Dissertations / Theses on the topic 'SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E FARMACEUTICHE'

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1

Leon, Castellanos Veronica. "Non conventional Techniques for the generation and modification of graphenes: applications to the synthesis of electro-active scaffolds for On-Demand Drug Delivery." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10133.

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Abstract:
2012/2013
The aim of this work is to employ non-conventional techniques in order to generate and modify new graphene derivatives for biological application.We have used ball-milling treatment and microwave irradiation, two of the interesting approaches included in the field of Green Chemistry that allow the use of softer conditions and the preparation of large quantities of materials in relatively short amounts of time
XXVI Ciclo
1985
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2

Iosio, Tamara. "Sistemi autoemulsionanti solidi." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/7888.

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Abstract:
2009/2010
Visto l’attuale interesse dell’industria farmaceutica verso le formulazioni solide autoemulsionanti, il lavoro di tesi è stato direzionato verso l’analisi esplorativa di forme farmaceutiche solide innovative, utilizzando il processo di estrusione-sferonizzazione, per la preparazione di sistemi autoemulsionanti solidi (SEDDS) al fine di migliorarne l’assorbimento sistemico di farmaci poco solubili. La tecnologia suddetta è un metodo polifasico di granulazione ad umido, la quale prevede di umettare una determinata quantità di polvere, costituente la fase solida, con un liquido adatto e di processare la massa umida, così ottenuta, tramite appropriate apparecchiature in granuli destinati ad essere essiccati. La metodologia consiste nel mescolare il materiale in un apposito mixer, estruderlo in granuli cilindrici, sferonizzarlo per ottenere sferette (pellets) abbastanza uniformi, e quindi essiccarlo (Figura 10). Tale procedimento è stato sfruttato per il caricamento del sistema autoemulsionante, costituito quest’ultimo da un sistema lipidico contenente principi attivi poco solubili (silimarina: fitocomplesso del Cardo Mariano e vinpocetina), caricati su un supporto solido composto da cellulosa microcristallina e lattosio. Mediante l’utilizzo di un estrusore a pistone è stato possibile verificare la fattibilità del processo di estrusione/sferonizzazione, valutando la relazione che intercorre, nella camera d’estrusione , tra la forza di estrusione richiesta dai diversi sistemi formulativi per ottenere successivamente pellets contenenti il sistema autoemulsionante e lo spostamento del pistone. I pellets così ottenuti sono stati successivamente caratterizzati in vitro, effettuando prove di caratterizzazione tecnologica quali: densità, diametro, durezza, test di disgregazione e dissoluzione in vitro e valutandone la loro biodisponibilità in vivo dei loro principi attivi.
XXIII Ciclo
1982
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3

Laurini, Erik. "Progettazione,sintesi ed affinità recettoriali di nuovi ligandi sigma." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3608.

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Abstract:
2008/2009
Questo lavoro di tesi presenta un progetto riguardante il design, la sintesi e l'affinità recettoriale di nuovi ligandi dei recettori sigma. I recettori sigma sono coinvolti nella modulazione e nella biosintesi di vari neurotrasmettitori, nella regolazione di alcuni comportamenti umani e nella regolazione della vita cellulare. In particolare in questo lavoro viene presentata la creazione di un modello farmacoforico per i recettori sigma1 ed il suo successivo utilizzo come strumento predittivo per la progettazione e la sintesi di nuove molecole dotate di affinità sigma-recettoriale.
XXII Ciclo
1982
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4

Rubesa, Fernandez Adriana Spela. "Biovalorizzazione di substrati organici mediante processi anaerobici." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10156.

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Abstract:
2012/2013
Con il presente lavoro di tesi si è voluta esaminare la fattibilità del processo di digestione anaerobica di diversi substrati organici quali: reflui di birreria, fanghi esausti di impianti di trattamento di acque reflue, colture energetiche, scarti agro-industriali solidi e scarti organici urbani. Questo studio è stato motivato dal grande interesse scientifico ed industriale per l'applicazione della digestione anaerobica, allo scopo di perseguire fini quali: lo smaltimento controllato degli scarti organici e la produzione di energia rinnovabile. Scopo finale del lavoro è stata la valutazione della produzione di metano effettiva e lo sviluppo di un modello matematico semplice, in grado di descrivere acuratamente il processo.
XXVI Ciclo
1984
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5

Martinuzzi, Paolo. "Isolamento e determinazione strutturale di composti ad attività inibitoria della trombina da gloeophyllum odoratum e amanita virosa." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3736.

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Abstract:
2008/2009
Le malattie cardiovascolari e specialmente le varie forme di trombosi rappresentano la principale causa di morte nelle società occidentali. La formazione di un trombo occlusivo può essere il risultato di disordini del normale flusso sanguigno o di un’eccessiva attivazione delle piastrine, o di un’attivazione fuori norma dei meccanismi di coagulazione del sangue. Il sistema emostatico è responsabile della prevenzione dell’eccessiva perdita di sangue e del ripristino nel minor tempo possibile del normale torrente circolatorio dopo un danno tissutale. Le reazioni a cascata che permettono il meccanismo della coagulazione del sangue coinvolgono delle reazioni di proteolisi catalizzate da diverse serino-proteasi che stanno alla base dell’equilibrio che permette l’emostasi. Si ritiene, quindi, che intervenendo sui meccanismi che presiedono l’azione di queste molecole si possa avere anche un maggior controllo sulle cause che spesso portano ad eventi patologici. La trombina è una glicoproteina appartenente alla classe delle serino-proteasi, che svolge un ruolo centrale nella fase plasmatica del processo di emostasi. Le serino-proteasi coinvolte nel complesso meccanismo di coagulazione del sangue, come la trombina e il fattore Xa sono emerse quindi come nuovi ed importanti target per un diverso approccio alla terapia antitrombotica. I funghi del phylum Basidiomycota, pur essendo oggetto di notevole interesse scientifico per le loro molteplici proprietà farmacologiche, sono stati finora scarsamente investigati quali inibitori della trombina. Uno studio preliminare, condotto su 95 specie selezionate di funghi, ha evidenziato che gli estratti dei funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa presentavano significativa attività inibitoria della trombina e della tripsina. Nell’ambito di uno studio volto ad isolare ed identificare nuovi composti ad attività inibitoria della trombina i funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa sono stati oggetto di approfondimento da un punto di vista fitochimico, ed a tale scopo sono stati sottoposti ad una serie di frazionamenti che prevedevano il parallelo monitoraggio dell’attività inibitoria (Bioassay oriented fractionation) . Nel caso del fungo Gloeophyllum odoratum, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni significativamente attive per quanto riguarda l’inibizione della trombina. Sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate principalmente delle molecole a struttura triterpenica tetraciclica. Tra queste gli acidi 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e l’acido3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-24-metilen-8-en-29-oico sono nuovi, mentre l’acido trametenolico (acido 3β-idrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) e l’acido 15α-idrossitrametenolico (acido 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) sono già noti in letteratura. Gli acidi trametenolico, 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico sono stati poi considerati per il docking sulla trombina ed è stata valutata sperimentalmente, per ciascuno di essi, la costante di equilibrio per l’inibizione. Le energie libere stimate sono piuttosto simili e correlano con l’attività inibitoria osservata ed i valori di Ki . Sebbene la loro capacità di inibizione non sia così efficace, gli studi di docking suggeriscono come lo scheletro triterpenico potrebbe risultare un utile frammento per la progettazione e la sintesi di potenti inibitori della trombina. Nel caso del fungo Amanita virosa, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni, di cui tre con significativa attività inibitoria della trombina. Sempre sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate delle miscele di trigliceridi, miscele di acidi grassi liberi e miscele di monoacilgliceroli. Inoltre è stato isolato ed identificato l’Ergosterolo, uno sterolo ubiquitario nei funghi, ancora caratterizzato da un’attività inibitoria nei confronti della trombina, sebbene non elevata.
1958
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6

Cersosimo, Ulma. "Synthesis and Pro-apoptotic activity of Arylidene-Cyclo-Alkanones." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3519.

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Abstract:
2008/2009
Screening of a small chemical library (the Developmental Therapeutics Program-National Cancer Institute "challenge set") on cells expressing mutated caspase-9, allowed the identification of two compounds, named G5 (3,5-bis(4-nitro-benzyliden)-tetrahydrothiapyran-4-one-1,1-dioxide) and F6 (3,5-bis(4-methyl-benzyliden)-4-piperidone hydrochloride) (Fig. 1), capable of activating caspases and to induce cell death with an apoptosome-independent apoptotic pathway. G5 and F6 are typified by a cross-conjugated α,β-unsatured dienone with two sterically accessible electrophilic β-carbons , a determinant that confers isopeptidase (DUBs) inhibitory activity. G5 and F6 inhibit isopeptidases (DUBs) by reacting with the sulfhydryl group of the catalytic cysteine with the olefinic carbon atoms. Infact compounds with 1,5-diaryl-3-oxo-1,4-pentadienyl pharmacophore react preferentially with thiols rather than hydroxy and amino group, so these conjugated enones may lack the genotoxic effects associated with currently used anticancer alkylating agents However it is likely that these compounds may exert their bioactivities by interacting with a number of different molecular target. Compounds wit 1,5-diaryl-3-oxo-1,4-pentadienyl pharmacophore are analogues of the natural product Curcumin, a yellow pigment obtained from the indian spice turmeric, that exhibits numerous biological activities, including anti-cancer, anti-inflammatory, anti-angiogenesis, anti-viral, anti-oxidant properties. Curcumin is selective towards neoplastic cell and it do not show toxicity in vivo. The present work consist of the studies of the synthesis and the evaluation of cytotoxic activity of a small focused library of symmetrical and non-simmetrical bis-arylidene-cycloalkanones and mono-arylidene-cycloalkanones. The aim of this work was to find a compound with a greater pro-apoptotic activity than G5. Besides a representative compound, 2f (2,6-bis(4-nitro-benzylidene)-4-hydroxy-cyclohexanone), was selected for further development and conjugated to PEG5000 to improve water solubility with the aim to start in vivo studies.
Uno screening, effettuato su cellule tumorali esprimenti una forma mutata di caspasi-9 con una piccola libreria di 57 composti inseriti nel "Challenged set" del “Developmental Therapeutics Program” (National Cancer Institute), ha portato alla identificazione di due molecole capaci di attivare un pathway apoptotico indipendente dall’apoptosoma: il chetosolfone G5 e l’analogo F6. G5 e F6 sono strutturalmente caratterizzati da un sistema coniugato α,β-insaturo e dalla presenza di due Cβ elettrofili, stericamente non ingombrati, una caratteristica che conferisce a questi composti la capacità di inibire le isopeptidasi dell'ubiquitina (DUBs). L’attività del farmacoforo 1,5-diariliden-3-oxo-1,4-pentadienile sarebbe da attribuire alla presenza dei due atomi di carbonio β fortemente elettrofili che conferiscono a queste molecole un’elevata e selettiva reattività verso i tioli cellulari piuttosto che verso i gruppi ossidrilici o amminici, questo lascia supporre che questi composti potrebbero essere privi degli effetti genotossici associati all’uso degli attuali chemoterapici. Il raggruppamento 1,5-diariliden-3-oxo-1,4-pentadienile è strettamente analogo alla struttura di un principio attivo naturale, la curcumina, pigmento di un intenso colore giallo-arancio, estratto dal rizoma di Curcuma Longa e noto già da tempo per le sue numerose attività biologiche, quali: antiflogistica, antiossidante, antivirale e soprattutto una considerevole attività antitumorale, attribuibile secondo alcuni studi all'inibizione della crescita cellulare, all’inibizione dell’angiogenesi e all'induzione dell'apoptosi. Il lavoro di dottorato, che viene qui presentato, è stato focalizzato sullo studio della sintesi e dell’ attività come attivatori della apoptosi in cellule neoplastiche di una piccola libreria di bis-arilidene-cicloalcanoni, simmetrici e asimmetrici, e mono-ariliden-cicloalcanoni analoghi di G5, al fine di ottenere una maggiore citotossictà e indagare le relazioni struttura-attività.. Inoltre il composto 2f, dotato di buona attività citotossica, è stato successivamente scelto per ulteriori sviluppi e coniugato al PEG5000 con lo scopo di aumentarne la solubilità in acqua e intraprendere gli studi in vivo.
XXII Ciclo
1981
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7

Fattor, Diana. "Stability and stabilization of industrial biocatalysts." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7778.

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Abstract:
2010/2011
Catalytic potential of enzymes is not fully exploited at industrial level and in chemistry due to technical difficulties and long time required for development of new processes. The main issues are: 1) The choice of the biocatalyst and the planning of reaction conditions still relies largely on empirical approaches, leading to long experimental studies; 2) There is still a short knowledge about molecular phenomena occurring in the microenvironment surrounding the enzyme and affecting biocatalyst efficiency; 3) The experimental systems are very complex and influenced by a wide number of experimental variables that cannot be monitored nor measured. This is particularly true when immobilized enzymes are considered. 4) Enzymatic preparations available on the market are not homogeneous in their components and protein content. The present study concerned the stability of both native and immobilized enzymes in aqueous media, aqueous/organic solvent mixture and low water media (either organic solvent or neat substrates). Moreover, thermal stability and effect of microwave radiations was also considered. The enzymes taken into consideration were lipases (hydrolases EC 3.1.1.3), and laccases (oxydoreductases EC 1.10.3.2). Aiming at overcoming the above mentioned limitations, this research was focused on the combination of experimental and computational approaches to: a) analyze enzyme stability under potentially denaturing conditions (polar solvents, temperature, microwave radiation) trying to identify by molecular descriptors for constructing correlation models (chapters 1 and 3); b) stabilize biocatalysts through immobilization while preserving catalytic activity (chapter 2); c) investigate experimentally the impact on immobilized biocatalysts of stabilizers and additives present in native crude enzyme preparations (chapter 4). The computational methods used for this study are Molecular Dynamic simulations (MD) that, together with experimental data, tried to explain changes in the protein structure and thus evaluate their stability in a given environment to better understand the behaviour of a biocatalyst. The study of the stability of native lipases in water-solvent monophasic systems has pointed out how the three lipases considered (Candida antarctica Lipase B, Pseudomonas cepacia Lipase and Rhizopus oryzae Lipase) behave very differently. Organic solvents for some extent can even mimic more efficiently the physiological environment of lipases, since in nature they are not working on soluble substrates in diluted aqueous solutions. When another class of enzymes, such as laccases, were taken into account, the stability of the different proteins (Laccase from Basidiomycetous Panus tigrinus, Lentinus strigosus and Steccherinum ochraceum) resulted to be strongly dependent on the extent of glycosylation and not only on the protein structure. Again, the heterogeneity of the glycosylation pathways makes the construction of any rational model, based on enzyme structures, quite a formidable task. These observations suggest that when working with native enzymes each protein must be studied separately even if belonging to the same class. Therefore, general conclusions and models are hardly applicable when planning stabilization strategies in biocatalysis. This is also important when designing immobilization protocols aiming at stabilizing enzymes. Furthermore, when these proteins are immobilized, not only structural features of the enzymes must be considered but also the formulation of the native biocatalyst resulted to play a key role in the performances of the resulting immobilized protein. Additives and stabilizers are often the predominant components in commercial enzymatic preparations which most often are produced for different scopes than biocatalysis (e.g. formulation of detergents) and inevitably severely affect the efficiency of immobilization strategies. Although, the purification of the protein would be desirable for avoiding the interference of non-enzymatic components. It must be underlined that the use of very crude enzymatic preparations is generally mandatory at industrial level when the cost of the immobilized biocatalyst has a major impact on the economic sustainability of the process. Therefore, enzymes to be applied in biocatalysis ideally should be fermented and processed according to tailored and optimized protocols, which enable the full exploitation of the catalytic potential of the enzyme upon immobilization. In conclusion, a larger and most efficient exploitation of enzymes in novel biotransformations will be feasible only through a strict integration of all the technological steps leading to the development of effective and economically competitive biocatalysts.
XXIV Ciclo
1984
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8

Federico, Stephanie. "Design, synthesis and biological investigations of new potent and selective adenosine receptor antagonists." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4504.

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Abstract:
2009/2010
RIASSUNTO L'adenosina è un nucleoside endogeno che svolge svariate funzioni sia in condizioni fisiologiche che patologiche interagendo con recettori accoppiati a proteine G denominati recettori adenosinici. Essi si suddividono in 4 sottotipi: A1, A2A, A2B ed A3. Antagonisti per i vari sottotipi recettoriali hanno un diverso possibile impiego terapeutico. L'antagonismo verso il sottotipo recettoriale A1 può essere sfruttato per avere un effetto diuretico ma anche in disordini cognitivi come la malattia di Alzheimer. Antagonisti A2A hanno un effetto neuroprotettivo e quindi sono utilizzabili in malattie neurodegenerative; inoltre esiste un accoppiamento negativo tra i recettori A2A e D2 della dopamina che negli ultimi anni ha spinto alla ricerca di potenti antagonisti verso il sottotipo recettoriale A2A per combattere la malattia di Parkinson. L'antagonismo verso A2B ha un possibile impiego nell'asma e nella terapia contro il diabete. Infine A3 antagonisti sono in grado di abbassare la pressione intraoculare, effetto utile nel casi di glaucoma. A ciò si aggiunge il fatto che tali recettori sono presenti in alte concentrazioni in molte linee tumorali, e recentemente molti sforzi sono stati fatti per comprendere il ruolo di tale sottotipo recettoriale nella genesi e progressione tumorale. In questo lavoro è stata svolta un'analisi approfondita sul ben noto nucleo pirazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pirimidinico che in passato ha portato a potenti antagonisti soprattutto verso A2A e A3. Sono state investigate le posizioni 5, dove non erano mai state inserite catene non aventi un gruppo carbonilico, e la posizione 2 dove è stato introdotto un fenile variamente sostituito al posto del ben noto furano, che rappresenta invece un punto di instabilità metabolica. In aggiunta si è cercato di trovare un punto di ancoraggio per molecole fluorescenti in modo da ottenere delle sonde recettoriali con possibili applicazioni per la localizzazione e lo studio del recettore stesso. Essendo però tale nucleo di natura complessa che comporta una difficile sintesi ma anche poca solubilità in acqua, è stato applicato un approccio di semplificazione molecolare sintetizzando derivati di natura 1,2,4-triazolo [1,5- a]-1,3,5-triazinica, 1,2,4-triazolo[1,5-c]pirimidinica, stilbenica e stirilfuranica; in ordine di semplificazione crescente. Infine sono state realizzate alcune serie di composti come test set per la validazione di modelli computazionali che hanno lo scopo di predire contemporaneamente affinità e soprattutto selettività verso i vari sottotipi di recettori adenosinici. ABSTRACT Adenosine is an endogenous nucleoside which possesses different physio-pathological actions that were obtained through its interaction with G-protein coupled receptors, named adenosine receptors. There are four different adenosine receptors subtypes: A1, A2A, A2B and A3. Antagonists at the various adenosine receptor subtypes have a different possible therapeutic applications. A1 antagonists are useful as diuretic drugs but also in cognitive disorders such as Alzheimer's disease. A2A antagonists are neuroprotective and so they could be used for the treatment of neurodegenerative diseases. In addition, A2A adenosine receptor is negatively-coupled with D2 dopamine receptor, thus leading to the research of new potent antagonists towards A2A adenosine receptor subtype against Parkinson's disease. Antagonism at the A2B receptor have a possible application against asthma and diabete, while A3 antagonism was able to decrease intraocular pressure in patients with glaucoma. In addition, very recently, high levels of A3 adenosine receptors were found in several tumoral lines suggesting an active role of this receptor in tumor genesis and/or progression. In this work the well known pyrazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine scaffold, that led to potent adenosine receptor antagonists (especially towards A2A and A3 subtypes) was deeply investigated. At the 5 position were introduced amino moieties in order to investigate if affinity could be maintained even if a carbonyl group, which give potency at the A3 and A2B receptor, is lacking. Instead at the 2 position was introduced a phenyl ring instead of the always present furan ring that was metabolically unstable. In addition an anchoring point for fluorescent molecules was investigated in order to obtain receptor probes that could be used for localization and study of the adenosine receptors. The pyrazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine scaffold possesses a complex nature that leads to a complex synthesis route and a low water solubility, thus it is evident the usefulness of a molecular simplification approach. For this reason we have synthesised 1,2,4-triazolo [1,5- a]-1,3,5-triazine, 1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine, stilbene and stirylfurane derivatives. In conclusion few series were synthesised as test sets for the validation of computational approaches to predict both selectivity and affinity at the various adenosine receptor subtypes.
XXIII Ciclo
1983
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9

Laboragine, Valeria. "Inibitori peptidomimetici e non peptidici di proteasi aspartiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10978.

Full text
Abstract:
2013/2014
Le proteasi aspartiche svolgono un ruolo fondamentale in molti processi patologici ed è per questo che vengono considerati degli ottimi target terapeutici verso cui dirigere la ricerca per la cura delle malattie. Sia l’AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) che il morbo di Alzheimer sono regolate da una proteasi aspartica la cui inibizione rappresenta, quindi, un importante obiettivo farmacologico, che coinvolge diverse discipline. Nel campo della chimica organica, la ricerca di efficaci inibitori peptidomimetici ha dato impulso allo sviluppo di nuove metodologie per la sintesi stereoselettiva di composti contenenti più centri chirali in forma enantiomericamente pura, da usarsi come isosteri dipeptidici per la sintesi di inibitori reversibili. Di recente vengono sviluppate sempre di più nuove molecole di tipo non peptidico, che siano in grado di massimizzare le interazoni nel sito attivo della proteasi, che abbiano una migliore biodisponibilità, ma soprattutto che siano semplici da sintetizzare. La prima parte di questa tesi di dottorato è stata rivolta alla sintesi di inibitori peptidomimetici dell’HIV-proteasi. Nel capitolo 2 viene descritta la sintesi di un isostere diamminodiolico del dipeptide Phe-Pro con stereochimica (S,R,R,S). Oggetto del capitolo 3 sono invece gli isosteri diamminoalcolici del dipeptide Phe-Pro: nella prima parte del capitolo è descritta la sintesi di un isostere in cui l’anello della prolina è sostituito da un triazolo ed è presentata la valutazione della sua attività biologica attraverso un saggio fluorimetrico; la seconda parte del capitolo è invece dedicata ad una metodologia per l’ottenimento di isosteri monoidrossietilenici Phe-Pro mediante l’utilizzo della ciclizzazione intramolecolare di aza-Michael organocatalizzata diastereoselettiva. Il capitolo 4 è dedicato alla sintesi di allilammine chirali derivate da aminoacidi, utili nella sintesi di isosteri dipeptidici con l’ausilio della reazione di Ring Closing Metathesis (RCM). L’ultima parte della tesi è invece rivolta alla sintesi di inibitori non peptidici della β-secretasi, proteasi aspartica coinvolta nei processi degenerativi che portano al Morbo di Alzheimer. Nel capitolo 5 è presentata la sintesi e la valutazione dell’attività biologica di una serie di diidropirimidine ottenute tramite la reazione multicomponente di Biginelli e che presentano valori di IC50 dell’ordine del micromolare.
XXVI Ciclo
1982
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10

Padovese, Elena. "Effetti di strutturazione di materiali a base di ossidi inorganici di tipo "aerogel-like" per applicazioni nel campo di catalisi e di isolanti ad alta efficienza." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3607.

Full text
Abstract:
2008/2009
La nanotecnolgia rappresenta un approccio innovativo nella produzione industriale, e riflette la generale tendenza alla miniaturizzazione ed alla riduzione di scala che prevale in tutte le discipline tecnologiche. Da qui il crescente interesse nei confronti nei nanomateriali e dei materiali nanostrutturati, per lo sviluppo di nuovi prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati, che trovino applicazione in molteplici campi. La presente tesi di dottorato si focalizza sulla strutturazione di nanomateriali a base di ossidi metallici, per applicazione come isolanti termici ad alta efficienza o come fotocatalizzatori per l’abbattimento dei contaminanti da acque reflue. Nel campo dell’isolamento termico l’attenzione è stata focalizzata su Al2O3, che, grazie alle sue uniche proprietà di tessitura, ottenute attraverso una scelta accurata delle condizioni di sintesi, ed all’elevata stabilità termica, è un materiale di forte interesse in questo settore. Lo studio della capacità di termoisolamento di materiali a base di Al2O3 ha rivelato una diretta dipendenza della diffusività e conducibilità termica dalle caratteristiche di tessitura e di struttura dell’ossido, e dalle modalità di agglomerazione. I risultati più rilevanti riscontrati nell’ambito di questa parte del lavoro hanno dato chiare indicazioni su come disegnare la strutturazione di un isolante termico: 1. Effetto del tipo di porosità presente (macro vs meso): l’aumento del contenuto di macropori determina una diminuzione del valore di conducibilità, ed un aumento di diffusività, per cui il materiale è un isolante termico; al contrario, la presenza di mesopori favorisce la riduzione di entrambe conducibilità e diffusività, per cui il materiale presenta proprietà di termoisolamento ed antifiamma; 2. Effetto del diametro dei mesopori: la modulazione del diametro dei pori a parità di porosità nella regione meso, non incide sul valore di diffusività e conducibilità, con il vantaggio che, aumentando le dimensioni, aumentano anche la resistenza meccanica e la stabilità termica dell’ossido; 3. Effetto della morfologia di assemblaggio del materiale: incide pesantemente sul trasferimento dell’energia termica, poiché, in presenza di un agglomerato hard, la conducibilità e la diffusività aumentano di un ordine di grandezza. Ne consegue che un materiale termoisolante deve avere una struttura mesoporosa ed una morfologia di tipo aggregato soft. È necessario evitare la sinterizzazione massimizzando la stabilità termica (es. mesopori di “grandi” dimensioni). L’analisi dei parametri di sintesi ha rilevato degli effetti sui processi di aggregazione nel gel-precursore di aerogel, che indirizzano in modo critico le proprietà di tessitura del prodotto finale. Il lavoro di ottimizzazione di tali parametri ha permesso di realizzare lo scale up del processo su scala industriale, da 200 ml a 25 L. La seconda parte del lavoro di ricerca è stata focalizzata sull’abbattimento di contaminanti da percolato di discarica ed acque reflue industriali per via fotocatalitica mediante processi di tipo APO. L’APO, ed in particolare la fotocatalisi con TiO2, si è rivelato un metodo di trattamento di efficiente e versatile, rendendo possibile la decontaminazione di reflui di diversa natura, dalle acque industriali al più complesso percolato di discarica. Lo studio dei parametri di processo ha evidenziato, infatti, la possibilità di semplificare il trattamento, a seconda della complessità del refluo. Mentre nel caso del percolato di discarica è necessario un trattamento con il sistema TiO2/H2O2/UV, in quanto, in virtù del sinergismo H2O2/UV, il contenuto di COD può essere portato a livelli sufficientemente bassi da permettere il completamento della decomposizione per via fotocatalitica, il refluo proveniente dall’industria del sughero può essere depurato anche in presenza del solo agente ossidante, o per effetto della sola fotocatalisi, in tempi ragionevolmente brevi rispetto a quelli richiesti per la decontaminazione del percolato (8 ore). In entrambi i casi è probabilmente possibile aumentare l’efficienza del processo mediante un’alimentazione in continuo dell’agente ossidante. In particolare, con l’approfondimento dello studio del trattamento delle acque industriali nel prototipo di reattore pilota, e la modellizzazione matematica dell’abbattimento dei contaminanti, è stato possibile parametrizzare il processo sulla base delle dimensioni dell’impianto, confermandone la fattibilità ed applicabilità su scala industriale.
XXII Ciclo
1980
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11

Carini, Marco. "New approaches to the multiple functionalization of fullerene." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10131.

Full text
Abstract:
2012/2013
Fullerene C60 is a charming molecule, its beautiful symmetry and its unique properties are still intriguing scientific community after almost three decades from its discovery. Investigation of its properties and applications is still an active field. In our group we are interested especially in the biological aspect of fullerene sciences. In this field, polyfunctional derivatives are particularly attractive, for the increased solubility and for the possibility to attach different biologically active molecules on the same carbon cage. In the first project we studied different methods to control the site selectivity of the double 1,3-dipolar cycloaddition of azomethine ylides. To this purpose, we synthesized several bis-reactive templates with very different design, and we could obtain unusual fullerene-macrocyclic and fullerene-cyclophanes structures. A good degree of control of the site selectivity was achieved in some cases. A supramolecular approach to the control of the second cycloaddition was also developed. In the second part we focused our efforts in finding a feasible and scalable method to produce bis- or poly-functional fullerene derivatives from the easily accessible monoadduct. Triazine chemistry in combination with oxyethylenic chains allowed us to easily synthesize a library of polyfunctional, versatile and highly soluble derivatives. Some toxicological results indicate that this kind of compounds can be very useful carriers for drug delivery and some application in this sense are currently under investigation. Finally in a third part of the work we synthesized several fullerene-bipyridyl ligands and their ruthenium complexes. In this way we want to combine in the same molecule both the antiproliferative properties of ruthenium complexes and the photosensitizing effect of fullerene in order to obtain a synergistic effect against tumor cells.
XXVI Ciclo
1986
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12

Ponzi, Aurora. "Theoretical study of molecular photoionization: diffraction and correlation effects." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11112.

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Abstract:
2013/2014
Questa tesi raccoglie i risultati dell’attività di ricerca del mio dottorato che ha riguardato lo studio di molecole sottoposte a fotoionizzazione e il calcolo delle grandezze dinamiche coinvolte in questo tipo di processo. Una prima linea di ricerca ha seguito la descrizione degli effetti di interferenza e diffrazione nei profili di fotoionizzazione ad alte energie, attraverso un approccio basato sul metodo Density Functional Theory (DFT) accoppiato all’uso di una base di B-spline. Le oscillazioni derivanti da questi effetti di interferenza e diffrazione rappresentano un fenomeno universale, presente in tutte le molecole poliatomiche in esame, dalle biatomiche a quelle più complesse non simmetriche, dalla shell di core a quella di valenza più esterna. Nella regione di core abbiamo analizzato le oscillazioni presenti nel rapporto di intensità C2,3/C1,4 nello spettro di fotoelettone C 1s del 2-butino. Nella regione di valenza più interna abbiamo invece preso in esame gli spettri di fotoionizzazione di semplici molecole poliatomiche (propano, butano, isobutano e cis/trans-2-butene) e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli sperimentali raccolti presso il sincrotrone Soleil di Parigi. Abbiamo poi analizzato l’effetto dovuto all’emissione coerente da centri equivalenti e quello dovuto alla diffrazione da atomi vicini non equivalenti negli spettri di core e di valenza. Nell’ambito di questa analisi, abbiamo preso in esame acetileni mono e disostituti con fluoro e iodio, comparando i risultati con quelli ottenuti nel caso del più semplice sistema acetilenico. Ci siamo inoltre occupati dello studio di effetti di intereferenza nella ionizzazione di valenza esterna di semplici idrocarburi e, nella stessa regione, abbiamo analizzato come la struttura geometrica di composti permetilati, in particolare la distanza metallo-anello, influenzi i loro profili di fotoionizzazione. Infine, nella regione di valenza interna, sono stati considerati i profili di ionizzazione per il caso di Ar@C60. I risultati sono stati messi a confronto con quelli ottenuti da uno studio precedente sulla molecola di C60. Una seconda linea di ricerca ha invece seguito la descrizione delle osservabili di fotoionizzaione considerando il contributo della correlazione elettronica. Questo può essere fatto attraverso l’implementazione di un formalismo closecoupling dove la funzione del continuo finale è espressa secondo un’espansione analoga a quella Configuration Interaction (CI) per gli stati legati. Il primo livello dell’implementazione ab initio è stato quello di descrivere accuratamente solo la correlazione negli stati legati. A questo scopo, sono stati utilizzati gli orbitali di Dyson. L’uso di questi orbitali è stato applicato alla descrizione delle osservabili di fotoionizzazione nel caso della molecola biatomica CS. Nello spettro di questa molecola è infatti presente un satellite ben risolto dovuto a effetti di correlazione elettronica che non possono essere descritti a livello DFT.
The thesis is focused on the study of the dynamics of photoemission processes for atoms and molecules. A first line of research has followed the description of diffraction and interference effects in the photoionization profiles at high energy for several systems, through an approach based on the DFT method combined with the use of a B-spline basis. These diffraction and interference effects appear in the spectra as a result of wave propagation. The resulting oscillations represent a general phenomenon, present in polyatomic targets, from diatomics to complex non-symmetrical molecules, and from the deep core to the outer-valence shell. Firstly, in the core region, we analysed the oscillations in the intensity ratio C2,3/C1,4 in the carbon 1s photoelectron spectrum for 2-butyne. Then in the inner-valence shell region, the interference effects in the photoionization spectra of simple polyatomic molecules (propane, butane, isobutane and cis/trans-2-butene) were studied and the results have been compared with experimental data collected at the SOLEIL Synchrotron in Paris. Furthermore, we have analysed the effect due to coherent emission from equivalent centers and diffraction from neighbouring non-equivalent atoms in core and valence photoelectron spectra. For this, we investigated mono and disubstituted fluoro- and iodo-acetylenes and compared them to the simple acetylene system. We also focused on interference effects in the outer-valence ionization cross sections of simple hydrocarbons and, in the same shell, we also studied the influence of geometrical structures on photoionization profiles of permethylated compounds. Finally, in the inner-valence shell region, we considered the photoionization profiles for the case of Ar@C60. The results were compared with a previous study on the C60 molecule. A second line of research has followed the correlated description of photoionization observables. We developed a new method based on an ab initio closecoupling formalism. The use of the Dyson orbitals allowed to study the photoemission observables of highly correlated systems. As a first application of this method, we performed highly correlated calculations on the primary ionic states and the prominent satellite present in the outer-valence photoelectron spectrum of CS. Dyson orbitals are coupled to accurate one-particle continuum orbitals to provide a correlated description of energy-dependent cross sections, asymmetry parameters, branching ratios and Molecular Frame Photoelectron Angular Distributions (MFPADs).
XXVII Ciclo
1985
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13

Guercia, Elena. "Biomolecules as recognition elements for bioactive diterpenes in coffee." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10977.

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Abstract:
2013/2014
Al giorno d’oggi, il caffè rappresenta una delle principali materie prime commercializzate, la cui produzione mondiale si classifica seconda solo rispetto al petrolio e al primo posto in termini di materia prima alimentare. Essendo interamente prodotto nel Sud del mondo, il caffè costituisce la maggiore fonte di guadagno dei Paesi tropicali produttori, in cui viene denominato “oro verde”. Il motivo del suo successo mondiale come bevanda deriva dalla sensazione a livello gustativo e olfattivo che suscita in chiunque lo beva e dal suo ben noto effetto stimolante, attribuito principalmente alla caffeina. Per garantire un ottimo prodotto finale, ad esempio in Italia l’ Espresso, è necessario garantire e ricercare continuamente la qualità del caffè lungo tutta la sua catena di produzione: da “ciliegia” rossa a bevanda, questa materia prima percorre un lungo cammino in cui subisce molteplici e delicate trasformazioni. Il termine “qualità del caffè” assume quindi diversi significati a seconda del ruolo che ognuno può avere all’interno della catena di produzione. Per la illycaffè, nostro partner industriale, qualità significa bevanda di caffè costituita al 100% da Arabica, la specie di caffè più preziosa in commercio. La sua indiscussa qualità è dovuta principalmente alle sue caratteristiche organolettiche; infatti l’ Espresso derivante da Arabica è un caffè profumato, dolce, delicato e leggermente acido. Per questo motivo, è molto importante per illycaffè salvaguardarsi da possibili frodi o sofisticazioni, ovvero dalla contaminazione di Arabica da Robusta, l’altra specie (meno pregiata) di caffè presente in commercio. Per quanto riguarda la composizione chimica, la differenza fondamentale tra le due specie di caffè è la presenza, solo nella Robusta, del 16-O-methylcafestolo, diterpene contenuto nella porzione insaponificabile dell’olio di caffè. L’assenza di tale composto nell’ Arabica fa sì che esso sia un eccellente ‘molecular marker’ per l’identificazione di Robusta in una miscela di caffè, rilevandone così la mancanza di autenticità ove questa sia commercializzata come Arabica 100%. Questo progetto di tesi di dottorato nasce dall’interesse di sviluppare uno strumento capace di riconoscere il 16OMC in una miscela di caffè tostato, per esempio sfruttando biomolecole, come proteine e peptidi, che già naturalmente si comportano da recettori, o strutture molecolari progettate su misura con le caratteristiche per interagire selettivamente con i diterpeni. Questo sensore altamente specifico e selettivo per il 16OMC costituirebbe un kit d’analisi rapido ed efficiente in grado di proteggere la illycaffè da possibili frodi e adulterazioni. Per raggiungere questo obiettivo, per prima cosa è stata messa a punto una nuova metodica di estrazione e di purificazione dei diterpeni, principalmente cafestolo e 16OMC, da una miscela di caffè tostato Robusta 100%, perché si tratta di composti non facilmente reperibili sul mercato e molto costosi. I diterpeni estratti sono stati completamente caratterizzati, fornendo nuovi dati e/o confermando i dati già presenti in letteratura, talvolta incompleti. Inoltre questa metodica ci ha permesso di purificare e caratterizzare anche un altro componente della frazione insaponificabile del caffè: il β-sitosterolo, uno tra i più abbondanti steroli presenti nel caffè. Per lo sviluppo di un biosensore selettivo basato sull’interazione di una biomolecola con un composto target, sono stati considerati diversi approcci. Il primo approccio valutato è stato quello di partire da una proteina naturale, ben organizzata e stabile, e ridurre le sue dimensioni fino all’ottenimento di un peptide che risulti stabile e mantenga la funzionalità del sito attivo. In tale prospettiva è stata studiata tramite spettroscopia di fluorescenza l’interazione tra diterpeni e albumina umana (HSA), albumina umana priva di acidi grassi (ff-HSA), albumina bovina (BSA) e il recettore nucleare FXR (Farnesoid X Receptor). Gli esperimenti sono stati fatti in condizioni fisiologiche. Per quanto riguarda le albumine, si è osservato che i siti coinvolti nell’interazione con i diterpeni sono il sito denominato Sudlow site I, in cui è presente il Trp, causando una alterazione della fluorescenza, e il sito degli acidi grassi, contiguo al sito I, andando a modificare drasticamente la conformazione della proteina. Un’analisi degli spettri di dicroismo circolare registrati in presenza di sola albumina e successivamente aggiungendo diterpeni hanno confermato questo cambio conformazionale. Cafestolo e 16OMC presentano affinità per le albumine simili a quelle di altre piccole molecole capaci di legarsi ad esse. Tuttavia i dati ottenuti sono stati utili da un punto di vista fisiologico. L’interazione tra cafestolo e FXR, recettore coinvolto nell’omeostasi del colesterolo, è stata studiata per ottenere informazioni sull’attività biologica e per valutare il recettore come un potenziale strumento per la progettazione di biosensori. FXR è in grado di legare il cafestolo con una affinità molto elevata. La costante di dissociazione ottenuta (KD), 50 nM, è molto promettente. E’ da considerarsi, tuttavia, come un dato preliminare e studi che confermano questa ipotesi sono ancora in corso. Un ultimo approccio ha riguardato la modifica strutturale dei diterpeni. L’idea è quella di legare dei linkers all’anello furanico dei due diterpeni in modo da lasciare liberi il diolo del cafestolo e l’etere del 16OMC, poiché sono i gruppi funzionali che vogliamo discriminare. Il legame con il linker permette di immobilizzare i diterpeni modificati a supporti solidi, come chip d’oro, e di eseguire rapidamente screening di librerie peptidiche e selezionare i peptidi più promettenti tra i tanti componenti di una libreria. Per questo scopo, dopo protezione degli ossidrili di cafestolo (tramite acetonide) e 16OMC (formazione di etere), è stata eseguita l’alchilazione del furano. Tale via è ancora in fase di sviluppo.
Nowadays coffee represents the most traded food commodity, global coffee production ranks second in value only to oil and in many tropical coffee-producing countries, it constitutes the main source of income (it is considered the “green gold”). The worldwide success of coffee beverages is due to the involvement of our sense (taste and smell) and the well-known stimulating effect, mainly attributed to caffeine. To guarantee the best final product, for instance the Espresso in Italy, there should be a continuous pursuit of quality along the whole production chain: from red cherries to cup, the raw beans undergo a lot of significant transformations. The term “coffee quality” means different things to different people involved in the coffee supply chain. For illy company, our industrial partner, coffee quality means coffee beverages composed of 100% Arabica coffee, the most precious coffee in the trade. Its quality is due, mainly, to its organoleptic characteristics: roasted Arabica beans produce a very fragrant, sweet, smoother and slightly acidic coffee; very often it has chocolate note and caramel after-taste. For these reasons, illy company focuses its attention to protect itself from frauds and adulterations as soon as illy coffee is on the trade. By frauds and adulterations illy means contamination of 100% Arabica through Robusta, the other coffee species present on the trade and cheaper than Arabica. The two species present chemical differences. The most important is the presence, only in Robusta coffee, of 16-O-methylcafestolo, diterpene contained in the unsaponifiable matter of coffee oil. As this compound is absence in Arabica coffee, it is considered a ‘molecular marker’ of potential frauds, since it could identify and confirm the presence of Robusta in a mixture of roasted coffees when it is commercialized as Arabica 100%. This PhD project arises from the interest in searching new methodologies for the selective analysis of diterpenes, exploiting the recognition properties of biomolecules, proteins or peptide, or of designed sensing elements with high affinity for such diterpenes compounds, especially for 16OMC. This specific and selective biosensor for 16OMC would constituted a kit analysis able to protect illy company from frauds and adulterations. Firstly, a new methodologies was performed for the extraction and the purification of diterpenes, especially cafestol and 16OMC, from a mixture of coffee Robusta 100%, because the availability on the trade of these compounds is uncommon and they are quite expensive. The diterpenes extracted were fully characterized providing new data and / or confirming the data already present in the literature, which sometimes are incomplete. Moreover, this method allowed us to purify and characterize another component of the unsaponifiable fraction of the coffee: the β-sitosterol, one of the most abundant sterols present in coffee. For the development of a biosensor selective based on the interaction of a biomolecule with a target compound , different approaches may be considered. The first approach evaluated was the use of natural peptide scaffolds, with stable and highly organized conformations, and reduce its dimension down to the limit of receptor stability. In this perspective, the specific binding constants to human serum albumin (HSA), fatty free – human serum albumin (ff-HSA), bovine serum albumin (BSA) and farnesoid X receptor (FXR) of diterpenes were measured in physiological conditions by fluorescence spectroscopy. As for the albumins, we observed that the sites involved in the interaction with diterpenes are the Sudlow site I, in which the Trp is present, causing a change in the fluorescence, and the site of fatty acids, contiguous to the site I, going to drastically alter the secondary structure of the albumins. CD spectra of the albumins upon addition of diterpenes confirmed these conformational changes. Cafestol and 16OMC have affinity for albumins similar to those of other small molecules capable of binding to them. However, the data obtained are useful from a physiological point of view. The interaction between cafestol and FXR, involved in the cholesterol homeostasis, was studied to obtain information on the biological activity and to evaluate the receptor as a potential sensing tool. FXR bound cafestol with a very high affinity. The dissociation constant obtained (KD), 50 nM, is very promising. This result is very relevant both under the biological point of view and under the potential application of FXR in a sensing system able to selectively discriminate cafestol and 16OMC from a mixture of roasted coffee. Further studies are undergoing. Moreover, another approach was the modification of diterpenes with linkers. The furan ring of cafestol and 16OMC was identified the starting point for the bound with linkers, since we wish to discriminate between the glycol system of cafestol and the ether of 16OMC. The final purpose is to immobilize the modified diterpenes on a solid support, such as a gold chip, and to screen the binding properties. The diol system of cafestol and the hydroxyl group of 16OMC were protected and then, the furan ring was alkylated. Further modification will be performed in our research group.
XXVII Ciclo
1985
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14

Del, Rio Castillo Antonio Esau. "Towards self-assembled devices, a carbon nanotube approach." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7390.

Full text
Abstract:
2010/2011
In the last decade the nanostructured carbon materials, especially single walled carbon nanotubes (SWNTs), had emerged as probable substitutes for Silicon in the next generation of electronic devices. This is due to their unique physic and chemical properties. Likewise, scientists all around the world have made a huge effort to introduce carbon materials into the market. Despite this effort, commercial application for carbon nanotubes in electronic devices has not yet been achieved. The hindrances are due to two reasons mainly: the first one is for the physico-chemical properties of carbon nanotubes; for example, the strong π-π interactions between nanotube creates thick bundles; in the pristine form CNTs are almost indispersible in any solvent; nanotubes are practically inert chemically; and finally the synthesis of SWNTs produces a mixture of semiconducting and metallic nanotubes. The second hindrance is related to the device construction and characteristics, e. g. the high contact resistance between SWNT and electrodes, the selection of electrode materials, the gate dielectric structure and material are also importants, and finally how the SWNT is contacted with electrodes. In my opinion, if it is desired to use a new material in high technology applications, will be necessary to use new methodologies and break paradigms. In this work I try to mimic what nature does, assemble objects from the bottom up. So, for the bottom up construction of the device I combine the assembly qualities of organic chemistry and the physical properties of inorganic materials. In this way, to deal with the challenges of construction and improvement of the “next device generation” I used non-conventional procedures in electronic devices: sol-gel process for the synthesis of the gate dielectric; organic chemistry for improvement on the electrodes-nanotube resistance; and propose the use of DNA origami as general assembly process for the device. For the sorting of nanotubes it is applied a top-down approach, the current technologies in the synthesis of SWNTs are not able to render a single electric behaviour yet. The scope of this work is to demonstrate that it is feasible to use bottom up techniques in the construction of devices, replacing the use of “top down” processes that are currently in use in the silicon industry. The thesis is organized as follows: • In the chapter 1 the carbon materials characteristics are introduced and how they can change the actual Silicon technologies. Additionally a brief review the electronic and optical properties of SWNTs, including the optical spectroscopy techniques used for their characterization: absorption and Raman. • Chapter 2 discuses briefly the grow methodologies of SWNTs, the as-produced characteristics, purification techniques and sorting by electronic behaviour. Graphene exfoliation is reviewed. • Chapter 3 deals with the design and synthesis of the dielectric material on SWNTs and over graphene. Sol gel process is briefly explained. • In chapter 4 is explained the synthesis of metallic nanoparticles and the selective linking with SWNTs. • Chapter 5 is dedicated to perspectives and further work, concerning mainly to device assembly, focusing in the manipulation of DNA and SWNTs. This work has been supported by the National Council for Science and Technologies, CONACyT (Mexican Government).
XXIV Ciclo
1982
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15

Boccalon, Mariangela. "Design and synthesis of artificial porphyrin nanopores." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7735.

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Abstract:
2010/2011
The regulation of transmembrane ion transport is a fundamental aspect of bioinspired chemistry which may find relevant applications in different fields ranging from pharmaceutics to sensing. In this contest the ability to form stable and well organized structures able to produce large and well defined pore in the membrane appears really promising. Several examples of such systems are present in the literature, usually formed in self-assembling processes mediated by hydrogen bonding, charge repulsion, and ion pairing. Coordination chemistry, however, has appeared only occasionally in design strategies for synthetic ion channels and pores. Recently Kobuke reported synthetic nanopores based on covalent adduct of porphyrins having six carboxylic acid groups directed up and down; the formation of hydrogen bonds between two monomers promotes their stacking and the formation of a nanopore able to span the lipid bilayer. The covalent approach for this type of macromolecules is synthetically laborious and the developments are therefore limited. In this context, the self-assembly approach, in which the macromolecules are generated by self-assembly of small and more synthetically accessible building blocks, is an attractive way to achieve the aim. In this field trans-porphyrin provides a linear substitution pattern that can be used for the construction of porphyrin-based architectures with a well-defined structure by metal mediated self-assembly. We have started a research project aimed to design synthetic metal-organic nanopores derived from the self-assembling of porphyrin ligands with proper metal fragments. In our first approach we have used trans-dipyridylporphyrins (linear difunctional ligands) which, upon binding with metal fragments such as Re(I) or Pd(II) (cis-coordinant metal fragments) may form supramolecular boxes (4+4 type). Subsequently, the porphyrins have been functionalized with groups able to give hydrogen bonds after appropriate modification, such as esters. A second part of the work was focused on the study of the ionophoric activity of the prepared compounds. Activity studies have been conducted on porphyrins and molecular squares using liposomes as models of biological membranes. Porphyrins and molecular squares without groups able to give hydrogen bonding do not show ionophoric activity. This behavior was expected because the dimension of these systems does not allow to span completely the lipid bilayer and there are not weak interactions that promote the self-assembly of the monomers. On the contrary, excellent ionophoric activity was observed with the molecular square bearing carboxylic acid. Thus, presence of hydrogen bonding groups that enable the formation of tubular, probably dimeric, structure are essential for forming the transmembrane nanopore. Ionophoric activity can be inhibited by using polyamino-dendrimers and this ability is function of their dimension. Parallel to the development of supramolecular porphyrins based nanopores, in the course of my PhD period, I studied also the ionophoric activity of cyclic phosphate-linked oligosaccharide analogues (CyPLOS) and guanosine-based amphiphiles in collaboration with prof.ssa Daniela Montesarchio, Department of Organic Chemistry and Biochemistry, University “Federico II” of Napoli.
XXIV Ciclo
1984
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16

Micoli, Alessandra. "Functionalization of Carbon Nanotubes for the Construction of Supramolecular Nanostructured Materials." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8657.

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Abstract:
2011/2012
Carbon nanotubes (CNTs) possess important physical and chemical properties, such as high electrical and thermal conductivity, large surface area, high mechanical strength and chemical stability, that made them important in the construction of novel biomaterials, biosensors, transistors and conductive layers. However, an unsettled issue pertinent to the construction of such CNT-based materials is their precise localization and controllable spatial organization. As result, the development of new protocols for patterning CNTs on substrates or disperse them in biological media have become increasingly important in their processing. In this direction, several approaches have being developed, among them, the inclusion of non-covalent bond such electrostatic, hydrophobic, hydrogen bonding, metal coordination and π-π interactions. The aim of this thesis was to evaluate H-bonding interactions as directional, reliable and predictable non-covalent attractive forces between complementary H-donor (D) and H-acceptor (A) moieties to control the self-organization process of CNTs for the construction of macroscopic materials. In the Introduction (Chapter 1), an overview on CNTs is given, explaining their main features and the key issues associated with their manipulation. The different existing possibilities for CNT functionalization are described, focusing the attention on the covalent approach exploited in this thesis, namely the diazonium salt-based arylation reaction. The main characterization techniques used are then described, illustrating their advantages and their limitations. Subsequently, the existing literature on macroscopic CNT assemblies is given. Examples include super-strong 1D CNT fibers, highly flexible 2D CNT films and compressible 3D CNT arrays or foams. Finally, molecular-recognition events, able to direct the assembly of macroscopic structures, are described focusing on the possibility of translate this supramolecular approach on the assembly of CNT architectures. In Chapter 2 the utilization of an acridine-derived Zn(II)-cyclen complex as a multidentate ligand for recognizing thymidine-derived multiwalled carbon nanotube derivatives (Td-MWCNTs) is reported. The effectiveness of the Zn(II)-cyclen recognition has been confirmed through a combination of analytical techniques such as Kaiser test, TGA-MS, IR, X-Ray photoemission spectroscopy, TEM, UV-Vis absorption and fluorescence spectroscopy. Taken all together, the different characterization techniques have unambiguously shown the 1:1 recognition of the nucleoside by a Zn(II)-cyclen complex and confirmed that the Td moieties preserve their recognition properties also in presence of CNTs. In Chapter 3 nucleosides moieties (Thymidine, T; Adenosine, A; Cytidine, C; Guanosine, G) were covalently attached to MWCNTs as supramolecular motifs, N-MWCNTs (N=A, T, G, C). Then, the complementary nucleobase pair nanohybrids T-MWCNTs/A-MWCNTs and G-MWCNTs/C-MWCNTs were mixed together and the supramolecularly self-assembly was followed by characterization techniques such as TEM, TGA and IR spectroscopy. The successful recognition process allows the fabrication of freestanding homogeneous membranes by a simple vacuum filtration methodology. The electronic conduction properties of the resulting N-MWCNT films were measured. Finally, the intrinsic conductivity of pristine MWCNTs was restored in the films by the thermal removal of the organic functionalization moieties, as verified by resistivity and TGA measurements. Finally, in Chapter 4, a versatile and simple method for the construction of macroscopic structures based on CNT/Polymer composites is demonstrated. Ureidopyrimidinone (UPy) moieties were covalently attached to MWCNTs as supramolecular motifs (UPy-MWCNTs) and the novel nanohybrid compound was characterized by TGA, IR, TEM, UV-visible and 1H-NMR spectroscopy. Then the self-assembly of UPy-MWCNTs with different polymers bearing UPy moieties (Bis-UPy 1, Bis-UPy 2), trough quadruple complementary DDAA•AADD H-bonding motif, allowed the fabrication of a 2D free standing film and of a supramolecular gel using the method of solution blending. In conclusion the present thesis demonstrates that organic molecules covalently grafted to CNT surface as supramolecular motifs can control the self-assembly of CNTs by H-bonding recognition. This strategy can be used for the construction of supramolecular architectures to create new nanodevices. In particular we have demonstrated that the self-organizzation of functionalized CNTs lead to a versatile and simple method for the construction of macroscopic structures based on pure MWCNTs or on CNT/Polymer composites.
I Nanotubi di Carbonio (CNTs) presentano importanti proprietà fisico-chimiche, come alta conducibilità elettrica e termica, ampia area superficiale, elevata forza meccanica e stabilità chimica, che li rendono interessanti per la costruzione di nuovi biomateriali, biosensori, transistor e film conduttivi. Tuttavia la loro localizzazione, organizzazione spaziale e manipolazione rimangono problemi irrisolti legati alla costruzione di materiali a base di nanotubi di carbonio. Lo sviluppo di nuovi protocolli per la deposizione controllata di CNTs su substrati o la loro dispersione in materiali biologici sono diventati sempre più di interesse. In questa direzione, diversi approcci sono in fase di sviluppo, tra cui l’esplorazione di legami non-covalenti, quali interazioni elettrostatiche, idrofobiche, legami a idrogeno, legami coordinativi e interazioni π-π. Lo scopo di questa tesi è stato valutare l’uso di interazioni a idrogeno come forze attrattive non-covalenti, direzionali e prevedibili, tra porzioni complementari H-donatori (D) e H-accettori (A) per controllare l'auto-organizzazione dei CNTs per la costruzione di materiali macroscopici. Nell'Introduzione (Capitolo 1), viene fatta una breve panoramica dei CNTs, spiegando le loro caratteristiche principali e le problematiche associate alla loro manipolazione. Vengono descritte le diverse strategie per la funzionalizzazione dei CNTs, focalizzando l'attenzione sull’ approccio covalente sfruttato in questa tesi, vale a dire la reazione di arilazione basata sui sali di diazonio. Vengono anche presentate le principali tecniche di caratterizzazione utilizzate, illustrando i loro vantaggi ed i loro limiti. Successivamente, viene riportata la letteratura esistente sulle strutture macroscopiche a base di CNTs. Gli esempi includono fibre 1D, film 2D e strutture 3D. Infine, vengono descritti alcuni processi di riconoscimento molecolare, in grado di dirigere l'assemblaggio di strutture macroscopiche, concentrandosi sulla possibilità di applicare questo approccio supramolecolare nell'assemblaggio di architetture di CNTs. Nel Capitolo 2 è stato riporto l'impiego di un complesso di acridina-Zn(II)-ciclano come legante multidentato per il riconoscimento di frammenti timidinici legati covalentemente alla superficie di CNTs (Td-MWCNTs). L'efficacia del riconoscimento supramolecolare è stato confermato attraverso una combinazione di tecniche analitiche quali il Kaiser test, TGA-MS, IR, XPS, TEM, assorbimento UV-Vis e spettroscopia di fluorescenza. Nel loro insieme, le diverse tecniche di caratterizzazione hanno dimostrato inequivocabilmente il riconoscimento 1:1 tra il nucleoside ed il complesso Zn(II)-ciclano, ed hanno confermato che le porzioni timidiniche conservano le loro proprietà di riconoscimento anche in presenza di CNTs. Nel Capitolo 3 i quattro nucleosidi (timidina, T; adenosina, A; citidina, C; guanosina, G) sono stati legati covalentemente a CNTs come pendagli supramolecolari, N-MWCNTs (N = A, T, G, C). I nanoibridi portanti coppie di nucleobasi complementari, T-MWCNTs/A-MWCNTs e G-MWCNTs/C-MWCNTs, sono stati mescolati insieme e l’ auto-riconoscimento supramolecolare è stato analizzato con diverse tecniche di caratterizzazione come TEM e spettroscopia IR. Il processo di riconoscimento ha permesso la fabbricazione di membrane omogenee, utilizzando una semplice metodologia di filtrazione sotto vuoto. Le proprietà di conduzione elettrica dei risultanti film di N-MWCNTs sono state misurate. Infine, nelle membrane è stata restaurata la conducibilità intrinseca dei CNTs attraverso la rimozione termica delle funzionalizzazioni organiche, come verificato dalle misure di resistività e dalle analisi TGA. Nel Capitolo 4, infine,è stato dimostriamo un metodo versatile e semplice per la costruzione di strutture macroscopiche basate su compositi di nanotubi e polimeri. Pendagli di Ureidopirimidinoni (UPy) sono stati covalentemente legati alle pareti dei CNTs come motivi supramolecolari (UPy-MWCNTs) ed il nuovo nanoibrido è stato caratterizzato attraverso TGA, IR, TEM, assorbimento UV-visibile e 1H-NMR. L'auto-assemblaggio di UPy-MWCNTs con diversi polimeri recanti frammenti UPy (Bis-UPy 1, Bis-UPy 2) ha permesso la realizzazione di un film bidimensionale e di un gel supramolecolare, attraverso la formazione di legami a idrogeno complementari quadrupli DDAA•AADD. In conclusione la presente tesi dimostra che le molecole organiche legate covalentemente alla superficie dei CNTs come motivi supramolecolari sono in grado di controllare l'auto-assemblaggio dei nanotubi attraverso il riconoscimento a legame a idrogeno. Questa strategia può essere usata per la costruzione di architetture supramolecolari per creare nuovi nanodispositivi. In particolare è stato dimostrato che l'auto-organizzazione di CNTs funzionalizzati risulta un metodo versatile e semplice per la costruzione di strutture macroscopiche a base di soli CNTs o di compositi nanotubi/polimeri.
XXV Ciclo
1983
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17

Bianco, Carlotta. "IN VITRO AND IN VIVO EVALUATION OF SILVER NANOPARTICLES PENETRATION THROUGH HUMAN SKIN." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11108.

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Abstract:
2013/2014
La cute è uno degli organi più estesi del corpo umano e gioca un importante ruolo nella regolazione dell’idratazione corporea, ha proprietà sensoriali, funzioni strutturali e agisce come prima barriera contro gli agenti esterni (Blank et al, 1984). Può costituire un’importante via di uptake per molte sostanze. L’assorbimento percutaneo è stato oggetto di studio in numerosi lavori fin dallo scorso secolo, ma ha recentemente riscosso nuovo interesse a causa dell’ascesa del “mondo delle nanoparticelle”. L’esposizione umana alle nanoparticelle può avvenire sia per cause antropiche che naturali. Dal momento che le nanoparticelle hanno dimensioni compatibili con quelle della via cutanea è importante valutare la possibilità di uptake in scenari di esposizioni reali. Le nanoparticelle di argento (AgNPs) sono sempre più spesso applicate a un’ ampia gamma di materiali a scopo biomedico, proprio perchè sono in grado di rilasciare una considerevole quantità di ioni argento che sono responsabili di un’attività antibatterica ad ampio spettro. Questi materiali nanoparticellati sono solitamente applicati a diretto contatto con la cute umana, nella maggior parte dei casi a cute lesa con una ridotta capacità di agire da barriera. Soprattuto nel caso della cute lesa, questo tipo di esposizione potrebbe portare a un incremento dell’uptake sistemico di argento con potenziali effetti collaterali. I principali obiettivi di questa tesi sono dunque: (i) valutare la permeazione dell’argento da parte di differenti materiali al nanoargento, simulando scenari di esposizione che siano il più possible realistici; (ii) definire i fattori sperimentali che potrebbero influenzare i risultati degli esperimenti in vitro, come ad esempio la metodologia di conservazione della cute; (iii) l’ottimizzazione dei metodi analitici per la quantificazione dell’argento in diverse matrici biologiche. E’ noto dalla letteratura che l’argento sia in grado di permeare la cute, sia intatta che lesa; d’altra parte, non sono disponibili dati riguardo alla permeazione dell’argento attraverso le più comuni tipologie di cute utilizzate come impianti per la cura di ustioni gravi. Petanto in questa tesi la permeazione dell’argento è stata valutata, attraverso il metodo delle Celle a Diffusione di Franz, esponendo campioni di cute fresca, cute crioconservata e cute glicerolata a una sospensione di AgNPs in sudore sintetico per 24 ore. Studiando i profili della permeazione dell’argento nel tempo, risulta evidente una maggiore permeazione attraverso cute glicerolata: il flusso di permeazione dell’argento a 24-h è di 0.2 ng cm-2 h-1 (lag time: 8.2 h) per la cute fresca, 0.3 ng cm cm-2 h-1 (lag time: 10.9 h) per la crioconservata, e 3.8 ng cm-2 h-1 (lag time: 6.3 h) per la glicerolata. La permeazione attraverso cute glicerolata è significativamente più alta sia rispetto alla cute fresca che a quella crioconservata. Questo risultato potrebbe avere delle importanti implicazioni cliniche per il trattamento delle ustioni con prodotti al nanoargento. Un ulteriore importante risultato è che la permeazione attraverso cute crioconservata non differisce significativamente da quella fresca. Ciò giustifica l’utilizzo di cute crioconservata nel caso di esperimenti in vitro. Una volta valutata la permeazione cutanea attraverso i diversi modelli di cute e determinato quindi il modello più idoneo per gli studi in vitro, il secondo obiettivo di questa tesi è quello di caratterizzare il rilascio di argento da parte di alcuni tessuti al nanoargento, disponibili in commercio, e determinare l’assorbimento percutaneo in vitro dell’argento da essi rilasciato. E’ stato effettuato uno screening preliminare di otto diversi tessuti all’argento in modo da scegliere, per successivi studi, materiali che fossero in grado di rilasciare un quantitativo elevato di argento e il cui utilizzo avesse una certa rilevanza sul piano sociale. I tessuti selezionati sono stati due diverse garze per la cura di cute lesa (ustioni o tagli) e un pigiama ideato per bambini affetti da Dermatite Atopica. L’assorbimento percutaneo in vitro è stato determinato immergendo 3 pezzi di ciascun materiale nel sudore sintetico contenuto nelle celle donatrici di Franz. La caratterizzazione dell’argento presente nei tessuti è stata effettuata mediante Scanning Electron Microscopy with integrated Energy Dispersive X-Ray spectroscopy (SEM-EDX) e Atomic Force Microscopy (AFM). La concentrazione dell’argento nelle soluzioni donatrici e nella cuteè stata determinate mediante un Electro Thermal Atomic Absorption Spectrometer (ET-AAS) e un Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometer (ICP-MS). Tutti i tessuti analizzati contenevano AgNPs di diverse dimensioni e morfologia e, in seguito all’immersione in sudore, è stata rilevata la presenza di clusters di AgCl sulla superficie delle fibre. Le concentrazioni di argento in sudore sintetico raggiungevano tra i 21 e i 104 µg/g (w/w). Sono stati inoltre rilevati microaggregati di Ag e di AgCl sia nell’epidermide che nel derma utilizzati per l’esperimento. Le dimensioni di questi aggregati suggerisce che la loro formazione avvenga a causa di fenomeni di precipitazione proprio tra gli strati cutanei. Inoltre, il fatto che l’argento sia stato trovato anche negli strati più interni della cute vascolarizzata (derma) suggerisce la possibilità di assorbimento sistemico dell’argento permeato. Alla luce di questi risultati sarebbe quindi opportuno valutare anche l’esposizione ripetuta e prolungata nel tempo. Poiché non sono state rilevate significative differenze tra i tre materiali testati, il pigiama al nanoargento è stato selezionato per la successiva stperimentazione in vivo. I dati riguardanti l’uptake in vivo dell’argento in seguito a esposizione cutanea sono limitati, in parte a causa della mancanza di metodi analitici adeguati per la determinazione dell’argento in matrice biologica. Un ulteriore obiettivo di questa tesi è dunque lo sviluppo di un metodo analitico per la quantificazione dell’uptake in vivo su soggetti che abbiano indossato il tessuto al nanoargento. Campioni dello strato più esterno dell’epidermide (Stratum Corneum, SC) sono stati prelevati, mediante tapes adesivi, da volontari che avevano indossato il tessuto al nanoargento secondo scenari realistici. Diverse tipologie di estrazione dell’argento dai tapes adesivi sono state confrontate; le soluzioni estraenti sono state analizzate per la quantificazione dell’argento mediante ICP-MS. Il metodo descritto in questa tesi ha come limite di detezione (LOD) 2 ng di Ag per campione di SC. Il metodo permette di misurare la concentrazione di Ag a diversi spessori di SC permettendo di ricavare le cinetiche di permeazione dell’argento. La sensibilità del metodo permette inoltre di determinare la concentrazione dell’argento in ultra trace nelle urine dei soggetti prima e dopo l’esposizione cutanea (LOD=0.010 µg Ag / L in urina). Il metodo sopra descritto è stato quindi applicator per determinare l’assorbimento percutaneo in vivo in seguito a ripetuta esposizione di soggetti sani e di pazienti affetti da dermatite atopica. Inoltre, è stato valutato l’effetto infiammatorio dell’argento permeate nella cute. Soggetti sani (n=15) e pazienti affetti da una lieve forma di dermatite atopica (n=15) hanno indossato una manica di tessuto contenente il 3.6% di argento, su di un avambraccio, e, sull’altro, un tessuto placebo (senza argento) per le 8 ore notturne, per 5 giorni consecutivi. La permeazione dell’argento è stata valutata analizzando l’andamento della concentrazione in funzione della profondità di SC prelevato dall’avambraccio, dopo la prima e la quinta esposizione. Inoltre, I campioni di SC sono stati analizzati mediante SEM-EDX e AFM per valutare la presenza di aggregati o nanoparticelle di argento eventualmente penetrate. L’uptake sistemico è stato verificato determinando la conentrazione di Ag nelle urine raccolte prima e dopo i cinque giorni di esposizione. Il quadro infiammatorio è stato valutato comparando i livelli di interleuchine IL-1α e IL-1RA nella cute tra siti esposti e non esposti dopo i 5 giorni di esposizione. L’argento è stato quantificato con i metodi descritti in precedenza. Il flusso di argento attraverso lo SC al raggiungimento dello stato stazionario in soggetti sani e nei pazienti era rispettivamente di 2.3 (1.2-3.8) e 2.0 (0.8-4.1) *10-6 mg Ag/cm2/h. Sui tape strips campionati dagli avambracci esposti all’argento, sono stati trovati aggregati di argento in un ampio range dimensionale. Il SEM-EDX ha rilevato la presenza di aggregati nel range 150-2000 nm in tutti i campioni prelevati, con un numero descrescente partendo dagli strati cutanei più esterni a quelli più interni. L’AFM ha confermato la presenza di questi aggregati e ha inoltre evidenziato le differenze strutturali tra i soggetti sani e quelli affetti da dermatite atopica. Non è stato riscontrato argento nei campioni derivanti dalla cute esposta al placebo. L’EDX ha rivelato che alcuni aggregate di argento contenevano inoltre zolfo e cloro. I livelli urinari di argento non hanno subito variazioni significative in seguito all’esposizione né nei casi né nei controlli. Infine non sono state riscontrate differenze nei livelli di interleuchine in seguito all’esposizione al tessuto contenente nanoargento. La presenza di aggregati con dimensioni sub-micrometriche è probabilmente dovuta a una precipitazione in vivo di ioni argento permeati attraverso lo SC e all’ aggregazione delle nanoparticelle permeate. La presenza di zolfo negli aggregati è probabilmente dovuta alla chelazione dell’argento da parte dei tioli delle proteine nello SC. L’AFM ha inoltre mostrato la presenza di un sottile strato lipidico sulla superficie degli aggregati suggerendo una penetrazione attraverso gli spazi intercellulari. L’interazione dell’Ag con le proteine dello SC e la formazione di aggregati potrebbe facilitare la creazione di una riserva di ioni Ag+ negli starti cutanei. Gli aggregati potrebbero lentamente rilasciare Ag, rendendo l’esposizione effettiva più lunga. D’altra parte, la misura degli aggregati è troppo grande perchè possano ulteriormente diffondere e potrebbero venire rimossi dai normali processi di desquamazione; perciò la formazione degli aggregati potrebbe anche essere svantaggiosa per un ulteriore assorbimento di Ag. I dati riguardanti l’assorbimento percutaneo in vivo e l’escrezione urinaria di Ag mostrano che il quantitativo di argento assorbito per via cutanea (secondo questo scenario di esposizione) è inferiore alla dose di riferimento corrente proposta dall’ US Environmental Protection Agency (EPA). Inoltre, l’esposizione cutanea al tessuto contenente nanoargento non ah alterato il quadro infiammatorio delle citokine nella cute. In questa tesi è stata testata un’ esposizione che non supera i 5 giorni consecutivi. I dati ottenuti secondo questo scenario espositivo hanno rivelato che l’assorbimento cutaneo dopo aver indossato il tessuto in esame è basso e non dovrebbe realisticamente portare a tossicità a livello sistemico. D’altra parte questi risultati evidenziano la necessità di valutare sia gli effetti sistemici in seguito a un’esposizione più prolongata nel tempo, soprattutto in soggetti con cute danneggiata, sia il destino nel tempo delle forme di argento trattenute nella cute.
XXVII Ciclo
1985
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Beltramo, Dario. "Palytoxin and Okadaic acid as seafood contaminants: risk caracterization." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10374.

Full text
Abstract:
2012/2013
The increasing distribution of marine microalgae which may produce toxins poses concern on their possible accumulation in seafood, with possible toxic effects in humans after its consumption. Also in the Mediterranean Sea, microalgae producing okadaic acid (OA) and its analogues, the main diarrheic toxins contaminating edible shellfish, were frequently detected since several years. In addition, blooms of potentially toxic microalgae belonging to Ostreopsis genus, producing palytoxins (PLTXs), were also reported in the recent years. Simultaneously, PLTX and its analogue ovatoxin-a were identified in microalgal, shellfish and echinoderm samples. This phenomenon could represent a risk for human health since food borne intoxications, including some lethal cases, attributed to the consumption of seafood contaminated by palytoxin-like compounds, were reported in tropical areas. Furthermore, co-presence of microalgae producing OA and PLTXs and the possible consequent seafood contamination lead to consider the problem of toxic effects in humans due to a simultaneous exposure to both the toxins, which could induce synergistic effects. Thus, the aim of this study was to investigate the acute and short-term oral toxicity in mice by co-exposure to palytoxin and okadaic acid, in comparison to that of each single toxin. In particular, its aim is to identify not only the main toxic effects and the target organs, but also a NOAEL (No Observed Adverse Effect Level), useful in the assessment of subchronic toxicological risk, a situation that most likely corresponds to the toxin exposure by humans. The studies were carried out using female CD-1 mice (18-20 g body weight, 4 weeks old; Harlan Laboratories; S. Pietro al Natisone, Udine, Italy). All experiments were carried out at the University of Trieste, Italy in compliance with the Italian Decree n. 116/1992 as well as the EU Directive 2010/63/EU and the European Convention ETS 123. Initially, the effects of the acute oral administration of palytoxin (30, 90 and 270 g/kg) combined to OA (370 g/kg) were studied in comparison to those of the same doses of the single toxins. After gavage administration of the toxin or vehicle (phosphate buffered saline, containing 1.8 % ethanol; controls) to groups of 8 mice, the animals were monitored for 24 h (5 mice/dose) or 14 days (3 mice/dose) for symptoms. Aftr death or sacrifice, they were submitted to necropsy, taking also blood samples for hematochemical analysis and the main organs and tissues for the histological analysis by light microscopy. Within 24 h from the administration, toxic effects and lethality were recorded only in mice administered with the higher doses of PLTX (90 or 270 g/kg), alone or in combination with OA (370 g/kg). In addition, lethality was recorded only at the highest PLTX dose alone or combined with OA. The signs and symptoms recorded in mice (scratching, piloerection, abdominal swelling, ataxia, paralysis of the hind limbs, dyspnoea) were slightly more pronounced in mice administered with both the toxins with respect to those recorded in mice administered with PLTX alone. At 24 h from PLTX administration (90 or 270 g/kg), alone or with OA, necropsy showed redness and fluid accumulation in the small intestine and an increased liver weight, whereas histological analysis showed changes at the forestomach (slight ulcers and inflammation) and liver (reduced glycogen content). During the whole observation period, mice treated with the higher doses of PLTX, also combined with OA, showed a reduced body weight and food consumption, while no toxic effects were recorded after 14 days from the administration. Thus, the study showed a slight additive effect between PLTX and OA after acute oral administration, estimating a NOAEL of 30 g/kg for PLTX and 370 g/kg for OA in combination or as single toxins. Due to the lack of toxicity data on PLTX after repeated oral administration, a toxicity study on the toxin alone after its daily administration for 7 days was carried out. The toxin was administered to groups of 6 or 8 mice at four doses (3, 30, 90 or 180 g/kg/day) and the animals were observed up to 24 h after the last treatment or, for subgroups of 3 mice, up to 14 days. The toxin induced lethal and/or toxic effects at the dose of 30 g/kg/day and above, starting from the third day of treatment; some mice died also during the recovery period after the toxin administration. At these doses, a significant reduction of body weight, abdominal swelling, chromodacryorrhea, piloerection, dyspnoea, sedation and/or paralysis of the hind limbs were recorded during the treatment period. Necropsy revealed gastrointestinal changes (gastric ulcers and intestinal fluid) in mice died during the treatment period, while histological analysis showed lung inflammation, locally associated with necrosis, hypereosinophilia and separation of myocardial fibers and liver changes (reduced glycogen content and necrosis at the highest dose). These data allowed an estimation of a provisional NOAEL corresponding to 3 g/kg/day, with the evidence of a steep dose-response relationship. The last step of the research included the study of the toxic effects in mice induced by 7days oral administration of PLTX (3 and 10 g/kg/day) and OA (185 g/kg/day) association. Both the doses of PLTX combined to OA induced lethal effects, with signs or symptoms including scratching, dyspnoea, paralysis of the hind limbs and body weight loss. At 24 h from the last treatment, necropsy showed also the presence of fluid in the small intestine of mice administered with the highest dose of PLTX combined to OA, accompanied with a decreased liver weight. An effect on the liver was also evidenced by the increased transaminases serum levels and, in one mouse, by slight foci of necrosis, associated to thymus atrophy. On the contrary, no toxic effects were recorded after 14 days from the treatment, with the exception of a decreased body weight in mice administered with both PLTX doses combined to OA. Therefore, the study showed a slight potentiation of the toxic effects by the repeated oral co-exposure to PLTX and OA, which induced lethal and/or toxic effects that were not recorded after the administration of the single toxins. The overall results highlighted that the concomitant presence of palytoxin and okadaic acid, even if chemically different, could increase their toxicity profile and latent effects. Although no clearly evident synergic or additive effects were observed, they cannot be ruled out. The next steps would include a confirmatory study in a larger group of animals followed by a 14- and 28 day repeat dose study. Additional studies which may be useful in evaluating ‘true’ and realistic conditions of intoxications which should also include animal studies aimed to investigate the impact of age and of impairment of the gastrointestinal tract on the toxicity of seafood toxins. In addition, they should consider that the amount of contaminated seafood reported in the existing guidelines does not always represent the true amount ingested by the consumers, underlining the importance of assessing the exposure to low doses of toxins as done in these studies.
La crescente frequenza di proliferazioni di microalghe marine in grado di produrre tossine, pone il problema dell’accumulo di tali composti nei prodotti ittici, con possibili effetti tossici per l’uomo in seguito al loro consumo. Anche nel mare Mediterraneo, da anni viene rilevata la presenza di microalghe produttrici di acido okadaico (AO) e suoi analoghi, tossine diarroiche che possono contaminare i molluschi destinati all’alimentazione. Recentemente, si sono anche verificate anche proliferazioni di microalghe appartenenti al genere Ostreopsis, produttrici di palitossine). Contemporaneamente, nei campioni di microalghe, di molluschi ed echinodermi sono state rilevate la palitossina (PLTX) ed un suo analogo, l’ovatossina-a. Ciò pone il problema del rischio per l’uomo, poichè in aree tropicali sono state riportate intossicazioni alimentari, anche letali, attribuite all’assunzione di prodotti ittici contaminati da composti palitossino-simili. Inoltre, La co-presenza di alghe produttrici di palitossine e acido okadaico o loro analoghi, comporta una possibile contaminazione dei prodotti ittici, con effetti tossici nell’uomo conseguenti ad una co-esposizione ad entrambe le tossine e possibili effetti sinergici. Lo scopo della mia ricerca è stato pertanto quello di studiare la tossicità nel topo, acuta e a breve termine, conseguente alla co-esposizione orale alla palitossina e acido okadaico, in confronto a quella delle singole tossine, al fine di individuare gli effetti tossici principali e gli organi bersaglio, ma anche anche un NOAEL (No Observed Adverse Effect Level), da utilizzare per la valutazione del rischio subcronico, verosimilmente lo scenario più rispondente all’esposizione umana. Gli studi sono stati condotti su topi CD-1 di sesso femminile (18-20 g di peso corporeo, 4 settimane; Harlan Laboratories; S. Pietro al Natisone, Udine, Italia). Tutti gli esperimenti sono stati condotti presso l'Università di Trieste in conformità con il Decreto Italiano n. 116/1992, nonché la Direttiva 2010/63/UE dell'UE e la Convenzione europea ETS 123. Inizialmente, sono stati studiati gli effetti indotti dalla somministrazione acuta della palitossina (30, 90 e 270 µg/kg) in associazione con l’acido okadaico (370 µg/kg), rispetto a quelli indotti dalle stesse dosi delle singole tossine. In seguito alla somministrazione intragastrica delle tossine o del veicolo (soluzione salina tamponata con fosfato contenente l’1.8 % di etanolo; controlli) a gruppi di 8 topi, gli animali sono stati monitorati per 24 ore (5 topi/dose) o 14 giorni (3 topi/dose), registrando i sintomi e la sopravvivenza. Dopo il decesso o il sacrificio, è stato effettuato l’esame necroscopico, prelevando campioni ematici per l’analisi ematochimica ed i principali organi e tessuti per l’analisi istologica al microscopio ottico. Entro 24 ore dalla somministrazione, solo nei topi trattati con PLTX alle dosi maggiori (90 o 270 g/kg), singolarmente o con AO (370 g/kg), sono stati rilevati effetti tossici anche letali (letalità: 2/5 topi, in ogni gruppo). In seguito, effetti letali si sono verificati solo alla dose più alta di PLTX, singolarmente (1/3 topi, giorno 9) o con AO (2/3 topi, giorni 4 e 5). I sintomi ed i segni di tossicità (“scratching”, piloerezione, gonfiore addominale, atassia, paralisi agli arti inferiori e dispnea) erano lievemente più intensi nei topi trattati con entrambe le tossine rispetto a quelli dei topi trattati con la sola PLTX. Entro 24 ore dalla somministrazione della PLTX (90 o 270 g/kg), da sola o con l’AO, l’esame necroscopico ha rivelato arrossamento ed accumulo di liquido nell’intestino tenue ed un aumento ponderale del fegato, mentre l’analisi istologica ha evidenziato alterazioni gastriche (lievi ulcerazioni ed infiammazione allo stomaco non ghiandolare) ed epatiche (riduzione di glicogeno negli epatociti). Durante tutto il periodo di osservazione, nei topi trattati con le dosi più alte di PLTX, anche in combinazione con l’AO, sono stati inoltre rilevati un lieve calo del peso corporeo ed una lieve riduzione del consumo di cibo. Negli animali sopravvissuti fino a 14 giorni dal trattamento non sono state invece osservate alterazioni di rilievo. Lo studio ha così evidenziato un lieve effetto additivo tra PLTX ed AO dopo somministrazione acuta per via orale, stimando dei valori di NOAEL pari a 30 g/kg per la PLTX e 370 g/kg per l’AO, singolarmente o in combinazione. Vista la mancanza di studi di tossicità della PLTX dopo ripetute somministrazioni orali, prima di valutare gli effetti della sua somministrazione ripetuta con l’AO, è stato condotto uno studio di tossicità ripetuta sulla sola PLTX. Questa è stata somministrata a gruppi di 6 o 8 topi, una volta al giorno per 7 giorni, a quattro dosi (3, 30, 90 e 180 µg/kg/die). Gli animali sono stai osservati fino a 24 ore dall’ultimo trattamento e, sottogruppi di 3 topi, fino a 14 giorni. Il trattamento ha causato effetti letali e/o tossicità a partire dalla dose di 30 μg/kg/die, dal terzo giorno e, in alcuni casi, il decesso si è verificato durante il periodo di “recovery” in assenza di trattamento, indicando che gli effetti non sono totalmente reversibili. A tali dosi, durante il trattamento sono stati rilevati un significativo calo del peso corporeo, gonfiore addominale, cromodacriorrea, piloerezione, dispnea, sedazione e/o paralisi agli arti posteriori. Alterazioni macroscopiche gastrointestinali (ulcere gastriche e presenza di fluido intestinale) sono stati osservati nei topi morti durante il periodo di trattamento, mentre l’analisi istologica ha rilevato un’infiammazione polmonare, localmente associata a necrosi, iper-eosinofilia e separazione delle fibre nel miocardio ed alterazioni epatiche (ridotto contenuto in glicogeno e necrosi alla dose maggiore). Dai dati ottenuti è stato possibile calcolare un NOAEL “provvisorio” pari a 3 μg/kg/die, indicando una relazione dose-effetto piuttosto ripida. Sono stati quindi studiati gli effetti di 7 giorni di somministrazione con PLTX (3 e 10 g/kg/die) ed AO (185 g/kg/die), osservando che entrambe le dosi di PLTX associate con l’AO hanno causato effetti letali (1/8 topi a 3 g/kg/die ed 1/8 a 10 g /kg/die di PLTX in combinazione con l’AO/kg, nei giorni 7 e 8). Negli stessi gruppi, durante il periodo di trattamento gli animali avevano manifestato “scratching”, dispnea, paralisi agli arti posteriori e calo del peso corporeo. A 24 ore dall’ultimo trattamento, l’analisi necroscopica ha inoltre rivelato un accumulo di fluido nell’intestino tenue dei topi trattati con la dose maggiore di PLTX ed AO, accompagnato da un significativo calo ponderale del fegato. Un effetto a livello epatico è stato evidenziato anche da un incremento delle transaminasi sieriche e, in un topo, da lievi focolai di necrosi epatica, accompagnata da atrofia del timo. A 14 giorni dalla fine del trattamento non sono state invece rilevate significative alterazioni, eccetto un calo del peso corporeo degli animali trattati con l’associazione di AO e PLTX ad entrambe le dosi. Lo studio ha pertanto rivelato un potenziamento della tossicità da co-esposizione orale di PLTX ed AO, in grado di determinare effetti letali ed alterazioni non rilevabili dopo somministrazione delle singole tossine. I risultati complessivi hanno evidenziato che la presenza concomitante delle due tossine, benchè chimicamente differenti, potrebbe aumentare il loro profilo di tossicità esercitanto effetti latenti; anche se non sono stati osservati chiari effetti sinergici o additivi, questi non possono essere completamente esclusi. La caratterizzazione del rischio dovrebbe progredire con studi aventi un gruppo più ampio di animali ed un trattamento prolungato a 14/28 giorni ed oltre. Questi studi, mimando le condizioni alle quali avvengono le intossicazioni umane dovranno includere specifiche valutazioni volte ad indagare l'impatto del fattore età, del deterioramento del tratto gastrointestinale, della variabilità inter-individuale nonchè la possibile attività mutagena delle tossine. Inoltre, l’attuale legislazione dovrebbe essere rivista alla luce della reale quantità ingerita di molluschi da parte dei consumatori, sottolineando l'importanza della valutazione di dosi che producano intossicazioni non clinicamente evidenziabili, come effettuato in questi studi.
XXVI Ciclo
1978
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19

Fiorentino, Simona Maria. "STRUCTURAL CHARACTERIZATION OF POLYMERIC MATRICES FOR BIOMEDICAL APPLICATIONS." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11118.

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Abstract:
2013/2014
L’obiettivo finale di questa tesi di dottorato è la determinazione di alcune importanti micro e nano caratteristiche strutturali di matrici polimeriche destinate ad applicazioni biomedicali. In particolare, la nostra attenzione si è focalizzata sull’applicazione della Risonanza Magnetica Nucleare a basso campo (LF-NMR), una metodica non distruttiva utilizzata, in particolar modo, nel campo alimentare per la caratterizzazione di sistemi porosi e non. La prima parte di questo lavoro è stata dedicata allo studio di un sistema omogeneo costituito da alginato e pluronico F127. In particolare, grazie alla combinazione della risonanza magnetica ad alto e basso campo, della reologia e del microscopio elettronico a trasmissione (TEM) è stato possibile capire le caratteristiche strutturali di queste matrici, utilizzate al fine di prevenire la restenosi coronarica. La seconda parte del lavoro è stata dedicata allo studio di sistemi porosi, principalmente utilizzati come scaffold per la medicina rigenerativa e l’ingegneria tissutale. Infatti, la risonanza magnetica nucleare a basso campo è in grado di fornire informazioni sulla dimensione media dei pori, un fattore chiave per la crescita cellulare. Infatti, affinchè le cellule possano crescere all’interno di una matrice polimerica, i pori devono avere delle opportune dimensioni (intorno ai 100 m in diametro). Al fine di verificare la robustezza e affidabilità di questa tecnica, sono stati considerati diversi sistemi: a) green coffee seads, b) gomme stirene/butadiene, c) gel di acido acrilico e cellulosa batterica. Una volta che l'affidabilità del metodo NMR a basso campo è stato definitivamente dimostrato, l'attenzione si è spostata sui sistemi, dal punto di vista biomedico, più interessanti. In particolare, sono state considerati due differenti tipologie di scaffold: a) alginato / idrossiapatite scaffold e b) Poly Left Lactide (PLLA) scaffold. Le prove effettuate sugli scaffold che hanno dato esito positivo sono l’ulteriore conferma della validità della tecnica. Lo studio della proliferazione cellulare all’interno della struttura sembra fattibile ed estremamente interessante, in quanto per la natura non distruttiva dell’analisi sarà probabilmente possibile seguire passo passo la crescita delle cellule nello stesso campione di scaffold a tempi crescenti. Pertanto a conclusione di questo lavoro si può ragionevolmente asserire che l’NMR è uno strumento molto affidabile e che le tecniche da noi riportate sono valide sia per i risultati ottenuti (coerenti a quelli ottenuti con altre tecniche analitiche), sia per la facilità di applicazione a molteplici materiali. Si auspica pertanto che la diffusione nel mondo scientifico e industriale della macchina NMR negli anni a venire sia celere e capillare.
XXVII Ciclo
1984
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20

Zamolo, Valeria Anna. "Novel nanostructures for biosensing and drug delivery." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4575.

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Abstract:
2009/2010
Le nanotecnologie sono descrivibili come lo studio della manipolazione della materia con precisione atomica e molecolare, generalmente circoscrivibile a strutture di dimensione compresa tra 1 e 100 nanometri. Questo settore è molto vario e spazia dall’estensione della fisica convenzionale applicata all’ideazione di nuovi approcci basati sull’auto-assemblamento di molecole. Per questo motivo le nanotecnologie sono in continuo ampliamento e possono vantare applicazioni nei più svariati settori, come la medicina, lo sviluppo di nuovi biomateriali e l’elettronica. In questo lavoro di tesi riporterò degli esempi di come le nanotecnologie siano state impiegate nella progettazione di sistemi innovativi per la rilevazione di biomolecole o per il rilascio controllato di farmaci. La principale parte del lavoro svolto concerne la realizzazione di un biosensore basato sull’impiego di nanotubi di carbonio, per il rilevamento della palitossina. La nascita del progetto deriva dalla diffusione di un particolare tipo di microalga nel Mediterraneo e nelle coste italiane, comprese quelle del Friuli-Venezia-Giulia, produttrice di palitossina duranti i periodi di fioritura. Questa tossina marina è caratterizzata da una forte tossicità e ha infatti registrato numerosi casi di ricovero ospedaliero in bagnanti esposti all’aerosol contaminato durante attività ricreative balneari. Dal momento che il biosensore è concepito per raggiungere la massima sensibilità possibile, immunochimica ed elettrochemiluminescenza sono state combinate in un sistema ibrido che soddisfacesse questo requisito: la capacità unica degli anticorpi di legare specificamente il loro antigene, insieme all’eccellente sensibilità ottenibile dai trasduttori basati sul rilevamento della luminescenza, rappresenta il punto chiave per poter rilevare quantità di analita nel range del picogrammo. Al fine di ottimizzare riconoscimento tra anticorpo e antigene e segnale di risposta del biosensore, occorre avere a disposizione un elemento che predisponga al meglio la comunicazione tra elementi biologici e componenti elettrochimiche del sistema. I nanotubi di carbonio sono ottimi candidati per questo scopo, in virtù delle loro peculiari caratteristiche, come l’alto rapporto area superficiale-peso e la versatilità nella funzionalizzazione, che li rendono particolarmente adatti per il legame con bio-macromolecole, come gli anticorpi. I nanotubi di carbonio sono stati funzionalizzati per predisporre al meglio il legame con l’anticorpo anti-palitossina e successivamente sono stati legati covalentemente a un elettrodo di ITO. Un immuno-sandwich è stato costruito sull’elettrodo aggiungendo la tossina, seguita da un anticorpo secondario legato a un’etichetta fosforescente. Il fluoroforo è stato eccitato indirettamente tramite l’applicazione di uno specifico potenziale all’elettrodo al fine di ottenere l’emissione di luce. Dal momento che la luminescenza ottenuta è proporzionale alla quantità di tossina riconosciuta dall’anticorpo, la rilevazione quantitativa della palitossina è possibile tramite la costruzione di una retta di calibrazione. La seconda parte del lavoro è riportata nell’ultima sezione della tesi e riguarda la realizzazione di matrici di silicio poroso (PSi) per il rilascio controllato di farmaci. L’idea è quella si sfruttare le proprietà peculiari di questo materiale, come la vasta area superficiale, la biocompatibilità e la possibilità di essere monitorato in-vivo, per il trasporto di farmaci all’interno del corpo umano. Inoltre, il PSi presenta una particolare cinetica dissolutiva in condizioni fisiologiche simulate, proporzionale alla basicità della soluzione tampone. Questa caratteristica aggiuntiva è di grande interesse per il trasporto di quei farmaci che, facilmente solubili a pH gastrico, risultano poco assorbiti a livello intestinale. Campioni di silicio poroso con diverse porosità sono stati fabbricati attraverso un processo elettrochimico, funzionalizzati e dissolti in diversi tamponi fisiologici, al fine di identificare il candidato migliore per le prove di caricamento del farmaco. Il caricamento del principio attivo è avvenuto attraverso l’impiego della CO2 supercritica e le matrici sono state infine caratterizzate tramite calorimetria differenziale a scansione. Entrambi i nano-sistemi investigati hanno prodotto risultati interessanti, specialmente dal punto di vista della riproducibilità e dell’attendibilità dei dati.
Nanotechnology is the study of manipulating matter on an atomic and molecular scale, generally dealing with structures sized between 1 to 100 nanometre. Nanotechnology is very diverse, ranging from extensions of conventional device physics to completely new approaches based upon molecular self-assembly. It represent a fast-growing research field, due to the potential applications in a wide range of domains, such as in medicine, biomaterials and electronics. In this thesis I will give you some examples of how nanotechnologies have been exploited to the development of novel systems for biosensing and drug delivery. The main part of the thesis work is focused on the realization of a carbon nanotubes (CNTs)-based biosensor for palytoxin detection. The necessity to develop the sensing device arises from the diffusion of particular microseaweeds in the Italian coasts, Friuli-Venezia-Giulia included, producing palytoxins during bloom events. This marine toxin present remarkable toxicity and has already recorded several cases of hospitalization cases from patients exposed to the marine aerosol. Since the biosensor is conceived in order to be as sensitive as possible, we have combined immunochemistry and electrochemiluminescence in a hybrid system. The unique capacity of antibodies to bind specifically the analyte of interest, and the excellent sensitivity afforded by luminescence-based transducers, were coupled together in order to detect analyte quantities in the range of the picogram. The crucial point in reaching this aim is arranging biological elements with an electrochemical component, in order to optimize the immuno recognition between antibody and antigene and at the same time the response signal from the biosensor. To this aim, carbon nanotubes are excellent candidates due to the high surface area-to-weight-ratio and to the versatility in functionalization, making them suitable for attachment of biomolecules such as antibodies. Carbon nanotubes functionalized with specific antibodies anti-palytoxin are covalently attached to the electrode. An immuno sandwich is build on the electrode by adding the toxin, followed by a secondary antibody labeled with a fluorophore. The fluorophore is excited at certain voltages, in order to produce an emission of light. Since luminescence produced by the label is proportional to the amount of toxin recognized by the antibody, quantitative detection of palytoxin is achievable by constructing a calibration line. The second part of the work presented in the last section of the thesis concerns the realization of porous silicon (PSi) matrix for drug delivery. The idea was to exploit the very peculiar properties exhibited by this material, such as wide superficial area, biocompatibility and in-vivo monitoring, to carry drugs inside the human body. Furthermore, PSi showed a particular dissolution behaviour in simulated physiological conditions, proportional to the basicity of the buffer solution. This additional peculiarity is of great interest for the delivery of those drugs that cannot be absorbed through the intestine since they dissolve at the acid pH of the stomach. PSi samples with different grade of porosity were fabricated through an electrochemical procedure, functionalized and dissolved in different physiological buffers, in order to identify the most suitable one for drug loading experiments. Loading with the drug was performed through supercritical CO2 and the silicon carriers characterized by differential scanning calorimetry. Both of the nano systems investigated produced very interesting results, especially concerning the reproducibility of the devices and the reliability of the results obtained.
XXIII Ciclo
1983
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21

Cipollone, Sara. "Carbon Nanotubes and Neurons:Nanotechnology Application to the Nervous System." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3523.

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Abstract:
2008/2009
I Nanotubi di Carbonio (CNT) sono una nuova forma allotropica del carbonio scoperta da Ijiima nel 1991, che li ha individuati nel materiale di scarto proveniente dalla produzione dei fullereni. Essi sono costituiti da un foglio di grafene arrotolato su se stesso a formare una struttura cilindrica chiusa alle estremità. I nanotubi di carbonio a parete singola (SWCNT) sono costituiti da un solo foglio di grafene, mentre i nanotubi di carbonio a parete multipla (MWCNT) sono formati da due o più fogli concentrici. Per via delle loro eccezionali proprietà chimico-fisiche, per esempio la forza meccanica superiore a quella di qualsiasi materiale conosciuto, la stabilità termica, la grande area superficiale, il basso peso specifico e le loro ottime proprietà di conduzione dell’elettricità; i CNT hanno trovato negli scorsi 20 anni un largo impiego nel campo delle scienze dei materiali, ma anche, alla luce della loro capacità precedentemente riportata di attraversare la membrana cellulare e della loro bassa citotossicità, nel campo della biomedicina, in applicazioni come il trasporto mirato di farmaci e la biosensoristica. In questo lavoro di tesi, si riporta l’uso dei nanotubi di carbonio in neurobiologia/neurofisiologia come substrato per lo studio dell’interazione tra cellule nervose e i nanotubi di carbonio stessi. In particolare, la loro struttura tubulare e le dimensioni nanometriche, associate con la loro conduttività elettrica e la loro biocompatibilità, li rendono un materiale ideale per l’associazione e l’integrazione con le cellule nervose, richiamandone sia la struttura che le proprietà. Questo potrebbe aprire la possibilità di usare i nanotubi di carbonio come materiale per la costruzione di nanoporotesi atte a riparare il tessuto nervoso dove danneggiato. I risultati ottenuti hanno dimostrato che cellule nervose cresciute su una superficie di nanotubi di carbonio mostrano un incremento della frequenza delle correnti sinaptiche spontanee e dei potenziali d’azione spontanei. Pù in dettaglio, i nanotubi di carbonio migliorano la risposta dei neuroni formando dei contatti molto intimi con la membrana della cellula nervosa. Questi contatti potrebbero favorire una facilità di comunicazione elettrica tra i vari compartimenti del neurone. Al fine di interpretare meglio la natura dell’interazione fisica tra le cellule nervose e i nanotubi, abbiamo sviluppato un metodo per preparare superfici di vetro funzionalizzate covalentemente con nanotubi di carbonio con una morfologia definita e riproducibile. I nanotubi di carbonio sono stati purificati e processati opportunamente tramite funzionalizzazione organica per fornirli dei gruppi funzionali necessari all’ancoraggio sulla superficie del vetro mediato da organosilani come agenti di coupling. Inoltre i nanotubi sono stati funzionalizzati mediante un peptide RGD caratterizzato dalla sequenza amminoacidica arginina-glicina-acido aspartico, una sequenza che si ritrova normalmente in vivo nelle proteine di adesione e che rappresenta un substrato tipico per la promozione dell’adesione e lo sviluppo neurale. Anche questi nanotubi biofunzionalizzati sono stati attaccati covalentemente alla superficie del vetro mediante l’uso di organo-silani. Tutte le superfici preparate sono state caratterizzate con angolo di contatto, spettroscopia FT-IR, microscopia SEM e spettroscopia XPS. L’uso di questi substrati per lo studio della crescita e del comportamento neurale dovrebbe portare ad una valutazione più precisa degli effetti che i nanotubi di carbonio hanno sulla rete neurale. Inoltre la definizione di un metodo efficiente e versatile per l’attacco covalente di nanotubi di carbonio su superfici inorganiche è di fondamentale importanza per la eventuale costruzione di superfici biocompatibili impiegabili nell’ingegneria tessutale. Tra tutte le motivazioni che rendono i nanotubi un materiale eccellente per l’integrazione con le cellule nervose riportiamo anche uno studio sistematico in vitro su reti ibride di neuroni e MWCNTs. Abbiamo ottenuto la deposizione di un film sottile di CNTs sulla superficie elettrodica dei MEA, (microelectrode arrays), che sono supporti solidi forniti di una matrice di 60 elettrodi utilizzati comunemente in neurofisiologia per la stimolazione nervosa simultanea di molti siti contemporaneamente. Utilizzando questi MEA coperti da CNT come substrati per la crescita neuronale abbiamo avuto la possibilità di esaminare a livello di comunicazione sinaptica il modo in cui i CNT e le cellule nervose interagiscono in maniera direzionale con l’emergenza dell’attività sinaptica spontanea, come precendentemente osservato a livello della singola cellula. Nell’appendice di questa tesi è riportato uno studio riguardante la funzionalizzazione di nanotubi di carbonio mediante una sonda fluorescente, e la relativa caratterizzazione dei derivati per lo studio della loro internalizzazione e distribuzione nelle cellule nervose. Risultati preliminari hanno mostrato che i CNT sono in grado di passare la membrana cellulare del neurone e si distribuiscono omogeneamente nel citoplasma ma non penetrano nel nucleo della cellula. Questo è un risultato molto importante perchè, nonostante sia stata precedentemente dimostrata la capacità dei nanotubi di attraversare la membrana cellulare, nulla ancora è stato detto a riguardo delle cellule nervose. La possibilità da parte dei nanotubi di carbonio di attraversare la membrana ematoencefalica potrebbe definire una nuova frontiera nell’uso dei CNT in neurofisiologia come sistemi di veicolazione mirata di farmaci nel sistema nervoso centrale e costituire, eventualmente, un importante strumento per le applicazioni terapeutiche riguardanti le malattie degenerative del sistema nervoso. Ulteriori sviluppi di questo studio potrebbero essere la verifica, in vivo della capacità dei CNT di attraversare la barriera ematoencefalica.
XXII Ciclo
1980
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22

Ferrario, Valerio. "Development of computational methods for the simulation of enzymes under operational conditions." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3611.

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Abstract:
2008/2009
The thesis work is about the development of new techniques in order to simulate enzymes in real operational conditions. The work is focused on the most wiedely used enzyme class: lipases. The developed techniques were also applied on a completly different enzyme in order to confirm the validity of the methodologies.
XXII Ciclo
1979
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23

Montellano, Lopez Alejandro. "Polyamidoamine dendritic fullerene derivatives for biological and material applications." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7392.

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Abstract:
2010/2011
Fullerene C60 science can been broadly divided into the study of three areas: (i) its reactivitythat permits the obtention of modified fullerene derivatives, which can typically found (ii) biological and (iii) material applications. The main goal of this thesis is the synthesis and characterization of a library of monoadducts, bisadducts and hexakisadducts of fullerene C60 containing different generations of PAMAM dendron. On this purpose we have firstly studied the functionalization of fullerene C60 by means of 1,3-dipolar cycloaddition. On this purpose, we moved from the classic conditions by employing MW irradiation as the heating source, combined with ionic liquids as the solvent phase in order to obtain remarkable differences in the reactivity and the polyaddition selectivity. In a second stage we have been dealing with the separate synthesis of four different generations of PAMAM dendron and different fulleropyrrolidine moieties including: monoadduct and five bisadducts isomers to finally attach them via amidation. We have complete this library with the employment of the Bingel-Hirsch reaction to attach twelve units of a PAMAM first generation dendron to the carbon cage to obtain a Th symmetric hexakisadduct. As a result, a variety of fullerene derivatives with an enhanced water solubility was obtained, opening the door to their utilization for biological applications. Thus, we can distinguished between those containing terminal, positive-charged amines that can be used to efficiently complex oligonucleotides and those that contains one or more terminal-free carboxylic acid that can be used as anchor points for further functionalization. Concerning to those potentially used for transfection, the broad range of examples described in this thesis will permit to examine the role of the dendron moiety, the fullerene, and the distribution of the positive charges around the fullerene sphere, as key points into the complexation and transfection processes. Furthermore, complexation studies of some of these derivatives has been performed, all of them exhibiting a high affinity towards DNA complexation, demonstrating the great potential of these derivatives for transfection. In the last part of this thesis, we have focused on the synthesis of two porphyrin-dendrofullerene dyads with or without an amide linker. Since the water solubility usually goes hand in hand with a good number of charges we have incorporated an asymmetric tryspyridilporphyrin conferring three more positive charges to the final structure, that provides an additional solubility to the final molecule. This system is of the most interest since electron transfer processes could be studied in polar media. In addition, electrostatic interactions could be further exploited with negative charged systems to build up high complex systems.
XXIV Ciclo
1985
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24

Knapic, Lorena. "Computational methods for rational screening and engineering of enzyme properties." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7388.

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Abstract:
2010/2011
State of the art computational thechniques were applied to several current research toppics in biocatalysis such as substrate promiscuity, reaction promiscuity and high throughput mutant generation and screening. The studied subjects are of great interest to industrial biocatalysis nowadays and can find large application for rational redesign of inefficient biocatalysts and fast substrate engineering and screening. The overall work can be devided into three principal areas, i.e. understanding catalytic mechanisms, description of enzyme-substrate interactions and integration of available computational methods for the development of a novel authomatized tool for enzyme engineering. In each of these areas, the goal has been to test the existing methodologies as well as the development of new descriptors and ready to use strategies.
XXIV Ciclo
1982
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25

Buzzi, Debora. "Solid-phase affinity purification of antibodies for the detection of BDNF isoforms." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8645.

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Abstract:
2011/2012
Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF), a member of the family of neurotrophins, is a key molecule involved in growth, development and modulation of the neuronal system. Due to its critical role in a large number of neuronal processes, BDNF altered functions and levels are associated strongly with many different neuropsychiatric disorders. Since quantification of PreBDNF, ProBDNF and Mature BDNF in human serum is considered a promising biomarker of neuropsychiatric diseases, the possibility to further differentiate between BDNF isoforms appears particular attractive in order to develop novel and more accurate tools for compound screening, as well as for the diagnosis and the follow-up of medical treatment of these disorders. In this Ph.D. study, a method for the purification of antibodies directly towards BDNF isoform precursors and Mature form was developed, and the specific purified antibodies were utilized in immunochemical assays, in order to study the trafficking of BDNF in neuronal cells.
XXV Ciclo
1985
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26

Martinelli, Andrea. "Studio di reazioni ed approcci sintetici innovativi per la sintesi di intermedi di interesse industriale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10128.

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Abstract:
2012/2013
In questo lavoro di tesi sono state affrontati due temi principali: la risoluzione di diastereoisomeri intermedi nella sintesi della Dorzolamide e lo studio su reazioni di addizione di Michael stereoselettive su substrati chetonici a,b-insaturi con nucleofili allo zolfo. Il primo progetto si è focalizzato sull'impiego di una risoluzione cinetica dinamica per convertire due alcoli diastereomerici in un unico prodotto acilato tramite la combinazione di una reazione di acilazione promossa da enzimi (CALB e subtilisina) ed un catalizzatore di Ru in grado di epimerizzare tra loro gli alcoli. Ulteriori studi hanno permesso di indagare maggiormente su reazioni di solvolisi sui medesimi substrati che hanno permesso di ottenere il prodotto desiderato in ottima resa chimica ed eccesso enantiomerico. Il secondo progretto si è focalizzato sull'impiego di alcuni alcaloidi della Cinchona e su corrispondenti derivati tioureidici in reazioni di Michael stereoselettive. I substrati impiegati sono stati il trans-calcone ed il 2-cicloesen-1-one; nucleofili allo solfo sono stati il benziltiolo ed il tiofenolo. I tisultati ottenuti hanno permesso di verificare l'efficacia dei catalizzatori tioureidici sulle reazioni modello studiate.
XXVI Ciclo
1984
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27

De, Zordi Nicola. "Modified release of pharmaceutical dosage forms." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7733.

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Abstract:
2010/2011
During these three years, the research was focused on the preparation of pharmaceutical solid oral dosage forms with the aim to improve the dissolution behaviors and bioavailability of poor soluble drugs, or preparing sustained release systems for water-soluble drugs. In order to improve the bioavailability of poor soluble drugs, we adopted two strategies: 1) the micronization of the drug to increase their surface area, 2) preparing solid dispersions (SDs) using hydrophilic carrier. As known in the SDs the drug is dispersed or solubilized in an inert excipient or matrix where the active ingredient could exist in finely crystalline or amorphous state. When the system is exposed to aqueous media, the carrier dissolved and the drug is released as a very fine colloidal particles. This greatly reduction in particles size and the following surface area increase, results in an improvement of the dissolution rate. In addition to bioavailability enhancement, SDs systems were also directed towards the development of extender-release dosage forms using lipophilic carriers. For both the formulative approaches, we investigated the application of microwave (MW) and supercritical fluids (SCF) as preparative methods. In particular, MW ware employed for the preparation of solid dispersion either for immediate or sustained release of drugs, while SCF were investigated for the micronization and preparation of solid with the aim to prepare immediate release systems. Moreover, were investigated the thermodynamic aspect involved in the drug processing developing mathematical approaches able to predict the best operative conditions. Beside the preparation of these systems the physicochemical characterization of the compounds were investigated in order to understand the influence of the above technologies on the solid state of the materials. The goal of these behaviors was investigated trough the dissolution profile. From the obtained results these two technologies can be considered innovative and promising way to design particles.
XXIV Ciclo
1983
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28

Kulisic, Niksa. "Heteroacenes as potential materials for molecular electronics." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3609.

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Abstract:
2008/2009
In this thesis, different strategies for obtaining azaacenes suitable for solution-based processing techniques have been investigated and developed. The first synthetic approach involved the condensation of commercially available compounds which include the diamines 2,3-diaminobenzene, 2,3-diaminonaphtalene and 2,3-diaminophenazine and the bromoanilic acid and embelin. This synthetic route yielded a series of dihydroazaacenes with 5 and 7 fused aromatic rings. The low overall solubility of this azaacenes did not permit an extensive characterization of the compounds. A second synthetic approach was developed to investigate both C-N exchange and lateral expansion of the π-conjugation. Through this approach a tetraazaoctacene derivative was obtained and characterized. However it lacked of solubility necessary for being compatible with solution-processing techniques. A third strategy was based on the introduction of solubilizing groups on such extended tetraazaoctacene core. While the di-substitution did not render the azaoctacene soluble in neutral media, tetra-substitution yielded a derivative with enhanced solubility in neutral solvent.
1981
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
29

Sinigoi, Loris. "Enzymes as catalysts in polymer chemistry." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4568.

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Abstract:
2009/2010
The use of enzymes in synthetic chemistry is attracting the interest of many researchers thanks to their extraordinary efficiency under mild conditions, high stereo- regio- and chemoselectivity and low environmental impact. Their application in the field of polymer chemistry has provided new synthetic strategies for useful polymers. The advantages coming from the use of enzymes are mainly: i) the possibility to synthesize polymers with novel properties and difficult to produce by conventional chemical catalysts; ii) the improvement of the synthetic processes in terms of sustainability, for instance by avoiding toxic catalysts. In particular hydrolases have demonstrated to be efficient catalysts in the development of highly structured polyesters with low polydispersity characterized by the presence of different functionalisations. Although generally the enzymatic processes lead to the formation of oligomers of limited Mn, these can be successively chemically polymerized to synthesize new innovative products with high Mn. Hydrolases enzymes offer also a great opportunity for using non-petrochemical renewable resources as starting substrates thus contributing to global sustainability of polymerization processes. Also oxidases have proven to be efficient catalysts in polymer chemistry thanks to their capability to catalyze oxidation of phenolic groups. This radicalic reaction can be exploited either for: i) degrading lignin; ii) functionalizing lignin phenolic moieties thus improving their chemical and physical properties; iii) polymerize phenol derivatives or phenol based oligomers. Unfortunately, the use of enzymes in polymer chemistry on industrial scale is still hindered by many factors among which the most significant are: i) the instability of many commercial immobilized preparations under process conditions, ii) the high costs of both the biocatalyst and the monomers from renewable resources and iii) the limited availability of information concerning the main factors which affect the scalability and the industrialization of this kind of enzymatic processes. At this regard, the work described in Chapter 2 of the thesis exploits the catalytic potential of lipase B from Candida antarctica in polymerization processes. In collaboration with the group of Professor Karl Hult (KTH “Royal Institute of Technology”, Stockholm) a new synthetic route for the enzymatic synthesis of new innovative highly structured allyl functionalized polyester of industrial interest has been developed. Finally, products obtained have been efficiently employed in thiol-ene chemistry for films production. Chapter 3 deals with the synthesis of functionalized polyesters starting from renewable feedstock which can be employed as new starting materials for the production of surfactants for cosmetic and pharma industry. Continuing on the study of lipase catalyzed polyester synthesis, in Chapter 4 particular attention has been given to the feasibility of the biocatalysed technology at industrial level, namely addressing the problem of biocatalyst’s stability and formulation. In particular a highly stable covalently immobilized preparation of CALB, developed in collaboration with SPRIN Technologies, has been exploited for the synthesis of polyesters demonstrating the advantages coming from covalent immobilization over the other commercially available CALB adsorbed preparations, namely higher recyclability and absence of enzyme leaching. On this respect, one-step and multistep processes for the synthesis of polyesters employing adipic acid and 1,4-butanediol have been the subject of a deep investigation. A comparative analysis describes the effect of enzyme leaching from adsorbed preparations during polycondensation reactions evidencing meanwhile the stability of the covalent enzymatic preparation under harsh conditions. Within the context of this study characterization of the synthesized polymers has been feasible thanks to the collaboration with the group of Dr. Mario Malinconico at the “Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri” ICTP-CNR, Pozzuoli (NA). Moreover, a new methodology for polymer characterization which integrates DOSY NMR and GROMACS simulation techniques has been developed in collaboration with CBM (“Cluster in Biomedicine”, Area Science Park, Trieste). The obtained results open new perspectives for the study of polymer behavior in specific media. The final part of the work (Chapter 5) focuses on the potential applicability of laccases under non-conventional conditions, thus exploring new routes for more efficient lignin degradation. The most important obstacle to technological and commercial application of laccases is the limited number of enzymes readily available for industrial applications. At this regard, thanks to the collaboration with the group of Prof. Ludmila Golovleva (Institute of Biochemistry and Physiology of Microorganisms, “Russian Academy of Science”, Puschino, Russia), we have studied the stability and activity of three different fungal laccases in the conditions of interest for lignin processing, namely in organic/buffer mixtures and under microwaves radiation. The proof of concept for the application of the considered laccases in lignin valorization has been demonstrated assessing lignin over laccases mediated oxidation in organic/buffer mixtures media. Moreover, a laccase endowed with remarkable higher stability as compared to the other tested has been identified. The enzyme is currently under study for understanding the structural basis of its stability. In conclusion, the work of this thesis demonstrates that the lipase catalyzed synthesis of polyesters is a mature technology ready to be employed at industrial scale for those specific applications where the chemical properties of products or the sustainability of the process represent crucial issues in the classical chemical processes. Moreover, the new properties of the immobilized lipase employed in the present study induce to believe that the problem of biocatalyst stability and recyclability has been finally overcome. Concerning the application of laccases, the valorization of lignin in terms of production of bio-based chemicals is still a very new field of research, although it is expected to become one of the major topics for the future development of the “Sustainable Chemistry”.1 The present study intends to be a contribution for the identification of suitable biocatalysts and more efficient conditions for the degradation and modification of one of the most abundant biopolymers in Nature. The high stability of the laccase here reported induces to pursue in their characterization under non-conventional reaction conditions on different types of lignin. 1 J. E. Holladay, J. J. Bozell, J. F. White, D. Johnson, “Top Value-Added Chemicals from Biomass”, 2007, U.S. Department of Energy.(http://www1.eere.energy.gov/biomass/pdfs/pnnl-16983.pdf).
L'impiego di enzimi nella chimica di sintesi sta attirando l'interesse di molti ricercatori, ciò è dovuto in particolare alla loro straordinaria efficienza in condizioni di reazione blande, alla loro elevata stereo-, regio- e chemoselettività e al loro basso impatto ambientale. L’ applicazione di biocatalizzatori nel campo della chimica dei polimeri ha fornito nuove strategie sintetiche per lo sviluppo di materiali innovativi. I principali vantaggi derivanti dall'impiego di enzimi sono: i) la possibilità di sintetizzare polimeri con nuove proprietà e difficili da ottenere mediante processi chimici convenzionali ed ii) il miglioramento dei processi di sintesi in termini di sostenibilità ambientale evitando l’impiego di catalizzatori tossici. Le idrolasi in particolare hanno dimostrato di essere catalizzatori efficienti per lo sviluppo di poliesteri altamente strutturati e a bassa polidispersità, caratterizzati inoltre dalla presenza di varie funzionalizzazioni chimiche terminali. Anche se generalmente i processi enzimatici portano alla formazione di oligomeri a basso peso molecolare, questi possono essere successivamente polimerizzati chimicamente per formare nuovi prodotti innovativi ad alto Mn. Le idrolasi offrono inoltre l’opportunità di impiegare monomeri provenienti da risorse rinnovabili contribuendo così alla sostenibilità ambientale dei processi di polimerizzazione. Anche le ossidasi hanno dimostrato di essere catalizzatori efficienti e facilmente impiegabili nella chimica dei polimeri grazie alla loro capacità di catalizzare l'ossidazione radicalica di gruppi fenolici. Queste reazioni radicaliche possono trovare diverse applicazioni come ad esempio: i) nella degradazione della lignina; ii) nella funzionalizzazione dei gruppi fenolici della lignina che consentano di migliorarne le proprietà chimiche e fisiche; iii) nella polimerizzazione di derivati fenolici o di oligomeri a base di fenolo. Sfortunatamente, l'impiego di enzimi su scala industriale è ancora ostacolato da una serie di fattori tra i quali i più significativi sono: i) l'instabilità delle preparazioni enzimatiche commercialmente disponibili nelle condizioni di processo, ii) gli alti costi del biocatalizzatore e dei monomeri provenienti da risorse rinnovabili e iii) la limitata disponibilità di informazioni riguardanti i principali fattori che influenzano la scalabilità e l'industrializzazione di questo tipo di processi enzimatici. A questo proposito, il lavoro descritto nel capitolo 2 di questa tesi sfrutta le potenzialità catalitiche della lipasi B da Candida antarctica nei processi di polimerizzazione. In particolare è stata sviluppata, in collaborazione con il gruppo del prof. Karl Hult (KTH “Royal Institute of Technology”, Stoccolma), una nuova via sintetica biocatalizzata per la produzione di poliesteri innovativi altamente strutturati recanti funzionalizzazione allilica, che trovano ampia applicabilità industriale. I prodotti così ottenuti sono stati successivamente impiegati con successo nella chimica dei tioleni per la produzione di films. Il capitolo 3 è invece dedicato alla sintesi di poliesteri funzionalizzati a partire da materie prime rinnovabili; i prodotti così sviluppati trovano potenziale applicazione come tensioattivi per l'industria cosmetica e farmaceutica. Proseguendo lo studio della sintesi biocatalizzata di poliesteri, nel capitolo 4 particolare attenzione è stata data alla fattibilità dei processi biocatalizzati a livello industriale affrontando il problema della stabilità del biocatalizzatore. In particolare, una preparazione di CALB immobilizzata covalentemente su supporti polimerici, sviluppata in collaborazione con SPRIN Technologies, è stata impiegata nella sintesi di poliesteri dimostrando i vantaggi dovuti all’ immobilizzazione covalente rispetto alle altre preparazioni adsorbite commercialmente disponibili, ovvero l’elevata riciclabilità del biocatalizzatore e la mancanza di rilascio di enzima nel prodotto finale. A tal proposito, la sintesi one-step e multistep di poliesteri a partire da acido adipico e 1,4-butandiolo è stata oggetto di una profonda indagine. Il lavoro riporta un' analisi comparativa che descrive l'effetto del rilascio dell’ enzima durante le reazioni di policondensazione evidenziando nel contempo la straordinaria stabilità della preparazione enzimatica covalente. La caratterizzazione dei polimeri così ottenuti è stata possibile grazie alla preziosa collaborazione con il gruppo del Dott. Mario Malinconico (Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri "ICTP-CNR, Pozzuoli (NA)). Al termine del capitolo 4 è stata sviluppata, in collaborazione con CBM ("Cluster in Biomedicine", Area Science Park, Trieste), una nuova metodologia per la caratterizzazione dei polimeri che integra DOSY NMR e tecniche di simulazione GROMACS. I risultati ottenuti da questo lavoro aprono nuove prospettive per lo studio del comportamento dei polimeri in solventi organici. La parte finale del lavoro di tesi (capitolo 5) si concentra sull’ applicabilità di laccasi in condizioni non convenzionali, esplorando nuove vie per i processi di degradazione della lignina. Il principale ostacolo nell’impiego tecnologico delle laccasi su scala industriale è il limitato numero di enzimi commercialmente disponibili per tali applicazioni. A questo proposito, grazie alla collaborazione con il gruppo della Prof.ssa Ludmila Golovleva (Istituto di Biochimica e Fisiologia dei Microorganismi, "Russian Academy of Science", Puschino, Russia), è stato possibile studiare la stabilità e l'attività di tre diverse laccasi fungine nelle condizioni di interesse per la trasformazione della lignina, vale a dire in miscele di solvente organico e sotto irradiazione di microonde. L’applicabilità delle laccasi considerate nella valorizzazione della lignina è stata dimostrata valutando l’ ossidazione della lignina nelle condizioni di interesse. E’stata quindi identificata una laccasi caratterizzata da una stabilità particolarmente elevata, l' enzima è attualmente in studio per la comprensione delle basi strutturali che gli conferiscono tali caratteristiche. In conclusione, questo lavoro di tesi dimostra che la sintesi di poliesteri CALB catalizzata è una tecnologia matura, pronta per essere impiegata su scala industriale laddove le proprietà chimiche dei prodotti o la sostenibilità ambientale del processo rappresentano ostacoli non sormontabili impiegando le calssiche metodologie sintetiche. Inoltre l’elevata stabilità della lipasi immobilizzata covalentemenete induce a credere che il problema della stabilità del biocatalizzatore e di conseguenza del suo riciclaggio è stato definitivamente superato. L'applicazione delle laccasi nella valorizzazione della lignina per lo sviluppo di prodotti chimici biobased è un campo di ricerca relativamente nuovo ma destinato a diventare uno dei settori più importanti per lo sviluppo della "chimica sostenibile".1 Il presente studio intende essere un contributo per l'identificazione del biocatalizzatore e delle condizioni di reazione più adatte per la degradazione e la trasformazione della lignina, uno dei biopolimeri più abbondanti presenti in natura. L’elevata stabilità della laccasi identificata in questo lavoro induce inoltre a proseguire con gli studi di applicabilità di questo enzima in mezzi non convenzionali. 1 J. E. Holladay, J. J. Bozell, J. F. White, D. Johnson, “Top Value-Added Chemicals from Biomass”, 2007, U.S. Department of Energy.)
XXIII Ciclo
1983
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30

Milano, Domenico. "Design and synthesis of trans-A2B2 and trans-A2BC dipyridylporphyrins: new building blocks for the self-assembly of metallacyclic supramolecular structures." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10979.

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Abstract:
2013/2014
Artificial molecular structures forming stable pores in biological membranes may have important applications in the biomedical field and in the field of biotechnology, in particular as sensors. These structures have to meet specific characteristics of size, shape and solubility. In particular, they have to enter the membrane engaging hydrophobic interactions with the phospholipid bilayer and, at the same time, forming a polar conduit for the transport of the ions across the membrane. A molecular structure which meets these features is an amphipathic, rigid and tube-shaped one and, mostly important, long enough to span the entire membrane. The final goal of this thesis work is the design and preparation of structures that would reflect these characteristics obtained by the metal-mediated self-assembly of pyridylporphyrins. In particular to obtain structures long enough to span the membrane the focus was on the design of pyridylporphyrins equipped with complementary hydrogen bonding donor/acceptor moieties and of a polar subunit to increase membrane compatibility. Using transition metal complexes with an adequate geometry these “molecular panels” should self-assemble in metallasquares which, upon hydrogen-bonding driven dimerization in membrane, should form tubular empty structures long enough to span the phospholipid bilayer forming large pores. In the first part of the Thesis work, a versatile and straightforward synthetic strategy for the preparation of a library of amphiphilic trans-A2B2 and trans-A2BC dipyridylporphyrins directly from 5-(4-pyridyl)dipyrromethane has been developed and optimized. The major part of the porphyrins synthesized in this way are new compounds.The library members have been functionalized through different metal catalysed coupling reactions, showing their great potential and versatility towards the different employment which could be addressed, to obtain amphiphilic and dimeric derivatives, in some cases with very good and satisfying yields. The derivatization reactions have been performed on the free base porphyrins and, therefore, it has been necessary to carefully optimize the conditions of the metal catalysed reactions in order to avoid the insertion of the catalyst, or of the co-catalyst, in the porphyrin macrocycle. The functionalities that have been inserted into the dipyridylporphyrins scaffold are hydrogen-bonding complementary donor/acceptor moieties, like uracil and diacylaminopyridine, and an amphiphilic polyether chains. Starting from the porphyrin library and exploiting metal catalysed coupling reaction also three dipyridylporphyrins dimers have been prepared. The target amphiphilic dipyridylporphyrins have been principally utilized in self-assembly reactions exploiting the pyridyl groups present, in particular through the coordination-driven self-assembly approach, with cis-coordinating metal complexes like Re(CO)5Br and trans,cis,cis-[RuCl2(CO)2(DMSO-O)2], leading to the formation of molecular squares together with other kind of metallacyclic species. At the best of our knowledge, this is the first time that the Ru(II) complex have been employed for the self-assembly with trans-dipyridylporphyrins. The porphyrins, the dimers and supramolecules synthesized have been mainly characterized by mean of NMR spectroscopy, in particular through 1H, 13C, 1H-1H COSY, 1H-13C HSQC, 1H-DOSY. The latter technique, being more and more important and utilized in supramolecular chemistry either in the characterization either in the sample purity proof of the compounds, has been in fact thoroughly utilized both to confirm the dimensions in solution of all the molecules synthesized and to give an evidence of their purity. This last feature has been one of the more challenging to face because the sample purity was not so evident just analysing the 1H-NMR spectra due to the possible presence of isomers and conformers. In absence of X-ray spectroscopic and MS spectrometric data, PFG-NMR has been a powerful, helpful and straightforward way to rationalize the high complexity of the resonating signals pattern in these spectra and to confirm the higher molecular dimensions reached as relative to the parent porphyrins. Confirmation of the pyridyl-metal bond formation with the right configuration has come also from IR, UV-Vis and fluorescence emission spectra acquired both for the porphyrins and for the supramolecular metallacycles. Putting together all the data and although in some cases we were not able to unambiguously define the nuclearity of the metallacycle, the supramolecules synthesised have all cyclic and symmetric structure and retain the symmetry of their parent porphyrins.The most representative porphyrins, together with the supramolecular metallacycles have been then tested as transmembrane ion channels utilizing liposomes as model of biological membranes. Preliminary studies on the H+ transport assays have been reported.
Le strutture molecolari artificiali capaci di formare nanopori stabili all’interno di una membrane biologica sono sempre più di ampio interesse, grazie alla possibilità di essere impiegate in campo biomedico e biotecnologico, soprattutto come sensori. Per poter formare nanopori questi sistemi devono soddisfare dei requisiti minimi in termini di forma, dimensioni e solubilità. Essi devono essere in grado di inserirsi facilmente in membrana tramite interazioni idrofobiche e al contempo formare condotti polari che consentano il passaggio degli ioni; quindi una struttura che presenti tali caratteristiche dovrà essere anfifilica, avere una forma allungata, essere abbastanza rigida e, soprattutto, essere sufficientemente lunga da attraversare completamente la membrana. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di realizzare sistemi che soddisfino queste esigenze sfruttando il metal-mediated self-assembly di piridilporfirine su centri metallici. In particolare, per ottenere strutture sufficientemente lunghe da attraversare completamente il doppio strato fosfolipidico, si è focalizzata l’attenzione sulla realizzazione di piridilporfirine equipaggiate con gruppi accettori e donatori di legami ad idrogeno e con un catena anfifilica che ne aumenti la compatibilità con la membrana. Utilizzando complessi di metalli di transizione con una geometria adeguata questi “pannelli molecolari” dovrebbero assemblarsi a dare metallacicli di forma approssimativamente cubica in grado di dimerizzare in membrana, grazie alla formazione di legami ad idrogeno, formando così strutture tubulari cave sufficientemente lunghe da attraversare completamente la membrana. Nella prima parte della Tesi è stata messa a punto ed ottimizzata una strategia sintetica per ottenere una libreria di derivati anfifilici di trans-A2B2 e trans-A2BC dipiridilporfirine direttamente a partire dal 5-(4-piridil)dipirrometano. La maggior parte delle porfirine sintetizzate in questo modo sono composti nuovi. I membri della libreria sono stati quindi funzionalizzati attraverso reazioni di coupling metallo-catalizzate per ottenere sia derivati anfifilici che dimerici, dimostrando così il loro potenziale e la loro versatilità verso l’utilizzo per diverse applicazioni. Le reazioni di funzionalizzazione sono state condotte sulle porfirine free-base ed è stato dunque necessario ottimizzare accuratamente le condizioni delle reazioni metallo-catalizzate in modo tale da evitare che il catalizzatore, o l’eventuale co-catalizzatore, si potesse inserire nel macrociclo porfirinico. Le funzionalità che sono state inserite nelle dipiridilporfirine sono molecole con gruppi donatori/accettori di legame idrogeno tra di loro complementari , in particolare, derivati dell’uracile e della diacilamminopiridina, e residui anfifilici come catene polieteree. Partendo dalla libreria di porfirine sono anche stati sintetizzati dei dimeri di dipiridilporfirine. Le dipiridilporfirine target sono state principalmente utilizzate in reazioni di auto-assemblaggio sfruttando i gruppi piridinici presenti, in particolare attraverso il metodo coordination-driven self-assembly con complessi metallici cis-coordinanti come Re(CO)5Br e trans,cis,cis-[RuCl2(CO)2(DMSO-O)2], ottenendo la formazione di quadrati molecolari insieme con altre specie metallacicliche. Al meglio delle nostre conoscenze, il complesso di Ru(II) è stato utilizzato per la prima volta per l’auto-assemblaggio con trans-dipiridilporfirine. Le porfirine, i dimeri e gli addotti supramolecolari ottenuti sono stati caratterizzati principalmente tramite spettroscopia NMR, in particolare attraverso 1H, 13C, 1H-1H COSY, 1H-13C HSQC, 1H-DOSY. Quest’ultima tecnica, essendo divenuta sempre più importante in chimica supramolecolare sia per la caratterizzazione sia per provare la purezza dei composti, è stata utilizzata a fondo per confermare le dimensioni in soluzione delle molecole sintetizzate e per avere una prova della purezza dei campioni. Quest’ultimo aspetto è stato uno dei più difficili da affrontare perché non era certo evidente analizzando i soli spettri 1H-NMR acquisiti per la possibile presenza di isomeri e confomeri. In assenza di dati spettroscopici a raggi X e di spettrometria di massa, la tecnica PFG-NMR è stata uno strumento potente, utile e diretto per razionalizzare l’elevata complessità del pattern dei segnali osservato in questi spettri e per confermare le più elevate dimensioni raggiunte da queste molecole relativamente alle porfirine di partenza. Conferma dell’avvenuta formazione dei legami metallo-piridina con la giusta configurazione è venuta anche dai dati spettroscopici IR, UV-Vis e di emissione di fluorescenza, acquisiti per le porfirine così come per i metallacicli supramolecolari. Anche se non è stato possibile in alcuni casi assegnare in maniera non ambigua la nuclearità di queste supramolecole, poiché la geometria molecolare sia di specie a nuclearità [3+3] che [4+4] può essere approssimata dalla medesima sfera, le supramolecole sintetizzate sono specie cicliche e simmetriche e preservano la simmetria molecolare delle specie di partenza.Le porfirine più rappresentative e gli addotti metallaciclici sono stati testati per la loro capacità di formare canali ionici transmembrana utilizzando liposomi come modelli delle membrane biologiche. Gli studi preliminari sull’attività di trasporto di ioni H+ sono riportati nella Tesi.
XXVII Ciclo
1982
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31

Cok, Michela. "Tridimensional Devices Based on Biopolymers and Carbon Nanotubes for Tissue Regeneration." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10376.

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Abstract:
2012/2013
Durante il corso degli ultimi anni, il campo delle nano strutture a base carboniosa sta ricevendo sempre più attenzione grazie alle loro peculiari caratteristiche chimiche e fisiche che le hanno rese buoni candidati per l’utilizzo nell’ambito biomedico. Nonostante dati scientifici contrastanti riguardo alla questione di potenziale tossicità, molti studi stanno invece dimostrando la biocompatibilità di diverse forme di nano strutture di carbonio (soprattutto dopo funzionalizzazione chimica) e la loro capacità di sostenere la crescita e la proliferazione di cellule e tessuti complessi. Per queste ragioni, il campo dell'ingegneria tissutale è sempre più attratto dalla progettazione e fabbricazione di materiali o dispositivi basati su nanomateriali conduttivi. I nanotubi di carbonio (CNTs), per esempio, vengono ampiamente studiati per l’applicazione in molti campi della ricerca grazie alle loro caratteristiche elettroniche, meccaniche e chimiche. Essi possiedono infatti caratteristiche importanti quali la flessibilità, resistenza meccanica e conducibilità elettrica. Inizialmente, l'impiego di nanotubi di carbonio in sistemi biologici è stato limitato a causa della loro scarsa solubilità e la presenza di impurità metalliche tossiche. I recenti sviluppi nello studio di queste nanostrutture hanno migliorato notevolmente la purezza e la biocompatibilità di questo materiale nanostrutturato. Per quanto riguarda le applicazioni biomediche, il loro uso sta diventando sempre più rilevante nella ricerca delle neuroscienze e dell’ingegneria tissutale. Durante questo lavoro di tesi sono stati presi in considerazione questi due rami della ingegneria tissutale. Per quanto riguarda la rigenerazione del tessuto neuronale, innanzitutto lo stato dell'arte e il progresso dell'attività di ricerca sono stati presentati e descritti. Una particolare attenzione è stata puntata sui risultati ottenuti dal nostro gruppo in collaborazione con la Prof.ssa Ballerini in termini di effetto dei nano tubi di carbonio sull'attività neurale. Nel capitolo 4, lo sviluppo di un dispositivo basato biopolimerico -f - CNT grado di supportare e stimolare la crescita e la comunicazione di nervoso complesso sarà descritto. Anche il ruolo di CNT nel tessuto campo rigenerazione ossea è stato preso in considerazione durante questo lavoro di tesi e la descrizione dei risultati ottenuti negli ultimi anni è stata riassunta e riportata. Per quanto riguarda la parte sperimentale del lavoro svolto durante il dottorato, nel capitolo 5 sarà descritto l'indagine di screening riguardante il ruolo di nano tubi di carbonio caratterizzati da differenti tipi di funzionalizzazione all’interno della matrice polimerica di un sistema idrogel largamente impiegato in questo campo in termini di proprietà meccaniche e tossicità cellulare. Nella sezione riguardante i materiali e i metodi impiegati, è stato approfondito l’aspetto legato alle tecniche di caratterizzazione meccanica dei materiali studiati (reologia, test di compressione meccanica e NMN a basso campo). Abbiamo ritenuto opportuno approfondire questi aspetti poiché nell’ambito della scuola di dottorato in Scienze e Tecnologie Chimiche e Farmaceutiche tali tecniche non sono spesso impiegate.
Carbon Nanostructures (CNSs) have been receiving increasing attention during the last years for their unique physical and chemical characteristics that made these structures good candidate for their use for neurological and tissue engineering applications. Although the current scientific data have shown conflicting results about potential nano-toxicity of CNSs, many studies are pointing out the biocompatibility of several forms of CNSs (especially in functionalized form) and their ability to support growth and proliferation of cells like neurons and osteoblasts. For these reasons, the field of tissue engineering is more and more attracted by the design and fabrication of materials or devices based on conductive nanomaterials. Carbon nanotubes (CNTs), for example, have been widely used in many fields due to their electronic, mechanical and chemical characteristics. They possess important characteristics such as flexibility, mechanical strength and electrical conductivity. Initially, the use of CNTs in biological systems was limited due to their poor solubility and the presence of toxic metallic impurities. More recently, the developments in the study of these nanostructures have improved the purity and biocompatibility of CNT materials. Concerning the biomedical applications, their use is becoming relevant in neuroscience research and tissue engineering. During this thesis work these two branches of the tissue engineering have been taken into account. Concerning the neuronal tissue regeneration, first of all the state of the art and the progress of the research activity have been presented and described. A special attention has been pointed on the results obtained by our group in collaboration with Prof. Ballerini’s in terms of effect of CNTs on the neural activity. In the chapter 4, the development of a f-CNTs-based biopolymeric device able to support and boost the growth and the communication of complex nervous will be described. Also the role of CNTs in the bone tissue regeneration field has been investigated and the description of the results obtained during the last years has been reported. Regarding the experimental part of the work done during my PhD, in the chapter 5 will be described the screening investigation of the role of CNTs functionalized through different reaction in the polymeric matrix of a hydrogel system largely employed in this field in terms of mechanical properties and cellular toxicity. In the materials and methods chapter, a description of mechanical tests and the related theories is present (Rheology, compression test and low field NMR rhelaxometry). It has been useful to describe these techniques since these technique are not frequently employed in the “environment” of the Chemical and Pharmaceutical Sciences and technologies PhD school.
XXVI Ciclo
1985
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32

De, Bortoli Marco. "Studio della tossicità da palitossina e composti analoghi mediante modelli in vitro e in vivo." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4502.

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Abstract:
2009/2010
La Palitossina (PLTX), una delle biotossine marine più tossiche finora note, è saltata agli onori della cronaca in seguito al suo frequente rilevamento in campioni di una microalga tropicale, Ostreopsis ovata, ormai diffusa anche in Mar Mediterraneo, dove sono stati segnalati più volte problemi respiratori in concomitanza alla sua presenza. La tossina è stata rilevata anche in molluschi ed altri prodotti ittici, che possono fungere da vettori per l’ultimo anello della catena alimentare, l’uomo. Poiché in paesi tropicali sono stati segnalati casi di intossicazione gravi, anche letali, in seguito all’ingestione di pesci e crostacei contaminati con PLTXs, si rende necessario monitorare la presenza di questi composti nei prodotti ittici e/o nelle microalghe produttrici, anche in assenza di una legislazione in merito. All’inizio di questo lavoro erano disponibili solo pochi dati relativi alla tossicità acuta di questo composto, spesso purificato con protocolli non perfezionati. Poiché anche i dati clinici disponibili non permettevano un’esatta definizione dell’Acute Reference Dose (ARfD), necessaria per determinare i livelli massimi di tossina ammissibili nei prodotti ittici, si è deciso inizialmente di studiare la tossicità acuta della PLTX (e di un analogo 42-OH-PLTX) dopo somministrazione orale nel topo. I sintomi e le analisi cliniche condotte sui topi hanno indicato un coinvolgimento del sistema neuromuscolare. Questo studio, insieme ad altri pubblicati nel frattempo, hanno permesso agli esperti dell’EFSA di definire la concentrazione di 30 μg di tossina per Kg di polpa di molluschi quale livello al di sopra del quale si possano manifestare effetti tossici nell’uomo. Si è proceduto poi alla messa a punto di due saggi per la determinazione di questi composti: un saggio strutturale di tipo ELISA ed uno funzionale, il saggio emolitico. Il saggio ELISA (sandwich indiretto) è stato messo a punto utilizzando l’anticorpo monoclonale 73D3, e un anticorpo policlonale di coniglio prodotto presso l’Università di Trieste. Il saggio rileva la PLTX in un range di concentrazioni che vanno da 1,25 a 40 ng/ml ed è in grado di quantificare con la stessa sensibilità anche la 42-OH-PLTX, isolata e caratterizzata dal punto di vista chimico durante questo periodo di dottorato dal gruppo del prof. E. Fattorusso (Università di Napoli Federico II), in un campione di palitossina gentilmente fornitoci dal dr. M. Poli (Maryland, USA). Il saggio ELISA è in grado di rilevare anche l’Ostreocina-d, un altro analogo della PLTX, ma a concentrazioni maggiori rispetto a quelle della PLTX (³40 ng/ml). Il mancato rilevamento di acido okadaico, acido domoico, brevetossina-3, saxitossina e yessotossina (tossine che possono essere presenti insieme alla PLTX nei prodotti ittici contaminati) indica la specificità del saggio. Siamo poi passati alla messa a punto del saggio emolitico, ampiamente usato in letteratura per il rilevamento di PLTX e di composti palitossino-simili. Questo saggio sfrutta la capacità della tossina di indurre emolisi tardiva probabilmente tramite l’alterazione della Na+/K+-ATPAasi (NAKA). In letteratura, però, non è disponibile un protocollo standardizzato e la variabilità dei risultati riportati è notevole. Si è pertanto proceduto a realizzare il saggio emolitico, esplorando le variabili che ne influenzano la performance, ottenendo una EC50 = 13,2 pM per la PLTX. Gli anticorpi monoclonale e policlonale anti-PLTX hanno inibito con equa potenza l’emolisi indotta da PLTX e possono quindi essere usati per verificare la specificità dell’emolisi in campioni incogniti. Dopo aver verificato che anche la 42-OH-PLTX condividesse lo stesso recettore della PLTX mediante un saggio di binding indiretto alla NAKA (EC50 di 28.2 nM e 29.4 nM rispettivamente per 42-OH-PLTX e PLTX), è stato eseguito il saggio emolitico anche sulla 42-OH-PLTX, ottenendo dei risultati analoghi (EC50 = 7.6 pM) a quelli della PLTX. Nell’ottica di un utilizzo di questo saggio in situazioni di monitoraggio si è valutata la possibilità di ridurre i suoi tempi di esecuzione e in tal senso, cambiando la concentrazione salina della soluzione tampone al 62 % di quella normale, si è riusciti a ridurre il tempo di incubazione di 4 volte (1 h anziché 4 h). La curva concentrazione-risposta ottenuta dopo incubazione di 1 h con la PLTX in tampone al 62 % è risultata perfettamente sovrapponibile a quella ottenuta dopo 4 h di incubazione della tossina in tampone 100%. Al contrario, nessuna delle concentrazioni di PLTX testate ha dato emolisi dopo incubazione di 1 h della tossina in tampone 100%. Questo aspetto è particolarmente interessante perché permetterebbe di distinguere l’emolisi dovuta a palitossina da una emolisi aspecifica, semplicemente conducendo il saggio in 1 ora in parallelo nei due tamponi 62 % e 100 %, evitando l’uso di anticorpi anti-PLTX. In particolare, nel caso di un campione ignoto che dia emolisi in PBS al 62 % e non in PBS al 100 %, il risultato fornirebbe un primo indizio della presenza di palitossina, da confermare con metodi di riferimento (LC-MS). Se invece l’emolisi avviene ad entrambe le concentrazioni di PBS, dopo incubazione per 1 ora, essa potrebbe dipendere da un’azione aspecifica non imputabile alla sola palitossina. La presenza di una proliferazione massiccia (6.700.000 di cellule/litro) di Ostreospis cf. ovata nel Golfo di Trieste, ci ha permesso di utilizzare gli anticorpi monoclonale e policlonale per la localizzazione immunocitochimica delle tossine nelle singole cellule di microalghe. Per la prima volta è stata così visualizzata la presenza delle palitossine in cellule di Ostreopsis cf. ovata, che risultano distribuite in tutto il citoplasma. La positività per le tossine è stata verificata in tutte le cellule di Ostreopsis analizzate, mentre nessuna cellule di Coolia monotis osservate è risultata positiva, a conferma della specificità verso la PLTX del segnale degli anticorpi. L’analisi HR LCMS ha evidenziato la presenza di ovatossine-a, -b, -c, -d/-e, con una forte prevalenza di ovatossinaa (circa 80%, 45-64 pg/cellula), mentre per la prima volta in un campione naturale non è stata rilevata la presenza di PLTX. Questi risultati ci hanno permesso di concludere che entrambi gli anticorpi utilizzati sono in grado di riconoscere anche le ovatossine, analoghi della palitossina preponderanti nel Mar Mediterraneo. Inoltre, la tecnica immunocitochimica eseguita direttamente sulle microalghe potrebbe permettere un’allerta precoce della presenza di palitossine, ad esempio prima del loro ingresso/accumulo nella catena alimentare, evitando eventuali problemi per la salute pubblica. Un altro approccio per il rilevamento della tossina è stato fatto utilizzando la spettroscopia Raman. La palitossina (il cui spettro Raman è stato qui registrato per la prima volta) è stata ricercata in singole cellule di Ostreospis, depigmentate con acetone-esano 1:1. Non sono stati riscontrati segnali univocamente attribuibili alle palitossine negli spettri Raman di Ostreopsis, probabilmente a causa della loro uniforme diffusione citoplasmatica, come visualizzato in immunocitochimica. Nelle cellule non depigmentate con acetone:esano 1:1 è stata confermata le presenza del carotenoide peridinina. L’analisi Raman di cellule in coltura di Ostreopsis cf. ovata nelle diverse fasi di crescita ha evidenziato forti segnali associabili ad acidi grassi polinsaturi, già riscontrati in Ostreopsis cf. ovata con altre tecniche. L’analisi HR LC-MS delle cellule in coltura nelle varie fasi di crescita ha mostrato, analogamente alle relative popolazioni naturali, un elevato contenuto di ovatossina-a (circa 55%, 7.5–19.7 pg/cellula) e minori quantità di altre ovatossine, con la palitossina presente in tracce (< 0,1 pg/cellula). Si è osservato che il contenuto di tossine aumenta con l’età della coltura, con le cellule in fase senescente (giorno 25 dall’avvio della coltura) contenenti circa il doppio di tossina delle cellule in fase stazionaria (giorno 18). Quindi, analogamente a quanto si verifica per altri metaboliti secondari negli organismi vegetali, l’accumulo di queste tossine raggiunge il massimo generalmente verso la fine del ciclo vitale.
XXIII Ciclo
1983
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33

Pace, Alice. "Functionalization of water-soluble gold nanoparticles for biological applications." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4505.

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Abstract:
2009/2010
Water-soluble gold nanoparticles represent an appealing scaffold for the preparation of robust and biocompatible bioconjugates. Indeed, many examples of gold nanoparticles-bioconjugates as new materials in several fields as material science, biology and medicine have been reported in the literature. The organic monolayer protecting the metallic core plays a key role in determining the properties of the system as stability, solubility, and specific interactions with biological environment. The present thesis is focused on the functionalization of water-soluble gold nanoparticles in order to develop new tools in diagnostics, drug-delivery and enhanced immuno-sensing. Gold nanoparticles protected by mixtures of ligands of different nature have been taken into consideration in the development of the three main projects of this thesis. The first project is about the synthesis of gold nanoparticles with a gold core of 1.7 nm suited for crystallization, in order to perform diffractometric analysis aimed to solve the structure of larger systems than that already reported and to find other geometries of the gold core. To this aim, gold nanoparticles protected by a monolayer of p-mercaptobenzoic acid have been synthesized, purified and characterized. The choice of an aromatic ligand with a carboxylic group imparts stability to the clusters and plays a strategic role in crystals formation. Crystallization trials under a variety of different conditions and preliminary observations about the stability of the nanoparticles are reported. Up to now suitable crystals for X-ray analysis could not be obtained. The second project is part of an ongoing investigation of the morphological organization of the monolayer protecting gold nanoparticles in order to complete previous studies carried out in our research group. Recent results from our laboratories, obtained by ESR measurements, support the formation of “patches” domains in the mixed-monolayer of water-soluble gold nanoparticles when mixtures of perfluoroalkyl- and alkylthiolates are used to form the monolayer. The complexity of these systems may also be increased introducing functional thiolates in the monolayer in a controlled topology. The preliminary results obtained so far should be completed with other investigations using different methodologies and supported by studies also on flat surfaces. Moreover, to understand the ability of the amphiphilic thiols to phase-segregate, we thought to study also micellar aggregates. The final goal is to use this phase-segregated monolayers to create clusters of functional thiols for multivalent recognition. Water-soluble gold nanoparticles coated by amphiphilic thiols of different lipophobicity have been prepared and characterized, and new ligands suited for the studies on micelles and on 2D self-assembled monolayers have been designed and synthesized. The results of Electron Spin Resonance (ESR), Scanning Tunneling Microscopy (STM) and Atomic Force Microscopy (AFM) studies on these systems are reported and discussed. The third project is aimed to find new synthetic strategies to obtain biocompatible gold nanoparticles presenting multiple bioactive residues for multivalent recognition processes. In particular, a mimetic of the antigen GM3 Ganglioside Lactone with demonstrated antimelanoma reactivity was introduced in the monolayer of water-soluble gold nanoparticles for the development of a biological therapy against cancer. The preparation of nanoparticles of different size and loading of the antigen-mimetic is reported, together with their characterization and the preliminary biological investigations.
Nanoparticelle di oro solubili in mezzi acquosi rappresentano una piattaforma ideale per la sintesi di bioconiugati stabili e compatibili con le cellule. Infatti la letteratura scientifica riporta molti esempi di nanoparticelle di oro coniugate con biomolecole come prototipo di nuovi materiali applicabili in diversi ambiti tra cui la scienza dei materiali, la biologia e la medicina. Il monostrato organico che protegge il nocciolo metallico riveste un ruolo fondamentale nel determinare le proprietà dell’intero sistema quali la stabilità, la solubilità e le eventuali interazioni specifiche con i sistemi biologici. La presente tesi si focalizza sulla funzionalizzazione del monostrato di nanoparticelle di oro idrosolubili finalizzata allo sviluppo di nuovi strumenti ad uso diagnostico, terapeutico, e con applicazione nel sensing immunologico. Nello sviluppo dei tre progetti principali in cui la tesi si articola, sono state studiate nanoparticelle di oro protette da miscele di ligandi di natura diversa. Il primo progetto riguarda la sintesi di nanoparticelle di oro aventi diametro del gold core di 1.7 nm adatte alla cristallizzazione, al fine di effettuare un’analisi diffrattometrica che consentisse di risolvere la struttura di nanoparticelle di dimensioni maggiori rispetto a quelle riportate in letteratura e di individuare caratteristiche strutturali quali ad esempio la geometria del nocciolo di oro. A questo scopo sono state preparate nanoparticelle di oro protette da un monostrato composto da molecole di acido p-mercaptobenzoico, che sono state purificate e caratterizzate. La scelta di un ligando aromatico avente gruppi funzionali carbossilici conferisce particolare stabilità ai clusters e riveste un ruolo strategico nella formazione dei cristalli. Le prove di cristallizzazione in diverse condizioni sperimentali e alcune osservazioni preliminari riguardo la stabilità di queste nanoparticelle sono di seguito riportate. Finora non è stato ancora possibile ottenere cristalli adatti per le analisi diffrattometriche. Il secondo progetto è parte di un’indagine rispetto alla morfologia del monostrato protettivo delle nanoparticelle di oro, finalizzata a completare studi già avviati nel nostro gruppo di ricerca. Recenti risultati ottenuti nei nostri laboratori mediante misure ESR sono fortemente indicativi relativamente alla formazione di domini a “macchie” nel monostrato di nanoparticelle idrosolubili composto da miscele di tiolati alchilici e perfluoro-alchilici. Questi sistemi possono raggiungere un elevato livello di complessità mediante l’introduzione con controllo topologico di tiolati funzionalizzati. Il completamento dei risultati preliminari mediante l’impiego di ulteriori tecniche e il supporto mediante studi su superfici piane è un obiettivo di primaria importanza. Inoltre, la comprensione del fenomeno di segregazione tra tioli anfifilici potrebbe essere agevolata da studi su sistemi di tipo micellare. L’obiettivo finale è l’applicazione di suddetta segregazione di fase nella realizzazione di clusters con monostrati recanti tioli funzionalizzati per il riconoscimento multivalente. Sono state preparate e caratterizzate nanoparticelle di oro idrosolubili protette da tioli anfifilici aventi diversa lipofobicità, e sono stati progettati e sintetizzati nuovi ligandi adatti allo studio su aggregati di tipo micellare e su monostrati bi-dimensionali. I risultati ottenuti mediante Risonanza di Spin Elettronico (ESR), Microscopia a Scansione per effetto Tunnel (STM) e Microscopia a Forza Atomica (AFM) su questi sistemi sono di seguito riportati e discussi. Il terzo progetto è finalizzato alla realizzazione di nanoparticelle biocompatibili coniugate a molteplici unità di composti farmacologicamente attivi per il riconoscimento multivalente. In particolare, un mimetico dell’antigene GM3 Ganglioside Lattone con testata attività antitumorale nei confronti di cellule di melanoma è stato introdotto nel monostrato di nanoparticelle di oro idrosolubili nello sviluppo di una terapia antitumorale di tipo biologico. La sintesi di nanoparticelle di varie dimensioni e con diversa composizione del monostrato organico recanti il mimetico di antigene, ed i risultati ottenuti dai primi test biologici sono qui di seguito riportati.
XXIII Ciclo
1983
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34

Armani, Simone. "Five-membered heterocycles as novel molecular scaffolds for targeting triple hydrogen bonding interactions." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/5431.

Full text
Abstract:
2009/2010
Due to its prominent directionality and strength, H-bonds are ones of the most widely used non-covalent interactions in supramolecular chemistry. Despite its relative high strength (energy of an H-bond in the gas phase typically ranges between 0−5 Kcal mol−1) in comparison with other non-covalent interactions, association of two molecules by means of a single H-bond leads to complexes displaying low thermodynamical stabilities, thus limiting their exploitation in the non-covalent synthesis of functional materials for real-world applications. Thereby, when stronger interactions are required, the general engineering approach focuses on the covalent synthesis of rigid planar molecular scaffolding in which several H-bonding donating (D) and accepting (A) moieties are arranged into a so-called ‘H-bonding array’. Due to the selective recognition processes and to the tunability of their association strength, multiple H-bonding arrays have become an indispensable molecular module in the tool-box of supramolecular chemists, allowing, through selective self-assembly and/or self-organization processes, the bottom-up preparation of functional materials such as liquid crystals, patterned surfaces and supramolecular polymers. In principle, the stability of H-bonded supramolecular complexes could be modulated in an indefinite number of ways. For example, when stronger interactions (e.g., higher association constant values) are required, the increase of the number of the H-bonding sites represents one of the efficient strategy to reinforce the stability of the ultimate assembly. Nevertheless, a strong Ka value is not always requested. In fact, whilst highly stable complexes are required in the field of supramolecular polymers, whose properties at the molecular level (such as degree of polymerization, Dp, and viscosity) result linearly correlated to the Ka values, these may instead be detrimental for the construction of more sophisticated hierarchized nano-architectures, arising from a delicate interplay between internal (e.g. ii stacking, solvophobic/solvophilic interactions) and external (e.g. time, temperature, concentration, etc.) factors. The aim of this thesis is to design and synthesize novel triple H-bonding arrays (DAD, ADD and DDD) based on five-membered heteroaromatic rings. The proposed use of thiolyl, oxolyl, azolyl, and triazolyl scaffoldings for recognition systems, it is intended as a mean to better achieve the control on the binding properties and selectivity of triple H-bondind recognition arrays, allowing an easy tunability of the binding motifs. With the variation of the substituents and the heteroatom onto the hetero-aromatic rings, it has been intended to create a selection of versatile, structurally similar, host-guest pairs complexes that display different association constants (Ka) in order to better match the requirements of different supramolecular applications. Focusing on the most relevant factors that influence the association constants of hydrogen bonded complexes, in the first part of Chapter 1 the reader is introduced on how specific H-bonding arrays, featuring wide ranges of Ka values (spanning among eight orders of magnitude) can be designed. Subsequently, the second part is focused on the physical and chemical properties of a large variety of H-bonding assembled molecular modules that upon self-assembly and self-organization processes opened new ways towards novel fascinating applications. Figure 1 Designed H-bonding arrays based on 5-membered heterocycles. Chapter 2 deals with the description of the synthetic efforts undertaken towards the preparation of the DAD and DDD H-bonding arrays. The first two subsections (2.1-2) describe the rethrosynthetic approaches and the results of the unsuccessful methodological routes (through Buchwald-Hartwig amidation cross-coupling reactions, reduction of azido-derivatives and nucleophilic addition of organo-metallic reagents to isocyanate derivatives as produced through Curtius rearrangement) tackled to introduce amidic and/or ureidic functions at the 2-position of five-membered heteroaromatic rings. Several DAD H-bonding arrays based on thiolyl scaffolding were successfully synthesized (sections 2.3). Figure 2 Synthesized thiolyl DAD H-bonding arrays. In section 2.4 are presented the synthetic step undertaken in the attempt to generate DAD arrays based on oxalyl derivatives. Unfortunately the introduction of electron-donating groups such as amidic or carbamic functions to the ring led to very unstable intermediates, and thus the amido-oxolyl derivatives capable of recognition mediated by triple H bonding were never isolated. Figure 3 Synthesized oxolyl-protected DAD H-bond array. The synthetic strategies towards the synthesis of DDD arrays based on of azolyl scaffolding are described in section 2.5. Protected azolyl module 182 (see Figure 4) was synthesized in thirteen steps starting from the pyrrole module. Unfortunately, due to the complications encountered in the cleavage of the N-azolyl protecting group, the synthesis of the azolyl DDD H-bonding arrays based could not be finally accomplished. Figure 4 Synthesized azolyl-protected DDD H-bond array. Section 2.6 presents the synthesis of newly designed self-adapting ADD/DDD H-bonding array based on ureido-triazolyl scaffoldings. Exploiting the prototropic equilibrium of the triazole nucleus the modules synthesized are expected to show an ADD or a DDD arrangement of the binding sites depending on the H-bonding functionalities of the complementary guest used for the complexation. Figure 5 Synthesized triazolyl-based ureido H-bonding arrays. Prototropic self-adapting properties: from a DDD to a ADD H-bonding array. Due to solubility limitations in common organic solvents (e.g., CDCl3 and CD2Cl2), the molecular recognition ability in solution could not be studied and further modifications of the molecular structural properties are required.
Grazie alla marcata direzionalità e forza presentate, i legami idrogeno rappresentano uno delle interazioni non covalenti più usate in chimica supramolecolare. Nonostante la forza di legame sia maggiore in confronto ad altre interazioni non covalenti (l’energia di un legame idrogeno in fase gassosa varia in genere tra 0-5 Kcal mol-1), l’associazione di due molecole per mezzo di un singolo legame idrogeno porta alla formazione di complessi con scarsa stabilità termodinamica, limitandone lo sfruttamento nella sintesi non covalente di materiali funzionali. L’approccio per ottenere interazioni non covalenti più forti è basato sulla sintesi di moduli molecolari planari in cui siano presenti diverse funzioni donatrici (D) e accettrici (A) di legame idrogeno disposti a formare i così detti ‘H-bonding arrays’. Gli H-bonding arrays sono diventati moduli indispensabili per la fabbricazione di materiali funzionali quali cristalli liquidi, superfici organizzate e polimeri supramolecolari, tramite l’approccio ‘’bottom-up” a causa della loro selettivita’ nei processi di riconoscimento e alla possibilita’ di modulare la loro forza di legame La stabilita’ termodinamica dei complessi supramolecolari formati tramite legami idrogeno puo’ essere variata in diversi modi. Ad esempio, quando sono richieste interazioni piu’ forti (es. costanti di associazione più elevate) e’ possibile aumentare il numero di funzioni accettrici e/o donatrici all’interno dell’ array. Complessi particolarmente stabili sono richiesti nel campo della polimerizzazione supramolecolare, dove le proprieta’ macroscopiche (es. grado di polimerizzazione, Dp, e viscosità) sono lineramente correlate al valore della Ka. Alti valori della costante di associazione possono essere dannosi, invece, nella costruzione di nano-architetture gerarchizzate, dove ordine a livello nano e microscopico e’ raggiunto, non solo tramite legami a idrogeno, ma tramite l’effetto concertato di fattori interni (es. π- π stacking, interazioni solvofobiche/solvofiliche) ed esterni (es. tempo, temperatura, concentrazione, etc.). L’obiettivo di questa tesi è progettare e sintetizzare nuovi array di tripli legami idrogeno (DAD, ADD e DDD) basati sulle molecole di tiofene, furano, pirrolo e triazolo. Utilizzando anelli a 5 termini e’ infatti possibile ottenere una famiglia di coppie host-guest, che presentano una simile struttura chimica ma differenti costanti di associazione. La modulazione della Ka in questi sistemi puo’ avvenire tramite la variazione dell’etroatomo sull’anello o tramite l’introduzione di sostituenti nelle posizioni β, permettendo cosi’ la costruzione di una libreria di moduli molecolari versatili in grado di rispondere al meglio ai requisiti dalle diverse applicazioni supramolecolari. Concentrandosi sui fattori che influenzano le costanti di associazione dei complessi formati tramite legami idrogeno, nella prima parte del Capitolo 1 viene descritto come modificazioni strutturali degli array portano alla formazione di complessi i cui valori di Ka variano in un intervallo di 8 ordini di grandezza. La seconda parte e’ invece focalizzata sulle proprieta’ chimico-fisiche di nuovi materiali funzionali formati tramite processi di auto-assemblaggio e auto-organizzazione degli array precedentemente descritti. Figura 1 Progettazione di array di legami idrogeno basati su etero cicli a 5 termini. Nel Capitolo 2 vengono mostrati i tentativi di sintesi intrapresi per la preparazione degli array di legami idrogeno di tipo DAD e DDD . I primi 2 paragrafi (2.1-2) descrivono l’analisi retro-sintetica e gli studi metodologici effettuati al fine di sviluppare una via sintetica per l’introduzione di funzioni ammidiche e/o ureidiche in posizione 2 degli anelli etero-aromatici. Le metodologie descritte sono: la reazione di ammidazione per accoppiamento ossidativo di Buchwald-Hartwig, la riduzione di azido-derivati e l’addizione nucleofila di reagenti organo-metallici a isocianati prodotti tramite il riarrangiamento di Curtius. Diversi DAD array di legami idrogeno basati sulla molecola di tiofene sono stati sintetizzati con successo (paragrafo2.3). Figura 2 DAD array di legami idrogeno basati sulla molecola di tiofene sintetizzati. Nel paragrafo 2.4 sono presentati gli step sintetici affrontati nel tentativo di generare DAD array basati su derivati ossolici. Sfortunatamente l’introduzione di gruppi elettron-donatori (ammidi o carbammati) sull’anello conduce alla formazione d’intermedi particolarmente instabili. Per questo motivo sistemi DAD di legami a idrogeno basati su derivati ammidici della molecola di furano non sono mai stati isolati. Figura 3 DAD array di legame idrogeno basato su scheletro furanico sintetizzato con la funzione ammidica protetta. Nel paragrafo 2.5 sono descritte le strategie sintetiche affrontate nel tentativo di sintetizzare DAD array basati sulla molecola di pirrolo. L’intermedio azolico protetto 182 (vedi Figura 4) è stato sintetizzato in tredici passaggi sintetici partendo dalla molecola di pirrolo. Sfortunatamente, a causa delle complicazioni incontrate durante la rimozione del gruppo protettore dell’azoto pirrolico, la sintesi di moduli DDD basati su derivati azolici non è stata portata a termine. Figure 4 DDD array di legame idrogeno basato sulla molecola di pirrolo sintetizzato con l’azoto dell’eterociclo protetto. Il paragrafo 2.6 presenta la sintesi di moduli auto adattabili ADD/DDD basati su derivati ureido-triazolici. Sfruttando l’equilibrio prototropico del nucleo triazolico il modulo sintetizzato dovrebbe mostrare una disposizione ADD o DDD dei siti di legame che dipende dal modulo complementare usato nel processo di complessazione. Figure 5 Array di legami idrogeno basati su derivati ureidotriazolici sintetizzati. Proprieta’ di auto-adattamento: da DDD a ADD array. Le capacita’ di riconoscimento molecolare di questi sistemi in soluzione non sono state studiate a causa della loro limitata solubilita’. Ulteriori modifiche strutturali sono pertanto necessarie.
XXII Ciclo
1981
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35

Pelin, Marco. "Toxicological effects of palytoxin after cutaneous exposure." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7389.

Full text
Abstract:
2010/2011
Palytoxin (PLTX) is a marine toxin identified in Palythoa zoanthid corals and Ostreopsis dinoflagellates, representing an increasing hazard for human health. Human poisonings attributed to PLTX exposure are usually associated to ingestion of contaminated seafood and to marine aerosol exposure during Ostreopsis blooms. However, also dermatological problems have been recently associated to PLTX cutaneous exposure during Ostreopsis blooms as well as after handling of Palythoa corals. Despite the increasing human cases of dermotoxicity attributed to PLTX, very few data about its dermal toxicity are presently available. Hence, the aim of this study is to investigate the cutaneous effects of PLTX characterizing its mechanism of action. Thus, this toxicological in vitro study has been carried out on spontaneously immortalized human keratinocytes (HaCaT cells), as a first-round screening of dermotoxicity. The entity of cytotoxicity induced by PLTX has been firstly investigated. A short time exposure (4 h) to PLTX reduces mitochondrial activity (MTT assay), cell mass (SRB assay) and plasma membrane integrity (LDH leakage) with different potencies (EC50 values of 6.1±1.3x10-11, 4.7±0.9x10-10 M and 1.8±0.1x10-8 M, respectively). All these effects are ouabain-sensitive corroborating the dependency of PLTX effects on the interaction with Na+/K+-ATPase. These results indicate that among the chain of intracellular events following the interaction of PLTX with the Na+/K+-ATPase the earliest is mitochondrial damage. This sustained cytotoxic effect can be explained by the high affinity of binding to HaCaT cells. Indeed, saturation experiment reveals a Kd affinity constant of 3.0±0.4x10-10 M after an exposure time as short as 10 minutes. A possible mechanism of mitochondrial dysfunction can be reactive oxygen species (ROS) overproduction. Among all, only superoxide anion (O2-) seems to be produced by the toxin after only 1 h, whereas neither nitric oxide nor peroxynitrite formation are detected. Hence, the mechanism of O2- production has been investigated. Real time PCR analysis together with western blot analysis suggest a possible involvement of NADPH oxidase (NOX) and inducible nitric oxide synthetase (iNOS) since an early increase of their gene and protein expression was observed after short (1 – 4 h) but not longer (24 h) exposure times. On the contrary, other enzymes involved in ROS production (i.e. COX-1, COX-2, XOD) seem to be not involved in PLTX effects. Moreover, using selective inhibitors of these enzymes, we found that only DPI, a nonspecific inhibitor of both NOX and NOS, is able to inhibit by 15%, 26% and 43% O2- production induced by 10-10, 10-9 and 10-8 M PLTX, respectively. However, NMMA, inhibitor of NOS, significantly reduces only O2- produced by high (10-8 M) but no by low (10-9 and 10-10 M) PLTX concentrations, whereas the selective inhibitor of NOX apocynin is totally ineffective. Moreover, since their co-administration does not reproduce DPI effect, a prominent role of these enzymes in causing PLTX-induced oxidative stress seems unlikely. Another feasible source of O2- is mitochondria itself and its production is regulated by H+ fluxes through mitochondrial membranes. Indeed, in presence of nigericin, an ionophore that reduces the H+ imbalance, PLTX-induced O2- is significantly reduced by 23% (10-9 M PLTX) and 24% (10-8 M PLTX). Furthermore, the co-administration with rotenone, a complex I inhibitor, that per se is ineffective, results in a further inhibition of O2- production (-32% and -43% in the presence of 10-9 and 10-8 M PLTX, respectively). Moreover, O2- production turned out to be ouabain-sensitive and Na+-dependent but Ca2+-independent. Thus, on the basis of these results it has been hypothesized that PLTX binding to Na+/K+-ATPase induces intracellular overload of Na+ followed by intracellular increase of H+ with a consequent ΔpH increase across H+-impermeable mitochondrial inner membrane and O2- overproduction by reverse electron transports through mitochondrial chain. Under oxidative stress conditions, mitochondrial dysfunction can be mediated by mitochondrial permeability transition pore (MPTP), which opening, indeed, is induced by PLTX already after only 5 minutes exposure. MPTP opening, which turned out to be cyclosporine A-independent, seems to be mainly induced by the sustained ionic imbalance, since in Na+-free, Ca2+-free medium and in presence of nigericin PLTX effect is strongly inhibited. The very rapid Na+-dependent opening of MPTP suggests that this is the peculiar mechanism of PLTX cytotoxicity and cell death primum movens. Cell death induced by the toxin seems to occur with necrotic-like features. PLTX, indeed, induces a concentration- and time-dependent as well as irreversible uptake of PI after only 1 h exposure and confocal images revealed dramatic morphological alterations such as plasma membrane ruptures and leakage of cytolpasmic content after 4 h. By contrast, caspasis 3/7, 8 and 9 are not activated by PLTX up to 24 h, neither under recovery conditions. Moreover, apoptotic bodies formation is not observed, discarding apoptosis occurrence. Finally, PLTX effects on some pro-inflammatory mediators such as cytokines (IL-1α, IL-6, IL-8 and TNF-α) and arachidonic acid metabolism products (PGE2 and LTB4) have been evaluated. The toxin (10-11 M) induces an early release of PGE2 that is time-dependent after 2 h exposure. On the contrary, even if an early gene expression (1–4 h) is observed, the toxin induces a delayed release of IL-6 and IL-8 (24 h), whereas no effects have been observed evaluating IL-1α and TNF-α. In conclusion, this study highlights the toxic in vitro properties of PLTX on human keratinocytes. The intracellular pathway of the sustained PLTX cytotoxicity leading to cell death has been characterized, as well as the inflammatory mediators involved in skin irritant properties of the toxin. These results can corroborate the use of non steroidal anti-inflammatory drugs in association with anti-inflammatory corticosteroids.
La palitossina (PLTX) è una tossina marina identificata in coralli zoantidi appartenenti al genere Palythoa e dinoflagellati del genere Ostreopsis. Intossicazioni umane attribuite alla PLTX sono state solitamente associate all'ingestione di prodotti ittici contaminati, nonché da un'esposizione ad aerosol marino durante le fioriture di Ostreopsis. Tuttavia, anche problemi dermatologici sono stati recentemente associati alla PLTX in seguito ad esposizione cutanea durante fioriture di Ostreopsis o manipolando coralli Palythoa. Nonostante i crescenti casi di dermotossicità attribuiti alla PLTX, pochissimi dati sulla sua tossicità cutanea sono attualmente disponibili. Lo scopo di questo studio è stato, pertanto, indagare gli effetti cutanei della PLTX caratterizzando il suo meccanismo d'azione. E’ stato quindi effettuato uno studio tossicologico in vitro su cheratinociti umani spontaneamente immortalizzati (cellule HaCaT), considerate metodo predittivo per uno screening preliminare di dermotossicità. In primo luogo è stato caratterizzato il grado di citotossicità indotta dalla tossina. Un breve tempo d'esposizione (4 h) alla PLTX riduce l'attività mitocondriale (saggio MTT), la massa cellulare (saggio SRB) e l'integrità della membrana plasmatica (perdita LDH) con diversi valori di EC50 (6.1 ± 1.3x10-11, 4.7 ± 0.9x10-10 M e 1.8 ± 0.1x10-8 M, rispettivamente). Tutti questi effetti sono sensibili alla ouabaina, corroborando la dipendenza degli effetti della PLTX sull'interazione con la Na+/K+-ATPasi. Questi risultati indicano che fra la catena di eventi intracellulari dopo l'interazione con l’ATPasi il più sensibile è un danno mitocondriale. Questo effetto può essere spiegato dall’alta affinità di legame della tossina con le cellule HaCaT. Infatti, esperimenti di saturazione rivelano una costante di affinità (Kd) pari a 3,0 ± 0.4x10-10 M dopo un tempo di esposizione molto breve (10 minuti). Uno dei possibili meccanismi di disfunzione mitocondriale è una sovrapproduzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS). Tra tutti, solo l’anione superossido (O2-) sembra essere prodotto dalla tossina dopo 1 h, mentre né ossido nitrico né formazione di perossinitrito sono stati rilevati. Quindi, il meccanismo di produzione di O2- è stato studiato. Analisi real time-PCR ed analisi western blot suggeriscono un possibile coinvolgimento della NADPH ossidasi (NOX) e della forma inducibile dell’ossido nitrico sintetasi (iNOS) poiché un aumento precoce della loro espressione genica e stata osservata dopo brevi (1 - 4 h) ma non lunghi (24 h) tempi di esposizione. Al contrario, altri enzimi coinvolti nella produzione di ROS (COX-1, COX-2, XOD) sembrano non essere coinvolti nel meccanismo di produzione di O2- da parte della tossina. Inoltre, tramite l'utilizzo di inibitori selettivi di questi enzimi, è emerso che solo il DPI, un inibitore non specifico sia di NOX che di NOS, è in grado di inibire del 15%, 26% e 43% la produzione di O2- indotta da 10-10, 10-9 e 10-8 M PLTX, rispettivamente. Tuttavia, l’NMMA, inibitore delle NOS, riduce in modo significativo solo O2- prodotto da alte (10-8 M), ma non basse (10-9 e 10-10 M) concentrazioni di PLTX, mentre l'inibitore selettivo delle NOX apocinina è totalmente inefficace. Inoltre, poiché la loro co-somministrazione non riproduce l’effetto inibitorio del DPI, un ruolo preminente di questi enzimi nel causare stress ossidativo sembra improbabile. Un'altra fonte possibile di O2- è il mitocondrio. La sua produzione è regolata dal flusso di H+ attraverso le membrane mitocondriali. Infatti, in presenza di nigericina, uno ionoforo che riduce lo squilibrio protonico, i livelli di O2- indotti dalla PLTX vengono significativamente ridotti del 23% (10-9 M PLTX) e 24% (10-8 M PLTX). Inoltre, la co-somministrazione con il rotenone, un inibitore del complesso I della catena mitocondriale di trasporto degli elettroni, che è di per sé inefficace, induce un’ulteriore inibizione di produzione di O2- (-32% e -43% in presenza di 10-9 e 10-8 M PLTX, rispettivamente). Inoltre, la produzione di O2- risulta essere ouabaina-sensibile e Na+-dipendente, ma Ca2+-indipendente. Pertanto, sulla base di questi risultati è stato ipotizzato che il legame della PLTX con la Na+/K+-ATPasi induce un aumento intracellulare di Na+ seguito da aumento intracellulare di H+ con un conseguente aumento di ΔpH attraverso la membrana mitocondriale interna con una sovrapproduzione di O2- indotta dal trasporto inverso degli elettroni attraverso la catena mitocondriale. In condizioni di stress ossidativo, la disfunzione mitocondriale può essere mediata dall’apertura dei pori di transizione mitocondriali (MPTP). La loro apertura, infatti, viene indotta dalla PLTX già dopo soli 5 minuti di esposizione. Tale apertura, che si è rivelata ciclosporinaA-indipendente, sembra principalmente indotta dallo squilibrio ionico indotto dalla tossina, poiché in terreni privo di Na+ e privo di Ca2+ e in terreno contenente nigericina, l’attività della tossina è fortemente inibita. La rapidissima apertura di MPTP suggerisce che questo è il peculiare meccanismo di citotossicità della tossina e il primum movens della cellule morte. La morte cellulare sembra verificarsi con un danno necrotico. La PLTX, infatti, induce un uptake di PI (marker di necrosi) in maniera concentrazione e tempo-dipendente. Tale uptake è inoltre irreversibile, dopo solo 1 h di esposizione e immagini ottenute al microscopio confocale rivelano drammatiche alterazioni morfologiche, quali rotture della membrana plasmatica e la perdita di contenuto citoplasmatico dopo 4 h. Al contrario, le caspasi 3/7, 8 e 9 non sono attivate dalla PLTX fino a 24 h, né sotto condizioni di recovery. Inoltre, la formazione di corpi apoptotici non è stata rilevata, scartando l’ipotesi di una morte di tipo apoptotico. Infine, gli effetti della PLTX su alcuni mediatori proinfiammatori quali citochine (IL-1α, IL-6, IL-8 e TNF-α) e metaboliti dell’acido arachidonico (PGE2 e LTB4) sono stati valutati. La tossina (10-11 M) induce una rapida produzione di PGE2 che è tempo-dipendente dopo 2 ore di esposizione. Al contrario, la tossina induce un rilascio ritardato di IL-6 e IL-8 (24 h), anche se alterazioni dell'espressione genica si sono osservate dopo breve tempo di contatto con la tossina (1-4 h). mentre non sono stati osservati effetti valutando IL-1α e TNF -α. In conclusione, questo studio mette in evidenza le proprietà tossiche in vitro della PLTX su cheratinociti umani. L’elevata citotossicità indotta dalla tossina conduce ad una morte cellulare di tipo necrotico mediata dai mitocondri. Infine, i mediatori infiammatori coinvolti nella proprietà irritanti della pelle della tossina sono stati caratterizzati, ponendo delle basi molecolari per spiegare l'utilizzo di farmaci anti-infiammatori non steroidei in associazione con corticosteroidi.
XXIV Ciclo
1983
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36

Barreras, Garcia Alvaro. "Food safety: developement of new methods for marine algal toxins detection." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8644.

Full text
Abstract:
2011/2012
SUMMARY Biotoxins produced by harmful algae during their proliferation can be accumulated by filter feeding organisms, such as bivalve shellfish, within their flesh. Furthermore, these toxins gradually are transferred to the higher trophic levels in the food chain, posing a threat to human health, after consumption of contaminated seafood. Filter-feeding invertebrates are organisms in which the toxin accumulation is a well-known phenomenon, especially during harmful algal blooms. Mussels, cockles, oysters, and scallops feed on toxic dinoflagellates, transferring them from the gills to digestive organs where the toxins accumulate. Different algal toxins can simultaneously contaminate edible shellfish, representing a world-wide sanitary and economic problem. Among them, Palytoxin (PLTX) is a highly toxic polyhydroxylated compound associated to human seafood intoxications in tropical and subtropical areas, but recently it has been detected also in microalgae and shellfish from temperate areas, as Mediterranean Sea. In the last years, also Yessotoxin (YTX) was frequently detected in mussels from Mediterranean Sea and a possible co-exposure to both PLTX and YTX can occur through contaminated seafood consumption. Therefore, the research was initially focused on the detection and quantification of PLTX and YTX in mussels collected in the Gulf of Trieste in order to verify the simultaneous shellfish contamination by these toxins and, subsequently, to study their toxic effects after simultaneous oral exposure. Analyses by liquid chromatography coupled mass spectrometry (LC-MS) did not reveal the presence of PLTX in mussels but identified the presence of YTX together with the diarrheic toxins okadaic acid (OA) and its acyl esters. Consequently, the final goal of this part of the research was the determination of these toxins in mussels from the Gulf of Trieste by LC-MS as well as that of OA and its esters by a functional assay, the protein phosphatase 2A (PP2A) inhibition assay (comparing the results obtained from two different protocols for the PP2A assay). These assays were used to analyse both cooked and uncooked mussel samples, to verify the influence of the heating procedure on the toxin content of mussels. Globally, no significant difference in toxins concentration between uncooked and cooked mussels was observed. However, comparing the data of single samples, a slight increase (not statistically significant) of toxin concentrations was detected in the cooked mussels with respect to the uncooked ones. The mussel analysis by LC-MS/MS detected also the presence of significant amounts of yessotoxin. Contrary to OA group toxins, yessotoxin was slightly less concentrated in the cooked mussels, probably because of its higher polarity that allows a dissolution in the water lost during the cooking procedure. In the other hand and as it was mentioned before, the palytoxin produced by Ostreopsis sps. microalgae have become a problem in more occasions for the attendance of the coastal environment, both for recreation and for business, representing a loss, as well as to public health, even for the tourism and the aquaculture industry. World market globalization, climatic changes and increasing overseas traffic are considered the main responsible for the appearance of these toxins. The expand of these toxins to temperate regions may be due in part to ballast water of ships and also to general changes in climate conditions, enough to induce bloom formation. Despite the extent of the contaminated area, few methods are currently available for palytoxins detection and quantitation in seafood. Moreover, among palytoxins, only palytoxin is commercially available, though expensive, and no certified standard material is currently sold. For monitoring purposes, a combination of screening methods followed by a chemical confirmatory analysis, such as LC-MS, is commonly used to detect palytoxins. Other methods for PLTX analysis include mouse bioassay, cytotoxicity assays, haemolysis assays, receptor binding assays, and immunoassays. Even if there were no food poisoning from palytoxin in the Mediterranean countries, the toxin was detected in shellfish, which gave positivity to the official test for the lipophilic toxins of algal origin (okadaic acid and derivatives, azaspiracids, yessotoxins and pectenotoxins). Some different experiments were applied in the evaluation of palytoxin toxicity in this study (Haemolytic assay, sandwich ELISA, LC-MS/MS and cytotoxicity studies were carried out). Haemolytic assay, carried out incubating mouse erythrocytes with palytoxin for 4 h (standard assay) or for 1 h in diluted PBS (abbreviated assay) is able to detect palytoxin at picomolar concentrations. Nevertheless, with the aim to detect the toxin in mussels, a significant matrix effect impairing the toxin quantification was observed already at the mussel extract concentration of 0.048 mg edible tissues equivalents/mL, which was more evident by the abbreviated assay. However, most of the experiments lack specificity or have other limitations. Thus, an indirect sandwich ELISA has been set up. The ELISA assay (indirect sandwich) was developed using the monoclonal antibody 73D3, and a rabbit polyclonal antibody produced at the University of Trieste. The assay detects the PLTX in a range of concentrations ranging from 1.25 to 40 ng/ml and is able to quantify with very similar sensitivity also biotinilated PLTX as well as 42-OH-PLTX, this latter isolated and characterized from the chemical point of view during the latter years from the group of prof. E. Fattorusso (University of Naples Federico II), in a sample of palytoxin kindly provided by Dr. M. Poly (Maryland, USA). The incapacity to detect okadaic acid (OA), domoic acid (DA), brevetoxin-3 (PbTx-3), saxitoxin (STX) and yessotoxin (YTX)(toxins that may be present along with PLTX in fish contaminated) indicates the specificity of the assay. The structure of Palytoxins is very complex. In addition to this structural complexity, there is still a lack of knowledge about the different congeners involved in this contamination and therefore there is still a very limited availability of standards and reference materials. These issues made difficult the advances in the development and optimization of analytical methods, particularly in the case of LC-MS/MS. Despite of this, a significant progress has been made over the last few years in the development of analytical techniques, particularly on LC-MS/MS approaches. In this part of the study, a LC-MS/MS method was optimized for the analysis of PLTXs in order to be able to detect, quantify and confirm the presence of this toxins in natural samples. During the PhD period, there was the possibility to get some natural contaminated samples to be evaluated by ELISA developed assay and then compare the results with the analysis by the developed LC-MS/MS method. The study was carried out with samples from 3 distinct sites characterized by having different coastal morphologies and continental hydrodynamic conditions: i) Madeira Islands’ archipelago in the NE Atlantic Ocean, Selvagens island in particular (Long, Lat) during the upwelling of August 2008; ii) Cascais, on the west coast of Portugal mainland, located at the northern side of Lisbon bay during the upwelling occurred during the favourable northerly wind periods (from April to September 2011); and iii) Algarve, Lagos, on the South Portuguese coast, also in 2011.
RIASSUNTO Biotossine prodotte da alghe nocive durante la loro proliferazione possono essere accumulati da organismi di alimentazione per filtrazione, come molluschi bivalvi, nell'ambito della loro carne. Inoltre, queste tossine vengono trasferite gradualmente ai livelli trofici superiori della catena alimentare, che rappresenta una minaccia per la salute umana, dopo il consumo di frutti di mare contaminati. Invertebrati con filtro-alimentazione sono organismi in cui l'accumulo di tossine, è un fenomeno ben noto, soprattutto durante fioriture algali nocive. Cozze, vongole, ostriche e capesante si nutrono di dinoflagellati tossici, trasferendoli dalle branchie agli organi digestivi, dove le tossine si accumulano. Diverse tossine algali possono contemporaneamente contaminare molluschi commestibili, che rappresenta un problema mondiale sanitario ed economico. Tra questi, Palitossina (PLTX) è un composto altamente tossico poliossidrilato associato ad intossicazioni ittici dell'uomo nelle zone tropicali e subtropicali, ma recentemente è stato rilevato anche in microalghe e molluschi dalle zone temperate, come il Mare Mediterraneo. Negli ultimi anni, anche yessotossina (YTX) è stato spesso rilevato nei mitili dal Mare Mediterraneo e una possibile co-esposizione sia PLTX e YTX può avvenire attraverso il consumo di frutti di mare contaminati. Pertanto, la ricerca è stata inizialmente concentrata sul rilevamento e la quantificazione di PLTX e YTX nei mitili raccolti nel Golfo di Trieste, al fine di verificare la contaminazione simultanea nei frutti di mare da queste tossine e, in seguito, per studiare i loro effetti tossici dopo esposizione orale simultanea. Analisi mediante cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (LC-MS) non ha rivelato la presenza di PLTX in mitili ma è stata identificata la presenza di YTX insieme alle tossine diarroiche acido okadaico (AO) e suoi esteri. Di conseguenza, l'obiettivo finale di questa parte della ricerca è stata la determinazione di queste tossine nei mitili del Golfo di Trieste mediante LC-MS così come quella di AO e suoi esteri da un saggio funzionale, il Saggio d’inibizione Proteina Fosfatasi 2A (PP2A)(confrontando i risultati ottenuti da due diversi protocolli per il saggio PP2A). Questi test sono stati utilizzati per l'analisi di campioni di mitili sia crude e cotte, per verificare l'influenza della procedura di riscaldamento sul contenuto di tossina nei mitili. A livello globale, nessuna differenza significativa nella concentrazione di tossine tra cozze crude e cotte è stata osservata. Tuttavia, confrontando i dati dei singoli campioni, un lieve aumento (non statisticamente significativo) delle concentrazioni di tossine è stato rilevato nelle cozze cotte rispetto a quelli crude. L'analisi dei mitili per LC-MS/MS rilevò anche la presenza di quantità significativa di yessotossina. Contrariamente alle tossine gruppo OA, yessotossina era leggermente meno concentrata nelle cozze cotte, probabilmente a causa della sua polarità superiore che permette una dissoluzione in acqua persa durante la cottura. Altrimenti e come è stato detto prima, la palitossina prodotta da Ostreopsis sps. microalghe sono diventate un problema in più occasioni per la partecipazione dell'ambiente costiero, sia per la ricreazione e per le imprese, con una perdita, così come per la salute pubblica, anche per il turismo e l'industria dell'acquacoltura. Globalizzazione del mercato mondiale, i cambiamenti climatici e l'aumento del traffico all'estero sono considerati il principale responsabile della comparsa di queste tossine. L'espansione di queste tossine per le regioni temperate può essere dovuto in parte alla acque di zavorra delle navi e anche a cambiamenti delle condizioni climatiche generali, tanto da indurre la formazione di fioritura. Nonostante e dovuto alla estensione dell'area contaminata, alcuni metodi sono disponibili per il rilevamento e la quantificazione di palitossina in frutti di mare. Inoltre, tra palitossine, solo palitossina è disponibile in commercio, anche se costoso, e nessun materiale standard certificato è attualmente venduto. A scopo di monitoraggio, una combinazione di metodi di screening seguita da una analisi chimica di conferma, ad esempio LC-MS, è comunemente utilizzato per rilevare palitossine. Altri metodi di analisi includono PLTX biotest sui topi, saggi di citotossicità, saggi emolici, saggi di legame al recettore e saggi immunologici. Anche se non ci sono stati identificate intossicazione alimentare da palitossina nei paesi del Mediterraneo, la tossina è stata rilevata nei molluschi, che ha dato positività al test ufficiale per le tossine lipofile di origine algale (acido okadaico e derivati, azaspiracidi, yessotossine e pectenotossine). Alcuni esperimenti diversi sono stati applicati nella valutazione della tossicità della palitossina in questo studio (saggio emolitico, ELISA, LC-MS/MS e studi di citotossicità sono state effettuate). Saggio emolitico, effettuato incubando eritrociti di topo con palitossina per 4 h (saggio standard) o per 1 h in PBS diluito (saggio abbreviato) è in grado di rilevare la palitossina a concentrazioni picomolari. Tuttavia, con lo scopo di rilevare la tossina nelle cozze, un significativo effetto matrice ledere la quantificazione di tossina è stata osservata già alla concentrazione di estratto di cozze 0,048 mg equivalenti tessuti commestibili/mL, che è stato più evidente con il saggio abbreviato. Tuttavia, per la maggior parte degli esperimenti mancano specificità o hanno altre limitazioni. Così, un indiretto sandwich ELISA è stato istituito. Il saggio ELISA (sandwich indiretto) è stato sviluppato utilizzando gli 73D3 anticorpi monoclonali, e un anticorpo policlonale di coniglio prodotto nella Università di Trieste. Il saggio rileva la PLTX in un intervallo di concentrazioni variabili 1,25-40 ng / ml ed è in grado di quantificare con sensibilità molto simile anche PLTX biotinilata così come 42-OH-PLTX, quest'ultimo isolata e caratterizzata dal punto di vista chimico durante gli ultimi anni dal gruppo del prof. E. Fattorusso (Università degli Studi di Napoli Federico II), in un campione di palitossina gentilmente fornito dal Dr. M. Poli (Maryland, USA). L'incapacità di individuare acido okadaico (AO), acido domoico (AD), brevetossina-3 (PbTx-3), saxitossina (STX) e yessotossina (YTX) (tossine che possono essere presenti insieme a PLTX nel pesce contaminato) indica la specificità del dosaggio. La struttura della palitossina è molto complessa. In aggiunta a questa complessità strutturale, vi è ancora una mancanza di conoscenza sui diversi congeneri coinvolti in questa contaminazione e quindi c'è ancora molto limitata disponibilità di standard e materiali di riferimento. Questi problemi reso difficili gli progressi nello sviluppo e ottimizzazione di metodi analitici, in particolare nel caso di LC-MS/MS. Nonostante, un progresso significativo è stato compiuto negli ultimi anni allo sviluppo di tecniche analitiche, in particolare su approcci LC-MS/MS. In questa parte dello studio, un metodo LC-MS/MS stato ottimizzato per l'analisi di PLTXs per essere in grado di rilevare, quantificare e confermare la presenza di queste tossine in campioni naturali. Durante il periodo di dottorato di ricerca, c’è stata la possibilità di ottenere alcuni campioni naturali contaminati da valutare tramite il saggio ELISA sviluppato e poi confrontare i risultati con l'analisi con il metodo sviluppato di LC-MS/MS. Lo studio è stato effettuato con campioni da 3 posti diversi caratterizzati d’avere diverse morfologie e condizioni idrodinamiche costiere continentali: i) arcipelago Isole Madeira nel nord-orientale dell'Oceano, Selvagens isola in particolare durante il mese di agosto 2008; ii) Cascais, sulla costa occidentale del Portogallo continentale, che si trova sul lato settentrionale della baia di Lisbona durante i periodi favorevoli di vento dal nord (da aprile a settembre 2011), e iii) Algarve, Lagos, sulla costa sud-portoghesa, anche nel 2011.
XXV Ciclo
1983
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37

Faudale, Mariangela. "Studio dell'attività antinfiammatoria ed antimicrobica di prodotti vegetai derivati da Hippophae Rhamnoides L. e da Plantago Major L. per il controllo della mastite negli allevamenti biologici." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3522.

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Abstract:
2008/2009
L’attività di ricerca svolta durante l’attività di dottorato si colloca nell’ambito del progetto PhytoVet, finanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, volto ad individuare molecole ad attività antinfiammatoria ed antimicrobica, utili nel trattamento della mastite negli animali da reddito. Sono state studiate le proprietà antinfiammatorie ed antimicrobiche dei frutti di Hippophae rhamnoides (olivello spinoso) e delle foglie di Plantago major (piantaggine maggiore), due piante presenti sul territorio regionale. Lo scopo è stato quello di individuare frazioni o composti dotati di tali proprietà da utilizzare nella preparazione di formulazioni per il trattamento della mastite bovina anche negli allevamenti biologici. Il regolamento comunitario CE 1804/99 ha, infatti, introdotto il divieto dell’utilizzo di farmaci allopatici e i successivi interventi sulla normativa hanno confermato il provvedimento. Da qui è nata la necessità di prendere in considerazione metodi alternativi di cura. I frutti di olivello spinoso e le foglie di piantaggine maggiore sono stati sottoposti sia ad estrazioni con solventi organici a diversa polarità, che ad estrazioni acquose. Seguendo il metodo del frazionamento guidato dal saggio biologico, sono state analizzate le capacità antinfiammatorie ed antimicrobiche degli estratti ottenuti e solo quelli risultati attivi sono stati poi frazionati fino ad identificare i composti responsabili di tali attività. Nelle foglie di P. major è stato individuato l’acido ursolico, un triterpene dotato di notevoli proprietà antinfiammatorie ed antimicrobiche, evidenziate rispettivamente mediante il test di inibizione della dermatite da olio di Croton nel padiglione auricolare del topo e mediante saggi in vitro su ceppi microbici coinvolti nella mastite. Verificate tali proprietà, è stata messa a punto una formulazione per somministrazione intramammaria, contenente l’acido ursolico, da sperimentare in vivo negli ovini, a cui è stata indotta la mastite mediante un inoculo di Staphylococcus epidermidis, nei confronti del quale il triterpene ha mostrato una notevole attività battericida nel corso dei precedenti studi in vitro. Lo studio in vivo negli ovini con mastite è tuttora in corso.
XXII Ciclo
1976
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38

Spagnul, Cinzia. "Synthesis and evaluation of new metal-porphyrin conjugates for biomedical application." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7853.

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Abstract:
2010/2011
This thesis reports the synthesis, the characterization and the biological evaluation of new classes of metal-porphyrin conjugates for potential bio-medical applications. [Ru([9]aneS3)(N-N)(L)][X]n where N-N = nitrogen chelating ligand such as ethane-1,2- diamine (en) orbpy, L = S-dmso, Cl and X = CF3SO3 or PF6, n = 2 or 1 respectively), [Ru([9]aneN3)(dmso-S)2Cl]Cl, fac-[99mTc (CO)3(H2O)3]+ and [NEt4]2 fac-[ReBr3(CO)3] were chosen as metal fragments. In the first section we describe different synthetic approaches to the preparation of porphyrin conjugates with Ru(II) coordination compounds. Ru (II) fragments were chosen they have shown a promising anticancer activity both in vitro and in vivo, in murine models. Water solubility in an important feature for biomedical application but usually porphyrins are fairly or not water soluble. The conjugation of a metal fragment to a porphyrin, beside increasing the solubility of the porphyrin macrocycle, is an intriguing alternative for making water soluble compounds that are expected to combine the cytotoxicity to the metal fragment to the phototoxicity of the porphyrins for an additive antitumor effect. We varied the number and charge of the peripheral Ru fragments, and described conjugates whose total charge ranges from +4 to +8. We showed that the connection can occur through a single coordination bond (N(pyridyl)–Ru) or through multiple coordination bond (through a chelating bpy unit). We demonstrated that meso-pyridylporphyrins (PyPs), besides being synthetically more affordable, allow to tune the geometry of the conjugates. We showed that in the series of porphyrins with peripheral bpy units at meso positions, it is possible to vary the metal fragment and the length and the flexibility of the connectors between the bpyAc peripheral moieties and the meso C atoms to obtain compounds with different solubility Finally some or those conjugates were evaluated as potential PDT agents. Singlet oxygen quantum yield was evaluated for all of them as useful parameter. The in vitro cell growth inhibition of some of such conjugates toward MDA-MB-231 human breast cancer cells and HBL-100 human non tumorigenic epithelial cells are reported, together with their phototoxic effects onMDAMB-231 cells. All conjugates have IC50 values in the low micromolar range that decrease by 1 order of magnitude upon irradiation of cell cultures with visible light. This make them promising for PDT of cancer. In the second section we describe the first example of 99mTc – porphyrins conjugates where the connection between the metal fragment and the porphyrins macrocycle occurred at the periphery of the cromophore, at meso position. In radiopharmaceutical chemistry it is common to compare the retention time in the HPLC in the radiochromatogram of the 99mTc conjugate with the UV-vis trace of the corresponding non-radioactive Re congener to confirm the success of the labeling and to characterize unambiguously the 99mTc-conjugate. By an accurate characterization of the water soluble porphyrinic precursors and of the Re(I) congeners, we were able to establish, for the first time, that only one [99mTc (CO)3]+ fragment is bounded at the periphery of the porphyrins. Furthermore, all the 99mTc/Re-porphyrin conjugates were obtained with high purity level and reasonable to good yields. The total charge ranges from +1 to +3. Stability studies performed by HPLC on the 99mTc-conjugates revealed an high stability under air at room temperature, in absence or presence of cells up to 30 minutes to 24 hours. Since natural and synthetic porphyrins and metalloporphyrins are the most useful photosensitizers for PDT, we decided to evaluate the water soluble porphyrinic precursors and the Re(I)-porphyrins conjugates as potential photosensitizers for PDT. The in vitro cell uptake, the cell growth inhibition toward HeLa cells are reported, together with their phototoxic effects on the same cell line. All conjugates revealed a negligible cytotoxicity (IC50 values higher than 100 mM) after 24 h of exposure. Those value decrease by 1 order or magnitude upon irradiation with visible light (590-700 nm) at mild light doses ( 5 J/cm2). We found that compounds uptake after 24h exposure is significantly different, and it does not affect appreciably their cytotoxicity. On the contrary, the phototoxicity is directly related to the ability of the compounds to penetrate cells. They proved to have from moderate to good singlet oxygen quantum yields and high photostability. Taken together, those results make them promising for PDT of cancer.
XXIV Ciclo
1983
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39

Fabbro, Chiara. "Carbon nanotechnologies for drug delivery." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4787.

Full text
Abstract:
2009/2010
Le nanotecnologie si sono sviluppate molto rapidamente negli ultimi decenni, grazie all’invenzione di un crescente numero di tecniche che permettono di lavorare su scala nanometrica. Il grande interesse in quest’area trae origine dalle sue svariate possibili applicazioni in diversi campi, quali l’elettronica, dove la miniaturizzazione ha un ruolo fondamentale, ma la medicina. Infatti, lo sviluppo di un sistema ‘intelligente’ capace di eseguire un compito specifico all’interno del nostro organismo in modo controllato, sia in campo diagnostico che terapeutico, è lo scopo di una nuova branca della ricerca, la nanomedicina. Per raggiungere un così notevole obiettivo, è necessario un vettore di dimensioni nanometriche, e i nanotubi di carbonio (CNTs) rappresentano uno dei migliori candidati. Lo scopo di questo lavoro di tesi era lo studio di questa opportunità e, in particolare, della possibile applicazione di nanostrutture di carbonio per la veicolazione di farmaci. Nell’Introduzione (Capitolo 1), viene fatta una breve panoramica sui CNTs, spiegando le loro più importanti caratteristiche e le questioni fondamentali associate alla loro manipolazione. Vengono descritte le diverse possibilità esistenti per la funzionalizzazione dei CNTs, concentrandosi soprattutto sugli approcci covalenti sfruttati in questa tesi, ossia l’ossidazione e la conseguente amidazione dei gruppi carbossilici così introdotti, e la cicloaddizione 1,3-dipolare di ilidi azometiniche. Sono poi trattate le principali tecniche di caratterizzazione impiegate, illustrandone i vantaggi e le limitazioni. In seguito viene affrontato il tema molto controverso della tossicità dei CNTs, in termini di possibili conseguenze a una loro esposizione e di rischio per chi lavora in questo campo. Infine viene fatto un dettagliato resoconto della letteratura esistente sull’applicazione dei CNTs per la veicolazione di farmaci, ponendo l’accento in particolare sugli svantaggi connessi agli approcci non-covalenti, e focalizzando poi l’attenzione sulle diverse strategie di indirizzamento specifico studiate a oggi nella nanomedicina con i CNTs. Nel Capitolo 2, viene presentato uno studio sull’accorciamento di nanotubi di carbonio a parete singola (SWCNTs), come strategia per ottenere un materiale con migliori caratteristiche di solubilità, estremamente importante per qualsiasi applicazione biomedica. Vengono esplorate due diverse possibilità. Nella prima parte, si descrive il trattamento ossidativo di SWCNTs con una miscela di oleum e acido nitrico, e la loro completa caratterizzazione, per la produzione di nanotubi accorciati e disaggregati, recanti funzioni carbossiliche, con un grande miglioramento nella dispersibilità. In seguito viene descritto un trattamento basico per la rimozione delle impurezze carboniose amorfe introdotte dall’ossidazione. In aggiunta, viene riportato per la prima volta un fenomeno di ri-pristinizzazione dei SWCNTs ossidati, mediante trattamento laser. La seconda parte del Capitolo 2 riguarda l’accorciamento meccano-chimico di SWCNTs, come alternativa all’approccio in soluzione. Vengono mostrate diverse caratterizzazioni complementari dei SWCNTs ottenuti, sottolineando la possibilità, molto interessante, di controllare la qualità del prodotto finale variando le condizioni sperimentali. Il Capitolo 3 tratta la coniugazione covalente di CNTs e anticorpi (Abs), con lo scopo di valutare due diverse opportunità. Gli anticorpi, infatti, possono mediare l’indirizzamento specifico di un nanovettore a base di CNTs, con possibili applicazioni terapeutiche e diagnostiche. Viceversa, i CNTs possono mediare l’internalizzazione cellulare degli Abs, aprendo così la strada a svariate possibilità terapeutiche a livello intracellulare, a oggi inesplorate. La preparazione di diversi coniugati covalenti Ab-CNT viene descritta, utilizzando nanotubi a parete doppia (DWCNTs) o multipla (MWCNTs), e sia Abs interi, sia frammenti degli stessi. Inoltre viene descritta una doppia funzionalizzazione dei CNTs, volta a introdurre simultaneamente una sonda necessaria per gli studi biologici. Vengono poi presentate diverse caratterizzazioni complementari dei coniugati, per dimostrare l’efficacia della strategia covalente adottata, e la preservata capacità dell’Ab legato ai CNTs di riconoscere il suo specifico antigene. Infine, vengono presentati alcuni risultati biologici preliminari. Nel Capitolo 4, viene descritta la funzionalizzazione del fullerene C60 e dei CNTs, sia pristine che ossidati, per lo studio della veicolazione della doxorubicina, un farmaco antineoplastico. Il farmaco viene legato sia in maniera diretta che indiretta, mediante l’introduzione di una catena peptidica scindibile a livello intracellulare, al fine di mediarne il rilascio. Viene data una dettagliata descrizione delle procedure sintetiche adottate, oltre alla caratterizzazione spettroscopica di tutti i composti preparati. Infine vengono illustrati i primi risultati biologici ottenuti sui derivati fullerenici. In conclusione, il presente lavoro di tesi descrive la funzionalizzazione di diversi tipi di CNTs mediante un approccio covalente, con un’analisi critica dei risultati, tramite l’utilizzo di svariate tecniche di caratterizzazione. Tutti i derivati preparati trovano potenziale applicazione nel campo della nanomedicina, contribuendo alla comprensione e allo sviluppo di questa scienza così affascinante e promettente.
Nanotechnology underwent a very rapid development in the last decades, thanks to the invention of different techniques that allow reaching the nanoscale. The great interest in this area arises from the variety of possible applications in different fields, such as electronics, where the miniaturization of components is a key factor, but also medicine. The creation of smart systems able to carry out a specific task in the body in a controlled way, either in diagnosis or in therapy, is the ultimate goal of a newborn area of research, called nanomedicine. In fact, to reach such an outstanding objective, a nanometre-sized vector is needed and carbon nanotubes (CNTs) are among the most promising candidates. The aim of this thesis was to study this opportunity, and in particular, the possible application of carbon nanostructures for drug delivery. In the Introduction (Chapter 1), an overview on CNTs is given, explaining their main features and the key issues associated with their manipulation. The different existing possibilities for CNT functionalization are described, focusing the attention on the covalent approaches exploited in this thesis, namely oxidation and subsequent amidation of carboxyl groups, and 1,3-dipolar cycloaddition of azomethine ylides. The main characterization techniques used are then described, illustrating their advantages and their limitations. Subsequently, the very controversial issue of CNT toxicity is analysed, in terms of possible consequences to CNT exposure and risk for the workers in the field. Finally, a detailed account of the existing literature on CNT application for drug delivery is given, underlining the drawback of non-covalent approaches, and then focusing on the different targeted strategies studied so far in CNT-based nanomedicine. In Chapter 2, a study on shortening of single-walled carbon nanotubes (SWCNTs) is presented, as a strategy to obtain a more soluble material, quite important for any medical application. Two different options are explored. In the first part, an oxidative treatment of SWCNTs, with a mixture of oleum and nitric acid, is described, reporting a detailed characterization, for the production of shortened and disentangled CNTs, bearing carboxyl groups, with a big improvement in dispersibility. Subsequently, an alkaline treatment, for the removal of the amorphous carbonaceous material introduced with the oxidation, is shown. In addition, a laser-mediated re-pristinization of the oxidized SWCNTs is reported for the first time. In the second part of Chapter 2, a mechanochemical shortening of SWCNTs is presented, as an alternative to the wet chemistry approach. Different complementary characterizations of the SWCNTs obtained are shown, to highlight the very interesting possibility to control the quality of the final product, by tuning experimental conditions. In Chapter 3, the covalent conjugation of CNTs and antibodies (Abs) is presented, with the aim of studying two different opportunities. Abs could mediate the specific targeting of a CNT-based nanovector with possible applications in both therapy and diagnosis. On the other hand, CNTs could mediate the cellular uptake of Abs, thus paving the way to a variety of unexplored intracellular, Ab-based, therapeutic possibilities. The preparation of different kinds of covalent Ab-CNT conjugates is described, with both double-walled carbon nanotubes (DWCNTs) and multi-walled carbon nanotubes (MWCNTs), using either the whole Ab or smaller fragments. Moreover, a double functionalization strategy is reported, for the simultaneous introduction of a probe, required for biological studies. Different complementary characterizations of the conjugates are presented, to prove the effectiveness of the covalent strategy and the preserved capability of the Ab, bound to CNTs, to specifically recognize its antigen. Also, some preliminary biological data are shown. In Chapter 4, the functionalization of both fullerene C60 and CNTs, either pristine or oxidized, is presented, for studying the delivery of the antineoplastic drug doxorubicin. The drug is attached either directly or introducing a cleavable peptidic sequence to trigger its release inside cells. A detailed account on the adopted synthetic procedure is reported, together with the spectroscopic characterization of all the constructs. Furthermore, preliminary biological data on the fullerene derivatives are presented. In conclusion, the present thesis reports the covalent modification of different kinds of CNTs, described in a critical way, with the aid of many characterization techniques. All the different constructs prepared could find an application in nanomedicine, giving a contribution to the understanding and the development of this fascinating and promising field.
XXIII Ciclo
1983
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40

Marangoni, Tomas. "Non-covalent nanostructuration of chromophoric organic materials." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7852.

Full text
Abstract:
2010/2011
In the last few decades materials possessing well-defined structural properties on the nanoscale and microscale have shown to be extremely promising for applications in several fields, such as microelectronics, biology, and solar cells fabrication. This is due to the fact that the manufacture of organic-based devices, for any kind of application, requires the development of reproducible protocols to engineer materials featuring precise structural properties. To improve control on the nanoscale level, both bottom-up and top-down approaches have been intensively exploited to date. Although nowadays the second is still predominant at applicative level, Moore’s law foresees its final limit in a few years. In this context strong hope is coming from the possibility to control, in a defined way, the assembly of opportunely functionalized molecules, called building blocks, through the exploitation of particular type of non-covalent interactions. For this purpose the key concepts proper of the supramolecular chemistry has been revealed to be extremely promising for the preparation of nano-aggregates provided with well defined structural and functional properties. In this context one of the factors that crucially affects the process of nanostructuration through non-covalent interactions is the geometrical and structural property of the single building blocks used. Indeed, the geometric structure of molecules can considerably influence their ability to self-organize into more complex objects and therefore by an accurate development of the structural characteristic of the single molecular module it will be possible to tune the structure and the properties of the final material. Unfortunately in this context, even if great efforts have been undertaken by the scientific community to prepare well defined nanostructures through a supramolecular approach, the possibility to perfectly control the transmission of the geometrical informations from the molecular level to the final nanostructure still remains a partially unresolved task due to the high number of physical and chemical variables correlated to the self-assembly/self-organization process. The aim of this thesis consists into the design and synthesis of a novel library of molecules, equipped with desired molecular functionalities, which by means of hydrogen bonding interactions can self-assemble and generate different types of nanostructured materials that can be studied at the geometrical and morphological level by means of the combined use of different microscopic techniques such as Transmission Electron Microscopy (TEM) or Atomic Force Microscopy (AFM). Intrinsically, our goal is to shed further light on the structural features of the molecular recognition process, leading to the formation of the final nanostructured material, giving the maximum importance to the investigation of the transfer of geometrical informations from the single building block to the final nanostructure. In the first part of Chapter 1, the reader is introduced to the basic principle regarding the engineering of nanostructured materials through the different types of non-covalent interactions (hydrogen bonds, electrostatic, aromatic-aromatic and coordinative interactions) with a particular emphasis on the operative procedure developed in the last ten years. In the second part of the chapter instead, the attention is focused on the detailed description of the design and preparation of the nanostructuration process of the material through hydrogen bonds systems. In Chapter 2, the first part of the experimental work of this thesis is introduced. In this context the synthesis of a molecular library of building blocks able to self-assembly via heterocomplementary H-bonds interactions and self-organize into different types of nanostructure if thermally stimulated, is reported. As for our precedent studies on the subject, the molecular modules used feature complementary terminal H-bonding sites, namely 2,6-di(acetylamino)pyridyl) and uracil moieties, which are connected to different aromatic units through linear ethynyl spacers. The peculiarity of the building blocks adopted for this study is centred on the fact that they possess as H-bonds recognition units uracil moieties protected with the tert-butyloxycarbonyl (BOC) group at the level of their imidic nitrogen. Due to the thermal instability of the BOC groups, the heating of the modules results into the cleavage of this protective group, inducing in this way the self-assembly process between the complementary building blocks. The first part of the chapter guides the reader through the synthetic pathway adopted for the preparation and the spectroscopic characterization of the single building blocks, but also through the investigation of the different aspects of the thermal induced self-assembly process, such as the BOC deprotection phenomena and the molecular recognition process. In the second part of the chapter instead, great space will be given to the investigation of the microscopic characterization of the nanostructured morphologies by means of TEM and AFM. In order to have more detailed informations of the nanostructuration process not only the molecular geometry of the single building blocks was studied but also additional physical and chemical factors, such as the solvent composition or the temperature and concentration used, were taken in consideration to obtain the final nanostructure. A further development of the previous work is reported in Chapter 3, in which the self-assembly and self-organization behaviour of axially chiral building blocks based on binaphthol core is studied The principal task of this project regards the investigation of the transmission mechanism of chiral informations from the single building block to the resulting nano-object obtained by the self-assembly process. In the first part of this chapter the synthetic pathway toward the preparation of the single building blocks is discussed and their self-assembly mechanism in solution, is elucidated by means of different spectroscopic techniques, such as 1H-NMR, UV-Visible and Circular-Dichroism spectroscopy. The second part of the chapter is instead focused on the morphological aspects of the self-organized nanostructures deriving from the assembly of the chiral building blocks. In this context the morphology and the geometrical aspects of the resulting nanostructured materials were investigated by means of different microscopy techniques such as TEM and AFM. Moreover, a detailed evaluation of the morphological changes affecting the structure of the nanomaterial in relation with the solvent composition (i.e polarity) is performed, in order to determine at the same time the best conditions necessary for the preparation of nanostructures provided with a controlled shape and to shed some light on the organization mechanism. As last topic performed during this thesis, in Chapter 4 the supramolecular polymerization process was exploited in order to prepare nanostructured material provided with a certain degree of functionality. For this purpose a template approach was used in order to create hybrid material based on the self-assembly of organic supramolecular polymers onto an electroactive support. In this work we decided to use as template nanomaterial Multi-Wall Carbon Nanotubes (MWCNTs), due to their outstanding electronical properties, and high aspect ratio character that makes them excellent candidate for any eventual application in nanoelectronic devices. Unfortunately the main drawback of this kind of nanomaterial is their low solubility in almost any organic solvent that decreases drastically their applicability. To avoid this drawback, we decided therefore to functionalize the pristine MWCNT following a supramolecular approach. For this purpose a series of di-porphyrin derivatives, able to form a supramolecular polymer through axial coordination, are synthesized. The ability of these compounds to produce polymers by coordination with the bidentate ligand 1,2-(4-(bispyridyl))-ethane was evaluated by means of different spectroscopic techniques, such as UV-Visible and Fluorescence spectroscopy, whereas the morphological aspects of the nanostructure resulting from their self-organization was studied by AFM images. Finally the obtained supramolecular polymers were used to prepare highly soluble MWCNTs, provided at the same time of a large number of antenna systems that can be of high importance for the preparation of nanoelectronic devices. All the nanostructured systems described in this thesis provide a remarkable series of examples of the tremendous potential that the supramolecular approach possess for the fabrication of molecular devices of new generation, which are hardly achievable using the miniaturizing methods that are nowadays the most exploited.
XXIV Ciclo
1984
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
41

Corvaglia, Valentina. "pna - assisted cellular migration on patterned surfaces." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8646.

Full text
Abstract:
2011/2012
ABSTRACT - The ability to control the cellular microenvironment, such as cell-substrate and cell-cell interactions at the micro- and nanoscale, is important for advances in several fields such as medicine and immunology, biochemistry, biomaterials, and tissue engineering. In order to undergo fundamental biological processes, most mammalian cells must adhere to the underlying extracellular matrix (ECM), eliciting cell adhesion and migration processes that are critical to embryogenesis, angiogenesis, wound healing, tissue repair, and immunity response, to cite few. For instance, upon receiving and responding to complex molecular signals, cells migrate from the epithelial layers to target locations, where they differentiate to form specialised cells that make up various organs and tissues. However, improper cell adhesion and migration have been implicated in disease states such as tumour invasion and cancer cell metastasis. In the past few years, several tailored surfaces that aim to mimic cell-ECM interactions have been developed, including biodevices based on proteins and shorter peptide chains, DNA, RNA, and lipids. Among the different nanomaterials employed in such studies, those resulting from self-assembled monolayers (SAMs) of alkanethiols on gold (Au) probably represent the most useful and flexible model systems of surface engineering for cell biology evaluations. These platforms are promising for tuning surface properties or to introduce novel biofunctionalities via coupling reactions with various alkanethiols tail groups that can be exposed to the solution phase. Deeply involved in this research field, the aim of this doctoral work was to gain a basic understanding and develop chemical strategies towards the controlled multidirectional (i. e. bidirectional) cellular migration on tailored Au surfaces. As already described, several artificial substrates were prepared in the last years to better understand the cellular responses to different mechanical and biochemical surface properties. To date, however, no reports concerning the bidirectional movement of the cells along a defined substrate have been published. The controlled multidirectional migration offers several advantages respect to the monodirectional approach, since the cellular functions can be obtained and, in principle, recycled with spatio-temporal control. In fact, once the cells reach the target position along the surface and perform specific biochemical or physiological cellular functions (repair, growth, movement, immunity, communication, and phago/endocytosis), the reversible movement could allow to recall them back to the starting position. By this way, also studies of dynamic cell-cell interactions can also be exploited allowing for a deeper knowledge about the fundamentals of the cell biology and biochemistry. The multidirectional migration can be determined through the production of dynamic haptotactic chemical gradients along Au surfaces. Specifically, the long-term idea of this project is to use SAMs of thiolated DNA chains (DNA-SH) adsorbed onto Au surfaces as a template for the hybridisation with complementary peptidic nucleic acid (PNA) strands functionalised with peptidic motifs able to stimulate cellular motility. By this way, supramolecular chemical gradients of motogenic motifs can be bound in a directional manner onto Au surfaces and dictate a dynamic bidirectional cell migration. Framed in such research project, this doctoral thesis focused on the production of a static, monodirectional and motogenic gradient along Au surfaces, to prove the efficacy of a specific peptidic motif, and generate modified PNA strands necessary for the production of the corresponding dynamic gradients. Chapter 1 deals with a careful description of the biochemical mechanisms involved in the cellular migration process, focusing on the chemotaxis and haptotaxis phenomena. Through a comprehensive overview on the state of the art concerning the biomimetic approaches for studying the cellular migration, the main strategies towards the engineering of different surfaces, have been thoroughly reviewed by means of key examples reported in the literature. Chapter 2 is centred on the results obtained by producing and using the thiolated peptide isoleucine-glycine-aspartic acid-glutammine-lysine-1-thiol decanoic acid (IGDQK-SH) as a motogenic motif for both cells found in physiologic environment (fibroblasts) and phatological conditions (MDA-MB-231 cancer cells). Upon synthesising IGDQK-SH (1), a systematic approach for the generation of the motogenic chemical gradient along Au surfaces has been developed. Evidences of the success of the preparation of such static chemical gradient were obtaining by engaging specific characterisation methodologies, such as water contact angle (WCA), Atomic Force Microscopy (AFM) and X-ray photoelectron spectroscopy (XPS) analysis, along with computational analysis of peptide’s conformations once bound to the different Au surfaces. This allowed determining the biophysical properties, morphology, chemical composition and possible structure of the resulting Au surfaces, respectively. IGDQK-SH chemical gradient was able to induce and control the cellular migration of the two different cell lines showing interesting differences related to the surface properties and peptide’s conformations after the formation of SAMs in the presence of filler molecules with different hydrophobicity. In particular, the experimental findings suggested a pronounced migration attitude of the cancer cells upon their exposition to the IGDQK-SH-bearing surfaces, compared to the fibroblasts. This result might suggest a role of the IGD motif in the stimulation of the cancer cells towards their enhanced motility and metastatic progression in vivo, and is currently under investigation. Once proved the efficiency of the motogenic peptide, we moved towards the final goal of the project synthesising two functionalised single-stranded PNA dodecamers (ssPNA 12-mers) 30 and 31 bearing the Rhodamine B and the tetrapeptide IGDQ for characterising the chemical gradient through microscopy-based investigations and stimulate cell motility, respectively. Chapter 3 indeed provides a general overview on the different methodologies available for the solid phase peptide synthesis (SPPS) describing the synthetic attempts to produce the desired PNAs. Attention will be focused on the Fmoc/Cbz protecting group strategy, which allowed us to isolate the target PNA oligomers.
RIASSUNTO - Lo studio e il controllo dei microambienti cellulari, quali interazioni cellula-superficie e cellula-cellula, assumono particolare rilevanza in diversi campi scientifici come medicina e immunologia, biochimica, ingegneria dei tessuti e dei biomateriali. Al fine di svolgere le funzioni biologiche fondamentali, le cellule dei mammiferi devono poter aderire alla matrice extra-cellulare (ECM) sottostante, provocando adesione e migrazione cellulare che risultano essenziali, ad esempio, nei processi di embriogenesi, angiogenesi e riparazione dei tessuti. Infatti, stimolate da complessi segnali molecolari, le cellule migrano dagli strati epiteliali verso il loro target, raggiunto il quale si differenziano e specializzano formando organi e tessuti. Al contrario, anomalie nell’adesione e migrazione cellulare possono dar luogo al sorgere di diverse malattie, quali tumori e metastasi cancerose. Negli ultimi anni sono state progettate e sviluppate diverse superfici, compresi biodispositivi basati su proteine, DNA, RNA e lipidi, con lo scopo di mimare le interazioni cellula-ECM. Tra i nanomateriali impiegati in questi studi, quelli derivanti dalla formazione di self-assembled monolayers (SAMs) di tioli alchilici su oro (Au) rappresentano probabilmente il modello più adatto e flessibile di superfici ingegnerizzate al fine di valutare i fenomeni biologici. Questi sistemi permettono di modulare le proprietà delle superfici o di introdurre nuovi gruppi funzionali attraverso reazioni di coupling, sfruttando la presenza dei gruppi terminali dei tioli che risultano esposti al solvente. Lo scopo di questo lavoro di dottorato è quello di acquisire le conoscenze di base e di sviluppare metodologie chimiche al fine di indurre e controllare la migrazione cellulare multidirezionale (i.e. bidirezionale) su superfici di Au funzionalizzate. Come già descritto, negli anni sono stati impiegati diversi substrati artificiali con lo scopo di meglio comprendere le reazioni cellulari alle differenti proprietà meccaniche e biochimiche di tali superfici. Tuttavia, ad oggi, non sono stati ancora pubblicati studi riguardanti il movimento bidirezionale di cellule lungo un substrato. Rispetto all’approccio monodirezionale, la migrazione multidirezionale controllata offre diversi vantaggi, poiché in questo modo le funzioni cellulari possono essere indotte e, in principio, replicate attraverso un controllo spazio-temporale. Infatti, una volta raggiunto l’obiettivo sulla superficie e svolte le funzioni cellulari specifiche (riparazione, crescita, movimento, immunità, comunicazione, fagocitosi), il movimento reversibile permette di richiamare le cellule alla posizione iniziale. Pertanto, anche lo studio delle interazioni dinamiche cellula-cellula potrà fornire una più approfondita conoscenza della biologia e della biochimica cellulare. La migrazione multidirezionale può essere determinata attraverso la produzione di gradienti chimici dinamici aptotattici su superfici di Au. Nel dettaglio, l’idea alla base di questo progetto è quella di utilizzare SAMs di catene di DNA aventi un tiolo terminale (ssDNA-SH) per la funzionalizzazione di superfici di Au, e usarle come template nell’ibridizzazione con catene complementari di acido nucleico peptidico (PNA) aventi un peptide in grado di stimolare la migrazione cellulare. In questo modo è possibile generare un gradiente chimico supramolecolare direzionale lungo le superfici di Au al fine di ottenere al migrazione cellulare bidirezionale. Questa tesi di dottarato è focalizzata sulla produzione di un gradiente statico, monodirezionale e motogenico su superfici di Au, per provare l’efficacia di un motivo peptidico specifico, e generare filamenti di PNA modificati, necessari per la produzione di corrispondenti gradienti dinamici. Il Capitolo 1 riporta un’accurata descrizione dei meccanismi biochimici coinvolti nei processi di migrazione cellulare, concentrandosi sui fenomeni di chemiotassi e aptotassi. Dopo un’esauriente studio dello stato dell’arte, le principali strategie di funzionalizzazione di diverse superfici sono state dettagliatamente riviste attraverso gli esempi chiave riportati in letteratura. Il Capitolo 2 è centrato sui risultati ottenuti producendo e utilizzando il pentapeptide composto da isoleucina-glicina-acido aspartico-glutammina-lisina-acido decanoico-1-tiolo (IGDQK-SH) come motivo motogenico per le cellule presenti in ambienti fisiologici (fibroblasti) e in condizioni patologiche (MDA-MB-231 cellule cangerogene). Una volta sintetizzato l’IGDQK-SH(1) è stato sviluppato un approccio sistematico per la produzione del gradiente motogenico sulle superfici di Au. Al fine di verificare l’effettiva presenza di tale gradiente sono state utilizzate differenti tecniche di caratterizzazione, quali water contact angle (WCA), Atomic Force Microscopy (AFM) e X-ray photoelectron spectroscopy (XPS) analysis, oltre all’analisi computazionale per stabilire la conformazione del peptide una volta legato alla superficie di Au. Questo ha permesso di determinare le proprietà biofisiche, la morfologia, la composizione chimica e la possibile struttura delle superfici finali di Au funzionalizzate. Il gradiente chimico di IGDQK-SH ha permesso di indurre e controllare la migrazione di due differenti linee cellulari, mostrando interessanti differenze relative alle proprietà della superficie e alla conformazione del peptide dopo la formazione del SAMs in presenza di molecole filler aventi diversa idrofobicità. In particolare, i risultati sperimentali suggeriscono una maggiore attitudine alla migrazione da parte delle cellule cancerogene su superfici di Au funzionalizzate con il peptide IGDQK-SH rispetto ai fibroblasti. Questo risultato potrebbe suggerire un ruolo del motivo IGD nella stimolazione della mobilità e della progressione metastatica in vivo delle cellule cancerogene, ed è attualmente oggetto di ricerca. Una volta provata l’efficienza del peptide motogenico, obiettivo finale di questo lavoro è stata la sintesi di due singoli filamenti di dodecamero di PNA 30 e 31 funzionalizzati rispettivamente con la Rodammina B e il tetrapeptide IGDKQ al fine di caratterizzare il gradiente chimico utilizzando tecniche microscopiche e stimolare la migrazione cellulare. Il Capitolo 3 offre una visione generale sulle differenti metodologie impiegate nella sintesi peptidica in fase solida (SPPS), descrivendo le strategie sintetiche utilizzate per produrre gli oligomeri di PNA necessari, con particolare attenzione per la strategia dei gruppi protettivi Fmoc/Cbz.
RéSUMé - La possibilité de contrôler le microenvironnement cellulaire, telles que les interactions cellule-substrat et cellule-cellule à l’échelle micro et nano, est importante pour les avancées dans certains domaines tels que la médecine et l’immunologie, la biochimie, les biomatériaux, et l’ingénierie tissulaire. Afin d’être soumis aux processus biologiques fondamentaux, la plupart des cellules mammifères doivent adhérer à la matrice extracellulaire sous-jacente (ECM), en induisant des procédés d’adhésion et de migration cellulaires qui sont critiques à l’embryogenèse, l’angiogenèse, la cicatrisation des blessures, la réparation des tissus, et la réponse immunitaire, pour n’en citer que quelques-uns. Par exemple, lorsque les cellules reçoivent et répondent à des signaux moléculaires complexes, elles migrent des couches épithéliales aux emplacements cibles, où elles se différencient afin de former des cellules spécialisées qui constituent divers organes et tissus. Cependant, une adhésion et une migration cellulaire incorrecte ont été impliquées dans des états de maladie tels que l’invasion de tumeur et les métastases de cellules cancéreuses. Au cours des dernières années, plusieurs surfaces confectionnées dans le but d’imiter les interactions cellule-ECM ont été développées, incluant des bio dispositifs basés sur des protéines et des chaines peptidiques courtes, sur l’ADN, l’ARN, et sur des lipides. Parmi les différents nanomatériaux employés dans de telles études, ceux résultants de monocouches auto-assemblées (SAMs) d’alcanethiols sur l’or (Au) représentent probablement les systèmes modèles les plus utiles et flexibles d’ingénierie de surface pour des évaluations biologiques cellulaires. Ces plateformes sont prometteuses pour moduler des propriétés de surface ou pour introduire de nouvelles biofonctionnalités via des réactions de couplage avec divers groupements alcanethiols qui peuvent être exposés à la phase liquide. Fortement impliqué dans ce domaine de recherche, l’objectif de ce travail de doctorat était d’acquérir une compréhension basique et de développer des stratégies chimiques à l’égard de la migration cellulaire multidirectionnelle contrôlée (i.e. bidirectionnelle) sur des surfaces d’Au fonctionnalisées. Comme cela a déjà été décrit, plusieurs substrats artificiels ont été préparés au cours des dernières années afin de mieux comprendre les réponses cellulaires à différentes propriétés mécaniques et biochimiques de surface. Cependant, jusqu’à présent, aucun rapport sur le mouvement bidirectionnel de cellules le long d’un substrat défini n’a été publié. La migration multidirectionnelle contrôlée offre plusieurs avantages par rapport à l’approche monodirectionnelle, puisque les fonctions cellulaires peuvent être obtenues et, en principe, recyclées avec un contrôle spatio-temporel. En fait, une fois que les cellules atteignent la position cible le long de la surface et réalisent des fonctions cellulaires biochimiques ou physiologiques spécifiques (réparation, croissance, mouvement, immunité, communication, et phago/endocytose), le mouvement réversible pourrait permettre de les rappeler à la position de départ. De cette façon, des études d’interactions cellule-cellule dynamiques peuvent également être exploitées, menant à une connaissance plus approfondie des fondamentaux de la biologie et biochimie des cellules. La migration multidirectionnelle peut être établie par la production de gradients dynamiques chimiques haptotactiques le long de surfaces d’Au. Plus précisément, l’idée à long terme de ce projet est d’utiliser des SAMs de chaînes d’ADN thiolées (ADN-SH) adsorbées sur des surfaces d’Au comme modèles pour l’hybridation avec des brins d’acides nucléiques peptidiques (ANP) complémentaires, fonctionnalisés avec des motifs peptidiques capables de stimuler la motilité cellulaire. De cette façon, les gradients chimiques supramoléculaires de motifs motogéniques peuvent être liés d’une manière directionnelle sur des surfaces d’Au et peuvent dicter une migration cellulaire bidirectionnelle dynamique. Cette thèse de doctorat, incluse dans un tel projet de recherche, s’est concentrée sur la production d’un gradient statique, directionnel et motogénique le long de surfaces d’Au, afin de prouver l’efficacité d’un motif peptidique spécifique, et de générer des brins d’ANP modifiés nécessaires à la production des gradients dynamiques correspondant. Le Chapitre 1 donne une description minutieuse des mécanismes biochimiques impliqués dans le procédé de migration cellulaire, se concentrant sur les phénomènes de chimitaxie et haptotaxie. A travers une vue d’ensemble complète sur l’état de l’art des approches biomimétiques pour l’étude de la migration cellulaire, les stratégies principales menant à l’ingénierie de différentes surfaces, ont été revues en détails à l’aide d’exemples clés reportés dans la littérature. Le Chapitre 2 est centré sur les résultats obtenus par la formation et l’utilisation du peptide thiolé isoleucine-glycine-aspartic acid-glutammine-lysine-1-thiol decanoic acid (IGDQK-SH) en tant que motif motogénique pour les cellules à la fois trouvées dans un environnement physiologique (fibroblastes) et dans des conditions pathologiques (cellules cancéreuses MDA-MB-231). Après avoir synthétisé IGDQK-SH (1), une approche systématique pour la génération du gradient chimique motogénique le long de surfaces d’Au a été développée. Des preuves du succès de la préparation de tels gradients chimiques statiques ont été obtenus par des méthodologies de caractérisation spécifiques, telles que des analyses d’angle de contact (WCA), par microscopie à force atomique (AFM) et par spectrométrie photoélectronique X (XPS), accompagné d’analyses informatiques des conformations du peptide une fois lié aux différentes surfaces d’Au. Ceci a permis de déterminer les propriétés biophysiques, la morphologie, la composition chimique et la structure possible des surfaces d’Au résultantes, respectivement. Le gradient chimique de IGDQK-SH a pu induire et contrôler la migration cellulaire de deux différentes lignes cellulaires montrant des différences intéressantes liées aux propriétés de surface et aux conformations du peptide après la formation des SAMs en présence de molécules de remplissage présentant différentes hydrophobicités. En particulier, les résultats expérimentaux ont suggéré une attitude de migration prononcée des cellules cancéreuses, après leur exposition aux surfaces portant l’IGDQK-SH, comparé aux fibroblastes. Ce résultat peut suggérer un rôle du motif IGD dans la stimulation des cellules cancéreuses à l’égard de leur mobilité accrue et progression métastatique in vivo, et est actuellement analysé. Une fois que l’efficacité du peptide motogénique fut prouvée, nous nous sommes penchés sur l’objectif final du projet, en synthétisant deux dodécamères d’ANPs simples brins fonctionnalisés 30 et 31, portant la Rhodamine B et le tétrapeptide IGDQ pour caractériser le gradient chimique par des analyses de microscopie et pour stimuler la motilité de la cellule, respectivement. En effet, le Chapitre 3 donne une vue d’ensemble sur les différentes méthodologies disponibles pour la SPPS décrivant les essais synthétiques afin de synthétiser les ANPs désirés. L’attention sera concentrée sur la stratégie impliquant les groupements protecteurs Fmoc/Cbz, qui nous a permis d’isoler les oligomères d’ANP cibles.
XXV Ciclo
1984
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
42

Bonasera, Aurelio. "Design and Synthesis of Perylene-Based Supramolecular Hybrids for Novel Technological Applications." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11109.

Full text
Abstract:
2013/2014
Negli ultimi 50 anni, l’uomo ha attribuito un valore crescente alla ricerca scientifica in quanto strumento di innovazione e di evoluzione tecnologica. La Scienza è diventata uno strumento in grado di migliorare la qualità di vita dell’uomo portando svariate migliorie, ma anche di cambiare radicalmente il suo stile di vita a seguito di scoperte e di strumenti sconosciuti prima di allora. Il progresso tecnologico, la crescita della popolazione mondiale e delle sue esigenze ha causato degli squilibri nel nostro pianeta, dovuti soprattutto and una non omogenea distribuzione delle risorse, in primis quelle energetiche. Dunque, il ruolo della ricerca scientifica contemporanea ha assunto un’ulteriore valenza, quello di appianare gli squilibri sociali ed economici del pianeta. La ricerca di nuove risorse energetiche, o di vettori nei quali conservare l’energia, è uno dei campi scientifici più fertili; in accordo con le ultime tendenze, massima importanza è riposta nelle tecnologie in grado di convertire l’energia solare e renderla disponibile sotto altre forme più pratiche (procedure di storage più semplici) o più facilmente manipolabili. La scelta di sfruttare l’energia solare si basa su alcuni presupposti logici: (i) abbondanza, (ii) distribuzione pressoché uniforme dell’energia solare sulla superficie del pianeta, (iii) esempi disponibili nel mondo naturale che possono essere studiati, compresi, migliorati. La fotosintesi clorofilliana è sicuramente il processo naturale maggiormente conosciuto; perpetrato da una fetta consistente di forme di vita (in particolare del mondo vegetale), permette a queste di sfruttare l’energia contenuta nella radiazione solare e trasformare acqua ed anidride carbonica in carboidrati (la loro riserva di energia) ed ossigeno. Ispirandosi a questo modello, la scienza dei materiali è alla continua ricerca di substrati in grado di trasformare la luce solare in altri vettori energetici a partire da sostanze semplici ed ampliamente disponibili. La scissione dell’acqua in idrogeno ed ossigeno molecolari è uno di questi possibili traguardi; l’acqua è estremamente abbondante sul nostro pianeta (ricoprendone ben il 69% della sua superficie), l’idrogeno è un combustibile che promette di sostituire i derivati del petrolio nel prossimo futuro, e l’ossigeno è di estremo interesse in quanto fonte stessa della vita sul nostro pianeta, almeno nella forma da noi conosciuta. Il progetto di ricerca descritto in questa tesi pone le basi su queste premesse. L’obiettivo prefissato è stato quello di progettare, realizzare, caratterizzare e testare materiali in grado di attuare processi fotosintetici. Durante la fase di progettazione, si è stati costretti a ragionare su quale potesse essere la classe di materiali appropriata a tale scopo, e ci si è orientati verso nano-ibridi organici/inorganici per una serie di motivi: (i) le (nano)-dimensioni avrebbero permesso di lavorare con precursori molecolari e pilotare con maggiore facilità la fase sintetica; (ii) questa classe di materiali possiede generalmente elevate aree superficiali; (iii) l’uso di materiali organici ed inorganici avrebbe permesso di scegliere building blocks che potessero offrire ciascuno le caratteristiche migliori della loro classe di appartenenza. Il lavoro di tesi si è dunque articolato in due sezioni fondamentali: • determinazione di una classe appropriata di cromofori capaci di catturare efficientemente la luce solare ed attivare una specie catalitica ad essi accoppiati. Relativamente a questo punto, scopo non secondario è stato quello di sviluppare nuovi cromofori rispetto a quelli attualmente riportati nella letteratura scientifica e/o sviluppare nuovi protocolli di sintesi capaci di migliorare rese ed efficienza dei processi attualmente noti • scelta di una appropriata specie catalitica e sviluppo dei materiali ibridi contenenti il/i fotosensibilizzanti e il/i catalizzatori; una volta isolata la potenziale diade, si sarebbe proceduto con la fase di monitoraggio dell’attività fotocatalitica del nuovo materiale. Nello sviluppo di questo progetto, i derivati peilenici sono stati scelti quali potenziali fotosensibilizzanti in virtù di una interessante combinazione di caratteristiche elettroniche e chimico-fisiche (approfonditi nel Capitolo 2), ed in particolare ci si è concentrati su composti solubili in acqua. Quest’ultimo dettaglio non è da sottovalutare in quanto, nell’ottica di effettuare i test finali di scissione ossidativa dell’acqua, l’uso di composti idrofilici avrebbe permesso di utilizzare al contempo l’acqua quale reagente e mezzo di reazione. Prima giungere a questa fase, la chimica dei perileni è stata scandagliata a fondo, e vari derivati sono stati isolati e caratterizzati utilizzando protocolli di sintesi sia classici che innovativi (Capitolo 4). La parte centrale del lavoro di tesi ha riguardato lo studio delle diadi costituite da uno dei perileni isolati (PBI2+) e due diversi catalizzatori: (i) Ru4POM, catalizzatore molecolare a base di rutenio, testato per esperimenti sia in fase omogenea che per la realizzazione di un ibrido tri-componente per futuri studi di elettrocatalisi (Capitoli 5-6); (ii) nanoparticelle di ossido di iridio per la preparazione di fotoanodi da applicare in celle fotoelettrochimiche (Capitolo 7). La confidenza acquisita coi derivati perilenici ha permesso di sviluppare anche progetti paralleli che non riguardassero applicazioni in ambito energetico; un dettagliato studio di perileni bisimmidi quali SERS markers è trattato nella parte finale di questa tesi (Capitolo 8).
In the last half-century, scientific evolution allowed humanity to reach important goals; probably the highest impact factor is related to bio-medical conquests, but the acquired knowledge in physics, chemistry and in material science for sure produced several devices which radically changed humanity life-style. Among all, electronics and electronic devices are deeply present in humanity ordinary life and in its new habits. However, an increased interest in scientific research recently rose due to some global problems and challenges that humanity has to face. The high energy demand characterizes Modern Age, and the rapid economic evolution of some areas of the World have caused (and continue to cause) social instability and tension at global level. For this reason, scientific research is focusing more and more on the development of solar devices able to store or eventually manipulate solar energy in other energetic vectors. Interest around solar energy is related to three considerations: basically, it is (i) abundant all over Earth’s surface, (ii) it is uniformly distributed, and (iii) Nature already offers some examples from which it is possible to take inspirations. Natural Photosynthesis is a process (or better a sequence of processes) which has been deeply understood after decades of basic research; this is also the most well-known example of solar light conversion operated from living beings (mainly vegetables) into a new energetic vector (carbohydrates) starting from simple and abundant raw materials (water and carbon dioxide). Material Science is particularly involved in the design of novel materials able to emulate natural photosynthesis and/or perform similar processes; water splitting has a prominent role because its decomposition in molecular hydrogen and oxygen offers the possibility to produce two precious chemical species. Hydrogen is currently the most credited candidate for the substitution of petrol and its derivatives as energetic vectors, while oxygen has basilar importance for life in our planet; moreover, water is extremely abundant on the Earth’s surface (almost 69% of the surface is covered from water), thus it is an easy-accessible raw material. The present thesis work roots in the points discussed in this preface; the primary target is the design, realization, characterization and test of novel materials able to act as artificial photosynthetic units. During the design of the materials, it was chosen to privilege the realization of organic/inorganic nanohybrids in order to have materials possessing huge surface area; moreover, the design of hybrid materials would imply the use of molecular building blocks, which could be easily realized with well-established chemical procedures. Preliminary work was necessary for: • the determination of an appropriate class of chromophores able to trap solar light and induce the activation of another unit able to perform the catalytic process. Starting from chromophore molecules already known in the literature, new molecules would be designed and synthesized in order to possess the necessary characteristics emerging from the hybrids design process • the choice of an appropriate catalytic unit, so to be combined with the chromophore units and realize the final dyad to be used in the catalytic tests. During the development of the thesis, perylene derivatives were chosen as potential photosensitizers, on the base of an interesting combination of physical and photochemical features (deeply discussed in Chapter 2). Particular attention was given to water-soluble molecules because, if the final target would be water splitting process, it would be worthy to have the possibility to use water both as reagent and reaction medium. Perylene chemistry was deeply scanned, and several derivatives were isolated in order to gain experience on this family of photosensitizers; classical reported procedures were employed, but also novel strategies were tested (Chapter 4). The main part of the laboratory work concerned the characterization of novel dyads based on the combination of PBI2+, one of the isolated chromophores, and two different catalytic species: (i) Ru4POM, tetra-ruthenate molecular polyoxometalate for performing water splitting in homogeneous conditions and later for the formation of a three-component hybrid system for electrocatalytic studies (Chapters 5-6); (ii) iridium oxide nanoparticles for the preparation of photoelectrochemical cells (Chapter 7). The expertise gained with perylene derivatives allowed to develop other parallel projects not directly related to energetic applications; a detailed study over perylene diimides as SERS reporters is described in the final part of this thesis (Chapter 8).
XXVII Ciclo
1987
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43

Dell'ovo, Valeria. "Cyclic polyether phycotoxins in vitro studies: effects of yessotoxin on a primary culture of rat cardiomyocytes-comparison of ciguatoxins and brevetoxins potency on human VGSC of brain and peripheral sensory neurons expressed in HEK293 cells." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3610.

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Abstract:
2008/2009
Yessotoxins (YTXs) are ladder-shaped polycyclic ether toxins, structurally related to brevetoxins and ciguatoxins (Ciminiello and Fattorusso, 2008). The parent compound of this class, yessotoxin, has been initially isolated from the scallop Patinopecten yessoensis (Murata et al., 1987). Only later their natural source has been identified in the phytoplanktonic dinoflagellates Protoceratium reticulatum (= Gonyaulax grindley) (Satake et al., 1997), Lingulodinium polyedrum (= Gonyaulax polyedra) (Tubaro et al., 1998; Paz et al., 2004) and Gonyaulax spinifera (Rhodes et al., 2006). When environmental conditions promote the growth of these species, their toxins accumulate in edible tissues of filter feeding shellfish exposed to these dinoflagellates, thus entering in the food chain. No human toxicity has been reported for YTXs, although YTXs contaminated-shellfish were worldwide recorded, thus, yessotoxin toxicological potential is still unknown. Toxicological in vivo studies revealed high toxicity in mice after intraperitoneal administration (LD50~μg/Kg), whilst very low toxicity (no lethality) was found after acute or repeated oral administration. Both routes are associated with clear evidence of ultrastructural cardiac alteration in rodent cardiac muscle, soon after toxin administration (Aune et al., 2002; Tubaro et al., 2003). Notwithstanding many in vitro studies highlighted numerous intracellular targets, YTX mechanism of action is unclear and the effects on the cardiac functional properties remain unknown. This study was performed on neonatal rat cardiomyocytes to study toxin effects on various fundamental aspects of cardiac muscle cells activity: cell beating, intracellular Ca2+ and cAMP levels, cell vitality, mitochondrial membrane potential and type of cell death occurrence. Results showed a time- and concentration-dependent reduction in the beating frequency (0.3 μM YTX, 1 h; p<0.05), neither associated to the uncoupling between the membrane electrical activity and Ca2+ release from intracellular stores nor to the impairment of the mechanisms controlling the Ca2+ homeostasis, nor to altered intracellular cyclic AMP levels. However, a decrease in the firing frequency (about 50%) occurred together with a 50% reduction of the number of beating cardiomyocytes. A time- and concentration-dependent decrease in cell viability (0.1 µM YTX; 24 h) was observed, that evolved in two phases: at 24 h a significant (p<0.001) increase in mitochondrial activity (0.0001-1 μM YTX) together with membrane hyperpolarization (0.01-1 μM YTX; p<0.001) occurred, with subsequent reduced cell viability and mitochondrial depolarization (0.01-1 μM YTX; p<0.001) starting from 48 h. YTX effect on mitochondrial potential wasn’t affected by peripheral benzodiazepine receptor ligands PK-11195 and/or 4-chloro-diazepam (100 nM) after 24-48 h. Increasing concentrations of YTX induced the appearance of nuclear apoptotic bodies in a time-dependent way (0.001-0.1 μM YTX; 5-24 h), but no caspase activation (0.001-0.1 μM YTX; 5-72 h). Further viability experiments showed an irreversible cell damage, since no recovery occurred after up to 71 h in YTX-free medium. Moreover, 1 h exposure to 1 μM YTX was sufficient to inhibit beating activity and to cause irreversible reduction of cardiac cells viability. Propidium iodide uptake experiments showed a significant (p<0.01) increase of necrotic cells after 24 h (0.01 µM), but not after 5 h YTX exposure. These results show a very cell-specific response to YTX if compared to previous studies, and a severe damage to in vitro cardiomyocytes. Thus, although no human intoxication due to YTX contamination has been reported so far, the toxicological potential of this compound should be better investigated. Studying this toxin is limited by its non-commercial supply: YTX needed for this experiments was a kind gift of Professor T. Yasumoto.
Brevetoxins (BTXs) and ciguatoxins (CTXs) are two classes of algal neurotoxins produced by the dinoflagellates Karenia brevis and Gambierdiscus toxicus, and in humans are responsible of Neurotoxic Shellfish Poisoning and Ciguatera Fish Poisoning, respectively. Both intoxications are mainly characterized by neurological and gastro-intestinal symptoms and, in more severe cases, cardiovascular symptoms. Pharmacological studies have shown that molecular target for the CTXs and BTXs is the site-5 on the voltage-gated sodium channel (NaV). Toxin binding modifies channel activation and inactivation mechanisms to a terminal excitotoxicity and cell swelling via continuous sodium influx, membrane depolarization and spontaneous action potentials. NaV are responsible for action potential generation and propagation in excitable cells, playing a fundamental role in many higher processes such as cognition, cardiac conduction and sensitive perception. Mammalian NaVα-subunits have been identified in excitable tissues and named NaV1.1 through NaV1.9 as products of different genes and with different primary tissue distributions, cDNA sequences, protein structures, gating kinetics and pharmacological properties. This study focused on the NaV1.8 isoform, highly expressed in sensory dorsal root ganglion neurons and the NaV1.2 isoform, broadly expressed in neurons in the central nervous system, with the aim to better understand central and peripheral nervous system effects of these toxins in human poisoning episodes. The activity of BTXs (PbTx-1, PbTx-7, PbTx-3), and CTXs (P-CTX-1, C-CTX-1 and P-CTX-3C) was screened on the human embryonic kidney cell line (HEK293) stably expressing either NaV1.2 or NaV1.8 human isoforms. Cells were transfected by a chemical approach with NaVα subunits cDNA gene inserted in a TrueClone pCMV6-Neo plasmid and complexed in a liposome transfection reagent. The mRNA level analysis using Real Time PCR technique showed the specific presence of both isoforms only in transfected cells. Product specificity was confirmed by bio-sizing and sequencing techniques. The cytotoxic effects of neurotoxin BTX and CTX were assessed by exposing cells to increasing toxin concentrations in presence of the sodium channel activator veratridine and the sodium-potassium ATPase inhibitor ouabain. Results showed for BTX A and BTX B types, as well as for P- and C-CTX, a dose-dependent toxic effect on both HEK-NaV1.2 and HEK-NaV1.8 clones while no observable effects were measured on the non-transfected cells. For both clones, EC50 values of either P-CTX-1 and PbTx-7 were one order of magnitude lower than those of other CTXs tested (10-13 vs 10-12 M) and other BTXs tested (10-10 vs 10-9 M). Overall the toxic response of the peripheral NaV1.8 to the polyether toxins was similar to that of the NaV1.2 suggesting the absence of a tissue selectivity of the polyether toxins for the peripheral channel. A better understanding of the particular sensory abnormalities associated to CFP and NSP will require further isoform studies.
XXII Ciclo
1979
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44

Boscarato, Ilan. "Integration of catalytic technology into marine engine pollution abatement system." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4501.

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Abstract:
2009/2010
La ricerca condotta nel presente lavoro di tesi è stata condotta nell’ambito del progetto ECOMOS. Il progetto consiste in ricerca di base e ricerca applicata e lo scopo del lavoro era sviluppate tecnologie innovative per l’abbattimento degli inquinanti gassosi prodotti da motori marini. In tal senso il lavoro è stato condotto su due filoni principali: - Uno riguardante la ricerca di base, in cui sono stati verificati gli effetti del supporto su catalizzatori a base di argento operanti in condizioni di miscela magra utilizzando un idroreattore catalitico. - Uno riguardante la ricerca applicata, che ha richiesto l’analisi e razionalizzazione dello stato dell’arte circa l’abbattimento delle emissioni gassose inquinanti nel settore marino allo scopo di proporre un modello di sistema integrato per l’abbattimento; la verifica della fattibilità della proposta utilizzando catalizzatori modello a base di platino; lo studio del disegno e la costruzione di un impianto micro pilota su scala di laboratorio per l’abbattimento delle emissioni di un motore marino facente uso di catalizzatori a base di Pt/Al2O3 ed infine la realizzazione di un impianto pilota con la collaborazione di Cetena. I principali risultati ottenuti possono essere riassunti in: - Ricerca di base: o Il supporto risulta avere un forte effetto sull’attività catalitica o L’attività catalitica può essere modificata scegliendo l’opportuno supporto o La resistenza all’avvelenamento provocato dalla presenza di zolfo nei gas può essere aumentata tramite l’introduzione di zirconia nel supporti, ma ulteriori test sono necessari per razionalizzare completamente quanto osservato - Ricerca applicata: o Il catalizzatore a base di platino supportato su allumina, Pt/Al2O3, ha dimostrato di essere stabile ed attivo anche in presenza di elevate concentrazioni di SO2 nella fase gassosa suggerendo la possibilità di utilizzo nel settore marino. o È stato identificato un inaspettato fenomeno di condensazione, per la cui completa caratterizzazione sono richiesti ulteriori test. o Acqua ed anidride carbonica hanno effetti limitati sull’ossidazione dell’ossido di azoto mentre sopprimono la reazione di condensazione. o La presenza di idrocarburi sopprime l’ossidazione di NO o I test sull’impianto pilota di laboratorio hanno dimostrato che il catalizzatore scelto è attivo nell’ossidazione di NO, ma si conferma la necessità di ossidare prima tutti gli HC. o È stata confermata la necessità di ossidare No ad NO2 qualora si vogliano abbattere le emissioni di ossidi di azoto tramite assorbimento in acqua di mare mentre si è confermata l’efficacia per l’abbattimento di SO2. o L’impianto di laboratorio ha consentito il dimensionamento del catalizzatore per l’impianto pilota. o I problemi riscontrati nell’impianto di laboratorio hanno suggerito modifiche che sono state applicate all’impianto pilota.
The research conducted in the present thesis was carried out within the framework of the ECOMOS project. The project consists of basic and applied research and overall scope of the work was to develop novel marine pollution abatement technologies. Accordingly, the work was carried out along two main directions: - fundamental research, in which the effect of the support on lean deNOx activity of Ag-based catalyst were investigated using a catalytic microreactor; - and applied research, which involved a recognition and rationalization of the state of the art in marine pollution abatement to purpose a model of integrated system; the verification of the feasibility of the purpose, using a model Pt catalyst; the study of the design, of the layout and the construction and testing of a laboratory-scale plant for the abatement of emissions from marine engines using Pt / Al2O3 catalysts and the dimensioning of a pilot plant in collaboration with Cetena. The main results found on the two directions are summarized in the following lists: - Basic studies: HC SCR on Ag based catalyst:  The support effect is clearly evidenced as a main contributor to catalytic activity;  The activity can be tuned by using appropriate supports;  The resistance to sulphur poisoning can be improved by the introduction of zirconia in the support, but further test are needed to fully address this observation; - Fundamental studies:  The Pt/Al2O3 catalyst tested in the microreactor demonstrated activity and stablity even in the presence of high SO2 concentration suggesting the possibility of its use in the marine sector;  An unexpected phenomenon was found, the condensation process in which NOx are dissolved in SO3 mists, which need further studies to be completely elucidated;  H2O and CO2 have only small negative influence on the NO oxidation but suppress the condensation;  HC suppress NO oxidation, the necessity of oxidising the HC before NO oxidation becomes effective, has been demonstrated;  Pilot plant tests revealed that the Ecocat catalyst is active for NO oxidation but the need to oxidise all the carbonaceous species was again confirmed;  The monolith has an activity comparable to that found in the microreactor studies using model mixtures. In this way activities of powdered catalysts could be related to honeycomb analogues;  The need to oxidize NO to NO2 to favour the absorption into the scrubber was confirmed;  The scrubber effectively abates SOx;  The problems of crusting and the excessive pressure drop found in the micro scrubber provided indications on how to modify the pilot plant;  The real plant design and construction has been completed, in cooperation with the industrial partners;  The catalytic section was designed and completed;  The pilot plant is now ready for the tests.
XXIII Ciclo
1983
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45

Ostric, Adrian. "Hydroxyethylene isosters of Xaa-Pro dipeptides: synthetic approaches and new HIV-PR inhibitors." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4576.

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Abstract:
2009/2010
The aspartic protease (HIV-Pr) of the human immunodeficiency virus, responsible agent for AIDS, is surely one of the most studied enzymes in terms of structure and activity. HIV-Pr is responsible for cleaving the viral polyprotein precursor into structural proteins and enzymes and plays an essential role in the viral replication and maturation. HIV-Pr has thus become the target of numerous efforts to design antiviral therapeutic agents suitable for the treatment of AIDS. In the field of organic chemistry, the search for effective HIV-Pr inhibitors has boosted the development of new methodologies for the stereoselective synthesis of compounds containing multiple chiral centers, on which reversible inhibitors are generally based. HIV-Pr shows peculiar characteristics as it is able, unlike any other eukaryotic aspartic protease, to hydrolyze amide bonds with proline as the N-terminal residue. Moreover, it is active in a dimeric form, possessing C2 symmetry, in which each monomer contributes a catalytic aspartate. The first part of the present doctoral work described in Chapter 2, has been dedicated to the synthesis of hydroxyethylene Phe-Pro isosters in which the pyrrolidine ring is expanded by a condensed aromatic ring in order to provide a better fit to the enzyme’s catalytic site. During the synthesis of the isoster a novel reaction was discovered in which enaminones are directly formed by treatment of α,β-unsaturated ketones with trimethylsilylazide and fluoride. Phe-Pro isosters based on the enaminone structure showed moderate activity as HIV-Pr inhibitors. The direct amination of α,β-unsaturated ketones is the subject of Chapter 3. This reaction is demonstrated to be general for enones containing a β-hydrogen. A mechanism based on azide activation via formation of a pentacoordinated silicon species followed by a 1,3-dipolar cycloaddition is proposed and supported by experimental results and calculations. In Chapter 4 is reported the synthesis of a library of triazole inhibitors by a combinatorial approach based on click chemistry. The library was screened for HIV-Pr inhibition and deconvoluted. A set of promising members from the library was synthesized as single, enantiomerically pure compounds that confirmed to be active HIV-Pr inhibitors. Finally, in Chapter 5 the development of an alternative approach to dipeptide isosters, based on the ring closing metathesis of aminoacid-derived allylamines, is described. Building of the four carbon atom backbone of the isosteres is obtained after mounting the olefins on designed linkers that allow selectivity in the cross metathesis, and easy final cleavage. Carbamate linkers will also allow also protection of the amino groups during the next steps of the synthesis leading to the desired di- and monohydroxyethylene isosters.
La proteasi aspartica (HIV-PR) del virus della immunodeficienza umana, l'agente responsabile dell'AIDS, è sicuramente uno degli enzimi più studiati in termini di struttura e di attività. HIV-Pr è responsabile della scissione della poliproteina virale in proteine strutturali ed enzimi e svolge un ruolo essenziale nella replicazione e maturazione del virus. HIV-Pr è così diventato il bersaglio di numerosi studi mirati alla progettazione di agenti terapeutici antivirali adatti per il trattamento dell'AIDS. 
Nel campo della chimica organica, la ricerca di efficaci inibitori dell'HIV-Pr ha stimolato lo sviluppo di nuove metodologie per la sintesi stereoselettiva di composti contenenti più centri chirali, che costituiscono la base strutturale della maggior parte degli inibitori reversibili. 
HIV-Pr presenta caratteristiche peculiari in quanto è in grado, unica tra le proteasi aspartiche da eucarioti, di idrolizzare legami ammidici con la prolina come residuo N-terminale. Inoltre, l’enzima è attivo in una forma dimerica, con simmetria C2, in cui ogni monomero contribuisce con un residuo catalitico di acido aspartico. 
La prima parte del presente lavoro di dottorato, descritta nel capitolo 2, è stata dedicata alla sintesi di isosteri idrossietilenici del dipeptide Phe-Pro, contenenti un anello pirrolidinico espanso al fine di migliorare le interazioni con il sito catalitico dell'enzima. Durante la sintesi dell’ isostere è stata scoperta una nuova reazione di formazione di enaminoni per trattamento di chetoni α,β-insaturi con trimethylsilylazide e fluoruro. Alcuni isosteri Phe-Pro basati sulla struttura enaminonica hanno mostrato una moderata attività come inibitori della HIV-PR. 
L'amminazione diretta di chetoni -insaturi è il soggetto del capitolo 3. Questa reazione si è dimostrata essere generale per enoni contenente un idrogeno in posizione β. Un meccanismo basato sulla attivazione della azide attraverso la formazione di una specie pentacoordinata di silicio seguita da una cicloaddizione 1,3-dipolare viene proposto sulla base dei risultati sperimentali e di calcoli teorici. 
Nel capitolo 4 è riportata la sintesi di una libreria di inibitori triazolici ottenuti con un approccio combinatoriale. La libreria è stato analizzata per l'inibizione di HIV-Pr e deconvoluta. Alcuni membri promettenti della biblioteca sono stati sintetizzati come composti singoli, in forma enantiomericamente pura, confermandosi attivi inibitori della HIV-PR. 
Infine, nel capitolo 5, é descritto lo sviluppo di un approccio alternativo a isosteri di dipeptidi, basato sulla “ring closing methatesis” di allilamine derivate da aminoacidi. La costruzione dello scheletro degli isosteres si ottiene dopo l’assemblaggio delle olefine su un nuovo linker che consente una cross-metatesi selettività nonché un facile distacco del prodotto. Il linker può anche essere utilizzato come gruppo proteggente nella successiva elaborazione sintetica dei prodotti.
XXIII Ciclo
1981
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46

Gombac, Valentina. "Photocatalytic processes for sustainable hydrogen production from renewable sources." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7385.

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Abstract:
2010/2011
The importance of hydrogen as an appealing energy vector, due to its high efficiency and environment-friendly use in Fuel Cells, is nowadays well recognized and documented. Nevertheless, in spite of several research activities in this field, the large-scale production of H2 is still a challenging issue in view of the possible transition to an H2-based economy. In this context, the development of materials capable of acting as multi-functional platforms for the sustainable generation, though representing a strategic target, is still far from being completely satisfied. In order to make feasible the dream of utilizing sunlight for sustainable energy production, it is of paramount importance to develop catalytic systems that are not affected by leaching or poisoning phenomena and possess a high photonic efficiency, in particular upon visible activation. Heterogeneous catalysis is a key area that can help solving this issue. Using the tools offered by nanotechnology, the tailored preparation of nanoarchitectures can lead to the obtainment of photocatalytic materials that show remarkably better performance than that currently achievable even with state-of-the-art materials. The main focus of this thesis is the preparation of such tailored photoactive materials and their characterization in order to obtain catalysts that are active and stable for the sustainable photocatalytic hydrogen production by photoreforming of biomass derived compounds as raw materials. Different synthetic approaches are developed in this work to achieve the above mentioned scopes. The materials were prepared either in the form of nanopowders with controlled morphology or of supported nanostructures. Embedding approach, in which preformed metal nanoparticles are encapsulated in porous titania, and photodeposition of metal nanoparticles over preformed tailored supporting titania were investigated for nanopowder materials. Different oxide-based materials were synthesized by Chemical Vapor Deposition (CVD) and Plasma enhanced-CVD for the supported systems. The CVD route is compatible with large-scale production, to prepare metal oxide nanostructures on Si (100), enabling the resulting metal oxide phase composition and nanoscale organization to be controlled by simple variation of the growth temperature. In addition, and more interestingly, the photocatalytic production of hydrogen on the supported catalysts upon irradiation with UV and even visible light proved that the control of the system morphogenesis is crucial to obtain good performances even in the absence of TiO2. The results obtained represent an important step forward in the exploration of new active nanosystems for the conversion of solar light into storable chemical energy. All the findings significantly contributed to the development of photocatalytic materials for hydrogen production.
XXIV Ciclo
1966
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47

Meduri, Angelo. "Development of palladium catalysts with nitrogen-donor ligands for controlled copolymerization reactions." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1985. http://hdl.handle.net/10077/9189.

Full text
Abstract:
2011/2012
One of the great challenges of polymer chemistry is the introduction of polar moieties into polyolefin chains in order to obtain functionalised polyolefins that should show improved physical and chemical properties with respect to the polyolefins themselves. The most straightforward approach to reach this goal is represented by the direct, controlled homogeneously catalysed copolymerization of terminal alkenes with polar monomers. Indeed, in homogeneous catalysis thanks to the tuning of the electronic and steric properties of the ancillary ligands it is possible to tailor the chemical environment around the metal centre, and, in turn, it should be possible to exert a highly efficient control on the selectivity of the reaction, that in the field of polymerization reactions means to control the features of the final polymeric material. This PhD thesis is aimed to demonstrate the validity of this general principle with particular attention towards two copolymerisation reactions: the CO/vinyl arene and the ethylene/methyl acrylate copolymerisation. Both reactions share the coordination compounds applied as precatalysts, that are based on palladium(II) complexes with nitrogen-donor chelating ligands. The research work carried out in the framework of this thesis encompasses the typical steps of a project in homogeneous catalysis, that are: i. Synthesis and characterisation of the molecules used as ancillary ligands; ii. Synthesis and characterisation of the corresponding palladium complexes; iii. Study of the catalytic behaviour of the synthesised complexes in the two copolymerisation reactions, including the characterization of the catalytic products; iv. Mechanistic investigations performed through NMR studies of the reactivity of the precatalysts with the comonomers. It should be mentioned that the group of Dr. Milani has a longstanding experience in the CO/vinyl arene copolymerization, whereas this project represents the first work on ethylene/polar vinyl monomer copolymerisation and thus it has been necessary to set up and define the protocols of the catalytic experiments. Chapter 1 consists of a general introduction on both the fundamentals of catalysed polymerisation and the specific features of the two copolymerisation reactions, that are the topic of this thesis. An overview of the most relevant catalytic systems reported in the literature is given together with a critical discussion of the most prominent results achieved and highlighting the points where improvements are required. Chapter 2 is focused on the development of catalysts for the CO/vinyl arene copolymerisation. Terdentate nitrogen-donor ligands, belonging to the family of 2-(2′-oxazolinyl)-1,10-phenanthrolines, have been studied. When reacted with the palladium precursor they lead to dinuclear complexes, as demonstrated by their characterization both in solid state and in solution. In particular, PFG {1H – 15N} HMBC NMR experiments performed at the natural abundance of 15N have been of fundamental importance to substantiate the dimeric nature of these complexes in solution. When applied to the target copolymerisation they yield the corresponding CO/styrene oligoketones as major product with productivity values higher than those reported for the literature catalytic systems. In addition, traces of the corresponding polyketones are also obtained. The study of the stereochemistry of these copolymers evidences that fully syndiotactic polyketones have been produced for the first time. The characterization of the terminal groups of the oligoketones allowed to recognise that the control of the stereochemistry of the styrene insertion reaction is highly efficient since the insertion of the first two molecules of the vinyl arene comonomer. Chapter 3 represents a junction point between the two studied copolymerisations; indeed, it deals with the applicaton of the same precatalysts to both of them to point out their analogies and differences. For this purpose, Ar2-BIAN and Ar2-DAB ligands (Ar = 1-naphthyl or 2-naphthyl ring) have been synthesised and used to obtain the relevant palladium(II) complexes. A clear different coordinating behaviour is observed for the ligands depending on the naphthyl fragments, 1-naphthyl or 2-naphthyl, and regardless to the ligand skeleton, BIAN and DAB. In particular, complexes with the 1-naphthyl substituted ligands lead to syn and anti isomers in solution that interconvert each other at low rate on the NMR time scale. Both isomers are also found in the unit cell of [Pd(CH3)Cl(1-naphtBIAN)] in solid state, thus confirming what found in solution. When applied to the CO/styrene copolymerisation all the complexes generate active catalysts for the reaction, reaching a value of productivity of almost 5.0 (kg CP) (g Pd)-1 in the case of the 1-naphtBIAN-containing catalyst. The stereochemistry of the produced polyketones is also affected by the naphthyl substituents: atactic copolymers are obtained with catalysts having the 2-naphthyl-ligands, while copolymers with isotactic/atactic stereoblocks are the products of the catalysis with the 1-naphthyl-derivatives. The latter stereochemistry has been related to the syn/anti isomers present in solution and to their interconversion. When the complexes are applied to the ethylene/methyl acrylate copolymerisation, again active species are obtained reaching a productivity of 201 (g P) (g Pd)-1 in the case of the 1-naphtDAB-containing catalyst. The analysis of the overall catalytic results points out analogies and differences of the two copolymersations: • For the CO/styrene copolymerisation, ligands with the BIAN skeleton lead to catalysts remarkably more stable and more productive than those with the DAB skeleton; • For the ethylene/methyl acrylate copolymerisation, catalysts with DAB ligands are more stable and more productive than those with BIANs; • For both copolymerisations, catalysts with 2-naphythyl substituents, regardless to the skeleton of the ligand, show a catalytic behaviour similar to that of catalysts with meta-substituted α-diimines: they show similar productivities in the CO/styrene copolymerisation and are inactive in ethylene/methyl acrylate copolymerisation; • For both copolymerisations, catalysts with 1-naphythyl substituents, regardless to the skeleton of the ligand, show a catalytic behaviour similar to that of catalysts with ortho-substituted α-diimines: in the CO/styrene copolymerisation show low productivity, while are catalytically active in the ethylene/methyl acrylate copolymerisation. Chapters 4 and 5 are focused on the development of catalysts for the ethylene/methyl acrylate copolymerisation, that nowadays represents a highly challenging reaction in the fields of both polymer chemistry and homogeneous catalysis. In Chapter 4 the research has been addressed to the synthesis of a new nonsymmetric Ar,Ar′-BIAN bearing electron-donating ortho-substituents on one aryl ring and electron-withdrawing meta-substituents on the second aryl ring, with the aim of unbalancing the two nitrogen atoms from both the electronic and steric point of view. Its coordination chemistry to palladium is studied and for the first time the series of the monocationic complexes [Pd(CH3)(L)(Ar,Ar’-BIAN)][PF6] has been extended to the dimethyl sulfoxide derivatives. Despite the soft nature of palladium, the coordination of dmso through the sulphur or oxygen atoms is related to the Ar-BIAN bonded to the metal, and in the case of the nonsymmetric ligand Ar,Ar’-BIAN three isomers are present in solution, as demonstrated by detailed NMR investigation. The catalytic behaviour of the monocationic complex with Ar,Ar′-BIAN in the ethylene/methyl acrylate copolymerisation has been compared to that of the complexes with the related symmetrically substituted Ar2BIAN probing evidence that the catalyst with Ar,Ar′-BIAN is more productive and leads to ethylene/MA cooligomers with a higher content of polar monomer inserted than the catalysts with the symmetric ligands. In addition, it has been shown that the catalyst originated from the dmso derivative has a longer lifetime than that obtained from the acetonitrile counterpart. Kinetic investigations about the reactivity of the precatalysts with the polar monomer have been performed by NMR spectroscopy to gain information on both the relevant intermediates of the catalytic cycle and the differences in the rate constants. The promising results obtained with catalysts having the nonsymmetric Ar,Ar′-BIAN prompted us to study the symmetrically substituted Ar2BIANs featuring one group on the ortho position and one on the meta position of both aryl rings. This is the topic of Chapter 5. Ar2BIAN ligands already known from the literature as well as new molecules have been investigated. The study of their coordination chemistry to palladium points out that syn and anti isomers, depending on the relative position of the substituents on the aryl rings with respect to the square planar plane, are present in solution. The existence of these isomers has been also observed in solid state by X-ray analysis of single crystals of one exponent of this series of complexes. The monocationic palladium derivatives of all the ligands generated active catalysts for the ethylene/MA copolymerisation, but showing modest productivities. The low rate in the catalytic reaction makes them suitable candidates for detailed mechanistic investigations performed by NMR spectroscopy, that allows to correlate the rate of the migratory insertion of the polar monomer into the Pd-alkyl bond to the both electronic and steric effects of the substituents on the aryl rings. In addition, a relationship between the stability of the resting state of the catalytic cycle and the nature of the Ar2BIAN has been established. The synthetic methodology applied for the synthesis of the nonsymmetric Ar,Ar′-BIANs is not so trivial and Chapter 6 deals with the enlargement of this ligand library to a new component having one aryl ring substituted in meta position by the CF3 group and the other aryl substituted in position 2 by the CH3 and in 6 by the OCH3. Other new symmetric Ar2BIANs substituted on positions 2 and 6 with different groups have been also synthesised. The study of their coordination chemistry to palladium evidences again the presence of syn and anti isomers in solution. In addition, as a follow up of Chapter 4 these new ligands have been used to synthesise the corresponding monocationic complexes with dmso as labile ligand, the study of its coordination chemistry leading to interesting findings. Finally, the mechanistic NMR investigations have been extended to the Pd-dmso derivatives to unravel the nature of their better performing catalytic behaviour with respect to the acetonitrile derivatives. The future perspective of this chapter consists in the study of the catalytic behaviour of these new complexes in ethylene/methyl acrylate copolymerisation. In conclusion, the research work carried out in this PhD project has added important pieces to the α-diimine chemistry and has remarkably contributed to the development of the relationship between ancillary ligand properties and catalyst performances. The explorative research in the field of ethylene/methyl acrylate copolymerisation has been successfully accomplished achieving better results than the state-of-the-art.
XXV Ciclo
1985
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48

Cozzutto, Sergio. "Studi di metodi analitici e modellistici per la valutazione del rischio chimico ed impatti ambientali per impianti costieri di stoccaggio e pompaggio di idrocarburi." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4508.

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Abstract:
2008/2009
I consumi energetici europei si basano per oltre un terzo su prodotti petroliferi, di cui circa il 60% viene importato1. Trieste è tra i primi porti petroliferi italiani ed i petroli rappresentano oltre l’80 % dei circa 46 milioni di tonnellate di merci sbarcati annualmente. Le operazioni di sbarco, stoccaggio e pompaggio dei greggi nell’oleodotto transalpino TAL vengono effettuate nel rispetto delle normative nazionali e di standard internazionali di sicurezza, che hanno fatto sì che dal 1967 ad oggi, a fronte di una movimentazione di oltre un miliardo e 200 milioni di tonnellate di greggio, non si siano verificati incidenti rilevanti con l’eccezione dell’attentato terroristico del 4 Agosto 1972. Una gestione attenta di impianti e processi di queste dimensioni richiede tuttavia continui adattamenti ed indirizzi rispetto alle evoluzioni normative, tecniche e del contesto sociale in cui gli impianti sono inseriti. Risulta indubbio in questo senso evidenziare come la sensibilità nei confronti degli impatti reali o percepiti delle attività produttive sull’ambiente sia aumentata nelle società europee proprio a partire dagli anni settanta del secolo scorso. Il presente lavoro di tesi di dottorato mira a proporre metodi analitici e modellistici per la caratterizzazione degli impatti associati alle emissioni nell’ambiente originate da impianti di stoccaggio/pompaggio di idrocarburi, nel caso di rilasci di lieve entità; i metodi risultano indispensabili anche per l’ottimizzazione di soluzioni tecnologiche volte a rimuovere o minimizzare gli impatti ambientali. Bisogna ricordare come la composizione chimica e le proprietà chimico fisiche dei petroli greggi, miscele naturali, siano variabili e dipendano dai giacimenti d’origine degli stessi, comportando mobilità, persistenza, tossicità e rilevabilità diverse per eventuali rilasci nell’ambiente. In alcuni casi i greggi sono presenti come blend provenienti da giacimenti diversi e quindi a composizione non strettamente definita. Le attività intraprese si articolano in studi (capitolo 1) di caratterizzazione analitica dei petroli, volte a determinare componenti alifatiche ed aromatiche che li caratterizzano come contaminanti, e composti particolarmente persistenti come gli opani spesso impiegati come marker di contaminazione ed indicatori per seguire processi di degradazione. Si sono quindi impostati e condotti esperimenti in condizioni controllate, allestendo microcosmi costituiti da suoli contaminati artificialmente, in presenza ed assenza di fenomeni di biodegradazione. 1 European Commission’s Market Observatory for Energy (2009) Europe’s energy position, markets and supply (http://ec.europa.eu/energy/observatory/annual_reports/doc/2009_annual_report.pdf) L’obiettivo è quello di raccogliere indicazioni e parametri utili per la realizzazione di interventi di bonifica con approcci di attenuazione naturale monitorata, land farming o di allestimento di biopile nel caso di contaminazioni accidentali che si dovessero verificare. Un’ulteriore tipologia emissiva da considerare nell’esercizio di impianti di questa natura è quella che riguarda i composti organici volatili (COV) che possono evolvere dai serbatoi durante le operazioni di riempimento, svuotamento e manutenzione o dalle navi cisterna che alimentano il tankfarm. Si sono messi a punto (capitolo 2) metodi per il campionamento passivo ed attivo di COV, includendo sia composti normati quali benzene, toluene, etilbenzene e xileni (BTEX), quanto idrocarburi alifatici volatili, che possono evolvere in atmosfera durante le operazioni di movimentazione dei greggi o di trattamento suoli. I campionatori passivi consentono di ottenere, a costi contenuti, informazioni su concentrazioni medie di BTEX nell’aria ambiente, mentre i campionatori attivi si prestano a campionamenti di breve durata. In considerazione delle segnalazioni di molestie olfattive in prossimità del tankfarm si è affrontato uno studio(capitolo 3) di correlazione tra la concentrazione di odore associata a una serie di campioni di greggi e la loro composizione chimica, con particolare riferimento alla presenza di composti solforati. La natura transitoria delle emissioni di COV in atmosfera e dei fenomeni di molestia olfattiva rende i campionamenti discreti (non continui) dell’aria relativamente poco efficaci, per cui le simulazioni modellistiche possono fornire un valido complemento alle valutazioni ambientali ed all’ottimizzazione delle strategie di controllo. Si è quindi affrontato (capitolo 4)l’allestimento di catene modellistiche che valutano le emissioni dai serbatoi, anche grazie ai dati sperimentali raccolti negli studi precedenti, e la loro dispersione sul territorio. Tali valutazioni possono consentire di posizionare in maniera ragionata centraline di monitoraggio o nasi elettronici sul territorio, tenendo conto quantitativamente dei dati meteorologici e della specifica orografia. Nel caso di emissioni di origine sconosciuta che giungano ad un sito recettore, i modelli possono essere impiegati per valutare la provenienza delle masse d’aria, ricostruendo i campi meteorologici nel dominio spaziale d’interesse e trovando eventuali correlazioni sorgente/recettore. Gli strumenti individuati e sviluppati costituiscono gli elementi che possono essere integrati in un sistema di monitoraggio e retroazione, utile per una gestione ambientale basata su dati quantitativi, comunicabili e su un approccio razionale.
XXII Ciclo
1974
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49

Pavan, Silvia. "Peptides as Recognition and Sensing Elements." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8659.

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Abstract:
2011/2012
The project deals with the design and development of artificial receptors for monitoring of drugs used for the HIV “Anti-Retroviral Therapy” (ART). Efavirenz, a RT-inhibitor, and its analogues were synthesised to screen with several techniques (surface plasmon resonance, NMR, fluorescence and UV spectroscopy) the new receptors obtained from different approaches. One exploits computational tools to model peptides with high affinity for small molecules. These designed peptides will then be incorporated in polymeric matrix for biosensor purposes. Molecularly imprinted polymers with efavirenz-binding properties were performed during my experience at Queen Mary University of London. Another approach is based on miniaturized receptors obtained from the reduction of the known sequence of a natural receptor as human serum albumin.
XXV Ciclo
1984
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50

Milcovich, Gesmi. "STRUCTURE AND DYNAMICS OF CATANIONIC NANORESERVOIRS AND FUNCTIONAL HYDROGELS FOR BIOMEDICAL APPLICATIONS." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10134.

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Abstract:
2012/2013
Polymer-vesicles systems are peculiar colloidal mixtures of increasing interest, due to their ability to mimic biomembranes, suitability as drug/gene delivery carriers, as well as their employment in formulation of paints, cosmetics, shampoos, etc. Basically, the final purpose concerns a rational design of hydrogels formulation at high water content, based on biocompatible polymeric networks, with tunable characteristics. Thus, six different research branches have been examined: - vesicles characterization and optimization (chapter 2); - vesicles stabilization, thanks to a complexation with b-cyclodextrin (chapter 3); - surfactant-free gel (guar gum and borax – chapter 4); - monosurfactant-driven gel (pluronic F127 and alginate – chapter 5); - vesicles-driven gel-like systems, using two surfactant (chapter 6); - optimization of the mentioned composite systems, with catanionic vesicles and hydrophobically modified cellulose (chapter 7). Catanionic vesicles, in general, are originated by the association of two oppositely charged ionic surfactants in the presence of an excess of one of the two partners, for charge stabilization reasons. The main difference between catanionic vesicles and liposomes, the most famous aggregates of phospholipids, concerns their spontaneous formation. Furthermore, they offer the advantage of an infinite variety of starting materials, commonly cheaper and more reproducible than phospholipids, which gives the possibility of an easy tailoring of the self- assemblies properties. Catanionic vesicles are characterized by a thermally induced transition from multilamellar, polydisperse, spontaneously formed vesicles to unilamellar ones. Mixing a polyelectrolyte (i.e. a ionic charged polymer) with oppositely charged vesicles leads to a wide variety of associations, which depend on vesicle composition, size, concentration and charge, together with polymer flexibility, charge density and effect of the chain substitution. Vesicles complexation with b-cyclodextrins evidenced quite promising results for drug delivery applications, as vesicular nanoreservoirs can be stabilized thanks to a CMC increasing effect of β-cyclodextrin, without occurrence of multiple phases. Experiments lead to conclude that, despite their ‘soft’ nature, catanionic vesicles can successfully resist to the addition of saccharide-based molecules. Thus, preliminary studies concerning both strong and weak hydrogels were performed, as reference systems. The final step involved the inclusion of catanionic vesicles in a cellulose-based polymeric network. Polymeric hydrogels based on non-covalent interactions, compared to chemical-crosslinked ones, are characterized by the absence of harmful, secondary products of the cross-linking reaction and by reversibility, thus these materials can be promptly responsive to external stimuli. These features look interesting in the perspective of biomedical use. Highly diluted polymeric hydrogels can be achieved thanks to several non-covalent cross-linking methods: both electrostatic and hydrophobic interaction cooperate within these systems and their role is due to the specific chemical substances involved. Guar gum is a natural, inexpensive polymer, which is able to produce a highly viscous solution even at low concentrations, and therefore it is used in several fields, such as food, oil recovery and personal care; borax is considered an efficient crosslinker for polymers, bearing hydroxyl groups. The high viscosity of guar gum solutions is due to its high molecular weight (up to 2 million and further), as well as the presence of extensive intermolecular associations (entanglements), thanks to hydrogen bonds. In aqueous solution guar gum assumes a flexible coil conformation. Guar gum, crosslinked with glutaraldehyde, was proposed for colon delivery, and it was also tested as a matrix for oral solid dosage forms. Moreover, a composite hydrogel formed by Pluronic F127 and alginate in water, crossliked using divalent ions, was designed to address an in situ sustained delivery for innovative antiproliferative agents, employed to prevent coronary restenosis. Unfortunately, treated arteries may narrow again due to overproliferation of smooth muscle cells of the blood vessel wall (coronary restenosis); thus a solution can be constituted by antiproliferative agents such as innovative nucleic acid based drugs (NABD). The latter should be protected against enzymatic degradation and released constantly in the coronary artery for several months. So, an appropriate gel system has been designed, in order to line the coronary internal lumen by a drug loaded polymeric film. Later on, a peculiar kind of gel-like systems, made up of natural and renewable polymers, crosslinked thanks to an interactions with ionic charged vesicles, has been tailored for many drug delivery purposes. Currently, biopolymers and their derivatives are on stage as they are biocompatible, eco-friendly and biodegradable. Different types of cationic hydroxyethylcelluloses have been employed, considering they are highly biocompatible, cheap, possess antimicrobial activity, and therefore, widely used in personal care products, such as solutions for contact lenses and hair-care formulations. These peculiar systems provide a non-denaturing environment for novel drugs based on polypeptides and polynucleotides, due to their very high water content.
I sistemi polimero-vescicole sono particolari miscele colloidali di crescente interesse, a causa della loro capacità di mimare le biomembrane, utilizzo come carrier per il drug/gene delivery, così come il loro impiego nella formulazione di vernici, cosmetici, shampoo, ecc L'obiettivo finale di questa tesi riguarda la progettazione razionale di idrogel ad alto contenuto acquoso, basati su reti polimeriche biocompatibili, con caratteristiche modulabili. Sono stati esaminati sei diversi rami di ricerca : - caratterizzazione e ottimizzazione delle vescicole( capitolo 2); - stabilizzazione delle vescisole, grazie ad un complessazione con b - ciclodestrina (capitolo 3); - gel privo di tensioattivi (gomma di guar e borace - capitolo 4); - gel costituito da un unico tensioattivo ( F127 pluronico e alginato - capitolo 5); - sistemi gelanti costituiti da due tensioattivi (capitolo 6); - ottimizzazione dei sistemi compositi menzionati, con vescicole catanioniche e cellulosa idrofobicamente modificata (capitolo 7). Le vescicole catanioniche sono generate per self-assembly di due tensioattivi ionici di carica opposta, in presenza di un eccesso di uno dei due partner, per ragioni di stabilizzazione di carica. La differenza principale tra le vescicole catanioniche ed i liposomi, più famosi aggregati di fosfolipidi, riguarda la loro formazione spontanea. Le vescicole offrono inoltre il vantaggio di una infinita varietà di materiali di partenza, economici ed alta riproducibilità, rispetto ai fosfolipidi, consentendo la modulazione delle proprietà di self-assemby. Le vescicole catanioniche sono caratterizzate da una transizione termica, che consente di passare da aggregati multilamellari e polidispersi, ad unilamellari. L'unione di un polielettrolita (cioè un polimero ionico) con vescicole di carica opposta è in grado di produrre un'ampia varietà di associazioni, che dipendono dalla composizione delle vescicole, dimensione, concentrazione e carica, unitamente alla flessibilità del polimero, densità di carica ed sostituzione della catena polimerica. La complessazione di vescisole con b-ciclodestrine ha evidenziato risultati molto promettenti in termini di utilizzo per il rilascio controllato di farmaci, ovvero la b-ciclodestrina è in grado di stabilizzare i reservoirs vescicolari, senza causare presenza fasi multiple. I risultati ottenuti portano a concludere che, nonostante la loro natura 'soft', vescicole catanioniche possono resistere all'aggiunta di molecole a base saccaridica. All'uopo, sono stati effettuati studi preliminari riguardanti sia idrogel forti che deboli come sistemi di riferimento. Lo step finale ha quindi coinvolto l'inclusione delle vescicole catanioniche in una rete polimerica a base di cellulosa. Infatti, l'utilizzo di idrogel polimerici a base di interazioni non covalenti, rispetto alla reticolazione chimica, è scevro dalla presenza di prodotti secondari delle reazioni di reticolazione (potenzialmente nocivi) e consente una reversibilità come risposta agli stimoli esterni . Le caratteristiche di cui sopra costituiscono particolare interesse nella prospettiva di impiego in ambito biomedico. Idrogel a base di polimeri altamente diluiti possono essere ottenuti grazie a diversi metodi di reticolazione non covalente: interazione elettrostatica e idrofobica. La loro cooperazione all'interno di questi sistemi e il loro ruolo è dovuto alle specifiche sostanze chimiche coinvolte. La gomma guar è un polimero naturale poco costoso, in grado di generare soluzioni viscose anche a basse concentrazioni. Trova impiego in diversi campi, quali alimentare, recupero di olii e la cura personale; il borace è considerato un agente di crosslink efficace per i polimeri grazie alla presenza di gruppi idrossilici. L'elevata viscosità delle soluzioni di guar è dovuta principalmente al suo elevato peso molecolare , così come la presenza di ampie associazioni intermolecolari, grazie a legami idrogeno. In soluzione acquosa, il guar gum assume una conformazione flessibile di tipo coiled. Il guar gum, reticolato con glutaraldeide, è stato proposto per il drug delivery al colon, ed è stato anche testato come matrice per le forme farmaceutiche solide orali. In questo contesto è stato sviluppato un idrogel composito formato da Pluronic F127 e alginato in acqua, utilizzando crossliked ioni bivalenti, al fine di garantire il rilascio controllato, in situ, di agenti antiproliferativi, utilizzati per prevenire la restenosi coronarica. Purtroppo, le arterie trattate chirurgicamente si possono restringere nuovamente a causa un'eccessiva proliferazione di cellule muscolari lisce parete coronarica e quindi la soluzione proposta si basa sull'utilizzo di agenti antiproliferativi a base di acidi nucleici (NABD). Tuttavia, questi necessitano di protezione dai fenomeni di degradazione enzimatica e devono essere rilasciati con una cinetica costante nell'arteria coronarica. Pertanto il sistema polimerico proposto deve aderire alla parete interna del lume coronarico e rilasciare il farmaco. Successivamente, un particolare tipo di sistemi gel-like, costituiti da polimeri naturali, reticolati grazie ad una interazione con vescicole ioniche, è stato studiato per il drug delivery. I biopolimeri e loro derivati sono materiali di forte interesse scientifico in quanto biocompatibili, eco -friendly e biodegradabili . Sono stati impiegati diversi tipi di idrossietilcellulose cationiche, grazie alla loro alta biocompatibilità, convenienza economica, attività antimicrobica: sono infatti ampiamente utilizzati nei prodotti per la cura personale, le soluzioni per lenti a contatto e le formulazioni per capelli . Questi sistemi forniscono un ambiente non denaturante e protettivo per nuovi farmaci basati su polipeptidi e polinucleotidi, a causa del loro elevato contenuto acquoso
XXVI Ciclo
1986
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