Academic literature on the topic 'Storia del cinema'

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Journal articles on the topic "Storia del cinema"

1

Penasso, Marina. "Un fondo per la storia del cinema." HISTORIA MAGISTRA, no. 24 (November 2017): 166–67. http://dx.doi.org/10.3280/hm2017-024018.

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2

Cherchi Usai, Paolo. "I migliori film del 1913 ? Sette paradossi sulla storia del cinema." 1895 Mille huit cent quatre-vingt-quinze 1, no. 1 (1993): 170–84. http://dx.doi.org/10.3406/1895.1993.1022.

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3

De Leo, Maya. "Storie, visioni, memorie Lgbtq+: il Novecento italiano in tre libri." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 297 (January 2022): 257–65. http://dx.doi.org/10.3280/ic297-oa4.

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Abstract:
La lettura critica di tre recenti volumi relativi alla storia Lgbtq+ - Il caso di G. La patologizzazione dell'omosessualità nell'Italia fascista, di Gabriella Romano, Omosessualità e cinema italiano. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo, di Mauro Giori e L'aurora delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender, di Porpora Marcasciano - si accompagna alla formulazione di questioni, all'analisi di approcci e alla delineazione di prospettive per una storiografia sulle e delle soggettività Lgbtq+ nel contesto italiano, in dialogo con la produzione internazionale su questo tema.
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4

Mocci, Maria Lucia. "Cinema, PTSD e trauma in etŕ evolutiva." IPNOSI, no. 1 (August 2011): 69–74. http://dx.doi.org/10.3280/ipn-2011-001009.

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Abstract:
Si propongono due film che offrono al clinico la possibilitŕ di confrontarsi col concetto di trauma in etŕ evolutiva, poiché affrontano da angolature di differente complessitŕ il PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)., film del 2008 di Michael Winterbottom, ci presenta, attraverso la storia di una famiglia, il manifestarsi e l'evolversi nella figlia minore del PTSD come da manuale diagnostico., film del 2004 di Gregg Araki, tratto dall'omonimo romanzo di Scott Heim, ci porta in modo molto intenso, a tratti crudo, attraverso le vicende parallele e contemporaneamente perpendicolari di due adolescenti, a riflettere sui limiti dei manuali nel considerare l'essenza della parola trauma, dal greco,indicante una, unae sui possibili esiti che il trauma vissuto in etŕ infantile puň avere nel tempo.
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5

Fanchi, Mariagrazia. "Andare al cinema a Milano. Fra trasformazioni nazionali e specificità locali." TERRITORIO, no. 95 (May 2021): 99–108. http://dx.doi.org/10.3280/tr2020-095011.

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Abstract:
Il saggio tratteggia la storia del rapporto fra cinema e pubblici a Milano attraverso quattro affondi che colgono altrettante svolte nell'esperienza degli spettatori del capoluogo lombardo: la costruzione di un modello ‘rilocato' di fruizione del film, durante gli anni '50; l'emergere di un'esperienza crepuscolare del cinema, nella seconda metà degli anni '60; l'affermarsi, alle soglie del nuovo millennio, di un modello di intrattenimento esteso legato alla diffusione dei multiplex; la recente emersione di un'esperienza diffusa del film, sostenuta dalle piattaforme digitali come Netflix e dalla metamorfosi dello spettatore. Quattro momenti che anticipano e contribuiscono a innescare analoghi cambiamenti su scala nazionale.
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6

Riefolo, Giuseppe. "Pornografia e dolore mentale." PSICOBIETTIVO, no. 2 (June 2021): 181–90. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-002014.

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Abstract:
La pornografia in un film non attiene all'evidenza di sessualità estrema, ma concerne soprattutto la proposizione di scene di sessualità che cercano di ribadire eccitamenti attraverso una sessualità concreta. Il registro pornografico, quindi attiene alla impossibilità delle immagini di proporre la dimensione del sogno e di emanciparsi dallo statuto della concretezza. Attraverso l'analisi di tre film si cerca di ribadire come le scene di sessualità estrema e, inizialmente concreta, sia possibile, proprio attraverso la funzione iconica del cinema, trovare umanità e intimità in storie che inizialmente si presentano bloccate nel loro statuto di concretezza. Alla sessualità si coniuga la tenerezza; i paesaggi entrano gradualmente nel tono della storia; il dolore può essere non solo sentito, ma anche sofferto. La pornografia lascia il posto alla illusione, magari anche alla delusione.
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7

Corona, Gabriella. "Paolo Frascani e le trasformazioni storiche dei mari italiani." SOCIETÀ E STORIA, no. 126 (March 2010): 669–72. http://dx.doi.org/10.3280/ss2009-126004.

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Abstract:
L'Italia e il mare di Paolo Frascani Questo volume vuole essere la storia del recupero dell'identitÀ marittima dell'Italia otto-novecentesca, dopo un declino durato parecchi secoli che aveva visto l'Italia comunale, l'Italia delle Repubbliche Marinare progressivamente perdere il suo primato sul mare. Si racconta il processo di recupero del mare nella rappresentazione dell'Italia come nazione dando conto di come questo avviene nell'ambito del dibattito culturale, politico, istituzionale, facendo riferimento ai valori, ai sensi di appartenenza, ai modelli identitari e impiegando materiali molto diversi: la letteratura storiografica, la narrativa, la pubblicistica coeva, le fonti audiovisive, il cinema e cosě via. Ma al di lÀ dei propositi l'autore mostra l'urgenza ed il piacere di raccontare il mare liberamente dandone conto in maniera piů ampia. Nel dipanare il suo racconto Frascani non perde di vista le trasformazioni territoriali, demografiche, sociali ed economiche e da questo punto di vista il libro č anche la storia dei fattori che hanno determinato i processi di trasformazione attraverso i quali si sono venuti configurando i mari e le coste cosě come si presentano a noi oggi. Molte le questioni problematiche: la complessitÀ della periodizzazione, il ruolo delle scale geografiche, il mutamento nella percezione storica dei valori ambientali, i rischi di una nuova rappresentazione ideologica.
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8

Toti, Anna Maria Paola. "Le forme istituzionali del potere. Pier Paolo Pasolini e il linguaggio della praxis." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 1 (March 2012): 131–49. http://dx.doi.org/10.3280/sa2012-001006.

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Abstract:
Il documentario come testimonianza del sociale, come dispositivo realistico, č fonte di studio e di analisi per il sociologo; infatti, il materiale visuale rappresenta un documento essenziale per comprendere come ogni cultura rappresenti se stessa e le proprie alternative. L'idea che il cinema sia per sua natura riflesso e continuazione del reale, costituisce la base di alcuni importanti contributi, tra i quali vi č quello di Pier Paolo Pasolini che fornisce un'interpretazione critica dell'individuo e della storia. Il proletariato, i "ragazzi di vita", la periferia romana, una condizione subumana di esistenza, diventano i contenuti privilegiati di un cinema che, avendo fatta propria la lezione del neorealismo, pur trasfigurandola, ma avendola anche superata criticamente, tende a trasporre i dati immediati dell'esperienza in una dimensione artistica fortemente caratterizzata.
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9

Noto, Paolo. "La scuola italiana del cinema. Il Centro Sperimentale di Cinematografia dalla storia alla cronaca (1930-2017), Alfredo Baldi (2018)." Journal of Italian Cinema & Media Studies 9, no. 2 (March 1, 2021): 330–34. http://dx.doi.org/10.1386/jicms_00078_5.

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Abstract:
Review of: La scuola italiana del cinema. Il Centro Sperimentale di Cinematografia dalla storia alla cronaca (1930-2017), Alfredo Baldi (2018) Rome and Soveria Mannelli: Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia and Rubbettino, 224 pp., ISBN 978-8-84985-412-1, p/bk, €18.00 70 anni della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia 1949-2019, Alfredo Baldi (ed.) (2019) Rome and Soveria Mannelli: Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia and Rubbettino, 240 pp., ISBN 978-8-84986-124-2, p/bk, €18.00
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10

Lamera, Federica. "LAURA NUDA: UN INTENSO RITRATTO FEMMINILE NEL CINEMA ITALIANO DEGLI ANNI SESSANTA." Revista Internacional de Culturas y Literaturas, no. 15 (2014): 270–81. http://dx.doi.org/10.12795/ricl.2014.i15.20.

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Abstract:
Quando, nel 1961, uscì Laura nuda di Nicolò Ferrari (1927-2008), il giovane regista era considerato una delle maggiori promesse del cinema italiano dell’epoca e il suo film, destinato probabilmente a rappresentare l’Italia al festival di Cannes di quell’anno, avrebbe dovuto consacrarne definitivamente la fama già acquisita come apprezzato aiuto di Rossellini, Antonioni e Bolognini ed eccellente documentarista. La storia di Laura, raffinato quanto difficile ritratto psicologico di una figura complessa di donna, per la delicatezza dei temi trattati, considerati scabrosi, però entrò nel mirino della censura, finendo per essere boicottato e dimenticato, dopo essere stato proiettato in condizioni di semiclandestinità.
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Dissertations / Theses on the topic "Storia del cinema"

1

Martin, Florez Camilo Andres <1980&gt. "Lineamenti di storia del cinema muto in Colombia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9555/1/Tesi_di_dottorato_CamiloMartinFlorez%20%28finale%29.pdf.

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Abstract:
"Lineamenti di storia del cinema muto in Colombia" nasce da un particolare interesse volto a determinare in che misura i colombiani parteciparono allo sviluppo del proprio cinema nazionale tra il 1897 e il 1926. Al fine di conseguire tale obiettivo, questo lavoro si prefigge come scopo la realizzazione di una rassegna critica dei lineamenti di storia del cinema muto colombiano. Inoltre, e considerando la forte partecipazione di impresari e cineasti italiani nel cinema muto colombiano tra il 1909 e il 1926, si presta particolare attenzione al loro contributo, a cui è dedicato il capitolo 4 e alcune sezioni dei capitoli 2, 3, 5 e 7. Preme mettere in evidenza che analizzare il contributo dei cineasti locali smentisce gran parte della bibliografia esistente sul cinema muto, dal momento che nessun testo colombiano o straniero ha mai constatato il loro contributo alla cinematografia locale o internazionale. Infatti, in questa ricerca si approfondiscono le nozioni di policentrismo, polimorfismo e polivalenza cinematografica, con l’obiettivo di realizzare uno studio documentato e aggiornato del cinema muto colombiano. Si auspica di poter dimostrare che il contributo di questi ultimi alla cinematografia muta colombiana e latino-americana –e in parte a quella italiana– fu consistente e di vasta portata, sia in termini di quantità che di contenuto. Infine, la presente ricerca si propone non soltanto di definire il contributo dei cineasti colombiani allo sviluppo del proprio cinema nazionale, ma anche, e soprattutto, di individuare l’origine di alcuni degli elementi che caratterizzano il cinema colombiano.
"Outlining the History of Silent Cinema in Colombia" stems from a particular interest aimed at determining to what extent Colombians participated in the development of their national cinema between 1897 and 1926. In order to achieve this goal, this work aims to create a critical review of the lineament of the history of Colombian silent cinema. Furthermore, and considering the strong participation of Italian entrepreneurs and filmmakers in Colombian silent cinema between 1909 and 1926, particular attention is paid to their contribution, to which chapter 4 is fully devoted as well as some sections of chapters 2, 3, 5 and 7. It is important to point out that analyzing the contribution of local filmmakers denies much of the existing bibliography on silent cinema since no Colombian or foreign text has ever established their contribution to local or international cinema. In fact, in this research, the notions of polycentrism, polymorphism, and cinematographic versatility are studied in-depth, with the aim of creating a documented and updated study of Colombian silent cinema. It is aimed to be able to demonstrate that the contribution of the latter to Colombian and Latin American silent cinema - and in part to the Italian one - was substantial and far-reaching, both in terms of quantity and content. Finally, this research aims not only to define the contribution of Colombian filmmakers to the development of their national cinema but also, and above all, to identify the origin of some of the elements that characterize Colombian cinema.
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Ricca, Lucio. "Senza i conforti del cinema. Elsa Morante e il cinema: storia di un'illusione." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Abstract:
Dal 1948, dopo la pubblicazione del suo primo romanzo Menzogna e sortilegio, Elsa Morante ebbe un crescente interesse per il mondo del cinema. Scrisse soggetti, fu aiuto-regista, consulente musicale e recensore cinematografico. I sogni impressi su celluloide esercitarono su di lei una forte attrazione. Ma il suo innocente entusiasmo, all’insegna di un'arte pura e davvero poetica, fu spezzato dalle logiche del mercato, alle quali il cinema, fin dalla sua origine, deve rispondere, forse, più di altre arti. E infatti, la relazione tra la scrittrice e il cinematografo è costellata perlopiù di fallimenti ed è la perfetta sineddoche di un percorso artistico e biografico in cui la grazia, benché messa alla prova e umiliata, continua a splendere. Dal sogno alla disillusione è il viaggio che la scrittrice romana compie nel mondo della Hollywood sul Tevere, esperienza che le lascia profonde cicatrici e si rispecchia nella sua narrativa. Senza i conforti della religione, il suo romanzo incompiuto, ne è la prova: nasce dal suo scontro col cinema, racconta di una fede che, come l'arte, non ha più possibilità di darle alcun conforto e termina seminando le ceneri da cui nascerà l’ultimo suo romanzo, Aracoeli. Elsa Morante è un'innamorata malinconica dell'illusione e una lucida testimone della perdita di quest'ultima.
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3

MUSCOLINO, MARCO. "LA "RIVISTA DEL CINEMATOGRAFO": UNA STORIA CULTURALE, 1928-2008." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/630.

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Abstract:
La «Rivista del Cinematografo» è un periodico longevo, il più longevo della storia del cinema italiano. Pubblicato a partire dal 1928, festeggia nel 2008 l’ottantesimo l’anniversario di vita. A dispetto di questa durevole presenza nel panorama editoriale italiano, la «Rivista del Cinematografo» rappresenta però una storia che è rimasta, e lo rimane ancora oggi, esclusa dai discorsi sociali. Il pre-giudizio storico da cui prende le mosse la presente ricerca individua invece – differentemente dalla vulgata “ufficiale” – la «Rivista del Cinematografo» non come “una storia a sé”, ma al contrario come una storia culturale in grado di illuminare in maniera significativa i processi storici del cinema italiano, con particolare – ma nient’affatto esclusivo – riferimento alle sue interrelazioni con la cultura cattolica. Si potrebbe dire, con una formula sintetica, che quella della «Rivista del Cinematografo» è una microstoria di lunga durata. Quest’ultima definizione può apparire contraddittoria perché accosta due categorie legate a due differenti tradizioni storiografiche: da una parte la microstoria, legata a una tradizione fattografica; dall’altra la lunga durata, legata a una tradizione teorico-esplicativa. Ma è proprio nell’ambito di una nuova concezione della storia – la cosiddetta storia culturale – che questa ricerca intende muoversi, nel tentativo di fare tesoro di un dibattito disciplinare che ha conosciuto un enorme sviluppo in questi ultimi anni, e che verrà discusso nella sezione introduttiva, analizzando le ricadute che esso ha sulla pratica storiografica in ambito cinematografico.
The «Rivista del Cinematografo» is the most ancient magazine in the Italian history of cinema. Published before 1928, in 2008 it celebrated its 80th anniversary. In spite of this long-lived presence in Italian publishing, the «Rivista del Cinematografo» represents a history left out in social discourses. This research considers instead the «Rivista del Cinematografo» as a cultural history that can illuminate the historical processes of the Italian cinema with particular – but not exclusive – reference to their relationships with the catholic culture. It could be said that the history of the «Rivista del Cinematografo» is a long duration microhistory. This definition can appear conflicting because it puts two categories that come from two different historical traditions near to each other: the microhistory and the long duration. But this research intends to explore a new historical perspective – the ‘so called’ cultural history – with the aim of learning from a debate which has developed enormously in recent years and analysing the consequences that this debate also has on the historical practice in the field of cinema.
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MUSCOLINO, MARCO. "LA "RIVISTA DEL CINEMATOGRAFO": UNA STORIA CULTURALE, 1928-2008." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/630.

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Abstract:
La «Rivista del Cinematografo» è un periodico longevo, il più longevo della storia del cinema italiano. Pubblicato a partire dal 1928, festeggia nel 2008 l’ottantesimo l’anniversario di vita. A dispetto di questa durevole presenza nel panorama editoriale italiano, la «Rivista del Cinematografo» rappresenta però una storia che è rimasta, e lo rimane ancora oggi, esclusa dai discorsi sociali. Il pre-giudizio storico da cui prende le mosse la presente ricerca individua invece – differentemente dalla vulgata “ufficiale” – la «Rivista del Cinematografo» non come “una storia a sé”, ma al contrario come una storia culturale in grado di illuminare in maniera significativa i processi storici del cinema italiano, con particolare – ma nient’affatto esclusivo – riferimento alle sue interrelazioni con la cultura cattolica. Si potrebbe dire, con una formula sintetica, che quella della «Rivista del Cinematografo» è una microstoria di lunga durata. Quest’ultima definizione può apparire contraddittoria perché accosta due categorie legate a due differenti tradizioni storiografiche: da una parte la microstoria, legata a una tradizione fattografica; dall’altra la lunga durata, legata a una tradizione teorico-esplicativa. Ma è proprio nell’ambito di una nuova concezione della storia – la cosiddetta storia culturale – che questa ricerca intende muoversi, nel tentativo di fare tesoro di un dibattito disciplinare che ha conosciuto un enorme sviluppo in questi ultimi anni, e che verrà discusso nella sezione introduttiva, analizzando le ricadute che esso ha sulla pratica storiografica in ambito cinematografico.
The «Rivista del Cinematografo» is the most ancient magazine in the Italian history of cinema. Published before 1928, in 2008 it celebrated its 80th anniversary. In spite of this long-lived presence in Italian publishing, the «Rivista del Cinematografo» represents a history left out in social discourses. This research considers instead the «Rivista del Cinematografo» as a cultural history that can illuminate the historical processes of the Italian cinema with particular – but not exclusive – reference to their relationships with the catholic culture. It could be said that the history of the «Rivista del Cinematografo» is a long duration microhistory. This definition can appear conflicting because it puts two categories that come from two different historical traditions near to each other: the microhistory and the long duration. But this research intends to explore a new historical perspective – the ‘so called’ cultural history – with the aim of learning from a debate which has developed enormously in recent years and analysing the consequences that this debate also has on the historical practice in the field of cinema.
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Nicoletti, Chiara <1978&gt. "Storia in immagini del PCI. Modalità di comunicazione e di propaganda audiovisiva tra attendibilità storica e mercato contemporaneo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3054/1/nicoletti_chiara_PropagandaPCI.pdf.

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Abstract:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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6

Nicoletti, Chiara <1978&gt. "Storia in immagini del PCI. Modalità di comunicazione e di propaganda audiovisiva tra attendibilità storica e mercato contemporaneo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3054/.

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Abstract:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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7

Giurlando, Davide <1979&gt. "Mondi in guerra : strategie di rappresentazione del conflitto nel cinema russo." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1162.

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Abstract:
Il presente lavoro, diviso in tre sezioni, si propone di tracciare una storia del cinema di guerra della Russia dagli anni ’20 al periodo attuale mediante l’analisi di una selezione di film. Nella prima sezione si mira a dare consistenza teorica alla possibilità di utilizzare i film come strumenti di indagine culturale, paragonando la storia del cinema di guerra russo-sovietico a quella di altri paesi e accertando la presenza in Russia di un “mito” del conflitto bellico. Nella seconda sezione si prendono in esame i primi film di propaganda, e quindi i cinegiornali e i documentari del secondo conflitto mondiale. I procedimenti stilistici e gli schemi concettuali secondo i quali la guerra viene delineata in tali film costituiscono la base su cui verranno costruite le opere di fiction aventi lo stesso tema nei decenni successivi. La terza sezione è dedicata ai film girati in studio ed è costituita da sei sottosezioni; ognuna comprende l’analisi di una serie di pellicole, selezionate a seconda del periodo storico in cui sono state prodotte. Infine, nelle conclusioni, si propongono ulteriori spunti d’indagine; per esempio, sulle attuali serie televisive a sfondo bellico.
The present dissertation is divided into three sections and intends to trace an history of Russian war cinema from the 20s to the present day, through the analysis of a selection of films. The first section aims to give substance to the theoretical possibility of using films as tools for cultural research, by comparing the history of Soviet war cinema with the one from other countries, and thus ascertaining the presence of a “myth” of the war in Russia. In the second section, an analysis of early propaganda films, newsreels and documentaries from World War II is proposed. Stylistic procedures and conceptual schemes under which war is outlined in these films provide the foundation for the works of fiction about the same theme which are developed in the following decades. The third section focuses on studio films, and consists of six subsections; each one including the analysis of a series of films, selected according to the historical period they were produced in. In the final conclusions, some suggestions for further research are proposed, such as a possible analysis about current war-themed TV series.
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8

Ceriani, Eleonora <1994&gt. "Storie d’Italia. Raccontare e valorizzare il territorio e la sua storia millenaria. Il ruolo del documentario e le possibilità di finanziamento in Italia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14164.

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Abstract:
La tesi si propone di analizzare il ruolo del documentario ai fini di un suo utilizzo quale mezzo di diffusione di una sensibilità connessa alla tutela del patrimonio culturale italiano. La trattazione approfondisce il significato della terminologia connessa al prodotto documentario e l’evoluzione storica del genere con un focus sul contesto italiano, valutando i risvolti positivi di un suo utilizzo a scopo educativo. Segue una analisi delle possibilità di sostegno finanziario alla produzione disponibili in Italia per la realizzazione di opere documentarie che trattino tematiche connesse alla tutela del patrimonio storico, culturale, artistico e ambientale italiano.
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9

Del, Monte Marco <1974&gt. "Il film sull'arte e la Mostra internazionale del cinema di Venezia." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/986.

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Abstract:
La tesi affronta il dibattito nato attorno al film sull'arte dal dopoguerra alla fine degli anni Cinquanta attraverso la ricostruzione della storia e delle iniziative delle istituzioni internazionali create al fine di una sua regolamentazione, utilizzo e circolazione. Una volta individuato e contestualizzato il ruolo dell'Unesco, la prima parte della tesi segue la nascita della Fédération Internationale du Film sur l'Art nel 1948, i protagonisti e i successivi congressi che ne stabilirono obiettivi e politiche d'intervento, per poi passare ad altre istituzioni e all'osservazione dei differenti cataloghi prodotti a livello mondiale. La seconda parte si focalizza sul contesto dei festival internazionali e, in particolare, sulla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Vengono così affrontati tanto la produzione dei film stessi quanto il dibattito critico e metodologico che intorno al genere andava definendosi.
This thesis addresses the debate on films on art which emerged from the post-war years to the end of the fifties, by reconstructing the history and the initiatives of international institutions created for its regulation, use and circulation. After identifying and contextualizing the role of UNESCO, the first part of the thesis follows the birth of the Fédération Internationale du Film sur l'Art in 1948, as well as the protagonists and congresses that established its policies and targets; it shall then proceed with the analysis of other institutions and of a several catalogues produced worldwide. The second part focuses on the context of internationals festivals, in particular on the Venice International Film Festival. We shall thereby address the production of films as well as the gradual definition of critical and methodological debate around this genre.
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10

Migliarino, Mattia. "L'Italia degli anni di piombo alla luce del cinema italiano." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amslaurea.unibo.it/25319/.

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Abstract:
Può il cinema italiano raccontare un periodo controverso come quello degli anni di piombo? La mia ricerca cerca di rispondere a questa domanda attraverso l'analisi dei film dell'epoca e alla conoscenza di esponenti del panorama cinematografico che hanno cercato di svelare la realtà italiana attraverso le proprie opere. Può il cinema essere utilizzato come strumento per la conoscenza e l'approfondimento storico? Con questo mio elaborato ho cercato di rispondere a questa domanda.
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Books on the topic "Storia del cinema"

1

Rondolino, Gianni. Storia del cinema. Torino: UTET Libreria, 1988.

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2

Storia del cinema. Venezia: Marsilio, 1998.

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3

Rondolino, Gianni. Storia del cinema. 2nd ed. Torino: UTET, 1988.

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4

1988, Vincent Carl, Morandini Morando 1924-, and Volpi Gianni, eds. Storia del cinema. Milano: Garzanti, 1988.

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5

Storia del cinema. Venezia: Marsilio, 2002.

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6

Rondolino, Gianni. Storia del cinema. 3rd ed. Torino: UTET, 1995.

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7

Rondolino, Gianni. Storia del cinema. Torino: UTET libreria, 2000.

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8

Storia e storie del cinema americano. [Turin, Italy]: UTET università, 2013.

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9

Gualtiero, De Santi, and Valli Bernardo M. 1948-, eds. Carlo Lizzani: Cinema, storia e storia del cinema. Napoli: Liguori, 2007.

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10

Brunetta, Gian Piero. Storia del cinema italiano. Roma: Editori Riuniti, 1993.

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Book chapters on the topic "Storia del cinema"

1

Gott, Michael. "Mapping the Hybrid European Road: French Connections, European Traditions and American Influence?" In French-language Road Cinema. Edinburgh University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.3366/edinburgh/9780748698677.003.0002.

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Abstract:
This chapter set the stage for an exploration of contemporary French-language European road movies by tracing the interwoven lines of the tradition in its American and European iterations back to the 1960s, the period during which the template for contemporary road cinema crystalized. It argues that the contours of the road movie tradition are not strictly the product of a direct lineage from seminal American films from the late 1960s, such as Easy Rider (Dennis Hopper, 1969, USA), but the result of complex transnational interactions within European cinemas and between European and American cultures. The films covered are Il Sorpasso (Dino Risi, 1962, Italy), Le corniaud/The Sucker (Gérard Oury, 1965, France/Italy) Les petits matins/Hitch-Hike (Jacqueline Audry, 1962, France), Im Lauf der Zeit/Kings of the Road (Wim Wenders, 1977, West Germany), Leningrad Cowboys Go America (Aki Kaurismäki,1989, Finland/Sweden) and Lisbon Story (Wim Wenders, 1994, Germany/Portugal).
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2

Owens, Rebekah. "Introduction." In Studying Shakespeare on Film, 7–18. Liverpool University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.3828/liverpool/9781800348547.003.0001.

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Abstract:
This chapter provides a brief history of filmed Shakespeare and invites the reader to consider the issues that may face any director who wishes to translate Shakespeare’s plays into film. There is a discussion of the simple fact that Shakespeare was writing for an early modern audience and film came into being in the twentieth century and how to bridge that four-hundred-year gap has been the preoccupation of many directors since then. The chapter discusses a number of specific challenges, in particular how to accommodate the early modern figurative language of Shakespeare with the expectations of realism in cinema, a medium which also relies on visual imagery to elaborate the themes and preoccupations of the story rather than the figurative language of the plays which principally used words for world-building and story-telling. There is also a discussion of how the stories of the plays are translated for a modern audience, and how the telling of these tales relies on the readily-accepted, though often questioned, assumption of Shakespeare’s universality — that his stories live beyond their specific historical moment because they deal with issues that continue to preoccupy us today — love, ambition, jealousy.
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3

White, Patricia. "Sentimental MiseducationWomen Directors Coming of Age." In Cinema, Media, and Human Flourishing, 118—C7.P60. Oxford University PressNew York, 2023. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780197624180.003.0008.

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Abstract:
Abstract Drawing on queer and feminist critiques of prescriptive forms of human flourishing, this chapter analyzes films by Greta Gerwig, Dee Rees, and Desirée Akhavan about young female selves at odds with social expectations. Women directors of independent films in the United States are increasing in numbers and earning wider recognition as mainstream Hollywood is scrutinized for its lack of diverse stories and storytellers. But their careers are often limited by a narrative that favors “coming of age,” both as subject matter of their films and as a script for their own emergence. This chapter shows how the thwarted heroine of Ladybird and the persecuted queer protagonists of Pariah and The Miseducation of Cameron Post engage and complicate developmental narratives of happiness and adjustment. It extends that reading to the filmmakers’ own professional strategies.
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4

Olivares-Merino, Julio-Ángel. "Desposesión y desencanto del espectro contemporáneo: el fantasma en I Am a Ghost (2012), I Am the Pretty Thing that Lives in the House (2016) y A Ghost Story (2017)." In Revisiones posmodernas del gótico en la literatura y las artes visuales, 31–48. Ediciones Universidad de Salmanca, 2022. http://dx.doi.org/10.14201/0aq03223148.

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Abstract:
Ghosts have invaded the film screen since the very beginning of cinema. They have become icons of otherness showing different degrees of visibility, always representing an intrusion from the margins of the excluded, like an ominous force that impels us to solve their enigma in order to neutral- ize their threatening presence and, thus, restore the logical and quotidian order. The postmodern ghost, however, as presented in I am a Ghost (2012), I am the Pretty Thing that Lives in the House (2016) and A Ghost Story (2017), emerges as a suspended sign illustrating our fragmented essence, so standing as an unresolvable sign. These films epitomize the new trend of cinematic ghosts, reflections on our fading into extinction, disorientation and doubts about life after death, stories in which the ghost's point of view —and even their narrative voice— is adopted, their physicality on screen granted, when confessing their (our) existential grief.
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5

Gunning, Tom. "A Machine for Killing Time." In The Oxford Handbook of Film Theory, 15—C1.N58. Oxford University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.1093/oxfordhb/9780190873929.013.1.

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Abstract:
Abstract This chapter deal with cinema’s relation to time, not simply in terms of representation (the time of a story or events) but as an inherent component of the filmic apparatus. Edison modeled his invention of the kinetoscope on his previous invention of the phonograph, and both were dedicated to recorded a flowing instance of time. I stress not the sound or movement captured but the actual duration of film as it records and replays time. The film image and the film viewer both partake of the same “running time,” the actual duration of a film. As a time machine, film partakes of the modern culture of clock time, in which time is understood as homogenous and measurable into standard discrete elements. This modern empty time has been critiqued and related to the modern experience of boredom and the need to “kill time.” Heidegger, Adorno, and Bernard Stiegler have analyzed this phenomenon as part of modern culture. Film as a form of mass entertainment was advertised as a means of making “time fly” to defeat boredom. This aspect of film can be seen both as exemplifying the modern culture of alienated time and as a revolt against it. I discuss the way Christian Marclay’s twenty-four-hour video piece The Clock engages this affinity of cinema to clock time, but then I discuss the way both popular genres, such as the romantic comedy, and avant-garde films, such as the work of Peter Kubelka, have creatively transformed this aspect of cinema.
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Avila, Jacqueline. "The Prostitute and the Cinematic Cabaret." In Cinesonidos, 21–67. Oxford University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780190671303.003.0002.

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Abstract:
Chapter 1 focuses on the diegetic music performed in the prostitute melodrama and the cabaretera subgenre, concentrating on the genre’s associations with sexuality, modernity, and gender. Since the Porfiriato, the prostitute functioned as a deeply controversial figure and symbol of womanhood in popular culture, perceived at once as a social vice and as an exploited “necessary evil.” Santa (1931), the tragic story of a young country girl turned prostitute, became Mexico’s first sound film. Cinema presented her musically in two distinct ways: dance music exposed her as a sexual figure, while romantic and sentimental boleros painted her as a figure of tragedy. This chapter analyzes the function of music performances in two canonic prostitute melodramas, Santa and the 1950 cabaretera film Víctimas del pecado. Music signified the prostitute-protagonist’s split identity as a seductress and an empathetic figure, uncovering her problematic position that continued to be exploited on and off screen.
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7

Milner, Andrew, and J. R. Burgmann. "Cli-fi in Other Media." In Science Fiction and Climate Change, 171–89. Liverpool University Press, 2020. http://dx.doi.org/10.3828/liverpool/9781789621723.003.0008.

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Abstract:
This chapter explores cli-fi in other print media (short stories, published poetry, comics and graphic novels), recorded popular music (folk and rock), and audio-visual media (cinema, television and videogames). It identifies rhetorically effective instances of cli-fi from a wide range of media, notably Carol Ann Duffy’s ‘Keep It in the Ground’, Brian Wood’s The Massive, Anohni’s Hopelessness, Franny Armstrong’s The Age of Stupid and Darren Aronofsky’s Noah. But it concludes, nonetheless, that it is in cli-fi novels and trilogies, especially those that deal with mitigation and negative or positive adaptation, that the major effort to respond to the climate crisis has taken shape. The more general conclusion, then, is that longer narrative forms seem best suited to climate fiction.
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8

Bhrugubanda, Uma Maheswari. "The Exemplary Citizen–Devotee and the Other." In Deities and Devotees, 86–116. Oxford University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780199487356.003.0003.

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Abstract:
Chapter 2 begins with a theoretical discussion of majorities and minorities within a secular liberal nation. Later it examines two saint films, Bhakta Ramadasu (1964) and Sri Ramadasu (2006) in which the story of a seventeenth century devotee-poet who was an administrative official under the Muslim Qutub Shahi rulers of Golconda, is mobilized at different moments in Indian history to deal with the question of difference both within Hinduism and outside it. More specifically it demonstrates the ways in which Muslims and the Urdu language are ‘made minor’ in mainstream cinema and thereby in the Telugu cultural imaginary. The first film is representative of the syncretic approach to the Muslim presence while the later film reflects the majoritarian Hindutva logic. Despite this crucial difference, both films are unable to imagine modes of toleration that overcome the limitations of liberal secularism.
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9

Muller, Christine. "Post-9/11 Power and Responsibility in the Marvel Cinematic Universe." In American Cinema in the Shadow of 9/11. Edinburgh University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.3366/edinburgh/9781474413817.003.0014.

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Abstract:
Moving to the science fiction genre, but remaining within the field of allegory, Chapter Thirteen sees Christine Muller scrutinise one of the most economically successful and culturally impactful genre variations to emerge from the American film industry in the last two decades, the renaissance of the superhero film. While it is an emergence which has been criticised by many (see Alan Moore's criticism of it as a "cultural catastrophe" in Flood, 2014), its impact has been so profound that to dismiss it seems imprudent, and, as Richard Gray and Betty Kaklamanidou observed in their The 21st Century Superhero Essays on Gender, Genre and Globalization in Film (2011), in many ways the 2000s were the 'decade of the superhero' (Gray and Kaklamanidou 1). Indeed, one can deal a great deal about a culture by its heroic mythology. Just as the ancient Greeks had tales of Hercules and Achilles, late nineteenth century America turned to mythologised stories of Wyatt Earp and Davy Crockett, in the twentieth century and into twenty-first, western culture found its heroic ideals embodied in comic-book heroes like Superman, Batman and Spider-Man. In Muller's chapter, "Post-9/11 Power and Responsibility in the Marvel Cinematic Universe", she considers the relationship between the superhero film and the tumultuous post-9/11 era, exploring the ideological function of superhero narratives. Muller looks at how the Marvel Cinematic Universe often returned to trauma in a variety of forms in their films which frequently emerge not as bloated blockbusters empty of resonance, but texts which engage with the decade in deeply revealing ways (see DiPaolo and McSweeney). Far removed from the cartoonish fantasyscapes of Salkind era Superman (1977) or the increasingly extravagant excesses of Tim Burton and Joel Schumacher's Batman years, the real world set Marvel Cinematic Universe films, beginning with Iron Man (2008), are deeply immersed in what we might call the ongoing 'War on Terror' narrative. While some writers have dismissed the genre as perpetuating hegemonic ideological systems (see Hassler-Forrest) Muller argues that they are able to, at times, offer more than the conservative world view they are primarily associated with. The defining events of the 'War on Terror' era thus become replayed in the MCU through the melodramatic spectacle of the superhero genre.
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Owens, Rebekah. "Teenpic Shakespare." In Studying Shakespeare on Film, 95–120. Liverpool University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.3828/liverpool/9781800348547.003.0005.

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Abstract:
This chapter follows on from the last in discussing how some Shakespeare films rely on an assumption that Shakespeare is so well-known as to form a distinctive, easily recognized brand in the cinema marketplace. Thus, his work can be reimagined in completely different genres such as the teenpic. That is, they are translated as stories that deal exclusively with the preoccupations of teenagers and the social milieu of the American high school. In this way, principal themes of the plays can be explored, such as jealousy in Tim Blake Nelson’s O, based on Othello, the treatment of women in Gil Junger’s Ten Things I Hate About You, based on The Taming of the Shrew and gender identity in Andy Fickman’s She’s The Man, based on Twelfth Night. The latter film in particular is also used as an exemplar of how a Shakespeare film can sometimes fail in its objectives and oversimplify the themes of the original play to the point where there is little resemblance between the modern film and the early modern original.
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