Academic literature on the topic 'Senza condanna'

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Journal articles on the topic "Senza condanna"

1

Ranaldi, Gianrico. "Confisca senza condanna." Archivio penale, no. 1 (2020): 317–35. http://dx.doi.org/10.12871/978883318073121.

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2

Matassi, Elio. "Per un nuovo modello di responsabilitŕ. Etica e meta-etica in Franz Rosenzweig e nel giovane Lukŕcs." PARADIGMI, no. 1 (April 2010): 49–58. http://dx.doi.org/10.3280/para2010-001004.

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Abstract:
Il saggio si propone di argomentare il complesso passaggio teorico dalla meta-etica all'etica che coinvolge in eguale misura il Rosenzweig de La Stella della Redenzione e il libro incompiuto su Dostoeskij del giovane Lukács. All'interno di questo passaggio si cerca di dimostrare una continuitŕ ideale tra l'etica kantiana e la storia universale hegeliana; la ricusazione č netta e non risparmia nessuna della due prospettive. Entrambe, infatti, nel frammentario testo di Lukács, vengono presentate come appartenenti allo stesso contenitore, la nozione di spirito oggettivo che deve essere condannata senza appello. Da questa condanna emerge un nuovo concetto di responsabilitŕ.
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3

Nicolicchia, Fabio. "Dalla confisca senza condanna alla confisca senza tempo : rilievi critici dalla prospettiva processuale." Archivio penale, no. 3 (2021): 853–66. http://dx.doi.org/10.12871/978883318085412.

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4

Syryjczyk, Jerzy. "Powrót do przestępstwa w ujęciu prawa kanonicznego." Prawo Kanoniczne 48, no. 3-4 (December 10, 2005): 151–74. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.3-4.08.

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Abstract:
Larticolo tratta delle questioni riguardanti la recidiva giuridica alla luce e dei Codici di Diritto Canonico del 1917 e del 1983. Le norme di entrambi i Codici che regolano la punibilità dei pregiudicati appartengono ai sistemi molto liberali della punizione del ritorno a delinquere. Laumento facoltativo della pena riguarda propriamente quei rei nei quali si puo scorgere facilmente la pertinacia della cattiva volontà. Laumento della pena pero non puo avvenire automaticamente, condizionato solamente dalla condanna o dalla dichiarazione della pena. Il diritto canonico non conosce la cancellazione della condanna e la prescrizione della recidiva. Per questo motivo la recidiva non si verifica solo per il fatto del ritorno al delitto nel periodo del tempo stabilito dalla legge dopo la condanna (o la cessazione della pena). Tale condizione non è necessaria nel sistema canonico del diritto penale, perché la recidiva avviene quando esiste la pertinacia della cattiva volontà del reo, la quale non è legata strettamente alla scadenza del tempo previsto dalla legge penale. Se la recidiva avviene nelle condizioni stabilite dalla legge, il Codice del 1983 ne prevede alcune determinate conseguenze. Per questo possiamo parlare, in senso giuridico, di recidiva speciale, per distinguerla dalla recidiva generale che consiste in un qualsiasi ritorno a delinquere senza la possibilità di aggravare l’imputabilità penale. Tra gli elementi essenziali della recidiva il diritto canonico annoverava sempre la pertinacia, ossia la persistenza della cattiva volontà. Il fatto del ritorno al delitto definisce l’esistenza del cattivo proposito in forma accresciuta. Se pero il nuovo delitto viene commesso con colpa, la recidiva è esclusa.
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5

Andolfi, Ferruccio, and Adriana Veríssimo Serrão. "A Ponderada Obsessão de Jean-Marie Guyau." Philosophica: International Journal for the History of Philosophy 11, no. 21 (2003): 3–31. http://dx.doi.org/10.5840/philosophica200311211.

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Abstract:
Nell'Abbozzo di una morale senza obbligo né sanzione Guyau anticipa la tendenza dell'etica contemporanea a spostare l’accento dal dovere alla responsabilità rispetto alle risorse che si posseggono. Il saggio ricostruisce la formazione di questa originale proposta a partire dai confronti con lo stoicismo e l'epicureismo, con i moralisti inglesi e specialmente con l’autonomia kantiana, che Guyau approfondisce e supera in nome di un’«anomia» che implica la moltiplicazione e la varietà degli ideali individuali. L'autore si sofferma a considerara il significato congetturale dell’«ipotesi metafísica» dell'espansione della vita, che oltrepassa l’ambito dei principi, socialmente utili, di conservazione della vita e costituisce il livello più alto della moralità individuale. La portata «altruistica» dell'espansione della vita viene chiarita attraverso un confronto con l'idea di «volontà di potenza», che Nietzsche, nelle note critiche poste a margine dell'Esquisse, avvicina ma oppone all'idea di «dépense» sostenuta dal filosofo francese. Quest'idea non conforta l'aspettativa spenceriana di un'affermazione incondizionata, nel futuro, dell'istinto sociale altruistico: per Guyau l'uomo conserva il privilegio, e la condanna, di dover sempre ragiona re (raisonner) i propri desideri.
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6

Ranaldi, Gianrico. "Confisca urbanistica senza condanna e prescrizione del reato : interrogativi sui rimedi processuali azionabili, dopo che la Grande Camera ha delineato un equilibrio possibile." Archivio penale, no. 3 (2018): 709. http://dx.doi.org/10.12871/97888331804277.

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Dyduch, Jan. "Poszanowanie godności osoby gwarancją poszanowania praw narodu w świetle nauczania Jana Pawła II." Prawo Kanoniczne 41, no. 1-2 (June 15, 1998): 21–32. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1998.41.1-2.01.

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Abstract:
Il papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica Redemptor hominis ha mostrato che cosa significa la dignità dell’uomo ed i suoi dritti connessi alla dignità della nazione ed i dritti di essa. Questo programma il Santo Padre realizza nei suo insegnamento. Come ispirazione gli servivano le esperienze dalla storia più recente, ed in modo particolare l’occupazione tedesca come pure l’attività distruttiva del totalitarismo comunista ed infine la liberazione dal giogo di totalitarismo di tanti popoli negli anni 1989-1990. Giovanni Paolo II, analizzando i dritti dell’uomo, stottolinea il significato basilare di dritto alla libertà ed alla vita, senza cui non si puo parlare di rispetto per la persona umana, la quale vive i funzione in grande famiglia, che costituisce la nazione. Giovanni Paolo II insegna sulla dignità e sui dritti della nazione, sopra tutto, durante le Assemblée Generali dell’ONU il 2.X.1979 ed il 5.X.1995, come pure nei discorso presso la Torre di Bandenburgo a Berlino il 23.VI.1996. I discorsi soprannominati non contengono nessun elenco dei dritti della nazione, ma indicano soltanti alcuni più importanti: il dritto di esistere, di decidere di se stesso, della libertà, della propria identità, della diversità, dell’indipendenza, della propria cultura e lingua, della solidare collaborazione nella pace e giusiizia con le altre nazioni. Il Papa condanna il nazionalismo, il quale proclama lo sdegno e l’odio per altri popoli contraponendolo al patriotismo - l’amore della propria patria, la quale è l’mpegno di ogni cittadino di una nazione. Il soggetto di preocuppazione particolare di Giovanni Paolo II è l’unità delle nazioni di Europa.
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8

Suchecki, Zbigniew. "Wydalanie duchownych na podstawie kanonicznego procesu karnego." Prawo Kanoniczne 54, no. 3-4 (December 10, 2011): 77–115. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2011.54.3-4.03.

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Abstract:
Il processo penale canonico ha sempre costituito l’extrema ratio cui ricorrere solo quando fossero esaurite tutte le altre vie per ottenere la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l’emendamento del reo (cfr. c. 1341). Le cause penali necessitano della presenza del promotore di giustizia in quanto con esse si vuole perseguire le finalità della giustizia e della tutela del bene pubblico. Per irrogare o dichiarare la pena il Codice di Diritto Canonico del 1983 prevede una doppia procedura penale: giudiziaria (che si concluderà con una sentenza) o amministrativa (stragiudiziale – che si concluderà con un decreto). Nel processo penale giudiziario il Promotore di giustizia svolge il compito di parte attrice o titolare dell’azione criminale contro l’imputato. Giovanni Paolo II nel discorso alla Rota Romana ha sottolineato che «l’istituzionalizzazione di quello strumento di giustizia che è il processo rappresenta una progressiva conquista di civiltà e di rispetto della dignità dell’uomo» (Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, (18 gennaio 1990), in L’Osservatore Romano, 19 gennaio 1990, p. 5). Si evince molto chiaramente dal can. 1342, § 1 la preferenza del legislatore per la via giudiziale. Infatti, il processo penale giudiziario offre maggiori garanzie di giustizia, in quanto assicura e garantisce in modo conforme il diritto alla difesa, permette al giudice di consolidare una maggiore certezza morale sull’esistenza dei fatti mediante l’acquisizione giudiziale delle prove, delle circostanze e dell’imputabilità, valutando tutte le circostanze del delitto, determina la condizione dell’imputato, precisa il grado del danno causato dal delitto, applica con equità la pena giusta alla luce degli elementi emersi durante il giudizio. Rimangono tuttavia casi in cui il legislatore indica la via giudiziale come la più adatta, che certamente offre maggiori certezze e garanzie ai fini dell’accertamento della verità, della giustizia e soprattutto della salvaguardia dei diritti dei fedeli. Innanzitutto essa è obbligatoria per irrogare o dichiarare le pene più gravi, come quelle espiatorie perpetue (can. 1336). «Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto» (can. 1342, § 2). Il promotore di giustizia assume le vesti di parte attrice o titolare dell’azione criminale (actio criminalis) contro l’imputato. Egli è la persona pubblica costituita per tutelare il bene pubblico, che deriva dall’osservanza della legge, al di là delle considerazioni soggettive can. 1362, § 1; 1720, 3°; 1726. Nel processo penale, a protezione dei diritti del fedele il legislatore vieta espressamente di imporre all’imputato il giuramento e l’accusato non è tenuto a confessare il delitto (can. 1728, § 2). In questo modo si garantisce al reo la scelta della linea difensiva più opportuna senza costrizione a riconoscere i fatti che siano a sé sfavorevoli. Il processo penale giudiziario prevede e garantisce al reo un diritto fondamentale di appello dopo l’emanazione della sentenza di condanna (can. 1727, § 1). Inoltre garantisce il diritto di appello al promotore di giustizia nelle cause in cui la loro presenza è richiesta (cfr. cann. 1727, § 2, 1628). Il termine per proporre l’appello è di 15 giorni e va proposto avanti al giudice a quo, che ha emesso la sentenza. Può essere fatto a voce, ed in tal caso il notaio lo deve mettere per scritto avanti allo stesso appellante (can. 1630, § 2). Il can. 1353 disciplina che «l’appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo». Il legislatore prevede nel Capitolo III: «de actione ad damna reparanda» un’azione contenziosa per la riparazione dei danni ingiustamente inferti dal delitto (cann. 1729–1731). Pur consentendo nell’ambito del processo penale giudiziario l’esercizio dell’azione per il risarcimento dei danni, il legislatore tiene sempre distinte le due azioni, quella criminale, tendente all’irrogazione o alla dichiarazione della pena, e quella contenziosa per la riparazione dei danni inferti dal delitto. La sentenza può essere eseguita dopo che sia passata in giudicato, ossia dopo una duplice sentenza conforme che non sempre si ha con la decisione di secondo grado.
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Boero, Silvia. "Avanti il Divorzio di Anna Franchi." Mnemosyne, no. 5 (October 15, 2018): 13. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i5.13513.

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Abstract:
Anna Franchi, esponente di spicco del nostro primo femminismo, fece scalpore agli inizi del ‘900 con il romanzo autobiografico Avanti il Divorzio, in cui senza falsi pudori descrisse il proprio infelice matrimonio, abbracciando la causa divorzista con un anticipo di oltre mezzo secolo. Ribelle autodichiarata, consapevole ed orgogliosa dell’ostracismo al quale sarebbe stata condannata, non tralasciò neppure i dettagli più inquietanti, conscia che questa agghiacciante documentazione delle violenze subite ne avrebbe costituito la prova, grazie alla quale sarebbe riuscita ad ottenere la legittimizzazione-liberazione. Romanzo e documento storico al tempo stesso, volutamente provocatorio, Avanti il Divorzio costringe anche la lettrice / il lettore attuale a confrontarsi con una realtà altra, opposta a quella di un’Italia immaginaria ed immaginata, sfortunatamente ancora oggi proposta come reale.
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Oppedisano, Francesca Rachele. "Carmelo Bene. Ricominciando dal tramonto del giorno." Mnemosyne, no. 3 (October 11, 2018): 15. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i3.12083.

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Abstract:
Carmelo Bene coglie nella caduta residuale d’un frammento acustico involontario, letterario o poetico, estraneo al soggetto, la possibilità di dar vita a un’infinità di mondi impossibili. Attraverso la rielaborazione d’un accadimento che prende il soggetto costantemente impreparato, nella ripetizione d’una percezione costantemente rinnovata, l’attore, nell’atto del porsi in ascolto, scopre attraverso il dire che l’essere umano è condannato a trovar posto all’interno d’una esteriorità già data che lo precede, da sempre. Non resta dunque al nostro artefice che dribblare le direttive del senso imposte all’essere parlante, operare, all’interno di una sorta di fucina del senso, la materia di cui si compone la phoné, per invocare al grado ultimo della sua arte teatrale l’attenzione d’uno spettatore sordomuto che incapace di restituire l’inaudito è in grado di preservare l’assoluta purezza d’una voce esterna al soggetto che si dica senza intenzione: «Ah soltanto esser solo UNA VOCE!»
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Dissertations / Theses on the topic "Senza condanna"

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MONTORSI, MATTEO. "Passato, presente e futuro della confisca di prevenzione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/314916.

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Abstract:
Il presente lavoro si propone di analizzare la complessa evoluzione della confisca di prevenzione ed evidenziare le problematiche più rilevanti che caratterizzano questo strumento per come attualmente concepito ed applicato. A tal fine l’analisi muove dalla ricostruzione storica e normativa della nascita e dell’affermazione del sistema preventivo, in origine composto da misure solamente di carattere personale che, tuttavia, ancora oggi condividono con le misure patrimoniali il presupposto “identitario” costituito dalla possibilità di inquadrare il prevenuto in una fattispecie di pericolosità sociale. L’analisi è poi estesa alla giurisprudenza convenzionale più rilevante in tema di misure preventive e forme di confisca allargata dei proventi, nonché ai principali atti normativi che delineano la politica dell’Unione Europea in quest’ultima materia. L’ascesa di strumenti patrimoniali “moderni”, e in parte simili alla confisca di prevenzione, anche nelle altre legislazioni dell’Unione Europea ha peraltro suggerito l’opportunità di una breve comparazione con i modelli più interessanti del panorama europeo, ed in particolare con la corrispondente disciplina spagnola in tema di misure preventive e confisca dei proventi. Il lavoro si conclude con la formulazione di alcune osservazioni che, muovendo dalle ultime pronunce della Corte Costituzionale in tema di natura cd “ripristinatoria” della confisca di prevenzione (e della confisca allargata), si propongono di mettere a fuoco la perdurante problematicità -anche- della nuova impostazione prospettata, formulando comunque qualche spunto per un suo parziale superamento
Thesis aims to analyze the complex evolution of preventive italian confiscation and highlight the most relevant problems that characterize this tool as it is currently conceived and applied. The analysis starts from historical and normative reconstruction of birth and development of the preventive system, originally composed by personal measures that still today share with the preventive confiscation the presupposition constituted by the possibility to place the person whom it is addressed into a (more or less specific) cases of social dangerousness. The analysis is then extended to the most relevant ECHR jurisprudence about preventive measures and extended confiscation of proceeds of crime, as well as to the main regulatory acts that outline the policy of the European Union in the latter matter. The rise of "modern" type of tools in many other European Union legislations (which often share some aspects of the Italian preventive confiscation structure) has also suggested the opportunity of a brief comparison with the most interesting European models, especially regarding the corresponding Spanish legislation on preventive measures and confiscation of proceeds and assets of crime, Starting from the latest rulings of the Constitutional Court about the so-called "restorative" nature of the preventive confiscation (and of the extended confiscation), this work concludes with some observations that aim to focus on the main persisting problems of this tool (concern also the recent perspective mentioned before), however formulating some ideas for its partial overcoming
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Castagna, Lisa. "LA CONFISCA SENZA CONDANNA: DA ISTITUTO PROTEIFORME ALL'UNICITÁ DELL'ACTIO IN REM. PROFILI RICOSTRUTTIVO SISTEMATICI E PROSPETTIVE DI RIFORMA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11562/985891.

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Abstract:
Il nostro ordinamento conosce diverse ipotesi di confisca senza condanna, alcune inserite all'interno del codice penale – si pensi alla confisca ex artt. 240 co. 2 c.p. e 322 – ter c.p., all'indomani della sentenza delle Sezioni Unite Lucci –, altre nella normativa complementare – si pensi alla confisca misura di prevenzione antimafia, alla confisca allargata di cui all'art. 12 – sexies D.L. 306/1992, alla confisca lottizzatoria, a quella prevista in materia di contrabbando e nel caso di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 –. Tale molteplicità ha comportato che a ciascuna di queste figure fosse assegnato un diverso nomen iuris, una diversa natura giuridica e una diversa disciplina, con evidenti ripercussioni in punto di compatibilità costituzionale e convenzionale. Le differenti qualificazioni e disomogeneità di disciplina, tuttavia, non corrispondono ai reali effetti della misura che sono, in ogni caso, quelli di comportare un'ablazione perpetua e definitiva a favore dello Stato di un bene connesso a vario titolo con un fatto di reato. Al fine di risolvere la contrapposizione fra l'asserito carattere proteiforme della confisca e l'identità degli effetti dalla stessa prodotti si è provato a ricostruire sistematicamente la misura in un'ottica unitaria, pensando all'introduzione di un procedimento patrimoniale separato e indipendente dal processo penale, nella forma dell'actio in rem, che potrebbe affiancare il recente istituto della confisca in assenza di condanna di cui all'art. 578 – bis c.p.p. . Il ripensamento in tal senso della confisca senza condanna permette l'applicazione di principi, non più di matrice penalistica, bensì maggiormente “civilistici”, quali la tutela del patrimonio, della proprietà e il principio giusto processo, che consentono, nel rispetto delle indicazioni sovranazionali, una maggiore efficacia ed effettività della misura.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Books on the topic "Senza condanna"

1

Longa, Tommaso Della. Quando lo stato uccide: Dalla condanna dei tutori della legge dopo la "macelleria messicana" della scuola Diaz di Genova alla morte di Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri e Stefano Cucchi : un'indagine senza pregiudizi sul grave problema della violenza delle forze di polizia. Roma: Castelvecchi, 2011.

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2

Toscano, Francesco. Condannato Senza Possibilita D'Appello. Lulu Press, Inc., 2013.

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3

Deruvo, Maddalena. Senza Pensare: Espressioni Di una Ragazza Condannata a Vivere Nel Mondo Dell'ipocrisia. Independently Published, 2021.

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