification of each block. Thus we can see how the blocks resulting from the transformation, in the logic of a restructuring "contromaglia" like the one for the opening of Viale Trastevere, will be the result of the disconnection of the existing blocks in which the building type adopted has had to adapt to a lower return situations: a reading of a synchronic action on a diachronic process that gives us the modern morphological apparatus. References Muratori, S., Bollati, R., Bollati, S. and Marinucci, G. (1963) Studi per una operante storia urbana di Roma (Consiglio Nazionale delle ricerche, Roma). Maffei, G. L. and Caniggia, G. (1979) Lettura dell’edilizia di base (Marsilio, Venezia). Maffei, G. L. and Caniggia, G. (1984) Progetto nell’edilizia di base (Marsilio, Venezia). Vaccaro, P. and Ameri, M. (1984) Progetto e realtà nell’edilizia romana dal XVI al XIX secolo (Edizioni Calosci, Cortona). Corsini, M. G. (2001) Il tessuto e l’edilizia progettati in Italia dal 1870 al 1930. Permanenza e derivazioni dei processi tipologici locali (Edizioni Kappa, Roma). Archivio Storico Capitolino, archival sources on restructuring area of Trastevere and permanence and derivations of local typological processes.
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Reports on the topic "Storia delle istituzioni locali"

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Sarafian, Iliana. Considerazioni chiave: affrontare le discriminazioni strutturali e le barriere al vaccino covid-19 per le comunità rom in italia. SSHAP, May 2022. http://dx.doi.org/10.19088/sshap.2022.024.

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Abstract:
Questo rapporto evidenzia come le discriminazioni strutturali e l'esclusione sociale influenzino le percezioni e gli atteggiamenti nei confronti del vaccino per il COVID-19 tra le comunità rom in Italia. Uno degli obiettivi è mettere in luce il ruolo che le autorità pubbliche e le comunità possono svolgere nel sostenere l'adozione del vaccino e nel contrasto ai più ampi processi di esclusione sociale.1 Le risposte contraddittorie che lo Stato italiano ha fornito durante la pandemia di Covid-19, insieme alle forme di esclusione già in atto, hanno comportato un aumento della sfiducia delle comunità rom nei confronti delle iniziative statali, impattando anche sull’adesione alla campagna vaccinale.2 Questo documento si propone di supportare e informare le amministrazioni locali e le istituzioni sanitarie pubbliche coinvolte nell’assistenza e nei processi di inclusione delle comunità rom in Italia. Il presente documento si basa su una ricerca condotta di persona e a distanza dal novembre 2021 al gennaio 2022 in Italia con le comunità rom e sinti di Milano, Roma e Catania. Sebbene queste comunità si caratterizzino per diversità storica e per differenti forme di identità linguistica, geografica, religiosa, sono state individuate delle somiglianze nel modo in cui hanno vissuto la pandemia di COVID-19 e nelle decisioni a proposito del vaccino. Questo documento è stato sviluppato per SSHAP da Iliana Sarafian (LSE) con i contributi e le revisioni di Elizabeth Storer (LSE), Tabitha Hrynick (IDS), Marco Solimene (University of Iceland), Dijana Pavlovic (Upre Roma) e Olivia Tulloch (Anthrologica). La ricerca è stata finanziata dalla British Academy COVID-19 Recovery: G7 Fund (COVG7210058) e si è svolta presso il Firoz Lalji Institute for Africa, London School of Economics. La sintesi è di responsabilità di SSHAP.
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