Academic literature on the topic 'SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE INTEGRATE PER LA SOSTENIBILITA' TERRITORIALE'

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Dissertations / Theses on the topic "SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE INTEGRATE PER LA SOSTENIBILITA' TERRITORIALE"

1

Palladino, Nicola. "Controlli doganali e sicurezza portuale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8601.

Full text
Abstract:
2011/2012
Il tema della tesi di dottorato si propone di rispondere ad alcuni quesiti che riguardano aspetti cruciali del traffico internazionale delle merci, rispetto alle innovazioni normative degli ultimi anni. In particolare ci si vuole riferire al ruolo del controllo di sicurezza doganale, che deve muoversi parallelamente all’applicazione delle procedure dirette a velocizzare i traffici (quelli leciti, naturalmente). Infatti, secondo il nuovo Codice Doganale Comunitario, il ruolo delle Autorità Doganali comunitarie è radicalmente cambiato, passando da quello di “anello di una catena” (ruolo ostico ed osteggiato, anziché visto come ruolo di garanzia) a quello di supervisore settoriale della liceità e sicurezza dei trasporti. La questione si rivolge ai porti marittimi, giacchè la stragrande maggioranza dei traffici commerciali mondiali si svolge via mare ed è su tale settore, quindi, che le attenzioni degli Operatori si sono rivolte per garantire ed assicurare il massimo rendimento (o un giusto equilibrio) tra le agevolazioni accordate e concesse dalle norme vigenti ed i livelli di “security”. In tale prospettiva, infatti, Organizzazione ed Istituzioni, nazionali ed internazionali, hanno sentito la necessità di affrontare questioni molto scottanti e specifiche, che riguardano la sicurezza degli stati e delle proprie infrastrutture, nonché la sicurezza dei cittadini, intesa in senso lato, quale “security” e “safety”. Il lavoro svolto si articola in tre parti: - Nella prima parte (capitolo 2) viene inquadrato il problema della security nei trasporti marittimi e nei porti: la domanda posta riguarda il perché si siano considerati a rischio sicurezza i porti ed il traffico commerciale via mare. Vengono evidenziati gli elementi di base che coinvolgono la sicurezza nei porti, con una panoramica di dati e grafici legati alle tipologie, quantità e crescita dei traffici commerciali marittimi, individuando, poi, i vari aspetti del significato di “security” nel traffico commerciale via mare e nella sicurezza degli impianti portuali; - Nella seconda parte (capitoli 3 e 4) vengono evidenziati gli ambiti di intervento dei controlli di sicurezza, relativamente ai settori maggiormente a rischio: si passa dall’immigrazione clandestina, al traffico di armi e di distruzione di massa, al traffico di stupefacenti, al traffico di rifiuti, al riciclaggio di denaro legato alle attività di gruppi criminali e terroristici. Prosegue questa parte con l’analisi dell’attività dell’Autorità Doganale, con i raccordi a livello dell’Unione Europea, evidenziando gli strumenti normativi ed organizzativi a disposizione: dalle norme del Nuovo Codice Doganale Comunitario, ai compiti propri della Dogana in materia di controlli di sicurezza, al raccordo comunitario del management in tale materia, alle varie raccomandazioni pervenute tramite l’Organizzazione Mondiale delle Dogane. E’ proprio l’organizzazione del management e la struttura dei controlli doganali che si evidenziano con maggior forza, poiché la struttura comunitaria di management (Common Risk Management System), l’attività di analisi dei rischi e previsionale, l’acquisizione anticipata dei dati relativi ai traffici commerciali marittimi (Entry Summary Declarations, ENS, e le Export Summary Declarations, EXS), consentono di interagire a più livelli tra i vari Enti, pubblici e privati, per migliorare ed alzare un maggior livello di contrasto ai fini della sicurezza, con una “compliance” come nel caso degli A.E.O. (Operatore Economico Autorizzato); - La terza parte (capitolo 5) è dedicata ad un’analisi della valutazione dei costi legati alla sicurezza dei controlli doganali; si sviluppano alcune teorie riguardo alla molteplicità degli interventi in tale ambito, che fanno emergere una oggettiva difficoltà di valutazione di tali studi, data la rilevante presenza di variabili riguardo alla prevenzione, al contrasto ed alla repressione di attività e commerci a rischio sicurezza, per analizzare più nel dettaglio una serie di studi effettuati negli Stati Uniti d’America relativamente ad ipotesi di attacchi terroristici nei porti di Los Angeles e Long Beach, ove l’attenzione è stata posta sull’impatto economico derivante da danni alle infrastrutture portuali ed alle ricadute nel medio-termine sull’economia locale, più che su quella di scala nazionale. Gli unici riferimenti reali, comunque, si riferivano a dati conosciuti, riguardanti l’impatto di uno sciopero degli operatori portuali nel 1962 ed i costi sostenuti a seguito dei danni prodotti dall’uragano Katrina nel porto di New Orleans. Il capitolo 6 è indirizzato alle conclusioni del lavoro. In particolare, riferendosi innanzitutto all’introduzione (capitolo 1), il problema era stato inquadrato nell’ambito dei controlli di sicurezza previsti a livello comunitario sul traffico marittimo delle merci e sugli oneri posti in carico alle varie Autorità Doganali a seguito degli attacchi terroristici, iniziati con l’attacco alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001. Il costante aumento dei traffici commerciali via mare ed il potenziale rischio di attacchi al territorio ed ai cittadini dell’Unione Europea perpetrabili attraverso il commercio internazionale hanno posto le basi per una stringete attività in materia di controlli doganalui di sicurezza. Il compito che si è proposta l’Unione Europea e le Autorità Doganali dei paesi Membri è quello di trovare un giusto equilibrio tra la velocizzazione delle procedure doganali ai fini di una maggiore fluidità dei trasporti e l’efficacia di controlli, intesi ad assicurare una ragionevole sicurezza sia ai cittadini dell’Unione, che ai commerci, per finire alla sicurezza legata alla salute ed all’ambiente, il tutto con una sostenibilità dei costi che non fosse sproporzionata rispetto alle attese. Lo scopo indiretto era anche quello di provare a delineare un quadro degli aspetti di controlli di security nell’ambito delle attribuzioni del Punto Franco di Trieste. E si è individuata, così, la possibilità che lo status di Punto Franco, unito alle norme già esistenti in tema di depositi fiscali e doganali, insieme alla previsione normativa comunitaria ancora da attuare, connessa al luogo di presentazione delle dichiarazioni doganali (ufficio doganale più vicino al luogo di residenza dell’operatore), unitamente alle procedure doganali in materia di controlli di sicurezza ed alla logistica ed all’informatizzazione delle movimentazioni delle merci nel Punto Franco stesso, possa divenire un sistema, uno strumento cui poter attingere per migliorare e sviluppare i traffici marittimi, in considerazione del fatto che il porto, con tutti i magazzini già esistenti, potrebbe essere visto come un enorme distripark, smistamento di merci (quasi) in linea, sia in entrata che in uscita dal territorio dell’Unione, dal moment o che la stessa normativa comunitaria permette l’uso dei depositi nel Punto Franco per lo stoccaggio di merci allo stato estero, da un lato, e merci nazionali e comunitarie, dall’altro.
XXIV Ciclo
1961
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2

Fusco, Roberto. "Procedimento autorizzatorio per gli impianti di rigassificazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7346.

Full text
Abstract:
2010/2011
Il presente elaborato analizza la normativa che regola l’iter autorizzatorio necessario alla costruzione degli impianti di rigassificazione, enucleando le principali criticità emergenti dall’attuale modello e provando ad ipotizzare delle soluzioni migliorative che consentano una più celere ed efficiente definizione dell’operazione amministrativa necessaria alla realizzazione di tali infrastrutture.
XXIV Ciclo
1982
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3

Blomberg, Stathopoulos Amanda Irini. "Modelling heterogeneous decision processes and joint decision-making in travel demand models." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7345.

Full text
Abstract:
2010/2011
*Context* There is substantial interest in encouraging changes to travel behaviour with a view to accomplishing more sustainable mobility patterns. The underlying idea is that people respond to incentives and will alter their behaviour according to relative costs and benefits of different behavioural alternatives (e.g. the use of different transport modes for the commute trip). Utility-based discrete-choice models have become central methods to model behaviour with the aim of understanding how changes can be induced. Traditionally such models, however, assume that choices can be represented as a linear compensatory process. This implies that there is trading among attributes, that is, disadvantages in one choice characteristic can be offset by advantages in another. Similarly standard modelling assumptions postulate that group behaviour can be represented through a one-consumer utility function. This implies that the study of essential economic group-based agents take account of only a single representative of the entity, without considering the impact of the presence of different members. *Motivation* Applied studies of real behaviour has generated many findings suggesting that people use non-maximising rules and that multi-person choices are different from individual ones. Failing to account for decisions that do not adhere to these underlying hypotheses, may generate biased descriptions and predictions of behaviour. A poor understanding of real behavioural motivations will potentially lead to misguided policy decisions. This thesis proposes the study of several failures of standard modelling assumptions. Methodological approaches, where standard modelling procedures are adapted, are illustrated in this work. The advantage of the proposed approaches is to gain a deeper understanding of behaviour and begin staking out how people differ not only in their taste structure but also along other behavioural dimensions. *Empirical work* Evidence from four empirical studies are presented. A first case-study looks at the role of reference dependence, focussing on multiple attributes and multiple reference points in a commuting context. This allows in depth study of the usual assumption of reference free, linear and symmetrical sensitivities. The second chapter looks at a modelling structure that can account for different decision-rules, besides utility-maximisation, that can be used to model decision-rules such as lexicography, reference asymmetry, elimination-by-aspects and regret minimisation. This approach offers a way to relax the assumption that all respondents use utility maximising decision protocols. A third section describes a model structure where the level of engagement of respondents is studied using a latent variable structure to see how involvement can be studied from attitudinal questions and other behavioural variables. This is a way to assess the impact of lower involvement in a survey leading to higher error variance in responses rather than assuming all respondents to be equally engaged in experimental tasks. A fourth chapter overlooks a framework of individual versus joint preference formation in a household to understand the potential shortcomings of the representative respondent hypothesis. *Findings* The results show how different behavioural model assumptions can be tested within a discrete choice framework. Each case shows that modelling can be improved upon by allowing people to differ in referencing, behavioural rules, survey engagement and in a joint choice context. Taken together, these findings help us bridge the gap between observed behavioural complexity and the use of formal models of decision-making.
XXIV Ciclo
1982
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4

Pitacco, Gabriele. "The value of architecture." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8602.

Full text
Abstract:
2011/2012
Questo lavoro di ricerca intende descrivere e quantificare il valore dell’architettura nella trasformazione dell’ambiente costruito. Un valore che è dato sia da componenti tangibili che intangibili. Per questo la ricerca si addentra in un territorio non ancora completamente esplorato che si pone a cavallo tra le discipline economiche ed architettoniche al fine di includere nella valutazione dell'architettura non solo le componenti numeriche ma anche la facoltà metaforica della rappresentazione, ossia l’architettura come parte di un pensiero collettivo che aspira a costruire e rappresentare, per suo tramite, i valori del tempo (Ernesto N. Rogers nelle parole di Antonio Monestiroli) e la città come artefatto voluto (nelle parole di Joseph Rykwert). La ricerca prende il via definendo e motivando l'ambito di ricerca (l'architettura ed i suoi effetti a scala urbana) ed analizzando i casi studio più rilevanti trattati in letteratura: Barcellona olimpica e l'IBA a Berlino. Sulla base dei risultati di questa fase viene condotta una analisi della letteratura che permette di identificare la natura ed il grado di raffinatezza modellistica degli strumenti di misura del valore tangibile, ma anche la difficoltà e la contraddittorietà nella misurazione degli aspetti relazionali, figurativi e simbolici che costituiscono il capitale culturale ed intellettuale presente negli interventi progettuali. Per questo viene introdotto l'approccio dell'economia culturale come definita da Throsby (in Culture and Economy, 2001), Towse (in Handbook of Cultural Economics, 2003) e Scott (in The Cultural Economies of Cities, 2007) che descrive le dinamiche con cui avviene scambio di beni culturali ed intellettuali. L’approccio dell’economia culturale viene analizzato sulla base della letteratura presente e viene proposta una sua applicazione agli interventi architettonici al fine di includere all’interno della valutazione non solo i dati numeri ma anche gli aspetti relazionali, figurativi e simbolici ed ancor di più includere il “discorso” sull’architettura e le modalità con cui contribuisce a creare valore. Parafrasando Arjo Klamer infatti “l’architettura è una conversazione”. “L’architettura è una conversazione” è una metafora; evidenzia il fenomeno che un intervento Architettonico esiste come tale solamente se viene riconosciuto nella conversazione sull’architettura, nel dibattito architettonico, nel “discorso sull’architettura” ed i suoi grandi temi. Secondo l’architetto olandese Carel Weber la qualità architettonica di un intervento non è definita dal professionalismo con cui è stata progettata e costruita quanto dal ruolo che essa svolge nel dibattito architettonico. Nel momento in cui l’architettura diviene una conversazione, l’architettura si configura come bene pubblico (in termini economici), ma ancor più accresce il suo valore in termini anche monetari.
This research aims to describe and quantify the value of architecture in the transformation of the built environment. A value that is given by both tangible and intangible components. For this reason the research delves into a territory not yet fully explored that arises in between the disciplines of economics and architecture to include, within the evaluation of architecture, not only the numerical components, but also the metaphorical power of representation, namely the architecture as part of a collective thought that aspires to construct and represent, through it, the values of their time (Ernesto N. Rogers in the words of Antonio Monestiroli) and the city as a desired artifact (in the words of Joseph Rykwert). The search starts defining and justifying the search scope (architecture and its effects on the urban scale) and analyzing the most relevant case studies discussed in the literature: Olympic Barcelona and IBA in Berlin. An analysis of the literature is developed, based on the results of the previous phase, in order to identify the nature and degree of sophistication of the modeling tools used to measure the tangible value but also to identify the difficulties and inconsistencies in the measurement of relational, figurative and symbolic aspects that constitute the cultural and intellectual capital created by design interventions. The cultural economy approach as defined by Throsby (in Culture and Economy, 2001), Towse (in Handbook of Cultural Economics, 2003) and Scott (in The Cultural Economies of Cities, 2007), which describes the dynamics by which exchange occurs cultural and intellectual assets, is introduced. The cultural economy approach is analyzed on the basis of this literature. The research propose its application to the architectural interventions to include within the data evaluation not only numbers but also relational aspects, figurative and symbolic and even more to include the "conversation" about architecture and how it contributes to create value. Paraphrasing Arjo Klamer "architecture is a conversation." "Architecture is a conversation" is a metaphor; it highlights the phenomenon that an Architectural intervention exists as such only if it is recognized in the conversation about Architecture, in the architectural debate in the "discourse on Architecture" and its major themes. According to the Dutch architect Carel Weber architectural quality of an intervention is not defined by the professionalism with which it was designed and built but by the role it plays in the architectural debate. When architecture becomes a conversation, the architecture configure itself as a public good (in economic terms), but moreover it increases its value in monetary terms as well.
XXIV Ciclo
1980
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5

Monno, Antonio Guido. "Pirateria: una minaccia alla sicurezza del trasporto marittimo internazionale. Tra percezione e realtà." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8600.

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Abstract:
2011/2012
L’obiettivo della tesi è di verificare quali siano le reali conseguenze economiche e sociali del fenomeno della pirateria marittima. Come è noto, da alcuni anni, l’attenzione di organizzazioni internazionali e nazionali si è appuntata sulla pirateria marittima, vista come una minaccia in grado di causare enormi danni economici e di sistema trasporto marittimo mondiale. Non si potrebbe altrimenti comprender il motivo per cui da alcuni anni, enormi spese sono state affrontate per contrastare tale minaccia. Ma sono tali spese giustificate? Sono la pirateria e il terrorismo marittimo, due minacce reali capaci di influire in modo determinante sul sistema commerciale mondiale? È quanto questa tesi ha cercato di appurare. È stato quindi esaminato il fenomeno nel suo sviluppo temporale; infatti il primo capitolo è stato dedicato alla storia ed evoluzione della pirateria. Al di là del semplice resoconto storico degli avvenimenti, si sono cercate di approfondire la ragioni e cause che ne hanno originato la nascita e lo sviluppo nei differenti contesti mondiali. Nata parallelamente al commercio marittimo, non si è tuttavia legata solo ed esclusivamente a questo come attività predatoria criminale, risultando anche un metodo che oggi chiameremmo di guerra asimmetrica sul mare. E‘ in Grecia,nel periodo successivo a quello di Omero che nasce la parola “peirates” per definire coloro che praticavanono questo tipo di attività predatoria, termine che ha costituito la base etimologica nelle varie lingue occidentali per indicare chi si dedica a tale attività, anche se all’epoca la sua accezione non era certamente spregiativa e denigratoria come l’attuale. Con l’epoca della Repubblica e dell’Impero di Roma, si cominciano a delineare quegli elementi che tendono a porre il pirata al di fuori di un contesto legale di guerra e a non porlo quindi sotto i vincoli che comunque la delimitano. Già da quest’epoca si comincia a rilevare come i fattori sociali, quali la povertà e l’indigenza, uniti alla capacità di andare per mare e di sfruttare la morfologia del terreno e le situazioni climatiche favorissero l’insorgere del fenomeno; così come si ebbe la possibilità di rilevare che, oltre una soglia di tolleranza, essa poteva cominciare a creare problemi economici e sociali; il saccheggio di numerose navi che trasportavano il grano per Roma, poteva causare una penuria di cibo con conseguenti moti e rivolte. La pirateria, che è fondamentalmente un’attività predatoria, costituisce uno strumento di guerra, anche economica, oltre che criminale, e in questo contesto è stato spesso usato dalla caduta dell’impero romano in avanti. La formazione dei regni pirateschi berberi nel Mediterraneo e la loro ricchezza, sono legati proprio all'attività piratesca, che veniva peraltro sfruttata come metodo di lotta fra le potenze cristiane e musulmane nel Mediterraneo; analogo strumento sarà usato, in particolare dalla Gran Bretagna nei confronti della Spagna, inaugurando quella che vien chiamata l’epoca d’oro della pirateria e che vede la nascita ufficiale della pirateria legalizzata, il “privateering”, ossia quella svolta con l'autorizzazione e sotto l’egida della corona regnante che ne traeva dei vantaggi economici notevoli. Nè il fenomeno era presente nel solo mondo occidentale, in quanto anche nel mondo conosciuto orientale era presente, e in maniera notevole; al pari di quello occidentale numerosi sono stati i regni nati proprio da tale attività e che con tale attività hanno prosperato. Sempre a metà fra legalità e criminalità, man mano che si consolidavano i concetti della libera navigazione delle acque e del libero commercio,la pirateria cominciava a essere vista come un rischio e non più una opportunità, con uno sviluppo anche degli studi giuridici che ne delineavano l’aspetto criminale e la ponevano al di fuori di qualsiasi contesto di protezione legale affidando quindi a qualsiasi nazione il compito di combatterla. È da rilevare che nella sua forma legalizzata di privateering, la pirateria è sopravvissuta sino al 1856, allorquando fu abolita per trattato dalle potenze occidentali dell’epoca, e se vogliamo sino ai giorni nostri nella sua forma di guerra irregolare con le navi corsare tedesche durante la seconda guerra mondiale. Si è poi passati, nel successivo capitolo ad analizzare la pirateria nelle tre aree del mondo in cui si sviluppa il 75% di tale attività; l’Africa dell’Est e dell’ Ovest e il Sud Est asiatico, con una particolare attenzione sui dati che costituiscono la base della nostra conoscenza del fenomeno della pirateria, dati che risultano molto incompleti e frammentari, considerata la volontarietà nel fornirli e i riflessi economici associati al fornire tali numeri. Piraterie dagli aspetti diversi che, in particolare lungo le coste Est dell’Africa, sollevano numerosi interrogativi se, storicamente, l’area della Somalia, da cui proviene quella che viene percepita come la maggiore minaccia al commercio marittimo, e di conseguenza all’economia mondiale, è stata indenne da tale attività. E infatti la pirateria somala, di gran lunga quella che si attaglia maggiormente al concetto giuridico di pirateria moderna così come delineato a seguito di un accordo internazionale del 1982 in quanto svolgentesi al di fuori delle acque territoriali e quindi nelle acque internazionali, è finalizzata, in maniera esclusiva, al pagamento di un riscatto monetario., al contrario di quella lungo le opposte sponde africane, quelle della costa Ovest, dove essa assume un carattere molto più predatorio e concentrato sulla nuova ricchezza di tale parte dell’Africa, in particolare della Nigeria: il petrolio. Nell’Asia del sud est, la pirateria, che potremmo definire endemica, e che ha un ruolo sociale molto diverso da quello occidentale, ha essenzialmente un ruolo predatorio in cui occasionalità e organizzazione si mischiano, e in cui anche il terrorismo, legato a fattori storici e di identificazione nazionale oltre che religiosi, trova una sua collocazione attraverso sovrapposizioni che spesso non consentono di individuare anche legalmente, oltre che ideologicamente, dove cominci l’attività di terrorismo e dove quella di pirateria. In Asia il contesto geografico, caratterizzato da isole, arcipelaghi , strettoie e punti di obbligato passaggio marittimo, hanno influito e modellato l’attività della pirateria, in quanto proprio attraverso tali acque transita una notevolissima e importante porzione del commercio mondiale, anche di materie energetiche. Nel terzo capitolo sono stati delineati gli aspetti giuridici che hanno consentito nel tempo, di arrivare alla definizione come oggi conosciuta di pirateria e di terrorismo marittimo, due concetti diversi giuridicamente e che hanno dovuto trovare diverse e successive vie giuridiche considerata la sensibilità dell’argomento che si ripercuote di fatto sule sovranità nazionali. Si è trattato altresì delle Armed robberies, ossia di quegli atti di pirateria che si svolgono all’interno delle acque territoriali e che quindi, pur ricalcando nella sostanza l’attività di pirateria che si svolge nelle acque internazionali, giuridicamente se ne distingue, e non poco, essendo affidata alla esclusiva competenza nazionale. Il quarto capitolo si è concentrato sugli attori della pirateria che rimangono, dopo aver esaminato i pirati, ossia gli imprenditori e i marinai e di come l’‘attività di pirateria influisca su di loro. È in questo capitolo che si evidenzia come la percezione della minaccia sia elevata e sicuramente non proporzionata alla minaccia stessa, causa la sempre maggiore interdipendenza fra i vari sistemi economici, la nuova catena di distribuzione logistica mondiale che tende ad abolire le ridondanze e ridurre i costi e di come la percezione abbia influito sulla realtà laddove si sono addebitate alla pirateria situazioni economiche che avevano altre spiegazioni, come lo spostamento di una parte del traffico commerciale marittimo su nuove rotte che vanno a coprire nuovi fabbisogni e necessità mondiali. Nell’ultimo capitolo è stata esaminata l’attività di contrasto posta in essere , sia a livello militare che politico, laddove si è evidenziato come spesso tale attività ingente e economicamente onerosa, soggiaccia spesso a interessi nazionali più che collettivi e di come l’attività raramente venga affrontata su un piano interconnesso e olistico. Nelle conclusioni si è dedicata qualche parola al nuovo fenomeno criminale mondiale, spesso sottostimato in quanto non conosciuto e relegato nella cosiddetta area degli esperti; quello informatico. L’obiettivo, come detto, è stato di fornire un quadro della pirateria a livello mondiale, suddiviso per aree, cercando di evidenziare le cause che hanno portato al sorgere della stessa ma sopratutto allo sviluppo. Lo sviluppo o decrescita improvvisa di una località può strettamente dipendere da questo fenomeno, come dimostra la situazione africana, dove lo sviluppo di numerosi porti, è derivato dalle attività di pirateria interessanti porti viciniori o investimenti enormi sono messi a rischio dalla possibilità che tali attività continuino, come potrebbe accadere per il nuovo porto di Lamu in Kenia, ove si riversano gli interessi di numerose nazioni di quella parte dell’Africa.
XXIV Ciclo
1952
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6

Marcon, Claudia. "Illegale al 90%. Forme instabili della strada." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7395.

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Abstract:
2010/2011
Lo spazio della strada è da sempre uno dei luoghi dotati di maggiore vivacità all’interno delle strutture urbane; questa sua costante importanza è dovuta soprattutto al frequente mutare delle sue caratteristiche formali e spaziali, così come alla sua capacità di accogliere differenti funzioni. Ma dalla fine del XIX secolo uno dei caratteri che dalla sua nascita l’hanno caratterizzata, essere uno spazio necessario per la vita quotidiana, dove ci si può incontrare e interagire, è venuto progressivamente ad impoverirsi, fino a mancare. Se un tempo la strada era considerata come uno spazio collettivo, oggi la crescente disparità nel rapporto tra auto e pedoni ne fa un luogo conteso e, per questi ultimi, spesso non agevolmente “abitabile”. Mediamente il 30% del suolo pubblico all’interno dei centri urbani europei, è occupato dalle automobili; in alcuni casi, soprattutto nelle città americane, le superfici allestite o progettate appositamente per le automobili e da esse occupate sfiorano percentuali che si avvicinano al 60%2 dello spazio aperto fruibile dai cittadini. L’aumento della superficie territoriale “sacrificata” alle necessità di circolazione e sosta dell’automobile è cresciuto in modo direttamente proporzionale al ruolo acquisito da questa modalità di trasporto, causando problemi rilevanti non solo ai pedoni, ma anche a coloro che ogni giorno rimangono bloccati nel traffico, sopraffatti dall’inquinamento dell’aria e acustico, preda della tensione causata dagli ingorghi, come ci viene narrato in tanti film, come Il sorpasso di D. Risi o American Graffiti di S. Lucas3. Intraprendendo un percorso di lettura riferito allo spazio delle strade come fenomeni urbani, ai modi d’uso dello spazio strada e ai progetti informali di riappropriazione dello stesso da parte dei suoi diversi utenti, anche attraverso modalità non codificate e non istituzionali, ho immaginato di individuare e seguire, tra le molte possibili, quelle tracce generate da “procedure multiformi, resistenti, scaltre e ostinate che sfuggono alla disciplina senza essere tuttavia al di fuori del campo in cui essa si esercita”.4 Ciò ha significato compiere un esercizio che permette di capire come differenti gruppi e individui agiscano, nel momento in cui i modi d’uso di uno spazio appaiono a una parte consistente dei suoi utenti come non totalmente adeguati, se in modo dialettico o (più spesso) in contrapposizione alla struttura esistente degli spazi della città contemporanea. Comprendere le dinamiche di questo tipo di situazioni e di pratiche, azioni, progetti di trasformazione può permettere di individuare e definire modi innovativi di intervento sullo spazio della strada, facendo diventare (o tornare ad essere) questo luogo uno spazio abitabile esterno, prolungamento e complemento di quello interno domestico; un luogo in cui eventi auto-organizzati, nuove forme di occupazione del suolo pubblico ed esperienze di microprogettualità diffusa innovative mettono in luce la vitalità e il grado di flessibilità di questo manufatto e degli spazi che con esso si relazionano. L’osservazione di queste azioni ha permesso a questa tesi di porre in luce strategie e processi 27 attivabili per favorire una nuova configurazione del rapporto tra strada e città, assegnando un ruolo importante, nella definizione di questo spazio, ai suoi protagonisti.
XXIV Ciclo
1981
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Graziosi, Grazia. "Il ruolo degli incentivi economici nell'istruzione universitaria." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7350.

Full text
Abstract:
2010/2011
The aim of this thesis is to investigate whether the Italian University grants are an effective tool to prevent student drop out and to favor the degree attainment whitin accademic path, both for merit and need-based financial aids. The survey units are italian student enrolled on a degree course in Chemistry, Physics and Mathematics from 2002/02 until 2007/08 in the University of Trieste. On the one hand, the Erdisu (Local Governmental Agency) offers some grants every year to eligible students from low-income families (scarcely related to the merit). The main objective of this intervention is to give equal opportunity to achieve higher education to motivated students irrespective of their income. On the other hand, Fonda Foundation offers some (only) merit-based grants to students enrolled in Chemistry, Physics and Mathematics degree courses. The goal is to award the best students enrolled in the above courses. In order to estimate the causal effect of receiving a grant, we follow the literature on counterfactual analysis and we matching treated and control units using Genetic matching and Coarsened Exact Matching. The results suggest that the need-based financial aids have positive impact to prevent drop-out at 2nd year, but non significant effect on graduation time, whereas the merit-based scholarships increase the probability to achieve the degree on time.
XXIV Ciclo
1973
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