Journal articles on the topic 'Sito di legame'

To see the other types of publications on this topic, follow the link: Sito di legame.

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the top 38 journal articles for your research on the topic 'Sito di legame.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Browse journal articles on a wide variety of disciplines and organise your bibliography correctly.

1

Marinelli, Alberto. "Socievolezza 2.0. I legami sociali nella network society." SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, no. 41 (May 2012): 30–50. http://dx.doi.org/10.3280/sc2011-041004.

Full text
Abstract:
L'oggetto di questo lavoro č la virtualizzazione dei legami sociali che si sperimenta nei siti di social network. Sia nella teoria sociologica sia nella teoria della comunicazione non possiamo piů distinguere l'analisi della comunicazione mediata dal computer dall'osservazione delle nuove forme di socialitŕ che sono incorporate nella societŕ della rete. Queste nuove forme di relazioni, specificamente attivate dai social media, sono caratterizzate dalla "privatizzazione della sociabilitŕ" e dalla possibilitŕ di passare facilmente tra le diverse reti sociali. Da questo punto di vista teorico, la costruzione di legami sociali č la realizzazione attuale di connessioni.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Rusconi, Paolo. "Ambienti per design. Note di lettura." L'uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità 19, no. 19-20 (December 13, 2022): 176–201. http://dx.doi.org/10.54103/2974-6620/uon.n19-20_2022_pp176-201.

Full text
Abstract:
Ambienti per design un suono udito una cosa vista (EXIT) di Zeno Birolli uscì nel 1983, all’interno della raccolta Sorbi, tordi & nitidezze, un volume che radunava materiali vecchi e lavori nuovi con il sottotitolo di Arte in Italia dopo la Metafisica. Il libro, relativamente noto nella produzione storico artistica di Zeno Birolli, rappresenta il frutto di una stagione intensa di elaborazione intellettuale e progettuale: nell’idea dell’autore doveva presentarsi come una sorta di silloge di un decennio di riflessioni sulle arti nel periodo tra le due guerre. Tra i nuovi studi critici pubblicati nella raccolta, Ambienti per design risulta essere sia per numero di pagine sia per contenuti uno dei più autorevoli e impegnati. Il testo è la descrizione dettagliata di alcuni interni creati per le mostre dell’abitazione e dell’arredamento moderno della Triennale milanese del 1936, ma il tema dominante si raccoglie intorno all’idea che vi sia “un legame che procede dalla prima metafisica di De Chirico [...], si permuta nell’opera di alcuni pittori e scultori della postmetafisica e nel razionalismo architettonico degli anni trenta e quaranta, sino allo spazio scenico di Antonioni”.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Gilliver, C. M. "A mercator bovarius from Veii in a new inscription from the Mola di Monte Gelato." Papers of the British School at Rome 58 (November 1990): 193–96. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200011648.

Full text
Abstract:
UN MERCATOR BOVARIUS VEIENTE DA UNA NUOVA ISCRIZIONE DALLA MOLA DI MONTE GELATOAmpie parti di un'iscrizione appartenente a un rilievo funerario marmorea dell'inizio del I secolo d.C. sono venute alla luce da una calcara durante gli scavi alla Mola di Monte Gelato, nell'Etruria Meridionale. Il rilievo, tipico fra quelli realizzati da gruppi di liberti durante la tarda fase repubblicana e la prima età imperiale, risente nelle caratteristiche di un'influenza urbana. Uno dei liberti menzionati, C. Valerius Faustus, fu un mercator bovarius, probabilmente legato al commercio di bestiame a Roma, e sacerdote del culto imperiale nel limitrofo municipio di Veio. La sola donna commemorata nel monumento, forse la moglie di Faustus, ha anch'essa un nesso con Veio come si evince dall'evidenza epigrafica. Questo complesso appare utile per illustrare, dunque, i legami presenti fra il sito di Mola di Monte Gelato, in rapporto al municipio veiente e alla non lontana città di Roma.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

De Pieri, Filippo. "Storie accademiche, storie pubbliche, patrimonio. La pianificazione urbana nell'Europa post-napoleonica attraverso i due siti Unesco di Nizza e La Chaux-de-Fonds/Le Locle." STORIA URBANA, no. 168 (November 2021): 141–63. http://dx.doi.org/10.3280/su2021-168006.

Full text
Abstract:
L'articolo pone a confronto due siti recentemente iscritti nella Lista del patrimonio mondiale Unesco - La Chaux-de-Fonds/Le Locle e Nizza - focalizzandosi sui modi in cui le storie della pianificazione urbana del primo Ottocento sono state mobilitate nella costruzione di narrazioni pubbliche associate al patrimonio urbano. Per quanto simili narrazioni possano apparire discutibili se confrontate con l'evidenza documentaria disponibile, esse sembrano anche capaci di assumere un ruolo di stimolo per l'emergere di nuove ricerche su temi finora scarsamente osservati. I casi di studio offrono un interessante punto di vista per approfondire i legami reciproci che potenzialmente esistono tra storie urbane accademiche da un lato e narrazioni socialmente condivise del cambiamento urbano dall'altro. Se osservati insieme, questi due siti Unesco mostrano la necessità di un riesame comparativo della storia dei piani di primo Ottocento basati sulla griglia, specialmente nell'Europa napoleonica. Già interpretati come l'esito di teorie urbane implicite che privilegiavano l'organizzazione razionale, l'iniziativa individuale, la distribuzione uniforme delle opportunità, questi piani sostennero di fatto una notevole pluralità di immaginari sociali - ben esemplificata in questo caso dalla contrapposizione tra piani concepiti come supporto per il turismo internazionale e le attività di svago lungo la costa francese, e un piano concepito come supporto alla produzione industriale tra le montagne svizzere.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Pepe, Dunia, and Debora Vitali. "Il patrimonio culturale metafora dell'interdisciplinarità: storie, conoscenze, tecnologie e professioni." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 36 (February 2022): 103–19. http://dx.doi.org/10.3280/eds2021-036010.

Full text
Abstract:
Il patrimonio culturale rappresenta un settore strategico per lo sviluppo della società, dell'economia e del lavoro. Una dimensione essenziale della gestione e della fruizione del patrimonio culturale è il processo della sua digitalizzazione. Accanto al patrimonio culturale esiste ormai un patrimonio culturale digitale che ne garantisce la conservazione, la diffusione e la valorizzazione. Le nuove tecno-logie hanno trasformato l'organizzazione di musei, gallerie, siti d'arte e siti archeologici. Queste stesse tecnologie hanno consentito la diffusione e l'operabilità a livello internazionale di infrastrutture digitali di informazione e ricerca. La digitalizzazione ha consentito ai luoghi della cultura di sperimentare nuovi legami, con i territori e con i cittadini, già dall'inizio degli anni 2000 e soprattutto a seguito del lockdown imposto dalla pandemia da Covid 19. Le tante attività di digitalizzazione volte a valorizzare i beni culturali richiedono sia co-noscenze umanistiche che scientifiche. Da un lato, esse implicano la creazione di realtà virtuali e modellizzazioni per una diversa e più profonda conoscenza, dall'altro lato, richiedono l'uso dell'intelligenza artificiale e dei big data per ricostruire il passato delle culture o per conoscere i flussi turistici nei siti d'arte. Anche le professioni, le competenze ed i percorsi formativi legati alla digitalizzazione dei beni culturali nascono dalle interazioni tra sistemi fisici e sistemi virtuali, da conoscenze ed esperienze di diversa natura.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Russo, Pasquale. "I migranti forzati in Puglia tra campi di accoglienza e progetti territoriali per l'integrazione: il centro di Borgo Mezzanone." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2010): 99–112. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-003006.

Full text
Abstract:
La presenza di migranti forzati nella regione Puglia č un fenomeno che dal secondo conflitto mondiale si č esteso sino ad oggi con modalitŕ e dinamiche in parte simili, in parte mutate dalle politiche nazionali ed europee. Per comprendere la presenza e l'accoglienza posta in essere dalle istituzioni italiane in Puglia in favore dei richiedenti asilo č opportuno analizzare le modalitŕ di accoglienza sul piano nazionale nel periodo compreso tra la fine del secondo conflitto mondiale ed oggi. I centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) odierni sono il frutto di poltiche nazionali decennali legate all'emergenza. Per comprendere la funzione dei CARA si guarderŕ al centro di Borgo Mezzanone in provincia di Foggia. I CARA. sono concepiti come strutture di sosta temporanea per i richiedenti asilo e al loro interno gli asilanti permangono molto spesso sino all'enventuale riconoscimento di una protezione internazionale. Conseguenzialmente i centri di accoglienza si traformano da luoghi di emergenza per soste temporanee, in "abitazioni" inadatte a tutti i suoi ospiti e particolarmente alle categorie vulnerabili: minori, anziani, disabili. Con l'eventuale riconoscimento della protezione internazionale solo il Servizio di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), dal 2002, offre un modello di accoglienza agganciato a standard europei. Per i restanti migranti forzati non accolti dallo SPRAR si verifica un difficile percorso di integrazione viziato da un "oblio" istituzionale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Cipriani, Roberto. "Religione e sport. Tra rito e spettacolo." El Futuro del Pasado 6 (October 1, 2015): 87–111. http://dx.doi.org/10.14516/fdp.2015.006.001.003.

Full text
Abstract:
Sono numerosi i punti di contatto e le affinità fra religione e sport. Il che avviene sin dai tempi più antichi. Esemplare è il caso della Grecia, dove non a caso sono sorte le Olimpiadi in un contesto e con motivazioni a carattere tipicamente religioso.La stessa ripresa dei Giochi Olimpici nel 1896 rappresenta un momento di svolta per la storia dello sport ma evidenzia anche le ragioni profondamente etiche (e religiose) che animavano il loro fondatore, il barone de Coubertin.Oggi sotto diverse forme ed in situazioni favorevoli il legame fra religione e sport si va rafforzando tanto da poter verificare la presenza di riti, preghiere, formule, gesti, simboli e ruoli tipicamente religiosi anche in avvenimenti sportivi, nel corso della loro preparazione come nelle fasi successive allo svolgimento delle competizioni.Vari studi sul campo mostrano che specialmente entro modelli d’ispirazione cristiana vigono e si diffondono pratiche religiose che accompagnano da vicino le dinamiche relative all’organizzazione di gare in diversi sport, a partire dai momenti fondativi per giungere sino ai processi di legittimazione delle memorie del passato.Soprattutto nel campo del calcio esistono forme di divismo, movimenti parareligiosi e culti propiziatori ed esorcistici tesi ad ottenere risultati agonistici continuamente positivi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Raposo, Otávio, Pedro Varela, José Alberto Simões, and Ricardo Campos. "“Nos e fidju la di gueto, nos e fidju di imigranti, fidju di Kabu Verdi”: estética, antirracismo e engajamentos no rap crioulo em Portugal." Sociedade e Estado 36, no. 1 (April 2021): 269–91. http://dx.doi.org/10.1590/s0102-6992-202136010013.

Full text
Abstract:
Resumo Ao longo de décadas, o rap tem sido central na construção de um discurso antirracista em Portugal. Com músicas a denunciar a violência policial, a exclusão social, o legado colonial e o racismo, os rappers negros das periferias de Lisboa desempenham um papel de vanguarda na luta contra a opressão racial, particularmente aqueles que cantam em crioulo cabo-verdiano. Apoiados por dispositivos e redes digitais, estes jovens constroem circuitos de sociabilidade e de produção musical impulsionadores de uma estética insurgente capaz de desafiar o estatuto de subalternidade que lhes é imposto. O presente trabalho debruça-se sobre a importância do rap na exposição do problema do racismo na sociedade portuguesa. Recorrendo a diferentes pesquisas de natureza qualitativa, analisamos os estilos de vida, as letras de música, o acesso às redes digitais e os engajamentos dos rappers no movimento antirracista.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Barnish, S. J. B. "Pigs, Plebeians and Potentes: Rome's Economic Hinterland, c. 350–600A.D." Papers of the British School at Rome 55 (November 1987): 157–85. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200008990.

Full text
Abstract:
MAIALI, PLEBEI E ‘POTENTES’: L'ENTROTERRA ECONOMICO DI ROMA CA. NEL 350–600 d.C.Questo articolo mette in relazione la villa lucana di San Giovanni di Ruoti, scavata di recente, ed altri siti dell'Italia meridionale, con i cambiamenti nella popolazione romana e nelle necessità alimentari nel V e VI secolo d.C. L'aumento o la diminuzione della prosperità nella regione sono legate anche alla commutazione monetaria delle tasse, e allo sviluppo dell'economia mediterranea nel suo insieme. Si sostiene che il commercio e la produzione locale dipendevano dagli scambi extra-regionali ma allo stesso tempo erano in concorrenza con loro. Questo rapporto è strettamente connesso al declino dell'autorità centrale nel regno ostrogoto e negli stati contemporanei, e alla restaurazione di Giustiniano dell'impero romano a occidente. Questo evento si dimostrò disastroso in egual misura per le economie regionali e per quelle mediterranee.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Rotondi, Armando. "Werner Schroeter e Vincent Monnikendam: Il sangue di Napoli da una prospettiva straniera tra tradizione e internazionalismo." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, no. 2 (March 16, 2018): 537–51. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818764112.

Full text
Abstract:
Scopo del contributo è analizzare le differente immagini e “anime” di Napoli così come ritratte da due registi stranieri, il tedesco Werner Schroeter e il documentarista olandese Vincent Monnikendam, che hanno dedicato al “sangue di Napoli” due tra i loro lavori più importanti e celebri. In Neapolitanische Geschwister (1978), Schroeter crea una interessante saga familiare che va dal 1942 sino agli anni ’70, mescolando folklore napoletano, realismo, espressionismo ed elementi ella grande tradizione teatrale napoletana (come Raffaele Viviani), ma anche Bertolt Brecht, e una poetica tipica della produzione di Schroeter. In tempi relativamente più recenti, Vincent Monnikendam, nel documentario Zielen van Napels (2005), è interessato invece alle differenti anime della città e dei suoi cittadini, prendendo le mosse—nella sua descrizione—da suggestioni musicali e dall’arte di Caravaggio. Le immagini di Napoli dipinte dai due registi sono, allo stesso tempo, legate alla tradizione—ma vista da occhi esterni—in una prospettiva internazionale, lontana dalla visione oleografica e stereotipata della città.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
11

Dall'Olmo, Christian, Roberto Gallo, and Nereo Zamperetti. "Il Comitato di Etica per la Pratica Clinica dell’Aulss 8 Berica di Vicenza e la Legge 219/2017: storia di un impegno informativo e formativo. La nascita dello spazio di Consulenza Etica per le DAT." Medicina e Morale 70, no. 2 (July 26, 2021): 167–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2021.935.

Full text
Abstract:
Il Comitato Etico per la Pratica Clinica (CEPC) dell’Aulss N. 8 Berica di Vicenza si fatto promotore nei due anni che hanno seguito la pubblicazione della Legge 219/2017, di una intensa attivit di formazione e informazione sulle importanti novit da essa introdotte. In particolare stato redatto un testo, pubblicato sul sito aziendale, avente l’obiettivo da un lato di spiegare ai non addetti ai lavori il senso e lo scopo della legge, dall’altro di fornire una indicazione semplice e concreta del percorso da fare per redigere una Disposizione Anticipata di Trattamento (DAT) e cos registrarla in via ufficiale. Molte altre attivit formative, rivolte in alcuni casi ai professionisti sanitari, in altri alla cittadinanza in generale, sono seguite alla pubblicazione del documento. Una iniziativa particolarmente innovativa stata la creazione di uno spazio di Consulenza Etica per le DAT, uno sportello di ascolto dove un componente del CEPC, un professionista sanitario in possesso di una laurea in filosofia e di un master in consulenza etica, per una mattina al mese si rende disponibile a fornire informazioni sulle DAT, ad aiutare nella redazione di una nuova DAT oppure a leggere e analizzare una DAT gi predisposta. Un piccolo gruppo di lavoro del CEPC, allo scopo di rispondere alla richiesta di un gran numero di utenti di uno strumento che potesse aiutarli a redigere una DAT, ha elaborato e sottoposto all’approvazione del Comitato un documento intitolato “Guida per preparare e personalizzare una Disposizione Anticipata di Trattamento”, pubblicato anch’esso sul sito aziendale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
12

Sederi, Sederi, Ahmad Jauhari, and Badaruddin Badaruddin. "KERAGAMAN DAN KEMIRIPAN TUMBUHAN BAWAH DI AREA REKLAMASI PT ADARO INDONESIA." Jurnal Sylva Scienteae 5, no. 4 (August 30, 2022): 587. http://dx.doi.org/10.20527/jss.v5i4.6148.

Full text
Abstract:
Natural succession is an important process in the development of vegetation, especially on land that has been damaged, such as former coal mines. After mining coal as a raw material for making fuel, the ex-mining land has the characteristics of a site without top soil, high density, poor in nutrients, high pH and low soil microbial population. The condition of the ex-coal mining site that does not support colonization of natural plants has led to the introduction Cover crops, especially legume cover crops, are needed to improve site quality. Legume crops play a significant role as facilitators, especially in natural succession by enriching the nitrogen (N) content in the soil (Gosling, 2005). The method used is vegetation analysis including community similarity index, species richness index, dominance index and important value index. The results obtained from this study are that there are 18 species of understorey identified with two families, namely Cyperaceae (3 species) and Poaceae (15 species). The dominant plant species is Panicum repens. This species was found in L-3 and L-4 with a high number of individuals so that the dominance was also high with values of 0.60 and 0.51 respectively with an INP of 128.13%. The highest IS value of undergrowth is 57.14% at locations 1 and 2 and there is no similarity because the IS value is <75%. The R1 value at the four research sites as a whole can be said to be low because it is less than <3.5. The highest species richness index (R1) was obtained at the second location (L-2) of 1.96, although this value was still low because it was less than <3.5.Suksesi alami penting dalam perkembangan vegetasi, terutama pada lahan yang mengalami kerusakan seperti bekas tambang batu bara. Penambangan batu bara sebagai bahan baku pembuatan bahan bakar, lahan bekas tambangnya mempunyai karakteristik tapak tanpa top soil, tingkat kepadatan tinggi, miskin hara, pH tinggi dan populasi mikorba tanah rendah.Tanaman legum memainkan peran signifikan sebagai fasilitor, terutama memperkaya kandungan nitrogen (N) tanah (Gosling, 2005). Metode yang digunakan yaitu analisis vegetasi meliputi indeks kemiripan komunitas, indeks kekayaan jenis, indeks dominansi dan indeks nilai penting. Hasil yang diperoleh dari penelitian ini yaitu jenis tumbuhan bawah yang teridentifikasi ada 18 jenis dengan dua famili yaitu Cyperaceae (3 jenis) dan Poaceae (15 jenis). Jenis tumbuhan yang mendominasi yaitu jenis Panicum repens. Jenis ini ditemukan pada L-3 dan L-4 dengan jumlah individu yang tinggi sehingga dominansinya juga tinggi dengan masing-masing nilai 0,60 dan 0,51 dengan INP 128,13%. Nilai IS tumbuhan bawah tertinggi yaitu 57,14% pada lokasi 1 dan 2 dan tidak ada kemiripan karena nilai IS <75%. Nilai R1 pada keempat lokasi penelitian secara keseluruhan dapat dikatakan rendah karena kurang dari < 3,5. Indeks kekayaan jenis (R1) tertinggi diperoleh pada lokasi kedua (L-2) sebesar 1,96 meskipun demikian nilai tersebut masih rendah karena dari kurang dari < 3,5.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
13

Scalercio, Stefano, and Carlo Di Marco. "Fauna macrolepidotterologica notturna degli ambienti forestali della media valle dei fiumi Alli e Simeri (Calabria, Italia) (Lepidoptera)." Bollettino della Società Entomologica Italiana 154, no. 3 (December 15, 2022): 99–116. http://dx.doi.org/10.4081/bollettinosei.2022.99.

Full text
Abstract:
Si riporta l’elenco dei macrolepidotteri notturni raccolti nel territorio compreso fra i fiumi Alli e Simeri, sul versante sud-orientale del massiccio montuoso della Sila. A quote comprese fra i 650 e i 90 metri sul livello del mare, sono stati indagati 10 siti rappresentativi delle principali formazioni forestali del comprensorio, principalmente quercete termofile e boschi ripari. Con l’ausilio di trappole luminose a LED UV, attivate a cadenza mensile da giugno 2019 ad aprile 2021, sono stati catturati 20.366 esemplari appartenenti a 429 specie. Le più abbondanti sono strettamente legate alla copertura forestale (Eupithecia dodoneata, Cyclophora puppillaria, Watsonalla uncinula e diverse specie di Catocala) oppure hanno ampia valenza ecologica (Peribatodes rhomboidaria, Idaea filicata, I. degeneraria, Eilema caniola). Di particolare interesse biogeografico sono il rinvenimento di Cryphia receptricula, per la prima volta segnalata in Calabria, Aegle agatha, nota in Italia per tre località, Horisme exoletata, segnalata finora in Italia continentale soltanto in questa area, Denticucullus pygmina e Orectis proboscidata, note per una sola località calabrese. 44 specie vengono segnalate per la prima volta nel comprensorio silano e 7 per la costa ionica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
14

Papa, Anna. "La complessa realtŕ della Rete tra "creativitŕ" dei fornitori di servizi Internet ed esigenze regolatorie pubbliche: la sottile linea di demarcazione tra provider di servizi "content" e di "hosting attivo"." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 2 (November 2012): 221–53. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002004.

Full text
Abstract:
La Rete Internet si presenta come una realtŕ complessa nell'ambito della quale alla funzione di trasmissione di dati si associano, acquisendo sempre maggiore rilevanza, funzioni legate all'utilizzo diffuso degli strumenti propri della societŕ dell'informazione e della comunicazione. In costante crescita sono anche i soggetti che offrono servizi legati alle funzioni ora citate, in particolare fornitori di connettivitŕ e gestori di applicazioni in grado di consentire la comunicazione e la diffusione in Internet di notizie, opinioni e contenuti. A fronte di una cosě complessa realtŕ, la legislazione nazionale, in linea con la normativa europea, in materia si presenta ancora poco sensibile alle differenziazioni dei ruoli ricoperti dai soggetti operanti in Rete, come fornitori di servizi e come utenti. Essa attribuisce centralitŕ, soprattutto sul piano della responsabilitŕ, all'Internet provider, considerato come il soggetto centrale della fruizione dei servizi Internet, pur nella tripartizione ora prevista dalla normativa nazionale (in ossequio a quella comunitaria) che distingue tra access, caching e hosting. In realtŕ, pur certi dell'importanza dei Service per il funzionamento (e il controllo) della Rete, appare ormai evidente che i fornitori di servizi Internet si presentano come un universo ben piů articolato e dinamico, con prestazioni che vanno a collocarsi nello spazio creato dalla Rete e non semplicemente nella funzione di trasmissione o conservazione dei dati immessi o prodotti. Una prima importante conseguenza č la difficoltŕ di distinguere tra "hosting" e "content" provider. Sono soprattutto questi ad essersi molto evoluti negli ultimi anni. Nel saggio ne vengono forniti tre esempi: siti istituzionali, gestori di piattaforma e curatori di luoghi di discussione. In assenza di una regolamentazione normativa, a livello europeo e nazionale, la giurisprudenza sta cercando di individuare un punto di bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti che tenga conto delle caratteristiche e del carattere innovativo della Rete rispetto ad esperienze e contesti preesistenti. Appare tuttavia evidente che l'azione giurisprudenziale da sola non č in grado di stabilizzare e di dare affidabilitŕ ad un comparto che necessita invece di regole, frutto di una riflessione condivisa, idonee a garantire una operativitŕ "regolata", rispettosa dei diritti individuali, della concorrenza ma nel contempo capace di assecondare la profonda innovazione dell'informazione e della comunicazione che la Rete sta realizzando
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
15

Ramos Chuquimia, Diana. "Templos andinos de Arica y Parinacota. Ruta de la Misiones Saraña." Devenir - Revista de estudios sobre patrimonio edificado 7, no. 14 (October 31, 2020): 182. http://dx.doi.org/10.21754/devenir.v7i14.1045.

Full text
Abstract:
El valor de este estudio radica en la di- fusión de los alentadores resultados obtenidos por los esfuerzos públicos y privados que sostuvieron una empresa de gestión patrimonial paradigmática y ejemplar en la Región XV de Chile. En cada una de sus páginas tenenos no sólo el testimonio de los actores direc- tos del legado patrimonial construido, sino también la intensidad coercitiva, la vinculación con el trabajo comunitario a favor de la conservación sostenible los templos andinos.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
16

Simone, Cristina, and Domenico Di Prisco. "Una blockchain europea per la gestione dei fondi strutturali europei: dallo scenario attuale ad una proposta implementativa." CORPORATE GOVERNANCE AND RESEARCH & DEVELOPMENT STUDIES, no. 1 (November 2020): 85–114. http://dx.doi.org/10.3280/cgrds1-2020oa10027.

Full text
Abstract:
Il presente lavoro si colloca in un filone di studi destinato ad acquisire sempre pi&ugrave; importanza non solo nel dibattito accademico, ma anche in seno alle istituzioni politiche e pi&ugrave; in generale nella societ&agrave; civile: il rapporto tra tecnologia e performance del settore pubblico.In particolare, il lavoro discute la proposta della creazione di una blockchain europea per la gestione dei Fondi Strutturali e presenta quindi un set di best practice a supporto della sua ideazione ed implementazione. Due sono i temi alla base del lavoro: 1. i preoccupanti rischi (quali quello di considerevoli&nbsp; frodi) e le ben note e documentate inefficienze (quali ad esempio le scarse capacit&agrave; d'impegno e&nbsp; spesa dei fondi di alcune regioni europee) riscontrati sino ad oggi negli attuali sistemi di finanziamento pubblico, sia nazionale sia europeo, nel gestire e monitorare adeguatamente realt&agrave; molto complesse; e 2. le significative potenzialit&agrave; offerte dalle emergenti tecnologie basate su algoritmi decisionali (di cui le blockchain sono espressione) nel poter risolvere efficacemente e sostenibilmente le suddette fragilit&agrave; ed inefficienze.Dopo aver individuato e descritto le principali criticit&agrave; degli attuali sistemi nazionale ed europeo di finanziamento pubblico, il lavoro definisce le principali caratteristiche di una blockchain atta a superare le attuali fallacie e ne discute i potenziali vantaggi applicativi soprattutto in termini di efficienza e trasparenza dei processi decisionali.&nbsp; Sulla base di un'accurata analisi della letteratura esistente e di eloquenti case study relativi all'applicazione della blockchain nel settore pubblico, il lavoro propone quindi un utile set di best practice per l'implementazione di una blockchain europea, non trascurando tuttavia di segnalarne le potenziali criticit&agrave; non solo e tanto legate alla fattibilit&agrave; tecnologica quanto sul piano concettuale e dei giudizi di valore.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
17

Aryandari, Citra. "Jaap Kunst Legacies: A Site of Forgetting, Remembering and History-Making." Resital: Jurnal Seni Pertunjukan 23, no. 3 (December 17, 2022): 160–68. http://dx.doi.org/10.24821/resital.v23i3.7766.

Full text
Abstract:
ABSTRACT The study interrogate and reconfigure the project of disclosing the heritage of ethnomusicologist Jaap Kunst. Jaap Kunst recorded a lot of Indonesian music while living in Indonesia from 1919-1934. The teaching material and the development of ethnomusicology concepts as knowledge based on the sound record and his research experience. Now, after nearly 100 years, the Musicology Department of University van Amsterdam is initiating the opening of the Jaap Kunst legacy that has not yet been published. Because this heritage is related to Indonesia's cultural history and memory, University van Amsterdam collaborates with academics from Indonesia and trying to find support from the Indonesian government. This study introduces philosophical approaches to reflection: critical, hermeneutic, and finally phenomenological. Reveal the dynamic relationship between Jaap Kunst legacies as a historical artifact and a site of forgetting, remembering, and history-making. How were the memory and identity stored in the Jaap Kunst materials reinterpreted in the postcolonial era? How is ethnomusicology addressing this matter related to shaping the colonial knowledge into the various subject positions? This paper is discussed with a retrospective approach in which individuals are sampled and information is collected about their past. Through interviews in some participants are asked to recall important events, or by identifying relevant administrative data to fill in information on past events and circumstances. With that method I assumed that tracking down Kunst's legacy was like taking a vacation at grandma's house, bringing back all the memories but not necessarily related to the present. ABSTRAK Tulisan ini menginterogasi dan mengonfigurasi ulang proyek pembukaan warisan etnomusikolog yang Bernama Jaap Kunst. Jaap Kunst merekam banyak musik Indonesia selama tinggal di Indonesia dari tahun 1919-1934 dan menjadikan sebagai bahan ajar serta pengembangan konsep etnomusikologi sebagai ilmu pengetahuan berdasar rekaman suara dan pengalaman penelitiannya. Kini, setelah hampir 100 tahun, Departemen Musikologi Universitas Amsterdam memprakarsai pembukaan warisan Jaap Kunst yang belum sempat dipublikasikan. Warisan ini terkait dengan sejarah dan ingatan budaya Indonesia, Universitas Van Amsterdam bekerja sama dengan akademisi dari Indonesia dan berusaha mencari dukungan dari pemerintah Indonesia. Tulisan ini memperkenalkan pendekatan filosofis untuk refleksi: kritis, hermeneutik, serta fenomenologis. Mengungkapkan hubungan dinamis antara warisan Jaap Kunst sebagai artefak sejarah dan situs melupakan, mengingat, dan membuat sejarah. Bagaimana ingatan dan identitas yang tersimpan dalam materi Jaap Kunst diinterpretasikan ulang di era pascakolonial? Bagaimana etnomusikologi menyikapi hal ini terkait dengan pembentukan pengetahuan kolonial ke dalam berbagai posisi subjek? Pembahasan dalam tulisan ini menggunakan pendekatan retrospektif di mana individu diambil sampelnya dan dikumpulkan informasi tentang masa lalunya. Melalui wawancara beberapa partisipan diminta untuk mengingat kembali peristiwa-peristiwa penting, atau dengan mengidentifikasi data administrasi yang relevan untuk mengisi informasi tentang peristiwa dan keadaan masa lalu. Dengan cara itu dapat diasumsikan menelusuri peninggalan Kunst seperti berlibur ke rumah nenek, membawa kembali semua kenangan tapi tidak harus terkait dengan masa kini.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Sari, Sasi Gendro, Risna Ariyanti, and Evi Mintowati Kuntorini. "POTENSI LEGUM DALAM MENINGKATKAN BAHAN ORGANIK TANAH KRITIS CEMPAKA, BANJARBARU Legume Potency In Improving Soil Organic Carbon Of Cempaka Critical Land, Banjarbaru." Jurnal Hutan Tropis 5, no. 3 (April 1, 2018): 252. http://dx.doi.org/10.20527/jht.v5i3.4792.

Full text
Abstract:
Tanah kritis lahan Cempaka di daerah Banjarbaru, Kalimantan Selatan merupakan lahan bekas penambangan intan yang mengandung kadar besi yang tinggi dan rendah akan unsur hara. Penelitian ini bertujuan untuk meningkatkan kandungan bahan organik tanah di lahan kritis Cempaka dengan menggunakan biomasa legum sebagai pupuk hayati. Sebanyak lima jenis legum digunakan sebagai pupuk hayati, yaitu Mucuna pruriens, Gliricidia sepium, Leucaena leucocephala, Vigna unguiculata, Centrosema pubescens. Jagung manis sebagai tanaman uji ditanam selama 45 hari dan kemudian diukur rasio C/N dan pertumbuhan tanaman jagung. Hasil menunjukkan bahwa Leucaena leucocephala memiliki rasio C/N yang terbaik bila dibandingkan pangkasan legum lainnya dan tumbuhan ini berpotensi sebagai alternative pupuk hayati di tanah kritis Cempaka.Kata kunci: Legum, organik tanah, lahan kritis CempakaCempaka critical land in Banjarbaru, South Kalimantan is an ex-diamond mining site which has a high amount of iron and low soil organik carbon. The research aimed to improve soil organik of Cempaka critical land using local legum biomass as the fertilizer. Five local legums were used as fertilizer such as Mucuna pruriens, Gliricidia sepium, Leucaena leucocephala, Vigna unguiculata, Centrosema pubescens. The sweet corn was planted for 45 days and then the plant was observed the ratio between soil carbon and soil nitrogen. The result showed that Leucaena leucocephala had the primmest result of C/N ratio than other local legums and it could be concluded that Leucaena leucocephala had a potency of alternative fertilizer in Cempaka critical land.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
19

Palma, Valerio, Federico Accorsi, Alessandro Casasso, Carlo Bianco, Sarah Cutrì, Matteo Robiglio, and Tiziana Tosco. "AdRem: An Integrated Approach for Adaptive Remediation." Sustainability 13, no. 1 (December 22, 2020): 28. http://dx.doi.org/10.3390/su13010028.

Full text
Abstract:
Abandoned industrial sites are generally characterized by soil and subsoil contamination. The paradigm currently employed for their remediation is “tabula rasa”, i.e., remediation of the entire site before its repurpose. However, this method is not economically, socially, or technologically sustainable: it delays the reuse of large areas, often well-connected to infrastructures, whose reuse may prevent further soil consumption. A possible solution to this problem is the application of adaptive reuse principles. This study, conducted at FULL (Future Urban Legacy Lab) in Politecnico di Torino, presents an interdisciplinary approach to spatialize, visualize, and manage interactions between reclamation and urban design for the transformation of contaminated urban areas. The core is based on a decision support parametric toolkit, named AdRem, developed to compare available remediation techniques and schematic urban design solutions. AdRem uses a 3D modeling interface and VPL scripting. Required input data are a geometric description of the site, data on the contamination status, viable remediation techniques, and associated features, and schematic urban design recommendations. A filtering process selects the techniques compatible with the site use foreseen. The output is an optimized remediation and reuse plan that can support an interdisciplinary discussion on possible site regeneration options.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
20

D’Ugo, D., A. Cambieri, L. Mascellari, and F. Berloco. "Organizzazione e management per la qualità totale della prestazione sanitaria." Medicina e Morale 45, no. 2 (April 30, 1996): 251–70. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.914.

Full text
Abstract:
Uno dei temi di maggiore interesse ed attualità in ambito sanitario è la necessità di conciliare l’attenzione verso le esigenze assistenziali della popolazione con il contenimento dei costi, di per sé in crescita costante e per molti aspetti incontrollabile. Questa sfida è stata sino ad oggi solo in parte raccolta dal nostro Sistema Sanitario, anche a causa di una incompleta ed inadeguata formazione degli operatori su tali tematiche. Nondimeno, le ricerche finalizzate ad un più razionale utilizzo delle risorse disponibili sono sempre più numerose ed - ovviamente - coinvolgono direttamente i clinici. Tra gli aspetti indagati frequentemente vi è quello che concerne l’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri. Muovendo da queste considerazioni gli Autori hanno voluto analizzare i margini di azione entro cui è possibile impostare seri programmi di tutela dei bisogni collettivi di salute che soddisfino sia le esigenze di una maggiore qualità delle prestazioni sanitarie - anche attraverso soluzioni organizzative alternative rispetto al ricovero tradizionale - sia i necessari requisiti di eticità, secondo la visione morale personalistica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
21

Zulian, F., M. Campanini, L. Lusiani, L. Magnani, G. Pinna, and R. Nardi. "Problematiche di fine vita: il ruolo della medicina interna ospedaliera." Italian Journal of Medicine 5, no. 1 (April 10, 2017): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.4.

Full text
Abstract:
<img src="/public/site/images/pgranata/PREFAZIONE.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>Etica cristiana e malattia</strong><br /><em>E. Bianchi</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>Le problematiche di fine vita: quale consapevolezza da parte degli internisti?</strong><br /><em>M. Gambacorta, M. Campanini, R. Nardi</em></p><p class="titolo"><strong>Il concetto di terminalità: certezze e incertezze</strong><br /><em>L. Lusiani, C. Bullo</em></p><p class="titolo"><strong>Traiettorie di malattia: non sempre i pazienti e le famiglie sono informati</strong><br /><em>L. Magnani</em></p><p class="titolo"><strong>La dignità come fattore di cura: pratica clinica nel fine vita nella medicina <em>patient centered</em></strong><br /><em>M. Felici, A. Pulerà, S. Lenti</em></p><p class="titolo"><strong>L’assistenza nel fine vita: quali responsabilità? Un approccio medico-legale al tema</strong><br /><em>A. Aprile, M. Bolcato, D. Rodriguez</em></p><p class="titolo"><strong>Il paziente terminale: aspetti di tipo etico</strong><br /><em>R. Cavaliere</em></p><p class="titolo"><strong>Cure palliative, assistenza domiciliare e <em>caregiver burden</em>: il modello dell’efficienza terapeutica</strong><br /><em>L. Occhini, A. Pulerà, M. Felici</em></p><p class="titolo"><strong>Nutrizione ed idratazione nei malati terminali</strong><br /><em>R. Risicato</em></p><p class="titolo"><strong>La gestione del dolore nel paziente terminale</strong><br /><em>G. Civardi, M. Bosco, R. Bertè</em></p><p class="titolo"><strong>Sedazione di fine vita: aspetti decisionali clinici ed etici</strong><br /><em>M. Carassiti, A. De Benedictis, M. Del Prete, B. Vincenzi, V. Tambone</em></p><p class="titolo"><strong>La rimodulazione della terapia negli anziani in fase terminale</strong><br /><em>A. Cester, F. Busonera</em></p><p class="titolo"><strong>Ruolo dell’infermiere nel <em>comfort care</em> del paziente a fine vita in Medicina Interna</strong><br /><em>D. Simonazzi, M. Lince, S. Tanzi, G. Bordin</em></p><p class="titolo"><strong>Percorso di fine vita e diagnosi di terminalità: l’esperienza dell’Ausl di Modena e Reggio Emilia</strong><br /><em>G. Chesi, E. Scalabrini, P. Vacondio, G. Pinelli, G. Carrieri, G. Cioni</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/Sezioni.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>APPENDICE I<br />Metodi di riconoscimento e di valutazione del paziente in fase terminale o a rischio di elevata mortalità in ospedale</strong><br /><em>R. Nardi, G. Belmonte, L. Lusiani, M. Gambacorta, G. Pinna, M. Campanini, A. Fontanella</em></p><p class="titolo"><strong>APPENDICE II<br />RECENSIONE - Riflessioni sul dolore </strong>di Umberto Eco<br /><em>R. Nardi</em></p>
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
22

Evitayani, Evitayani, Yetti Marlida, Ahadiyah Yuniza, James Hellyward, ,. Suyitman , Suyitman, and Harnentis Harnentis. "IPTEK BAGI MASYARAKAT PADA KELOMPOK TANI TERNAK DI SUNGAI PERMAI, LAMBUNG BUKIK." Jurnal Hilirisasi IPTEKS 1, no. 3 (September 30, 2018): 86–98. http://dx.doi.org/10.25077/hilirisasi.1.3.81-91.2018.

Full text
Abstract:
Propinsi Sumatera Barat memiliki pertanian relatif luas dengan bahan pakan seperti jerami padi, Rumput Gajah dan kelompok legume yang dapat dimanfaatkan untuk kebutuhan ternak sapi potong. Luas keseluruhan Kota Padang adalah 694,96 km², dan lebih dari 60% dari luas tersebut, sekitar ± 434,63 km² merupakan daerah perbukitan yang ditutupi hutan lindung, sementara selebihnya merupakan daerah efektif perkotaan. Sedangkan keadaan topografi kota ini bervariasi, 49,48% luas wilayah daratan Kota Padang berada pada wilayah kemiringan lebih dari 40% dan 23,57% berada pada wilayah kemiringan landai. Wilayah timur ini terdiri dari beberapa kecamatan yaitu mulai utara ke selatan berturut- turut dari Kecamatan Koto tangah, Pauh, Kuranji, dan Lubuk kilangan. Daerah Pauh seperti desa Lambung Bukik yang termasuk ke dalam program forum Pertides (perguruan tinggi untuk desa) yang bekerjasama yang diawali MOU Rektor tahun 201 dengan Kemendes PDTT) untuk mempersiapkan dan melaksanakan program membantu desa membangun. Sebagian pendapatan mereka diperoleh dari beternak dan bercocok tanam. Secara umum, baik usaha pertanian maupun peternakan masih dilaksanakan secara tradisional, sehingga tidak mengherankan apabila hasil yang diperoleh pun relatif rendah. Ternak sapi hanya dikandangkan atau ditambatkan pada malam hari, sedangkan siang harinya dilepas untuk mencari makanan dipadang rumput atau dilahan tidur sekitar desa. Baru sedikit upaya untuk memelihara ternak secara intensif dengan mengandangkan dan memberikan makanan secara cukup dan teratur. Rendahnya produksi ternak selain disebabkan oleh kurangnya pengetahuan peternak dalam cara pemeliharaan ternak yang benar, juga karena kurangnya pakan baik hijauan maupun mahalnya harga konsentrat. Dengan meningkatnya populasi ternak tentu membutuhkan hijauan yang lebih banyak dan mencukupi sepanjang tahun. Namun, penyediaan hijauan tersebut mengalami hambatan yang cukup serius. Salah satunya, adanya musim kemarau yang menyebabkan menurunnya produksi hijauan. Oleh karena itu usaha pengembangan ternak sapi potong akan lebih menguntungkan apabila dapat mencari alternatif pengganti hijauan konvensional dengan penggunaan silo sebagai tempat fermentasi pakan. Pemanfaatan hasil ikutan pertanian (seperti jerami padi) dan tanaman pangan lainnya sebagai pakan ternak diharapkan dapat menjawab permasalahan di atas. Hal ini dimungkinkan karena pemeliharaan ternak sapi pada umumnya terintegrasi dengan usaha tani lainnya khususnya tanaman pangan (sawah) sehingga hasil ikutan pertanian akan tersedia sepanjang tahun. Oleh sebab itu, perlulah semacam sentuhan teknologi pakan dengan pemanfaatan agroindustri by product seperti jerami yang terbukti available setiap saat. Pelaksanaan pengaplikasian teknologi amoniasi jerami padi dilapangan dengan pemberian langsung amoniasi yang sudah dismpan dan diber kotoran ayam. Partisipasi dan motivasi kelompok petani peternak dalam mengikuti serangkaian kegiatan pengabdian sangat tinggi. Karena selama ini belum pernah dilakukan pembinaan yang berkaitan dengan aspek teknis serta manajemen dalam pemeliharaan sapi potong. Peternak sudah tahu bagaimana manajemen dalam penggemukan sapi potong seperti pemberian konsentrat seperti bungkil kelapa, bungkil kedele, tepung ikan, ampas tahu dan dedak serta pemberian mineral premix.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
23

Sena, Hermina, and I. Gusti Putu Sudiarna. "Adaptasi Etnis Buton sebagai Petani Garam di Desa Tendakinde." Humanis 24, no. 1 (February 29, 2020): 69. http://dx.doi.org/10.24843/jh.2020.v24.i01.p09.

Full text
Abstract:
A human relationship to the environment is that humans must be able to choose whether to be passive towards or need to dominate the environment. In this case the element used in the research is the adaptation of the Buton community to become salt farmers. The location used as the research site was the village of Tendakinde, Wolowae Sub district, District of Nagekeo, East Nusa Tenggara Province. The problems include, (1) How is the adaptation of Buton ethnic to the coastal environment so that they succeed in becoming salt farmers? (2) What factors cause the Buton community to adapt to the environment of the Kaburea coast so that they become salt farmers? The aim was to find out the adaptation of Buton ethnic to the coastal environment so that they succeeded in becoming salt farmers as well as factors that caused Buton ethnic groups to settle and become salt farmers in Tendakinde village, Wolowae Sub-district, Nagekeo district until now. The concept of adaptation as a human survival strategy, the concept of salt farmers, a socio-economic concept. Thus the theory used by the theory of environmental adaptation was initiated by Khon Bennet in 1976, and the theory of environmental determinism was triggered by several figures, one of which was Julian Steward. The technique of data collection is by first determining the informant, environmental observation, as well as in-depth interviews and literature studies. This data was analyzed using descriptive approach in the form of written and oral words from people and observed behavior. The initial interaction was only aimed at selling caught fish and trading copra with a barter system and to replenish drinking water supplies, but because of the increased intensity of communication it develop into a close relationship. The interaction began in 1939 and continues to be maintained as a kinship legacy. After being acculturated with Toto culture, Buton ethnic groups were introduced to how to cultivate land for farming. The procedure for processing this field is one of the elements of indigenous ethnic Toto culture as a result of their adaptation to the environment that serves the livelihood. After acculturation, the Toto ethnic group was also introduced to the procedures for shipping and fishing. They began to learn how to catch fish using bubu, knew how to read the direction when sailing using the location of star signs, as well as many new things related to the sea. Knowledge of processing the salt they obtained while sailing, finally practicing it in the village of Kaburea and ethnic Buton also managed to become salt farmers. One of the factors that influence the adaptation of Buton ethnic as salt farmers in Kaburea are environmental factors and family economic factors and socio-cultural community.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
24

Ruppelt, Hans-Jürgen. "Competition Law and its Application in Germany." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

Full text
Abstract:
Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
25

Porfido, Sabina, Giuliana Alessio, Germana Gaudiosi, Rosa Nappi, Alessandro Maria Michetti, and Efisio Spiga. "Photographic Reportage on the Rebuilding after the Irpinia-Basilicata 1980 Earthquake (Southern Italy)." Geosciences 11, no. 1 (December 25, 2020): 6. http://dx.doi.org/10.3390/geosciences11010006.

Full text
Abstract:
This paper aims to present, through a photographic reportage, the current state of rebuilding of the most devastated villages by the earthquake that hit the Southern Italy on 23 November 1980, in Irpinia-Basilicata. The earthquake was characterized by magnitude Ml = 6.9 and epicentral intensity I0 = X MCS. It was felt throughout Italy with the epicenter in the Southern Apennines, between the regions of Campania and Basilicata that were the most damaged areas. About 800 localities were serious damaged; 7,500 houses were completely destroyed and 27,500 seriously damaged. The photographic survey has been done in 23 towns during the last five years: Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Santomenna, Sant’Angelo dei Lombardi, Balvano, Caposele, Calabritto and the hamlet of Quaglietta, San Mango sul Calore, San Michele di Serino, Pescopagano, Guardia dei Lombardi, Torella dei Lombardi, Colliano, Romagnano al Monte, Salvitelle, Senerchia, Teora, Bisaccia, Calitri and Avellino. Forty years after the 1980 earthquake, the photographs show villages almost completely rebuilt with modern techniques where reinforced concrete prevails. Only in few instances, the reconstruction was carried out trying to recover the pre-existing building heritage, without changing the original urban planning, or modifying it. We argue that this photography collection allows to assess the real understanding of the geological information for urban planning after a major destructive seismic event. Even more than this, documenting the rebuilding process in a large epicentral area reveals the human legacy to the natural landscape, and our ability, or failure, to properly interpret the environmental fate of a site.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
26

Redaelli, Arianna. "PER UN’INTERPRETAZIONE COMUNICATIVA DELLA PUNTEGGIATURA NELLE GRAMMATICHE FRANCESI DEL SECOLO XVIII: ESEMPI DI LETTURA MANZONIANA." Italiano LinguaDue 13, no. 2 (January 26, 2022): 573–88. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/17149.

Full text
Abstract:
L’articolo intende fornire una breve disamina delle riflessioni riservate alla punteggiatura da parte di alcune tra le principali grammatiche del Settecento francese, allo scopo di segnalarne la modernità, la profondità d’analisi e l’influenza che esercitarono sulla sintassi moderna, non solo d’oltralpe. Una prima sezione è destinata a osservare come, di fronte alla storia recente dell’interpunzione, i grammatici illuministi si scostino sensibilmente dalle tendenze imperanti in Italia. Essi, infatti, non riservano all’argomento spazio esiguo e liminare, né si limitano a fornire semplici regole d’uso oscillanti tra un’interpretazione pausativa e un’interpretazione sintattica dei segni, e non di rado ridotte a vaghezze sul libero arbitrio degli scriventi. Al contrario, propongono osservazioni ampie e acute, poco o per nulla connesse alla mera prassi (dunque scarsamente fruibili a livello didattico), e perlopiù relate al problematico rapporto tra oralità e scrittura, ai cambiamenti verificatisi nel tempo entro il sistema scrittorio e ai fondamenti logici e semantici che presiedono all’organizzazione del discorso, cui la punteggiatura prende attivamente parte. Si procede poi con l’osservazione diretta di alcuni scritti, in particolare dei notevoli esempi forniti dalle opere di Claude Buffier, dell’abate Girard e di Nicolas Beauzée. Pur nella difformità delle trattazioni, tali grammatici condividono un approccio ragionativo al problema, che prende avvio da un’analisi minuziosa del testo e che offre altresì i presupposti per un fertile dialogo tra indirizzi interpretativi talora divergenti. Le loro proposte giungono, tra Settecento e Ottocento, anche in Italia, al punto che uno scrittore quale il Manzoni dei Promessi Sposi sembra venirne influenzato. Di qui, una casistica che lo dimostri. Si pensi, ad esempio, all’impiego della virgola tra soggetto e predicato – che i grammatici italiani teorizzano solo a partire dal Novecento, con il Malagòli – quando il primo sia espanso o da tematizzare; e all’uso del corsivo – ancora considerato, in ambiente peninsulare, appannaggio del tipografo – per segnalare la citazione, nel testo, di un altro testo scritto: riflessioni riscontrabili, almeno sino a Ottocento inoltrato, nella sola grammatica del Beauzée. Qualche considerazione conclusiva, infine, inserisce questi lavori nel complesso degli studi sull’interpunzione e chiarisce il legame sussistente tra essi e il testo manzoniano, anche in relazione alla diffusione del paradigma comunicativo-testuale nel panorama grammaticografico italiano. A communicative interpretation of punctuation in the French grammar books of the XVIII century: manzonian examples The article provides a brief examination of the reflections on punctuation in some of the main eighteenth century French grammar books, in order to point out their modernity, depth of their analysis and the influence they exerted on modern syntax, not only in France. The first section observes how, in the face of the recent history of punctuation, the grammarians of the Enlightenment deviated considerably from the prevailing trends in Italy. In fact, they dedicated ample space to the subject, going beyond providing simple rules for use that oscillated between a pausative interpretation and a syntactic interpretation of the signs, which not infrequently were reduced to vagueness regarding the free will of the writers. The ample and acute observations, barely connected to mere practice (therefore scarcely usable at a didactic level), were mostly related to the problematic relationship between orality and writing, changes that occurred over time within the writing system and to the logical and semantic foundations that presided over the organization of discourse, where punctuation took an active part. We then proceed with the direct observation of some writings, in particular remarkable examples provided by the works of Claude Buffier, Abbot Girard and Nicolas Beauzée. Despite the differences in their treatments, these grammarians shared a reasoned approach to the problem, which began with a detailed analysis of the text and which also offered the basis for a fertile dialogue between interpretative, sometimes divergent, approaches. Between the eighteenth and nineteenth centuries, their proposals reached Italy, where Manzoni, in Promessi Sposi, seemed to have been influenced by them. Hence, a series of cases demonstrate this. Think, for example, of the use of the comma between subject and predicate – that Italian grammarians theorized only from the twentieth century with Malagòli – when the first was expanded or thematized; or the use of italics – still considered, in a peninsular environment, the prerogative of the typographer – to signal a citation, in the text, of another written text: reflections that can be found, at least until the late nineteenth century, only in the grammar book by Beauzée. Finally, a few concluding considerations place these works within studies on punctuation and clarify the link between them and Manzoni’s text, also in relation to the diffusion of the communicative-textual paradigm in the Italian grammatical panorama.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
27

Monaci, Massimiliano. "L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (April 2013): 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

Full text
Abstract:
Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
28

Lahmann, Henning, and Robin Geiß. "The use of AI in military contexts: opportunities and regulatory challenges." Military Law and the Law of War Review 59, no. 2 (January 19, 2022): 165–95. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.02.02.

Full text
Abstract:
While the use of artificial intelligence (AI) and machine-learning algorithms in the context of armed conflicts has been subject to scholarly and political debate for at least the past half-decade, to date discussions have focused on the possible development and deployment of lethal autonomous weapon systems. Going beyond this narrow perspective, the article draws attention to other military uses of AI that are conceivable or in fact already exist, for example for the purpose of detention, force protection, equipment maintenance, or reconnaissance. It critically examines these different applications from a legal and ethical perspective, exposing some of the challenges inherent in the technology such as algorithmic bias or predictability. On the basis of existing and emerging approaches to the regulation of ‘civilian’ AI, the article concludes by proposing a granular, tiered way to future regulation of military AI that proceeds from the criticality of each particular application. Alors que le recours à l’intelligence artificielle et aux algorithmes d’apprentissage automatique dans le contexte des conflits armés a fait l’objet d’un débat entre spécialistes et au niveau politique durant au moins ces cinq dernières années, les discussions se sont concentrées jusqu’alors sur le développement et le déploiement possibles de systèmes d’armes létaux autonomes. Cet article va au-delà de cette perspective restrictive et attire l’attention sur d’autres usages militaires de l’intelligence artificielle qui sont concevables ou qui existent déjà, par exemple à des fins de détention, de protection des forces armées, d’entretien de l’équipement ou de reconnaissance. Il examine de manière critique ces différentes applications d’un point de vue légal et éthique, en exposant certains des défis inhérents à la technologie, tels que le biais algorithmique ou la prévisibilité. En se basant sur des approches existantes ou émergentes relatives à la réglementation de l’intelligence artificielle «civile», l’article propose pour conclure une approche graduelle de la future réglementation en matière d’intelligence artificielle, en partant du caractère critique de chaque application particulière. Hoewel het gebruik van artificiële intelligentie (AI) en machine learning-algoritmen in de context van gewapende conflicten al gedurende minstens de laatste vijf jaar onderwerp is van wetenschappelijk en politiek debat, zijn de discussies tot nu toe vooral gericht geweest op de mogelijke ontwikkeling en inzet van dodelijke autonome wapensystemen. Het artikel gaat verder dan dit beperkte perspectief en vestigt de aandacht op andere militaire toepassingen van AI die denkbaar zijn of in feite al bestaan, bijvoorbeeld voor detentie, troepenbescherming, materieelonderhoud of verkenning. Deze verschillende toepassingen worden kritisch onderzocht vanuit een juridisch en ethisch perspectief, waarbij enkele uitdagingen worden blootgelegd die inherent zijn aan de technologie, zoals algoritmische vooringenomenheid of voorspelbaarheid. Op basis van bestaande en opkomende benaderingen van de reglementering van “civiele” AI, wordt in het artikel tot slot een stapsgewijze manier voorgesteld voor de toekomstige reglementering van militaire AI, die uitgaat van het kritische karakter van elke specifieke toepassing. Mentre l’uso dell’intelligenza artificiale (AI) e degli algoritmi di apprendimento automatico nel contesto dei conflitti armati è stato oggetto di dibattito accademico e politico per almeno l’ultimo mezzo decennio, ad oggi le discussioni si sono concentrate sul possibile sviluppo e dispiegamento di sistemi d’arma autonomi letali. Superando questa limitata prospettiva, l’articolo richiama l’attenzione su altri usi militari dell’IA immaginari o che di fatto già esistono, per esempio a scopo di detenzione, protezione delle forze, manutenzione delle attrezzature o ricognizione. L’articolo esamina criticamente queste diverse applicazioni da una prospettiva legale ed etica, mettendo in luce alcune sfide insite nella tecnologia, come la distorsione algoritmica o la prevedibilità. Sulla base degli approcci esistenti ed emergenti alla regolamentazione dell’IA “civile”, l’articolo conclude proponendo una precisa e graduale via per la futura regolamentazione dell’IA militare che consegue alla criticità di ogni particolare applicazione. Si bien el empleo de inteligencia artificial (IA) y de algoritmos de aprendizaje automático en el contexto de los conflictos armados ha sido objeto de debate académico y político durante al menos la última media década, hasta la fecha las discusiones se han centrado en el posible desarrollo y despliegue de sistemas letales de armas autónomos. Más allá de esta perspectiva particular, el artículo llama la atención sobre otros usos militares de la IA que son concebibles o que de hecho, por ejemplo, ya existen con fines de detención, protección de la fuerza, mantenimiento de equipos o reconocimiento. Se examinan críticamente estas diferentes aplicaciones desde una perspectiva legal y ética, exponiendo algunos de los desafíos inherentes a la tecnología, como el sesgo algorítmico o la previsibilidad. Partiendo de la base de los enfoques ya existentes y emergentes para la regulación de la IA “civil”, el artículo concluye proponiendo una alternativa granular y escalonada de cara a la futura regulación de la IA militar con fundamento en un análisis crítico de cada aplicación en particular. Obwohl die Anwendung von künstlicher Intelligenz (KI) und von Algorithmen für maschinelles Lernen im Kontext bewaffneter Konflikte mindestens in den letzten fünf Jahren Gegenstand wissenschaftlicher und politischer Debatten gewesen ist, fokussierten die Diskussionen bisher auf die mögliche Entwicklung und den möglichen Einsatz letaler autonomer Waffensysteme. Über diesen Gesichtspunkt hinaus lenkt der Artikel die Aufmerksamkeit auf andere denkbare oder tatsächlich bereits existierende militärische Anwendungen der KI, zum Beispiel zum Zwecke der Haft, des Schutzes der eigenen Kräfte, der Ausrüstungswartung oder Aufklärung. Der Autor prüft diese verschiedenen Anwendungen kritisch aus gesetzlicher und ethischer Sicht, und legt dabei einige der Herausforderungen offen, die der Technologie inhärent sind, wie algorithmische Voreingenommenheit oder Voraussagbarkeit. Auf der Basis existierender und neu aufkommender Vorgehensweisen in Bezug auf die Reglementierung “ziviler” KI schlägt der Artikel zum Schluss eine stufenweise künftige Reglementierung militärischer KI vor, die von der Kritikalität jeder besonderen Anwendung ausgeht.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
29

Larasati, Ayu, and Rosdiana Pakpahan. "EVALUATION ON GREEN OPEN SPACE AS HEALTH PROMOTER WITH SALUTOGENIC APPROACH: CITY FOREST BSD I AS CASE STUDY." LANGKAU BETANG: JURNAL ARSITEKTUR 6, no. 2 (December 13, 2019): 121. http://dx.doi.org/10.26418/lantang.v6i2.34811.

Full text
Abstract:
Sedentary/passive behavior has increased the risk of non-communicable disease, which incites the need to promote an active lifestyle through outdoor physical activities. However, green open space (GOS) amount and design that focus as health promoter have not yet been sufficient. Therefore, design evaluation is conducted to acknowledge recent issues and potential solutions as design considerations for next GOS that focuses on health. Evaluation of GOS design quality uses design indicators that are extracted from Salutogenic Five Vital Signs to identify and assess design quality at selected GOS as a case study. The data for this study is gathered through site surveys, two months observations, and user interviews: 25 visitors, two staff, and three entrepreneurs. Evaluation at selected GOS highlights the importance of forest setting as major attractions because it provides comfortable shades of trees. Also, GOS should be located at a strategic point to be easily accessed by different kind of transportation modes and routes. Moreover, legibility is achieved highly by movement network: path and clear main entrance, and permeability are achieved through the selection of more than five meters height of trees that clear the visual obstacles, clear spots of activities (pods), and transparent fences.EVALUASI RUANG TERBUKA HIJAU SEBAGAI PROMOTOR KESEHATAN DENGAN PENDEKATAN SALUTOGENIC: TAMAN KOTA BSD I SEBAGAI STUDI KASUSPerilaku sedentary/pasif telah meningkatkan resiko terkena non-communicable disease yang menimbulkan munculnya kebutuhan untuk mendorong aktivitas fisik aktif yang dilakukan di ruang terbuka. Akan tetapi, kuantitas ruang terbuka hijau (RTH) belum memenuhi proporsi minimum 30% dari total luas area dan kualitas desain RTH sebagai promotor aktivitas fisik aktif (kesehatan) belum memiliki referensi desain. Oleh karena itu, evaluasi desain dilakukan untuk mengetahui permasalahan, potensi solusi, dan strategi yang terdapat pada RTH sekarang ini sebagai panduan rancang yang mendorong kegiatan fisik aktif. Metode penelitian yang digunakan adalah metode kualitatif yang dilakukan melalui empat tahap, yaitu: 1. studi pustaka mengenai lima tanda vital salutogenic (diversity, vitality, nature, authenticity, dan legacy) untuk mengidentifikasi parameter evaluasi (kriteria perancangan dan indikator desain), 2. pemilihan objek studi, 3. pengumpulan data melalui survey, observasi dan wawancara, dan 4. identifikasi dan evaluasi kualitas desain RTH. Objek studi terpilih merupakan RTH yang berpotensi memenuhi lima tanda vital salutogenic, yaitu Taman Kota BSD I (TK I), Tangerang Selatan. Hasil evaluasi RTH adalah pentingnya mengintegrasikan unsur alam sebagai setting RTH karena karakteristiknya yang spesifik menjadi daya tarik utama untuk beraktivitas aktif. Selain itu, RTH perlu menyediakan fasilitas lengkap dan pemeliharaannya untuk seluruh kategori usia dan skala aktivitas dari personal hingga komunitas. Secara keseluruhan, RTH perlu mengembangkan program dan strategi implementasi untuk mengembangkan aktivitas edukasi dan preservasi yang melibatkan komunitas secara aktif.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
30

Maldavsky, Aliocha. "Financiar la cristiandad hispanoamericana. Inversiones laicas en las instituciones religiosas en los Andes (s. XVI y XVII)." Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 8 (June 20, 2019): 114. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.06.

Full text
Abstract:
RESUMENEl objetivo de este artículo es reflexionar sobre los mecanismos de financiación y de control de las instituciones religiosas por los laicos en las primeras décadas de la conquista y colonización de Hispanoamérica. Investigar sobre la inversión laica en lo sagrado supone en un primer lugar aclarar la historiografía sobre laicos, religión y dinero en las sociedades de Antiguo Régimen y su trasposición en América, planteando una mirada desde el punto de vista de las motivaciones múltiples de los actores seglares. A través del ejemplo de restituciones, donaciones y legados en losAndes, se explora el papel de los laicos españoles, y también de las poblaciones indígenas, en el establecimiento de la densa red de instituciones católicas que se construye entonces. La propuesta postula el protagonismo de actores laicos en la construcción de un espacio cristiano en los Andes peruanos en el siglo XVI y principios del XVII, donde la inversión económica permite contribuir a la transición de una sociedad de guerra y conquista a una sociedad corporativa pacificada.PALABRAS CLAVE: Hispanoamérica-Andes, religión, economía, encomienda, siglos XVI y XVII.ABSTRACTThis article aims to reflect on the mechanisms of financing and control of religious institutions by the laity in the first decades of the conquest and colonization of Spanish America. Investigating lay investment in the sacred sphere means first of all to clarifying historiography on laity, religion and money within Ancien Régime societies and their transposition to America, taking into account the multiple motivations of secular actors. The example of restitutions, donations and legacies inthe Andes enables us to explore the role of the Spanish laity and indigenous populations in the establishment of the dense network of Catholic institutions that was established during this period. The proposal postulates the role of lay actors in the construction of a Christian space in the Peruvian Andes in the sixteenth and early seventeenth centuries, when economic investment contributed to the transition from a society of war and conquest to a pacified, corporate society.KEY WORDS: Hispanic America-Andes, religion, economics, encomienda, 16th and 17th centuries. BIBLIOGRAFIAAbercrombie, T., “Tributes to Bad Conscience: Charity, Restitution, and Inheritance in Cacique and Encomendero Testaments of 16th-Century Charcas”, en Kellogg, S. y Restall, M. (eds.), Dead Giveaways, Indigenous Testaments of Colonial Mesoamerica end the Andes, Salt Lake city, University of Utah Press, 1998, pp. 249-289.Aladjidi, P., Le roi, père des pauvres: France XIIIe-XVe siècle, Rennes, Presses universitaires de Rennes, 2008.Alberro, S., Les Espagnols dans le Mexique colonial: histoire d’une acculturation, Paris, A. Colin, 1992.Alden, D., The making of an enterprise: the Society of Jesus in Portugal, its empire, and beyond 1540-1750, Stanford California, Stanford University Press, 1996.Angulo, D., “El capitán Gómez de León, vecino fundador de la ciudad de Arequipa. Probança e información de los servicios que hizo a S. M. en estos Reynos del Piru el Cap. Gomez de León, vecino que fue de cibdad de Ariquipa, fecha el año MCXXXI a pedimento de sus hijos y herederos”, Revista del archivo nacional del Perú, Tomo VI, entrega II, Julio-diciembre 1928, pp. 95-148.Atienza López, Á., Tiempos de conventos: una historia social de las fundaciones en la España moderna, Madrid, Marcial Pons Historia, 2008.Azpilcueta Navarro, M. de, Manual de penitentes, Estella, Adrián de Anvers, 1566.Baschet, J., “Un Moyen Âge mondialisé? Remarques sur les ressorts précoces de la dynamique occidentale”, en Renaud, O., Schaub, J.-F., Thireau, I. (eds.), Faire des sciences sociales, comparer, Paris, éditions de l’EHESS, 2012, pp. 23-59.Boltanski, A. y Maldavsky, A., “Laity and Procurement of Funds», en Fabre, P.-A., Rurale, F. (eds.), Claudio Acquaviva SJ (1581-1615). A Jesuit Generalship at the time of the invention of the modern Catholicism, Leyden, Brill, 2017, pp. 191-216.Borges Morán, P., El envío de misioneros a América durante la época española, Salamanca, Universidad Pontifícia, 1977.Bourdieu, P., “L’économie des biens symboliques», Raisons pratiques: sur la théorie de l’action, Paris, Seuil, [1994] 1996, pp. 177-213.Brizuela Molina, S., “¿Cómo se funda un convento? Algunas consideraciones en torno al surgimiento de la vida monástica femenina en Santa Fe de Bogotá (1578-1645)”, Anuario de historia regional y de las Fronteras, vol. 22, n. 2, 2017, pp. 165-192.Brown, P., Le prix du salut. Les chrétiens, l’argent et l’au-delà en Occident (IIIe-VIIIe siècle), Paris, Belin, 2016.Burke, P., La Renaissance européenne, Paris, Seuil, 2000.Burns, K., Hábitos coloniales: los conventos y la economía espiritual del Cuzco, Lima, Quellca, IFEA, 2008.Cabanes, B y Piketty, G., “Sortir de la guerre: jalons pour une histoire en chantier”, Histoire@Politique. Politique, culture, société, n. 3, nov.-dic. 2007.Cantú, F., “Evoluzione et significato della dottrina della restituzione in Bartolomé de Las Casas. Con il contributo di un documento inedito”, Critica Storica XII-Nuova serie, n. 2-3-4, 1975, pp. 231-319.Castelnau-L’Estoile, C. de, “Les fils soumis de la Très sainte Église, esclavages et stratégies matrimoniales à Rio de Janeiro au début du XVIIIe siècle», en Cottias, M., Mattos, H. (eds.), Esclavage et Subjectivités dans l’Atlantique luso-brésilien et français (XVIIe-XXe), [OpenEdition Press, avril 2016. Internet : <http://books.openedition.org/ http://books.openedition.org/oep/1501>. ISBN : 9782821855861]Celestino, O. y Meyers, A., Las cofradías en el Perú, Francfort, Iberoamericana, 1981.Celestino, O., “Confréries religieuses, noblesse indienne et économie agraire”, L’Homme, 1992, vol. 32, n. 122-124, pp. 99-113.Châtellier Louis, L’Europe des dévots, Paris, Flammarion, 1987.Christian, W., Religiosidad local en la España de Felipe II, Madrid, Nerea, 1991.Christin, O., Confesser sa foi. Conflits confessionnels et identités religieuses dans l’Europe moderne (XVIe-XVIIe siècles), Seyssel, Champ Vallon, 2009.Christin, O., La paix de religion: l’autonomisation de la raison politique au XVIe siècle, Paris, Seuil, 1997.Clavero, B., Antidora: Antropología católica de la economía moderna, Milan, Giuffrè, 1991.Cobo Betancourt, “Los caciques muiscas y el patrocinio de lo sagrado en el Nuevo Reino de Granada”, en A. Maldavsky y R. Di Stefano (eds.), Invertir en lo sagrado: salvación y dominación territorial en América y Europa (siglos XVI-XX), Santa Rosa, EdUNLPam, 2018, cap. 1, mobi.Colmenares, G., Haciendas de los jesuitas en el Nuevo Reino de Granada, siglo XVIII, Bogotá, Universidad Nacional de Colombia, 1969.Comaroff, J. y Comaroff, J., Of Revelation and Revolution. Vol. 1, Christianity, Colonialism, and Consciousness in South Africa, Chicago, University of Chicago Press, 1991.Costeloe, M. P., Church wealth in Mexico: a study of the “Juzgado de Capellanias” in the archbishopric of Mexico 1800-1856, London, Cambridge University Press, 1967.Croq, L. y Garrioch, D., La religion vécue. Les laïcs dans l’Europe moderne, Rennes, PUR, 2013.Cushner, N. P., Farm and Factory: The Jesuits and the development of Agrarian Capitalism in Colonial Quito, 1600-1767, Albany, State University of New York Press, 1982.Cushner, N. P., Jesuit Ranches and the Agrarian Development of Colonial Argentina, 1650-1767, Albany, State University of New York Press, 1983.Cushner, N. P., Why have we come here? The Jesuits and the First Evangelization of Native America, Oxford, Oxford University Press, 2006.De Boer, W., La conquista dell’anima, Turin, Einaudi, 2004.De Certeau M., “La beauté du mort : le concept de ‘culture populaire’», Politique aujourd’hui, décembre 1970, pp. 3-23.De Certeau, M., L’invention du quotidien. T. 1. Arts de Faire, Paris, Gallimard, 1990.De la Puente Brunke, J., Encomienda y encomenderos en el Perú. Estudio social y político de una institución, Sevilla, Diputación provincial de Sevilla, 1992.Del Río M., “Riquezas y poder: las restituciones a los indios del repartimiento de Paria”, en T. Bouysse-Cassagne (ed.), Saberes y Memorias en los Andes. In memoriam Thierry Saignes, Paris, IHEAL-IFEA, 1997, pp. 261-278.Van Deusen, N. E., Between the sacred and the worldly: the institutional and cultural practice of recogimiento in Colonial Lima, Stanford, Stanford University Press, 2001.Dictionnaire de théologie catholique, 1937, s.v. “Restitution”.Durkheim, É., Les formes élémentaires de la vie religieuse, Paris, Presses universitaires de France, 1960 [1912].Duviols, P. La lutte contre les religions autochtones dans le Pérou colonial: l’extirpation de l’idolâtrie entre 1532 et 1660, Lima, IFEA, 1971.Espinoza, Augusto, “De Guerras y de Dagas: crédito y parentesco en una familia limeña del siglo XVII”, Histórica, XXXVII.1 (2013), pp. 7-56.Estenssoro Fuchs, J.-C., Del paganismo a la santidad: la incorporación de los Indios del Perú al catolicismo, 1532-1750, Lima, IFEA, 2003.Fontaine, L., L’économie morale: pauvreté, crédit et confiance dans l’Europe préindustrielle, Paris, Gallimard, 2008.Froeschlé-Chopard, M.-H., La Religion populaire en Provence orientale au XVIIIe siècle, Paris, Beauchesne, 1980.Glave, L. M., De rosa y espinas: economía, sociedad y mentalidades andinas, siglo XVII. Lima, IEP, BCRP, 1998.Godelier, M., L’énigme du don, Paris, Fayard, 1997.Goffman, E., Encounters: two studies in the sociology of interaction, MansfieldCentre, Martino publishing, 2013.Grosse, C., “La ‘religion populaire’. L’invention d’un nouvel horizon de l’altérité religieuse à l’époque moderne», en Prescendi, F. y Volokhine, Y (eds.), Dans le laboratoire de l’historien des religions. Mélanges offerts à Philippe Borgeaud, Genève, Labor et fides, 2011, pp. 104-122.Grosse, C., “Le ‘tournant culturel’ de l’histoire ‘religieuse’ et ‘ecclésiastique’», Histoire, monde et cultures religieuses, 26 (2013), pp. 75-94.Hall, S., “Cultural studies and its Theoretical Legacy”, en Grossberg, L., Nelson, C. y Treichler, P. (eds.), Cultural Studies, New York, Routledge, 1986, pp. 277-294.Horne, J., “Démobilisations culturelles après la Grande Guerre”, 14-18, Aujourd’hui, Today, Heute, Paris, Éditions Noésis, mai 2002, pp. 45-5.Iogna-Prat, D., “Sacré’ sacré ou l’histoire d’un substantif qui a d’abord été un qualificatif”, en Souza, M. de, Peters-Custot, A. y Romanacce, F.-X., Le sacré dans tous ses états: catégories du vocabulaire religieux et sociétés, de l’Antiquité à nos jours, Saint-Étienne, Publications de l’Université de Saint-Étienne, 2012, pp. 359-367.Iogna-Prat, D., Cité de Dieu. Cité des hommes. L’Église et l’architecture de la société, Paris, Presses universitaires de France, 2016.Kalifa, D., “Les historiens français et ‘le populaire’», Hermès, 42, 2005, pp. 54-59.Knowlton, R. J., “Chaplaincies and the Mexican Reform”, The Hispanic American Historical Review, 48.3 (1968), pp. 421-443.Lamana, G., Domination without Dominance: Inca-Spanish Encounters in Early Colonial Peru, Durham, Duke University Press, 2008.Las Casas B. de, Aqui se contienen unos avisos y reglas para los que oyeren confessiones de los Españoles que son o han sido en cargo a los indios de las Indias del mas Océano (Sevilla : Sebastián Trujillo, 1552). Edición moderna en Las Casas B. de, Obras escogidas, t. V, Opusculos, cartas y memoriales, Madrid, Biblioteca de Autores Españoles, 1958, pp. 235-249.Lavenia, V., L’infamia e il perdono: tributi, pene e confessione nella teologia morale della prima età moderna, Bologne, Il Mulino, 2004.Lempérière, A., Entre Dieu et le Roi, la République: Mexico, XVIe-XIXe siècle, Paris, les Belles Lettres, 2004.Lenoble, C., L’exercice de la pauvreté: économie et religion chez les franciscains d’Avignon (XIIIe-XVe siècle), Rennes, Presses universitaires de Rennes, 2013.León Portilla, M., Visión de los vencidos: relaciones indígenas de la conquista, México, Universidad nacional autónoma, 1959.Levaggi, A., Las capellanías en la argentina: estudio histórico-jurídico, Buenos Aires, Facultad de derecho y ciencias sociales U. B. A., Instituto de investigaciones Jurídicas y sociales Ambrosio L. Gioja, 1992.Lohmann Villena, G., “La restitución por conquistadores y encomenderos: un aspecto de la incidencia lascasiana en el Perú”, Anuario de Estudios americanos 23 (1966) 21-89.Luna, P., El tránsito de la Buenamuerte por Lima. Auge y declive de una orden religiosa azucarera, siglos XVIII y XIX, Francfort, Universidad de navarra-Iberoamericana-Vervuert, 2017.Macera, P., Instrucciones para el manejo de las haciendas jesuitas del Perú (ss. XVII-XVIII), Lima, Universidad Nacional Mayor de San Marcos, 1966.Málaga Medina, A., “Los corregimientos de Arequipa. Siglo XVI”, Histórica, n. 1, 1975, pp. 47-85.Maldavsky, A., “Encomenderos, indios y religiosos en la región de Arequipa (siglo XVI): restitución y formación de un territorio cristiano y señoril”, en A. Maldavsky yR. Di Stefano (eds.), Invertir en lo sagrado: salvación y dominación territorial en América y Europa (siglos XVI-XX), Santa Rosa, EdUNLPam, 2018, cap. 3, mobi.Maldavsky, A., “Finances missionnaires et salut des laïcs. La donation de Juan Clemente de Fuentes, marchand des Andes, à la Compagnie de Jésus au milieu du XVIIe siècle”, ASSR, publicación prevista en 2020.Maldavsky, A., “Giving for the Mission: The Encomenderos and Christian Space in the Andes of the Late Sixteenth Century”, en Boer W., Maldavsky A., Marcocci G. y Pavan I. (eds.), Space and Conversion in Global Perspective, Leiden-Boston, Brill, 2014, pp. 260-284.Maldavsky, A., “Teología moral, restitución y sociedad colonial en los Andes en el siglo XVI”, Revista portuguesa de teología, en prensa, 2019.Margairaz, D., Minard, P., “Le marché dans son histoire”, Revue de synthèse, 2006/2, pp. 241-252.Martínez López-Cano, M. del P., Speckman Guerra, E., Wobeser, G. von (eds.) La Iglesia y sus bienes: de la amortización a la nacionalización, México, Universidad Nacional Autónoma de México, Instituto de Investigaciones Históricas, 2004.Mauss, M., “Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaïques (1923-1924)”, en Mauss, M., Sociologie et anthropologie, Paris, Presses universitaire de France, 1950, pp. 145-279.Mendoza, D. de, Chronica de la Provincia de San Antonio de los Charcas, Madrid, s.-e., 1665.Mills K., Idolatry and its Enemies. Colonial andean religion and extirpation, 1640-1750, Princeton, New Jersey, Princeton University Press, 1997.Mörner, M., The Political and Economic Activities of the Jesuits in the La Plata Region: The Hapsburg Era, Stockholm, Library and Institute of Ibero-American Studies, 1953.Morales Padrón, F., Teoría y leyes de la conquista, Madrid, Ediciones Cultura Hispánica del Centro Iberoamericano de Cooperación, 1979.“Nuevos avances en el estudio de las reducciones toledanas”, Bulletin of the National Museum of Ethnology, 39(1), 2014, pp. 123-167.O’Gorman, E., Destierro de sombras: luz en el origen de la imagen y culto de Nuestra Señora de Guadalupe del Tepeyac, México, Universidad nacional autónoma de México, Instituto de Investigaciones Históricas, 1986.Pompa, C., Religião como tradução: Missionários, Tupi e Tapuia no Brasil colonial, São Paulo, ANPOCS, 2003.Prodi, P. Una historia de la justicia. De la pluralidad de fueros al dualismo moderno entre conciencia y derecho, Buenos Aires-Madrid, Katz, 2008.Ragon, P., “Entre religion métisse et christianisme baroque : les catholicités mexicaines, XVIe-XVIIIe siècles», Histoire, monde et cultures religieuses, 2008/1, n°5, pp. 15-36.Ragon, P., “Histoire et christianisation en Amérique espagnole», en Kouamé, Nathalie (éd.), Historiographies d’ailleurs: comment écrit-on l’histoire en dehors du monde occidental ?, Paris, Karthala, 2014, pp. 239-248.Ramos G., Muerte y conversión en los Andes, Lima, IFEA, IEP, 2010.Rodríguez, D., Por un lugar en el cielo. Juan Martínez Rengifo y su legado a los jesuitas, 1560-1592, Lima, Universidad Nacional Mayor de San Marcos, 2005.Romano, R., Les mécanismes de la conquête coloniale: les conquistadores, Paris, Flammarion, 1972.Saignes, T., “The Colonial Condition in the Quechua-Aymara Heartland (1570–1780)”, en Salomon, F. y Schwartz, S.(eds.), The Cambridge History of theNative Peoples of the Americas. Vol. 3, South America, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 58–137.Saignes, T., Caciques, tribute and migration in the Southern Andes: Indian society and the 17th century colonial order (Audiencia de Charcas), Londres, Inst. of Latin American Studies, 1985.Schmitt, J.-C., “‘Religion populaire’ et culture folklorique (note critique) [A propos de Etienne Delaruelle, La piété populaire au Moyen Age, avant- propos de Ph. Wolff, introduction par R. Manselli et André Vauchez] «, Annales. Économies, Sociétés, Civilisations, 31/5, 1976, pp. 941953.Schwaller, J. F., Origins of Church Wealth in Mexico. Ecclesiastical Revenues and Church Finances, 1523-1600, Albuquerque, University of New Mexico press, 1985.Spalding, K., Huarochirí, an Andean society under Inca and Spanish rule, Stanford, Stanford University Press, 1984.Stern, S. J., Los pueblos indígenas del Perú y el desafío de la conquista española: Huamanga hasta 1640, Madrid, Alianza, 1986.Taylor, W. B., Magistrates of the Sacred: Priests and Parishioners in Eighteenth-Century Mexico. Stanford University Press, 1996.Thomas, Y., “La valeur des choses. Le droit romain hors la religion”, Annales, Histoire, Sciences Sociales, 2002/T, 57 année, pp. 1431-1462.Thornton, J. K., Africa and Africans in the Formation of the Atlantic World, 1400–1680), New York, Cambridge University Press, 1998.Tibesar, A., Franciscan beginnings in colonial Peru, Washington, Academy of American Franciscan History, 1953.Tibesar A., “Instructions for the Confessors of Conquistadores Issued by the Archbishop of Lima in 1560”, The Americas 3, n. 4 (Apr. 1947), pp. 514-534.Todeschini, G., Richesse franciscaine: de la pauvreté volontaire à la société de marché, Lagrasse, Verdier, 2008.Toneatto, V., “La richesse des Franciscains. Autour du débat sur les rapports entre économie et religion au Moyen Âge”, Médiévales. Langues, Textes, Histoire 60, n. 60 (30 juin 2011), pp. 187202.Toneatto, V., Les banquiers du Seigneur: évêques et moines face à la richesse, IVe-début IXe siècle, Rennes, Presses universitaires de Rennes, 2012.Toquica Clavijo, M. C., A falta de oro: linaje, crédito y salvación, Bogotá, Universidad Nacional de Colombia, Ministero de Cultura, Instituto Colombiano de Antropología e Historia, 2008.Torre, A., “‘Faire communauté’. Confréries et localité dans une vallée du Piémont (XVIIe -XVIIIe siècle)”, Annales. Histoire, Sciences Sociales 2007/1 (año 62), pp. 101-135.Torre, A., “Politics Cloaked in Worship: State, Church and Local Power in Piedmont 1570-1770”, Past and Present, 134, 1992, pp. 42-92.Vargas Ugarte, R., “Archivo de la beneficencia del Cuzco”, Revista del Archivo Histórico del Cuzco, no. 4 (1953), pp. 105-106.Vauchez A., Les laïcs au Moyen Age. Pratiques et expériences religieuses, Paris, Cerf, 1987.Vincent, C., “Laïcs (Moyen Âge)”, en Levillain, P. (ed.), Dictionnaire historique de la papauté, Paris, Fayard, 2003, pp. 993-995.Vincent, C., Les confréries médiévales dans le royaume de France: XIIIe-XVe siècle, Paris, A. Michel, 1994.Valle Pavón, G. del, Finanzas piadosas y redes de negocios. Los mercaderes de la ciudad de México ante la crisis de Nueva España, 1804-1808, México, Instituto Mora, Historia económica, 2012.Vovelle, M., Piété baroque et déchristianisation en Provence au XVIIIe siècle, Paris, Plon, 1972.Wachtel, N., La Vision des vaincus: les Indiens du Pérou devant la Conquête espagnole, Paris, Gallimard, 1971.Wilde, G., Religión y poder en las misiones de guaraníes, Buenos Aires, Ed. Sb, 2009.Wobeser, G. von, El crédito eclesiástico en la Nueva España, siglo XVIII, México, Universidad Nacional Autónoma de México, Instituto de Investigaciones Históricas, 1994.Wobeser, G. von, Vida eterna y preocupaciones terrenales. Las capellanías de misas en la Nueva España, 1600-1821, Mexico, Universidad Nacional Autónoma de México, 2005.Zavala, S., La encomienda indiana, Madrid, Junta para ampliación de estudios e investigaciones científicas-Centro de estudios históricos, 1935.Zemon Davis, N., Essai sur le don dans la France du XVIe siècle, Paris, Seuil, 2003.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
31

Oliveira, Regis Fernandes de. "RETROCESSÃO NO DIREITO BRASILEIRO." Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 3, no. 11 (December 1, 2019): 413–32. http://dx.doi.org/10.48143/rdai.11.rfo.

Full text
Abstract:
1 Modo de enfoque do problemaTodo e qualquer estudo de direito há de partir não de análises pré-jurídicas ou sociológicas, mas é imperioso que seja ele perquirido à luz do Direito positivo. Despiciendo, daí, todo envolvimento com posições e estudos realizados em outros países, salvo para aprimoramento cultural. Evidente que a análise do Direito comparado passa a interessar se o direito alienígena possuir norma igual ou assemelhada à existente no Direito brasileiro. A menção retrospectiva do direito comparado resultaria inútil, da perspectiva de utilidade prática deste trabalho. Mesmo porque, como assinala Marcelo Caetano “há países onde o expropriado pode requerer a reversão ou retrocessão dos bens, restituindo a indenização recebida, ou o expropriante tem o dever de oferecer os bens ao expropriado mediante a devolução do valor pago" (Princípios fundamentais do Direito Administrativo, 1977, p. 468) enquanto que "noutros países entende-se que, em qualquer caso, a conversão dos bens desapropriados no montante da indenização paga é definitiva. Portanto, nunca haverá lugar a reversão ou retrocessão dos bens” (idem, ibidem). Afigura-se-nos dispensável e sem qualquer utilidade prática a apresentação de uma resenha da doutrina estrangeira a propósito do tema. Apenas será feita menção a alguns autores, na medida em que suas afirmações interessarem à análise. Observe-se, tão-somente que o direito de retrocessão em espécie é reconhecido em diversas legislações. Na Itália há previsão legal (art. 60 da Lei 2.359, de 25.6.1865) o mesmo ocorrendo na França (art. 54 do Dec. 58.997, de 23. 10. 58, que fixa o prazo de 10 anos a contar do decreto de desapropriação para que se requeira a retrocessão). Em Portugal há dispositivo semelhante (art. 8 º da Lei 2 .030, de 22.6.48); o que acontece também na Espanha (art. 54 da Lei de 15. 12. 54) e na Alemanha (Lei de 23. 2.57, em seu § 102) Demais de tal inicial observação, perigoso é o estudo de qualquer instituto jurídico atrelado à lei. Impõe-se a análise de determinado instituto a partir da Constituição. Daí inicia-se o estudo da retrocessão. 2 Desapropriação. Desvio de poderDispõe o § 22 do art. 153 da Lei Maior "que é assegurado o direito de propriedade, salvo o caso de desapropriação por necessidade ou utilidade pública ou por interesse social, mediante previa e justa indenização em dinheiro...”. Assegura-se o direito de propriedade que cede apenas, ante o interesse coletivo, representado pelo Estado. Ao mesmo tempo em que garante a propriedade, a Constituição assegura ao Estado o poder de retirá-la mediante desapropriação. Esta pode ser entendida como "o procedimento administrativo através do qual o Poder Público compulsoriamente despoja alguém de uma propriedade e a adquire para si, mediante indenização, fundada em um interesse público" (Elementos de Direito Administrativo, Celso Antônio Bandeira de Mello, 1980, p. 188). Caracteriza-se a desapropriação pela retirada compulsória do bem do domínio particular, com sua transferência ao domínio público, sob fundamento de interesse público mediante indenização. O fulcro da permissão legal para a transferência do domínio é o interesse público, ou seja, finalidade prevista no próprio ordenamento jurídico a ser perseguido pelo Estado. Sob a rubrica interesse público albergam-se todos os conteúdos possíveis de utilidade coletiva desde que alcançados pelo sistema de normas (sob o rótulo interesse público acolhe-se a necessidade ou utilidade pública e o interesse social). O poder de desapropriação deflui do domínio eminente que possui o Poder Público sobre todas as coisas materiais e imateriais sujeitas ao âmbito espacial de validade do sistema jurídico. O poder de desapropriação pode ser decomposto em três aspectos: a) transferência compulsória de alguma coisa; b) mediante indenização e c) sob o fundamento de interesse público. A desapropriação, como forma originária de aquisição de domínio, implica na compulsoriedade da transferência do bem do domínio particular para o público. Sempre haverá indenização, devidamente apurada através do processo próprio ou mediante acordo de vontades. E, o que mais nos interessa, há que vir fundamentada em interesse público, sob pena de invalidade. A competência, no Direito, não é dada a qualquer título. Sempre é outorgada a determinado agente para que persiga interesses coletivos ou mais propriamente denominados públicos, sendo estes apurados pela análise de todo o sistema de normas. A visão completa da competência apenas pode ser entrevista, pois, em contraste com a finalidade descrita na norma legal. Desviando-se o agente administrativo dos fins que lhe foram traçados pelo sistema de normas, incide no desvio de poder (ou de finalidade, como dizem alguns). 3 Conceito de retrocessãoA retrocessão implica no direito do expropriado de retomar a propriedade do imóvel que lhe fora retirada compulsoriamente pelo Poder Público. Os léxicos consignam que "retrocessão é o ato pelo qual o adquirente de um bem transfere de volta a propriedade desse bem àquele de quem o adquiriu" (Novo Dicionário Aurélio, lª ed., p. 1.231). Assinala Oliveira Cruz que "a retrocessão é um instituto de Direito Público, destinado a fazer voltar ao domínio do desapropriado os bens que saíram do seu patrimônio, por efeito de uma desapropriação por utilidade pública" (Da desapropriação, p. 119). E, acrescenta que "a retrocessão tem, indiscutivelmente, uma feição real porque significa um direito que só se desliga do imóvel quando preenchidos os fins determinantes da desapropriação" (ob. cit., p. 121). Assim entendida a retrocessão, como defluente do próprio preceito constitucional que assegura a propriedade e resguarda sua retirada apenas e exclusivamente pela desapropriação por necessidade, utilidade pública ou interesse social, não há como confundi-la com a preempção ou prelação, ou assimilá-la a qualquer tipo de direito pessoal. A fixação de tal premissa é fundamental para todo o desenvolvimento do trabalho e para alicerçar as conclusões que serão apontadas ao final. Daí porque não se pode concordar com a assertiva feita por alguns autores de que se cuida de simples obrigação imposta ao Poder Público de oferecer ao ex-proprietário o bem que lhe desapropriou, se este não tiver o destino para o qual fora expropriado (Múcio de Campos Maia, "Ensaio sobre a retrocessão", in RDA, 34/1-11). Pela própria dúvida no conteúdo do conceito, já os autores manifestaram-se surpresos e a jurisprudência claudicou sobre a análise do tema. Muitos julgados, inclusive, chegaram a admitir a inexistência da retrocessão no Direito brasileiro. Mas, pela análise que será feita e pelas conclusões a que se chegará, ver-se-á não só da existência do instituto no Direito brasileiro, sendo despicienda a indagação do Direito Civil a respeito, defluindo o instituto da só análise do texto constitucional brasileiro. A retrocessão é mero corolário do direito de propriedade, constitucionalmente consagrado e decorre do direito emergente da não utilização do bem desapropriado para o fim de interesse público. Sob tal conteúdo é que o conceito será analisado. 4 Desenvolvimento histórico, no BrasilEm estudo sobre o aspecto histórico do desenvolvimento da retrocessão no Direito brasileiro Ebert Chamoun escreveu que o inc. XXII do art. 179 da Constituição do Império, de 25. 3. 1824 dispôs sobre a possibilidade da desapropriação. E a Lei provincial 57, de 18.3.1836 pela vez primeira cuidou da retrocessão, assegurando que, na hipótese de desapropriação caberia "recurso à Assembleia Legislativa provincial para a restituição da propriedade ... " A admissibilidade da retrocessão foi aceita pelo STF que assim deixou decidido: “que abrindo a mesma Constituição à plenitude o direito de propriedade no art. 72, § 17, a exceção singular da desapropriação por utilidade pública presumida, desde a certeza de não existir tal necessidade, o ato de desapropriação se equipara a violência (V) e deve se rescindir mediante ação do espoliado" (O Direito, vol. 67, 1895, p. 47). A referência é à Constituição republicana de 24.2.1891. Em sua Nova Consolidação das Leis Civis vigentes em 11 de agosto de 1899, Carlos de Carvalho escrevia o art. 855 "se verificada a desapropriação, cessar a causa que a determinou ou a propriedade não for aplicada ao fim para o qual foi desapropriada, considera-se resolvida a desapropriação, e o proprietário desapropriado poderá reivindicá-la". Diversas leis cuidaram do assunto, culminando com a edição do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400) que dispôs: ''A União, o Estado, ou o Município, oferecerá ao ex-proprietário o imóvel desapropriado, pelo preço por que o foi, caso não tenha o destino para que se desapropriou". Criou-se, assim, o direito de preempção ou preferência, como cláusula especial à compra e venda. As Constituições que se seguiram igualmente asseguraram o direito de propriedade (a de 1934, no art. 113, 17; a de 1937, no art. 122, 14; a de 1946, no § 16 do art. 141). A Constituição de 1967 igualmente protegeu, juridicamente, a propriedade, permanecendo a garantia com a EC 1/69. 5 Hipóteses de retrocessãoO instituto da retrocessão foi bem analisado por Landi e Potenza quando escrevem que "fatta l'espropriazione, se l'opera non siasi eseguita, e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati, gli espropriati potranno domandare che sia dall'autorità giudiziaria competente pronunciata la decadenza dell'ottenuta dichiarazione di pubblica utilità, e siano loro restituiti i beni espropriati. In altri termini, la mancata esecuzione dall'opera dimostra l'insussistenza dell’interesse pubblico, che aveva determinato l'affievolimento del diritto di proprietà" (Manuale di Diritto Amministrativo, 1960, p. 501). Mas não é só a falta de destinação do bem a interesse público ou a não construção da obra para que teria sido o imóvel desapropriado que implica na possibilidade de retrocessão, afirmam os autores citados. Também no caso em que ''l'opera pubblica sia stata eseguita: ma qualche fondo, a tal fine espropriato, non abbia ricevuto in tutto o in parte la prevista destinazione" (ob. cit., p. 501). A retrocessão, pois, deflui, do que se lê da lição dos autores transcritos, na faculdade de o expropriado reaver o próprio bem declarado de utilidade pública, - quando lhe tenha sido dado destinação diversa da declarada no ato expropriatório ou não lhe tenha sido dada destinação alguma. De outro lado, esclarece André de Laubadere que "si l'immeuble exproprié ne reçoit pas la destination prévue dans la déclaration d'utilité publique, il est juste que le propriétaire exproprié puisse le récupérer. C'est l'institution de la rétrocession" (Traité deDroit Administratif, 6." ed., 2. 0 vol., p. 250). No direito brasileiro, os conceitos são praticamente uniformes. Eurico Sodré entende que "retrocessão é o direito do ex-proprietário de reaver o imóvel desapropriado, quando este não tenha tido utilização a que era destinado" (A desapropriação por necessidade ou utilidade pública, 1928, pp. 85-86). Firmino Whitaker afirma que "é direito que tem o ex-proprietário de readquirir o imóvel desapropriado mediante a restituição do valor recebido, quando não tenha sido o mesmo imóvel aplicado em serviço de ordem pública" (Desapropriação, 3ª ed., p. 23, 1946). Cretella Junior leciona que "é o direito do proprietário do imóvel desapropriado de reavê-lo ou de receber perdas e danos, pelos prejuízos sofridos, sempre que ocorrer inaproveitamento, cogitação de venda ou desvio de poder do bem expropriado" (Comentários às leis de desapropriação, 2.ª ed., 2.ª tiragem, 1976, p. 409). Fazendo a distinção prevista por Landi e Potenza, escreve Marienhoff que "la retrocesión, en cambio, sólo puede tener lugar en las dos siguientes hipótesis: a) cuando, después de la cesión amistosa o avenimiento, o después de terminado el juicio de expropiación, el expropiante afecta el bien o cosa a un destino diferente del tenido en cuenta por el legislador ai disponer la expropiación y hacer la respectiva calificación de utilidad publica; b) cuando efectuada la cesión amistosa o avenimiento, o terminado el juicio de expropiación, y transcurrido cierto plazo el expropiante no le dá al bien o cosa destino alguno" (Tratado de Derecho Administrativo, T. IV, 2ª ed., p. 369). Embora os autores costumem distinguir as hipóteses de cabimento da retrocessão, parece-nos que no caso de o Poder Público alterar a finalidade para que houvera decretado a desapropriação não existe o direito à retrocessão. Isto porque a Constituição Federal como já se viu, alberga no conceito "interesse público" a mais polimorfa gama de interesses. Assim, se desapropriado imóvel para a construção de uma escola, mas constrói-se um hospital, não nos parece ter havido "desvio de poder" ou de "finalidade". Simplesmente houve desvio do fim imediato, mas perdura o fim remoto. O interesse público maior, presente no ordenamento jurídico ficou atendido. Simplesmente, por interesses imediatos do Poder Público, mas sempre dentro da competência outorgada pela legislação, o agente entendeu de dar outra destinação à coisa expropriada. Em tal hipótese, não parece ter havido desvio de poder, hábil a legitimar a retrocessão. De tal sentir é Celso Antônio Bandeira de Mello quando afirma "convém ressaltar enfaticamente, contudo, que a jurisprudência brasileira pacificou-se no entendimento de que se o bem desapropriado para uma específica finalidade for utilizado em outra finalidade pública, não há vício algum que enseje ao particular ação de retrocessão (tal como é concebida hoje), considerando que, no caso, inexistiu violação do direito de preferência" (ob. cit., p. 210). Cita o autor a jurisprudência mencionada (RDP, 2/213, 3/242 e em RDA, 88/158 e 102/188). A doutrina é remançosa em afirmar a possibilidade de ser o bem empregado em outra finalidade diversa da alegada no decreto expropriatório ou na lei, desde que também de utilidade pública (Adroaldo Mesquita da Costa, in RDA, 93 /377; Alcino Falcão, Constituição Anotada, vol. II, pp. 149/SO; Carlos Maximiliano, Comentários à Constituição Brasileira, 1954, vol. III, p. 115; Diogo Figueiredo Moreira Neto, Curso de Direito Administrativo, vol. 2, p. 116; Ebert Chamoun, Da retrocessão nas desapropriações, pp. 74 e ss.; Hely Lopes Meirelles, Direito Administrativo Brasileiro, 2.ª ed., p. 505; Pontes de Miranda, Comentários à Constituição de 1967, com a Emenda Constituição n.º 1, de 1969, T. V, pp. 445/6; Cretella Junior, Tratado de Direito Administrativo, vol. IX, pp. 165/6). A jurisprudência a respeito é farta (RTJ, 39/495, 42/195 e 57 /46). Mais recentemente decidiu-se que "não cabe retrocessão quando o imóvel expropriado tem destino diverso, vias de utilidade pública" (RDA, 127 /440). Poucos autores manifestam-se em sentido contrário, ou seja, pela inadmissibilidade de aplicação do destino do bem em outra finalidade que não a invocada no decreto ou lei que estipula a desapropriação (Hélio Moraes de Siqueira, A retrocessão nas desapropriações, p. 61 e Miguel Seabra Fagundes, Da desapropriação no Direito brasileiro, 1949, p. 400). Tais indicações foram colhidas na excelente Desapropriação – Indicações de Doutrina e Jurisprudência de Sérgio Ferraz, pp. 122/124. Já diversa é a consequência quando o imóvel não é utilizado para qualquer fim, ficando ele sem destinação específica, implicando, praticamente, no abandono do imóvel. Daí surge, realmente, o problema da retrocessão. Mas, emergem questões prévias a serem resolvidas. Como se conta o prazo, se é que há, para que se legitime o expropriado, ativamente? Em consequência da solução a ser dada à questão anterior, cuida-se a retrocessão de direito real ou pessoal, isto é, a não utilização do bem expropriado enseja reivindicação ou indenização por perdas e danos? Estas questões são cruciais e têm atormentado os juristas. Passemos a tentar equacioná-las. 6 Momento do surgimento do direito de retrocessãoEntende Cretella Júnior que há dois momentos para que se considere o nascimento do direito de ingressar com a ação de retrocessão. Mediante ato expresso ou por ato tácito. "Mediante ato expresso, que mencione a desistência do uso da coisa expropriada e notifique o ex-proprietário de que pode, por ação própria, exercer o direito de retrocessão" (Comentários às leis de desapropriação, p. 415) ou através de ato tácito, ou seja, pela conduta da Administração que permita prever a desistência de utilização do bem expropriado, possibilitando ao antigo proprietário o exercício do direito de preferência...” (ob. cit., p. 416). De igual teor a lição de Eurico Sodré, A desapropriação por necessidade ou utilidade pública, 2.ª ed., p. 289. A jurisprudência já se manifestou em tal sentido (RTJ, 57 /46). Ebert Chamoun (ob. cit., pp. 80 e ss.) entende que apenas por ato inequívoco da administração tem cabimento a ação de retrocessão. Jamais se poderia julgar pela procedência da ação que visasse a retrocessão, desde que o Poder Público alegue que ainda vá utilizar o bem. Afirma o citado autor que "é assim, necessário frisar que o emprego, pelo expropriante do bem desapropriado para fim de interesse público não precisa ser imediato. Desde que ele consiga demonstrar que o interesse público ainda é presente e que a destinação para esse escopo foi simplesmente adiada, porque não é oportuna, exequível ou aconselhável, deve ser julgado improcedente o pedido de indenização do expropriado, com fundamento no art. 1.150 do CC (LGL\2002\400)" (ob. cit., p. 84). De igual teor a lição de Pontes de Miranda (Comentários. T. V, p. 445). Celso Antonio Bandeira de Mello tem posição intermediária. Afirma que "a obrigação do expropriante de oferecer o bem em preferência nasce no momento em que este desiste de aplicá-lo à finalidade pública. A determinação exata deste momento há que ser verificada em cada caso. Servirá como demonstração da desistência, a venda, cessão ou qualquer ato dispositivo do bem praticado pelo expropriante em favor de terceiro. Poderá indicá-la, também, a anulação do plano de obras em que se calcou o Poder Público para realizar a desapropriação ou outros fatos congêneres" (ob. cit., p. 209). A propósito, já se manifestou o STF que "o fato da não utilização da coisa expropriada não caracteriza, só por si, independentemente das circunstâncias. desvio do fim da desapropriação" (RTJ. 57/46). Do mesmo teor o acórdão constante da RDA, 128/395. 7 Prazo a respeito. AnalogiaOutros autores entendem que há um prazo de cinco anos para que o Poder Público destine o imóvel à finalidade Pública para que efetuou a desapropriação. Assim se manifestam Noé Azevedo (parecer in RT 193/34) e Seabra Fagundes (ob. cit., pp. 397 /8). O prazo de cinco anos é já previsto na doutrina francesa. Afirma Laubadere que "si les immeubles expropriés n'ont pas reçu dans le délai de cinq ans la destination prévue ou ont cessé de recevoir cette destination, les anciens propriétaires ou leurs ayants droit à titre universel peuvent en demander la rétrocession dans un délai de trente ans à compter également de l'ordonance d'expropriation, à moins que l'expropriant ne requère une nouvelle déclaration d'utilité publique" (ob. cit., p. 251). Tal orientação encontra por base o art. 10 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) que estabelece: "a desapropriação deverá efetivar-se mediante acordo ou intentar-se judicialmente dentro de cinco anos, contados da data da expedição do respectivo decreto e findos os quais este caducará". Claro está que não tendo a lei previsto o direito à retrocessão, o intérprete há de buscar a solução para o problema (interpretação prudencial) dentro do próprio sistema normativo, para suprir ou colmatar a lacuna (a propósito deste tema, especificamente, veja se nosso "Lacuna e sistema normativo", in RJTJSP, 53/13-30). Esta surge no momento da decisão. Como todo problema jurídico gira em torno da decidibilidade, admite-se a interpretação analógica ao se entender que o prazo para que o Poder Público dê ao imóvel destinação específica ou outra permitida pelo direito (finalidade prevista no ordenamento) igualmente será o prazo de cinco anos. Neste, caduca o interesse público. Daí legitimar-se o expropriado a ingressar com a ação de retrocessão. Caso se entenda da inadmissibilidade de fixação de prazo, deixar-se-á à sorte o nascimento do direito ou, então, como pretende Cretella Junior, à manifestação volitiva do Poder Público decidir sobre a oferta do imóvel a alguém, com o que caracterizaria expressamente a vontade de alienar ou dispor do imóvel. Nunca haveria um prazo determinado, com o que padeceria a relação jurídica de segurança e estabilidade. Permaneceria o expropriado eternamente à disposição do Poder Público e perduraria, constantemente, e em suspense, até que a Administração decida como e quando destinará ou desafetará o imóvel. A solução que se nos afigura mais compatível com a realidade brasileira é a de se fixar o prazo de cinco anos, por aplicação analógica com o art. 10, retro citado. Está evidente que a só inércia não caracteriza a presunção do desvio. Se a Administração desapropria sem finalidade pública, o ato pode ser anulado, mesmo sem o decurso do prazo de cinco anos. Mas, aqui, o fundamento da anulação do ato seria outro e não se cuidaria do problema específico da retrocessão. 8 Natureza do direito à retrocessãoDiscute-se, largamente, sobre a natureza do direito à retrocessão. Para uns seria direito pessoal e eventual direito resolver-se-ia em indenização por perdas e danos. Para outros, cuida-se de direito real e, pois, há possibilidade de reivindicação. Magnífica resenha de opiniões é feita por Sérgio Ferraz em seu trabalho Desapropriação, pp. 117/121. Dentre alguns nomes que se manifestam pelo reconhecimento de que se cuida de direito pessoal e, pois, enseja indenização por perdas e danos encontram-se Ebert Chamoun (ob. cit., p. 31), Cretella Junior (Tratado . . ., vol. IX, pp. 159, 333/4), Múcio de Campos Maia ("ensaio sobre a retrocessão ", in RT 258/49). A jurisprudência já se tem manifestado neste sentido (RDA, 98/ 178 e 106/157). A propósito da pesquisa jurisprudencial, veja-se, também, o repertório de Sergio Ferraz. A solução apontada pelos autores encontra fundamento no art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) ao estabelecer que "os bens expropriados, uma vez incorporados à Fazenda Pública, não podem ser objeto de reivindicação, ainda que fundada em nulidade do processo de desapropriação. Qualquer ação julgada procedente, resolver-se-á em perdas e danos". Com base em tal artigo afirma Ebert Chamoun que "o direito do expropriado não é, evidentemente, um direito real, porque o direito real não se contrapõe, jamais, um mero dever de oferecer. E, por outro lado, se o expropriante não perde a propriedade, nem o expropriado a adquire, com o simples fato da inadequada destinação, é óbvio que a reivindicação que protege o direito de domínio, e que incumbe apenas ao proprietário, o expropriado não pode ter" (ob. cit., pp. 38/39). Mais adiante afirma que "o direito do ex-proprietário perante o poder desapropriante que não deu à coisa desapropriada o destino de utilidade pública, permanece, portanto, no direito positivo brasileiro, como direito nítido e irretorquivelmente pessoal, direito que não se manifesta em face de terceiros , eventuais adquirentes da coisa, nem ela adere, senão exclusivamente à pessoa do expropriante. Destarte, o poder desapropriante, apesar de desrespeitar as finalidades da desapropriação, desprezando os motivos constantes do decreto desapropriatório, não perde a propriedade da coisa expropriada, que ele conserva em sua Fazenda com as mesmas características que possuía quando da sua. aquisição" (ob. cit., pp. 44/45). Em abono de sua orientação invoca o dispositivo mencionado e afirma "quaisquer dúvidas que ainda houvesse acerca da natureza do direito do expropriado seriam espancadas por esse preceito, límpido e exato, consectário perfeito dos princípios gerais do nosso direito positivo, dispositivo que se ajusta, como luva, ao sistema jurídico brasileiro relativo à aquisição de propriedade, à preempção e à desapropriação" (ob. cit., p. 47). De outro lado, autores há que entendem cuidar-se de direito real. Dentre eles Hely Lopes Meirelles (Direito Administrativo Brasileiro, 2.ª ed., p. 505), Seabra Fagundes (ob. cit., p. 397), Noé Azevedo (parecer citado, in RT, 193/34), Pontes de Miranda (Comentários . . . ", T. V, pp. 443/6 e Vicente Ráo (O direito e a vida dos direitos, 2.ª ed., p. 390, nota 113). Apontam-se, também, diversos julgados (RDA, 48/231 e 130/229). 9 Crítica às posiçõesRealmente não se confundem as disposições do art. 1.149 com o art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). O primeiro refere-se a pacto de compra e venda e tem por pressuposto a venda ou a dação em pagamento. Implica manifestação volitiva, através de contrato específico, em que se tem por base a vontade livre dos negócios jurídicos, assim exigida para validade do contrato. Já o art. 1.150 constitui norma de Direito Público, pouco importando sua inserção no Código Civil (LGL\2002\400) (Pontes de Miranda, Tratado de Direito Privado, T. XIV, 2.ª ed., § 1.612, p. 172). Em sendo assim, a norma do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400) que determina o oferecimento do imóvel desapropriado ao ex-proprietário para o exercício do direito de preferência não está revogada. Mas, daí não se conclui que há apenas o direito de prelação. Diverso é nosso entendimento. Pelo artigo referido, obriga-se a Administração a oferecer o imóvel (é obrigação imposta à Administração), mas daí não pode advir a consequência de que caso não oferecido o imóvel, não há direito de exigi-lo. A norma não é unilateral em prol do Poder Público. De outro lado, surge a possibilidade de exigência por parte do expropriado. E a tal exigência dá-se o nome de retrocessão. Superiormente ensina Hélio Moraes de Siqueira que "entretanto, não é na lei civil que se encontra o fundamento da retrocessão. Aliás, poder-se-ia, quando muito, vislumbrar os lineamentos do instituto. É na Constituição Federal que a retrocessão deita raízes e recebe a essência jurídica que a sustém. Mesmo se ausente o preceito no Código Civil (LGL\2002\400), a figura da retrocessão teria existência no direito brasileiro, pois é consequência jurídica do mandamento constitucional garantidor da inviolabilidade da propriedade, ressalvada a desapropriação por utilidade e necessidade pública e de interesse social, mediante prévia e justa indenização em dinheiro" (ob. cit., pp. 76/77). Idêntico entendimento deve ser perfilhado. Realmente, despiciendo é que o art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) tenha estabelecido que "os bens expropriados, uma vez incorporados à Fazenda Pública, não podem ser objeto de reivindicação, ainda que fundada em nulidade do processo de desapropriação. Qualquer ação, julgada procedente, resolver-se-á em perdas e danos". A lei não pode mudar a norma constitucional que prevê a possibilidade da desapropriação sob fundamento de interesse público. O interesse público previsto na Constituição Federal é concretizado através das manifestações da Administração, em atos administrativos, possuindo, como condição de sua validade e de sua higidez o elemento finalidade ("finalidade-elemento teleológico contido no sistema. Conjunto de atribuições assumidas pelo Estado e encampadas pelo ordenamento jurídico", cf. nosso Ato Administrativo, ed. 1978, p. 48). Destina-se a finalidade a atender aos interesses públicos previstos no sistema normativo. Há por parte do agente administrativo emanador do ato, a aferição valorativa do interesse manifestado no decreto. É pressuposto lógico da emanação de qualquer ato administrativo que a competência do agente seja exercitada em direção a alcançar os objetivos ou os valores traçados no sistema de normas. Tal aferição valorativa é realizada no momento da expedição do ato. No decurso de certo tempo, pode desaparecer o interesse então manifestado. Mas, tal reconhecimento do desinteresse não pertence apenas à Administração Pública, mas também ao expropriado que pode provocá-lo, mediante ação direta. A Administração Pública, pela circunstância de ter adquirido o domínio da coisa expropriada, não fica isenta de demonstrar a utilidade da coisa ou a continuidade elo interesse público em mantê-la. Desaparecendo o interesse público, o que pode acontecer por vontade expressa da Administração, ou tacitamente, pelo decurso do prazo de cinco anos, contados dos cinco anos seguintes à transferência de domínio, que se opera pelo registro do título aquisitivo, que é a carta de adjudicação mediante prévio pagamento do preço fixado, nasce ao expropriado o direito de reaver a própria coisa. Trata-se de direito real, porque a perquirição da natureza do direito não deflui do momento atual do reconhecimento da desnecessidade da coisa, mas remonta ao momento do ato decretatório da utilidade pública. Já disse alhures (Ato Administrativo, pp. 122 e ss.) que a nulidade ou o ato inválido não prescreve. No caso a prescrição alcança o expropriado no prazo de cinco anos, contados do término dos cinco anos anteriores ao termo final do prazo de presunção da desnecessidade do imóvel. Explicando melhor: o Poder Público tem cinco anos, contados da data da aquisição da propriedade, que opera pelo registro da carta de adjudicação no Cartório do Registro de Imóveis competente, ou mediante registro da escritura pública lavrada por acordo das partes, no mesmo Cartório, para dar destinação específica, tal como declarada no decreto expropriatório ou outra destinação, havida como de interesse público. Passado tal prazo, abre-se ao expropriado o direito de haver a própria coisa, também pelo prazo de Cinco anos, nos termos do Dec. 20.910/32 (LGL\1932\1). A propósito já se decidiu que "a prescrição da ação de retrocessão, visando às perdas e danos, começa a correr desde o momento em que o expropriante abandona, inequivocamente, o propósito de dar, ao imóvel, a destinação expressa na declaração de utilidade pública" (PDA, 69/ 200). Ausente a utilidade pública, seja no momento da declaração, seja posteriormente. o ato deixa de ter base legal. Como afirma José Canasi, "la retrocesión tiene raiz constitucional implicita y surge del concepto mismo de utilidade publica. No se concibe una utilidad publica que puede desaparecer o deformarse a posteriori de la expropriación. Seria un engano o una falsidad" (La retrocesión en la Expropiación Publica, p. 47). Rejeita-se o raciocínio de que o expropriado, não sendo mais proprietário, falece-lhe o direito de pleitear reivindicação. Tal argumento serviria, também, para &e rejeitar a existência de direito pessoal. Isto porque, se o ex-proprietário já recebeu, de acordo com a própria Constituição Federal a justa indenização pela tomada compulsória de seu imóvel, nenhum direito teria mais. Não teria sentido dar-se nova indenização ao ex-proprietário, de vez que o Poder Público já lhe pagara toda quantia justa e constitucionalmente exigida para a composição do patrimônio desfalcado pela perda do imóvel. Aí cessaria toda relação criada imperativamente, pelo Poder Público. Inobstante, a pretensão remonta à edição do ato. O fundamento do desfazimento do decreto expropriatório reside exatamente na inexistência do elemento finalidade que deve sempre estar presente nas manifestações volitivas da Administração Pública. Demais, cessado o interesse público subsistente no ato expropriatório, a própria Constituição Federal determina a persistência da propriedade. A nosso ver, a discussão sobre tratar-se de direito real ou pessoal é falsa. Emana a ação da própria Constituição, independentemente da qualificação do direito. Ausente o interesse público, deixa de existir o fundamento jurídico da desapropriação. Logo, não podem subsistir efeitos jurídicos de ato desqualificado pelo ordenamento normativo. Trata-se de direito real, no sentido adotado por Marienhoff quando afirma que "desde luego, trátase de una acción real de "derecho público", pues pertenece al complejo jurídico de la expropiación, institución exclusivamente de derecho público, segun quedó dicho en un parágrafo precedente (n. 1.293). No se trata, pues, de una acción de derecho comun, ni regulada por este. El derecho privado nada tiene que hacer al respecto. Finalmente, la acción de retrocesión, no obstante su carácter real, no trasunta técnicamente el ejercicio de una acción reivindicatoria, sino la impugnación a una expropiación donde la afectación del bien o cosa no se hizo al destino correspondiente, por lo que dicha expropiación resulta en contravención con la garantia de inviolabilidad de propiedad asegurada en la Constitución. La acción es "real" por la finalidad que persigue: reintegro de un bien o cosa" (Tratado de Derecho Administrativo, vol. IV, p. 382, n. 1.430). De igual sentido a orientação traçada no Novíssimo Digesto Italiano, onde se afirma que "per tale disciplina deve escludersi che il diritto alla retrocessione passa considerarsi un diritto alla risoluzione del precedente trasferimento coattivo, esso e stato definito un diritto legale di ricompera, ad rem (non in rem) (ob. cit., voce - espropriazione per pubblica utilità", vol. VI, p. 950). Recentemente o Supremo Tribunal Federal decidiu que "o expropriado pode pedir retrocessão, ou readquirir o domínio do bem expropriado, no caso de não lhe ter sido dado o destino que motivou a desapropriação" (RDA 130/229). No mesmo sentido o acórdão constante da "Rev. Trim. de Jur.", vol. 104/468-496, rel. Min. Soares Muñoz. 10 Transmissibilidade do direito. Não se cuida de direito personalíssimoAdmitida a existência da retrocessão no Direito brasileiro in specie, ou seja, havendo a possibilidade de reaquisição do imóvel, e rejeitando-se frontalmente, a solução dada pela jurisprudência de se admitir a indenização por perdas e danos, de vez que, a nosso ver, há errada interpretação do art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6), surge a questão também discutida se o direito à retrocessão é personalíssimo, ou é transmissível, causa mortis. Pela negativa manifestam-se Ebert Chamoun (ob. cit., p. 68), Eurico Sodré (ob. cit., p. 76), Hely Lopes Meirelles (ob. cit., p. 505) e Pontes de Miranda (ob. cit., p. 446). Em sentido oposto Hélio Moraes de Siqueira (ob. cit., p. 64) e Celso Antônio Bandeira de Mello (oh. cit., p. 210). A jurisprudência tem se manifestado favoravelmente à transmissão do direito de retrocessão (RTJ 23/169, 57 / 46 e 73/155). Inaplicável no Direito Público o art. 1.157 do CC (LGL\2002\400). Disciplina ele relações de particulares, devidamente ajustado ao art. 1.149 que, como se viu anteriormente, cuida, também, de manifestações volitivas. Já, a desapropriação implica na tomada compulsória do domínio dos particulares, em decorrência de ato imperativo (tal como por nós conceituado a fls. 29 do Ato Administrativo). A imperatividade implica em manifestação de poder, ou seja, na possibilidade que goza o Poder Público de interferir na esfera jurídica alheia, por força jurídica própria. Já nas relações particulares, estão estes no mesmo nível; quando intervém o Estado o relacionamento é vertical e não horizontal. Daí porque o referido dispositivo legal não tem aplicação ao tema em estudo. O TJSP já deixou decidido que "os sucessores do proprietário têm direito de ser indenizados, no caso de o expropriante do imóvel expropriado não se utilizar deste, e procurar aliená-lo a terceiros, sem mesmo oferecê-lo àqueles (RT 322/193). Rejeitando, apenas o direito de preferência, de vez que entendendo a retrocessão como espécie de direito real, aceita-se a argumentação da transmissibilidade da ação. No mesmo sentido a orientação do Supremo Tribunal Federal (RTJ 59/631). As ações personalíssimas são de interpretação estrita. Apenas quando a lei dispuser que não se transmite o direito causa mortis é que haverá impossibilidade jurídica da ação dos herdeiros ou sucessores a qualquer título. No caso ora analisado, verificando-se da inaplicabilidade do art. 1.157 do CC (LGL\2002\400), percebe-se que defluindo o direito à retrocessão da própria Constituição Federal, inarredável a conclusão que se cuida de direito transmissível. 11 Montante a ser pago pelo expropriado, pela reaquisição do imóvelResta indagar qual o critério para fixação do montante a ser pago pelo ex-proprietário quando do acolhimento da ação de retrocessão. Inicialmente, pode-se dizer que o expropriado deve devolver o montante apurado quando do recebimento do preço fixado pelo juiz ou havido mediante acordo lavrado em escritura pública. Inobstante, se o bem recebeu melhoras que tenham aumentado seu valor, parece-nos que devam elas ser levadas em conta, para efeito de apuração do montante do preço a ser devolvido ao expropriante. O valor a ser pago, pois, será o recebido à época, por parte do expropriado acrescido de melhoramentos eventualmente introduzidos no imóvel, caso deste se cuide. 12 Correção monetáriaHá autores que afirmam que a correção monetária não fará parte do valor a ser devolvido, "in principio", pois, embora haja previsão legal de seu pagamento quando da desapropriação, há razoável fundamento de que se o Poder Público não destinou o imóvel ou deu margem a que ele não fosse utilizado, por culpa sua, de seu próprio comportamento, deve suportar as consequências de sua atitude. A Corte Suprema de Justiça da Nação Argentina prontificou-se pelo descabimento da atualização monetária, deixando julgado que ''en efecto, obvio parece decir que el fundamento jurídico del instituto de la retrocesión es distinto ai de la expropiación, como que se origina por el hecho de no destinarse el bien expropiado al fin de utilidad publica previsto por la ley. Si esta finalidad no se cumple, el expropiante no puede pretender benefíciarse con el mayor valor adquirido por el inmueble y su derecho, como principio, se limita a recibir lo que pagó por él" (Fallos, t. 271, pp. 42 e ss.). Outro argumento parece-nos ponderável. É que, a se admitir a devolução com correção monetária poderia facilitar a intervenção do Estado no domínio econômico, de vez que poderia pretender investir na aquisição de imóveis, para restituí-los, posteriormente, com acréscimo de correção monetária, com o que desvirtuar-se-ia de suas finalidades precípuas. Parece-nos, entretanto, razoável que se apure o valor real do imóvel devidamente atualizado e se corrija, monetariamente, o valor da indenização paga, para que se mantenha a equivalência econômica e patrimonial das partes. Há decisão admitindo a correção monetária da quantia a ser paga pelo expropriado (RDP 11/274) proferida pelo Min. Jarbas Nobre, do TFR. O valor do imóvel serviria de teto para o índice da correção. 13 Rito processualO tipo de procedimento a ser adotado nas hipóteses de ação de retrocessão previsto na legislação processual. É o procedimento ordinário ou sumaríssimo, dependendo do valor da causa. Não há qualquer especialidade de rito, de vez que independe de depósito prévio. Não se aplica, aqui, o procedimento desapropriação, às avessas. Isto porque, no procedimento de desapropriação há um rito especial e pode o Poder Público imitir-se previamente na posse da coisa, desde que alegue urgência na tomada e efetue o depósito do valor arbitrado. Tal característica do processo de desapropriação não está presente no rito processual da ação de retrocessão. Demais disso, a ação depende de prévio acolhimento, com produção de prova do abandono do imóvel, ou sua não destinação ao fim anunciado no decreto. 14 Retrocessão de bens móveisA desapropriação alcança qualquer tipo de coisa. Não apenas os imóveis podem ser desapropriados. Isto porque o art. 2.0 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) dispõe "mediante declaração de utilidade pública, todos os bens poderão ser desapropriados pela União, pelos Estados, Municípios, Distrito Federal e Territórios”. Como assinala Celso Antônio Bandeira de Mello "pode ser objeto de desapropriação, tudo aquilo que seja objeto de propriedade. Isto é, todo bem, imóvel ou móvel, corpóreo ou incorpóreo, pode ser desapropriado. Portanto, também se desapropriam direitos em geral. Contudo, não são desapropriáveis direitos personalíssimos, tais os de liberdade, o direito à honra, etc. Efetivamente, estes não se definem por um conteúdo patrimonial, antes se apresentam como verdadeiras projeções da personalidade do indivíduo ou consistem em expressões de um seu status jurídico, como o pátrio poder e a cidadania, por exemplo (ob. cit., p. 194). De igual teor a lição de Ebert Chamoun (ob. cit., 94). A lição do autor merece integral subscrição, por ser da mais absoluta juridicidade. A Constituição Federal assegura o direito de propriedade. A única limitação é a possibilidade de desapropriação, por parte do Poder Público. Mas, como a Constituição não limita a incidência da expropriação apenas sobre imóveis e a lei específica fala em "bens", entende-se que todo e qualquer direito pode ser desapropriado. Por consequência, qualquer bem pode ser passível de retrocessão (verbi gratia, os direitos autorais). 15 Retrocessão parcialCaso tenha havido desapropriação de um imóvel e parte dele não tenha aproveitada para a finalidade precípua declarada no decreto, surge a questão de se saber se o remanescente não utilizado pode ser objeto da retrocessão. Pelas mesmas razões expostas pelas quais se admitiu a existência da retrocessão no Direito brasileiro e cuidar-se de direito real, pelo qual o expropriado pode reaver posse e propriedade do próprio imóvel, admite-se a retrocessão parcial. 16 RenúnciaCaso o expropriado renuncie ao direito de retrocessão, nada terá a reclamar. Tratando-se, como se cuida, de direito patrimonial, é ele renunciável. Nada obriga a manter seu direito. Como salienta Ebert Chamoun, "a renúncia é plenamente eficaz. Uma vez que consta do instrumento de acordo dispositivo que exprima o desinteresse do ex-proprietário pelo destino que venha ulteriormente a ser dado ao bem e no qual se revele, claro e indiscutível, o seu propósito de renunciar ao direito de preferência à aquisição e ao direito de cobrar perdas e danos em face da infração do dever de oferecimento, o não atendimento das finalidades previstas no decreto desapropriatório, não terá quaisquer consequências patrimoniais, tornando-se absolutamente irrelevante sob o ponto de vista do direito privado" (ob. cit., p. 93). Embora não se adote a consequência apontada pelo autor. aceita-se o fundamento da possibilidade da renúncia. 17 Retrocessão na desapropriação por zonaNeste passo, acompanha-se o magistério de Celso Antônio Bandeira de Mello, segundo quem "é impossível cogitar de ação de retrocessão relativa a bens revendidos pelo Poder Público no caso de desapropriação por zona, quanto à área expropriada exatamente para esse fim, uma vez que, em tal caso não há transgressão alguma à finalidade pública em vista da qual foi realizada (ob. cit., p. 210). De igual teor a orientação de Ebert Chamoun (ob. cit., p. 96). E a posição é de fácil compreensão. O "interesse público", na hipótese, foi ditada exatamente para que se reserve a área para ulterior desenvolvimento da obra ou para revenda. Destina-se a absorver a extraordinária valorização que alcançará o local. De qualquer forma, estará o interesse público satisfeito. lnadmite-se, em consequência, a ação de retrocessão, quando a desapropriação se fundar em melhoria de determinada zona (art. 4.0 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6)). A propósito os pareceres de Vicente Ráo (RDP 7 /79), Castro Nunes (RDP 7 /94) e Brandão Cavalcanti (RDP 7 /102). 18 Referência jurisprudencialAlém da jurisprudência já referida no curso da expos1çao da matéria, convém transcrever alguns acórdãos do STF que cuidam do assunto. Negativa de vigência ao art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). "Não vejo na decisão recorrida negativa de vigência do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). De conformidade com a melhor interpretação desse dispositivo, o expropriante não está obrigado a oferecer o imóvel ao expropriado, quando resolve devolvê-lo ao domínio privado, mediante venda ou abandono" (RTJ 83/97. Também o mesmo repertório 56/785 e 66/250. Possibilidade do exercício da ação. "Se se verifica a impossibilidade da utilização do bem, ou da execução da obra, então passa a ser possível o exercício do direito de retrocessão. Não é preciso esperar que o desapropriante aliene o bem desapropriado" (RTJ 80/150). Destinação diversa do bem. "Incabível a retrocessão ou ressarcimento se o bem expropriado tem destino diverso, mas de utilidade pública" (RTJ 74/95; No mesmo sentido o mesmo repertório 48/749 e RDA 127 /440). Pressupostos da retrocessão. "Retrocessão. Seus pressupostos; devolução do imóvel ao domínio privado, · quer pela alienação, quer pelo abandono por longo tempo, sem destinação de utilidade pública. Ausência desses pressupostos. Ação julgada improcedente" (RTJ 83/96). Fundamento do direito à retrocessão. "Constituição, art. 153, § 22CC (LGL\2002\400), art. 1 .150. Desapropriamento por utilidade pública. Reversão do bem desapropriado. O direito à requisição da coisa desapropriada tem o seu fundamento na referida norma constitucional e na citada regra civil, pois uma e outra exprimem um só princípio que se sobrepõe ao do art. 35 do Dec.-Lei 3.365/41 (LGL\1941\6), visto que o direito previsto neste último (reivindicação) não faz desaparecer aqueloutro" (RTJ 80/139). Estes alguns excertos jurisprudenciais de maior repercussão, já que enfrentaram matéria realmente controvertida dando-lhe solução fundamentada. Há inúmeros julgados sobre o tema que, no entanto, dispensam transcrição ou menção expressa, pois outra coisa não fazem que repetir os argumentos já manifestados. Como se cuida de matéria controvertida e a nível de repertório enciclopédico, o importante é a notícia sobre o tema, sem prejuízo de termos feito algumas colocações pessoais a respeito. Nem tivemos o intuito de esgotar o assunto, de vez que incabível num trabalho deste gênero.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
32

Mello, Celso Antônio Bandeira de. "DESAPROPRIAÇÃO DE BEM PÚBLICO." Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 4, no. 14 (January 8, 2020): 113–33. http://dx.doi.org/10.48143/rdai.14.cabmello.

Full text
Abstract:
Consulta. O Prefeito Municipal de Valinhos, expõe-nos o que segue, anexando documentos ilustrativos e formula-nos, empós consulta sobre a matéria. In verbis: a) este Município, desde longo tempo, vinha tentando adquirir a Adutora de Rocinha, imóvel de propriedade da Municipalidade de Campinas e situado no vizinho território de Vinhedo; b) depois de ingentes esforços junto à Prefeitura Municipal de Campinas, logrou êxito esta Municipalidade, terminando por adquirir o referido imóvel em 18.02.1974; c) com essa aquisição, a população de Valinhos viu tornar-se palpável a realidade seu antigo sonho, já que a Administração vinha se afligindo com o problema da falta d’água, resolvido com a citada aquisição; d) ocorre que o Munícipio de Vinhedo, inconformado com a transação em pauta, declarou de utilidade pública, para ser desapropriada, em caráter de urgência, a área da antiga Adutora Municipal João Antunes dos Santos; e) entretanto, o ato expropriatório, Lei 682, de 1974, conforme cópia inclusa, sequer mencionou a finalidade de declaração, uma vez que a Adutora, imprescindível para o nosso Munícipio, pelo que representa em termos de abastecimento d’água à população, não o é em relação a Vinhedo, que se abastece das águas do Rio Capivari, ligando suas bombas uma vez por semana. Em face do exposto, formulamos a V. Exa. a seguinte consulta: “É lícito a Vinhedo desapropriar a Adutora Municipal João Antunes dos Santos, bem essencial à população de Valinhos, de cujos serviços de ordem pública não pode prescindir?” Parecer: O total deslinde do problema supõe o correto equacionamento de três questões que se interligam, no caso em foco, a saber: 1. Fundamentos do poder expropriatório; 2. Os bens públicos e sua função; 3. Relacionamento das pessoas jurídicas de Direito Público. Um breve exame destas diversas questões propiciará, em abordagem final, focar o problema proposto com auxílio do instrumento arrecadado por ocasião da análise de cada um dos tópicos mencionados. É o que faremos em um título derradeiro. I – Fundamentos do poder expropriatório. Desapropriação é o procedimento administrativo pelo qual o Poder Público, fundado em utilidade pública, despoja, compulsória e unilateralmente, alguém de uma propriedade, adquirindo-a, em caráter originário, mediante prévia e justa indenização. Fundamenta a desapropriação, do ponto de vista teórico. A supremacia geral que o Poder Público exerce sobre os bens sitos no âmbito de validade espacial de sua ordem jurídica. No Direito Positivo brasileiro, o instituto se calça, como é notório, no art. 153, § 22, da Carta Constitucional (Emenda 1, de 1969), o qual reza: “É assegurado o direito de propriedade, salvo o caso de desapropriação por necessidade ou utilidade pública ou interesse social, mediante prévia e justa indenização em dinheiro, ressalvado o disposto no art. 16...” E o art. 8º da Lei Magna estatui em seu inciso XVII, f, competir à União: legislar sobre desapropriação. O Decreto-lei n. 3.365, de 21.06.1941, e a Lei n. 4.132, de 10.09.1962, enunciam as hipóteses de utilidade pública e interesse social que abrem ensanchas ao desencadear do poder expropriatório. É perceptível a todas as luzes que a justificação do instituto reside na prevalência do interesse público, o qual, bem por isso – uma vez consubstanciadas as hipóteses de necessidade, utilidade pública ou interesse social –, se afirma sobranceiramente sobre interesses menores, via de regra, privados, que devem, então, ceder passo à primazia do primeiro. É por tal razão – e só por ela – que o instituto se marca precisamente pela compulsoriedade, tão marcante que nulifica a propriedade privada, à revelia do titular, convertendo seu conteúdo na equivalente expressão patrimonial que possua. Com efeito: a prerrogativa expropriatória, como quaisquer outras que assistam ao Poder Público, não lhe são deferidas pela ordem jurídica como homenagem a uma condição soberana, mas como instrumento, como meio ou veículo de satisfação de interesses, estes, sim, qualificados na ordenação normativa como merecedores de especial proteção. De resto, todos os privilégios que adotam o Poder Público não são por ele adquiridos quia nominor leo; muito pelo contrário: assistem-lhe como condição para eficaz realização de interesses que, transcendendo o restrito âmbito da esfera particular, afetam relevantemente a coletividade. É o fato de o Estado personificar o interesse público o que lhe agrega tratamento jurídico diferenciado. Em suma: no Estado de Direito, os Poderes Públicos se justificam e se explicam na medida em que se encontram a serviço de uma função, predispostos à realização de interesses erigidos pelo sistema em valores prevalentes. Eis, pois, como conclusão do indicado, que somente a supremacia de um interesse sobre outro, isto é, o desequilíbrio entre duas ordens de interesses pode autorizar a deflagração da desapropriação, posto que esta se inspira, justamente, na necessidade de fazer preponderar um interesse maior sobre um interesse menor. Não é condição jurídica do sujeito, em si mesmo considerando, mas no nível de interesses a seu cargo que se buscará o aval legitimador do exercício expropriatório. Por mais razoáveis, sensatas, lógicas ou afinadas com os lineamentos do Estado de Direito que sejam as ponderações ora expendidas, não se pretende que a validade das assertivas feitas repouse apenas nesta ordem de razões. Em verdade, propõe-se que elas se encontram nitidamente transfundidas no sistema jurídico-positivo brasileiro e desde o nível constitucional até o plano legal, posto que o art. 153, § 22, retromencionado, expressamente indica como pressuposto inafastável do instituto a necessidade utilidade pública e o interesse social. De igual modo, os já invocados Decreto-lei 3.365 e Lei 4.132 enunciam hipóteses de necessidade, utilidade pública e interesse social, os quais representam as condições para desapropriar. É bem evidente, dispensando maiores digressões, que o artigo constitucional e os textos legais contemplam interesses públicos e utilidades públicas prevalecentes sobre interesses de menor realce, uma vez que se trata de fixar os termos de solução no caso de entrechoques de interesses e de decidir quais deles cederão passo, quais deles serão preteridos, assim, convertidos em expressão patrimonial 0 para que a utilidade preponderante extraia do bem almejado o proveito público maior que nele se encarna. O que pretende realçar é que a própria noção de supremacia geral, deferida pelo sistema normativo às pessoas de Direito Público de capacidade política (União, Estados e Municípios), é autoridade derivada da ordenação jurídica e se esforça na qualificação dos interesses que a eles incumbe prover, de tal sorte que os poderes, os privilégios e as prerrogativas que desfrutam se constituem em um arsenal autoritário fruível, na medida em que instrumenta a finalidade protegida pelo Direito, isto é, a legitimação de seu uso depende do ajustamento aos interesses prestigiados no sistema. É o afinamento da atividade da pessoa aos valores infrassistemáticos do quando normativo que garante a legitimidade de sua expressão e não o reverso, ou seja: a legitimidade do exercício do poder – no Estado de Direito – não resulta meramente de quem o exerce, donde não ser a autoridade do sujeito que qualifica o interesse; pelo contrário: é a idoneidade jurídica do interesse que escora e valida o comportamento da autoridade a que o ordenamento atribuiu o dever-poder de curá-lo. Sendo assim, ao se examinar o instituto da expropriação, cumpre ter presente que os poderes da alçada do expropriante emergem na medida em que estejam a serviço do interesse em vista do qual tais poderes lhe foram irrogados. Neste passo, calham à fiveleta as ponderações de Arturo Lentini: “...la causa di pubblica utilità è la vera energia che mete in moto il fato dell’espropriazione per mezzo del soggetto espropriante. Questa è la raggione per cui la causa de pubblica utilità deve considerarsi come inesistente, qualora per determinarla si sai guardato sotanto ala qualità del soggeto espropriante.” (Le Espropriazioni per Causa di Pubblica Utilità. Milão: Società Editrice Libraria, 1936. p. 54.) Ora, como o instituto expropriatório é figura jurídica destinada a assegurar a compulsória superação de interesses menores por interesses mais amplos, mais relevantes (e que, bem por isso, devem prevalecer), a ablação do direito de propriedade de alguém em proveito do expropriante depende fundamentalmente da supremacia do interesse, isto é, da supremacia da necessidade e da utilidade proclamados sobre interesse que a ordem jurídica haja categorizado em grau subalterno, por escaloná-lo em nível secundário em relação ao outro que pode se impor. Estas considerações óbvias e que parecem por isso mesmo despiciendas quando se tem em mira as hipóteses comuns de desapropriação, nas quais a necessidade ou a utilidade pública se contrapõe ao interesse particular, revelam-se, contudo, fundamentais em matéria de desapropriação de bens públicos. A limpidez cristalina deles e o amparo teórico que as abona em nada se minimizam, mas a excepcionalidade da hipótese pode surtir o risco de lhes embaçar a clareza e lhes enevoar a percepção se não forem, liminarmente, postas em evidência, ao se rememorar os fundamentos do instituto. Pode-se afirmar, pois, como conclusão deste tópico que: “A desapropriação supõe a invocação de interesses e uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e, por isso mesmo, sobrepujáveis pelo expropriante.” II – Bens públicos e sua função. Nem todos os bens pertencentes ao Poder Público acham-se direta e imediatamente afetados à realização de um interesse público, isto é, determinados bens encontram-se prepostos à realização de uma necessidade ou utilidade pública, servindo-a por si mesmos; outros estão afetados a ela de modo instrumental, de maneira que a Administração serve-se deles como um meio ambiente físico, no qual desenvolve atividade pública, ou seja: correspondem a um local onde o serviço desenvolvido não tem correlação indissociável com a natureza do bem, posto que este nada mais representa senão a base especial em que se instala a Administração. Finalmente, outros bens, ainda, embora sejam de propriedade pública, não estão afetados ao desempenho de um serviço ou atividade administrativa. Em virtude da diversa função dos bens em relação à utilidade pública, há variadas classificações deles, inexistindo uniformidade na doutrina e no Direito Positivo dos vários países, quer quanto à categorização das espécies tipológicas que comportam quer no que respeita à inclusão de determinados bens em uma ou outra das diferentes espécies previstas nos esquemas de classificação. O Direito Positivo brasileiro dividiu-os em três tipos, catalogados no art. 66 do CC (LGL\2002\400), a saber: “I – os de uso comum do povo, tais como mares, rios, estradas, ruas e praças; II – os de uso especial, tais como os edifícios ou terrenos aplicados a serviço ou estabelecimento federal, estadual ou municipal; III – os dominicais, isto é, os que constituem o patrimônio da União, dos Estados ou dos Municípios como objeto de direito pessoal ou real de casa uma dessas entidades.” A quaisquer deles, foi outorgada a especial proteção da impenhorabilidade prevista no art. 117 da Carta Constitucional, a inalienabilidade (ou alienabilidade, nos termos que a lei dispuser) contemplada no art. 67 do CC (LGL\2002\400) e a imprescritibilidade, que resulta de serem havidos como res extra commercium, por força do art. 69 do mesmo diploma, além de outros textos especiais que dissiparam dúvidas sobre a imprescritibilidade dos bens dominicais. Certamente existe – partindo-se dos bens dominicais para os de uso comum, tomados como pontos extremos – uma progressiva, crescente, identificação com o interesse público. Os dominicais apenas muito indiretamente beneficiam ou podem beneficiar a utilidade pública; os de uso especial já se apresentam como instrumento para sua efetivação; e os de uso comum se identificam com a própria utilidade por meio deles expressada. Demais disso, como já observaram doutores da maior suposição, se já bens acomodáveis com inquestionável propriedade em uma ou outra categoria, outros existem que parecem tangenciar a fronteira de mais de uma espécie, não se podendo afirmar, de plano, em qual dos lados da fronteira se encontra. Isto se deve ao fato de que sua adscrição ao interesse público é especialmente vinculada, no que parecerem se encontrar no limiar de transposição da categoria dos bens de uso especial para a classe dos de uso comum, tendendo a se agregar a esta, em que é mais sensível o comprometimento do bem com o interesse público. Daí a ponderação do insigne Cirne Lima: “Entre essas duas classes de bens – o autor refere-se aos de uso comum e de uso especial – existem, no entanto, tipos intermediários; forma o conjunto uma gradação quase insensível de tons e matizes. Assim, entre as estradas e as construções ocupadas pelas repartições públicas, figuram as fortalezas que, a rigor, pode dizer-se, participam dos caracteres de umas e outras: são o serviço de defesa nacional, porque são concretização desta em seu setor de ação, e, ao mesmo tempo, estão meramente aplicadas a esse serviço, porque o público não se utiliza deles diretamente.” (Princípios de Direito Administrativo. 4. ed. Porto Alegre: Sulina, 1964. p. 78.) A profunda identificação de certos bens com a satisfação de necessidades públicas levou o eminente Otto Mayer a incluir certas edificações e construções na categoria de bens do domínio público, submetidos, na Alemanha, ao regime de Direito Público em oposição aos demais bens estatais regidos pelo Direito Privado. Por isso, incluiu nesta classe outros bens não arroláveis entre os exemplos mais típicos de coisas públicas. Então, depois de observar que as “estradas, praças, pontes, rios, canais de navegação, portos e a beira-mar constituem os exemplos principais de coisas subordinadas ao Direito Público”, aditou-lhes outras, algumas das quais até mesmo excludentes do uso comum. São suas as seguintes considerações: “Mais il y a des choses publiques donc la particularité consiste dans une exclusion rigoureuse du public. Ce sont les fortifications. Elles représentent donc un troisième groupe. Elles ont le caractère distinctif de représenter directement par elles-mêmes l’ utilité publique. Cette utilité consiste ici dans la défense du territoire nationale.” (Le Droit Administratif Allemand. Paris: V Giard et E. Brière, 1905. t. 3, p. 124.) Finalmente, o autor citado arrola, ainda, entre as coisas de domínio público: “...les grandes digues destinés a contenir les eaux des fleuves ou de la mer; elles participent, en quelque manière, à la nature des fortifications. Nous citerons encore les égouts publics; quad ils font corps avec les rues, ils sont compris dans la dominialitè de ces dernières; mais ils devront être considérés comme choses publiques em eux-mêmes quand ils se separent des rues et suivent leur cours distinctement.” (Op. cit., p. 125-126.) Em suma, o que o autor pretendia demonstrar é que nem sempre o uso comum de todos, ocorrente sobretudo no caso das coisas naturalmente predispostas a tal destinação, revela-se traço bastante discriminar o conjunto de bens mais intimamente vinculado às necessidades públicas e, por isso mesmo, merecedor de um tratamento jurídico peculiar, em nome do resguardo dos interesses coletivos. Compreende-se, então, sua crítica a Wappaus e Ihering, expressada em nota de rodapé, onde afirma: “comme la qualité de chose publique ne peut pas être conteste aux fortifications, ceux de nos auteurs qui maintiennent l’usage de tous comme condition indispensable de l’existence d’ une chose publique se voient obligés de faire des èfforts pour sauver, em ce qui concerne les fortifications toutes au moins, quelques apparences d’un usage de tous. Ainsi Ihering, dans ‘Verm. Schriften’, p. 152, fait allusion à une destination de ce genre em les appelants ‘établissements protecteurs qui profitent non pas à l’État, mais aux individus’. Cela tout d’abord, n’est pas exact; et même si c’était vrai, cela ne donnera pas encore un usage de tous” (Op. cit., p. 125, nota 31.). Efetivamente, também no Direito brasileiro, há certos bens que, tendo em vista a sistematização do Código Civil (LGL\2002\400), se alojariam muito imprópria e desacomodadamente entre os bens de uso especial porque, em rigor, não são apenas edifícios ou terrenos aplicados a um serviço ou estabelecimento em que se desenvolvem atividades públicas. Deveras, há uma profunda e perceptível diferença entre um prédio onde funciona uma repartição burocrática qualquer, ou ainda uma escola, um hospital, uma delegacia de polícia e o complexo de coisas que constituem uma usina geradora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia, ou de tratamento de água, ou uma rede de esgotos, ou o conjunto de captação de água e adutoras. Estes últimos não são apenas sedes, locais de prestação de serviço, porém, muito mais que isto, são bens funcionalmente integrados no próprio serviço, o qual consiste precisamente naquele complexo que o identifica e que proporciona a utilidade pública. Os agentes públicos atuam como operadores ou manipuladores de tais bens. O serviço proporcionado a todos é menos um produto do desempenho pessoal dos funcionários do que uma resultante da utilização inerente ao próprio bem, isto é, os bens em questão fornecem, em razão de seu próprio modo de ser, uma utilidade pública possuída em si mesma, uma vez realizada a obra em que se consubstanciam. Via de regra, são justamente bens que satisfazem não apenas uma utilidade, mas uma autêntica necessidade coletiva. Em nosso Direito, contudo, quer se classifiquem como de uso especial quer se categorizem como de uso comum de todos – na medida em que sua destinação é a utilidade coletiva, fruída por todos –, estão de qualquer modo protegidos pela inalienabilidade, impenhorabilidade e imprescritibilidade. O que se deseja ressaltar, entretanto, é que agora estes efeitos protetores dos bens públicos em geral – inclusive dominicais – outros poderão eventualmente ter suscitados e, em tal caso, dever-se-á atentar para o grau de interligação que o bem possua com a necessidade e a utilidade pública. Com efeito: o só fato do Código Civil (LGL\2002\400) ter procedido a uma classificação dos bens públicos, categorizados em uma escala descrente de interligação com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor público deles e, consequentemente, que o grau de proteção que lhes deve assistir juridicamente está na relação direta do comprometimento de tais bens com a satisfação de necessidades públicas, isto é: se há um regime próprio para os bens públicos, a razão de tal fato procede de neles se encarnar um interesse agraciado com um tratamento peculiar. A defesa de tais bens assume maior relevância em função do grau em que coparticipam do interesse em questão, donde assistir-lhes uma proteção jurídica correspondente; portanto, tanto mais acentuada quanto maior for a adscrição deles à satisfação de necessidades públicas. Isto posto, cabe indicar como conclusão deste tópico: “Nas relações controvertidas incidentes sobre bens públicos, se as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público, quando o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” III – Relacionamento das pessoas públicas de capacidade política. Ao prever tríplice ordem de pessoas jurídicas de capacidade política – União, Estados e Municípios –, o sistema constitucional brasileiro previu, como é natural, uma discriminação de competências, expressada fundamentalmente nos arts. 8º, 13 e 15. Cada qual deve, em convívio harmônico – condição de sua coexistência e, portanto, de atendimento ao modelo constitucionalmente previsto –, prosseguir os objetivos de sua alçada sem penetração, interferência ou sacrifício dos interesses atinentes a outra pessoa de capacidade política. Com efeito: a realização dos objetivos globais resulta da satisfação e do entrosamento dos objetivos parciais de cada qual, circunstância esta que decorre diretamente da própria distribuição de competências. É bem de ver que correspondendo-lhes interesses de diversa amplitude, posto que os dos Municípios são de menor abrangência e os da União os de abrangência maior situando-se os estaduais em escala intermediária, podem ocorrer não apenas zonas tangenciais, mas, inclusive, de fricção e até mesmo de eventual confrontação de interesses. Em casos que tais, a regra a ser extraída do conjunto do sistema, por força, haverá de ser o da prevalência dos interesses de abrangência mais compreensiva, efetivada, contudo, na estrita medida em que a preponderância afirmada seja condição insuprimível da realização das competências prevalentes, previstas no sistema, isto é, sua preponderância só pode ser admitida quando se trate de implementar função que haja sido deferida constitucionalmente. Em rigor, nas hipóteses deste gênero, não há contração da esfera de competência da pessoa responsável por interesses públicos de menor amplitude. O que ocorre é que a própria esfera de competência desta, a priori, tem seu âmbito definido até os limites da compatibilização com os interesses de abrangência maior. O entrechoque ocorrido não é um conflito de interesses juridicamente equivalentes confrontados com igual ponderação no sistema. Um dos interesses – aquele que cede – verga-se precisamente por não mais se poder considerá-lo confinado ao âmbito de expressão própria e impetrável que lhe é pertinente. No entanto, cumpre atentar para o fato de que dita preponderância só é legítima enquanto adstrita aos limites do indispensável, isto é, de maneira a causar o menor ônus possível ao interesse que é subjugado. Toda demasia corresponde a um ultrapassar de fronteiras e, por isso mesmo, a um extravasamento da própria competência em detrimento de competência alheia. Em face do exposto, pretende-se que, do ponto de vista da lógica da ordenação jurídica, inexistem conflitos reais de direitos. Este são logicamente impossíveis. Podem ocorrer, isto sim, conflitos de interesses resolvidos sempre pelo declínio daquele que não estiver esforçado em proteção jurídica vigorante na hipótese conflitiva. Assim como o Direito é um todo harmônico, a harmonia das pessoas jurídicas de capacidade política é um princípio cardeal de nosso sistema constitucional. Tendo-se em conta que todas elas são, por força da Lei Maior, titulares de interesses públicos, seu equilibrado entrosamento e pacífico convívio é valor preservável por todos os títulos e condição insuprimível da realização do interesse público globalmente considerado. Os legisladores da Carta Magna brasileira, tal como vem sucedendo ao longo de nossa tradição jurídica, estiveram atentos para a reiteração deste princípio. Assim, o art. 9º do texto constitucional expressamente consagra um princípio de recíproco respeito e coexistência harmônica ao dispor: “À União, Estados e Municípios é verdade: I – criar distinções entre brasileiros ou preferências em favor de uma dessas pessoas de Direito Público interno contra outra;...” O art. 19 veda à União, aos Estados e aos Municípios, no inciso II, a: “instituir imposto sobre o patrimônio, a renda ou os serviços uns dos outros.” O art. 20 estabelece: “É vedado: I – à União instituir tributo que não seja uniforme em todo o território nacional ou implique distinção ou preferência em relação a qualquer Estado ou Município em prejuízo de outro; [...]; III – aos Estados, ao Distrito Federal e aos Municípios estabelecer diferença tributária entre bens de qualquer natureza, em razão de sua procedência ou destino.” Os dispositivos indicados ressaltam o propósito constitucional de prevenir conflito entre as pessoas de capacidade política e assegurar em suas recíprocas relações um convívio harmonioso e equilibrado. Mesmo à falta dos artigos em questão, é óbvio que o princípio da harmonia entre elas teria por força que ser considerado uma inerência do ordenamento constitucional, na medida em que todas são partes de um sistema e previstas na Lei Maior como segmentos de um conjunto total. O pacífico convívio recíproco é uma exigência racional para compatibilização de suas funções e conjugação de suas atividades parciais na unidade do Estado federal brasileiro. Contudo, os dispositivos invocados realçam e explicitam a consagração deste equilíbrio nas matérias versadas, sem prejuízo da aplicabilidade ampla e irrestrita do princípio em causa. Importa assinalar que, nos respectivos níveis, isto é, Estados perante Estados e Municípios reciprocamente considerados, estão juridicamente colocados em equilíbrio perfeito, em igualdade completa. Há, por força de todo o considerado, um integral nivelamento jurídico entre eles. De conseguinte, as prerrogativas públicas que lhes assistem em relação aos administrados não podem, em princípio, ser reciprocamente opostas, dado o absoluto em que o Direito os coloca. Para que proceda tal invocação, cumpre que o interesse afetado pela pretensão não se relacione diretamente com a atividade pública da pessoa contra a qual é invocada. Se assim não fora, ter-se-ia que admitir, ilogicamente, que um interesse público – como tal consagrado no sistema normativo – poderia ser perturbado ou sacrificado desde que o autor do dano ao valor prestigiado fosse outra pessoa pública de capacidade política. Tal conclusão sobre ser transparentemente sem sentido e desapoiada por qualquer regra de Direito implicaria, ainda, a implícita proclamação de efeitos ablatórios de dois princípios já encarecidos: o da convivência harmônica dos interesses públicos das diversas pessoas políticas, resultante da discriminação constitucional de competências, e a do equilíbrio dos interesses das pessoas públicas do mesmo nível (Estados perante Estado e Municípios perante Municípios). Em face dos enunciados anteriores, resulta como conclusão deste tópico: “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional uma não pode opor à outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” IV – Ao lume das considerações e conclusões dos tópicos anteriores, versemos, agora, o caso concreto sub consulta, conjugando os pontos já afirmados em exame teórico mais amplo com os dispositivos proximamente ligados ao tema, isto é, os previstos no Decreto-lei 3.365, de 21.06.3941, que mais diretamente estejam relacionados com o problema em causa. O art. 2º do referido diploma estatui: “Mediante declaração de utilidade pública, todos os bens poderão ser desapropriados, pela União, pelos Estado, Municípios, Distrito Federal e Territórios.” Já o § 2º do mesmo artigo cogita especificamente da desapropriação de bens públicos, ao estabelecer: “Os bens do domínio dos Estados, Municípios, Distrito Federal e Territórios poderão ser desapropriados pela União, e os dos Municípios pelos Estados, mas, em qualquer caso, ao ato deverá preceder autorização legislativa.” Como se vê, foi estabelecida uma gradação no exercício do poder expropriatório, donde se haverá de deduzir que, implicitamente, é vedado o exercício de poder expropriatório em sentido inverso ao previsto. Para solver a dúvida, hipoteticamente, são concebíveis, desde logo, duas soluções extremas e opostas, isto é, uma que admitisse irrestritamente o exercício de desapropriação, em casos que tais, e outra que o rejeitasse radicalmente. Em abono da primeira, poder-se-ia carrear a seguinte argumentação: Dispondo o art. 2º da lei expropriatória, em seu caput, que todos os bens são suscetíveis de desapropriação, ressalvado o óbice decorrente do § 2º do artigo – o qual obsta desapropriação em sentido contrário ao escalonamento previsto –, estaria genericamente franqueado às entidades públicas ali relacionadas o exercício do poder expropriatório. Em face disto, Estados poderiam desapropriar bens estaduais e Municípios bens municipais, sendo conatural a eles o exercício de todos os poderes dentro de seus territórios. A segunda interpretação, oposta à anterior, estribar-se-ia- em que o art. 2º, caput, enunciou a regra relativa aos bens em geral, havendo, contudo, regra específica no concernente aos bens públicos: exatamente a do § 2º do mesmo dispositivo. Donde, fora das hipóteses neste previstas, nenhuma desapropriação de bem público seria tolerável, isto é, havendo o citado § 2º do art. 2º indicado quem poderia desapropriar o que em matéria de bens públicos, não existiria arrimo jurídico para exercê-la além dos casos contemplados, donde constituir-se em infringência a ela o exercício da desapropriação à margem de sua enunciação. E, ainda mais: a primeira interpretação levaria a admitir posições definitivamente inconciliáveis com a própria racionalidade do sistema jurídico. Isto porque presumiria a existência de uma supremacia entre pessoas do mesmo nível constitucional quando, em rigor, faltaria qualquer calço para o exercício de poderes de autoridade de umas sobre outras, dado o nivelamento jurídico de ambos. Sobre mais – o que é especialmente grave –, dita interpretação desconheceria o princípio do entrosamento harmônico das pessoas em causa, estabelecendo conflitos entre elas, o que, justamente, é indesejado pelo próprio sistema constitucional, atento em prevenir desentendimentos e preordenado a fixar nivelamento e harmonia entre elas. Finalmente, incidiria no equívoco de desconhecer que conflitos desta ordem, só por si, deslocam o âmbito de interesses contrapostos; isto é, estes deixariam de ser problemas estritamente municipais ou estaduais para se converterem em problemas intermunicipais ou interestaduais, donde serem solúveis, apenas, em nível supra municipal e supra estadual, ou seja: por se haver transcendido o âmbito restrito de interesses de cada pessoa, na medida em que é gerado contraste de interesse de duas pessoas públicas diversas, coloca-se ipso facto em jogo problema que desborda os interesses puramente interiores de cada área. Diante disto, só Estados, onde se compõem e integram os interesses intermunicipais, e União, onde se integram interesses interestaduais, poderiam promover-lhes a integração, solvendo o contraste de interesses. Em suma, a primeira linha interpretativa incorreria nos seguintes equívocos: a) atribuir ao caput do art. 2º uma abrangência e significação totalmente estranha a seus propósitos, dado que sem objetivo manifesto teria sido o de indicar a possibilidade de expropriar bens móveis, imóveis, fungíveis, infungíveis e direitos, isto é, teria se preordenado a fixar a amplitude dos objetos expropriáveis pelas pessoas referidas. A distinção entre bens públicos e bens particulares não estaria em causa, por se tratar de discrímen estabelecido em função de seus proprietários e não do próprio objeto – este sim cogitado na cabeça do dispositivo; b) ignorar que o tratamento da expropriabilidade dos bens públicos foi objeto de regra específica (a do § 2º), donde ser inassimilável sua situação à dos demais bens cogitados no caput do artigo. Daí a impossibilidade de ser exercida fora da enunciação ali prevista; c) presumir a existência da possibilidade do exercício de poderes de supremacia por uma pessoa pública sobre outra do mesmo nível constitucional, para o que inexistiria qualquer base jurídica, havendo, pelo contrário, princípio constitucional em sentido oposto; d) adotar critério interpretativo afrontoso ao princípio constitucional da harmonia das pessoas políticas, por propugnar solução que levaria à confrontação jurídica direta destas pessoas; e) desconhecer que o contraste de interesses entre Municípios é problema intermunicipal – e, por conseguinte, a ser solúvel em nível estadual – e que a oposição de interesses entre Estados é problema supra estadual e, por isso, resolúvel em nível federal, ou seja: só Estados e União, respectivamente, poderiam declarar a utilidade pública de tais bens quando conflitantes os interesses de pessoas que lhes sejam inferiores. Certamente, a primeira solução proposta defronta obstáculos jurídicos insuperáveis, pois os argumentos que lhe são opostos evidenciam a inadmissibilidade de um irrestrito poder expropriatório de Estados sobre bens de outro Estado e de Municípios sobre bens de outros Municípios, sitos nos territórios dos eventuais expropriantes. Com efeito, incorre em críticas irrespondíveis que infirmam sua frágil sustentação. Trata-se de solução simplista, baseada em interpretação literal até certo ponto ingênua e que, sem dúvida, afronta princípios constitucionais por ignorá-los, fazendo tabula rasa de sua existência e irrefragável supremacia, esquecida de que todo labor interpretativo deve ser comandado pela acomodação a normas superiores. A segunda solução, conquanto bem mais e com esteios fincados no Direito Constitucional – matriz do instituto da desapropriação – peca pelo radicalismo, indo mais além do que o necessário para preservar os valores que encontra insculpidos na ordenação constitucional, ao negar radicalmente qualquer possibilidade expropriatória nas hipóteses sub examine. A procedência de seus argumentos descansa em um pressuposto subjacente, dado como implícito em todos os casos, a saber: que os interesses suscetíveis de serem afetados pela eventual atividade expropriatória sejam sempre ligados diretamente à satisfação de uma necessidade pública da pessoa contra a qual se levantasse a espada da desapropriação, isto é, supõe que, em qualquer hipótese, a ameaça se propõe contra um interesse público pertinente ao eventual sujeito passivo. Entendemos que a correta resolução do problema só pode ser alcançada a partir das conclusões enunciadas ao cabo do exame dos tópicos anteriores. Ditas conclusões são, a nosso ver, as premissas, para o adequado equacionamento da questão. A partir delas, poder-se-á existir a conclusão final, o deslinde do problema em foco. Recordemo-las: “A desapropriação supõe a invocação de interesse uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e por isso mesmo sobrepujáveis pelo expropriante.” “Nas relações contravertidas, incidentes sobre bens públicos, quando as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público sempre que o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional, uma não pode opor a outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” As conclusões em apreço foram devidamente justificadas nos tópicos anteriores. Façamos, pois, sua aplicação ao problema da desapropriação recíproca de bens, entre Estados e entre Municípios. Efetivamente, é intolerável o exercício da desapropriação de bem estadual por outro Estado ou bem Municipal por outro Município quando os interesses postos em entrechoque são ambos interesses públicos. Em razão do equilíbrio jurídico deles, o pretendido expropriante não tem em seu favor a maior abrangência ou relevância de interesse que o torne sobrepujante, para servir-lhe de causa do ato expropriatório. Como o instituto da desapropriação se calça precisamente na desigualdade dos interesses confrontados, à falta dela, falece o próprio suporte do instituto. Ora, se a satisfação de necessidades públicas de um Município (ou de um Estado) é juridicamente tão valiosa quanto a satisfação de necessidades públicas de outro Município (ou de outro Estado), nenhum pode invocar em seu favor utilidade ou necessidade com força preponderante, suscetível de sobrepujar coativamente, por via expropriatória, o interesse de outro. Reversamente, se o bem atingido não estiver preposto à satisfação de uma necessidade pública, por força não se põe em causa o nivelamento de interesses, pois, em tal hipótese, ocorrerá a confrontação de um interesse público primário com interesse meramente patrimonial de outra pessoa. Neste caso, não comparecerá o óbice mencionado, franqueando-se o exercício do poder expropriatório. Outrossim, se o bem público a ser atingido está adscrito à satisfação de uma necessidade pública atual, isto é, comprometido com a realização de um interesse relevante da coletividade, tal como sucede com os bens públicos prepostos aos níveis de mais intensa vinculação ao implemento de fins públicos – dentro do que sugere a classificação do Código Civil (LGL\2002\400) –, evidentemente a proteção que o resguardo haverá de prevalecer contra a pretensão expropriatória de pessoa que persegue interesses dos mesmo nível. Isto porque a proteção a tais bens significa, em última análise, conforme aliás se depreende da própria sistematização deles, proteção aos fins a que se destinam. O que a ordem jurídica consagra, por via do regime especial a que se submetem, é a rigorosa defesa dos interesses que por meio deles se viabilizam. Donde descaber elisão da disciplina que os ampara sempre que esta signifique comprometimento de mencionados interesses ou interferência neles. Prepondera o regime protetor se a contraposição de interesses se sedia no mesmo escalão jurídico. Diversamente, se a pretensão incide sobre bem público não afetado à satisfação direta de uma necessidade ou utilidade pública – como ocorre no caso extremo dos bens dominicais, possuídos à moda de qualquer prioritário, como simples patrimônio de uma pessoa pública –, não mais comparece razão para se obstar uma satisfação pública do eventual expropriante. Esta não teria por que paralisar-se em face de um interesse secundário (conforme terminologia de Carnelutti) de outra pessoa pública. Em tal caso, deixaria de existir o nivelamento jurídico de interesses, por causa do caráter meramente patrimonial ou puramente incidental da propriedade, por isso mesmo, conversível em outra sem dano ou prejuízo algum para os interesses específicos da pessoa pública atingida. Finalmente, é inadmissível, em face do equilíbrio e da harmonia das pessoas sediadas no mesmo nível constitucional, que uma invoque prerrogativa de autoridade, supremacia sobre outra, para afetar interesse da mesma qualidade, da mesma gradação de igual qualificação jurídica. Só há supremacia quando a esfera jurídica de alguém incorpore valores a que o Direito atribuiu qualificação prioritária. Em face disto, não há como irrogar-se o exercício de poder expropriatório em hipóteses deste jaez. Pelo contrário, se as pessoas se apresentam em plano desnivelado, isto é, uma, enquanto responsável pela condução de suas específicas finalidades públicas, e outra alheia à posição de realizadora de seus interesses próprios ou como titular de bem cujo sacrifício não envolve interferência naqueles interesses prioritários, desaparece o equilíbrio jurídico de ambas, liberando a força expropriatória de quem, então sim, contrapõe interesses prevalentes e, por isso mesmo, justificadores de uma supremacia. Efetivamente, o princípio da harmonia entre as pessoas do mesmo nível constitucional, o entrosamento pacífico delas, o equilíbrio de interesses recíprocos, estão ligados indissoluvelmente à posição destas pessoas no sistema. Existe, por certo. É inquestionavelmente correta sua afirmação. Cumpre, todavia, entendê-los em sua significação precisa. Justamente por estarem ligados à qualidade dos sujeitos, têm presença quando tais sujeitos se encontram se manifestando como tal, isto é, como titulares dos interesses públicos, portanto, na qualidade que lhes é própria. Daí que não se põe o problema de conflito indesejado, de desarmonia, de desnível, sempre que estas pessoas comparecem desligadas de sua missão natural. Em tais situações, por faltar o substrato dignificador de sua posição jurídica, desvanece a proteção jurídica peculiar que lhes é própria. Inversamente, sempre que estejam postos em causa interesses correspondentes à sua função, assiste-lhes o integral resguardo que o sistema constitucional e legal lhes defere. Por isso, só há, em rigor, problema interestadual ou intermunicipal conflitivo, quando interesses públicos de ambos se entrechoquem. Como indubitavelmente interesses desta natureza podem muitas vezes se projetar além do território de cada qual, ocorre que as soluções dos eventuais conflitos dependem da interferência das pessoas políticas em cujo âmbito se compõem os interesses respectivos das partes em oposição Firmados todos os pontos que nos parecem relevantes para a solução do caso sub consulta, seu deslinde apresenta-se simples e natural, como fruto espontâneo da aplicação dos princípios assinalados e critérios deles deduzidos. A Prefeitura Municipal de Vinhedo propõe-se a desapropriar um bem público municipal de Valinhos, antigamente denominado Adutora de Rocinha e atualmente nomeado Adutora João Antunes dos Santos, parcialmente situado no Município de Vinhedo. Trata-se de um complexo abrangente das instalações, dutos, edificações auxiliares e área circunjacente, compreensiva das matas protetoras dos mananciais contra contaminação, poluição e redução da vazão. Insere-se, pois, no sistema de captação e derivação de água para o Município de Valinhos, sistema este que, em seu conjunto, está parcialmente em outro, conforme a exposição que precede a consulta e os documentos a ela anexados. Pondo de parte outros vícios de que padece o ato em questão — e mais além referidos — a pretensão expropriatória ressente-se de defeito insanável. O Município de Vinhedo não pode desapropriar o bem em questão, visto se tratar de coisa pública imediatamente adscrita à satisfação de uma utilidade e até, mais que isso, de uma necessidade pública de Valinhos: o abastecimento de água. Corresponde a uma investida contra interesse público – e fundamental – de outro Município. A lei expropriatória não dá ao pretendido expropriante assistência para o exercício dos poderes que deseja deflagrar, visto que seu ato põe em xeque interesse público de outra entidade política do mesmo nível, sobre a qual, em consequência, não dispõe de supremacia, dado o equilíbrio jurídico dos interesses confrontados, circunstância que, de um lado, gera conflito intermunicipal, solúvel apenas no âmbito no âmbito estadual, e, de outro, conduz à violação do convívio harmônico e pacífico das pessoas políticas, requerido pelo sistema constitucional. Os óbices à desapropriação resultam tanto da ofensa aos princípios constitucionais preservadores da harmonia e da posição nivelada das pessoas políticas responsáveis por interesses da mesma gradação quanto da ausência de assentamento legal para o ato, vez que o Decreto-lei 3.365 faculta aos Municípios desapropriar bens sobre os quais possam manifestar supremacia. O silêncio do Decreto-lei 3.365 sobre desapropriação de bens municipais por outro Município (e bens estaduais por outro Estado) não pode ser interpretado como implícita autorização irrestrita, pretensamente deduzível do caput do art. 2º. Antes, deste só poderá decorrer a permissibilidade expropriatória — conatural ao exercício de supremacia no próprio território — nas situações parificáveis ou análogas àquelas em que tal poder se desencadeia contra os particulares; ou seja: quando se confrontam interesses de natureza diversa, de qualidade distinta. Nunca quando se opõem interesses juridicamente qualificados em posição isonômica no sistema normativo. Finalmente, o ato em questão tem visíveis ressaibos de uma guerra entre Municípios, de uma batalha inglória, desapoiada no interesse público, único que pode legitimamente desencadear ação governamental. Vicia-se, pois, ainda, por esta segunda invalidade, já que nos termos da exposição que precede a consulta o Município de Vinhedo se abastece de água em outra fonte, as águas do Rio Capivari, bombeadas apenas uma vez por semana, o que demonstra a desnecessidade de interferir com as vias de abastecimento de Valinhos, indispensáveis à população deste último Município. Eis, pois, que o ato em apreço, sobre não ter causa jurídica válida, ainda afronta, pela guerra que se propõe a fazer a um Município vizinho, o princípio constitucional que reclama imperativamente a convivência harmoniosa das pessoas políticas. Além dos mais, a ausência de menção, na declaração de utilidade pública, da finalidade da expropriação, sobre invalidá-la pela inexistência de um requisito essencial, reforça os indícios de que se trata de procedimento inquinado de desvio de poder, cujo propósito, mais do que dissimulado, foi inclusive omitido. Com efeito, já em outra oportunidade deixamos escrito: “Da declaração de utilidade pública devem constar: a) manifestação pública da vontade de submeter o bem à força expropriatória; b) fundamento legal em que se embasa o poder expropriante; c) destinação específica a ser dada ao bem; d) identificação do bem ser expropriado.” (Apontamentos sobre a desapropriação no Direito brasileiro. In: RDA 111/517-518) As exigências mencionadas, ausentes no ato da Municipalidade de Vinhedo, são indispensáveis, pois a desapropriação funda-se em hipóteses legais definidas pela legislação federal como configuradoras dos casos de utilidade pública ou interesse social. Fora delas, descabe o exercício do poder expropriatório. Logo, para que se saiba se há, ou não, arrimo jurídico para desencadeá-lo, é mister indicar o assento normativo do ato. Oliveira Franco Sobrinho, o ilustre catedrático de Direito Administrativo da Universidade Federal do Paraná, expende ao propósito considerações corretíssimas: “...a lei silencia sobre os termos da declaração de utilidade. Mas nada era preciso dizer, pois está subentendido que a qualificação do objeto se deve enquadrar nas espécies – casos apontados no art. 5º “...A própria lei que autoriza cada operação expropriatória deve não só obedecer aos padrões constitucionais, como à legislação pertinente à matéria. Assim, a lei que autorize o exercício da desapropriação deve obedecer à lei nacional reguladora do instituto “...Efetivamente, pelo seu fundamento político, jurídico, teórico e normativo, na declaração se devem conter os requisitos e as condições que a autorizam.” (Desapropriação. São Paulo: Saraiva, 1973. p. 231) Também Hely Lopes Meirelles registra que: “O ato expropriatório não contém qual norma; contém unicamente a individualização do bem a ser transferido para o domínio do expropriante e a indicação do motivo da desapropriação” (Direito Administrativo Brasileiro. 2. ed. São Paulo: RT, 1966. p. 499). Com efeito, como a desapropriação só se legitima quando arrimada nas hipóteses legais, a declaração, que é seu ato inicial indispensável, sequer adquire consistência jurídica se não enuncia em que hipótese se estriba. Esta é condição óbvia para se verificar quer a existência de um amparo normativo em tese quer um grau mínimo (isto é, de subsistência lógica, de admissibilidade racional) de legítimo interesse sobre o bem, que sirva de motivo idôneo para pretendê-lo. Caso se desprezassem tais requisitos, a lei federal não precisaria indicar quando seria cabível a desapropriação. Outrossim, se não se der aos casos enunciados na lei uma significação mínima, isto é, um conteúdo qualquer correlacionável com as realidades concretas em que se aplicam, a enunciação legal também não significaria coisa alguma, podendo servir como mero pretexto para o expropriante. Seria, rigorosamente falando, um cheque em branco utilizável ao sabor do expropriante liberado de qualquer compromisso com o interesse público. Por derradeiro, seja dito que a circunstância do ato da Municipalidade de Vinhedo provir de seu Legislativo não lhe confere qualificação peculiar que purgue seus vícios ou a exima de contraste judicial, pois, como anota o preclaro Seabra Fagundes, a propósito da matéria: “Observe-se que, não obstante a intervenção do Poder Legislativo, a declaração é sempre um ato de natureza administrativa, por isso que se limita a definir uma situação individual. A intervenção do Legislativo não lhe dá o caráter de lei. Ele intervém aí no desempenho atribuição de conteúdo puramente administrativo” (Da Desapropriação no Direito Brasileiro. Rio de Janeiro: Freitas Bastos, 1942. p. 66.). No mesmo sentido, Hely Lopes Meirelles: “A lei que declara a utilidade pública de um bem não é normativa é essencialmente dispositiva e de caráter individual. É lei de efeito concreto equiparável ao ato administrativo, razão pela qual pode ser atacada e invalidada pelo Judiciário, desde a sua promulgação e independentemente de qualquer atividade de execução, porque ela já traz em si as consequências administrativas do decreto expropriatório.” ([sic] Op. cit., p. 499) Isto tudo posto e considerado – e ainda que prescindidos os vícios postremeiramente enumerados –, à consulta não hesitamos em responder: O Município de Vinhedo não pode desapropriar a Adutora Municipal João Rodrigues dos Santos, pena de ofensa às normas legais que regem o instituto e aos princípios constitucionais que informam a possibilidade do exercício de poder expropriatório. É o nosso parecer.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
33

Giovacchini, Pietro. "Gli uccelli del Parco Regionale della Maremma e aree limitrofe (Grosseto, Toscana, Italia)." Rivista Italiana di Ornitologia, November 4, 2019, 7–99. http://dx.doi.org/10.4081/rio.2019.431.

Full text
Abstract:
Il Parco Regionale della Maremma è una area protetta di 8902 ha nel settore costiero centrale della provincia di Grosseto, Toscana meridionale. Gli habitat che rappresentano l’area protetta possono essere così brevemente descritti: foce del fiume Ombrone e zone umide della Palude della Trappola; Monti dell’Uccellina (cima più elevata: Poggio Lecci, 417 m s.l.m.); un ampio comprensorio interno e pianeggiante dove coesistono attività zootecniche e coltivazioni agricole. Lo sviluppo costiero raggiunge i 25 km circa. Sono presenti 6 Siti della Rete Natura 2000 classificati come ZSC − Zona Speciale di Conservazione − secondo la Direttiva “Habitat” 92/43/ CE e/o come ZPS − Zona di Protezione Speciale − secondo la Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE. La maggior parte dell’area presenta una scarsa rete viaria e limitati insediamenti umani con copertura boschiva in larga parte dovuta a formazioni vegetali sclerofilliche mediterranee. In questo lavoro viene presentato un elenco commentato degli uccelli noti per l’area protetta a partire dalla sua istituzione avvenuta il 05/06/1975 sino al 31/12/2018. In totale, le specie di Uccelli rilevate sono 295 (62,1% delle specie della Toscana ed il 52,5% delle specie note in Italia), mentre le specie nidificanti certe o probabili in tempi recenti (2008-2018) sono 84. Le specie di interesse comunitario presenti nell’Allegato I della Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE sono 88, mentre quelle classificate come SPEC 1-3 “Species of European Conservation Concern” sono 33. L’area, con le zone umide “Bocca d’Ombrone” e “La Trappola” comprese nella Macrozona “Maremma Grossetana”, ricade all’interno della qualifica di sito di importanza internazionale per lo svernamento di Anser anser e Mareca penelope; inoltre è sito di importanza nazionale per Mareca strepera, Anas crecca, Anas acuta, Spatula clypeata, Ardea alba, Platalea leucorodia, Phoenicopterus roseus, Recurvirostra avosetta, Pluvialis apricaria, Calidris alpina, Vanellus vanellus, Gallinago gallinago, Numenius arquata, Tringa erythropus e Tringa totanus. L’area protetta è di importanza per specie nidificanti in Direttiva 2009/147/CE legate agli specchi lacustri costieri e agli spazi marini, ad incolti, pascoli, così come a zone con vegetazione arborea e arbustiva sparsa su affioramenti rocciosi, margini di boschi, ambienti parzialmente allagati ed ai litorali sabbiosi, quali ad esempio, con dati minimi, Pandion haliaetus (1 coppia), Burhinus oedicnemus (7-8 coppie), Charadrius alexandrinus (1 coppia), Caprimulgus europaeus (25 coppie), Coracias garrulus (13-15 coppie), Lanius collurio (1-5 coppie), Lullula arborea (10 coppie) e Anthus campestris (6-7 coppie). Dal 2015 si segnala il consolidamento della nidificazione di Ardea cinerea, rilevandone per la prima volta la riproduzione come garzaia.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
34

Macêdo, Karen Vanderlei. "Diritto alla salute: La legalizzazione della concessione di medicinali ad alto costo." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 10, 2020, 05–16. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/diritto-alla-salute.

Full text
Abstract:
Oggetto di analisi di questo articolo è l’intreccio tra il diritto alla salute in Brasile e l’attivazione della Corte Suprema Federale (STF) come garanzia di efficacia pratica, la legalizzazione della politica, in particolare, la concessione di farmaci ad alto costo. In vista del diritto alla salute in Brasile si scontrano due Principi, la riserva del possibile e il minimo esistenziale, che richiede, secondo Barroso (2009), una considerazione da parte dell’interprete della legge sulla ragionevolezza dei casi concreti. Al fine di verificare, in tema di diritto alla salute, abbiamo analizzato alcune Sentenze STF in materia, che appaiono sul suo sito web. Notiamo che c’è una preponderanza della riserva del possibile nelle decisioni della STF a scapito del minimo esistenziale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
35

Hotimah, Desna Roswaty, and Mohamad Hamdani. "Implementasi Paket AoIP Dengan Protokol Ethernet Untuk Meningkatkan Kapasitas Transmisi GSM." Sainstech: Jurnal Penelitian dan Pengkajian Sains dan Teknologi 25, no. 2 (February 8, 2018). http://dx.doi.org/10.37277/stch.v25i2.89.

Full text
Abstract:
Abstrak---Pada makalah ini dibahas tentang implementasi system transport Packet Abis over IP denganProtokol Ethernet,untuk meningkatkan kapasitas transmisi pada jaringan GSM serta pengaruhnya terhadappeningkatan kualitas jaringan GSM. Implementasi system transport Packet Abis over IP dengan ProtokolEthernet ini dilakukan untuk mengatasi keterbatasan kapasitas transmisi pada system transport Legacy Abisyang menerapkan sistem pengkanalan dengan satuan E1. Metode implementasi Packet Abis over IPdenganProtokol Ethernet pada GSM dilakukan melalui proses migrasi dari sistem transport yang sebelumnyamenggunakan Legacy Abis menjadi Packet Abis over IP dengan Protokol Ethernet. Setelah dilakukanimplementasi system transport Packet Abis over IP dengan Protokol Ethernet pada ketiga site target yangberada di area Jawa Timur, terjadi peningkatan kapasitas transmisiyang sebelumnya 2048 Kbps menjadi 3000Kbps. Selain itu kualitas jaringan GSM meningkat pula, hal terlihat dengan terjadinya throughput improvementsebesar 24.75% pada site 630274_STIKRIAN, 35.4% pada site 630237_STORAMBE dan 32.64% pada site630439_KRAMATJEGU.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
36

Antonioni, Manuela, and Massimiliano Cesare Fornari. "Evolution of the concept of abuse of means of correction and discipline - L’evoluzione della nozione di abuso dei mezzi di correzione o disciplina - Evolución del concepto de abuso de los medios de corrección y disciplina." Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, February 23, 2020. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.231.

Full text
Abstract:
The crime of abuse of means of correction and discipline connotes punishment pipeline generally lawful, such as those relating to the use of the means of correction and discipline against a subject about which you have any disciplinary power, but that present an excess sufficient to overcome the rehabilitative purpose inherent in the aforementioned means alone which involves the legality of their forecast without falling in the application of an offense under Article. 571 penal code, modified never in literal text. Historically the interpretation of the scope of such incriminating case was not easy, as it has suffered more than other rules of the evolution of social customs, family and more generally cultural, which definitely has inevitably impacted on the scale of the notion abuse. The jurisprudence of the Supreme Court, such as about who has promptly implemented the guidelines, has greatly expanded the area of the illegality of the means of correction and discipline, reaching now to encompass any form of violence also moral or psychological, which It is therefore totally banned from the range of application of the provision and the use of means not only illegal but also whether former lawful when modified the underlying disciplinary order, which so discriminate more behaviors that the active subject holds despite a rehabilitative purpose actually, as it was considered by the jurisprudence dating. RiassuntoIl reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina connota la punizione di condotte in generale lecite, quali quelle relative all’utilizzo dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti di un soggetto riguardo al quale si disponga di un potere disciplinare qualsiasi, ma che presentino un eccesso tale da superare la finalità rieducativa insita nei predetti mezzi la sola quale comporta la liceità della loro previsione senza scadere nell’applicazione della figura di reato prevista dall’art. 571 codice penale, mai novellata nel testo letterale. Storicamente l’interpretazione della portata di tale fattispecie incriminatrice non è stata agevole, in quanto ha risentito più di altre norme dell’evoluzione del costume sociale, familiare e più in generale culturale, la quale ha senz’altro inciso inevitabilmente sull’ampiezza della nozione di abuso. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, come quella di merito che ne ha prontamente recepito gli orientamenti, ha allargato notevolmente l’area della illiceità dei mezzi di correzione e disciplina, pervenendo ormai a ricomprendervi qualsiasi forma di violenza anche morale o psicologica, la quale risulta pertanto bandita totalmente dal novero dell’applicazione della disposizione in esame, nonché l’utilizzo di mezzi non solo illeciti ex se ma anche leciti allorquando trasmodino il fine disciplinare sotteso, che quindi non scrimina più quei comportamenti che il soggetto attivo tiene pur in presenza di uno scopo effettivamente rieducativo, così come si riteneva da parte della giurisprudenza più risalente. Resumen El delito de abuso de los medios de corrección y disciplina connota una línea de castigo generalmente legal, como los relacionados con el uso de los medios de corrección y disciplina contra un sujeto sobre el cual tiene algún poder disciplinario, pero que presentan un exceso suficiente para superar el propósito de rehabilitación inherente a los medios mencionados anteriormente implica la legalidad de su pronóstico sin caer en la aplicación de un delito en virtud del artículo. 571 código penal, modificado nunca en texto literal. Históricamente, la interpretación del alcance de este caso incriminatorio no fue fácil, ya que ha sufrido más que otras reglas de la evolución de las costumbres sociales, familiares y, en general, culturales, lo que definitivamente ha impactado inevitablemente en la escala del abuso de la noción. La jurisprudencia de la Corte Suprema, como sobre quién ha implementado las pautas rápidamente, ha expandido en gran medida el área de la ilegalidad de los medios de corrección y disciplina, llegando ahora a abarcar cualquier forma de violencia también moral o psicológica, que es por lo tanto totalmente prohibido del rango de aplicación de la disposición y el uso de medios no solo ilegales, sino también si eran legales cuando se modificaba la orden disciplinaria subyacente, lo que discrimina más comportamientos que el sujeto activo tiene a pesar de un propósito de rehabilitación en realidad, ya que se consideró por la datación jurisprudencial.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
37

Montaldi, Massimo. "Anthropology applied to the analysis of social deviances and the effects of uprooting on individual trans-generational behavior / Antropologia applicata all’analisi delle devianze sociali e gli effetti dello sradicamento sul comportamento individuale trans generazionale / Antropología aplicada al análisis de las desviaciones sociales y de los efectos del desarraigo en el comportamiento transgeneracional individual." Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, October 8, 2019. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.64.

Full text
Abstract:
This article aims to clarify some points of view and aspects on the relationship between multiculturalism and migration, and the relationship between minor and major normative jurisprudences, against the dynamic background of historical and anthropological processes, in a criminological perspective, and using some theories that argue why the phenomena of deviance are associated with intercultural and ethnic contexts. The interaction between outgroup and ingroup, while modern societies are engaged in solving problems related to the management and control of regulatory deviance, seems to bring out spaces to think, thanks to the onset of the ethnographic method in criminological studies. Criminology and ethnography can therefore profitably experiment with a scientific relationship, in the light of the sociology of deviance. New concepts invite to formulate a different approach, less constrained by specializations, but tending to obtain a result of a balanced scientific exchange full of perspectives. In this way, some of the reasons behind the deviant behavior among minorities will appear clearer. It can be argued, for example, that concepts of proximal and distal stress expand the translations of the problem. The cessation of the social bond, the semantic differences between landless and native minorities, seem to have a role in the dynamics of deviance, psychopathology, and crime. The sub-cultural community, the training and educational conditions are all recurrent themes, but they often assume an unexpected value in the eternal struggle for space. The class struggle and the reasons behind the enormous amount of laws appear to be the result of contrasting relationships between majorities and minorities. The problem of cultural deviances does not always seem clear and complete, if interpreted by the individual sciences, they easily run into scientific reductionism and redundancy. Stitching together edges that tend to remain far away could be possible only provided that the different perspectives can be connected, and that the tool of comparative ethnography is regarded as a fruitful link with criminology. Semantics is enriched with concepts, such as the syndrome of socio-cultural adoption, probes the implications of the cultural bond that redefines the existential plots of the condition of the migrant in modernity. The disruptive effects of the stress of minorities, or the disbelief of minorities towards the normative majority, are only some of the concepts with which I have tried to represent the motivations that are at the base of a basic hostility of some social communities to the rules. A multi-scientific approach has an experimental structure, a crossroads of different experiences, which aims to build lexicons and widen and diversify the semantics of deviance, questioning the particularisms and the singular exasperation of the perspectives of hermeneutic excesses. As Europe prepares to deal with the impact of epochal migration, the comparative method is able to provide empirical considerations for a reading consistent with history, and less involved with academic speculation, and ideological needs. Understanding the dynamics that underlie the criminal deviance between minorities, is not only an exercise of absolute social vanguard, but tends to build new bases and theoretical and practical references better systematized, which dictate complex work agendas, expanding the knowledge on the real relationship between criminal deviance and ethnic communities. RiassuntoQuesto articolo si propone di chiarire alcuni punti di vista e aspetti sulle relazioni tra multiculturalismo e migrazione, e il rapporto tra minoranze e maggioranze normative, sullo sfondo dinamico di processi storici e antropologici, in una prospettiva criminologica, e utilizzando alcune teorie che argomentano i motivi per i quali le fenomenologie della devianza si associano ai contesti interculturali ed etnici. L'interazione tra outgroup ed ingroup, mentre le società moderne sono impegnate nella soluzione di problemi legati alla gestione ed al controllo della devianza normativa, sembra far emergere spazi di riflessione grazie all’irruzione del metodo etnografico negli studi criminologici. Criminologia ed etnografia, possono dunque proficuamente sperimentare una relazione scientifica, alla luce della sociologia della devianza. Nuovi concetti invitano a riformulare un approccio meno costretto dalle specializzazioni, ma tendente ad ottenere un risultato di uno scambio scientifico equilibrato e denso di prospettive. Appariranno più chiare in tal modo, alcuni delle motivazioni retrostanti alla condotta deviante tra le minoranze. Si può sostenere, per esempio, che concetti di stress prossimale e distale, ampliano le traduzioni del problema. La cessazione del legame sociale, le differenze semantiche tra minoranze senza terra e minoranze native, sembrano avere un ruolo nella dinamica della devianza, della psicopatologia, della delinquenza. La comunità sub culturale, la formazione e le condizioni di istruzione, sono temi ricorrenti, tuttavia assumono sovente un valore imprevisto nella lotta eterna per lo spazio. La lotta di classe e le ragioni che stanno dietro alla enorme mole di normativa, appaiono il frutto di rapporti di contrasto tra maggioranza e minoranze. Non appare sempre chiaro e completo il problema delle devianze culturali, se interpretato dalle singole scienze, incorrono facilmente nel riduzionismo e nella ridondanza scientifica. Un lavoro di ricucitura di margini che tendono a mantenersi lontani, è possibile a patto che le prospettive sappiano comunicare tra loro, e lo strumento dell’etnografia comparata si profila una proficua connessione con la criminologia. La semantica si arricchisce di concetti, come ad esempio la sindrome dell’adozione socioculturale, sonda le implicazioni del legame culturale che ridefinisce le trame esistenziali della condizione del migrante nella modernità. Gli effetti dirompenti dello stress delle minoranze, o la diffidenza delle minoranze verso la maggioranza normativa, sono solo alcuni dei concetti con cui ho cercato di rappresentare le motivazioni che stanno alla base di un'ostilità di fondo di alcune comunità sociali, rispetto alle regole. Un approccio multi scientifico ha un assetto sperimentale, incrocio di esperienze diverse, che mirano a costruire lessici e ampliare e diversificate le semantiche della devianza, mettendo in discussione i particolarismi e l'esasperazione singolare delle prospettive degli eccessi ermeneutici. Mentre l'Europa si appresta ad affrontare l'impatto di una migrazione epocale, il metodo comparativo è in grado di fornire le considerazioni empiriche per una lettura coerente con la storia, e meno coinvolte con la speculazione accademica, e le esigenze ideologiche. Capire le dinamiche che sotto intendono la devianza criminale tra le minoranze, è un esercizio non solo di assoluta avanguardia sociale, ma tende a costruire basi nuove e riferimenti teorici e pratici meglio sistematizzati, che dettano agende di lavoro complesse, allargando la conoscenza sul rapporto reale tra devianza criminale e comunità etniche. ResumenEste artículo se propone aclarar los puntos de vista y aspectos sobre las relaciones entre multiculturalismo y migración, y la relación entre minorías y mayorías normativas, en el fondo dinámico de procesos históricos y antropológicos. En una perspectiva criminológica, y utilizando algunas teorías que argumentan los motivos por los cuales las fenomenologías de las desviaciones se asocian a los contextos interculturales y étnicos. La interacción entre outgroup e ingroup, mientras las sociedades modernas están ocupadas en la solución de los problemas ligados a la gestión y al control de la desviación normativa, parece que hacen surgir espacios de reflexión gracias a la introducción de la metodología etnográfica en los estudios criminológicos. Criminología y etnografía, pueden entonces experimentar rentablemente una relación científica, bajo la luz de la sociología de la desviación. Nuevos conceptos invitan a reformular un enfoque menos forzado por las especializaciones, pero con la tendencia en obtener un resultado de un intercambio científico equilibrado y lleno de perspectivas. Aparecerán más claras de esta manera, algunas de las motivaciones que están detrás de la conducta desviada entre las minorías. Se puede sostener, por ejemplo, que conceptos como stress proximal y distal, amplían las traducciones del problema. La ruptura del lazo social, las diferencias semánticas entre minorías sin tierra y minorías nativas, parecen tener un rol en la dinámica de la desviación, de la psicopatología y de la delincuencia. La comunidad sub-cultural, la formación y las condiciones de instrucción, son temas recurrentes, sin embargo, asumen a menudo un valor imprevisto en la lucha eterna por el espacio. La lucha de clase y las razones que están detrás a la gran masa normativa, parecen el fruto de relaciones de contraste entre mayorías y minorías. No parece siempre claro y completo el problema de las desviaciones culturales, si es interpretado por las ciencias individuales, incurren fácilmente en el reduccionismo y en la redundancia científica. Un trabajo de reparación de márgenes que tienen la tendencia a mantener la distancia, es posible siempre y cuando las perspectivas sepan comunicarse entre ellas, y el instrumento de la etnografía comparada pueda conectarse rentablemente con la criminología. La semántica se enriquece de conceptos, como por ejemplo el síndrome de la adopción sociocultural, sondea las implicaciones del lazo cultural que redefinen la parte existencial de la condición del migrante en la modernidad. Los efectos disruptivos del stress de las minorías, o la diferencia de las minorías hacia las mayorías normativas, son solo algunos de los conceptos con los que busqué representar las motivaciones que están en la base de la hostilidad de algunas comunidades sociales, con respecto a las reglas. Un enfoque multicientífico tiene un corte experimental, cruce de experiencias diferentes, que velan por construir léxicos, ampliar y diferenciar las semánticas de la desviación, poniendo en discusión los particularismos y la exasperación singular de las perspectivas de los excesos hermenéuticos. Mientras Europa se alista para afrontar el impacto de una migración épica, la metodología comparativa puede suministrar las consideraciones empíricas para una lectura coherente con la historia, y menos involucrada con la especulación académica, y las exigencias ideológicas. Entender las dinámicas que definen la desviación criminal entre las minorías, es un ejercicio no solo de absoluta vanguardia social, sino que tiene la tendencia en construir bases nuevas y referencias teóricas y prácticas mejor sistematizadas, que dictan agendas de trabajo complejas, engrandeciendo el conocimiento sobre la relación real entre desviación criminal y comunidades étnicas.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
38

Fahey, Tracy. "A Taste for the Transgressive: Pushing Body Limits in Contemporary Performance Art." M/C Journal 17, no. 1 (March 16, 2014). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.781.

Full text
Abstract:
Years have come and gone and Bob is still around He’s tied up by his ankles and he’s hanging upside downA lifetime of infection and his lungs all filled with phlegmThe CF would’ve killed him if it weren’t for S&M Supermasochistic Bob has Cystic Fibrosis by Bob Flanagan. Soundtrack from 1997 documentary, Sick: The Life & Death of Bob Flanagan In the 1997 film, Sick: The Life & Death of Bob Flanagan, Supermasochist, artist Bob Flanagan quite literally lays himself bare to the viewer. This is a wrenching documentary which charts the dying Flanagan’s battles with cystic fibrosis (CF), and also explores the impact of this on his art and life. Sick also explores to an explicit degree the sadomasochist practices that permeated Flanagan’s private life and performance art practice, and which he used as a means of asserting control of the chronic pain and infirmity of his medical condition. Sick is not an easy watch. The film evokes feelings of fear, empathy, and horror. It challenges notions of taste and bad taste. It subjects the viewer to witness the vulnerability of the repeatedly tortured and invaded body of the artist, and of his eventual confrontation with death. As performance pieces go, this is an extreme example of body-based art. Where does this extraordinary piece stem from? From which traditions in art does it draw? To answer these questions, it is necessary to examine the framework of disability art, transgressive art, and also the tradition of medical Gothic, or the history of the Gothic body as a site of art—art that involves reading the body as carnivalesque, as degenerate, as ab-human, as abject entity. The Gothic Body as Site of Art The body has long been a site of exploration in medical practice and in artistic practice. The body has been displayed and examined in various forms, as subject, object, or abject entity through ossories, medical collections, museums of pathology, and freak shows. Paintings of crucifixions and martyrdoms, and practices of flagellation have glorified the tortured body of Christians as physical reminders of extreme piety. The abnormal or monstrous body has been a trope in art since the medieval period, often identified with ideas of evil or sin. Anatomical bodies have been referenced and explored by artists since the Renaissance. With the popular explosion of performance art in the 1960’s, bodily practices have been incorporated into site specific art. Artists’ bodies are offered for our gaze, and sometimes for interaction with, all within the context of performance. Although performance art originates in the early 20th century, it was exponents of the 1960’s that firmly aligned this practice with the site of the artist’s body. At this time, the body became a new focus of culture, with the rise in sexual freedom and the accepted use of nudity in performances and happenings. This resulted in the performance of body-based pieces such as Carolee Schneemann’s Meat Joy (1964) and Interior Scroll (1975), Hermann Nitsch and the Viennese Actionists and their Theatre of Orgies and Mysteries (1962), and Vito Acconci’s Seedbed (1971). This legacy of sexual, violent, or abject performances results in the creation of provocative and disturbing contemporary pieces such as Sick that confront the spectator with the vulnerabilities and limits of the living body. Today, contemporary culture is suffused with images of the body, both the idealised bodies of advertising and music videos, and the grotesque and transfigured bodies of contemporary art. Spooner has commented, “Contemporary Gothic is more obsessed with bodies than in any of its previous phases: bodies become spectacle, provoking disgust, modified, reconstructed and artificially augmented” (63). Today, culture’s preoccupation with the body runs the gamut from horror films obsessed with the penetrated body, to subcultural style and body manipulation, and the increasing popularity of plastic surgery makeovers on mainstream television. The body has never been so exposed, so open to the audience’s gaze. Key artists such as Damien Hirst, Mat Collishaw, the Chapman Brothers, Gabriela Friðriksdóttir, and Sue de Beer respond to this contemporary preoccupation by exploring the body in its manifold Gothic forms. This is a rich body of work that uses abject materials, references slasher movies, and plays with notions of identity, societal violence, body-horror, and the grotesque. This article looks specifically at works by contemporary transgressive artists that utilise their own bodies as site of performance, and the challenges to accepted tastes that this work poses. Performances by Bob Flanagan, Ron Athey, and Marina Abramovic are analysed in terms of boundaries, identity, and other implications in using the body of the artist as the site of art. Tropes of torture, pain. and body modification are examined as contesting the parameters of what body limits and of what is acceptable in contemporary art practice. An Intimate Canvas: The Artist’s Body as Site So what does it mean to use your own body as site of exploration? The work of artists who use their own bodies as a site of spectacle, as a medium of art, has several interesting implications. By its very nature, such an act is transgressive. It blurs the boundaries between artwork and artist. This creates an interesting tension between self and other and, indeed, arguably explores the notion of self as other. This work has an autobiographical function, in that it not only reveals universal themes of significance to the artist but, given the intimacy of the canvas, it also betrays personal preoccupations, and signifies the artist’s own relationship with the body and bodily practices. The use of the human body as canvas brings an intense physical and emotional proximity to the piece. The bodily traumas that are witnessed via performance art—whether it is Chris Burden being nailed to a Volkswagen (Trans-fixed, 1974) or Marina Abramović and Ulay collapsing, unconscious, lungs filled with carbon dioxide from reciprocal exchange of breaths (Breathing In/Breathing Out, 1977)—constitute an intimate link with the audience that arises from the shock of witnessing these transgressive acts. The body of the artist exposed in this way—a body normally only viewed by a partner, doctor or close family member—creates immediacy, giving the individual spectator in an intimate connection with the artist. Francesca Gavin, in her introductory essay to Hellbound: New Gothic Art, cites this voyeurism as essential to the experience of viewing Gothic art: “By looking at the violence or horror we become complicit in its creation, part of the cause—hence part of the discomfort in looking” (7). The first of these areas of discomfort to consider is the association of the body with pain, torture and mutilation, and the use of the artist’s body to explore this theme. Pushing the Limits: The Artist’s Body as Site of Pain The work of Marina Abramović has had a powerful effect on the contemporary landscape of body-based performance art that tests the limits of endurance of the corporeal body. Her past projects have focused on the uneasy power exchange between audience and performer. In Rhythm 0 (1974), her first long durational performance, Abramović offered her audience a choice of 72 objects including a gun, a hammer, sugar, and scissors, to be used on her own body, without any limitations on their deployment. This six-hour performance featured a motionless Abramović offering her body passively to the spectators to interact with. The intensity of the resulting video piece is remarkable; the recording of the performance captures the potential dissolution of the societal contract between artist and audience, a mutable discourse of agency and power. Abramović spoke of the sense of fear she experienced during this performance— “I felt really violated: they cut up my clothes, stuck rose thorns in my stomach, one person aimed the gun at my head, and another took it away. It created an aggressive atmosphere” (quoted, Danieri 30). Her work plays constantly with the idea of boundaries and limits, often pushing her physical self past extraordinary barriers of pain and exertion, as in Rhythm 5 (1974) where she lost consciousness as a result of smoke inhalation and had to be rescued by the spectators. Amelia Jones has analysed these performances of pain as central to the artist’s desire to establish a connection with the audience during performances: “While pain cannot be shared, its effects can be projected onto others such that they become the site of suffering […] and the original sufferer can attain some semblance of self-containment (paradoxically, through the very penetration and violation of the body” (230). One could also argue that this sharing of experience also effectively normalises the abnormal body by establishing a common bond between viewer and performer. However, this work raises questions for the viewer. Is what these artists do self-harm, presented on a public stage? Is this ethical? And, importantly, is it within the bounds of taste? The answer, it would seem, lies in issues of agency and control and, of course, in the separation of art from life that occurs due to the act of performing itself. As Coogan puts it “[t]he performance frame is contingent and temporary, holding the performer in a liminal, provisional and suspended place” (1). While Abramović’s work experiments with bodily endurance and performative limits, other artists who produce autobiographical, body-based performance can be located within the world of medical discourse and performed disability. An artist who subverts the boundaries of the body, and taste alike, is Ron Athey, the HIV-positive artist who makes performance work based on blood rituals, torture, and cutting. His use of blood is central to his practice, and the fact that this blood, which is let through performances, contains the HIV virus, gives it a doubly abject aspect. His performance Excerpted Rites Transformation (1995) which took place at the Walker Art Museum in Minneapolis caused an extreme reaction. During this performance Athey pierced own his skin with needles, and also cut into the skin of black artist Daryl Carlton in a mimicry of tribal scarification rituals that highlighted issues of race, then hung handkerchiefs dipped in Carlton’s blood on clotheslines that ran over the heads of the audience. Mary Abbe, an art critic with the Minneapolis Star Tribune who had not attended the performance, wrote an article about the danger posed to the audience by what she wrongly termed Athey’s blood. (Carlton is not HIV positive). It is clear from the tone of this response that such disease causes a profound dis-ease in the beholder. Bob Flanagan’s oeuvre also locates him in this tradition of artists who perform their disability on a public stage. Critics such as Kuppers consider Athey and Flanagan as artists who subvert the medical gaze (Foucault), refusing to accept the passive role of ‘patient’, and defiantly flaunting their abnormal bodies in the public arena. These bodies can also be considered as modified bodies. Sandahl has contextualised Athey’s performance as going beyond the parameters of the human body: “Athey’s radical cyborg identity is a temporary mode of survival, an alternative way of being in there here and now. A body not interested solely in cure nor submissive to medical interventions” (59). Kuppers, in The Scar of Visibility: Medical Performances and Contemporary Art, reflects on Flanagan and Athey’s careers as disabled artists. She examines how Flanagan constructs his identity as a chronically ill artist, and his pain performances that allowed him to avoid attracting the sentimental pity associated with illness; replacing audience empathy with shock and often revulsion. Kuppers highlights Flanagan’s use of dark humour in his performances through songs like Fun to be Dead (1997), which work to subvert the dominance of his illness. In fact, Flanagan’s work often asserts his central belief that his relative longevity (he lived to be 43, a decade longer than most CF sufferers) was achieved by his ability to counter the pain of his chronic condition with the pain of his masochistic suffering. The stereotype that the masochist is snivelling and weak is actually not true. The masochist has to know his or her own body perfectly well and be in full control of their body, in order to give control to somebody else or to give control to pain. So the masochist is actually a very strong person. I think some of that strength is what I use to combat the illness. (Dick) Athey’s description of his relief at the act of cutting echoes Flanagan’s identification of these rites as way of asserting control over a dysfunctional body: “The sight of your own blood, brought forth from your own hand, spells an almost immediate relief, a release to the pressure valve. It’s a violation that you yourself now control.” What effect does this painful and masochistic art have on the audience? On the act of viewing? On taste itself? Taste and Transgression: Beyond the Parameters of the Body The notion of taste is a hotly debated area in contemporary art practice—arguments rage as to what constitutes good or bad taste. Woodward argues that “[B]ad taste often passes for avant-garde taste these days—so long as the artist signals ‘transgressive’ intent” (1). Grunenberg (1997) has addressed the problematic notion of the audience engagement with this mode of Gothic art, asking whether it has ilost its power to shock. He contends that with the contemporary saturation of all media with violent and shocking imagery, “the ability to be shocked and moved by real or fictitious images of horror has been showing positive signs of attrition.” Nevertheless, the proximity of performance, the immediacy of the artist’s body as canvas, the feelings of horror, empathy, and even wonder occasioned by the manipulation and excesses of the body, continue to draw audiences. The artist’s body as site of performance becomes a space in which the audience may inscribe their own narratives. The body is a locus of projection, almost ab-human, “a not-quite-human subject, characterised by its morphic variability, continually in danger of becoming not-itself, becoming other” (Hurley 3–4). As the artist’s body becomes ever more manipulated and pushed beyond boundaries of taste and pain, it forces artist and audience alike to ask what lies beyond the parameters of the body. Experimentation with torture methods, with cutting, with abject materials, seems to lead back inevitably to the notion of Gothic, othered body, and a desire to pass beyond the boundaries of the repeatedly invaded and wracked body. Once you transgress the boundaries of the body, the logical locus that lies beyond is death. Dick’s Sick documents Bob Flanagan’s death, which formed part of the agreement between documentary maker and artist before shooting. Flanagan hoped his body art would continue beyond death: “I want a wealthy collector to finance an installation in which a video camera will be placed in the coffin with my body, connected to a screen on the wall, and whenever he wants to, the patron can see how I’m coming along” (Dick). Playing with the shadow of death becomes a mode of performance itself. Abramović recalls her acceptance of this fact in her early performance pieces: “When I was in Yugoslavia I was always thinking that art was a kind of question between life and death and some of my performances really included the possibility of dying, you know, during the piece, it could happen” (quoted in McEvilley 15). She also records her fear experienced during Rhythm 0 (1974), stating “What I learned was that [... ]if you leave it up to the audience, they can kill you” (quoted in Danieri 29). Death has receded from us in the 21st century. Death happens in hospitals, in the antiseptic confines of the Intensive Care Unit, it is medicated and mediated by medical staff. Traditional rituals of deathbed conversations and posthumous wakes are gradually disappearing. The discourse of death has grown silent except through the medium of the Gothic and especially the Gothic body, as the Gothic “consistently attempts to speak about the unspeakable—that is, death” (McGrath 154). Artists such as Abramović, Flanagan, and Athey function within this Gothic tradition. By insistently presenting their Gothic bodies, they force the audience to acknowledge death, transgression, and decay as realities. With collaborative partners, they mediate the process of surgery, torture, dying, and even the moment of death through photography and lens-based media. This use of media in capturing the moment also functions in a contemporary post-religious society as a mode of replication and, even, perhaps, of immortality. Bold, provocative, and challenging, the work of these transgressive artists continues to challenge the idea of bodily limits and boundaries and highlight the notion of the body as site of transformation. They continue to challenge our taste, our definition of art, and our comfort as audience. The words of Gavin come again to mind: “By looking at the violence or horror we become complicit in its creation, part of the cause—hence part of the discomfort in looking” (7). Using the artist’s body as site of performance forces us to challenge our conception of art, illness, life and death and leads to a reappraisal of taste itself. References Abbe, Mary. “Bloody Performance Draws Criticism.” Star Tribune 24 Mar. 1994. 1A. Abramovic, Marina. [website] 4 Feb. 2014. ‹http://www.marinaabramovicinstitute.org›. Athey, Ron. [website] 4 Feb. 2014. ‹http://ronatheynews.blogspot.ie›. Coogan, Amanda. “What is Performance Art?.” Irish Museum of Modern Art [website] (2011). 4 Feb. 2014 ‹http://www.imma.ie/en/page_212496.htm›. Daneri, Anna, Giacinto Di Pietrantonio, L. Hegyi, SR Sanzio, & A. Vettese. Eds. Marina Abramović. Milan: Charta, 2002. Dick, Kirby. Sick: The Life & Death of Bob Flanagan, Supermasochist. Dir. Kirby Dick. 1997. Flanagan, Bob. [website] 4 Feb. 2014. ‹http://vv.arts.ucla.edu/terminals/flanagan/flanagan.html›. Gavin, Francesca. Hellbound: New Gothic Art. London: Laurence King Publishing, 2008. Grunenberg, Christoph. “Unsolved Mysteries: Gothic Tales from Frankenstein to the Hair Eating Doll.” Gothic: Transmutations of Horror in Late Twentieth Century Art. Ed. Christoph Grunenberg. Boston: MIT Press, 1997. Hurley, Kelly. The Gothic Body: Sexuality, Materialism, and Degeneration at the Fin de Siècle. Cambridge: Cambridge UP, 1997. 160–212. Kuppers, Petra. The Scar of Visibility: Medical Performances and Contemporary Art. Minneapolis: U of Minnesota P, 2007. Mc Grath, Patrick. “Transgression and Decay.” Gothic: Transmutations of Horror in Late Twentieth Century Art. Ed. Christoph Grunenberg. Boston: MIT Press, 1997. 153–58. Spooner, Catherine. Contemporary Gothic. London: Reaktion Books, 2006. Sandahl, Carrie. “Performing Metaphors: Aids, Disability and Technology.” Contemporary Theatre Review 11.3–4 (2001): 49–60. Woodward, Richard B. “When Bad is Good.” ARTnews [website] (2012). 4 Feb. 2014. ‹http://www.artnews.com/2012/04/12/when-bad-is-good›. Zylinska, Joanna. The Cyborg Experiments: The Extensions of the Body in the Media Age. London: Continuum, 2002.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography