Journal articles on the topic 'Sistemi di controllo delle vibrazioni'

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1

Miraglia, Rosa Alba. "Editoriale. Nuove tendenze nei sistemi di controllo e di misurazione delle performance." MANAGEMENT CONTROL, no. 2 (September 2012): 5–14. http://dx.doi.org/10.3280/maco2012-002001.

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2

Poggi, Stefano. "Conflitti d'identità. Pratiche, gestione e controllo delle identità nell'Italia napoleonica." SOCIETÀ E STORIA, no. 172 (June 2021): 287–320. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-172003.

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Abstract:
Di fronte allo sviluppo dello Stato amministrativo, i governi delle repubbliche Cisalpine/Italiana e del regno d'Italia elaborarono un sistema identificatorio statale autonomo dal modello francese. Il caso studio della città di Vicenza - capoluogo del dipartimento del Bacchiglione - permette di verificare l'effettiva applicazione di questo progetto politico a livello locale. Attraverso lo studio sistematico dell'archivio del commissariato di polizia di Vicenza emerge così un insieme di pratiche popolari e strategie di controllo distante dal sistema uniforme previsto dalla legislazione nazionale. Un modello duale, in cui i sistemi identificatori tradizionale e statale convivevano intrecciandosi e integrandosi. Un modello che rispecchiava due diverse concezioni di identità: una, promossa dallo Stato, rigida ed esterna alla società; l'altra, radicata nella mentalità degli attori storici, fluida e costantemente ridefinita.
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3

Mancini, Daniela. "L'azienda-rete e le decisioni di partnership: il ruolo del sistema informativo relazionale." MANAGEMENT CONTROL, no. 1 (April 2011): 65–97. http://dx.doi.org/10.3280/maco2011-001004.

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Abstract:
La collaborazione tra aziende č sempre piů il percorso tipico per realizzare la crescita e determinare la strategia aziendale: dalle singole relazioni ditra due aziende, alla rete di aziende, per arrivare all'azienda-rete. Parallelamente, si determina un ampliamento, oltre i confini della singola azienda, dell'orizzonte nell'ambito del quale formulare i giudizi di convenienza. Oggetto di questo articolo č l'evidenziazione di alcune problematiche ancora aperte nello studio dei sistemi informativi dell'azienda-rete. L'autore ritiene, infatti, che la gestione delle informazioni rappresenti un elemento chiave per il successo della rete di collaborazioni sviluppate. Il sistema informativo diventa un elemento fondamentale per la sincronizzazione dei processi di governo e di controllo della rete di collaborazioni ed il fenomeno delle alleanze ne costituisce un elemento di cambiamento che deve essere investigato nei diversi aspetti. Nel primi due paragrafi l'autore descrive proprio la relazione chiave che si stabilisce tra sistema di governo, sistema di controllo e sistema informativo in contesti relazionali, mentre nei paragrafi successivi l'attenzione viene focalizzata sul sistema informativo relazionale.
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4

Kolodko, Grzegorz W. "Economic Change and Shortageflation Under Centrally Planned Economies." Journal of Public Finance and Public Choice 6, no. 1 (April 1, 1988): 15–32. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344460.

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Abstract:
Abstract Obiettivo di questo scritto è l’esame delle relazioni tra riforme economiche e processi inflazionistici nei paesi socialisti.Lo sviluppo delle forze produttive richiede, anche nell’ambito di sistemi economici di tipo socialista, il rafforzamento dei sistemi tipici dell’economia di mercato, cosa che costituisce una sfida alle teorie ed anche alla pratica del socialismo. Si tratta, infatti, di vedere il ruolo degli elementi caratteristici del mercato, come le relazioni di domanda e di offerta, nell’ambito delle istituzioni economiche pianificate.È in tale contesto, quindi, che vanno considerati i processi inflazionistici attualmente in corso nei paesi socialisti, nelle loro due forme: prezzi e scarsità. È proprio quest’ultimo (shortageflation) che costituisce la caratteristica tipica di questo tipo di economia.Le riforme economiche possono essere considerate, nei paesi socialisti, come un modo per trasformare I’inflazione da scarsità in inflazione da prezzi (che, peraltro, devono comunque essere in qualche modo tenuti sotto controllo). Non vi è dubbio, tuttavia, che ancora per molti anni i processi di shortageflation continueranno a sussistere nelle economie socialiste, ostacolando i tentativi di riforma.
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5

Floris, R., G. L. Sergiacomi, E. Squillaci, D. Lupoi, M. Crecco, E. Fanucci, M. Guazzaroni, and G. Simonetti. "Il ruolo della risonanza magnetica nella diagnosi delle neurofibromatosi." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 101–4. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s120.

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Abstract:
Gli autori prendono in considerazione il ruolo diagnostico della risonanza magnetica nella diagnostica delle neurofibromatosi, su una casistica di 13 osservazioni, di cui 9 casi di NF1 e 4 NF2. Lo studio è stato eseguito mediante sistemi RM superconduttivi da 0,5 e 1,5 Tesla, osservando un pattern di aspetti polimorfo comprendente nelle NF1 lesioni multiple insieme in T1 (6 casi), iperintense in T1 (2 casi), sempre iperintense in T2; inoltre si sono riscontrati gliomi delle vie ottiche (3 casi), xantogranulomatosi dei plessi corioidei e neurinomi multipli cervicodorsali. Nelle NF2 si sono invece reperiti schwannomi bilaterali dei nervi acustici (3 casi) e monolaterali (1 caso), meningiomi (4 casi), uno schwannoma del nervo facciale e neurofibromi spinali multipli (2 casi). Secondo la esperienza degli autori, la RM si è rivelata il metodo di scelta nella diagnostica e nel controllo dei pazienti con NF, grazie alla elevata accuratezza e sensibilità della metodica. I risultati ottenuti dimostrano l'elevata accuratezza della metodica e la sua preminenza nella diagnosi e nel controllo di tali forme neoplastiche.
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6

Castellano, Nicola. "Modelli e misure di performance aziendale: analisi della letteratura e spunti di ricerca." MANAGEMENT CONTROL, no. 1 (April 2011): 41–63. http://dx.doi.org/10.3280/maco2011-001003.

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Abstract:
I sistemi di misurazione delle performance (SMP) nascono e si diffondono con l'obiettivo di orientare in maniera dinamica i comportamenti dei responsabili aziendali verso l'attuazione delle strategie. L'esigenza di utilizzo di questi strumenti si rafforza peraltro con la presa d'atto che gli strumenti di controllo tradizionale, a base esclusivamente contabile, impediscono una lettura efficace dei risultati e delle relative cause gestionali ed offuscano la ricerca delle conseguenti azioni volte al miglioramento. Questo articolo si propone di analizzare la piů recente letteratura in campo internazionale sul tema dei SMP, allo scopo di delineare i temi su cui si concentra l'attenzione dei ricercatori, le principali metodologie adottate ed i piů significativi risultati ottenuti. La classificazione dei contributi di ricerca selezionati č stata realizzata in relazione alle principali fasi del ciclo di vita di questi strumenti, cioč progettazione, implementazione ed utilizzo dei SMP. Nella parte finale sono proposti alcuni spunti per lo sviluppo futuro della ricerca.
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7

Noto, Guido, Lucrezia Coletta, Sara Zuccarino, and Milena Vainieri. "Il controllo e la gestione della performance delle attività di prevenzione in contesti interorganizzativi: il caso dei controlli frontalieri sugli alimenti." MECOSAN, no. 117 (April 2021): 59–75. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2021-117004.

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Abstract:
I servizi sanitari di prevenzione sono caratterizzati da un'elevata complessita principalmente legata al contesto inter-organizzativo e ambientale in cui operano. Da cio consegue una notevole difficolta nel misurarne e valutarne i risultati. Per tali motivi, il controllo e la gestione della performance delle attivita di prevenzione si avvalgono di diversi meccanismi, formali e informali, che hanno l'obiettivo di orientare i comportamenti e le decisioni degli individui e delle organizzazioni coinvolte verso fini comuni. Lo scopo del presente lavoro e quello di approfondire i sistemi di controllo e gestione della performance impiegati nei servizi di prevenzione che operano in contesti inter-organizzativi - e in particolare nell'ambito dei controlli frontalieri sugli alimenti - al fine di supportare il disegno e l'implementazione degli stessi. Per fare cio, la ricerca si concentra sui casi di studio delle infrastrutture portuali di Genova e Livorno. Parole chiave: prevenzione, controlli condottools. To explore performance management in such contexts, this research suggests the adoption of management control as a "package" approach. Thus, the research's objective is to understand how management control operates in the delivery of preventative services operating in inter-organizational environment. To do so, this study focuses on the cases of Genoa's and Leghorn's ports.
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8

Mori, Simona, Laura Di Fiore, Chiara Lucrezio Monticelli, and Marco Meriggi. "Un confronto sui sistemi di polizia politica nell'Italia preunitaria." SOCIETÀ E STORIA, no. 176 (August 2022): 301–71. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-0176005.

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Abstract:
Il forum propone una riflessione a più mani sul tema della polizia politica nell'Italia post-napoleonica, che la maturità degli studi su quel comparto strategico dei governi legittimisti sembra ormai consentire. Questa prima messa a punto di taglio comparato vuole cogliere le molte risonanze esistenti fra i dispositivi di controllo politico che, muovendo dalla paradigmatica esperienza rivoluzionaria e napoleonica, gli stati della penisola misero in campo per contrastare le pulsioni eversive dilaganti nell'intero continente con strategie coordinate. L'esame dei casi evidenzia al contempo i profili comuni e le curvature che ciascun governo impresse alle politiche securitarie, tematizzandole in vario modo nel discorso pubblico. Si conferma così, accanto al portato repressivo di questa azione, la duttilità della funzione poliziesca e il ruolo ambivalente che essa giocò nei processi di politicizzazione delle società agli albori della contemporaneità. Per il Regno delle Due Sicilie il contributo di Laura Di Fiore guarda con particolare attenzione alla fase post-quarantottesca, rilevando per un verso l'intensa cooperazione instaurata dal governo borbonico con gli stati confinanti per il contrasto all'attività cospirativa degli esuli, per l'altro la strategia di degradazione del nemico, ovvero della militanza anti-sistema, adottata sul piano retorico. Chiara Lucrezio Monticelli mette a fuoco la peculiare interazione realizzata dallo Stato della Chiesa fra gli ordinamenti di polizia sperimentati nell'incisiva stagione francese e le più tradizionali strutture del controllo ecclesiastico, effetto di un'intensa dialettica interna fra conservazione e riforma. Il Regno Lombardo-Veneto esaminato da Simona Mori mette la polizia politica al servizio del suo progetto imperiale di temperata conservazione, sostanzialmente fallendo nell'intento di egemonizzare i servizi di sicurezza operanti nella penisola, mentre sul versante interno alterna fasi di tolleranza ad altre di rigore, senza riuscire ad arginare l'allargarsi del dissenso. Marco Meriggi conclude con un quadro d'insieme che attinge alla memorialistica, alla letteratura e alle fonti normative, per restituire una rappresentazione multiprospettica della polizia politica che, ridimensionata rispetto al titanismo evocato dalla narrazione risorgimentale, viene a configurarsi come strumento di un complessivo disegno di governo verticale della società, che accomuna i maggiori contesti politici dell'Italia restaurata.
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Buseti, Simone, and Bruno Dente. "L'introduzione del performance management nelle Universitŕ italiane." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (April 2013): 121–41. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002005.

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Abstract:
L'ipotesi centrale del saggio č che gli strumenti di misurazione della performance possono essere un modo efficace per promuovere la professionalizzazione del management delle universitŕ, ma soltanto nel rispetto di due condizioni, entrambe necessarie: che l'introduzione di nuovi sistemi sia parte di una piů ampia azione di sviluppo, e che le strategie di cambiamento rispettino l'eterogeneitŕ delle amministrazioni e siano quindi incrementali e differenziate. Si tratta di due condizioni che il decreto 150/2009 sembra sottovalutare, implicando una semplicitŕ doppiamente erronea: l'omogeneitŕ delle amministrazioni target e la sufficienza di valutazione e misurazione ai fini del miglioramento delle performance. Il saggio presenta una ricerca sui sistemi di management e valutazione, attraverso l'analisi dei risultati di un questionario somministrato a circa un terzo degli atenei italiani. La ricerca ha sostanzialmente smentito tali premesse e ha restituito due risultati: un'analisi dello stato dei sistemi che fotografa il posizionamento degli atenei e un modello di relazione tra le diverse variabili oggetto d'indagine. Per quanto riguarda il primo risultato, il panorama complessivo mostra alcuni elementi generalmente solidi e diffusi (come il quadro organizzativo), elementi diffusi ma solo raramente considerati adeguati (ad esempio il controllo di gestione), elementi sostanzialmente assenti (tra tutti il sistema di gestione dei rischi). D'altra parte, il posizionamento degli atenei rivela uno scenario - oltre che generalmente poco soddisfacente - anche fortemente eterogeneo. Non solo quindi non č possibile immaginare una riforma basata sul principio "one size fits all", ma č necessario tutto al contrario sviluppare diversi approcci al cambiamento. Il saggio presenta tre possibili strategie di implementazione della riforma, che partendo dallo stato di sviluppo dell'amministrazione suggeriscono percorsi di cambiamento differenziato. Infine, l'ultima parte del saggio utilizza i dati della rilevazione per costruire un modello di relazione che conferma il rapporto ipotizzato tra i sistemi di valutazione e alcune precondizioni, individuate nel quadro organizzativo, nei sistemi di supporto e (in minor misura) nei sistemi di gestione del rischio e di presidio della qualitŕ. Il modello non propone un rapporto di stretta causalitŕ tra variabili (il che implicherebbe una sequenza cronologica stretta nei programmi di riforma), ma piuttosto di guardare al management come oggetto complesso, il cui miglioramento necessita di sviluppo armonico e forte integrazione tra le sue diverse parti.
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Bassani, Gaia, Cristiana Cattaneo, Francesca Maria Cesaroni, and Annalisa Sentuti. "Sistemi di gestione e controllo e professionalizzazione delle imprese familiari. Uno strumento di accreditamento intraparentale?" MANAGEMENT CONTROL, no. 2 (March 2018): 15–35. http://dx.doi.org/10.3280/maco2018-su2002.

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Curti, Sabina. "Folla, città e Covid-19: governare (con) la paura in una democrazia." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 1 (April 2021): 50–65. http://dx.doi.org/10.3280/siss2021-001005.

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Abstract:
Alcuni dispositivi utilizzati durante l'epidemia Covid-19 per controllare la pau-ra hanno diminuito il potere statale, aumentato quello digitale e generato nuove paure. Dopo un anno di pandemia, si assiste a una vera e propria depolicitizzazio-ne della paura, che rischia di allungare molto l'uscita dall'attuale crisi sanitaria e di produrre per il futuro delle disastrose conseguenze. La tesi dell'articolo è che per affrontare la pandemia nei sistemi democratici sia necessaria un'altra cultura del controllo sociale basata su un sostanziale riposi-zionamento nei confronti della paura da parte dei governi e della città.
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De Stavola, Federico. "Potere, controllo e soggettività nelle piattaforme digitali di food delivery: un'analisi foucaultiana dell'app latinoamericana Rappi." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 158 (November 2020): 178–98. http://dx.doi.org/10.3280/sl2020-158009.

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Abstract:
In questo articolo si propone un'analisi foucaultiana dell'architettura di potere e delle forme di soggettivazione nell'app latinoamericana di food delivery Rappi, basata su una ricerca condotta a Buenos Aires e Città del Messico. Si utilizzeranno i concetti di disciplina, governamentalità e tecnologie del sé per analizzare la piattaforma digitale e i sistemi di direzione e controllo della forza lavoro nella cooperazione. In questo modo sarà possibile mostrare come l'architettura di potere presente nella app Rappi strutturi la relazione di lavoro e la soggettività del lavoratore sul modello dell'autoimprenditorialità. Questa analisi intende proporre il concetto di autonomia funzionale, il quale potrebbe essere approfondito in future ricerche sul tema.
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Romano, R., R. Lamanna, M. T. Santini, and P. L. Indovina. "Confronto di spettri protonici cellulari mediante l'algoritmo di normalizzazione MaSNAl." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 1 (February 2000): 37–43. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300107.

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Abstract:
La spettroscopia con risonanza magnetica nucleare è utilizzata, in modo sempre crescente, per studi sia in vivo che in sistemi biologici in vitro, per esaminare variazioni indotte dall'azione di agenti chimici, fisici e biologici. In questo tipo di studi si effettua, in genere, un confronto tra le intensità dei segnali di campioni controllo con campioni trattati per poter ricavare delle informazioni sull'azione dell'agente. I metodi di confronto finora adottati consistono nel quantificare, mediante l'utilizzo di una sostanza di riferimento interna od esterna ai campioni, i segnali nei singoli spettri e nel confrontarne i valori. In questo lavoro, viene presentato un nuovo metodo di confronto, che consiste nel normalizzare gli spettri mediante un nuovo algoritmo. Esso fa riferimento ai segnali nella loro totalità e non richiede, per ottenere informazioni quantitative sulle variazioni relative, di alcuna sostanza di riferimento ( standard). In particolare, l'algoritmo è fondato sulla massimizzazione, mediante una opportuna misura a segno variabile, delle regioni di sovrapposizione degli spettri. L'algoritmo è stato verificato con simulazioni Monte Carlo e con esperimenti di laboratorio, che ne dimostrano l'affidabilità, la precisione e la sensibilità. Infine, è stato applicato a spettri relativi a campioni cellulari per dimostrarne l'applicabilità a campioni biologici reali.
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Nicolova, Anna. "I sistemi di gestione e controllo del Programma operativo "Sviluppo delle risorse umane" 2007-2013." QT Quaderni di Tecnostruttura, no. 34 (December 2009): 54–85. http://dx.doi.org/10.3280/qt2009-s34008.

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Pantano, Fabio. "Il lavoro a distanza dopo la pandemia: problemi organizzativi e soluzioni giuridiche." QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no. 113 (July 2022): 167–82. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113008.

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Abstract:
La diffusione "forzata" del lavoro a distanza durante la crisi pandemica ha consentito di sperimentare le principali problematiche organizzative che questa forma di lavoro solleva in relazione al benessere psico-fisico dei lavoratori, al loro rendimento e al loro senso di soddisfazione rispetto all'attività svolta. Gli studi di-sponibili evidenziano come una risoluzione razionale di questi problemi richiederebbe una modifica radicale dei modelli organizzativi, con un passaggio dai sistemi gestionali fondati sul controllo a una nuova impostazione incentrata sull'esaltazione della fiducia, dell'autonomia e della collaborazione. La cultura giuridica dimostra di trovarsi impreparata rispetto a questa prospettiva. In partico-lare, le scelte poste in essere dal legislatore si rivelano improntate a una visione tradizionale, fondata sull'idea che il lavoro sia quello svolto nell'impresa in senso fisi-co. In Italia, la legge n. 81/2017 rimette la definizione delle modalità di svolgimen-to del «lavoro agile» ad un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, tralasciando il ruolo che potrebbe essere svolto dalla contrattazione collettiva. Al contrario, nell'esperienza europea, proprio negli accordi sindacali dimostrano enormi potenzialità - benché ancora non del tutto esplorate - nell'adattamento dei problemi organizzativi del lavoro a distanza alle specificità dei diversi settori produttivi e delle singole aziende.
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Balber Pérez, Miguel Antonio, and Maritza de la Caridad McCormack Bequer. "Attuali sfide della qualità nel diritto agrario di fronte alla globalizzazione – il caso dell’isola di Cuba." Przegląd Prawa Rolnego, no. 2(23) (December 15, 2018): 115–25. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.8.

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Abstract:
La protezione del settore alimentare nazionale attraverso un sistema di prodotti agroalimentari di qualità è una delle forme di contrasto adottata dai cubani di fronte alla globalizzazione. A tal fine Cuba sta perseguendo una politica agricola volta ad aumentare il livello di professionalità nel settore alimentare: tra l’altro organizzando corsi di formazione periodici per i dipendenti che riguardano le tecnologie di produzione utilizzate in agricoltura e insistendo sulla formazione professionale continua; nonché portando ad un graduale miglioramento del sistema statale di certificazione dei prodotti agroalimentari e della qualità dei laboratori accreditati che controllano la qualità alimentare, come anche di certificazione dei sistemi di lavoro, in particolare per quanto riguarda il ricorso alle tecniche di analisi del rischio e di controllo dei punti critici nel processo di produzione alimentare. Per chi non osserva la politica agricola e la legislazione che la sottende, il sistema cubano prevede numerose sanzioni, contenute nel decreto n. 182 del 23 febbraio 1998: “La standardizzazione e la qualità” e nel decreto n. 267 del 3 settembre 1999: “La violazione delle regole stabilite sulla normalizzazione e la qualità”. Secondo l’autore, la regolazione sulla qualità dei prodotti agroalimentari adottata ha contribuito ad aumentare l’attrattività del settore agricolo cubano e ha contribuito a garantire un livello adeguato di qualità e sicurezza alimentare.
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Butera, Federico, and Fernando Alberti. "Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 1 (December 2012): 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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Abstract:
I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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D’Onza, Giuseppe. "L'orientamento delle aziende ad uno sviluppo sostenibile: quale contributo da parte dei sistemi di management e controllo?" MANAGEMENT CONTROL, no. 1 (March 2022): 5–15. http://dx.doi.org/10.3280/maco2022-001001.

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De Luca, M. "Advanced hybrid closed-loop: review of the current systems available in Italy for the treatment of type 1 diabetes mellitus." Journal of AMD 25, no. 2 (July 2022): 120. http://dx.doi.org/10.36171/jamd22.25.2.1.

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Abstract:
OBIETTIVO DELLO STUDIO La terapia con microinfusore è raccomandata nelle persone con DMT1 per il raggiungimento degli obiettivi glicemici e di una migliore qualità di vita. Lo studio si propone di confrontare i diversi sistemi ibridi ad ansa chiusa attualmente disponibili in Italia al fine di valutare le caratteristiche di ognuno di essi, riconoscere il profilo del paziente a cui destinarli e prendere decisioni terapeutiche informate e consapevoli. DISEGNO E METODI È stata analizzata la letteratura e le schede tecniche relative a 3 diversi sistemi ibridi ad ansa chiusa attualmente commercializzati in Italia: MiniMed™ 780G associato al CGM Guardian e algoritmo SmartGuard, Tandem t:slimX2 associato al CGM Dexcom G6 con algoritmo Control IQ e Accu- Check Insight associato al CGM Dexcom G6 con algoritmo DBLG1. Sono stati inoltre analizzati i principali sistemi Hybrid Closed-loop open-source (Do It Yourself – Artificial Pancreas System). RISULTATI Il sistema Medtronic 780G utilizza il sensore Guardian 4, mentre i sistemi Tandem e Accu-chek Insight utilizzano il sensore Dexcom G6. I loro algoritmi (PID per Medtronic ed MPC per Tandem ed Accu-chek Insight) sono integrati alla pompa insulinica. Durante gli studi pivotal, a seconda della popolazione dello studio e dell’HbA1c di base, questi sistemi raggiungono una percentuale di tempo trascorsa nell’intervallo target tra il 65% ed il 76% con un basso rischio di ipoglicemia. OpenAPS è il primo sistema open source sviluppato per automatizzare il controllo glicemico, il cui algoritmo è stato creato e successivamente aggiornato dagli utenti stessi. CONCLUSIONI Una conoscenza approfondita e aggiornata delle più recenti tecnologie è fondamentale affinché il team diabetologico possa guidare i propri pazienti, fornendo loro l’educazione ed il supporto necessari ad una scelta di cura condivisa e consapevole. Questa rassegna riassume in modo pragmatico le principali caratteristiche dei sistemi Hybrid Closed-loop e si pone come strumento di consultazione per un utilizzo più appropriato di questa tecnologia. PAROLE CHIAVE diabete mellito; microinfusori; hybrid closed loop.
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Barker, Graeme. "Hunting and farming in prehistoric Italy: changing perspectives on landscape and society." Papers of the British School at Rome 67 (November 1999): 1–36. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200004517.

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Abstract:
CACCIA E ALLEVAMENTO NELL'ITALIA PREISTORICA: CAMBIAMENTI DI PROSPETTIVA SUL TERRITORIO E SULLA SOCIETÀQuest'articolo riassume come due decadi di ricerca sull'Italia preistorica abbiano cambiato la nostra comprensione della natura degli antichi sistemi di caccia e di allevamento, della transizione dall'uno all'altro sistema, dei territori che queste attività hanno aiutato a creare e delle società di cui esse facevano parte. Per quanto riguarda la preistoria più antica, è ora più chiaro che per un lungo periodo l'umanità dell'epoca si fosse basata su un sistema di ‘scavenging’, vale a dire di nutrimento basato sull'utilizzo di carogne di animali morti. La variabilità dei sistemi di caccia che funsero da complemento allo ‘scavenging’, e che infine lo sostituirono, si è andata anch'essa man mano chiarendo. L'evidenza di un protaersi del processo di transizione nell'Olocene dalla caccia, pesca e raccolta all'agricoltura si è andata accumulando in maniera ancora più evidente, sebbene i motivi di questa transizione ci rimangono oscuri. Le società agricole del tardo neolitico furono sempre più caratterizzate da competizione sociale, in particolare tra gli uomini, mentre il commercio a lunga distanza e gli elementi rituali fmirono con lo svolgere un ruolo sempre più importante nei meccanismi di riproduzione sociale. L'età del rame vide un incremento nella specializzazione agricola e nella produzione artigianale mentre famiglie rivali erano in competizione per il controllo delle risorse. La prima parte dell'età del bronzo rappresenta un periodo di espansione degli insediamenti e di intensificazione della sussistenza, ma probabilmente anche di frammentazione sociale. Nel tardo bronzo e nell'età del ferro alcune regioni divennero centri significativi di poteri locali, nonchè il fulcro di reti di scambi locali e regionali di prodotti agrieoli e artigianali che sostenevano la struttura di queste società attraverso il mantenimento di debiti ed altri vincoli.
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Pia Maraghini, Maria, and Gianluca Vitale. "Sistemi di controllo a supporto dello sviluppo sostenibile delle PMI del settore vitivinicolo: il caso D'Ambra vini s.r.l." MANAGEMENT CONTROL, no. 3 (November 2018): 111–30. http://dx.doi.org/10.3280/maco2018-003006.

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Foders, Federico. "The Fisheries Regime in the Member Countries of the EC: Legal and Economic Aspects." Journal of Public Finance and Public Choice 7, no. 1 (April 1, 1989): 67–79. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344695.

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Abstract:
Abstract Il regime che regola l’utilizzazione delle risorse ittiche degli spazi marini che rientrano nell’ambito della giurisdizione nazionale dei paesi comunitari è soggetto, in principio, alle regolamentazioni della Commissione Cee, dato che la politica della pesca fa parte della politica agricola comune.Sono rimaste, tuttavia, agli stati membri numerose competenze dovute alle diverse tradizioni nazionali in materia di regolamentazione della pesca, per cui è attualmente vigente un sistema misto, con la coesistenza non equilibrata di regolamentazioni nazionali e comunitarie.Peraltro, non sembra che la politica comunitaria abbia favorito il miglioramento dell’efficienza, dato che ha incoraggiato una espansione della capacità che ha superato di gran lunga le dimensioni ottimali, dando luogo a prezzi molto superiori a quelli internazionali. Un altro problema sul quale il coordinamento comunitario non è stato sinora molto efficace è quello dell’inquinamento marino, che dovrebbe essere risolto con un maggior ricorso ai meccanismi di mercato piuttosto che a rigidi sistemi di controllo la cui inefficacia è stata dimostrata nei paesi, come gli Stati Uniti, in cui sono stati applicati.
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Carta, Mauro Giovanni, Piero Coppo, Mario Antonio Reda, Maria Carolina Hardoy, and Bernardo Carpiniello. "Depression and social change. From transcultural psychiatry to a constructivist model." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, no. 1 (March 2001): 46–58. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008538.

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Abstract:
RIASSUNTOSulla base di precedenti studi del nostro gruppo i cui risultati verranno sintetizzati, il lavoro avanza alcune ipotesi sull'evoluzione della sintomatologia depressiva e sul possibile incremento del rischio depressivo legato alle modificazioni sociali. Vengono esaminati i disturbi dell'umore in emigrati senegalesi ed i fattori protettivi quali uno stretto supporto sociale che sembrano determinare un basso rischio in queste popolazioni. Verrà analizzata l'ipotesi che l'“occidentalizzazione”, intesa come la perdita a livello individuale dello stile di vita tradizionale, delle abitudini lavorative, dei valori culturalmente determinati, della lingua, a favore delle attitudini influenzate dalla cultura occidentale, possa rappresentare un fattore di rischio per i disturbi depressivi, almeno nelle espressioni cliniche comuni nei contesti occidentali. Precedenti ricerche del nostro gruppo, sembrano infatti indicare la presenza di quadri depressivi in popolazioni scarsamente occidentalizzate quali i nomadi Peul o i contadini Dogon del Sub-Sahara, ma, in questo contesto, tuttavia, i sintomi depressivi, peraltro rari, appaiono secondari a disturbi somatici gravi, tranne che in individui scolarizzati. Le ricerche rilevano due distinte e contrapposte modalità di espressione clinica che vengono definite rispettivamente “occidentale” o della “colpa” e “tradizionale” o della “dislocazione dal gruppo”. Ulteriori indagini condotte in aree in rapida trasformazione sembrano indicare che i fattori ambientali possano influenzare l'evoluzione dei sintomi depressivi dall'una all'altra forma e modificare la soglia di scatenamento di schemi emotivo comportamentali depressivi. E' supposto che le perturbazioni dell'assetto sociale rendano adattive attitudini alia “iperesponsabilizzazione compulsiva”, una serie di convinzioni profonde che possono essere considerate allo stesso tempo come un prodotto dell'“occidentalizzazione” e come fattore di rischio depressivo. Gli individui dotati di tali caratteristiche di base, attraverso opportunità di vita offerte dal cambiamento sociale maturerebbero sistemi complessi e innovativi di interpretazione della realtà, di attribuzione della causalità e del controllo degli eventi, di vivere le emozioni. A partire da tale modello viene proposta una ridiscussione del concetto di soglia e una chiave di lettura della trasformazione della fenomenologia depressiva, se si ipotizza che i nuovi sistemi organizzativi della conoscenza, pur capaci di rispondere alle esigenze emergenti, espongano ad una maggiore vulnerability depressiva.
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Gombi, Diego, Massimo Improta, and Rinaldo Sacchetti. "Le tecnologie che consentono ad una persona diversamente abile la gestione di un personal computer e l'ambiente domestico: l'esperienza del Centro Protesi Inail." SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no. 92 (February 2011): 12–29. http://dx.doi.org/10.3280/sur2010-092002.

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Abstract:
Da oltre dieci anni il Centro Protesi INAIL (di seguito CPI), uno dei maggiori poli italiani per la progettazione, la realizzazione e l'applicazione di protesi, ortesi e ausili, ha inserito tra i suoi servizi quello della consulenza e della fornitura di ausili informatici e domotici. Questo servizio, nato da una sperimentazione in Emilia Romagna poi espanso a tutto il territorio Italiano attraverso l'area Ausili Informatici e domotici (AID), č rivolto principalmente a quegli utenti cui un infortunio sul lavoro ha causato gravi menomazioni fisiche, ed ha lo scopo di consentire all'utenza diversamente abile un completo controllo di un ambiente informatico e dell'ambiente domestico, sopperendo alle limitazioni imposte dall'infortunio con apparecchiature ad elevato contenuto tecnologico, o con l'utilizzo "speciale" di apparecchiature standard. La maggioranza dei casi trattati dall'AID riguarda utenti con limitata o assente mobilitŕ degli arti superiori (lesioni midollari alte parziali o complete, traumi da schiacciamento, lesioni neurologiche, esiti di amputazioni, ecc.); piů di recente la casistica si č arricchita di lesioni sensoriali (principalmente problemi a carico della vista), disturbi post traumatici del linguaggio (afasia, ecc.) e problematiche cognitive (solitamente unite a problematiche motorie in esiti di trauma cranico). Dopo una panoramica dei principali sistemi in commercio e delle procedure utilizzate dall'Inail per la fornitura degli ausili informatici e domotici saranno presentati alcuni casi studio ad esempio delle diverse tipologie di soluzioni per accrescere le potenzialitŕ di comunicazione e di autonomia dei diversi utenti disabili.
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De Angelis, Livio, Lucrezia Dell'Acquila, and Elisa Villani. "Stress traumatico e interventi di prevenzione per gli operatori delle professioni di aiuto e dei sistemi di soccorso in emergenza NUE 112 Lazio." Rescue Press 02, no. 02 (April 1, 2022): 1. http://dx.doi.org/10.53767/rp.2022.02.01.it.

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Abstract:
Introduzione: Le professioni di aiuto: il contatto con la sofferenza altrui Tutti coloro che svolgono professioni d’aiuto, pur nella specificità di ciascun contesto, sono accomunati da un comune denominatore: il contatto continuo e prolungato con la sofferenza altrui. Tali professionisti, infatti, nello svolgimento della loro mansione, oltre alle competenze di natura tecnica, utilizzano anche e soprattutto abilità sociali e relazionali per soddisfare i bisogni di un’utenza che necessita urgentemente di aiuto. La caratteristica dell’urgenza crea le condizioni per cui una scelta sbagliata può diventare determinante per l’incolumità altrui. Gli operatori, in contesti emergenziali, si confrontano quotidianamente con il paradosso di “comportarsi come persone normali in situazioni anormali”. In tale scenario essi devono agire, rapidamente ed efficacemente, orientandosi al fare più che al sentire. Non è del tutto scontato che chi svolge un lavoro del genere sviluppi una forma di tolleranza alle emozioni generate da situazioni traumatiche. Il distanziamento emotivo è una risorsa di coping sicuramente funzionale per raggiungere l’obiettivo. Eppure tale distacco può diventare patologico quando l’operatore non è più in grado di entrare in contatto con le emozioni suscitate dall’evento traumatico, spinto dalla volontà non consapevole di voler aderire allo stereotipo dell’imperturbabilità. La conseguenza diretta di tale processo fa sì che si tendano a sovrastimare le proprie capacità, sperimentando un senso di inadeguatezza ancora maggiore quando per qualche ragione si perde il controllo.
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Scalcione, Vincenzo. "Educational and training conditions of learning environments: quality control standards in the school." Form@re - Open Journal per la formazione in rete 22, no. 1 (April 30, 2022): 188–202. http://dx.doi.org/10.36253/form-12607.

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Abstract:
The development of forms of monitoring of educational systems has meant to account for the functioning of educational organizations. In the evaluation, the methods of measuring quality have become the structural articulation of each organized system. The need was felt to use interactive management methods, capable of promoting continuous quality control, also through a systematic verification of results and feedback produced by users. The text analyzes similar organizational methods in educational contexts, where actions are affirmed to improve the quality of the service, through the use of indicators, with the aim of defining training standards for quality learning environments. The concept of effectiveness and improvement intersect in the ESI project, where schools from European countries were able to share the identifying elements for educational change. Condizioni educative e formative degli ambienti di apprendimento: gli standard di controllo della qualità nella scuola. Lo sviluppo di forme di monitoraggio dei sistemi educativi ha inteso dar conto del funzionamento delle organizzazioni educative. Nella valutazione le modalità di misurazione della qualità sono divenute l’articolazione strutturale di ogni sistema organizzato. Si è avvertita la necessità di utilizzare metodi di gestione interattivi, in grado di promuovere il controllo continuo della qualità, anche attraverso una sistematica verifica dei risultati e del feedback prodotto dagli utenti. Nel testo si analizzano simili modalità organizzative nei contesti educativi, dove si affermano azioni per il miglioramento della qualità del servizio, attraverso l’utilizzo di indicatori, con l’obiettivo di definire standard formativi per ambienti di apprendimento di qualità. Il concetto di efficacia e di miglioramento si incrociano nel progetto Esi, dove scuole dei paesi europei hanno potuto condividere gli elementi indentificativi per il cambiamento educativo.
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Costa, Lucio. "Towards a Lexically Oriented Automatic Parsing." Lingvisticæ Investigationes. International Journal of Linguistics and Language Resources 15, no. 1 (January 1, 1991): 1–40. http://dx.doi.org/10.1075/li.15.1.02cos.

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Abstract:
RIASSUNTO La ricerca sul linguaggio naturale condotta in Intelligenza Artificiale si è sviluppata, malgrado le apparenze, in modo alquanto indipendente dal la-voro dei linguisti. Da un lato sono stati elaborati modelli computazionali delle facoltà di lunguaggio che si configurano come largamente autonomi rispetto a quelli sviluppati in linguistica. D'altro lato, l'implementazione dei sistemi è stata influenzata da soluzioni pragmatiche connesse all'efficacia computazionale delle regole indipendenti dal contesto, alla necessità di evitare componenti trasformazionali inversi e ad una concezione rappresenta-zionale del significato. Il presente articolo propone l'interesse dei lavori lin-guistici di Z. S. Harris e M. Gross ai fini dello sviluppo di un'analisi sintat-tica automatica che sia a controllo diffuso e incentrata sul comportamento idiosincratico delle unità lessicali. Essa è anche inquadrata nel tentativo di gettare luce sulla natura del processo denotazionale. SUMMARY In spite of the claim on the interactions between artificial intelligence (AI) and linguistics, AI research on natural language has developed independently from the work of linguists. On one hand, computational models of the faculties of language which are independent from the models developed in linguistics have been worked out. On the other hand, the AI system design has been oriented towards practical solutions, whose main motivations where to use context-free rules, to avoid an inverse transformational component, and to represent meanings by some data structures. This paper is about the linguistic works of Z.S. Harris and M. Gross to develop automatic distributed control parsing which takes seriously into account the indiosyncratic behaviour of the lexical items. The general framework for the discussion is the procedural nature of the denotational process.
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Vignieri, Vincenzo, Carmine Bianchi, Astrid Pietrosi, and Giuseppe Provenzale. "Il contributo delle reti sanitarie "spontanee" al miglioramento degli outcome: opportunità e sfide nella prospettiva della progettazione dei sistemi di programmazione e controllo." MECOSAN, no. 109 (January 2020): 83–104. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2019-109005.

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McFarlane, Alexander C. "Il rebus della resilienza nell'impatto con eventi traumatici. Una prospettiva psicobiologica." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2010): 41–62. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-001004.

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Abstract:
La resilienza allo stress ambientale č un fenomeno multidimensionale che puň manifestarsi durante l'etŕ evolutiva o al momento dell'esposizione allo stress durante la vita adulta. Da un punto di vista biologico, una precisa defi nizione di resilienza č necessaria per consentire il progresso della ricerca in quest'area. Inoltre, risulta importante defi nire qual č la risposta normale ad un evento traumatico. Alcune recenti ricerche hanno sottolineato il fatto che molte persone sono esposte a fattori di stress maggiori di altre senza peraltro sviluppare sintomi signifi cativi. Il substrato biologico di questa apparente mancanza di reattivitŕ č investigato al meglio in studi longitudinali con molteplici rilevazioni di dati. Appare interessante, comunque, il fatto che gli studi di neuroimaging abbiano suggerito la possibilitŕ che le esposizioni ad eventi traumatici non siano comunque a costo zero. In particolare, la neuroimaging di individui traumatizzati che non hanno sviluppato patologia sembra indicare alcune differenze nell'attivitŕ neurale rispetto ai controlli non esposti, indicativi del fatto che la resilienza potrebbe essere associata ad un crescente carico allostatico. Approcci promettenti per comprendere meglio la resilienza sono rappresentati dagli studi che esaminano l'interazione tra geni ed ambienti ad alto rischio. Particolarmente interessanti risultano i geni coinvolti nella risposta di allerta ed orientamento all'ambiente come pure i sintomi correlati al controllo esecutivo. Tuttavia, una comprensione ottimale della resilienza verrŕ dalla comprensione di quali geni incidano sulle reti neuronali e non su singole regioni del cervello o su isolati sistemi di neurotrasmettitori. Quindi da una prospettiva neurobiologica la resilienza deve essere vista come un processo longitudinale di adattamento, caratterizzato da fasi in cui l'adattabilitŕ puň avere delle accelerazioni e fasi in cui la funzione č compromessa.
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Sharples, M., and B. du Boulay. "Cuore e testa: Il «tutore radiologico» e oltre." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 4 (November 1992): 465–71. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500410.

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Abstract:
Il presente lavoro tratta dell'insegnamento dell'interpretazione delle immagini mediche basato sul computer. Esso indica i vantaggi dell'assistenza del computer come metodo per fornire una consulenza sistematica accessibile per l'interpretazione delle immagini mediche, nonchè i problemi dati dalla sostituzione o dall'integrazione della figura dell'insegnante. Esso descrive il prototipo di un sistema di insegnamento relativo alle radiografie al torace ed illustra un progetto attualmente in corso per estendere il sistema alle immagini neurologiche della risonanza magnetica. Insegnare ad interpretare le immagini mediche è molto simile all'insegnamento in altre discipline, come la meteorologia, la botanica e la geologia, nelle quali le informazioni si presentano principalmente come immagini visive. Testi di psicologia dell'insegnamento forniscono chiare indicazioni su come insegnare le immagini visive e molte possono essere applicate all'insegnamento riferito alle immagini mediche. Ma le immagini mediche presentano problemi particolari: la qualità dell'immagine è fortemente influenzata da fattori tecnici come il tempo di esposizione; l'immagine è un'astrazione degradata della struttura fisica; le strutture tridimensionali sono ridotte a modulazioni dell'intensità dell'immagine; caratteristiche anatomiche cruciali possono essere nascoste da altre caratteristiche; e le caratteristiche possono assumere un'ampia gamma di valori in pazienti normali e in quelli con anomalie. Nonostante queste difficoltà non esiste un metodo affermato per insegnare ad esaminare le immagini mediche. Generalmente gli studenti imparano sui libri di testo e la loro esperienza di studio di casi è limitata a brevi incontri con un insegnante e un set di immagini scelte ad hoc. I sistemi di insegnamento basato sul computer offrono una soluzione al problema di fornire una consulenza sistematica accessibile. Essi sono stati sviluppati per altri settori della formazione professionale, come l'elettronica, la diagnosi di malattie infettive ed il controllo di processi industriali. Sono in grado di utilizzare varie strategie di insegnamento e di apprendimento, compresi lo sfogliare rapidamente il testo, l'esplorazione guidata, l'assistenza nello studio di casi e l'insegnamento diretto. Un computer può immagazzinare migliaia di immagini interrelate e collegate ad informazioni relative alle loro caratteristiche e alle patologie ad esse associate. Questo database può essere consultato per tenere una «lezione» costituita da una sequenza studiata di immagini esemplificatrici o per correggere le concezioni errate di uno studente mostrandogli immagini comparate.
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De Cristofaro, Ernesto. "La sovranità nei corsi di Foucault al Collège de France." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 313–40. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19256.

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Abstract:
Tra i temi di carattere giuridico e politico quello della sovranità è il più presente nei corsi che Michel Foucault ha tenuto presso il Collège de France dal 1970 al 1984. L’insegnamento presso questa istituzione – intitolato, nel suo caso, Storia dei sistemi di pensiero - obbedisce a regole particolari. Una tra queste è l’obbligo gravante sui docenti a non riproporre, di anno in anno, lo stesso corso di lezioni svolte in precedenza, ma di cambiare argomento. Al netto di questa clausola, negli anni che vanno dal 1973 al 1979, Foucault si occupa ripetutamente e intensamente di questioni che hanno una connessione molto esplicita e diretta con la dimensione del potere. Alcuni dei corsi tenuti costituiscono la base di opere che egli pubblica in questo periodo come Sorvegliare e punire o La volontà di sapere. È, certamente, all’interno dei corsi che si viene profilando l’idea del potere che attraversa la sua ricerca in questa fase temporale ed è grazie a questo laboratorio trasparente del suo lavoro che è possibile seguire l’analisi e la rielaborazione che egli svolge sull’argomento “sovranità”. Sebbene questo termine non sia mai espressamente presente nei titoli delle annualità didattiche, molte delle lezioni che impegnano l’insegnamento affidato a Foucault convergono su questa categoria. Foucault riceve dalla teoria giuridica e dalla politologia una parola alla quale si attribuisce pacificamente un preciso significato. Il titolare del potere sovrano è rappresentato, da una lunghissima e importante tradizione, come colui attorno al quale ruota il funzionamento dello Stato. Il sovrano è posto “in alto” e “al centro” della mappa del potere come il punto a partire dal quale e verso il quale si muovono tutti gli ingranaggi essenziali che fanno funzionare la macchina statuale. Inoltre, il sovrano è colui che esercita il proprio potere attraverso l’uso di una forza eminente, idonea a far rispettare le leggi, mantenere l’ordine e inibire qualunque ipotesi di sedizione. Foucault intende, viceversa, mettere in discussione questa lettura. L’itinerario che egli segue punta verso una fenomenologia dei rapporti di potere colti nella loro multiformità e disseminazione. Si tratta di osservare il potere rinunciando alla prospettiva della verticalità, come se esso fosse collocato presso una sola sede, alla prospettiva della patrimonialità, come se esso fosse posseduto esclusivamente da qualcuno e, infine, alla prospettiva della repressione, come se l’unica lingua che esso sapesse parlare fosse quella dell’intimidazione, della sanzione e delle armi. Per rileggere il potere bisogna, al contrario, studiarne il funzionamento presso apparati parziali della società, distribuiti trasversalmente e in grado di implementare una tecnologia che non si fonda sull’interdizione ma, al contrario, sulla sollecitazione della disciplina. Lungo il suo itinerario Foucault incontra lo sviluppo storico della penalità, nel cui perimetro viene sviluppandosi un potere fortemente individualizzante, capace di perseguire un incasellamento degli individui che si serve di molteplici tecniche di osservazione e descrizione operanti a vari livelli della struttura sociale; la storia della psichiatria, grazie alla quale la distinzione normale/anormale, e le conseguenti misure di monitoraggio e controllo della condotta deviante, hanno potuto avvalersi dell’uso di parametri “scientifici” e, pertanto, più cogenti; infine, la biopolitica, che ha ricollocato il tema della sottoposizione dei corpi a regole e vincoli, in vista della massimizzazione delle loro prestazioni, dalla scala degli individui a quella delle popolazioni, lasciando apparire dietro la figura tralatizia del sovrano che esprime la propria egemonia decidendo chi possa vivere e chi debba morire, l’immagine assai più concreta del potere anonimo delle regole di alimentazione, igiene e profilassi che stabiliscono come un’intera collettività debba essere curata e protetta.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Menis, Claudio. "Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Howe, Martin. "Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Mair, Peter. "IL DESTINO DEI PICCOLI PARTITI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 467–98. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008662.

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Abstract:
IntroduzioneNella abbondante letteratura che prefigura una crisi delle convenzionali forme di politica nelle democrazie dell'Europa occidentale un'enfasi speciale è stata posta sulla presunta sfida rivolta ai più tradizionali e consolidati partiti di massa. La stessa politica tradizionale è vista come passè ed i grandi partiti di massa, che ne rappresentano la più classica incarnazione, sono ritenuti — a torto o a ragione — strumenti sempre più inadeguati all'incanalamento delle forme contemporanee della rappresentanza.La vulnerabilità dei partiti di massa tradizionali pare derivare da due distinti processi. In primo luogo questi partiti sono ritenuti vulnerabili in termini ideologici e di politiche, in quanto rifletterebbero temi e problemi che corrispondono sempre meno agli interessi contemporanei. In secondo luogo, sono visti come vulnerabili sotto il profilo organizzativo, in quanto cittadini più istruiti, articolati e informati non sarebbero più soddisfatti della passività e/o anonimità che caratterizza la partecipazione in questo tipo di partiti e della natura essenzialmente oligarchica attraverso la quale si ritiene venga esercitato il loro controllo. Seguendo con varie intonazioni entrambe queste linee di ragionamento, gran parte della letteratura contemporanea pone conseguentemente l'accen to sulla erosione dei partiti tradizionali e suggerisce un potenziale riallineamento a favore di partiti più recenti e più piccoli, che appaiono allo stesso tempo più sensibili verso le nuove issues e più aperti verso nuove forme di partecipazione. L'emergere di partiti ecologisti in un gran numero di democrazie europee è spesso citato come la prova più evidente della base di un tale riallineamento, ma evidenza dello stesso tipo può anche essere individuata per un gruppo più ampio di partiti che vanno dai Radicali italiani a D'66 nei Paesi Bassi e ai Socialisti di sinistra in Danimarca e Norvegia (Poguntke 1987).Tuttavia, è chiaro che ognuno di questi argomenti ha implicazioni alquanto diverse. Se, per esempio, quello corretto è il primo, allora il motore principale del cambiamento è il grado di insoddisfazione programmatica e se i partiti tradizionali si rivelassero incapaci di adattarsi dovremmo aspettarci che il riallineamento conseguente favorisca i nuovi partiti. Se invece è corretta la seconda ipotesi, allora il cambiamento principale deriva da insoddisfazione organizzativa e potrebbe risultarne un riallineamento a favore dei piccoli partiti. In realtà i due processi possono essere combinati solo nella misura in cui partiti nuovi tendono anche ad essere partiti piccoli e viceversa, un punto su cui dovremo tornare in seguito.L'importanza di distinguere tra partiti nuovi e partiti piccoli emerge anche al semplice livello di definizione. Mentre la definizione di cosa costituisca un «nuovo» partito (rispetto a un partito della «nuova politica») non sembra porre difficoltà molto superiori a quelle di stabilire una data di soglia temporale, la definizione di cosa sia un partito «piccolo» è molto più problematica. In quest'ultimo caso sono disponibili due strategie. In primo luogo possiamo definire la piccola dimensione in termini di nlevanza sistemica, o facendo ricorso ai criteri identificati da Sartori (1976, 121-25) oppure a criteri alternativi anch'essi basati sul ruolo sistemico dei partiti in questione (Smith 1987). Tuttavia, in questo caso si tende inevitabilmente a parlare di partiti rilevanti o irrilevanti piuttosto che di partiti piccoli o grandi per sè. La seconda alternativa è quella più ovvia, secondo cui piccoli e grandi partiti possono essere distinti sulla base della semplice dimensione, sia essa elettorale, parlamentare, organizzativa o altro. Di sicuro i piccoli partiti possono essere partiti rilevanti e quelliirrilevanti · possono essere piccoli. In ultima analisi, tuttavia, nel nostro caso «piccolo» si deve riferire alla dimensione piuttosto che al ruolo.Questo lavoro è parte di un più ampio progetto dedicato alla esperienza dei piccoli partiti nell'Europa occidentale ed altri contributi del progetto tratteranno il ruolo sistemico dei piccoli partiti, le varie soglie di rilevanza nella loro vita e le varie esperienze in un gran numero di diversi contesti nazionali (Mueller, Rommel e Pridham, in via di pubblicazione). L'obiettivo di questo lavoro è semplicemente quello di offrire un quadro di sintesi sull'universo elettorale dei piccoli partiti nell'Europa occidentale del dopoguerra. Attraverso questa analisi spero di mostrare il grado in cui le fortune elettorali di tali partiti sono cambiate nel tempo, di identificare quei paesi e quei periodi in cui tali cambiamenti sono stati più pronunciati e, in particolare, di identificare quali piccoli partiti ne sono stati coinvolti.Va inoltre aggiunto che si tratta di una analisi a carattere largamente induttivo: cercherò prima di definire cosa costituisca un piccolo partito e in seguito di investigare le modalità e le spiegazioni del cambiamento nel sostegno elettorale aggregato di questi partiti. Intuitivamente si ha la sensazione che il sostegno elettorale dei piccoli partiti sia aumentato negli anni del dopoguerra. Per esempio, la recente nascita di piccoli partiti ecologici, così come le numerose analisi che suggeriscono un declino dei cleavages tradizionali di classe e religione e la crisi concomitante affrontata da quei partiti tradizionali e di grandi dimensioni che mobilitano il voto lungo queste linee di cleavage, sembrano implicare che i partiti di piccola taglia siano divenuti sempre più importanti con il tempo. Anche in questo caso, tuttavia, ci vuole cautela nel mettere in relazione prognosi di mutamento con una classificazione di partiti derivata dalla sola taglia. Non tutti i partiti piccoli sono partiti nuovi, né tantomeno partiti della «nuova politica», e molti si mobilitano elettoralmente in riferimento a linee di frattura molto tradizionali. Un esempio pertinente è quello del Partito popolare svedese in Finlandia. Inoltre, non tutti i nuovi partiti sono partiti piccoli, come evidenzia il successo elettorale della nuova Associazione Cristiano-democratica nei Paesi Bassi. Per la verità, si può anche dubitare che una categorizzazione dei partiti in soli termini di taglia abbia un significato teorico; ma questo è un problema diverso, sul quale torneremo in seguito.Nonostante questi caveat rimane incontestabile che una lettura non-critica della letteratura contemporanea suggerirebbe che vi è stato nel tempo un aumento di voti verso i piccoli partiti e questa ipotesi di partenza dirigerà la nostra analisi. Nella prossima sezione opereremo una classificazione dei partiti a seconda della loro taglia e, su questa base, una classificazione dei sistemi di partito a seconda della distribuzione dei diversi tipi di partiti. Successivamente analizzeremo la tendenza temporale del sostegno elettorale ai piccoli partiti e cercheremo di offrire alcune spiegazioni per la variazione di queste tendenze. Infine, esamineremo in che modo il voto per i piccoli partiti si distribuisce nelle diverse famiglie politico-ideologiche e studiere-mo l'andamento elettorale dei diversi sottogruppi di piccoli partiti, inclusi i «nuovi» piccoli partiti e i «vecchi» piccoli partiti.
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Paris, Marie-Luce. "The President as Commander in Chief in a comparative constitutional perspective under French and US law." Military Law and the Law of War Review 59, no. 2 (January 19, 2022): 196–243. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.02.03.

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Abstract:
The aim of this article is to conduct a comparative doctrinal analysis of the constitutional power of the President as Commander in Chief with reference to US law and French law. The comparative analysis will focus on the descriptive question of the scope of presidential war powers by exploring their normative implications in terms of the challenges they pose for democratic governance. It will be argued that while both constitutional systems have favoured the President as the pre-eminent decision-maker in military matters thereby reflecting an assumed normative choice of efficiency over accountability, the reality is more nuanced. The article proceeds in two stages. The first part critically analyses the constitutional foundations of the Commander in Chief Clause in both jurisdictions in light of doctrinal interpretations. The second part explains how institutional practice has shaped the exercise of the Commander in Chief power towards an undeniable, albeit problematic, presidential pre-eminence. The article concludes with comparative observations about the need to normalize certain aspects of the role, notably in keeping it under democratic checks. Cet article a pour but de procéder à une analyse doctrinale comparative du pouvoir constitutionnel du Président en sa qualité de Commandant en chef, en se référant aux droits américains et français. Cette analyse comparative se concentrera sur la question descriptive de l’étendue des pouvoirs de guerre présidentiels, en explorant leur implication normative en termes de défis qu’ils posent à la gouvernance démocratique. L’auteur avance que tandis que les deux systèmes constitutionnels ont favorisé le Président comme décideur prééminent dans les matières militaires, reflétant ainsi un choix normatif assumé d’efficacité plutôt que de responsabilité, la réalité est davantage nuancée. L’article se divise en deux parties. Dans la première partie, les fondements constitutionnels de la clause relative au commandant en chef dans les deux juridictions sont analysés de manière critique, à la lumière d’interprétations doctrinales. Dans la deuxième partie, il est expliqué comment la pratique institutionnelle a orienté l’exercice du pouvoir du Commandant en chef vers une prééminence présidentielle indéniable, bien que problématique. L’article se termine par des observations comparatives sur le besoin de normaliser certains aspects du rôle, notamment en continuant de le soumettre à des contrôles démocratiques. Dit artikel heeft tot doel een vergelijkende doctrinaire analyse te maken van de grondwettelijke macht van de president als opperbevelhebber onder verwijzing naar het Amerikaanse recht en het Franse recht. Deze vergelijkende analyse is gericht op de beschrijvende vraag van de reikwijdte van de presidentiële oorlogsbevoegdheden door in te gaan op de normatieve implicaties ervan op het vlak van de uitdagingen die zij stellen voor democratisch bestuur. De auteur betoogt dat, hoewel in beide grondwettelijke stelsels de voorkeur wordt gegeven aan de president als de beleidsmaker bij uitstek in militaire aangelegenheden, wat een afspiegeling is van een aanvaarde normatieve keuze van efficiëntie boven verantwoordingsplicht, de realiteit genuanceerder is. Het artikel bestaat uit twee delen. In het eerste deel worden de grondwettelijke grondslagen van de clausule betreffende de opperbevelhebber in beide rechtspraken kritisch geanalyseerd in het licht van doctrinaire interpretaties. In het tweede deel wordt uiteengezet hoe de uitoefening van de macht van de opperbevelhebber in de institutionele praktijk is geëvolueerd in de richting van een onmiskenbare, zij het problematische, presidentiële superioriteit. Het artikel sluit af met vergelijkende observaties over de noodzaak om bepaalde aspecten van de rol te normaliseren, met name door deze onder democratische controle te houden. Lo scopo di questo articolo è di condurre un’analisi dottrinale comparativa sui poteri costituzionali del Presidente come Comandante in Capo ai sensi del diritto statunitense e francese. L'analisi comparativa si concentrerà in modo descrittivo sull’ambito dei poteri di guerra presidenziali, esplorando le loro implicazioni normative in termini di sfide che pongono al governo democratico. Si argomenterà come, mentre entrambi i sistemi costituzionali hanno favorito il Presidente come decisore preminente in materia militare, riflettendo così una presunta scelta normativa di efficienza rispetto alla responsabilità, la realtà è più sfumata. L'articolo procede in due fasi. La prima parte analizza criticamente, in entrambe le giurisdizioni, i fondamenti costituzionali della Commander in Chief Clause, alla luce delle interpretazioni dottrinali. La seconda parte descrive come la pratica istituzionale abbia modellato l'esercizio del potere del Comandante in Capo verso un'innegabile, anche se problematica, preminenza presidenziale. L'articolo si conclude con osservazioni comparative sulla necessità di normalizzare alcuni aspetti del ruolo, in particolare nel mantenerlo sotto controllo democratico. El objeto del artículo es analizar comparativamente la doctrina sobre los poderes constitucionales del Presidente como Comandante en Jefe tanto en el Derecho estadounidense como francés. El análisis comparativo se centra en la cuestión descriptiva del alcance de los poderes de guerra presidenciales mediante el examen de sus implicaciones normativas en términos de los desafíos que plantean para la gobernabilidad democrática. Se argumenta que si bien ambos sistemas constitucionales han favorecido al presidente como el principal tomador de decisiones en asuntos militares, reflejando así una elección normativa asumida de eficiencia sobre responsabilidad, la realidad es sin embargo más compleja. El artículo consiste en dos partes. La primera parte analiza críticamente los fundamentos constitucionales de la Cláusula de Comandante en Jefe en ambas jurisdicciones a la luz de interpretaciones doctrinales. La segunda parte explica cómo la práctica institucional ha moldeado el ejercicio del poder del Comandante en Jefe hacia una preeminencia presidencial innegable, aunque problemática. El artículo concluye con observaciones comparativas sobre la necesidad de normalizar ciertos aspectos de la función, en particular para mantenerlo bajo control democrático. Ziel dieses Artikels ist es, eine vergleichende doktrinäre Analyse der konstitutionellen Macht des Präsidenten als Oberfehlshaber, unter Bezug auf französisches und US-Recht, vorzunehmen. Diese vergleichende Analyse konzentriert sich auf die deskriptive Frage der Tragweite der Präsidialkriegsgewalt, indem ihre normativen Konsequenzen in Bezug auf die Herausforderungen für die demokratische Staatsführung geprüft werden. Dabei wird behauptet, dass, obwohl beide konstitutionellen Systeme den Präsidenten als wichtigsten Entscheidungsträger in Militärangelegenheiten bevorzugt haben, was eine allgemein akzeptierte normative Wahl für Effizienz vor Rechenschaftspflicht widerspiegelt, die Wirklichkeit nuancierter ist. Der Artikel ist in zwei Teilen aufgeteilt. Der erste Teil analysiert auf kritische Weise die konstitutionellen Grundlagen der Oberbefehlshaberklausel in den beiden Rechtsprechungen im Licht doktrinärer Interpretationen. Im zweiten Teil wird erklärt, wie die institutionelle Praxis die Ausübung der Oberbefehlshabergewalt zu einer unleugbaren – wenn auch problematischen – präsidialen Vorrangstellung gestaltet hat. Der Artikel beschließt mit vergleichenden Bemerkungen zur Notwendigkeit, gewisse Aspekte der Rolle zu normalisieren, insbesondere indem sie demokratischen Kontrollen unterworfen wird.
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Mazzei, João Roberto Fortes, Estevão Freire, Eduardo Gonçalves Serra, José Ronaldo de Macedo, Angélica Castanheira de Oliveira, Lucia Helena Pinto Bastos, and Maria Helena Wohlers Morelli Cardoso. "Ricerca sul campo: un’analisi comparativa tra metodi convenzionali, biologici e sostenibili di produzione del pomodoro." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, February 16, 2021, 125–46. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/ingegneria-ambientale-it/produzione-del-pomodoro.

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L’agricoltura rappresenta uno dei principali pilastri dell’economia brasiliana, la sua importanza è legata alla sicurezza alimentare e alla generazione di opportunità di lavoro. Tuttavia, è necessario avere una riflessione critica sulla sostenibilità della semina. Tra i diversi tipi di colture, il pomodoro si è distinto come uno dei frutti più piantati e consumati al mondo. Questo articolo fornisce una valutazione comparativa tra tre tipi di piantagione di pomodori: convenzionale, biologica e sostenibile (TOMATEC®), dalla preparazione del terreno alla commercializzazione sul mercato. Il lavoro è stato svolto nel nord dello stato di Rio de Janeiro, insieme a gruppi che producono i frutti in questi tre tipi di impianto. La metodologia si è basata su un questionario non strutturato, con risposte libere, applicato agli agricoltori della regione. Riteniamo che questo studio contribuirà all’orientamento della società attraverso i dati ottenuti da criteri di elaborazione delle informazioni seri. I principali risultati hanno mostrato, attraverso il sistema di impianto sostenibile di EMBRAPA (innovazione), che è possibile utilizzare pesticidi con consapevolezza ambientale e produrre frutti privi di residui. Le malattie, nel sistema convenzionale, sono controllate mediante l’applicazione di fungicidi e battericidi. Nella piantagione sostenibile viene utilizzata una miscela di detersivo fatto in casa con olio di soia, miscela bordolese, latte vaccino, fungicidi da contatto e fungicidi sistemici, e nel sistema di produzione biologico è comune non lasciare che la malattia si depositi nella pianta, attraverso il controllo preventivo della preparazione e protezione del suolo. Nella disinfestazione, il sistema convenzionale esegue l’applicazione di insetticidi composti da diversi principi attivi. Nel sistema organico, il controllo degli insetti è privilegiato bilanciando il suolo, con questo le piante acquisiscono una maggiore resistenza a malattie e parassiti. Nel sistema sostenibile non esiste un trattamento preventivo, ma curativo. I prezzi di mercato della frutta per le piantagioni convenzionali oscillano e dipendono dall’offerta, mentre i pomodori provenienti da sistemi biologici e sostenibili non oscillano. La produzione biologica non ha la capacità installata per soddisfare le richieste del mercato. Con questo, il sistema sostenibile ha guadagnato spazio nel mercato e si è espanso nel sud-est e nel sud del paese.
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Carrasco de Paula, Ignacio, and Dario Sacchini. "Valori comuni e politica sanitaria per un'Europa unita." Medicina e Morale 54, no. 4 (August 30, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2005.383.

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Abstract:
L’articolo affronta il tema dei valori sottesi alla sanità nella prospettiva dell’Uinione Europea, soprattutto dopo l’elaborazione della Costituzione. In particolare, gli autori pongono tre questioni: 1. quali valori vengono messi in gioco in relazione al comparto socio-sanitario? 2. quale congruenza hanno detti valori rispetto alla centralità della persona considerata come fine della nuova Costituzione europea? 3. quali condizioni dovrebbe rispettare una politica sanitaria per pervenire al valore-persona? Riguardo al primo quesito, viene delineato sinteticamente il quadro delle diverse strutturazioni della sanità: assicurazioni, mutualità, sistemi sanitari ad accesso universale e solidaristica. Sulla seconda domanda, viene evidenziato il diverso livello di congruenza fra i diversi modi di strutturare la sanità e la centralità della persona umana. L’articolo si conclude enucleando i capisaldi valoriali sui quali andrebbe costruita una politica sanitaria adeguata alla complessa realtà dell’umano, valori che andrebbero perseguiti in campo sanitario, coerentemente al patrimonio culturale e storico dell’Europa oltre che al trattato costituzionale. Si tratta, in breve, delle seguenti condizioni: 1. ogni scelta, anche quella più tecnica, non può prescindere da una precisa assunzione di priorità, dunque di valori; 2. la scelta a favore di un servizio sanitario a controllo pubblico e ad accesso universale secondo i bisogni di salute della popolazione; 3. la costante ricerca del bene comune nelle scelte macro-allocative; 4. l’indicazione clinica come criterio aureo nelle scelte micro-allocative; 5. l’evitamento di ogni deriva individualistica dei sistemi sanitari; 6. la portata etica delle dinamiche organizzative; 7. il trade-off tra efficienza, efficacia ed equità va ricercato non a spese ma per l’uomo. ---------- The article deals with the issue of the values subtended to the health in the perspective of the European Union, after the elaboration of the Constitution. Particularly, the Authors set three questions: 1. which values are at stake in relationship to the health care field? 2. which congruence do these values have in comparison to the centrality of the human person, considered as the “end” of the new European Constitution? 3. which conditions should an health policy respect to reach to the value-person? Concerning the first question, it is shown the panorama of the different settings of health care: i.e., systems based on insurances, mutuality, and health care services. Regarding the second question, the different level of congruence is underlined between the different ways to structure health and the centrality of the human person. The article concludes enucleating the moral milestones on which a suitable health policy to the complex reality of the human should be built, values that are go pursued in health field, coherently to the cultural and historical patrimony of Europe over that to the constitutional treaty. The conditions are the following: 1. every technical choice can not put aside from a precise assumption of priority, therefore of values; 2. the choice in favour of a public health care service, according to the needs of health of the population; 3. the constant search for the common good at the macro-allocative level; 4. the golden criterion of clinical indication at the micro-allocative level; 5. avoiding every individualistic drift of the health care systems; 6. the ethical relevance of the organizational dynamics; 7. the trade-off between efficiency, effectiveness and equity should pursued “for” the man and not against him.
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