Academic literature on the topic 'SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE DELLA RIPRODUZIONE'

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Dissertations / Theses on the topic "SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE DELLA RIPRODUZIONE"

1

De, Rocco Daniela, and Rocco Daniela De. "STUDIO CLINICO E MOLECOLARE DELLA SINDROME DI BERNARD-SOULIER." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10848.

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Abstract:
2013/2014
2013/2014
La sindrome di Bernard-Soulier (BSS) è una rara piastrinopenia ereditaria causata da alterazioni a livello del complesso glicoproteico GPIb-IX-V, presente sulla membrana piastrinica e responsabile della adesione delle piastrine in seguito a danno vascolare. La BSS si trasmette come malattia autosomica recessiva (BBSA1) e i pazienti affetti presentano piastrine giganti e severi episodi di sanguinamento. Tuttavia in tempi recenti sono state descritte delle famiglie con una forma dominante nota come BSSA2. In questi pazienti la piastrinopenia è moderata e le piastrine presentano un volume leggermente aumentato. Finora sono state individuate solo 5 varianti in eterozigosi nel BSSA2:, 4 nel gene GP1BA e 1 in GP1BB. Fatta eccezione per p.Ala172Val del gene GP1BA che è relativamente frequente nella la popolazione Italiana, le altre 4 sono state descritte in singole famiglie. I pochi casi di cui disponiamo, soprattutto per la forma recessiva non ci permettono di avere informazioni sui meccanismi patogenetici e sulla sua evoluzione nel tempo. Per questo motivo è stato istituito un Consorzio Internazionale per lo studio della BSS grazie al quale è stato possibile raccogliere i dati clinici e molecolari di 132 famiglie. Tutte le informazioni sono state inserite in un database (BSS Consortium database) attualmente gestito dal nostro laboratorio e consultabile dai gruppi di studio che hanno aderito al Consorzio. Inoltre per aumentare le informazioni sulle varianti identificate nel BSSA1 abbiamo incrementato i dati molecolari delle famiglie del Consorzio con i dati di altre 79 famiglie descritte in letteratura, raggiungendo un totale di 211 famiglie. Tutte le mutazioni identificate in queste famiglie sono state poi inserite in un database pubblico disponibile in rete (LOVD: Leiden Open Variation Database). La raccolta e l’elaborazione dei dati ci ha permesso di chiarire alcuni aspetti clinici e molecolari della malattia. Tuttavia data l’eterogeneità genetica e l’elevata espressione fenotipica gli studi genotipo-fenotipo si sono rivelati difficili da eseguire. Nonostante le molte informazioni acquisite, il database risulta ancora incompleto e limitato; per questo motivo è necessario raccogliere nuovi casi e inserire assieme alle varianti anche i relativi studi funzionali che si rivelano indispensabili per poter definire l’effetto delle varianti sul complesso GPIb-IX-V. Nell’ambito invece dello studio e caratterizzazione della forma meno grave di BSS (BSSA2) sono stati selezionati 120 pazienti piastrinopenici senza diagnosi caratterizzati da piastrine grandi. In questi pazienti sono stati analizzati i geni GP1BA, GP1BB e GP9 e sono state identificate 11 diverse varianti: 1 nonsense, 2 mutazioni di framshift, 1 mutazione nel codone di inizio e 5 varianti missense. Gli studi funzionali eseguiti sulle varianti missense per stabilire il loro ruolo patogenetico sono ancora in corso. Tuttavia se gli studi dovessero confermare la loro patogenicità 11 pazienti su 120 risulterebbero BSSA2 e questa forma dovrebbe essere considerata una tra le piastrinopenie ereditarie più frequenti in Italia. In conclusione grazie a questo studio è stato possibile raccogliere la più ampia casistica di pazienti affetti da BSSA1 fin’ora descritta e ottenere numerose informazioni sia sulla clinica che sulle mutazioni coinvolte. Il BSS Consortium database permetterà ai clinici che hanno partecipato allo studio di osservare nel tempo l’andamento della malattia nei pazienti e di ottenere informazioni utili per stabilire un corretto protocollo per la presa in carico dei pazienti. Infine la caratterizzazione di nuove forme di BSSA2 rappresenta il punto di partenza per descrivere al meglio la malattia BSSA2 sia dal punto di vista clinico che molecolare. In futuro sarà quindi indispensabile estendere il BSS Consortium database anche alla forma BSSA2.
XXVII Ciclo
XXVII Ciclo
1979
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2

Londero, Margherita. "Sviluppo di strategie farmacologiche per la personalizzazione della terapia della leucemia linfoblastica acuta nel bambino." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10852.

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Abstract:
2012/2013
L'attività dell'enzima tiopurina-S-metil transferasi (TPMT) è un determinante importante di eventi avversi severi durante il trattamento della leucemia linfoblastica acuta (LLA) con l'antimetabolita mercaptopurina. Recentemente è stato dimostrato che la proteina PACSIN2 modula l'attività di TPMT e la tossicità indotta da mercaptopurina, mediante un meccanismo molecolare che si ipotizza riguardi la regolazione dell'autofagia. Nell’ambito del protocollo italiano per il trattamento della LLA AIEOP 2009, si vogliono sviluppare strategie farmacologiche (farmacogenetiche, farmacocinetiche e farmacodinamiche) in vitro da integrare agli attuali parametri di risposta del paziente per personalizzare la terapia. Queste strategie comprendono la valutazione dell’attività e di polimorfismi genetici di enzimi importanti per la biotrasformazione della mercaptopurina, ovvero TPMT ed inosina trifosfato-pirofosfatasi (ITPA), della concentrazione dei metaboliti attivi della mercaptopurina e della sensibilità in vitro dei blasti dei pazienti raccolti alla diagnosi e trattati con diversi farmaci antitumorali. Si vuole poi validare l’effetto dei polimorfismi di PACSIN2 sull’attività dell’enzima TPMT. I dati preliminari ottenuti sostengono il ruolo dei polimorfismi d’interesse sulla farmacocinetica della mercaptopurina. In particolare, la casistica considerata finora valida un contributo dello SNP di PACSIN2 rs2413739 sull’attività enzimatica di TPMT. Lo studio è in continuo aggiornamento. Il suo ampliamento e l’integrazione dei dati farmacologici con i dati clinici dei pazienti contribuiranno a comprendere l’impatto di queste variabili farmacocinetiche/farmacogenomiche sull’efficacia e la tossicità del trattamento con tiopurine. Per determinare se PACSIN2 e l'autofagia contribuiscono alla variabilità interindividuale nell'attività di TPMT e nella suscettibilità alla tossicità da mercaptopurina abbiamo eseguito degli esperimenti in cellule con meccanismo di autofagia alterato (ovvero fibroblasti murini embrionali, MEF, da topi con ATG7 disattivato) e alterazione di PACSIN2 (cellule NALM6 con silenziamento di PACSIN2). Le cellule con meccanismo di autofagia alterato esprimono costitutivamente livelli più alti di PACSIN2 endogeno; questo avviene anche per altre proteine correlate all'autofagia come p62. Il trattamento con rapamicina induce la degradazione di PACSIN2 nelle cellule con autofagia funzionante, ma non in quelle con meccanismo di autofagia alterato. Il silenziamento dell'espressione di PACSIN2 ha indotto un aumento nel livello basale di autofagia, come documentato dall'accumulo di LC3-II e autofagosomi. La sequenza proteica di PACSIN2 contiene due siti di legame per LC3 e la co-immunoprecipitazione di PACSIN2 e LC3 dimostra l'interazione delle due proteine nelle linee cellulari NALM6. La stabilità di TPMT è diminuita quando l'espressione di PACSIN2 è alterata, in confronto a cellule con livelli normali di PACSIN2. Qui dimostriamo che PACSIN2 è bona fide una proteina dell'autofagia e che il suo ruolo come modulatore dell'autofagia influenza la variabilità interindividuale nell'attività di TPMT.
XXVI Ciclo
1980
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3

Scomodon, Omar. "STUDIO DELLE MUTAZIONI DI STAT1 NEI PAZIENTI CON CANDIDIASI MUCOCUTANEA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10856.

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Abstract:
2013/2014
La candidiasi muco-cutanea cronica (CMC) costituisce una condizione caratterizzata da infezioni persistenti di cute e mucose causata da Candida albicans. Fra le cause genetiche responsabili di questa patologia sono note mutazioni gain of function (GOF) del gene STAT1. Abbiamo condotto l’analisi genetica su una coorte di pazienti con CMC e abbiamo identificato otto portatori di mutazioni in eterozigosi di STAT1: due pazienti con L351F,due pazienti con L283M e un paziente con L400V.Queste mutazioni non sono ancora state descritte in letteratura. In tre pazienti abbiamo identificato mutazioni già note: T385M e A267V. Per confermare il carattere gain of function di queste mutazioni abbiamo analizzato la fosforilazione di STAT1 su sangue intero in risposta a IFN-γ e IFN-α, la capacità dei linfociti T CD4+ di polarizzare in Th17 e, per le nuove mutazioni, l’efficienza di attivazione di un gene reporter (Luciferasi) posto sotto il controllo della sequenza promotore GAS, in seguito a stimolazione con IFN-γ e IL-27. Tutti i pazienti mostrano una iperfosforilazione di STAT1, un deficit di Th17 e una capacità di attivazione di sequenze GAS maggiore rispetto ai controlli analizzati. Dallo studio della storia clinica di questi pazienti è emerso che alcuni soggetti soffrivano di infezioni virali e infezioni causate da patogeni intracellulari come Criptococco e Leishmania. Questo complesso quadro clinico, non può essere spiegato dal solo deficit di Th17, ma suggerisce un possibile coinvolgimento di altre popolazioni cellulari del sistema immunitario. I linfociti Natural Killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nella difesa contro le infezioni sostenute da virus e da microorganismi intracellulari e sono importanti produttori di IFN-γ, citochina fondamentale nel contrastare questi patogeni. Per questo motivo abbiamo valutato la capacità citotossica delle cellule NK dei pazienti con l’espressione del marcatore di degranulazione CD107a e la capacità di produzione di IFN-γ. In questo modo, nei pazienti è stato possibile apprezzare una lieve riduzione della citotossicità e una ridotta produzione di IFN-γ in presenza di IL15. Inoltre, le difficoltà riscontrate nel differenziare in vitro le cellule NK dei pazienti ci ha fatto sospettare un deficit di crescita di queste cellule. L’ ipotesi è stata confermata dalla riduzione dell’ espressione del marcatore di proliferazione Ki67 anche dopo stimolazione con IL2 e IL15. Queste due citochine hanno un ruolo fondamentale nella proliferazione delle cellule NK attraverso l’ azione sul mediatore STAT5. Per questo motivo abbiamo valutato l’ attivazione di STAT5 attraverso l’induzione delle cellule NK con IL2 e IL15 e in questo modo abbiamo osservato una riduzione dei livelli di fosforilazione di STAT5 nei pazienti rispetto ai controlli sani. Queste evidenze ci hanno permesso di confermare che le mutazioni da noi identificate possono essere considerate causative di CMC, le mutazioni non note hanno carattere GOF e che l’alterazione della funzionalità di STAT1 può interferire negativamente sulla attività delle cellule NK attraverso l’inibizione della capacità di fosforilazione di STAT5.
XXVII Ciclo
1983
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4

Sorcaburu, Cigliero Solange. "Identificazione di linee guida per l'analisi genetico-forense mediante utilizzo di DNA degradati in vitro." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10857.

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Abstract:
2013/2014
Nel corso di questo lavoro e stato ottimizzato un metodo per ottenere –mediante idrolisi acquosa- campioni di DNA danneggiati in maniera controllata (r2= 0.997). Uno di questi campioni, denominato trial sample (TS), veniva sottoposto ad un esperimento interlaboratorio (n=25) nel corso del quale ogni partecipante doveva fornire dati relativi alla quantificazione del campione ed al suo l’assetto genotipico. L’impiego della qPCR ha dimostrato che, in campioni danneggiati, e possibile fornire solo una indicazione che e relativa (ed inversamente proporzionale) alla lunghezza (r2=0.891) della regione target. Circa i genotipi forniti, veniva osservato che, a causa di un’elevata frequenza di artefatti di PCR, l’esecuzione di un basso numero di tre repliche(≤ 3)puo portare ad errori(n=4. Lo sviluppo del metodo “consensus TSPV", invece,eliminava tali errori di genotipizzazione. L’utilizzo di tale metodo di “consensus” ha dimostrato che, per campioni degradati ed in condizione di Low Copy Number (≤ 96 pg/PCR), neanche l’esecuzione di sette repliche mette totalmente al riparo da errori di genotipizzazioni.Anche la tecnologia Illumina di Next Generation Sequencing e stata testata mediante un set di campioni danneggiati. Pure la fedeltà di questa tecnologia e stata molto influenzata dalla qualità del templato. Il“consensus TSPV”, inoltre, evidenziava che errori di genotipizzazione possono emergere quando vengono eseguite due sole repliche. Il maggiore limite dell’analisi forense sembra derivare proprio dall’elevatissima sensibilità analitica oggi ottenibile.
In the course of this work has been optimized a method to obtain -by hydrolysis in water- damaged DNA samples in a controlled manner (r2=0.997). One of these samples, called trial sample (TS), was subjected to an inter-laboratory experiment (n=25)during which each participant had to provide data on the quantification of the sample and its trim genotype. The use of the qPCR showed that, in damaged samples, it is possible to provide only an indication that is relative (and inversely proportional) to the length (r2=0891)of the target region. About the genotypes provided, was observed that, due to a high frequency of PCR artifacts, the execution of a low number of three replicates (≤3)may lead to errors (n=4). Method development "consensus TSPV", instead, eliminated these errors genotyping. The use of this method "consensus" has shown that, for degraded samples and under Low Copy Number conditions (≤96pg/PCR),even the execution of seven replicas puts totally immune from errors in genotyping. Even Illumina technology of Next Generation Sequencing was tested using a set of damaged samples. Even the fidelity of this technology has been very influenced by the quality of the template. The "consensus TSPV" also showed that genotyping errors can arise when running only two replicas. The major limitation of the forensic analysis seems to derive just by the very high analytical sensitivity obtainable today.
XXVII Ciclo
1973
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5

Girardelli, Martina, and Martina Girardelli. "Ricerca di nuove varianti geniche associate alle malattie infiammatorie croniche intestinali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10849.

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Abstract:
2013/2014
2013/2014
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), sono un gruppo di malattie eterogenee ad eziologia multifattoriale. Sono caratterizzate da uno stato infiammatorio a carico della mucosa del tratto gastrointestinale e comprendono il Morbo di Crohn (MC), la Rettocolite ulcerosa (RCU) e la Colite indeterminata (CI) i cui quadri istopatologici differiscono tra loro per tipo di lesione, localizzazione della malattia e complicanze associate. Le MICI insorgono tipicamente durante l’adolescenza o in età adulta come il risultato della combinazione di tutti i fattori predisponenti che concorrono in egual misura nella determinazione della malattia. L’insorgenza delle MICI può avvenire anche in età molto precoce, entro i 10 anni ma anche entro i 2 anni e in maniera ancora più grave. In questi casi di esordio precoce si ipotizza che il peso maggiore sia da attribuire alla componente genetica piuttosto che a fattori ambientali e microbici. Solitamente i pazienti con esordio precoce sono caratterizzati da un fenotipo malattia più severo e difficilmente controllabile con le terapie convenzionali. Per gli aspetti differenti che si osservano in termini di predisposizione, caratteristiche fenotipiche, fattori coinvolgenti e geni interessati, le MICI possono essere contestualizzate da una parte come malattie multifattoriali e dall’altra come patologie “monogeniche". Nel contesto della multifattorialità, i numerosi studi di associazione son stati importantissimi in quanto hanno individuato numerosi geni relativi a distinte pathway (barriera intestinale, regolazione dell’immunità innata dell’epitelio, autofagia, sistema fagocitario e stress) coinvolte nella patogenesi delle MICI (ad oggi 163 loci). Nel lavoro di dottorato l’attenzione e l’interesse si è focalizzato sullo studio delle MICI ad insorgenza precoce e uno dei primi obiettivi della tesi è stato quello di indagare in 36 pazienti pediatrici, geni noti dalla letteratura per essere associati alla malattia (NOD2, ATG16L1, IL23R, IL10, IL10RA, IL10RB e XIAP), con il fine di identificare una possibile correlazione genotipo-fenotipo. Anche se non è stato possibile identificare un unico filo conduttore che ci ha permesso di correlare il fenotipo dei pazienti ai genotipi individuati, sono state identificate nuove varianti missenso e introniche. Tutte le varianti individuate sono state analizzate da un punto di vista bioinformatico per valutare la predizione di patogenicità: in base alle predizioni ottenute l’attenzione si è focalizzata su due varianti nel gene NOD2 sulle quali sono stati allestiti saggi funzionali per valutare il loro impatto sulla corretta sintesi e funzionamento della proteina. Un importante dato che emerge sempre più spesso dalla letteratura è l’evidenza che lesioni infiammatorie a carico del tratto gastrointestinale e il fenotipo tipico delle MICI, possono presentarsi molto precocemente (entro i 2 anni di vita) come prime o a volte anche come uniche manifestazioni cliniche in un contesto patologico più ampio che sottende allo sviluppo di gravi immunodeficienze (MICI-like). In questi casi le mutazioni a carico del gene malattia sono molto rare e generalmente considerate come mutazioni “private” e causative del fenotipo malattia che si osserva. Nell’ambito delle MICI in un contesto che possiamo definire monogenico, sono stati analizzati pazienti pediatrici con una sintomatologia MICI-like mediante analisi di sequenza di nuova generazione “Whole Exome Sequencing (WES)”. Sono state ricercate specificamente mutazioni in un determinato set di geni accuratamente selezionati (60 geni) in quanto responsabili di patologie monogeniche che presentano, all’esordio della malattia, una sintomatologia MICI-like. L’obiettivo è quello di riuscire ad effettuare in tempi rapidi l’identificazione di mutazioni in specifici geni malattia, per permettere al clinico di diagnosticare altrettanto rapidamente la malattia e poter intraprendere la terapia più adeguata e specifica per ciascun paziente. Così come sono state individuate numerose varianti presenti nei database e note per la loro associazione alle MICI, sono state identificate anche nuove varianti, mai descritte prima in letteratura. Alcune varianti sono state analizzate con saggi funzionali in vitro in modo da poter comprendere il rispettivo effetto sulla proteina. Per testare l’effetto della variante intronica rs104895421 (c.74-7T>A), situata a monte dell’esone 2 del gene NOD2, è stato allestito il saggio del minigene ibrido. L’esperimento ha messo in evidenza che tale sostituzione nucleotidica altera il corretto funzionamento del meccanismo di splicing, provocando, anche se non con una efficienza del 100% l’esclusione dell’esone. Nel contesto di MICI come malattie monogeniche, sono state individuate due importanti mutazioni, in due pazienti con sintomatologia MICI-like ad esordio molto precoce. La prima è una mutazione, ovvero una delezione di due nucleotidi, identificata nel gene XIAP (c.1021_1022delAA fs p.N341fsX7). Questa delezione determina la sintesi di una proteina tronca provocando un’alterazione strutturale della proteina che ne la funzionalità. Il risultato di tale lavoro ha permesso al clinico di fare finalmente la corretta diagnosi e il paziente è stato curato grazie ad un trapianto di midollo. La seconda mutazione degna di interesse è una mutazione missenso identificata in omozigozi nel gene NOD2 (c.G1277A p.R426H), in seguito all’analisi dell’esoma. Dalle indagini funzionali si evince che tale mutazione altera il normale funzionamento del recettore intracellulare NOD2, e quindi potrebbe spiegare il fenotipo malattia osservato nel giovane paziente (“gain of function”). In questo caso, il confronto con il clinico, in base alle evidenze ottenute dai test eseguiti, deve ancora avere luogo ma sarà di fondamentale importanza per fare una diagnosi e iniziare la terapia idonea. Questa tesi ha incrementato, seppur con piccoli tasselli, le conoscenze riguardo alcuni varianti in geni conosciuti dalla letteratura per la loro associazione con le MICI. I risultati ottenuti hanno avuto inoltre un impatto traslazionale molto importante permettendo ai clinici di fare la corretta diagnosi e iniziare la terapia idonea per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita del paziente.
XXVII Ciclo
XXVII Ciclo
1985
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6

Kumar, Rajesh. "Valutazione della via di trasduzione del recettore CXCR4 in pazienti affetti da sindrome WHIM." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10850.

Full text
Abstract:
2013/2014
La sindrome WHIM è un’immunodeficienza rara che si manifesta nei pazienti affetti con neutropenia cronica, verruche, ipo-gammaglobulinemia ed infezioni ricorrenti batteriche e virali. La neutropenia è la diretta conseguenza dell’incapacità da parte dei neutrofili di migrare dal midollo osseo verso la periferia (Mielochetassi). Dal punto di vista genetico le cause della malattia sono da associarsi a mutazioni in eterozigosi nel gene CXCR4 con trasmissione autosomica dominante. Questo gene codifica per una proteina a sette domini trans-membrana. La porzione extra-cellulare è specializzata nel riconoscimento del ligando specifico CXCL-12 (SDF-1α) mentre la porzione intracellulare è associata alle proteine-G e quindi deputata alla trasduzione del segnale. Nei pazienti affetti da sindrome WHIM è possibile identificare mutazioni che causano la formazione di un codone di stop prematuro in CXCR4. Tali mutazioni determinano la perdita di gran parte della porzione citoplasmatica con conseguente alterazione della funzionalità della proteina, una mancata down-regolazione di CXCR4 ed una incrementata risposta al suo ligando specifico CXCL12 (SDF-1). La ragione principale di questa alterazione è la perdita di regioni ricche in serine e treonine, siti di fosforilazione importanti per il corretto funzionamento di CXCR4. L’attività di CXCR4 può essere regolata, tramite trans-attivazione, dal recettore CXCR7. Lo studio di quest’interazione è di notevole interesse dato che sono state riscontrate malformazioni cardiache simili a quelle osservate nella Tetralogia di Fallot sia in modello murino mutato in CXCR7 sia in alcuni pazienti WHIM. Caratterizzare le diverse mutazioni di CXCR4 può aumentare la comprensione genetico-molecolare dei meccanismi che causano la sindrome WHIM. Durante il corso di dottorato di ricerca, mi sono occupato della caratterizzazione di una nuova mutazione in CXCR4 e dello studio di mutazioni già note mediante esperimenti in vitro. Grazie al contatto diretto con i pazienti è stato possibile analizzare le mutazioni e i relativi effetti su cellule linfocitarie attivate (PHA-T blasti) provenienti da campioni di sangue periferico. Questi studi hanno compreso sia saggi funzionali, come la chemotassi e il flusso del calcio intracellulare, sia biologici e molecolari, come lo studio della fosforilazione delle proteine ERK. Tutti gli esperimenti sono stati effettuati dopo stimolo del recettore CXCR4 mediante un ligando specifico, la chemochina SDF-1α. Le analisi eseguite sulle cellule dei pazienti con mutazioni fino ad ora note hanno sempre mostrato un comportamento gain of function del recettore CXCR4: gli effetti evidenti in seguito ad esposizione al suo ligando specifico CXCL12 sono l’iper-fosforilazione delle proteine ERK1/2, l’aumentato flusso del calcio intracellulare e l’aumentata risposta chemotattica. Oltre a questo abbiamo trovato e caratterizzato una nuova mutazione di CXCR4 (L317fsx3) non descritta in letteratura, che genera un codone stop situato più a monte delle mutazioni finora descritte. Questa mutazione genera un recettore CXCR4 completamente privo della porzione citoplasmatica contenente tutti i siti di fosforilazione del recettore. Sulle cellule di questi pazienti abbiamo valutato per primo la via di segnale delle MAP chinasi, in particolare la fosforilazione di ERK1 ed ERK2, ed in seguito il flusso del calcio intracellulare e la chemotassi in risposta dose-dipendente a SDF-1. Al contrario delle altre mutazioni già note, le analisi condotte sulle cellule T attivate dei pazienti con mutazione L317fsx3 hanno mostrato una ridotta capacità di fosforilazione delle proteine ERK1/2, una ridotta chemotassi e diminuzione del flusso del calcio intracellulare in risposta allo stimolo con SDF-1α. Il risultato della fosforilazione delle proteine ERK1/2 si è ripetuto anche sulle cellule della linea B immortalizzate con il vius Epstein Barr (EBV) dei pazienti in questione. Per confermare i risultati ottenuti sulle cellule dei pazienti, cellule HEK293 sono state trasfettate con un vettore eucariotico wild-type, un vettore eucariotico mutagenizzato L317fsx3 o con un vettore eucarotico mutagenizzato per la mutazione più frequente e rappresentativa (R334X). Su queste cellule è stata valutata la fosforilazione delle proteine ERK1/2. In accordo con i risultati ottenuti sulle cellule dei pazienti, la trasfezione con il vettore mutagenizzato L317fsx3 riduce la capacità di CXCR4 di fosforilare le proteine ERK e di mediare il flusso del calcio intracellulare rispetto alle cellule trasfettate con il plasmide wild-type o il plasmide contenente la più frequente mutazione R334X. I risultati che abbiamo visualizzato in questi esperimenti hanno mostrato un effetto differente della nuova mutazione rispetto a quelli causati dalle mutazioni precedentemente caratterizzate; questo comportamento potrebbe essere dato dalla perdita dell’intera coda citoplasmatica dal parte del recettore CXCR4. Questo troncamento della coda citoplasmatica comporta la perdita di tutti i siti di fosforilazione del recettore in grado di associarsi alle proteine G e necessari alla corretta trasduzione delle diverse vie di segnale. Questa incapacità di legare le proteine G da parte del recettore CXCR4 comporta una riduzione della funzionalità recettoriale.
XXVII Ciclo
1983
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7

Cavagna, Elsa. "Il colloquio nel counselling medico delle gravidanze gemellari." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/9983.

Full text
Abstract:
2012/2013
INTRODUZIONE La gravidanza gemellare è da sempre argomento di grande fascino, mistero, ma anche preoccupazione per le numerose problematiche materne e fetali che comporta. Infatti, nonostante i progressi della medicina, essa continua a presentare un maggior rischio rispetto alle gravidanze singole a tutte le epoche gestazionali, una maggiore incidenza di morbilità e mortalità perinatale, di patologie gravidiche e di complicanze al parto. Nonostante il grande interesse verso il “fenomeno gemelli”, la letteratura sull’argomento non è particolarmente ricca e questo deficit d’informazione costituisce un aspetto problematico per le famiglie, che talvolta rischiano di far prevalere sugli aspetti positivi del “mettere al mondo una coppia”, gli aspetti di stress e di fatica. Uno strumento fondamentale in grado da un lato di arginare il senso di smarrimento delle coppie in attesa di gemelli e dall’altro, di incrementare il loro livello di conoscenza, è rappresentato da un’adeguata formazione ed informazione rispetto a tutti gli aspetti connessi alla gemellarità. Numerosi contributi scientifici dimostrano, infatti come una buona comunicazione centrata sul paziente, caratterizzata da chiarezza e completezza delle informazioni, e da uno stile relazionale accogliente, contribuisca a mantenere l’ansia entro livelli contenuti e favorisca la compliance delle pazienti ai vari trattamenti. Il management della gravidanza gemellare rappresenta quindi un argomento molto controverso della moderna ostetricia e il momento del counseling medico si contraddistingue come un aspetto cruciale del percorso dell’intera gravidanza. Tra i motivi della necessità di una gestione specialistica accurata e personalizzata vi è anche il costante incremento delle gravidanze gemellari frutto spesso di metodiche di fecondazione assistita che contraddistinguono la genitorialità come risultato di una scelta consapevole ma che allo stesso tempo vede i futuri genitori costretti a prendere decisioni impegnative che riguardano il ricorso a metodiche invasive per intervenire sulle varie complicanze che, come accennato in precedenza, possono presentarsi a qualsiasi epoca gestazionale. LA RICERCA Nell’ideare e nel realizzare la ricerca, si è cercato di mettere in luce la complessità della comunicazione medico-paziente come un aspetto che contribuisce alla creazione di una delle relazioni sociali più complicate poiché riguarda il rapporto tra individui che si trovano in posizioni non paritarie, è connotata emotivamente e richiede una stretta collaborazione tra gli attori coinvolti (Ong et al.,1995). Oggetto principale di questo studio è la “Pragmatica della comunicazione medico-paziente”, ovvero degli effetti che la comunicazione esercita sul comportamento dei pazienti, in uno specifico ambito: il colloquio medico nel counselling delle gravidanze gemellari. Presupposto fondamentale in questa concezione è l’idea che la relazione tra medico e paziente sia costruita attraverso la loro interazione e attraverso la comunicazione che hanno luogo in un contesto che è “matrice dei significati” e contribuisce a dare forma e senso alla comunicazione. La ricerca di una modalità comunicativa sempre più efficace ed attenta alle esigenze dei pazienti in questo ambito così particolare e carico anche di profondi aspetti emotivi, nasce dalla sensibilità dei medici dell’ambulatorio delle gravidanze gemellari che accettano la sfida dell’apprendimento di una nuova modalità di comunicare, per migliorare sempre di più il rapporto medico-paziente. In particolare il lavoro si è focalizzato sul modello della medicina “Patient centred” (Moja, Vegni, 2000) che sottolinea l’importanza degli aspetti della comunicazione e della relazione all’interno della consultazione clinica e più in generale, nei percorsi di cura. Numerosi lavori sulla medicina centrata sul paziente si focalizzano sul raggiungimento di una comunicazione efficace (Stein, 2005), poiché è ormai stabilito chiaramente che specifici comportamenti comunicativi dei medici sono associati ad un incremento dello stato di salute dei pazienti, all’aderenza al trattamento e alla loro soddisfazione. L’influenza delle modalità comunicative e comportamentali dei medici sui pazienti è un punto centrale di questo lavoro in cui si è cercato di mettere a confronto gli effetti di due modalità comunicative su due gruppi di coppie in attesa di gemelli. Lo studio ipotizza che una pertinente formazione dei medici alla comunicazione centrata sul paziente produca, rispetto a un gruppo di controllo, un cambiamento nel livello d'ansia, una maggiore soddisfazione della coppia al termine delle visite ed una migliore memorizzazione delle informazioni ricevute. Si sono presi in considerazione questi indicatori, in quanto le ricerche in letteratura riportano un alto livello d'ansia, una scarsa soddisfazione e un'inadeguata memorizzazione delle informazioni dopo i colloqui con i medici; questi indicatori a breve termine sono variabili attraverso le quali può essere definita e valutata l'efficacia della comunicazione tra medico e paziente. La connessione tra comunicazione e aderenza ai trattamenti, tra comunicazione e soddisfazione dei pazienti, e l’analisi degli stili comunicativi del medico, sono alcuni dei temi che sono stati al centro dell’attenzione degli studi condotti in quest’ambito poiché è sempre più chiaramente dimostrato che le variazioni nei processi di comunicazione influenzano in modo rilevante proprio gli atteggiamenti e i comportamenti del paziente (la sua soddisfazione circa la visita medica, l’attenersi alle prescrizioni del medico e la riduzione delle sue preoccupazioni) (si vedano ad esempio Ong et al., 1995; Brédart et al., 2005). La vasta letteratura specialistica mette in evidenza che migliorare la comunicazione tra medico e paziente ha un impatto favorevole sulla soddisfazione dei pazienti circa la visita, il trattamento e la relazione stessa con il medico (Bredart et al., 2005; McDonagh et al., 2004; Eide et al., 2003; Ong et al., 2000a). ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA FASE 1: OSSERVAZIONE DELL’INTERAZIONE COMUNICATIVA TRA MEDICO E PAZIENTE IN UN SETTING NON MODIFICATO. Lo studio si compone di più fasi. Nella prima fase sono stati osservati per tre sessioni nell’arco di due mesi i sette medici che si occupano del counselling delle gravidanze gemellari con l’ausilio della scheda Osce, “Objective Structured Clinical Examination” (OSCE-esame clinico strutturato Harden 1975), che analizza tutte le parti salienti della comunicazione medico-paziente. La presenza dell’osservatore era stata introdotta dalla responsabile dell’Unità Operativa spiegando che era in corso una ricerca sui gemelli. L’osservatore era presente durante il couselling e non veniva percepito come elemento di disturbo né per i medici, né per le coppie. Contemporaneamente è stata verificata l’autopercezione delle proprie competenze comunicative, nel gruppo dei medici coinvolti nello studio, attraverso un questionario “Percs” The Program to Enhance Relational and Communication Skills (PERCS). L’osservazione dello “stato dell’arte” della comunicazione è stata condotta con un campione di controllo di 35 coppie in attesa di gemelli, durante la prima visita ecografica a cui è stata somministrata una serie di strumenti di valutazione che verranno discussi nel paragrafo relativo agli strumenti. Come accennato in precedenza, ogni medico è stato osservato in tre sessioni separate, a distanza di tempo, compatibilmente con i turni di ambulatorio. Per “sessione” si intende l’intera mattinata dedicata all’ambulatorio delle gravidanze gemellari, e quindi anche 7-8 colloqui per mattinata. Si è stabilito un numero di tre osservazioni per cercare di ridurre quanto più possibile il bias dell’osservatore e ogni colloquio di ogni sessione era codificato con la griglia Osce. L’utilizzo di questa checklist ha permesso l’individuazione di alcune aree critiche (identificate con un numero elevato di presenza di “comportamenti mancanti”) e la predisposizione di un percorso di formazione mirata al comparto medico che compensasse tali aree critiche e il cui obiettivo era verificare se un setting modificato, ovvero un nuovo modo di condurre il counselling, producesse effettivamente delle differenze statisticamente significative nel livello di ansia, nella soddisfazione della coppia verso il colloquio e nella qualità del ricordo. Per le sue caratteristiche peculiari, il modello di “medicina centrata sul paziente” (Moja e Vegni, 2000) è il modello che si è deciso di introdurre, con la speranza di verificare gli eventuali cambiamenti prodotti sugli indicatori che sono stati ritenuti importanti nella gestione ottimale delle gravidanze gemellari. FASE 2 : IL POST FORMAZIONE A formazione completata, tutte le osservazioni della fase precedente sono state ripetute con le stesse modalità, partendo dall’osservazione dei medici attraverso la griglia Osce, proseguendo con una nuova verifica della loro autopercezione delle competenze comunicative e terminando con il reclutamento di altre 35 coppie durante la visita del primo trimestre. La natura dello studio, il suo carattere descrittivo, e gli obiettivi di ricerca hanno comportato, dal punto di vista metodologico, la scelta di metodi di ricerca sia di natura qualitativa, più adatti a rilevare e a descrivere i processi comunicativi, sia quantitativi, rispondenti alla necessità di misurare i risultati del processo. IL CAMPIONE Più in particolare, la ricerca prevede l'utilizzo di due condizioni di osservazione e valutazione: nella prima fase pre-formazione sono state osservate 35 coppie di genitori in attesa di gemelli, e nella fase successiva alla formazione, un analogo gruppo sperimentale, con le stesse caratteristiche del primo. Le prime 35 coppie di genitori hanno ricevuto un colloquio informativo in un setting non modificato (corrispondente allo studio di come avvengono abitualmente i colloqui). Al contrario, il gruppo sperimentale, formato da 35 coppie di genitori in attesa di gemelli ha ricevuto lo stesso colloquio in un setting modificato dalla formazione dei medici verso un modello di visita “centrata sul paziente”. Particolare cura è stata dedicata nella selezione del secondo campione in modo da ottenere due gruppi quanto più omogenei per età, livello di scolarità e tipo di gravidanza (indotta o spontanea) . La ricerca prevede quindi tre gruppi di soggetti: 1. Il gruppo dei medici che si occupano del counselling delle gravidanze gemellari; 2. Il gruppo di genitori reclutati prima della formazione dei medici; 3. Il gruppo dei genitori reclutati dopo la formazione dei medici. GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE Per valutare l'esito del colloquio , gli strumenti individuati sono: • STAY-Y (C.D. Spielberger): per la misurazione dello stato d'ansia prima e dopo il colloquio • HCCQ “Health Care Communication Questionaire” (P. Gremigni, M. Sommaruga): per la valutazione della soddisfazione dei genitori rispetto al colloquio appena terminato • “Scala dello stile di coping” (A.L. Comunian): per l'individuazione dello stile di coping dei genitori • Questionario per il ricordo: da compilare entro due settimane dopo il colloquio Per i medici, sono stati utilizzati i seguenti strumenti. • GRIGLIA OSCE: scheda di osservazione della consultazione medico/paziente e valutazione delle abilità comunicative • Questionario PERCS (Program to Enhance Relational and Communication Skills): per verificare le convinzioni di autoefficacia comunicative dei medici ANALISI STATISTICHE Al fine di valutare l’eventuale differenza tra i gruppi, sono stati applicati test parametrici (t test) e non parametrici (Mann Whitney), in funzione della distribuzione dei dati. Si è considerato un valore di p<.01quale indicatore di significatività statistica. Per valutare l’eventuale presenza di associazioni tra le variabili (ansia di stato post colloquio e soddisfazione verso il colloquio; ansia di stato post colloquio e stili di coping) è stato calcolato il coefficiente di Pearson, ad un livello di significatività di 0.05 e 0.01. L’analisi statistica dei dati è stata effettuata con il programma SPSS versione 18.0 per Windows. PRINCIPALI CONCLUSIONI Per verificare come i medici che si occupano del counselling delle gravidanze gemellari gestiscono la conversazione clinica, la relazione con le coppie che afferiscono all’ambulatorio, vi è stata una fase preliminare di osservazione di ogni medico da parte di un osservatore esterno che, con l’uso di un’articolata check-list guida di osservazione, ha segnato tutti i comportamenti che il medico mette in atto durante le varie fasi del colloquio. In particolare questo strumento di osservazione divide ogni consultazione clinica nei suoi momenti salienti: l’inizio della sessione, la raccolta delle informazioni, la costruzione del rapporto e la chiusura della sessione. Le osservazioni svolte ai medici prima che essi ricevessero la formazione hanno messo in luce uno stile comunicativo molto chiaro, orientato alla risoluzione del problema. Le osservazioni dei medici prima della formazione evidenziano anche che essi usano un comportamento verbale appropriato, mantanendo una posizione di neutralità anche davanti a prese di posizione forti dei pazienti. Ciò che invece nella fase pre-formazione risultava essere molto meno frequente erano le parti maggiormente connesse agli aspetti emotivi del counselling. Con la formazione vi sono state delle leggere modifiche come dimostra l’incremento delle frequenze registrate per alcuni item della checklist. Da quanto osservato emerge che lo stile comunicativo prevalente dei medici che si occupano del counselling delle gravidanze gemellari è orientato al problema: si tratta cioè di una comunicazione strumentale (Ong.et. al, 1995) attraverso la quale i medici forniscono informazioni utilizzando un linguaggio chiaro, specialistico ma comunque accessibile ai pazienti. Numerosi studi mettono in evidenza che la quantità ed il dettaglio delle informazioni fornite durante le visite, migliorano sia il ricordo che la soddisfazione dei pazienti (Ong.et.al, 1999). La ricerca in oggetto è strutturata come un’osservazione a più livelli, in diversi momenti; la verifica dell’efficacia della formazione, o meglio, la verifica degli eventuali cambiamenti prodotti dalla formazione è stata effettuata sia attraverso questionari di autovalutazione dei medici, sia con osservazioni dirette con l’ausilio di apposite checklist, che attraverso la misurazione di outcome accuratamente selezionati come il livello di ansia di stato dei pazienti dopo il colloquio medico e la loro soddisfazione rispetto al counselling ricevuto. Uno degli obiettivi centrali dello studio era verificare se la formazione al comparto medico avesse prodotto dei cambiamenti nello stato d’animo dei pazienti, se cioè il loro livello di ansia dopo il colloquio medico, fosse diverso nei due gruppi di pazienti testati. Dall’osservazione dei dati che abbiamo elaborato è stato possibile osservare che in entrambi i gruppi di genitori in attesa di gemelli, sia le mamme che i papà sono caratterizzati da un’ansia di tratto molto bassa, addirittura inferiore al livello medio della popolazione di riferimento, il che sta ad indicare che queste persone, generalmente non dovrebbero presentare disturbi di tipo ansioso nella loro quotidianità. Tuttavia, il livello medio di ansia (di stato) di tutti i soggetti testati nel momento immediatamente precedente il counselling, aumenta, in particolare nelle coppie che hanno una gravidanza gemellare indotta. Questo dato conferma quanto affermato dalla letteratura che descrive il colloquio medico come un evento stressante, caratterizzato da una disparità di livello tra medico e paziente. Le donne, sia del gruppo di controllo che del gruppo sperimentale, mostrano un livello di ansia più elevato rispetto agli uomini di entrambi i gruppi. Il dato veramente sorprendente deriva dalla misurazione del livello dell’ansia di stato immediatamente dopo il colloquio. Tutti i soggetti, infatti, erano stati invitati a compilare lo Stai-Y anche dopo la visita medica, unitamente agli altri questionari utilizzati per la valutazione della soddisfazione dei pazienti verso il colloquio medico e per l’identificazione dello stile di coping utilizzato dalle coppie in un momento emotivamente cosi importante. Osservando i dati relativi al gruppo delle mamme, si è potuto evidenziare che il livello medio di ansia misurato subito dopo il colloquio, si è significativamente ridotto, attestandosi addirittura sotto il livello medio di ansia della popolazione generale. Questo trend è stato rilevato sia per le mamme del gruppo di controllo, quelle cioè che hanno ricevuto il counselling da medici non formati, che per le mamme che hanno ricevuto il counselling dai medici formati. Il medesimo trend si è verificato nei gruppi dei padri: sia i futuri papà del gruppo di controllo che quelli del gruppo sperimentale, vivono una significativa diminuzione del livello medio dell’ansia di stato dopo aver ricevuto il counselling. Un altro importante obiettivo, suggerito dallo studio della letteratura era verificare se vi potesse essere una correlazione tra il livello dell’ansia dei pazienti subito dopo il colloquio e la soddisfazione verso il colloquio stesso. I dati che abbiamo analizzato mostrano come nel gruppo delle mamme che ricevono il colloquio dai medici non formati, il livello di ansia correli negativamente sia con dimensione “problem solving “ che con la dimensione “respect”, nonché alla “non verbal immediacy”. Queste tre dimensioni fanno riferimento rispettivamente alla capacità del medico di mettere in atto comportamenti orientati alla risoluzione dei problemi, alla loro competenza nel fornire informazioni chiare ed appropriate che consentono ai pazienti di prendere decisioni importanti in maniera consapevole ed autonoma e al comportamento affiliativo mostrato dal medico che riesce ad avere un dialogo chiaro ma non distanziante da un punto di vista psicologico. la modalità del “colloquio strumentale”, caratteristica del gruppo dei medici non formati, è in grado di assolvere a ben due importanti funzioni: in primo luogo, non solo contiene, ma addirittura riduce sensibilmente il livello di ansia percepita dai pazienti. In secondo luogo, tali pazienti, sentendosi rassicurati dalle informazioni ricevute e dalla modalità comunicativa, esprimono la loro soddisfazione verso il colloquio stesso. Per quanto riguarda le mamme del gruppo sperimentale, ovvero del gruppo che riceve il counselling dai medici formati, l’analisi dei dati non ha rilevato delle significatività statistiche nelle correlazioni tra il livello dell’ansia e la soddisfazione verso il colloquio, espresso attraverso il testi HCCQ. Ciò nonostante, dobbiamo però ricordare che anche l’ansia di stato misurata nel gruppo sperimentale delle mamme, si riduce in maniera significativa e quindi un effetto terapeutico è comunque raggiunto. L’ipotesi relativa alla verifica di una eventuale correlazione tra il livello d’ansia e l’utilizzo di determinate strategie di coping da parte dei pazienti, ha evidenziato come le mamme del primo gruppo, quelle che hanno ricevuto il counselling dai medici non formati, usino strategie di coping sia razionali che relazionali per tener sotto controllo lo stress del momento. Attraverso le strategie di coping relazionale le mamme usano le proprie skill di socializzazione per ridurre lo stress, così come succede anche per le strategie di coping razionale. Nel gruppo delle mamme che ricevono il counselling dai medici formati, è maggiormente diffuso un coping di tipo difensivo per tener sotto controllo il livello di stress generato dalla situazione. La sensibilità dei padri che ricevono il colloquio dai medici non formati orienta la loro preferenza verso il fattore della “Non verbal Immediacy” che risulta essere l’aspetto maggiormente coinvolto nel contenimento della loro ansia. Tale dimensione fa specifico riferimento all’atteggiamento empatico del medico che si dimostra in grado di gestire questa relazione così complessa. Contemporaneamente questo gruppo di pazienti utilizza strategie di coping di tipo difensivo nella direzione della gestione dell’emotività, probabilmente escludendo dal proprio orizzonte cognitivo ciò che è ritenuto troppo pericoloso e inaccettabile. Nel gruppo dei papà che ricevono il counselling dei medici formati sul modello “Patient centred”, l’aspetto che viene ritenuto più importante risulta essere la dimensione del “Problem solving” che fa riferimento all’abilità dei medici di gestire efficacemente una comunicazione complessa. Se si riconsidera quanto era emerso dalle osservazioni dei colloqui attraverso la griglia Osce, la perizia dei medici nella gestione degli aspetti tecnici e clinici era ineccepibile in entrambi i gruppi. Sembra quindi che l’aspetto della comunicazione strumentale correli significativamente con la soddisfazione di questi pazienti, come peraltro suggerisce una parte degli studi ai quali si è fatto più volte riferimento (Ong et al.,1995). L’interesse verso un modello ed uno stile comunicativo che mettesse il paziente al centro dell’attenzione del clinico deriva ancora una volta dallo studio della letteratura che evidenzia come la patient-centredness sia significativamente correlata alla compliance ai trattamenti nonché alla comprensione e memorizzazione delle informazioni. Questo aspetto è particolarmente importante in comunicazioni in cui possono esservi aspetti forieri di stress che potrebbe interferire con la memorizzazione ed il ricordo delle informazioni ascoltate (Ong et al., 1995). L’insufficiente memorizzazione può comportare a sua volta nei pazienti la percezione di disporre di una quantità insufficiente di informazioni, percezione che può peggiorare ulteriormente i vissuti di incertezza e di ansia. Gli studi indicano che è soprattutto la quantità di informazioni mediche fornite ad essere correlata al ricordo, mentre l’atteggiamento “affettivo” del medico risulta più debolmente collegato al ricordo (Ong et al.,2000). Attraverso un questionario di dieci domande che facevano riferimento al contenuto del counselling, si è tentato di esplorare il ricordo delle pazienti ad una settimana circa dalla visita. Purtroppo solo un numero molto limitato di pazienti sia del primo che del secondo gruppo hanno risposto al nostro questionario; ciò che abbiamo potuto verificare è che non vi sono differenze significative nella qualità del ricordo tra i gruppi, ad eccezione della domanda che faceva riferimento al ricordo del nome del medico che aveva condotto il colloquio; coerentemente da quanto evidenziato dalla griglia Osce, le pazienti del primo gruppo non ricordano il nome del medico, poiché prima della formazione, nessun dottore si presentava per nome. Risposte errate in entrambi i gruppi riguardano il significato clinico di esami di screening proposti durante il counselling e la gestione di alcune complicanze, come le infezioni batteriche, argomenti ampiamente discussi durante il colloquio. Emerge quindi che sebbene la comunicazione sia gestita in maniera ottimale, alcuni aspetti importanti non vengono adeguatamente memorizzati, forse a causa dell’elevato livello di ansia provato prima del colloquio o per l’elevato numero di informazioni trasmesse. Non è quindi lo stile comunicativo ad essere ostacolo alla memorizzazione e comprensione delle informazione, ma lo stato d’animo nel qui ed ora delle pazienti. A tal proposito ci è sembrata una strategia efficace quella di dedicare ai genitori in attesa di gemelli una pubblicazione dal titolo “Arrivano i gemelli: tutto quello che ti può essere utile sapere sulla gravidanza gemellare”, che viene consegnata ad ogni coppia in occasione del counselling del primo trimestre. Ultimamente l’Unione Europea sta puntando alla dissemination delle informazioni e alla Health Literacy che potrebbe essere letteralmente tradotta come “Istruzione o alfabetizzazione alla salute”. Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, definendo il ruolo della Health Literacy, fa riferimento a “competenze sociali e cognitive che determinano la motivazione e l’abilità degli individui di ottenere accesso, comprendere e usare l’informazione in modo da promuovere e mantenere un buono stato di salute”. Un prezioso aspetto della Health Literacy riguarda la possibilità di migliorare l’accesso delle persone all’informazione sulla salute e la loro capacità di usarla con efficacia, per cui la Health Literacy è una forma cruciale di empowerment. Proprio in quest’ottica si è sviluppata l’idea di scrivere un compendio informativo cartaceo da consegnare a tutte le coppie che si rivolgono all’ambulatorio delle gravidanze gemellari per la consulenza del primo trimestre. Questo opuscolo è quindi in linea con un nuovo trend europeo che sposta gli investimenti sul piano della salute, dalla pubblicazione scientifica alla formazione della popolazione generale e alla sua crescita culturale e conoscitiva sui temi della salute. L’opuscolo è frutto della collaborazione di ginecologi, genetisti, neonatologi, psicologhe ed ostetriche che si sono impegnati per aiutare le coppie in attesa di gemelli a meglio comprendere la loro esperienza di genitori di gemelli e rispondere ai loro bisogni. La brochure non intende sostituire la comunicazione con i medici; essa rappresenta invece uno strumento chiaro che può essere utilizzato dalla coppia ogni volta che sorge un dubbio, non si ricorda un’informazione, si desidera approfondire un aspetto della gravidanza gemellare. La pubblicazione contiene informazioni riguardo ai vari tipi di gravidanza gemellare, a come viene fatta la diagnosi e quali sono i principali rischi dei diversi tipi di gravidanza. Viene descritta la sindrome della Trasfusione feto fetale e le modalità di intervento attuate presso gli Spedali Civili di Brescia. Vi è un capitolo dedicato alla gestione del parto e alla descrizione del reparto di Terapia intensiva neonatale, all’interno della guida vi sono anche fotografie e disegni per aumentare al massimo la chiarezza di quanto trattato. Una sezione è dedicata ai corretti stili di vita per avere una buona gravidanza e, considerando il profondo impatto emotivo della gemellarità, sono stati trattati anche alcuni importanti aspetti psicologici della relazione tra genitori e gemelli. Alla luce di questo ampio lavoro di “osservazione sistemica” possiamo concludere ribadendo ancora una volta come la comunicazione tra medico e paziente abbia un ruolo fondamentale all’interno del processo di cura e sia lo strumento principale attraverso cui si costruiscono le singole relazioni .
XXV Ciclo
1973
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8

Leon, Luca. "Le bevande alcoliche: dalla definizione dei bisogni le indicazioni per la realizzazione di un ospedale promotore di salute." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10851.

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Abstract:
2013/2014
Diverse fonti autorevoli concordano che una parte rilevante dei decessi registrati nella popolazione generale e fra i giovani adulti siano riconducibili allo stile di vita agito - all’alimentazione, all’attività fisica, al fumo di tabacco ed alle bevande alcoliche - e da tempo le Istituzioni socio-sanitarie consapevoli del problema stanno promuovendo azioni di prevenzione e promozione della salute finalizzate alla riduzione del rischio ad essi correlato. Tuttavia, l’interpretazione di queste azioni di prevenzione e promozione della salute sono molteplici, frammentarie, poco verificate e verificabili ed a volte discordanti con la conseguenza che è difficoltoso riconoscere chiaramente le ricadute in termini di efficacia, efficienza e trasferibilità degli interventi proposti. Infatti, il più delle volte, contravvenendo alle indicazioni proposte dal Piano Nazionale della Prevenzione, risulta deficitaria, talvolta poco affidabile, l’analisi della situazione sulla quale si vuole intervenire con la conseguenza che: - la scelta degli interventi da mettere in atto viene lasciata all’interpretazione dei singoli operatori afferenti alle diverse istituzioni o strutture; - non viene resa possibile, qualora prevista, una corretta valutazione della efficacia degli interventi. Infine, le contraddizioni - culturali, professionali, di competenza…– condizionano la comunicazione e le relazioni tra gli operatori medici e non medici attori dell’intervento - medici, infermieri, assistenti sociali, educatori, insegnanti, psicologi…- ed i destinatari dell’azione - popolazione generale, in età pediatrica, adolescenti, gravide, genitori….- con il risultato che la mancata condivisione di saperi, comportamenti e atteggiamenti può, di fatto, limitare pesantemente l’efficacia dell’azione preventiva e di promozione della salute. Fra gli stili di vita l’uso delle bevande alcoliche viene riconosciuto da più parti15,16 come il più diffuso dei fattori di rischio evitabili per la salute, coinvolge la stragrande maggioranza della popolazione generale17 , una parte della quale consuma alcolici quotidianamente e il loro consumo “non eccessivo”, decisamente sottovalutato e confuso, è accettato e condiviso. A tal proposito questo studio si propone di descrivere, a partire dalla letteratura di riferimento, l’impatto delle bevande alcoliche sulla salute della popolazione italiana, le evidenze in merito ai modelli di consumo alcolico ed i rischi ad esso correlati, le politiche di contrasto e le buone pratiche messe in atto al fine di dar risposta a questo bisogno di salute. Così come consiglia il Piano Nazionale per la Prevenzione la ricerca sperimentale ha come obiettivo la definizione dei bisogni in merito alle abitudini alcoliche delle donne in gravidanza, della popolazione giovanile nell’arco di un ventennio (1989 -2013) e dei futuri operatori della salute in modo da definire le possibili linee di intervento attuabili nel contesto dell’ospedale promotore di salute. Vale la pena di puntualizzare che i programmi di prevenzione e promozione della salute si caratterizzano per un’iniziazione precoce, un’azione continua e monitorata nel tempo e supportata da conoscenze scientifiche aggiornate. Pertanto la scelta di coinvolgere nella ricerca le donne in gravidanza è motivata dal fatto che già dalla programmazione di una genitorialità responsabile genitori e famiglia devono rendersi conto, in maniera critica e responsabile, che il loro stile di vita condizionerà quello del nascituro e che uno stile di vita scorretto è un rischio sia per loro che per i figli. Per quanto riguarda gli adolescenti questi risentono dei comportamenti degli adulti significativi e sono i possibili utenti di un intervento di promozione della salute. Si può pertanto ipotizzare che la valutazione dei bisogni di questa popolazione consenta di definire l’eventualità di un intervento di prevenzione e promozione della salute mirato a correggere conoscenze comportamenti, abitudini ed atteggiamenti scorretti e/o mantenere e potenziare uno stile di vita più favorevole alla salute. In fine, avendo chiaro che i futuri operatori della salute, nell’ambito dell’esercizio della loro professione, saranno chiamati a programmare ed attuare interventi di prevenzione e promozione della salute è richiesto loro, per il fatto che ricoprono un ruolo educativo, di possedere competenze – sapere - coerenti con i loro comportamenti – saper fare e saper essere -. La ricerca su questa particolare popolazione - futuri operatori della salute - darà risposte in merito al loro back ground culturale, ai comportamenti ed agli atteggiamenti nei confronti delle bevande alcoliche e fornirà indicazioni sulle specifiche competenze e le eventuali criticità presenti al termine del percorso di formazione. Queste informazioni costituiranno il patrimonio culturale di base da spendere al fine di intervenire in maniera mirata sulla programmazione didattica dei Corsi di Laurea per rispondere ai bisogni culturali evidenziati. Lo studio vuole descrivere le caratteristiche delle popolazioni contattate - gravide, adolescenti, futuri promotori della salute -, i bisogni rilevati in merito alle bevande alcoliche e la correlazione tra le abitudini alcoliche delle popolazioni coinvolte e quelle del contesto famigliare di provenienza. Tutto ciò per comprendere le eventuali azioni di promozione della salute che si potrebbero proporre per rispondere in maniera efficace e verificabile nell’ambito di un ospedale promotore di salute.
XXVII Ciclo
1983
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9

Bottega, Roberta. "Sviluppo di una strategia per la diagnosi molecolare dell'anemia di Fanconi." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/9981.

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Abstract:
2012/2013
L’anemia di Fanconi (FA) è una malattia genetica rara caratterizzata da malformazioni congenite, pancitopenia, predisposizione al cancro e aumentata sensibilità ad agenti, quali diepossibutano e mitomicina C, che formano legami tra i due filamenti di DNA. La FA è causata da almeno 16 geni che costituiscono, insieme ad altri componenti, un pathaway di riparazione del DNA. L’eterogeneità è uno dei principali motivi che complica la diagnosi molecolare della FA. E’ pertanto necessario un processo a più livelli che implica lo screening di molti esoni o, in alternativa, l’allestimento di linee cellulari e l’analisi di complementazione per la caratterizzazione del gene candidato. Gli scopi di questa tesi pertanto sono diretti a: • Ridurre i tempi per l’identificazione del gene mutato sostituendo l’analisi di complementazione con quella di espressione delle proteine FA basandosi sul presupposto che prodotti mutati siano rapidamente degradati; • Caratterizzare dal punto di vista molecolare gli effetti delle varianti identificate dall’analisi di sequenza. Per quanto riguarda il primo obiettivo, ci siamo focalizzati sullo studio della proteina FANCA in 44 linee cellulari linfoblastoidi appartenenti ai diversi gruppi di complementazione. E’ emerso che, fatta eccezione per FA-G, l’espressione di FANCA non è alterata da mutazioni nei geni FANCB, FANCC e FANCD2. Per quanto riguarda i pazienti con mutazioni in FANCA, invece, abbiamo osservato una correlazione tra il tipo di mutazione e il livello di espressione della proteina che può quelli essere paragonabile a quella dei controlli nel caso di mutazioni missenso o ampie delezioni in frame. In accordo con l’ipotesi invece, in presenza di mutazioni nonsenso e frameshift in entrambi gli alleli del gene, non si ha produzione di proteina. Sulla base di questi dati possiamo concludere che l’analisi di FANCA non è soddisfacente per assegnare ai pazienti il corrispondente gruppo di complementazione. Tuttavia, da questo studio è emersa l’ipotesi di un’associazione tra l’espressione stabile delle proteine FANCA mutate e un fenotipo meno grave nei pazienti. I dati preliminari dimostrano che queste proteine non sono traslocate nel nucleo e che quindi un’eventuale attività residua non sia da attribuire al processo di riparazione del DNA. Un potenziale ruolo andrebbe forse indagato a livello citoplasmatico dove, come sta emergendo dalla letteratura, almeno FANCG e FANCC, svolgono una funzione all’interno del mitocondrio tale da giustificare l’elevato grado di stress ossidativo delle cellule FA. Per il secondo obiettivo, lo studio dei casi arruolati nell'ambito dell'AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica) ha consentito l'identificazione delle mutazioni in 100 famiglie. Dall’analisi dei dati emerge che la maggior parte delle mutazioni colpisce il gene FANCA (85%), seguito da FANCG (9%), FANCC (3%), FANCD2 (2%) e FANCB (1%). In assenza del dato di complementazione e/o in presenza di varianti alle quali non è sempre possibile attribuire un chiaro effetto patogenetico, sono state eseguite ulteriori indagini. Si citano a titolo di esempio la caratterizzazione delle ampie delezioni intrageniche mediante MLPA, l’analisi bioinformatica e a livello di RNA delle alterazioni di splicing che, qualora in frame, sono state ulteriormente confermate anche a livello proteico e, infine, lo studio bioinformatico di patogenicità delle sostituzioni aminoacidiche. La formulazione di un algoritmo efficace e rapido per la diagnosi molecolare della FA, nonché la chiara definizione del significato patogenetico delle varianti identificate, è molto importante per corretta presa in carico del paziente e della famiglia sia per l’identificazione dei portatori che per la diagnosi prenatale.
XXVI Ciclo
1984
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10

Traglia, Michela. "Identification of novel loci affecting human disorders of iron homeostasis and their effect on lipid metabolism." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10858.

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Abstract:
2013/2014
Il ferro è un elemento fondamentale per molti processi di cellule e tessuti ma è potenzialmente tossico e un eccesso può danneggiare diversi componenti cellulari. A livello fisiologico il ferro circolante è regolato da segnali da pathway che lo consumano e da cellule che lo forniscono. Il principale ormone regolatore epcidina agisce insieme al recettore cellulare ferroportina nel controllare l’assorbimento con la dieta, l’immagazzinamento e la distribuzione del ferro nel flusso sanguigno. Disturbi genetici che colpiscono i componenti del pathway così altamente regolato possono causare serie malattie nell’uomo come l’emocromatosi ereditaria e l’anemia sideropenia refrattaria al ferro (IRIDA) principalmente causate da mutazioni note nei geni HFE e TMPRSS6. Gli studi descritti in questa tesi hanno lo scopo di evidenziare varianti nuove e causative che hanno un ruolo nella regolazione del pathway di ecpidina-ferroportina per spiegare l’effetto delle variazioni di ferro e le basi molecolari dell’insorgenza dei disturbi genetici del ferro nell’uomo. Studi di associazione sull’intero genoma (GWAS) sono stati condotti sui valori quantitativi di epcidina, parametri del ferro e tratti eritroidi misurati nell’ampia popolazione della Val Borbera che include 1785 individui genotipizzati da un isolato genetico italiano. Il principale risultato mostra che l’associazione di HFE e TMPRRS6 ai tratti eritroidi dipendono in maggior parte dal totale di ferro disponibile e non da un effetto diretto di HFE e TMPRSS6. I livelli di epcidina sono stati associati alle variazioni in HFE e TMPRSS6 e una prima ampia meta-analisi condotta su circa 6,000 individui VBI e olandesi ha evidenziato 2 nuovi loci associati significativamente (p<5x10-8) all’epcidina: il primo sul cromosoma 10 vicino al gene FOXI2 e il secondo sul cromosoma 2 nel gene EML6 e vicino a SPTBN1 (alias ELF). SPTBN1 è un gene interessante in quanto essenziale nel signaling TGF-β mediante le proteine SMAD, una delle quali svolge un ruolo anche nella regolazione della trascrizione dell’epcidina. Per identificare ulteriori loci che hanno un ruolo nell’omeostasi del ferro è stata condotta un’ampia meta-analisi sui marcatori clinici dello stato del ferro su 48,000 individui di origine europea in collaborazione con il consorzio australiano per lo studio genetico del ferro (GIS): lo studio mostra associazioni più significative ed effetto pleiotropico dei geni noti del ferro HFE, TF, TFR2 and TMPRSS6 e cinque nuovi geni associati a livello Bonferroni (ABO, ARNTL, FADS2, NAT2, TEX14). In particolare la trasferrina è associata a NAT2 precedentemente associato a disturbi dei lipidi e a rischio cardiovascolare e FADS2 le cui variazioni hanno un effetto su diversi fenotipi come gli acidi grassi, il glucosio nel sangue e gli enzimi del fegato. I risultati mostrano una forte correlazione tra omeostasi del ferro e metabolismo dei lipidi nell’uomo e quindi il ferro potrebbe avere un ruolo nell’insorgenza dei disturbi cardiovascolari. I risultati confermano che l’isolato della Val Borbera ha costituito un modello della popolazione generale adatto a studi genetici su malattie comuni. Per aumentare la possiblità di trovare varianti rare e causative sfruttando i vantaggi e le caratteristiche delle popolazioni isolate, la coorte della Val Borbera e gli altri isolati genetici italiani si sono riuniti in un progetto che utilizza le tecniche innovative di sequenziamento dell’intero genoma allo scopo di creare un pannello di riferimento ricco di sequenze italiane rare e di altà qualità per ulteriori studi genetici sul ferro, epcidina e altri tratti di rischio.
Iron is a key element for cellular and tissue processes. It is also potentially toxic and excess iron can damage various cellular components. At physiological levels circulating iron is regulated by signals from pathways that use iron and from cells that supply iron. The main iron-regulatory hormone hepcidin and its receptor iron channel ferroportin play a critical role controlling the dietary absorption, storage, and tissue distribution of iron through the bloodstream. Genetic disorders that affect the components of the tightly regulated hepcidin-ferroportin pathway could cause severe pathologies in humans as hereditary hemocromatosis and iron-refractory iron-deficiency anemia or IRIDA mainly caused respectively by mutation in two known loci, HFE and TMPRSS6. The studies described in this thesis aimed at highlighting novel and causative variants in loci that have a role in the regulation of hepcidin-iron pathway to explain the effect of unbalanced iron in humans and the molecular basis of the onset of genetic iron disorders. First, genome-wide association studies (GWAS) have been carried out on quantitative hepcidin, iron parameters and erythrocyte traits measured in the population of Val Borbera (VBI) that includes 1785 genotyped individuals from an Italian genetic isolate. The main result showed that association of HFE and TMPRSS6 to erythroid traits is mostly dependent on the amount of iron available and not a direct effect of HFE and TMPRSS6 variants. Hepcidin levels have been associated to HFE and TMPRSS6 variations and a first large meta-analysis, performed on 6,000 VBI and Dutch individuals, revealed two novel loci associated to hepcidin at genome-wide significance (p<5x10-8): the first on chromosome 10, near the gene FOXI2 and the second signal on chromosome 2 in the EML6 gene and near SPTBN1 (alias ELF). SPTBN1 is an interesting gene as it is essential in TGF-β signaling by SMAD proteins and one of the SMADs is involved in hepcidin transcription regulation. To identify additional loci affecting iron homeostasis, a large international meta-analysis on the serum biomarkers commonly used to determine the clinical iron status has been carried out in 48,000 European ancestry individuals in collaboration with Australian Genetic Iron Status (GIS) Consortium: the study showed more significant associations and pleiotropic effect for known loci as HFE, TF, TFR2 and TMPRSS6 and five novel associated loci at significant levels (ABO, ARNTL, FADS2, NAT2, TEX14). In particular, transferrin is associated to NAT2, previously associated to lipids affections and cardiovascular risk, and to FADS2 that affects several phenotypes as lipids fatty acids, fasting glucose and liver enzyme. The results highlighted a strong correlation between iron homeostasis and lipid metabolism in humans that could have implication on the onset of cardiovascular disorders. The Val Borbera genetic isolate has represented a suitable model for genetic study on common disease. To increase the power of detection of rare and causative variants and to take advantage of the characteristics of genetic isolates, VBI and other Italian isolated populations are now involved in an innovative whole-genome sequencing (WGS) project with the aim to create an Italian specific panel enriched in lower-frequency high-quality variants to be used in further genetic analysis on iron parameters, hepcidin and other traits.
XXVII Ciclo
1981
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