Dissertations / Theses on the topic 'SISTEMA COSTITUZIONALE'

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1

MIGLIORINO, Serenella. "Seconda camera e regionalismo nel sistema costituzionale italiano." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2023. https://hdl.handle.net/10447/580153.

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2

FREGA, SIMONE. "Sistema politico e corruzione." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1057981.

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Abstract:
The dissertation analyzes the phenomenon of political corruption in the Italian legal system. The first chapter deals with the origin of parties, their provisions in the Italian Constitution and the possibilities to regulate the internal democracy of these particular social formation. The second chapter focuses on the relationship between the corruption scandals in the Italian political context and the insufficient legislative interventions concerning political parties. In the third chapter and in the conclusion, the attention is oriented on the measures to contrast corruption on a national and international level and, consequently, on the possible regulatory interventions that Italy would need to contain political corruption.
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3

CAIAZZO, MATTIA. "L’«innesto» del referendum abrogativo nel sistema costituzionale delle fonti." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1215971.

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4

Cervone, Lisa <1977&gt. "Principio di sussidiarietà e sistema delle fonti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/103/1/Tesi_Dottorato_Lisa_Cervone_-_Principio_di_Sussidiariet%C3%A0_e_Sistema_delle_Fonti_-_Diritto_Costituz.pdf.

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5

Cervone, Lisa <1977&gt. "Principio di sussidiarietà e sistema delle fonti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/103/.

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6

Malena, Micaela <1977&gt. "Il diritto di asilo tra ordinamento costituzionale e sistema europeo di protezione multilivello." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/747/1/Tesi_Malena_Micaela.pdf.

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Abstract:
La tesi della candidata presenta - attraverso lo studio della normativa e della giurisprudenza rilevanti in Italia, Francia e Germania – un’analisi dell'ambito soggettivo di applicazione del diritto costituzionale d'asilo e del suo rapporto con il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, nonchè della sua interazione con le altre forme di protezione della persona previste dal diritto comunitario e dal sistema CEDU di salvaguardia dei diritti fondamentali. Dal breve itinerario comparatistico percorso, emerge una forte tendenza alla neutralizzazione dell’asilo costituzionale ed alla sua sovrapposizione con la fattispecie del rifugio convenzionale quale carattere comune agli ordinamenti presi in esame, espressione di una consapevole scelta di politica del diritto altresì volta ad assimilare la materia alla disciplina generale dell’immigrazione al fine di ridimensionarne le potenzialità espansive (si pensi alla latitudine delle formule costituzionali di cui agli artt. 10, co. 3 Cost. it. e 16a, co. 1 Grundgesetz) e di ricondurre l'asilo entro i tradizionali confini della discrezionalità amministrativa quale sovrana concessione dello Stato ospitante. L'esame delle fonti comunitarie di recente introduzione illumina l’indagine: in particolare, la stessa Direttiva 2004/83CE sulla qualifica di rifugiato e sulla protezione sussidiaria consolida quanto stabilito dalle disposizioni convenzionali, ma ne estende la portata in modo significativo, recependo gli esiti della lunga evoluzione giurisprudenziale compiuta dalle corti nazionali e dal Giudice di Strasburgo nell’interpretazione del concetto di “persecuzione” (specialmente, in relazione all’individuazione delle azioni e degli agenti persecutori). Con riferimento al sistema giuridico italiano, la tesi si interroga sulle prospettive di attuazione del dettato dell’art. 10, terzo comma della Costituzione, ed inoltre propone la disamina di alcuni istituti chiave dell’attuale normativa in materia di asilo, attraverso cui si riscontrano importanti profili di incompatibilità con la natura di diritto fondamentale costituzionalmente tutelato, conferita al diritto di asilo dalla volontà dei Costituenti e radicata nella ratio della norma stessa (il trattenimento del richiedente asilo; la procedura di esame della domanda, l’onere probatorio e le cause ostative al suo accoglimento; l’effettività della tutela giurisdizionale). Le questioni più problematiche ancora irrisolte investono proprio tali aspetti del procedimento - previsto per ottenere quello che alcuni atti europei, tra cui l'art. 18 della Carta di Nizza, definiscono right to asylum - come rivela la disciplina contenuta nella Direttiva 2005/85CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Infine, il fenomeno della esternalizzazione dei controlli compromette lo stesso accesso alle procedure, nella misura in cui rende "mobile" il confine territoriale dell’area Schengen (attraverso l'introduzione del criterio dello "Stato terzo sicuro", degli strumenti dell'esame preliminare delle domande e della detenzione amministrativa nei Paesi di transito, nonché per mezzo del presidio delle frontiere esterne), relegando il trattamento dei richiedenti asilo ad uno spazio in cui non sempre è monitorabile l'effettivo rispetto del principio del non refoulement, degli obblighi internazionali relativi all’accoglienza dei profughi e delle clausole di determinazione dello Stato competente all'esame delle domande ai sensi del Regolamento n. 343/03, c.d. Dublino II (emblematico il caso del pattugliamento delle acque internazionali e dell'intercettazione delle navi prima del superamento dei confini territoriali). Questi delicati aspetti di criticità della disciplina procedimentale limitano il carattere innovativo delle recenti acquisizioni comunitarie sull’ambito di operatività delle nuove categorie definitorie introdotte (le qualifiche di rifugiato e di titolare di protezione sussidiaria e la complessa nozione di persecuzione, innanzitutto), richiedendo, pertanto, l’adozione di un approccio sistemico – piuttosto che analitico – per poter rappresentare in modo consapevole le dinamiche che concretamente si producono a livello applicativo ed affrontare la questione nodale dell'efficienza dell'attuale sistema multilivello di protezione del richiedente asilo.
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Malena, Micaela <1977&gt. "Il diritto di asilo tra ordinamento costituzionale e sistema europeo di protezione multilivello." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/747/.

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Abstract:
La tesi della candidata presenta - attraverso lo studio della normativa e della giurisprudenza rilevanti in Italia, Francia e Germania – un’analisi dell'ambito soggettivo di applicazione del diritto costituzionale d'asilo e del suo rapporto con il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, nonchè della sua interazione con le altre forme di protezione della persona previste dal diritto comunitario e dal sistema CEDU di salvaguardia dei diritti fondamentali. Dal breve itinerario comparatistico percorso, emerge una forte tendenza alla neutralizzazione dell’asilo costituzionale ed alla sua sovrapposizione con la fattispecie del rifugio convenzionale quale carattere comune agli ordinamenti presi in esame, espressione di una consapevole scelta di politica del diritto altresì volta ad assimilare la materia alla disciplina generale dell’immigrazione al fine di ridimensionarne le potenzialità espansive (si pensi alla latitudine delle formule costituzionali di cui agli artt. 10, co. 3 Cost. it. e 16a, co. 1 Grundgesetz) e di ricondurre l'asilo entro i tradizionali confini della discrezionalità amministrativa quale sovrana concessione dello Stato ospitante. L'esame delle fonti comunitarie di recente introduzione illumina l’indagine: in particolare, la stessa Direttiva 2004/83CE sulla qualifica di rifugiato e sulla protezione sussidiaria consolida quanto stabilito dalle disposizioni convenzionali, ma ne estende la portata in modo significativo, recependo gli esiti della lunga evoluzione giurisprudenziale compiuta dalle corti nazionali e dal Giudice di Strasburgo nell’interpretazione del concetto di “persecuzione” (specialmente, in relazione all’individuazione delle azioni e degli agenti persecutori). Con riferimento al sistema giuridico italiano, la tesi si interroga sulle prospettive di attuazione del dettato dell’art. 10, terzo comma della Costituzione, ed inoltre propone la disamina di alcuni istituti chiave dell’attuale normativa in materia di asilo, attraverso cui si riscontrano importanti profili di incompatibilità con la natura di diritto fondamentale costituzionalmente tutelato, conferita al diritto di asilo dalla volontà dei Costituenti e radicata nella ratio della norma stessa (il trattenimento del richiedente asilo; la procedura di esame della domanda, l’onere probatorio e le cause ostative al suo accoglimento; l’effettività della tutela giurisdizionale). Le questioni più problematiche ancora irrisolte investono proprio tali aspetti del procedimento - previsto per ottenere quello che alcuni atti europei, tra cui l'art. 18 della Carta di Nizza, definiscono right to asylum - come rivela la disciplina contenuta nella Direttiva 2005/85CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Infine, il fenomeno della esternalizzazione dei controlli compromette lo stesso accesso alle procedure, nella misura in cui rende "mobile" il confine territoriale dell’area Schengen (attraverso l'introduzione del criterio dello "Stato terzo sicuro", degli strumenti dell'esame preliminare delle domande e della detenzione amministrativa nei Paesi di transito, nonché per mezzo del presidio delle frontiere esterne), relegando il trattamento dei richiedenti asilo ad uno spazio in cui non sempre è monitorabile l'effettivo rispetto del principio del non refoulement, degli obblighi internazionali relativi all’accoglienza dei profughi e delle clausole di determinazione dello Stato competente all'esame delle domande ai sensi del Regolamento n. 343/03, c.d. Dublino II (emblematico il caso del pattugliamento delle acque internazionali e dell'intercettazione delle navi prima del superamento dei confini territoriali). Questi delicati aspetti di criticità della disciplina procedimentale limitano il carattere innovativo delle recenti acquisizioni comunitarie sull’ambito di operatività delle nuove categorie definitorie introdotte (le qualifiche di rifugiato e di titolare di protezione sussidiaria e la complessa nozione di persecuzione, innanzitutto), richiedendo, pertanto, l’adozione di un approccio sistemico – piuttosto che analitico – per poter rappresentare in modo consapevole le dinamiche che concretamente si producono a livello applicativo ed affrontare la questione nodale dell'efficienza dell'attuale sistema multilivello di protezione del richiedente asilo.
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FAGNANI, ELISA. "IL DIRITTO ALL'ISTRUZIONE. STATO DI ATTUAZIONE E FINANZIAMENTO DEL SISTEMA NELLA PROSPETTIVA DEL FEDERALISMO FISCALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/168884.

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Abstract:
The present contribution intends to define the meaning of constitutional prescriptions related to the social right to education and to identify the current role of this right as it results from the recently started reformation processes which are modifying the overall educational system features. Particularly, it defines the present regulatory framework and the structure of the distribution of the competences due to 2001 constitutional Reform, in the light of the constitutional jurisprudence. Besides the definition of the notion of “right to education” and of its components, the analysis focuses the attention on its concrete uses, with particular regard to the actuation of the said right as it is realized by the regional government. Finally, this dissertation analyses the funding system of Italian school, up to now mainly state centered, to find out who has at his disposal the financial and human levers. As a conclusion, the compatibility regarding the transfer of the function from the State to the local administration (fulfilled or not) has been verified as to the present funding system and the attribution of the availability of the levers to the various level of governance, also in prospect of the complex reform process, named “fiscal federalism”.
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CARTA, ROSSELLA. "La riforma del sistema comune di asilo europeo tra principio di solidarietà e rinascita dei nazionalismi." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2021. http://hdl.handle.net/11584/313090.

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Abstract:
Moving from the m the proposals for the reform of the current Common European Asylum System (CEAS) and in particular of the Dublin Regulation, the thesis analyses the concrete possibility of overcoming and modifying the current system, questioning in particular the role that Member States play and can play in this process. The focus of the research is on the difficult coexistence of two elements that seem to be fundamental at the European level: on the one hand, the principle of Art. 80 TFEU that imposes an obligation of solidarity and shared responsibility among Member States and, on the other hand, the resurgence of nationalist and restrictive policies in some European countries. Specifically, as far as the content of the thesis is concerned, chapter I analyses three general theories on asylum: the open borders thesis, which sees the right to migrate as a fundamental right; the restrictive thesis, which sees immigration control as a necessary tool to preserve national identity; and finally, a third thesis, summarised in the expression "controlled borders and open doors", which balances the regulation of flows with the protection of fundamental rights. This last thesis seems to be clearly expressed by the constitutional provisions in art. 10, paragraph 3. The second chapter, therefore, deals with the analysis of art. 10, par. 2, 3 of the Constitution, i.e. the legal condition of the foreigner in the Italian system and the constitutional right of asylum as a perfect subjective right. The third chapter deepens the analysis of the discipline of international protection by examining both the European and national contexts. The fourth chapter focuses on the crisis of the CEAS, and of the Dublin system in particular, which show their weakness and ineffectiveness especially during the refugee emergency of the 2015. In the light of the CEAS crisis, the fifth chapter analyses the projects of reform of this system, starting from the proposals of 2016 and ending with the European Pact on Immigration and Asylum of September 2020, which seem to highlight the tendency towards policies of control of the migratory phenomenon and external borders, with a compression of the fundamental rights of applicants for international protection. In conclusion, the work shows that despite the fact that there is, both at national and European level, a noble legal framework, aimed at balancing the need to manage flows and the protection of fundamental rights, in practice the policies implemented often seem to be marked by restrictive aims, aimed more at controlling flows than balancing their regulation and the right to asylum.
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Valentino, A. "IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NEL RAPPORTO TRA L'ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO E IL SISTEMA DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/355585.

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Abstract:
The principle of legality is one of the fundamental principles of the Italian constitutional system. It requires that an individual prescription must be authorized by an higher norm of the legal system with respect non only to the competence of the issuing authority but also to its normative content. This principle has had different origins and developments in the European continental States than in the common law systems. It is granted, in the Italian Constitution, at article 25.2 and it needs the so called “riserva di legge” in order to be effective: it requires that all law must be clear, ascertainable and non-retrospective and, overall, that they come from Parliament, the only constitutional organ which is representative of people. In particular, in criminal law it is embodied in the general prohibition of the imposition of criminal sanction for fact or omission that were not criminal at the time at the commission or omission. Instead, in the common law systems, the rule of law is satisfied by both the written than the unwritten law. This paper addresses the question of whether the interaction between the Italian legal system and that of the European Convention of Human Rights has influenced the practical application of this principle by the Italian courts. In particular, the research analyses what the ECtHR means with the term law and notes that it makes no difference between written and unwritten law. Both of them are law in the meaning of the Convention and the guarantees of the principle of legality apply for one as for the other. In the Italian system the principle is satisfied only by written law and not by the jurisprudence of the courts even if consolidated. These two different settings have led to the growth of conflicts between the two legal systems and require thinking about the opportunity and the need for the domestic courts and the Strasbourg Court to find a common language when they speak of the rule of law aimed at defining human rights.
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Nardocci, C. "LE DISCRIMINAZIONI ETNICO-RAZZIALI NEL SISTEMA MULTILIVELLO DI TUTELA DEI DIRITTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/261871.

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Abstract:
ABSTRACT Discrimination based on race or ethnic origin is a deep-rooted problem of contemporary multicultural societies. The coexistence of a plurality of groups which differ for race, ethnic origin, language and culture within the same state entity may be likely to trigger discrimination as a result of ethnic groups conflicts and prejudice. Thus, discrimination has primary a social meaning, which reveals how differences in treatment often come from a hierarchical system of social structure – named social stratification – that distinguishes among a dominant group and one or more minority or subordinated groups. Discrimination, as a both social and anthropological phenomenon, covers the very first part of the study, aimed at introducing the overall theoretical context throughout an insight of several of the implications hidden underneath. The investigation of the role of Law in addressing racial and ethnic discrimination, on which focus the second, along with the third and the fourth parts, is based on a multilevel approach, according to the cross-border nature of racial and ethnic discrimination. Along with a multilevel approach, the study chooses to examine the issue related to racial and ethnic discrimination from a dual perspective. More specifically, it moves from an individual to a group-based approach to non discrimination, in order to challenge the liberal path of human right as individual rights only and to assess new ways of balancing individual and collective rights From a constitutional viewpoint, the study aims at exploring new mechanisms to tackle racial and ethnic discrimination, that goes beyond Article 3 of the Constitution, through the development of the principle set out in Article 6 of the Constitution, which protects linguistic minorities.
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BASILICO, ALESSANDRO ENRICO. "LE AUTORITÀ INDIPENDENTI FRA DIRITTO DELL'UNIONE E SISTEMA INTERNO DEI POTERI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/216648.

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Abstract:
The data protection authority, the antitrust authority, the bank of Italy, and the electricity, natural gas, electronic communications authorities are public bodies created by the law in order to protect constitutional rights and interests. According to the case-law of the Italian Courts, they are part of the executive branch, but not under the government supervision. There are doubts on the constitutionality of such authorities, since article 95 of the Italian constitution requires the executive branch being under the government supervision. Furthermore, the Italian constitutional Court has always denied that the independent authorities can stand before it, saying that their powers are based on the law and not on the Constitution. However, such authorities have been created in order to comply to the European Union law, and article 11 of the Constitution let the European Union law prevailing over the Italian law. First, this thesis argues that the legitimacy of the authorities is based on article 11 of the Constitution. Second, that the laws which created the authorities can derogate from article 95 of the Constitution if required by the European Union law. Finally, that the independent authorities may be part of a judgement before the Italian constitutional Court because their powers are based on article 11 of the Constitution. This implies that the European Union law modified the Italian form of government.
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FRATERRIGO, Claudia. "LA DISCIPLINA DEL SETTORE ENERGETICO IN UN SISTEMA MULTILIVELLO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91189.

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Abstract:
Da una prospettiva privilegiata, quale quella offerta dal diritto dell’energia, si affronta l’allocazione nei diversi livelli di governo della funzione legislativa e delle funzioni amministrative e, quindi, come in concreto viene utilizzata da ciascun ente la propria quota-parte di competenze. In particolare, si esamina lo spatium operandi riconosciuto all’autonomia legislativa ed amministrativa delle Regioni alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione e delle riforme della legislazione nazionale ed europea che si sono succedute, con particolare riferimento allo strumento di pianificazione energetica della Regione siciliana. Inoltre, si considerano le refluenze che l’assetto di competenze nazionali e sovranazionali produce sul procedimento di autorizzazione alla costruzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, nel quale entrano necessariamente in gioco molteplici parametri, che esprimono altrettanti valori dei quali l’amministrazione deve inevitabilmente tener conto, nell’ambito della discrezionalità amministrativa che la legge le concede. Sovente, invece, a determinazioni amministrative che accordano preferenza alla normativa europea di promozione delle fonti energetiche rinnovabili, fanno da contraltare atti in cui tale normativa è aprioristicamente estromessa dalla ponderazione degli interessi in gioco. Orbene, in questa seconda ipotesi, si ritiene che possa emergere un vizio di “anticomunitarietà” dell’atto amministrativo, il quale non solo risulta contrastante con il quadro normativo europeo in materia di incentivo alle fonti rinnovabili e di riduzione delle emissioni inquinanti, e viepiù non risulta giustificato neppure alla luce della normativa e della giurisprudenza in materia di tutela dell’ambiente, della salute o del paesaggio.
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Furlan, Edoardo. "L'attuazione dei valori costituzionali nella distribuzione e nella gestione delle risorse nel sistema sanitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423730.

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Abstract:
The work deals with the implementation of the right to health - constitutionally protected and considered so fundamental to require the construction of a particular system to assure its security and protection - considering, in particular, the influence that the availability of public resources, has on it. The definition of the characteristics and origins of the right to health, which is at the same time, as it is protected by article 32 of the Constitution, a fundamental right of the individual and a collective interest, is the base to gauge the influence that this rule has had on the spotting of the catalog of "social" rights constitutionally protected; and also the base to apprize the influence that other interests and other constitutionally protected rights have had on its development, considering, especially, what has imported the need for good performance of the public administration and the weighed up use of public resources that, today, following the signing of fiscal compact and the recent modification of the Constitution, requires that all government departments (and, therefore, the National Health Service, directly involved in delivering and ensuring the provision of benefits for the protection of good health) contribute to reach the achievement of balanced-budget, striving in a careful management. On the identification of a possible balance between constitutional values, that have to be considered, at least, equipollent, the analysis moves to the legislative initiatives taken in giving concrete shape to the instructions that come from the Constitution, examining healthcare core services, i.e. the schedule of “minimum” benefits that State, recently and not without uncertainties, defined and strove (with Regions) to ensure throughout the national territory, to make effective (and not to break) the order descending from the Charta. Noting the need for the NHS to increase the effectiveness of its action and, simultaneously, to reduce the costs of service delivery, the work evaluates the multiple joints of NHS and its funding system, considering, in particular, the phases of distribution and management of public resources and the efforts, implemented over the years, to remedy a situation become financially unsustainable, aggravating the deficit of the state budget. So, attention falls on the federalist reform endorsed in 2011, that introduced the principle of standard costs such as basis of public funds distribution. Finally, the work moves some remarks on the effectiveness of the newest measures to contain public spending and on the prospects for sustainability of the National Health Service
Il lavoro affronta il tema dell’attuazione del diritto - costituzionalmente protetto - alla salute, dall’Ordinamento ritenuto a tal punto fondamentale da necessitare della costruzione di un sistema ad hoc di protezione e tutela, valutando, in particolare, l’influenza che su di essa posseggono la disponibilità e la reperibilità delle risorse pubbliche necessarie al suo finanziamento. La definizione delle caratteristiche e delle origini del diritto alla salute, che, per come è protetto dall’art. 32 della Costituzione, costituisce, allo stesso tempo, un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della collettività, costituisce la base per valutare l’influenza che tale norma ha avuto sulla definizione del catalogo dei diritti “sociali” costituzionalmente protetti e, altresì, dell’influsso che sul suo sviluppo hanno avuto altri interessi e altri diritti costituzionalmente protetti e, in specie, l’esigenza di buon andamento della Pubblica Amministrazione e di equilibrato utilizzo delle risorse pubbliche che, oggi, a seguito della sottoscrizione del fiscal compact e della novellazione dell’art. 81 e dell’art. 97 della Costituzione, impone che tutte le Amministrazioni (e, dunque, anche il Servizio Sanitario Nazionale che direttamente si occupa di erogare e di garantire l’erogazione di prestazioni a tutela del bene salute) contribuiscano, con la loro attenta gestione, al raggiungimento del pareggio di bilancio. Sulla scorta dell’individuazione di un possibile punto di equilibrio tra valori costituzionali da considerarsi, quantomeno, pariordinati, l’analisi si è spostata sulle misure e sulle iniziative del legislatore nel dare concreta conformazione alle indicazioni provenienti dalla Costituzione, e, dunque, sulla disamina dei livelli essenziali di assistenza, ossia di quel catalogo “minimo” di prestazioni che lo Stato ha di recente – e non senza incertezze – definito e che si è impegnato (assieme alle Regioni, dopo che ad esse sono state allocate le competenze amministrative in materia sanitaria) a garantire su tutto il territorio nazionale, per non infrangere (e per rendere effettivo, anzi) il comando che viene dall’art. 32 della Costituzione. Prendendo atto della necessità del Servizio Sanitario Nazionale di aumentare l’efficacia della sua azione e, al contempo, di diminuire i costi di erogazione del servizio, si sono dapprima valutate le molteplici articolazioni in cui si dipana oggi lo stesso e, quindi, si è considerato il suo sistema di finanziamento, considerando, in particolare, le fasi della distribuzione e della gestione delle risorse pubbliche e, altresì, i numerosi interventi che il legislatore ha attuato, nel corso degli anni, per porre rimedio a una situazione divenuta finanziariamente insostenibile e che ha contribuito, anno per anno, ad aggravare il deficit del bilancio statale. L’attenzione è caduta, così, sulla riforma federalista attuata, per quel che riguarda l’ambito sanitario, nel 2011, con la quale è stato introdotto il criterio dei costi standard quale base distributiva delle risorse ricavate dalla fiscalità generale, per spostarsi, da ultimo, sull’efficacia di tale misura e sulle prospettive di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale
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CRO, PAOLO. "Gestione del rapporto di lavoro e intervento pubblico nel sistema giuslavoristico." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/95.

Full text
Abstract:
L'opera esamina l'intervento pubblico nella gestione del rapporto di lavoro sotto il profilo storico e giuridico nelle tre fasi d'instaurazione, gestione e cessazione del rapporto. Si valorizza anche il ruolo specifico dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, con particolare riguardo all'analisi sistematica del diritto amministrativo del lavoro. L'opera intende porre in luce gli elementi logici, giuridici ed assiologici di questo ramo del diritto del lavoro, per ricondurne le fattispecie esaminate ad un sistema coerente e razionale e per suggerirne sia un metodo d'analisi de iure condito sia una prospettiva per una lettura ed una proposta de iure condendo.
This work analyses how public powers affects labour relationships both from the historical and the juridical points of view. The three main phases of labour relationships beginning, management and end are examined separately. The specific contributions by the three public powers legislative, administrative and judiciary especially by the public administration, are also dealt with. The goal is to illustrate the logical, juridical and ethical elements of this branch of the labour law, in order to build a rational system for both the analysis de iure condito and the debate de iure condendo.
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CRO, PAOLO. "Gestione del rapporto di lavoro e intervento pubblico nel sistema giuslavoristico." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/95.

Full text
Abstract:
L'opera esamina l'intervento pubblico nella gestione del rapporto di lavoro sotto il profilo storico e giuridico nelle tre fasi d'instaurazione, gestione e cessazione del rapporto. Si valorizza anche il ruolo specifico dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, con particolare riguardo all'analisi sistematica del diritto amministrativo del lavoro. L'opera intende porre in luce gli elementi logici, giuridici ed assiologici di questo ramo del diritto del lavoro, per ricondurne le fattispecie esaminate ad un sistema coerente e razionale e per suggerirne sia un metodo d'analisi de iure condito sia una prospettiva per una lettura ed una proposta de iure condendo.
This work analyses how public powers affects labour relationships both from the historical and the juridical points of view. The three main phases of labour relationships beginning, management and end are examined separately. The specific contributions by the three public powers legislative, administrative and judiciary especially by the public administration, are also dealt with. The goal is to illustrate the logical, juridical and ethical elements of this branch of the labour law, in order to build a rational system for both the analysis de iure condito and the debate de iure condendo.
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PORFILIO, AMELIO. "Il welfare state incontra l’Unione europea: dalla costituzione economica europea ad un modello sociale europeo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/807.

Full text
Abstract:
La tesi si snoda lungo tre piani di analisi per esaminare i rapporti fra Unione europea e welfare state. Innanzitutto, essa guarda alla CEE come organizzazione sorta principalmente per perseguire l’integrazione economica degli Stati membri senza interferire sulla loro funzione di welfare. Nel ripercorrere l’evoluzione delle competenze sociali dell’Unione europea, la tesi suggerisce come i sussistenti limiti procedurali e sostanziali evidenzino quella logica. In secondo luogo, la tesi ricorre alla categoria di costituzione economica europea al fine di spiegare la limitazione di sovranità cui gli Stati membri sono andati incontro per favorire l’attuazione del principio di libertà economica. Su questa base, vengono enucleati taluni effetti prodotti dalla costituzione economica europea sul welfare state. Un’attenzione particolare è dedicata ai riflessi della costituzione economica in materia pensionistica. Infine, la tesi guarda alle innovazioni apportate dalla Strategia di Lisbona e dal Trattato di Lisbona, con particolare riguardo al rafforzamento del metodo aperto di coordinamento ed all’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali. In questa luce, si coglie la tendenza all’edificazione di un modello sociale europeo. Avendone discusso genesi e sviluppo, vengono illustrati i suoi tratti distintivi ed i suoi riflessi sulle politiche nazionali di sicurezza sociale e del lavoro.
The thesis examines the relationship between European Union and Welfare State under three different perspectives. Firstly, it looks at the EEC as an organization pursuing economic integration of Member States while not interfering with their welfare function. In tracing the evolution of the social competences of the European Union, it is highlighted how the original logic still underlies the existence of procedural and substantive limits to those competences. Second, the thesis draws on the category of European economic constitution to explain how Member States bounded their sovereignty in order to give full effect to economic freedom. On that basis, the thesis describes some of the inroads made by the European economic constitution into national welfare states, with special attention to its effects on pension systems. Finally, the thesis looks at some of the innovations introduced by the Lisbon Strategy and the Lisbon Treaty, focusing on the strengthening of the Open Method of Co-ordination and the entry into force of the Charter of Fundamental Rights. In this perspective, the thesis captures the emergence of a European social model. Having discussed origins and development of the European social model, its main distinctive features and reflexes on domestic social policies are spelled out.
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PORFILIO, AMELIO. "Il welfare state incontra l’Unione europea: dalla costituzione economica europea ad un modello sociale europeo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/807.

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Abstract:
La tesi si snoda lungo tre piani di analisi per esaminare i rapporti fra Unione europea e welfare state. Innanzitutto, essa guarda alla CEE come organizzazione sorta principalmente per perseguire l’integrazione economica degli Stati membri senza interferire sulla loro funzione di welfare. Nel ripercorrere l’evoluzione delle competenze sociali dell’Unione europea, la tesi suggerisce come i sussistenti limiti procedurali e sostanziali evidenzino quella logica. In secondo luogo, la tesi ricorre alla categoria di costituzione economica europea al fine di spiegare la limitazione di sovranità cui gli Stati membri sono andati incontro per favorire l’attuazione del principio di libertà economica. Su questa base, vengono enucleati taluni effetti prodotti dalla costituzione economica europea sul welfare state. Un’attenzione particolare è dedicata ai riflessi della costituzione economica in materia pensionistica. Infine, la tesi guarda alle innovazioni apportate dalla Strategia di Lisbona e dal Trattato di Lisbona, con particolare riguardo al rafforzamento del metodo aperto di coordinamento ed all’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali. In questa luce, si coglie la tendenza all’edificazione di un modello sociale europeo. Avendone discusso genesi e sviluppo, vengono illustrati i suoi tratti distintivi ed i suoi riflessi sulle politiche nazionali di sicurezza sociale e del lavoro.
The thesis examines the relationship between European Union and Welfare State under three different perspectives. Firstly, it looks at the EEC as an organization pursuing economic integration of Member States while not interfering with their welfare function. In tracing the evolution of the social competences of the European Union, it is highlighted how the original logic still underlies the existence of procedural and substantive limits to those competences. Second, the thesis draws on the category of European economic constitution to explain how Member States bounded their sovereignty in order to give full effect to economic freedom. On that basis, the thesis describes some of the inroads made by the European economic constitution into national welfare states, with special attention to its effects on pension systems. Finally, the thesis looks at some of the innovations introduced by the Lisbon Strategy and the Lisbon Treaty, focusing on the strengthening of the Open Method of Co-ordination and the entry into force of the Charter of Fundamental Rights. In this perspective, the thesis captures the emergence of a European social model. Having discussed origins and development of the European social model, its main distinctive features and reflexes on domestic social policies are spelled out.
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Foti, Alessandro. "Il diritto alla salute. Tutela multilivello nei sistemi giurisdizionali nazionale, internazionale e sovranazionale." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1591.

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Abstract:
La presente tesi di ricerca intende verificare il contenuto e la natura giuridica del diritto alla salute. Nello stesso momento, si analizzerà la tutela multilivello che questo diritto riceve nell'attuale configurazione policentrica dei poteri legislativi e giurisdizionali, in cui attori diversi, provenienti da sistemi giuridici differenti, sono chiamati ad occuparsi della realizzazione e della difesa dei diritti fondamentali. In particolare, la tutela del diritto alla salute dell'individuo è affidata, in primo luogo, agli organi legislativi e giurisdizionali nazionali, e, in modo congiunto e simmetrico, ma a volte anche in modo prevalente e predominante, ad organi sovranazionali e internazionali. Questa tutela multilivello appare una diretta conseguenza del rango di diritto primario e inviolabile che è stato riconosciuto al diritto alla salute nei moderni sistemi costituzionali occidentali, tra cui quello italiano, e in alcuni sistemi internazionali e sovranazionali, quali il sistema del Consiglio d'Europa e quello dell'Unione Europea.
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NIOLA, FRANCESCA. "AMBIENTE, VALORE COSTITUZIONALE - CRISI DEL SISTEMA E PROSPETTIVE DI TUTELA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1070763.

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Abstract:
La tutela ambientale è un valore costituzionale. Se tale concetto oggi risulta acclarato e generalmente riconosciuto nell’ ordinamento giuridico, ci si rende conto di quanto tale materia sia continuamente in evoluzione e offra all'interprete sempre numerose e progressive occasioni di dibattito ed approfondimento. Il dato che emerge in modo lampante dalla realtà fattuale e dalla ricostruzione giuridica mostra come la materia ambientale sia poliedrica e spendibile in diversi settori dell'ordinamento coinvolgendo di volta in volta posizioni giuridiche ed interessi meritevoli di tutela seppur di varia e non omogenea natura. Ne consegue che, sebbene la tutela dell’ambiente sia spesso oggetto di interventi dal legislatore, risulta frammentaria e iperspecializzata. La ragione di detta tendenza è riscontrabile nella continua evoluzione che il concetto di ambiente ha subito nel corso dei decenni. L’oggetto del presente lavoro è individuare, attraverso un’analisi multi-direzionale, i confini costituzionali della tutela ambientale, in particolare in rapporto alla crescita ed allo sviluppo dell’individuo Analizzare la materia ambientale sotto il profilo costituzionale comporta innanzitutto inquadrarla tra i Principi fondamentali, dando conto della interpretazione evolutiva dell’articolo 9 della Costituzione. Vuol dire altresì descriverla non in termini assoluti e statici, ma sottolinerarne essenzialmente gli opposti caratteri dinamici i quali consentono alla materia in esame di intersecarsi e combinarsi con numerosi diritti e libertà. Ciò, se da un lato fonda il suo carattere composito e complesso, dall’altro pone un problema di tutela generale, talchè risulta arduo riscontrare nel nostro ordinamento, nonostante l’intervento allocativo del Codice dell’Ambiente, l’esistenza di una tutela prodromica dell'ambiente, considerato in assoluto, che abbia carattere di sistematicità ed astrattezza. Ragionare, in chiave costituzionale, di ambiente significa innanzitutto approfondire e bilanciare il problema delle competenze e delle attribuzioni nei diversi livelli di governo con la necessità di chiarire la natura stessa dell'ambiente all'interno dell'ordinamento costituzionale. Ciò stimola la ricerca in due direzioni opposte: verso il passato, attraverso l'analisi delle fonti costituzionali al fine di trovare un concetto unitario di ambiente e verso il futuro, ipotizzando nuovi e conseguenti scenari di tutela. Sotto il primo aspetto la ricerca si è in via prioritaria concentrata sulla ricerca e l'analisi del concetto di ambiente all'interno del testo costituzionale; in particolare ci si è chiesto quale fosse la ragione del mancato inserimento dello stesso termine <> nelle disposizioni della Costituzione. Per rispondere a tale interrogativo è stata adottata una metodologia tradizionale di analisi sistematica delle fonti giuridiche a disposizione: attraverso la ricostruzione dettagliata dei lavori preparatori e delle discussioni in Assemblea costituente intorno all'art 9 Cost. è stato possibile definire l'humus entro il quale si sono sviluppati i cardini costituzionali della tutela ambientale. Ne è criticamente emerso come la nozione di <> abbia per lungo tempo descritto gli argini della materia in parola: da un lato la necessità di sottolineare l'importanza di tutelare le <> dimostrata dalla collocazione della disposizione tra i principi fondamentali fortemente discussa in Assemblea costituente; dall'altro la caratterizzazione di detta tutela solo in termini estetico-formalistici. Se infatti si sposta per un attimo l'attenzione alla norma contenuta nell’art 44 Cost. , la quale fonda il principio del razionale sfruttamento del suolo, ci si rende conto di come la sensibilità giuridica dei Costituenti fosse tesa a distinguere aprioristicamente i concetti di paesaggio, inteso come insieme delle bellezze naturali identificative della Nazione e di suolo, inteso invece in senso produttivo come spazio aggredibile dalla proprietà privata per lo sfruttamento delle risorse. Tale concezione emerge soprattutto nella produzione dottrinale che fino agli anni Settanta circa si occupa di individuare i confini della tutela galvanizzandone specificamente gli aspetti estetico-formalistici ed le competenze statali in materia protezione delle bellezze naturali. L'analisi storica che ne consegue è pertanto tesa ad approfondire le fasi dell'evoluzione del concetto di ambiente da bene costituzionalmente protetto a valore costituzionale; ne è emerso come la tutela profferta dall'ordinamento italiano risulti problematicamente peculiare nel panorama delle esperienze costituzionali analizzate, le quali predispongono, in modo piuttosto omogeneo e costante, la definizione aprioristica della tutela ambientale o attraverso l’inserimento esplicito nel disposto costituzionale o attraverso un intervento di legislazione ordinaria. È opportuno precisare che la disciplina costituzionale italiana ha subito un'importante evoluzione con la riforma del Titolo V, occasione che ha visto l'inserimento espresso della tutela ambientale nel testo della Costituzione. Ciò ha sicuramente contribuito a superare la primordiale contrapposizione tra posizioni centraliste e regionaliste emerse agli albori della discussione tra i costituenti: elemento cardine della nuova impostazione della tutela ambientale è la sua trasversalità. Essa di qualifica in senso formale, quale criterio a governo delle competenze ex art 117 Cost, ma anche in senso sostanziale, quale sostrato dinamico dell’intersecarsi di molteplici materie ed interessi. Se infatti questi trovano negli equilibri del cd. Stato apparato, i fondamenti positivi della corrispondente tutela, la costituzionalizzazione della materia ambientale pone la necessità di uno sforzo ulteriore: l’inquadramento all’interno dei meccanismi dello Stato – comunità. In tale prospettiva affiora il collegamento tra l’individuo e l’ambiente. I costanti dibattiti tra le tesi antropo-centriste e quelle eco-centriste circa l’ individuazione dell’interesse tutelabile e le critiche recenti sulla frammentazione della tutela ambientale in piccoli interessi meritevoli di tutela ( quali il diritto all’informazione ambientale, il diritto ad un ambiente salubre) ruotano in effetti intorno al carattere inafferrabile dell’ambiente. La ricerca si pone quindi l’obiettivo di superare tale difficoltà innanzitutto ricercando nel panorama costituzionale, compulsato da un’ondivaga produzione dottrinale e di una costante ricostruzione giurisprudenziale, quelle occasioni di trasposizione sistematica e concreta della tutela ambientale. In particolare rifuggendo dalla pretesa di <> il concetto di ambiente da valore costituzionale a mero oggetto di diritto o bene materiale si cerca di ipotizzare l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva in grado di tradurre la simbiosi uomo – natura che costituisce il fermo fondamento ontologico dell’articolo 9 (e delle relative combinazioni con altre norme di rango costituzionale). Si pone quindi come ipotesi che l’unico elemento in grado di descrivere a tinte forti l’evanescenza del concetto di ambiente è il territorio. Esso costituisce la forma dell’ambiente sulla quale agisce l’intervento umano e lo spazio della cittadinanza, talchè il governo del territorio diventa il governo dell’ambiente. Ciò consente di verificare l’esistenza di posizioni giuridiche immediatamente incidenti o derivanti dalle azioni amministrative su di esso eseguite e degli interventi legislativi che ne sono alla base al fine di (di)mostrare quanto la materia ambientale sia in grado di coinvolgere numerosi settori giuridici (si pensi ai diritti di partecipazione o di informazione ambientale o all’urbanistica). In particolare si sposa la tesi per cui il territorio, quale forma dell’ambiente, sia un bene collettivo: in tale chiave si analizza il dibattito, di recente riaperto da nuovi stimoli, tra beni comuni e la proprietà collettiva. L’idea primigenia è che la tutela dell’ambiente-territorio fonda una pretesa di giustizia dell’individuo, non assoluto, ma all’interno della comunità nella quale si sviluppa. La crisi massima del sistema sin ora descritto è rappresentata dalle emergenze ambientali, o, più correttamente, dalla tecnica legislativa di tutela dell’ambiente in situazioni di emergenza, quali in particolare, il caso Rifiuti in Campania o l’Ilva a Taranto. Il continuo ricorso alla norma straordinaria ha creato e cristallizzato un sistema alternativo di tutela dell’ambiente fondato solo su ragioni di necessità ed urgenza e, di fatto, l’avocazione del governo del territorio al livello centrale, quale criterio solutore dell’emergenza, ha interrotto la relazione simbiotica tra ambiente – territorio – cittadinanza che fonda la natura costituzionale del <> ambiente. Se, infine, la ricerca analizza le crisi dell’attuale sistema di tutela ambientale, dall’altro lato prova a immaginare nuove forme di garanzia: attraverso il ribaltamento della tradizionale concezione dell’ambiente come valore astratto, l’ esame volge a tendenze prospettiche de iure condendo ipotizzando la traduzione della detta relazione triadica in un diritto dell’individuo allo sviluppo sostenibile.
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Giannino, Domenico. "Il costituzionalismo transnazionale del sistema interamericano di tutela dei diritti umani e i federalismi 'accentratori' messicano e argentino." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/844.

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PICCHI, MARTA. "Sistema amministrativo regionale e rapporti centro-periferia. Spunti dal "federalismo d'esecuzione" nella prospettiva di una riforma costituzionale in Italia." Doctoral thesis, 1997. http://hdl.handle.net/2158/808074.

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Abstract:
Dopo aver esaminato il federalismo d'esecuzione in Germania, viene ricostruito il percorso che ha condotto all'attuazione delle Regioni in Italia evidenziando le problematiche sorte con la scelta di un sistema cd. binario legato al principio del parallelismo. Nell'ultima parte, il raffronto delle due esperienze consente l'esposizione critica di un possibile percorso riformatore della soluzione regionalista pensata in Assemblea Costituente.
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BARDOTTI, LORENZO. "'Governo parlamentare': nascita di una categoria politica nella cultura costituzionale italiana tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1119920.

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Abstract:
Seguendo l’approccio metodologico della storia dei concetti (Begriffsgeschichte), l’elaborato mira a descrivere i cambiamenti dell’assetto politico-costituzionale italiano attraverso l’evoluzione semantica di sintagmi linguistici come ‘governo parlamentare’, ‘governo rappresentativo’, ‘governo costituzionale’, ‘parlamentarismo’. Tale analisi si concentra grossomodo in un periodo di tempo che va dalla seconda metà dell’Ottocento, fino alla prima metà del Novecento. Come fonti, accanto ai classici prodotti della dottrina politico-costituzionale, quali monografie accademiche, corsi universitari, prolusioni e discorsi parlamentari, si sono utilizzate voci di dizionari e enciclopedie, opuscoli, fonti giornalistiche, periodici e riviste di taglio più o meno specialistico e di orientamento politico diverso (liberale/moderato, cattolico, socialista, repubblicano, nazionalista, fascista). L’evoluzione concettuale di lemmi-cardine come ‘governo parlamentare’ e altri sintagmi ad esso finitimi permette di ricostruire i mutamenti della forma di governo italiana, evitando anche spiacevoli anacronismi a livello storiografico. Infatti la forma di governo non dovrebbero essere descritta attraverso quadri concettuali elaborati nella nostra contemporaneità e poi applicati retrospettivamente al passato, ma con sintagmi e concetti appartenenti alla realtà storica che si intende prendere in esame.
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STEGHER, GIULIASERENA. "Regolamenti parlamentari e forma di governo: il caso italiano." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1248643.

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Abstract:
In considerazione del contesto di perdurante crisi del sistema, ma più in generale della crisi della democrazia rappresentativa basata sul principio elettivo, fulcro dell’approfondimento della tesi è cercare di dimostrare come e quanto il ruolo dei Regolamenti parlamentari si relazioni al contesto partitico in un rapporto di reciproca influenza. Quando l’interpretazione delle regole del gioco cambia, nella fattispecie i Regolamenti delle Assemblee rappresentative, può determinarsi non solo uno scollamento, ma altresì una vera e propria crisi di regime. Si ritiene che sussista uno stretto e concreto legame tra le norme regolamentari, nella loro veste di strumento tecnico ad alta valenza politica, e il regime politico. Pur nella continuità tecnica, proprio i regolamenti parlamentari, sia nella loro interpretazione sia nella loro applicazione, sono esposti ai fenomeni di discontinuità, perché influenzati dalle logiche sottese alle esigenze politiche tanto della maggioranza, quanto dell’opposizione. Tale discontinuità diventa esponenziale nelle crisi di regime e nelle transizioni (in particolare dal bipartitismo al bipopulismo), perché se nel regime proporzionalistico i regolamenti parlamentari sono diretti ad assicurare la più alta inclusione politica, in ragione di una logica finalizzata a garantire la più alta partecipazione possibile; nel regime politico maggioritario, al contrario, gli stessi sono tesi al maggiore efficientamento e al decisionismo.
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CASANOVA, DANIELE. "Eguaglianza del voto e sistemi elettorali. Profili costituzionali." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1253626.

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Abstract:
La ricerca sviluppata nella tesi è finalizzata a valutare gli eventuali limiti alla discrezionalità del legislatore nell’adozione del sistema elettorale desumibili dall’art. 48 Cost. nella parte in cui prevede l’eguaglianza del voto. In particolare l’indagine riguarda gli effetti che tale precetto costituzionale può avere in tema di scelta del sistema elettorale in senso stretto, inteso quindi quale sistema di trasformazione dei voti in seggi. Dal punto di vista metodologico la prima questione che viene affrontata è quella di ricostruire, in chiave storico-dottrinale, il concetto della rappresentanza politica al fine di ricercare il collegamento tra la natura rappresentativa dell’Assemblea legislativa e le regole elettorali. Questa operazione, che parte dagli studi classici sulla rappresentanza politica, risulta utile per provare a tracciare un distinguo tra la concezione classica, di matrice liberale, della rappresentanza come mera preposizione alla carica del singolo parlamentare e la concezione della rappresentanza politica come rapporto, perdurante il corso della legislatura, tra rappresentati e rappresentanti. Il passaggio dalla fase liberale e l’idea dell’elezione come scelta dei migliori, alla fase democratica-costituzionale, infatti, permette di poter intravedere nella rappresentanza politica un istituto più complesso che contempli un rapporto reale tra elettori ed eletti. Per poter parlare di rapporto rappresentativo devono essere innanzitutto individuati quelli che sono i soggetti della rappresentanza politica e quale è il loro ruolo nella rappresentanza. Lo studio della rappresentanza democratica conduce a ritenere che i soggetti che hanno un ruolo nell’istituto indagato sono il rappresentante e l’elettore. Se così è, allora si deve dare un’interpretazione all’art. 67 Cost., laddove, prevedendo che il singolo parlamentare rappresenta la Nazione, sembra trascurare il ruolo dell’elettore. È proprio un’interpretazione letterale dell’art. 67 della nostra Carta costituzionale che ha permesso, ad una parte della dottrina, di sostenere che i rappresentanti devono agire in nome di un interesse generale che travalichi gli interessi degli elettori. Nell’elaborato si cerca di argomentare, a contrario, come l’art. 67 non abbia una portata tale da incidere sugli interessi che il rappresentante deve perseguire. Si giunge a tale conclusione poiché l’istituto parlamentare, più che luogo nel quale i rappresentati interpretano l’interesse generale, è da considerarsi il luogo di sintesi delle domande e delle pulsioni sociali, quindi il luogo in cui vi è la composizione di variegati interessi che si ritrovano all’interno della società che vengono graduati attraverso la discussione e il dibattito parlamentare. Se questo è il ruolo del Parlamento allora la funzione del rappresentante non può limitarsi ad essere quella di interpretare un’ipotetica volontà generale ma deve essere quella di interagire con il contesto sociale, in particolar modo con gli elettori che hanno determinato il ruolo di rappresentante in capo ad uno specifico soggetto. Nello stesso tempo, il ruolo dell’elettore non può essere circoscritto alla mera scelta del parlamentare, ma deve essere anche quello di un soggetto che può influenzare la decisione politica in un rapporto dinamico con il rappresentante (PITKIN 1967). In questo modo è la concezione generale della democrazia che muta, in particolare rispetto al periodo liberale, e viene a qualificarsi non come statico governo sul popolo ma come un complesso processo politico nel quale il popolo è parte attiva anche oltre la mera approvazione elettorale (URBINATI 2006). Se la rappresentanza politica può essere così ricostruita dal punto di vista teorico, per avere un’applicazione concreta di questa dinamica tra i rappresentati e i rappresentanti, il ruolo del sistema elettorale deve essere quello di garantire che tale rapporto tra i due soggetti della rappresentanza possa effettivamente attuarsi. Lo studio del sistema elettorale deve tenere in considerazione questo modello di rappresentanza politica, che sarà il fil rouge per valutare quali sono i sistemi elettorali in grado di produrre un Parlamento che rispetti i canoni della rappresentanza democratica. Solo dopo aver svolto una ricostruzione del moderno concetto di rappresentanza politica, vi è la possibilità di collegare la stessa all’eguaglianza del voto, sancita dall’art. 48 della Costituzione nel più generale principio di eguaglianza tra i consociati. Per permettere un’adeguata analisi si è deciso di suddividere lo studio sostanzialmente in due momenti distinti, che caratterizzano il complicato rapporto sistema elettorale-rappresentanza-eguaglianza del voto, ovverosia il collegio elettorale e la formula elettorale. Nella prima parte si analizzano le conseguenze che il principio di eguaglianza ha sulla libertà del legislatore di determinare i confini dei collegi elettorali. Tale studio si è reso necessario poiché si è cercato di mettere in luce che il collegio elettorale è il luogo “naturale” di formazione del rapporto rappresentativo, poiché spazio territoriale dove i partiti politici presentano i propri candidati e dove si instaura quel circuito rappresentativo, fra rappresentanti e rappresentati, di cui si faceva riferimento durante la trattazione teorica del concetto della rappresentanza politica. Questo presupposto nasce dalla circostanza che se la rappresentanza è un rapporto politico tra soggetti (rappresentante e rappresentato), tale rapporto non può che non essere individuato all’interno del luogo dove formalmente e sostanzialmente gli elettori scelgono i propri rappresentanti. Si cerca quindi di argomentare che il luogo in cui si instaura e si alimenta il rapporto rappresentativo tra eletti ed elettori è proprio il collegio elettorale. Nell’elaborato si individuano, inoltre, le conseguenze che il principio d’eguaglianza del voto ha in merito alla suddivisione del territorio nazionale. Attraverso un approfondimento della giurisprudenza e della dottrina di alcuni ordinamenti stranieri, in particolare degli Stati Uniti e del Regno Unito, una delle prime conseguenze messe in luce è quella per cui i collegi elettorali devono essere strutturati in modo tale da garantire l’eguaglianza tra gli elettori situatati in collegi diversi, affinché tutti gli elettori siano posti nella condizione di poter egualmente partecipare alla formazione dell’Assemblea rappresentativa. Nel lavoro di tesi si prova ad argomentare che per garantire tale eguaglianza i collegi elettorali, quando eleggono un solo rappresentante, devono essere individuati e delimitati su basi essenzialmente demografiche affinché la consistenza della popolazione (o degli elettori) all’interno dei collegi sia quanto più omogenea (si veda p. es. la sentenza della Supreme Court degli Stati Uniti U.S. 725 (1983)). Diversamente, quanto il sistema elettorale adottato è un sistema plurinominale non è necessario che i collegi siano demograficamente identici. In questi casi è però indispensabile, come indicato dallo stesso Testo costituzionale all’art. 56, che pur nella diversità della composizione demografica la distribuzione dei seggi avvenga in modo proporzionale alla suddetta consistenza demografica, affinché, anche in questo caso, non vi sia una irragionevole distinzione tra elettori posti in collegi elettori diversi. In secondo luogo, si cerca di analizzare l’effetto che l’applicazione della formula elettorale può avere, legittimamente o meno, sulla distribuzione territoriale della rappresentanza. A tal proposito si cerca di mettere in luce che i c.d. sistemi elettorali multilivello – sistemi nei quali i voti vengono trasformati in seggi ad un livello territoriale diverso rispetto al collegio elettorale – sono legislazioni elettorali che non permettono la realizzazione del principio d’eguaglianza così considerato. In questi sistemi, infatti, alla conclusione dell’iter elettorale vi è la possibilità che l’allocazione dei seggi avvenga in misura diversa rispetto al numero di seggi che il collegio elettorale avrebbe diritto in base alla consistenza demografica. Attraverso un’analisi empirica si cerca di documentare che in questi sistemi elettorali l’eguaglianza tra gli elettori posti in collegi elettorali diversi rischia di non essere garantita, poiché all’assegnazione finale dei seggi, vi saranno elettori che saranno sovra o sotto rappresentati rispetto ad altri elettori di altri collegi elettorali. Il secondo collegamento tra legislazione elettorale e eguaglianza del voto che si cerca di sviluppare nell’elaborato è inerente al concreto sistema di trasformazione dei voti in seggi. Sul tema, si cerca di dimostrare che la dottrina dominante – sia prima che dopo le sentenze della Corte costituzionale in tema di premio di maggioranza – volta ad interpretare l’eguaglianza del voto come mera eguaglianza in entrata (quindi esclusione di voto plurimo e voto multiplo), sia la dottrina minoritaria, che invece ha incluso il principio di eguaglianza del voto “in uscita” tra i principi costituzionali, sono accomunate da una costruzione teorica dell’eguaglianza fondata sul principio proporzionale. In questo senso, infatti, la dottrina, indipendentemente dal considerare il principio d’eguaglianza del voto “in uscita” un precetto costituzionale, ha tendenzialmente sostenuto che l’eguaglianza del voto in questa accezione comporti l’adozione di un sistema elettorale proporzionale. Anche la giurisprudenza costituzionale sembrerebbe essere dello stesso avviso. Nelle due sentenze riguardanti il premio di maggioranza per l’elezione delle Assemblee rappresentative nazionali, la Corte sembra avere considerato l’eguaglianza del voto “in uscita” quale sinonimo di proporzionalità nazionale. La Corte, infatti, ha ritenuto illegittimo il premio di maggioranza senza una soglia poiché posto all’interno di un sistema proporzionale nel quale il voto “in uscita” non può essere eccessivamente distorto. La Corte sembra aver posto alla base delle proprie argomentazioni la quantità della distorsione del voto prodotta dal sistema elettorale. A confermare tale lettura della giurisprudenza soccorre la stessa Corte Costituzionale che nella sentenza n. 1 del 2014 ha richiamato il Tribunale federale tedesco, che da anni ritiene che il principio d’eguaglianza in senso sostanziale sia un principio che limita il legislatore solo qualora decida di adottare il sistema elettorale proporzionale. Se tali premesse sono vere, però, il rischio è quello che il principio d’eguaglianza “in uscita” sia un principio alquanto sfumato che limita la discrezionalità del legislatore solo qualora lo stesso decida di adottare il sistema elettorale proporzionale, non essendo, quindi, un precetto costituzionale che limita in via generale la discrezionalità del legislatore. Allo stesso modo, anche la dottrina, ancor prima delle sentenze della Corte, ragionando sulla distorsione del voto prodotta dai sistemi elettorali, ha cercato di motivare la legittimità costituzionale proprio del premio di maggioranza comparando tra loro sistemi elettorali di diversa natura (vuoi proporzionali, maggioritari o misti), concludendo che se un grado di disproporzionalità che si produce a livello nazionale in un dato sistema elettorale è da considerarsi costituzionalmente legittimo, di conseguenza deve esserlo anche negli altri. Una medesima impostazione teorica del problema viene portata avanti anche da chi, pur contrario al sistema elettorale con premio di maggioranza, utilizza il parametro della disproporzionalità per giungere a sollevare dubbi di legittimità costituzionale nel classico sistema uninominale first past the post, accusato di falsare la rappresentanza poiché in grado di assegnare ad una forza politica più seggi di quanti ne avrebbe ottenuti con un riparto proporzionale. Queste indagini, indipendentemente dalle conclusioni alle quali giungono, sembrano prendere le mosse esclusivamente dal grado di disproporzionalità nazionale prodotto da un certo sistema elettorale, accentuando oltremodo la quantità della distorsione del voto, senza prendere in considerazione le differenze strutturali del sistema elettorale di partenza. Sembrerebbe che la questione, anche relativa all’eguaglianza del voto, possa risolversi valutando quanto possa essere ragionevolmente disproporzionale un sistema elettorale. Per quel che riguarda una risposta a questo interrogativo, perlomeno in tema di sistema elettorale con premio di maggioranza, è stata fornita dalla Corte costituzionale che ha rigettato la questione di legittimità riguardante il premio di maggioranza con soglia al 40% previsto dalla legge n. 52 del 2015, ritenuto non irragionevolmente distorsivo della rappresentatività e dell’eguaglianza del voto. Come ha sottolineato attenta dottrina, però, muoversi esclusivamente indagando la ragionevolezza della distorsione del voto potrebbe però risultare infruttuoso, poiché valutare unicamente in base al metro della ragionevolezza rischia di non produrre un dato certo, che sia in grado di stabilire fin dove una soluzione possa spingersi per rimanere nell’ambito della legittimità costituzionale. Per permette di dare un significato pieno al precetto costituzionale dell’eguaglianza del voto, che non sia cedevole e non si “atteggi” diversamente sulla base del sistema elettorale prescelto dal legislatore, nell’elaborato si prova ad argomentare una diversa interpretazione del principio di uguaglianza “in uscita”, a partire proprio dalla valorizzazione delle diversità strutturali che stanno alla base dei vari sistemi elettorali. La prima questione che viene affrontata è relativa alla determinazione del contenuto del principio d’eguaglianza “in uscita” o comunque di un principio costituzionale che non sia meramente il divieto di voto plurimo o multiplo. Come autorevole dottrina ha sostenuto, il principio di eguaglianza implicherebbe che il sistema elettorale adottato dal legislatore deve trattare tutti i voti aritmeticamente con le stesse modalità. Per valutare la portata normativa del principio contenuto all’art. 48 della Costituzione, e per riflettere sulla base di un iter argomentativo diverso, si cerca di verificare, sempre partendo da una concezione di rappresentanza politica che implichi un rapporto tra eletti ed elettori, se è possibile sostenere che l’eguaglianza del voto anche “in uscita” può essere valutata esclusivamente all’interno della ripartizione territoriale nella quale si forma il rapporto rappresentativo. Si prova quindi ad argomentare che la portata del principio d’eguaglianza dovrebbe essere valutata all’interno di queste ripartizioni territoriali, sicché il voto di un elettore dovrebbe poter essere uguale, anche come valenza effettiva, esclusivamente rispetto al voto degli elettori del suo stesso medesimo collegio elettorale. Nell’elaborato si cerca quindi di dimostrare che l’eguaglianza del voto “in uscita” non è tanto un’eguaglianza della valenza di ogni singolo voto di tutti gli elettori astrattamente considerati ma è l’eguaglianza dei suffragi tra soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica soggettiva, che è, in questo caso, quella di essere inseriti in un determinato collegio elettorale. Da queste premesse, si cerca di sostenere che volendo comparare la distorsione del voto che viene prodotta complessivamente (rectius nazionalmente) da un sistema elettorale, intesa come difformità tra voti nazionalmente ottenuti da una forza politica e seggi parlamentari complessivi conseguiti dalla stessa, lo si potrebbe fare solo laddove il sistema elettorale prevedesse espressamente l’elezione in un collegio unico nazionale. Provando a ragionare a partire dal collegio elettorale, viceversa, si cerca di dimostrare che sia proprio all’interno di quella articolazione territoriale che deve essere valutata l’eventuale distorsione del voto e l’eguaglianza tra gli elettori. Analizzando in questo modo i sistemi elettorali si cerca inoltre di superare lo storico dualismo tra sistemi maggioritari e sistemi proporzionali per riflettere, più che sulla formula elettorale, sul luogo nel quale si “forma” la rappresentanza politica. Dallo studio della rappresentanza all’interno di un determinato ambito territoriale, e non a livello nazionale, i risultati ai quali si cerca di giungere circa la distorsione del voto sono tali da far ritenere che, ad esempio, il sistema elettorale maggioritario, pur comportando eventualmente una grande distorsione del voto a livello nazionale, non implichi di per sé il venir meno della rappresentanza politica dei cittadini né comporti una limitazione dell’eguaglianza tra gli elettori situati in un determinato collegio elettorale. In questo modo, si prova a verificare se è sostenibile la tesi per la quale i voti degli elettori devono essere eguali non solo nel momento in cui vengono espressi ma anche nel momento in cui vengono “contati” per essere trasformati in seggi, senza che da tale principio si debba necessariamente concludere, come riteneva Lavagna, una costituzionalizzazione del sistema elettorale proporzionale. Successivamente si provano a mettere in relazione i risultati della trattazione teorica con la concretezza dei sistemi elettorali, al fine di provare a concludere che il principale sistema elettorale che non garantisce un’eguaglianza del voto (così come precedentemente ricostruita) è il sistema elettorale con premio di maggioranza (di qualsiasi natura) indipendentemente dalla quantità del premio assegnato alle forze politiche. Viceversa, si cerca di argomentare che sia sistemi maggioritari uninominali sia i sistemi elettorali proporzionali (ancorché eventualmente molto razionalizzati per la presenza di collegi elettorali che eleggono un numero esiguo di rappresentanti) sono pienamente compatibili con il principio di eguaglianza. A tal proposito, viene posto in evidenza che in un sistema proporzionale l’eguaglianza del voto starebbe ad esprimere che all’interno della circoscrizione plurinominale debba esserci un quoziente elettore, uguale per tutte le forze politiche, raggiunto il quale vi è l’attribuzione di un seggio. Viceversa, l’eguaglianza del voto così interpretata, non permetterebbe di riconoscere la legittimità costituzionale di quei sistemi con premio di maggioranza nei quali il voto dell’elettore può produrre una quantità di eletti superiore a quello degli altri elettori, tramite l’utilizzo di quozienti elettorali diversi tra il partito vincitore della competizione elettorale e le forze politiche “perdenti”. In sostanza si cerca di mettere in luce che la limitazione principale per il legislatore che discende dall’eguaglianza del voto ex art. 48 Cost., oltre quella di poter ricorrere al sistema elettorale maggioritario di lista, è l’adozione dei sistemi elettorali con premio di maggioranza che, indipendentemente dalla quantità del premio di maggioranza assegnato, non “pesano” egualmente i voti degli elettori all’interno del collegio elettorale, sia quando esso è il “luogo” nel quale i voti vengono trasformati in seggi, sia quando questa trasformazione avviene e livello nazionale. L’ultima questione che viene trattata riguarda l’esistenza di principi o obiettivi costituzionali che possono essere bilanciati con il principio costituzionale dell’eguaglianza del voto al fine di limitarne, ancorché relativamente, la portata. A tal proposito si cerca di porre l’accento sul bilanciamento offerto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014 e nella sentenza n. 35 del 2017 tra eguaglianza del voto e stabilità del Governo all’interno di una forma di governo parlamentare. Partendo proprio dalla ragionevolezza nell’equilibrio tra stabilità e rappresentanza (unita, quest’ultima, alla rappresentatività e all’eguaglianza del voto), la Corte costituzionale sembra aver fondato le proprie decisioni basandosi sul grado di “compressione” ragionevole della rappresentatività e dell’eguaglianza. Dagli studi inerenti la rappresentanza, la legislazione elettorale e l’eguaglianza del voto si prova a proporre un diverso approccio per affrontare la questione, a partire dal mettere in dubbio l’individuazione della stabilità del Governo come obiettivo costituzionalmente apprezzabile e, pertanto, non bilanciabile con i principi costituzionali della rappresentanza politica delle Assemblee legislative e dell’uguaglianza del voto. Percorrere questa strada argomentativa non significa sostenere però che la stabilità dell’Esecutivo debba essere stigmatizzata e vista in un necessario dualismo con la rappresentanza politica, come se la stabilità possa essere raggiunta solamente attraverso una deminutio della rappresentanza all’interno dell’Assemblea parlamentare. La stabilità può essere infatti favorita, oltre che da una razionalizzazione delle regole che stanno alla base della forma di governo parlamentare, tramite l’adozione di quei sistemi elettorali (si pensi al classico sistema elettorale maggioritario) che pur non minando il campo dalla rappresentanza politica e dell’eguaglianza hanno lo scopo di influenzare i processi politici in modo da aumentare le probabilità che vengano a formarsi maggioranze parlamentari stabili. Questo starebbe a comprovare che esistono sistemi elettorali in grado di favorire la stabilità governativa pur restando sistemi elettorali con i quali gli elettori sono in grado di eleggere un Parlamento pienamente rappresentativo. Anche questi sistemi non sono però in grado di produrre ex-lege, come con il premio di maggioranza nell’esperienza italiana, un Governo “monocolore”. Vi sono infatti casi in cui l’elevata frammentazione sociale produce un’elevata frammentazione parlamentare anche nei sistemi elettorali molto razionalizzati. L’esistenza di sistemi elettorali che pur favorendo la stabilità non incidono sulla rappresentanza politica, starebbe a dimostrare che la dicotomia tra rappresentanza e stabilità, che la Corte costituzionale (così come parte della dottrina) sembra riconoscere, è solo presunta. Da ultimo l’analisi dell’equilibrio tra stabilità e rappresentanza è inerente alla forma di governo. L’approfondimento si rende necessario nel momento in cui la Corte costituzionale ha sostenuto in due sentenze, una riguardante il sistema elettorale per l’elezione dei Consigli comunali e l’altra i Consigli regionali, che lo stesso meccanismo (il premio di maggioranza senza soglia), dichiarato illegittimo in una forma di governo parlamentare, possa essere ritenuto costituzionalmente ammissibile nella forma di governo adottata da comuni e regioni, poiché, a detta della Corte, si tratta di forme di governo che necessitano di una maggiore stabilità dell’Esecutivo, tale da poter comprimere la rappresentanza dell’Assemblea anche oltre a quanto consentito dalla Costituzione nella forma parlamentare di governo. In questo caso, l’interrogativo di fondo è quello di stabilire se una data forma di governo sia in grado di legittimare delle regole elettorali che sarebbero da considerarsi illegittime laddove vi siano delle diverse regole costituzionali che dominano il rapporto tra Assemblea rappresentativa e organo Esecutivo.
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BUSSOLETTI, ANDREA. "L’età berlusconiana. Il centro destra dai Poli alla Casa della Libertà. 1994-2001." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/854513.

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Abstract:
La tesi realizza un'analisi dei processi che hanno portato alla nascita ed alla trasformazione, fra la svolta del 1993 e il 2001, dei tre soggetti politici principali della Destra italiana: Forza Italia, Lega e Alleanza Nazionale. Di ciascuna forza politica, sono analizzate le dinamiche evolutive sotto il profilo politico, gli aspetti pregnanti della trasformazione culturale ed infine le caratteristiche della nuova élite politica affermatasi dopo la la rottura storica del sistema dei partiti vigente nel biennio 1992-1994. Partendo dalle singole forze la tesi ricostruisce le dinamiche di sistema, con particolare attenzione al ruolo di mediazione e collante della Destra italiana esercitato dal partito fondato da Silvio Berlusconi. ENG - The thesis deals with the processes of foundation and transformation of the three main political parties oh Italian right wing parties Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, between the juncture of 1993 and 2001. The research analyzes the dynamics of political evolution, the cultural transformation and the characteristics of the new political elite that imposed itself after the collapse of Italian party system between 1992 and 1994. The research also reconstructs the dynamics of the new italian party system, focusing on the importance of the role of mediator and binding agent of Silvio Berlusconi inside Italian right wing.
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PICCHIO, FRANCESCA. "Scomporre e riconfigurare il paesaggio urbano, ambienti virtuali e modelli di analisi per la costituzione di sistemi gestionali." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1028690.

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Abstract:
The topic of the P.h.D Thesis deals with the question of the representation of the urban landscape, ranging from theories that try to define the deeper meaning of the word landscape, to the contemporary developments of the representation, in which the landscape idea is transposed, increasingly protagonist of virtual contexts and able to configure new urban scenes. The goal of the research project is to structure an operating plan that, through an experimental analysis methodology of the landscape survey, appears able to conducting to a credible and reliable representations of the acquired space. The morphological and perceptive complexity in which each urban landscape is configured, for its implications both in the sensible that in that immaterial aspects, directed towards innovative research aspects. These methods, through the communicative power of the image, would allow to acquire the relationships between the elements of the space, break down the complesity of those relationships and simplify them to reassemble in a more understandable message. Photography, applied to the study of the landscape, allows the inclusion of specifically procedures and the testing of the latest three-dimensional photogrammetry applications. These activities are constrain to the study cases in which is necessary to test the operational capabilities of the individual processes. The photographic image is the base for considerations on the latest image based applications, on the quickly and low cost acquisition systems. Photography can generate three-dimensional landscape that answer to the request of metric and quality reliability and of the context. About the different study cases, ranging from rarefied villages to a more complex urban systems, some representative portions have been analyzed and acquired through structure from motion methodology. For each variable of the landscape-detector-environment relationship have been specified all the possibilities of the actions, the activities and the methodologies tested to develop virtual systems. It is also necessary to understand the management and the dissemination of that informative system which, starting from the digital image, can provide useful applications to the different purposes of the survey. The research has been finalized to test the methods in which the three-dimensional systems obtained, through the separation of all the elements, are able to configure mesh surfaces system that can be managed on G.I.S. platforms. In this system, for each of the three-dimensional element of the model, can be associated different levels of information, defined by data model. The model, organized by vectorial system, becomes interactive and queryable, allowing to extrapolate metrics and geometric informations about the landscape, analyzing the mutual relations between the elements by two and threedimensional levels. It is also possible to questioning each part to analyze the level of preservation or the degradation level of the forming surfaces. The interactive space obtained is able to communicate information about itself, but also about what is around it, including the operator, starting to express an updated descriptive system of the landscape through this methodology, that is able to making the photography instrument as the starting point for a deeper research about the image of the place.
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RENGHINI, Cristina. "Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea: il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Abstract:
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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