Journal articles on the topic 'Sistema formativo in ambito sanitario'

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Colarusso, S. "A survey to photograph Italy’s young diabetology." Journal of AMD 24, no. 4 (February 2022): 288. http://dx.doi.org/10.36171/jamd21.24.4.9.

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Abstract:
Il Gruppo Nazionale Giovani AMD ha condotto nel Gennaio 2020 una survey rivolta a giovani diabetologi under 45, al fine di ottenere un’istantanea della next generation diabetologica. La survey, partita il 15 gennaio 2020 via mail (Google Moduli), ha incluso 23 quesiti, suddivisi per sezioni: raccolta dati anagrafici, genere/formazione, contesto lavorativo (tipologia di contratto, sede lavorativa, attività prevalente), criticità/esigenze, rapporti con le società medicoscientifiche, utilizzo dei canali social, grado di motivazione. Fra i 259 giovani diabetologi che hanno partecipato alla survey (età: 55% 30-40, 27% 40-45, 8% <30) notevole è stata la differenza di genere con prevalenza del sesso femminile (64% ). La predominante specializzazione indicata è l’endocrinologia (~71%); circa il 45% dei giovani diabetologi italiani lavora con un contratto di dipendenza, il 25% come libero professionista e circa il 17% in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale come specialista ambulatoriale territoriale. Nel 73% dei casi il tipo di attività svolta è prevalentemente/ esclusivamente ambulatoriale , il 54% la svolge in prevalente ambito diabetologico, il 42% anche endocrinologico. Tramite una scala di grading numerico (punteggio da 1 a 4) le maggiori criticità indicate sono: l’organizzazione lavorativa, la mancanza del team diabetologico, l’impossibilità di prescrivere farmaci richiedenti un piano terapeutico se non con un contratto di lavoro pubblico, gli spazi fisici delle strutture lavorative. Fra le principali esigenze rilevate al primo posto l’implementazione della formazione professionale (73%). Le aree di maggior interesse sono: terapie innovative, tecnologie, diabete e gravidanza, telemedicina, educazione terapeutica. L’80% dei giovani diabetologi ha espresso un alto livello di motivazione ad essere coinvolti in iniziative associative grazie alla nascita del Gruppo Nazionale Giovani AMD. La forte motivazione dei giovani diabetologi rappresenta un’ottima base e punto di partenza per favorire una collaborazione fra le classi dirigenziali attuali e future, approntando insieme dei percorsi di crescita e formazione professionali in linea con il sapere, saper fare e saper essere. PAROLE CHIAVE giovane diabetologo; setting lavorativo; bisogni formativi; motivazione.
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Zanutto, Alberto, and Enrico Maria Piras. "Al "gran ballo" delle Ict in ambito sanitario: la presentazione del sistema Phr." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 122 (June 2011): 235–46. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-122017.

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Abstract:
Il paper affronta nello specifico il processo di presentazione di una innovazione Ict, applicata al sistema sanitario, che mette i pazienti al centro di un nuovo dispositivo di archiviazione e gestione dei dati sanitari. Un sistema che in letteratura viene definito Personal Health Record (Phr). La Phr si presenta come una innovazione tecnologica che ridefinisce il ruolo del cittadino nei confronti del sistema sanitario tradizionale. Il cittadino, infatti, non viene più considerato qui come l'oggetto descritto nei documenti scambiati tra medici, quanto piuttosto l'attore maggiormente interessato al fluire delle proprie informazioni sanitarie nella rete dei curanti, al fine di assicurarsi la migliore assistenza possibile. L'attivitŕ di campo, durata circa due anni, ha permesso di ricostruire e analizzare la transizione che ha visto questa tecnologia passare dall'enunciazione iniziale alla concretezza tangibile della sperimentazione. Attraverso la metafora del "presentarsi in societŕ", vicenda tipica dei ricevimenti e dei balli organizzati dai ceti nobili nell'epoca moderna, si cerca di riflettere su come i sistemi Ict di nuova concezione affrontino l'arena eterogenea dei sistemi informativi residenti e si intersechino con altri sistemi preesistenti dotati di specifiche "capacitŕ" politiche.
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Puca, Antonio. "Economia e politica come ideologia: Il problema del razionamento delle cure sanitarie." Medicina e Morale 42, no. 2 (April 30, 1993): 307–30. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1059.

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Abstract:
Lo studio prende in esame il problema dell'allocazione delle risorse in ambito sanitario valutandone le implicazioni etiche e sociali. Dopo un'analisi sociologica di modelli di organizzazione sanitaria, l'Autore fa una valutazione etica del problema, sottolineando come la razionalizzazione del sistema assistenziale e delle prestazioni venga prima del razionamento delle cure sanitarie. Ma qualora questo si renda necessario occorre far riferimento ad alcuni criteri: l'etica delle virtù; le procedure pubbliche; l'equa distribuzione, una buona pratica medica, il ruolo dei cristiani, tenendo presente che il medico non può essere il controllore delle risorse per via dei suoi obblighi morali nei confronti del paziente.
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Cervia, Silvia. "Governare la salute. Una riflessione sul modello di network toscano." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 4 (November 2011): 101–20. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-004007.

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Abstract:
Le trasformazioni dell'epoca post-moderna hanno inciso tanto profondamente sui sistemi sanitari da metterne in discussione il meccanismo stesso di legittimazione. Guardare alla salute come al risultato di un complesso sistema di variabili biologiche, fisiologiche, economiche, culturali e sociali implica infatti un ripensamento del tradizionale assetto di, fondato sulle gerarchie burocratiche e sui saperi esperti. Emergono cosě nuove forme di regolazionein grado di agire sulle diverse variabili intervenienti attraverso percorsi e processi di cooperazione tra i diversi attori pubblici e privati (). A partire dai diversi assetti di potere che un sistema a rete puň descrivere, l'articolo esplora i cambiamenti intervenuti sull'assetto dei poteri regolativi in ambito sanitario per individuare i principi ispiratori del modello didefinito dalla Regione Toscana attraverso le "Societŕ della Salute".
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Fucci, Stefania. "Un diritto nel "labirinto": la salute tra livelli essenziali di assistenza e costi standard." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (July 2012): 69–87. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002004.

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Abstract:
La Costituzione italiana ha riconosciuto il diritto alla salute come diritto soggettivo, che si sostanzia in una pretesa da parte dei cittadini a ottenere prestazioni e servizi, e in un correlativo obbligo in capo allo Stato di fornirli. In Italia, le politiche sanitarie adottate a partire dal 1948 sono state di fatto il risultato del contemperamento di due differenti esigenze: il soddisfacimento, da un lato, di tale diritto soggettivo, e dall'altro, di obiettivi di politica economica. Il lavoro passa in rassegna i principali dettati normativi che hanno avuto a oggetto il sistema sanitario italiano a partire dalla legge 833/78, per giungere all'analisi e alla discussione del recente decreto legislativo (n. 68/2011) che dŕ attuazione al federalismo fiscale in ambito sanitario, al fine di mettere in evidenza gli aspetti che sembrano andare nella direzione del riconoscimento del diritto sostanziale, e quelli che possono, invece, impedirne il pieno soddisfacimento.
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D’Ugo, D., A. Cambieri, L. Mascellari, and F. Berloco. "Organizzazione e management per la qualità totale della prestazione sanitaria." Medicina e Morale 45, no. 2 (April 30, 1996): 251–70. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.914.

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Abstract:
Uno dei temi di maggiore interesse ed attualità in ambito sanitario è la necessità di conciliare l’attenzione verso le esigenze assistenziali della popolazione con il contenimento dei costi, di per sé in crescita costante e per molti aspetti incontrollabile. Questa sfida è stata sino ad oggi solo in parte raccolta dal nostro Sistema Sanitario, anche a causa di una incompleta ed inadeguata formazione degli operatori su tali tematiche. Nondimeno, le ricerche finalizzate ad un più razionale utilizzo delle risorse disponibili sono sempre più numerose ed - ovviamente - coinvolgono direttamente i clinici. Tra gli aspetti indagati frequentemente vi è quello che concerne l’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri. Muovendo da queste considerazioni gli Autori hanno voluto analizzare i margini di azione entro cui è possibile impostare seri programmi di tutela dei bisogni collettivi di salute che soddisfino sia le esigenze di una maggiore qualità delle prestazioni sanitarie - anche attraverso soluzioni organizzative alternative rispetto al ricovero tradizionale - sia i necessari requisiti di eticità, secondo la visione morale personalistica.
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Torres, Miquel, Francesc Cardellach, Magdalena Bundó, and Josep Anton Capdevila. "Sistema formativo MIR: propuesta de cambios para la adecuación a las necesidades del modelo sanitario." Medicina Clínica 131, no. 20 (December 2008): 777–82. http://dx.doi.org/10.1016/s0025-7753(08)75504-0.

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Bignamini, Angelo A. "La persona centro e misura di ogni sistema sanitario." Medicina e Morale 51, no. 1 (February 28, 2002): 81–99. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.713.

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Abstract:
L’organizzazione sanitaria è l’insieme delle strutture, funzioni e responsabilità che dovrebbe garantire l’adeguata gestione della sanità in un ambito definito. I soggetti coinvolti nel sistema sanitario sono le persone afferenti (sane e malate); gli operatori (medici e operatori sanitari non medici); l’ambito in cui esso viene attuato (società). Essa è quindi il punto di incontro di tre realtà eminentemente umane: la medicina, l’etica, la società. I requisiti per un’adeguata organizzazione sanitaria implicano perciò la coesistenza dei principi fondamentali della medicina, dell’etica, della convivenza sociale. La medicina pone al suo centro il bisogno dell’essere umano che incontra il limite ai propri diritti nativi alla vita (cioè la morte) e alla salvaguardia di salute e integrità (cioè la malattia). La convivenza sociale impone la ricerca di un equilibrio tra i bisogni di ciascuno e la capacità di risposta della collettività nel suo complesso, incluse anche le capacità spontanee di aggregazione e di servizio, secondo priorità dettate dalla natura del soggetto del bisogno (la persona umana malata) e non pregiudizialmente definiti dall’osservatore. L’etica tutela i diritti nativi del soggetto (quoad justum), quindi determina procedure coerenti con la natura di quanti implicati nella progettazione e gestione dell’organizzazione sanitaria. In un approccio bioetico ontologicamente fondato, i criteri primi sono quelli che si riferiscono ai soggetti autonomamente esistenti, quindi alle persone. Subordinati e dialoganti con questi sono i criteri secondi, cioè quelli relativi alle entità per sé non esistenti se non in dipendenza dell’essere dei soggetti autonomi: la società e, in ulteriore subordine, il “governo”, sia esso regionale, sia nazionale. Esistono visioni alternative, nelle quali i criteri principali sono invece quelli, di stampo illuminista, relativi alla “collettività”, allo “stato”, cui si debbono subordinare i singoli “individui”. Già l’utilizzo di “individuo” contrapposto a “persona” mette in luce come questo approccio sia ideologico (basato su ipotesi astratte definite a priori) anziché scientifico (basato sull’osservazione della realtà). I due approcci originano sistemi organizzativi della sanità contrapposti tra loro, con ruoli diversi anche per gli operatori e soprattutto per il medico. Nel modello illuminista di stato etico gli strumenti matematico-statistici e matematico- economicisti (DRG, EBM, linee guida) diventano gabbie interpretative (ideologiche) della realtà. Nel modello sociale tutti gli strumenti disponibili vengono impiegati come uno dei mezzi possibili, insieme a scienza, coscienza e compassione, per descrivere la complessa realtà della singola persona che si pone in relazione con il medico portando i propri bisogni di salute, espressi ed inespressi. Secondo la bioetica personalista il criterio giustificante di qualunque “sistema” e qualunque “organizzazione”, inclusa l’organizzazione della sanità, è il “bene” di tutti i soggetti (malati e operatori con pari dignità), che si manifesta nel rispetto dei loro diritti, primo fra tutti il diritto alla difesa di vita e integrità, alla salvaguardia della salute, al rispetto dei criteri morali e religiosi di ciascuno. In questo contesto la persona rimane l’elemento centrale di riferimento della “organizzazione”, il rispetto della natura della persona rimane la misura della sua validità, la possibilità del “bene” della persona resta il criterio di valore. Esperienze in atto con questa visione non sembra siano, peraltro, meno efficienti di quelle basate sulla visione opposta. In questo contesto il medico, essendo l’operatore più prossimo al soggetto, ha però anche la responsabilità di agire come difensore dei diritti del malato (funzione etica) nei confronti del sistema organizzativo, anziché essere semplicemente un “fornitore di servizi”, dato che la salute non può essere ricondotta a “prodotto” o “servizio”, né può comprimersi nella definizione di “cliente” o “utente” la persona malata.
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Velotti, Patrizia, Cecilia Serena Pace, Valentina Patti, and Giulio Cesare Zavattini. "Del transitare nel focus group: riflessioni a margine di un'esperienza." GRUPPI, no. 2 (April 2011): 105–18. http://dx.doi.org/10.3280/gru2010-002008.

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Abstract:
I fenomeni migratori si contraddistinguono come una realtŕ estremamente attuale, densa di implicazioni che meritano di essere approfondite. In ambito sanitario, l'area relativa alle professioni di cura si caratterizza come un importante settore nel quale poter valutare e studiare gli effetti e le peculiaritŕ di una crescente multiculturalitŕ. Ed č qui che nel corso degli ultimi anni lo studio dei concetti della salute, della malattia e della cura nei campioni di utenti si č rivelato particolarmente proficuo mettendo in evidenza le possibili dissimilaritŕ di queste concezioni in seno alle varie culture. Attualmente, tuttavia, la massiccia immissione di personale, soprattutto infermieristico, proveniente da altri contesti porta gli stessi professionisti della salute a lavorare in équipe che, oltre che interdisciplinari, risultano molto spesso anche multi-culturali. In questo senso, il migrante non dovrebbe piů essere concepito solamente come utente dei servizi, ma anche come operatore e dunque come parte integrante del sistema sanitario in cui si inserisce. In risposta al rinnovato interesse verso le eventuali differenze, sia nelle modalitŕ di rappresentare la salute e la malattia, sia negli aspetti relativi al modo in cui i diversi gruppi culturali intendono il "fornire cure" č stata condotta la ricerca qualitativa alla quale questo lavoro fa riferimento.
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Represas Carrera, Francisco Jesús, Lorena Comesaña Diego, Álvaro Carrera García, Manuel Vidal Fernández Fernández, Francisco Javier Rodríguez Iglesias, Ana Isabel Calvo Pérez, and Rita Díaz Hoyos. "Situación actual de la especialidad de Enfermería Familiar y Comunitaria en España." Enfermería Global 15, no. 4 (September 27, 2016): 197. http://dx.doi.org/10.6018/eglobal.15.4.225041.

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Abstract:
bjetivo: Conocer la realidad sobre la aplicación del programa formativo en cada una de las Unidades Docentes Multiprofesionales de Atención Familiar y Comunitaria, y también describir la situación actual y perspectivas laborales de los actuales especialistas de Enfermería Familiar y Comunitaria.<br />Método: Estudio descriptivo de corte transversal realizado durante los meses de Septiembre y Octubre del 2014 a los profesionales residentes y especialistas de Enfermería Familiar y Comunitaria de toda España. Para obtener los datos se facilitó de forma online un cuestionario autoadministrado de carácter voluntario y anónimo, el cual fue elaborado por un grupo de expertos en la especialidad de Enfermería Familiar y Comunitaria pertenecientes a la Asociación Gallega de Enfermería Familiar y Comunitaria de Galicia (AGEFEC).<br />Resultados: Se estudió una muestra de 342 profesionales. El 69% eran residentes y el 31% especialistas en Enfermería Familiar y Comunitaria. El 54% de los especialistas y el 56% de los residentes indican un déficit en la adquisición de competencias recogidas en el programa formativo de su especialidad. El 46% de los especialistas está trabajando actualmente en el ámbito de la Atención Primaria. <br />Conclusiones: Resulta de vital importancia ofrecer una formación especializada en Enfermería Familiar y Comunitaria lo más homogenizada posible, sirviendo como un instrumento necesario para garantizar la calidad de la formación en todo el sistema sanitario.<br /><br />
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Mazza, Caterina, and Samuele Calzone. "Spazi di apprendimento virtuali e integrati: l’esperienza di alcune scuole italiane impegnate nei progetti ‘PON per la scuola’ nell’affrontare l’emergenza COVID-19." IUL Research 3, no. 6 (December 21, 2022): 46–61. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i6.307.

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Abstract:
Negli ultimi anni il dibattito sull’educazione si è arricchito di una nuova componente che prevede, come proposto da Loris Malaguzzi (I cento linguaggi dei bambini. L'approccio di Reggio Emilia all'educazione dell'infanzia, 2010), di considerare lo spazio come il “terzo educatore”, capace di sostenere l’apprendimento in una prospettiva di inclusione e di ascolto. È ormai riconosciuto il ruolo dello spazio nei processi di rinnovamento dei sistemi scolastici, così come promosso dalle ricerche dell’OCSE: l’ambiente fisico risulta determinante nello sviluppo del benessere degli studenti (Cuyvers, 2011), nella possibilità di accedere all’istruzione e infine nell’acquisizione di competenze chiave (Von Ahlefeld, 2009). A partire dal 2020, l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del COVID-19 ha costretto le scuole di ogni ordine e grado a ripensare la didattica online e a rivedere, di conseguenza, l’ambiente scolastico. L’iniziale sospensione delle attività didattiche in presenza e la realizzazione, successivamente, di una didattica mista (presenza-online) ha alterato l’organizzazione degli spazi scolastici, accentuando in alcuni casi forme di diseguaglianza (relative, ad esempio, all’accesso ai device tecnologici) che hanno contribuito ad aumentare il divario e la povertà educativa nei territori (Save The Children, 2 marzo 2021). In tale prospettiva, il presente studio ha approfondito la risposta che le scuole secondarie di secondo grado, all’interno dell’opportunità offerta dal Programma Operativo Nazionale PON Per la Scuola 2014-2020, hanno sperimentato in termini di didattica a distanza, durante i mesi del primo lockdown (marzo-giugno 2020) e nel primo quadrimestre dell’a.s. 2020/2021. Sono state individuate 12 scuole particolarmente attive che sono state coinvolte in una analisi qualitativa: l’indagine ha permesso anche di individuare alcuni casi virtuosi di istituti che hanno organizzato lo spazio di apprendimento virtuale sia acquistando strumentazione tecnologica per dotare il proprio istituto di attrezzature adeguate, sia offrendo una formazione specifica al corpo docente in relazione all’uso delle TIC e delle metodologie didattiche maggiormente funzionali all’erogazione della didattica a distanza e digitale integrata. L’obiettivo è capire come un ripensamento dello spazio, in forme miste (presenza-online), abbia promosso il recupero della dimensione di inclusione e di collaborazione che sono alla base dello sviluppo delle competenze: l’ambiente fisico facilita infatti l’espressione di bisogni e di esigenze specifiche ma richiede, allo stesso tempo, una metodologia didattica adeguata e una disponibilità di tecnologie. Questa analisi intende cogliere le prospettive di miglioramento e gli ambiti su cui sarebbe auspicabile pianificare interventi di tipo formativo e di supporto alle scuole per il futuro, oltre che estendere ulteriormente l’analisi esplorando altre realtà. Un’ulteriore prospettiva di ricerca futura potrebbe coinvolgere gli studenti che hanno sperimentato la didattica a distanza in una riflessione meta-cognitiva sul loro processo di apprendimento in relazione allo spazio fisico e virtuale in cui si svolge la relazione pedagogica.
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Tambone, Vittoradolfo, Gaetano Piccinocchi, and Massimiliano Andrea Vitali. "Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i medici di base in Italia." Medicina e Morale 62, no. 2 (April 30, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.101.

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Abstract:
Il medico di Medicina Generale, per la natura della sua professione, si trova spesso di fronte a problematiche etiche e bioetiche molto diverse, almeno in termini di applicazione, da quelle in cui si trovano i medici ospedalieri e che sembrano coinvolgere la Pratica Clinica nel suo complesso (tessuto sociale e familiare, la medicina del territorio). Tali dinamiche, a volte, rimangono ignorate e lontane anche dagli obiettivi didattici del sistema universitario italiano. L’obiettivo di questo studio pilota, è quello di raccogliere dati oggettivi sufficienti per poter organizzare un piano formativo specifico che colleghi il mondo universitario e la medicina del territorio. A tal fine è stato predisposto un questionario dall’analisi del quale emerge che i principali problemi etici percepiti dai medici di Medicina Generale sono la comunicazione di cattive notizie, i problemi familiari associati alle dipendenze (alcol, droghe, eccetera) ed il rapporto con i colleghi. Si può affermare, in base ai dati raccolti, che i problemi legati alla comunicazione (che in Letteratura rappresentano circa il 5% rispetto a quelli abitualmente considerati prioritari nel dibattito bioetico – quali aborto, fecondazione in vitro ed eutanasia) e quelli derivanti dalla difficoltà nel relazionarsi con i problemi accessori a quelli strettamente sanitari, come ad esempio i problemi familiari associati alle dipendenze, sono prioritari nella percezione degli intervistati. È emerso, inoltre, che il sentire la necessità di acquisire strumenti formativi in ambito etico è correlato all’esperienza della difficoltà ad interagire con questa tipologia di problematiche che non varia in funzione degli anni lavorativi trascorsi. Infine è emerso che le attività formative preferite (corsi residenziali, ECM e Master) sono quelle che permettono maggiore relazione formativa interpersonale sia con docenti (relazione verticale), sia con colleghi (relazione orizzontale). Tale tendenza suggerisce di dedicare maggiore attenzione alla formazione relazionale, probabilmente inserendo nella didattica formale moduli specifici di Psicologia Sociale e di Antropologia. ---------- The general practitioner, by nature of his profession, is often faced with many different ethical and bioethical issues from those with which other physicians who work in healthcare facilities are faced with. These problems seem to involve the whole social and family structure and primary healthcare, concerning aspects that are sometimes disregarded and distant even from the learning goals of the Italian university system. The aim of this pilot study is to collect objective data enough to organize a specific training plan that links university to general practice medicine. A questionnaire was therefore developed and submitted in an anonymous form to the participants of the 32nd National Congress of the Italian Society of General Medicine, held in Florence in November of 2011. The analysis of the questionnaires has shown that the main ethical problems perceived among general practitioners are communicating bad news, family problems associated with addictions (alcohol, drugs, etc.) and professional relationships with colleagues. According to the data collected, the following matters are most important for the respondents: problems related to communication (which in literature represent about 5% of the priorities usually considered the bioethical debate – such as abortion, in vitro fertilization and euthanasia) and those arising from the difficulty in incidental problems which are not strictly healthcare related, such as family problems associated with addictions. Furthermore feeling the need to acquire tools and training in ethics is related to experiencing the uneasiness with this kind of problem, and the fact that this uneasiness does not change with the years spent working, suggests that it is constantly present in this professional category. However, as many as 27% of respondents affirm they have not encountered ethical issues during their career. Finally it was found that the preferred learning types (residential courses, CME and post graduate diplomas) are those that allow greater interpersonal or educational relationship with teachers (vertical relationship) and with colleagues (horizontal relationship). This trend suggests to put greater emphasis on relational training possibly by introducing specific courses to Psychology and Social Anthropology in frontal teaching.
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Pamela Giorgi and Ramón Reig. "Chiavi metodologiche per migliorare la democrazia: sistema scolastico, media education e uso formativo del patrimonio culturale." IUL Research 2, no. 3 (July 17, 2021). http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v2i3.112.

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Abstract:
Quello del rapporto fra scuola e beni culturali è un tema di ricerca su cui Indire e Grecchio (Università di Siviglia) pongono da tempo molta attenzione, e che ha visto sviluppare il suo focus a partire da un iniziale lavoro critico-ermeneutico sulle fonti (estesamente intese), valorizzate nella loro funzione diacronica tra passato e presente, per poi ampliarsi progressivamente al loro uso in ambito didattico e formativo, anche grazie all’impiego del digitale. Nel presente saggio gli autori si chiedono se la scuola abbia il compito di orientarsi ad essere ‘crocevia’ e stimolo per una cultura del bene culturale e della memoria come bene comune. E come questo, a sua volta, possa essere occasione per la trasformazione, l’innovazione e il cambiamento del modello formativo. Modello che, auspicabilmente, dovrà avviarsi ad attuare percorsi di esplorazione del patrimonio culturale con metodologie co-creative basate sull’interazione docenti/studenti, con l’obiettivo ulteriore di trovare nuove modalità di collaborazione tra il terzo settore culturale e le scuole.
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Cecchinato, Graziano. "Innovare la didattica universitaria con il feedback formativo in itinere." EXCELLENCE AND INNOVATION IN LEARNING AND TEACHING, January 2021, 77–94. http://dx.doi.org/10.3280/exioa0-2021oa11129.

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Abstract:
Questo contributo presenta una riprogettazione dell'insegnamento universitario che mira a integrare le strategie di apprendimento sostenute dai media digitali. I tradizionali momenti del processo di insegnamento-apprendimento (lezione, studio, esame), sono stati trasformati attraverso il coinvolgimento in itinere degli studenti per assicurare un feedback formativo lungo tutto lo sviluppo dell'insegnamento. A questo scopo sono state introdotte pratiche di social annotation e di peer- and self-assessment condotte utilizzando due ambienti online: Perusall[1] e Peergrade[2]. Vengono presentate le funzionalit&agrave; e l'uso in contesto universitario dei due strumenti. Il contributo termina con una ricerca condotta sull'applicazione della riprogettazione proposta ad un insegnamento universitario.[1] Perusall (https://perusall.com/), &egrave; un sistema gratuito di social annotation sviluppato da un team di docenti dell'universit&agrave; di Harvard specificatamente progettato per innovare i processi di insegnamento – apprendimento in ambito universitario.[2] Peergrade (https://www.peergrade.io/), &egrave; un ambiente digitale per il peer- and self- assessment sviluppato da una societ&agrave; con radici presso la Technical University of Denmark e con consulenti dell'Universit&agrave; Strathclyde.
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Calenda, Giorgio, and Umbro Sciamannini. "Le tecnologie tutte italiane per la prevenzione delle infezioni nosocomiali." Journal of Advanced Health Care, August 24, 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-013.

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Abstract:
Prevenire il 30% delle infezioni contratte dai pazienti durante e dopo il ricovero ospedaliero è l’obiettivo di medici, politici e associazioni di pazienti per arginare quest’emergenza sanitaria, che conta mezzo milione di casi all’anno e che uccide -numeri alla mano- più degli incidenti stradali: ogni anno le regioni pagano indennizzi milionari alle famiglie che hanno subito danni nella sanità. Una tecnologia innovativa tutta italiana è stata messa a punto per porre una valida ed efficace barriera, sulle infezioni e sepsi d’organo, in ambito delle strutture Ospedaliere ad alta tecnologia. La gamma è denominata ABT 9000 ed ABT 3000 realizzate dopo circa 20 anni di ricerca. Da una attenta analisi emerge la necessità di tutela prima, durante e dopo l’attività lavorativa in ambito sanitario: mettere a disposizione degli operatori tecnologie sempre innovative per la loro protezione, per quella ambientale e, in sostanza, generare automaticamente l’innalzamento della qualità lavorativa e –più in generale- di tutto l’ambiente. Il controllo del rischio biologico-chimico reale, effettivamente validato in ABT, diminuisce lo stress professionale, migliora il microclima di lavoro, abbatte i costi delle gravissime infezioni o sepsi d’organo con meno utilizzo di antibiotici e relativa antibiotico resistenza, dovuta all’uso sempre maggiore di antimicrobici sofisticati ad alto peso. Altro aspetto migliorativo –non meno importante– è quello di poter ottenere un elevato miglioramento dei tempi di lavoro. In tal senso, una sola apparecchiatura ABT 9000 si stima possa catturare circa 24 tonnellate annue (ipotizzando un pieno al giorno) e inertizzare con un’azione biologica (denaturazione/inibizione) i nuclei interni alle Rna resistenti, presenti nel Dna. Inoltre, viene garantita la difesa ambientale nel rispetto degli accordi stato-regione tra Ministero della Salute e quello dell’Ambiente -la tecnologia soddisfa infatti l’art. 214 del dLg 152/2006 inerente la riduzione di rifiuti speciali e la loro gestione in sicurezza- oltre che il risparmio che la Struttura ottiene non dovendo affidare i rifiuti liquidi a ditta specializzata per il loro smaltimento. Il sistema è unico ed esclusivo, dotato di due patent PCT internazionali e realizzato nel rispetto delle recenti normative ISO 62366 Usability al servizio delle risorse umane impiegate. La nuova proposta “ABT” fornisce ulteriori vantaggi sulla gestione delle risorse umane, migliorando le condizioni psico-fisico-relazionali e organizzative che ne caratterizzano il lavoro all’interno delle aziende sanitarie.
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Iannone, M. T., F. Bordin, C. Magnani, C. Mastroianni, G. Casale, and D. Sacchini. "Ruolo ed attività di un Comitato di Bioetica in un Centro di cure palliative: l’esperienza di Antea." Medicina e Morale 62, no. 1 (February 28, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.112.

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Abstract:
L’articolo esamina l’attività del Comitato di Bioetica di Antea (CB-Antea), Associazione onlus dedicata all’assistenza gratuita a domicilio ai pazienti in fase avanzata di malattia, istituito nel 2008. Il CB-Antea si propone di proteggere e promuovere i valori della persona umana in tutte le attività assistenziali e scientifiche che si svolgono all’interno dell’Associazione. Tale attività si estrinseca attraverso la formulazione di linee-guida comportamentali per problemi clinico-assistenziali, l’espressione di pareri per rispondere a quesiti specifici su temi di bioetica, l’attenta valutazione dei princìpi e dei canoni che sottendono ad una buona relazione operatore-paziente, anche attraverso l’informazione e il consenso agli atti medici che vi si svolgono. Questo organismo si è proposto, sin dall’inizio, come il luogo di condivisione dell’attività assistenziale, in cui esperti di varie discipline potessero contribuire a supportare tanto il personale sanitario, motivandolo ad assumere uno stile etico condiviso e individuando percorsi di sensibilizzazione alle problematiche di etica e di bioetica di fine vita, quanto i pazienti ed i familiari per riflettere ed affrontare al meglio tutte le questioni potenzialmente conflittuali. Il CB-Antea, organizzato ai sensi della normativa italiana vigente, è organo consultivo per la direzione sanitaria, l’amministrazione, il personale – sanitario e non – di Antea, ed eventualmente di enti diversi ed altre persone interessate che ne facciano richiesta. I principali ambiti di attività del Comitato di Bioetica del Centro Antea sono: formazione e sensibilizzazione bioetica; analisi etica di casi clinici; ideazione, approvazione, coordinamento e attuazione di progetti di ricerca in ambito farmacologico, clinico non farmacologico, assistenziale, sociale, psicologico e formativo; formulazione di linee guida comportamentali e raccomandazioni per problemi clinico-assistenziali interni ad Antea. Dalla sua istituzione ad oggi, il CB-Antea si è dedicato ad alcuni temi importanti, quali la Carta dei Valori Antea; la promozione e riconoscimento di Antea come Centro di Ricerca; la produzione di protocolli, procedure operative e materiale facilmente fruibile per il personale della struttura; supporto alla stesura dei progetti di ricerca; rivalutazione dei processi informativi e di consenso. ---------- The article deals with the activities of the “Antea” Ethics Committee (CB-Antea), a non-profit association dedicated to providing free care for advanced/ terminal patients. CB-Antea was established in 2008, aimed to protect and promote the values of the human person in all scientific and charitable activities that take place within the Association. This activity is expressed through the formulation of behavioral guidelines and the expression of advices for addressing issues in palliative medicine and care; the careful evaluation of the principles and standards that underlie a good health professional – patient relationship, through information and consent to medical procedures that take place in Antea. This body has been proposed, from the outset, as the place for sharing the care process, in which experts from different disciplines could help support both the medical staff to assume a shared ethical professional style and the patients and their families to better address all potentially conflicting issues. The CB-Antea has an advisory role for the Antea healthcare work and administration. The main activities are: training in bioethics; clinical ethics consultation; support for designing and conducting of Antea clinical-sociale research projects; development of internal behavioral guidelines and recommendations. From 2008, CB-Antea is devoted to some important issues, such as the drafting of Antea Charter of Values; the promotion of Antea as Research Centre; the production of protocols, operating procedures and material easily accessible for clinical staff; support for the preparation of research projects; revaluation of information processes and consent
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Crisci, Alessandro, Carmela Rescigno, and Michela Crisci. "La membrana L-PRF e suoi derivati utili nella chirurgia del wound care/The L-PRF membrane and its derivatives useful in wound care surgery." Italian Journal of Wound Care 3, no. 1 (February 4, 2019). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2019.46.

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Abstract:
Il crescente settore multidisciplinare dell’ingegneria tissutale mira a rigenerare, migliorare o sostituire in modo prevedibile i tessuti danneggiati o mancanti per una varietà di condizioni causate da traumi, malattie e vecchiaia. Per garantire che i metodi per l’ingegneria tissutale siano ampiamente applicabili in ambito clinico, è necessario modificarli in modo da renderli prontamente disponibili e relativamente facili da usare nella routine clinica quotidiana. Pertanto, i passaggi tra la preparazione e l’applicazione devono essere ridotti al minimo e ottimizzati per renderli pratici e l’implementazione realistica. L’obiettivo generale di sviluppare concentrati piastrinici di origine naturale può essere prodotto vicino al paziente e accelerare il processo di impianto essendo finanziariamente realistico per il paziente e per il sistema sanitario. La fibrina ricca di piastrine (PRF) e i suoi derivati sono stati utilizzati in un’ampia varietà di campi medici per la rigenerazione dei tessuti molli. In conclusione, i risultati della presente revisione sistematica evidenziano gli effetti positivi del PRF sulla guarigione delle ferite dopo terapia rigenerativa per la gestione di vari difetti dei tessuti molli riscontrabili nel wound care. Growing multidisciplinary field of tissue engineering aims to regenerate, improve or replace predictably damaged or missing tissues for a variety of conditions caused by trauma, disease and old age. To ensure that tissue engineering methods are widely applicable in the clinical setting, it is necessary to modify them in such a way that they are readily available and relatively easy to use in daily clinical routine. Therefore, the steps between preparation and application must be minimized and optimized to make them realistic implementation. General objective of developing platelet concentrates of natural origin can be produced close to the patient and accelerate the implantation process, being financially realistic for the patient and the health system. Fibrin rich in platelets and leukocytes (PRF) and its derivatives have been used in a wide variety of medical fields for soft tissue regeneration. In conclusion, the results of this systematic review highlight the positive effects of PRF on wound healing after regenerative therapy for the management of various soft tissue defects found in wound care.
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Foddis, A. "Il Controllo di Gestione e la Spending Review." Working Paper of Public Health 2, no. 1 (June 15, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2013.6757.

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Abstract:
Obiettivi: In un’ottica di razionalizzazione dei costi, tenuto conto che la regionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e la sua articolazione in aziende sanitarie sono state concepite dalle riforme come strumento proprio per tentare di raggiungere un equilibrio tra le limitate risorse e la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), obiettivo del presente lavoro è quello di delineare il ruolo fondamentale che il Controllo di Gestione (CdG), in quanto strumento in grado di verificare l’efficienza di gestione delle singole strutture in cui si articola il SSN, riveste in tale contesto. Metodologia: Caso studio legato agli adempimenti compiuti dall’Azienda Ospedaliera di Alessandria in attuazione della DGR 2-4474 del 06.08.2012 “Determinazione obiettivi economici-finanziari delle aziende sanitarie regionali per l’anno 2012”. Dalla data di approvazione di tale provvedimento, la direzione aziendale si è impegnata in una serie di azioni volte a garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione nel rispetto delle citate disposizioni della Regione Piemonte in materia di Spending Review (SR), emanate a compimento di quelle decretate a livello nazionale (DL 95/12 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”). Tali obiettivi hanno di fatto stimolato l’esigenza di dare ulteriore impulso alle già avviate attività aziendali in ambito di Controllo di Gestione (CdG), con particolare riguardo al sistema di budget, quale strumento di responsabilizzazione dirigenziale sulle azioni intraprese e sui risultati raggiunti in riferimento a tali vincoli. Risultati: Il sistema di Cdg collegato a quello di valutazione della performance risulta essere confacente alle misure di SR, solo se inteso come strumento di valutazione di efficacia e di valutazione della capacità delle politiche pubbliche di produrre gli effetti desiderati. La valutazione di efficacia diventa rilevante per identificare spese che non contribuiscono a raggiungere gli obiettivi che sono stati affidati alle diverse strutture sanitarie o che li raggiungono solo in maniera inefficiente, a fronte di spese molto più alte del necessario; tale valutazione deve essere mirata a interventi volti a indurre un cambiamento in condizioni o comportamenti ritenuti problematici. Conclusioni: La SR non dovrebbe assumere carattere di misure correttive straordinarie mirate ad assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio (come sembrano essere finalizzate, da ultime, quelle decretate dal Governo Monti), ma intrecciarsi all’interno dell’intero processo di budgeting e di performance management per farle divenire uno strumento sistematico attraverso il quale ricercare le modalità più efficienti ed efficaci di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) su tutto il territorio nazionale, in un contesto di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria. Concludendo, al fine di realizzare un sistematico programma di analisi e valutazione della stessa, e quindi di eludere in futuro la necessità di dover ricorrere ad ulteriori riduzioni per garantire l’equilibrio dei conti pubblici, diventa improrogabile l’esigenza di rafforzare le attività di programmazione strategica e di controllo sul sistema di gestione delle aziende sanitarie potenziando, nel contempo, le strutture e gli strumenti di controllo e monitoraggio all’interno delle medesime.
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Spagnolo, Antonio G., and Viviana Daloiso. "Oltre il visibile Le nanotecnologie e la nanomedicina: definizioni e problematiche bioetiche." Medicina e Morale 57, no. 3 (June 30, 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.280.

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Abstract:
Il presente articolo intende inquadrare e definire le implicazioni etiche riguardanti l’applicazione biomedica delle nanotecnologie, attraverso la valutazione dello stato dell’arte. Le nanotecnologie, espressione dell’abilità umana di manipolare la materia su scala atomico/molecolare, si presentano come uno strumento in grado di modificare la ricerca scientifica e la medicina in maniera radicale. Dibattiti ad ogni livello hanno sottolineato la difficoltà di darne una definizione chiara ed univoca, a causa della convergenza di più ambiti del sapere in esse coinvolti. Nonostante le nanotecnologie siano già presenti nelle scienze computeristiche e nell’elettronica, è in ambito medico-sanitario che si prospettano le applicazioni più entusiasmanti: strumenti di diagnosi e somministrazione di farmaci meno invasivi e più efficaci. Queste tecnologie si presentano infatti allo stesso tempo come terapie ma anche come strumenti di prevenzione unici. Le stesse caratteristiche che rendono singolare l’impiego delle nanotecnologie in medicina, suggeriscono altresì precauzioni: da una parte infatti la di mensione piccolissima (atomico-molecolare) delle nanoparticelle facilita il loro ingresso nell’organismo umano, oltrepassando le difese naturali dell’organismo, agevolando una distribuzione dei farmaci altamente mirata. Dall’altra parte queste stesse caratteristiche posso rivelarsi dannose per l’organismo umano (interazione tra nanoparticelle e sistema biologico umano, elevato rapporto tra massa e superficie, mobilità). Poiché si tratta di tecnologie in rapida progressione i cui sviluppi non sono facili da predire, i rischi, anche solo quelli potenziali, devono essere accuratamente valutati sia per le applicazioni presenti sia per quelle future. Pertanto inquadrare le implicazioni bioetiche delle nanotecnologie significa comprendere e valutare il loro impatto sulla salute umana. ---------- The aim of this contribution is to outline and define some ethical implications concerning biomedical applications of nanotechnologies. Nanotechnology, expression of the human ability to manipulate matter on a molecular and atomic scale, provide an instrument able to change scientific research and medicine in a radical way. Debate at all levels have pointed out the common difficulty to give a clear and univocal definition of nanotechnologies, due to the convergence of technologies there involved. Although these technologies have already been implemented in electronics or computer science, the most useful ones are foreseen to be in new approaches for research purposes and medicine, providing diagnosis and drug delivery with no invasive methods involved. These technology, in fact, look like therapy but they also represent unique prevention tools. The very same characteristics that make nanomaterial useful in medicine, suggest some precaution: o one hand, thanks to their small size (atomic dimension) nanoparticles can enter cells in the organisms, avoiding natural defenses and move to organs and tissues allowing a target distribution of drugs. On the other hand, these technologies can turn to be harmful to humans (interaction between nanoparticles and the biological human system, high surface- to-mass relation, mobility). Because we are dealing with a rapidly developing technology, where most of the effects are still hard to foresee, potential risks must be considered for both current and future applications. So far, outlining ethical issues means understanding the impact of these technologies on human health.
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Giannini, Alberto. "Il ruolo della consulenza di etica clinica in ospedale." Medicina e Morale 64, no. 6 (August 1, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.8.

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La complessità della medicina contemporanea e delle relazioni di cura sono tali che molto di frequente medici infermieri incontrano aspetti dilemmatici sul piano etico e dunque di difficile risoluzione. La consulenza di etica clinica è una pratica comune e consolidata nel Nord America, a differenza di quanto accade nei Paesi europei. Essa rappresenta uno strumento utile ed efficace per affrontare gli aspetti più complessi riguardanti le cure in ambito sanitario, per comprendere i valori coinvolti e gli aspetti etici delle diverse scelte. Tuttavia è ampiamente condiviso che la consulenza etica non debba essere direttiva. Dobbiamo inoltre essere consapevoli che, per quanto autorevoli essi siano, il parere del consulente di etica clinica o del Comitato etico non possono però essere considerati ultimativi. In particolare, la responsabilità delle scelte e delle azioni ricade su coloro che le compiono. È dunque oltremodo importante sottolineare che la consulenza etica non rimuove né attenua la responsabilità dei curanti, tanto sul piano clinico quanto su quello etico. Deve pertanto essere fatto ogni sforzo per creare nei medici e negli infermieri la consapevolezza che l’etica clinica è una specifica competenza professionale e come tale da acquisire e aggiornare. L’esperienza in particolare del Nord America ha reso evidente come la consulenza etica possa essere uno strumento efficace nei reparti di Terapia Intensiva, aiutando l’équipe nel processo decisionale, così come i pazienti e le loro famiglie. Ad esempio, per i pazienti che sono destinati a non sopravvivere alla dimissione, la consulenza etica ha dimostrato di avere un effetto statisticamente significativo nel ridurre l’utilizzo dei trattamenti di supporto vitale, così come nella riduzione della durata della degenza in ospedale e in Terapia Intensiva, senza per altro comportare una differenza per quanto riguarda la mortalità In prospettiva, è condivisibile l’idea che il consulente di etica clinica divenga una figura familiare per il clinico e sia presente a sostegno dei pazienti, delle loro famiglie e di tutti i soggetti coinvolti a diverso titolo sui temi della salute (dai medici sino agli amministratori della cosa pubblica). Si rende dunque indispensabile definire un solido percorso formativo perché l’etica clinica (intesa come “a structured approach to ethical questions in clinical medicine”) non è concepibile come un’attività di tipo “ideologico” ma, al contrario, richiede grande competenza e grande equilibrio. ---------- The complexity of medicine today and of the relationships between healthcare professionals and patients (and family members) is such that very often doctors and nurses are faced with ethical dilemmas which are difficult to resolve. Ethics consultation is a common and consolidated practice in North America, unlike in most European countries. It is a valuable and effective tool for dealing with the most complex aspects of healthcare and in understanding the values involved and the ethical aspects of the possible choices. However, it is a widely held view that ethics consultation must not be directive. Moreover, we also have to be aware that, as authoritative as the ethics consultant or the ethics committee is, their opinions on ethical matters cannot be considered definitive. In particular, the responsibility for decisions and actions belongs to those who carry them out. It is important, therefore, to stress that ethics consultation does not remove or attenuate the responsibility of healthcare professionals in decision making, either in clinical or ethical terms. Meanwhile, every possible effort must be made to create awareness among doctors and nurses that clinical ethics is a specific area of professional competency that needs to be improved and updated. In the critical care setting, the experience in North America in particular has highlighted how ethics consultation can be an effective tool in intensive care unit (ICU) by assisting the team in decision making, as well as helping patients and their families. Specifically, ethics consultation has had a statistically significant impact in reducing the use of life support as well as in decreasing the length of hospital stay and the days spent in ICU in those patients who ultimately will not survive to discharge, without, however, affecting death rates. Looking ahead, we can agree that the clinical ethics consultant should become a familiar figure for the clinician and there to support patients, their families and all those variously involved in healthcare (from doctors to administrators of the health system). However, it is essential to define a sound training program for consultants so that clinical ethics (taken to mean “a structured approach to ethical questions in clinical medicine”) is not seen as an “ideological” activity, but instead as one that demands both great competence and great equilibrium.
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Sardone, Elisabetta, and Elena Toma. "Indagine conoscitiva: la valutazione e la gestione del paziente portatore di lesioni cutanee/Learning survey: assessment and management of the patient with wounds." Italian Journal of Wound Care 2, no. 1 (April 26, 2018). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2018.16.

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Abstract:
L’obiettivo è stato di esplorare come realmente viene svolta la gestione e la valutazione del paziente portatore di lesioni cutanee (LC) nel territorio italiano individuando: i metodi utilizzati per la valutazione; se e come è attualmente documentato il percorso assistenziale; la capacità operative e livello formativo degli operatori coinvolti; quanto è percepita l’esigenza dell’operatore di avere uno strumento guida dedicato. Lo studio è stato eseguito attraverso un’indagine conoscitiva rivolta alla professione infermieristica, sviluppata con l’ausilio di un questionario dedicato validato, con distribuzione cartacea e online (1200 questionari) su un campione d’indagine di 726 questionari. Il profilo della popolazione coinvolta è: 71% di genere femminile, 54% di età superiore ai 40 anni, 84% infermiere, 16% infermiere Wound Care Specialist (WS), 63% lavora in struttura ospedaliera, 13% effettua 21-100 medicazioni ogni 15 gg. Riguardo l’utilizzo della documentazione emerge che: 53% dei professionisti non utilizza documentazione standardizzata, ma come strumenti prevalenti la cartella clinica ed il diario di consegna; 18,60% non documenta l’attività e non usa scale validate. Risulta inoltre che: 65% degli operatori non valuta complessivamente la lesione e 78% non valuta il letto della lesione, 94% non valuta lo stato nutrizionale del paziente, 93% esprime l’esigenza di avere uno strumento che guidi e documenti l’attività di valutazione e gestione della LC. Solo 59% degli operatori conosce i servizi territoriali dedicati alla cura delle LC e il 70% è al corrente dell’esistenza del Master Universitario di I Livello. È quindi risultata radicata la cattiva pratica di non effettuare la valutazione del rischio, la valutazione della lesione e dello stato nutrizionale. Alla luce dei dati emersi, la situazione riscontrata è incompatibile con un sistema sanitario efficace e sono compromesse la qualità e appropriatezza degli interventi per la cura delle persone affette da lesioni cutanee a tutti i livelli. The aim was to explore how the management and assessment of the patient with skin lesions (SL) is actually carried out in the Italian territory by identifying: the methods used for the evaluation; whether and how the care pathway is currently documented; the ability and training level of the operators involved; how much the operator perceives the need of having a specific guide tool. The study was carried out through a consultation focused on the nursing profession, developed with the help of a dedicated and validated questionnaire, with printed and online distribution (1200 questionnaires) on a survey sample of 726 questionnaires. The profile of the involved population is: 71% female gender, 54% over forty, 84% nurse, 16% Wound Care Specialist (WS) nurse, 63% working in hospital, 13% making 21-100 dressings every 15 days. As regards the use of scientific documentations, it emerges that: 53% of professionals does not use standardized documentation, but, as prevalent tools, they use medical records and delivery diary; 18.60% does not document the activities and does not use rating scales. It also appears that: 65% does not evaluate the lesion and 78% does not evaluate the wound bed, 94% does not evaluate the nutritional status of the patient, 93% expressed the requirement to have a tool to guide and document the evaluation and management of SL. Only 59% knows the territorial services dedicated to the care of the SL and the 70% is aware of the existence of the University Master’s degree. The bad practice of not carrying out the risk assessment, the assessment of the lesion and the nutritional status has therefore been rooted. In the light of the emerged data, the situation found is incompatible with an effective health system and the quality and appropriateness of interventions for the treatment of people with skin lesions at all levels are compromised.
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