Academic literature on the topic 'SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE E SCIENZE COGNITIVE - indirizzo PSICOLOGIA'

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Dissertations / Theses on the topic "SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE E SCIENZE COGNITIVE - indirizzo PSICOLOGIA"

1

Tamburini, Giorgia. "Il biofeedback di secondo ordine per la regolazione del battito cardiaco e del respiro." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10076.

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Abstract:
2012/2013
In questo elaborato viene presentato un percorso di ricerca in cui ci siamo posti l’obiettivo di andare a studiare come la presentazione di un modello acustico, rappresentativo di una determinata funzione fisiologica (nello specifico riferito al battito cardiaco o alla frequenza respiratoria) possa influenzare il sistema di autoregolazione dell’individuo a cui viene presentato andando ad agire da rinforzo. In questo percorso abbiamo sviluppato parallelamente due linee di ricerca: con la prima siamo andati ad indagare l’effetto dell’utilizzo del biofeedback cardiaco di secondo ordine sui parametri cardiaci e la differenza nella percezione del proprio battito cardiaco nelle persone con diagnosi di disturbo di panico. Con la seconda, invece, abbiamo condotto degli studi per indagare l’effetto dell’utilizzo del biofeedback respiratorio di secondo ordine sulla standardizzazione degli atti respiratori, mettendolo a confronto con un biofeedback di secondo ordine con tracce di natura artificiale e con un compito cognitivo. Dalle prime ricerche è emerso che le persone con diagnosi di disturbo di panico mostrano una miglior percezione del loro battito cardiaco sia in termini di precisione che di accuratezza, ovvero riescono con maggior facilità a riconoscere una traccia acustica rappresentativa della loro frequenza cardiaca. Nel secondo filone di ricerca, mediante l’utilizzo del biofeedback di secondo ordine, abbiamo messo a confronto suoni naturali rappresentativi della frequenza respiratoria del soggetto con suoni artificiali (ascendenti –inspirazione- e discendenti –espirazione-) basati sui suoi parametri fisiologici. I risultati mettono in evidenza come solo mediante l’utilizzo dei suoni naturali vi sia una riduzione della variabilità respiratoria e quindi una standardizzazione del respiro. Allo stesso modo la condizione che utilizza i suoni naturali è stata messa a confronto con una condizione in cui è stato chiesto al soggetto di svolgere un compito cognitivo di controllo del respiro, essendo questa una delle strategie che più spesso viene insegnata per raggiungere uno stato di rilassamento; anche in questo caso però, il biofeedback respiratorio di secondo ordine è risultato più efficace nella standardizzazione dell’attività respiratoria del soggetto. Le ricerche presentate hanno dimostrato che quando le tracce somministrate al partecipante vengono costruite sulla base di un suono naturale della funzione fisiologica da studiare, il soggetto può riconoscere la traccia presentata come self-related e come appartenente alla propria esperienza percettiva. Essendo la componente ritmica una caratteristica dei sistemi di autoregolazione, questi possono essere influenzati dalla traccia acustica presentata. In considerazione di quanto sopra possiamo dunque ipotizzare che l’utilizzo di una traccia acustica riesca influenzare le risposte fisiologiche del soggetto. Concludendo, si può affermare che è possibile migliorare la propria autoregolazione fisiologica senza alcun tipo di training poiché la tecnica presentata in questo elaborato non richiede nessun tipo di insegnamento né di monitoraggio online.
XXVI Ciclo
1984
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2

Turconi, Marcello Maria. "Development and testing of applications and algorithms to improve BCI systems performance." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11019.

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Abstract:
2013/2014
Sviluppo e validazione di nuove applicazioni di Interfaccia Cervello-Computer (Brain-Computer Interfaces, o BCIs) basati su elettroencefalografia. I sistemi sviluppati includono sia BCI di tipo comunicativo-assistenziale (basate su una risposta cognitiva conosciuta come P300), sia BCI di tipo riabilitativo (basate sulla modulazione volontaria dei cosiddetti ritmi sensorimotori) rivolte a pazienti affetti da Malattia di Parkinson.
XXVII Ciclo
1987
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3

Muroni, Alessandro Franco. "FUNZIONI COGNITIVE E COMPORTAMENTO DI GUIDA: EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DI SONNO, DEL CONSUMO DI ALCOLICI E DELLA CAFFEINA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10070.

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Abstract:
2012/2013
Il presente lavoro nasce da una riflessione in merito ad un problema di forte attualità: gli incidenti sonno e alcol correlati. Deprivazione di sonno e consumo di alcolici rappresentano una combinazione abbastanza comune, specialmente tra i giovani automobilisti (Banks et al., 2004). Diversi ricercatori, con lo scopo di dare un contributo alla soluzione di questo problema, hanno focalizzato il loro interesse nel settore della sicurezza stradale. Numerose ricerche (Brown, 1994) (Marcus et al., 1996) (Horne et al., 1995) (Horne et al., 1999) (Connor et al., 2001) si sono occupate di studiare la relazione tra deprivazione di sonno e prestazione di guida ed è ormai universalmente riconosciuto che questa variabile rappresenta un fattore di rischio per la sicurezza stradale. Così come gli effetti negativi indotti dalla deprivazione di sonno sulla prestazione di guida, anche quelli dell’alcol sono universalmente riconosciuti e anch’esso è considerato un fattore di rischio per la sicurezza stradale (Liguori et al., 1999) (Lenne et al., 1999) (Shults et al., 2001). Diversi altri ricercatori (Roehrs et al., 1994) (Arnedt et al., 2000) (Horne et al., 2003) (Banks et al., 2004) (Barret et al., 2004) (Barret et al., 2005) (Vakulin et al., 2007) (Howard et al., 2007) si sono invece focalizzati oltre che sullo studio dei singoli effetti di questi fattori anche sul loro effetto combinato, trovando generalmente che sia la deprivazione di sonno che l’alcol, singolarmente, producono un peggioramento della prestazione di guida e che il loro effetto combinato sembra causare un più importante peggioramento. La guida è un comportamento complesso e multifattoriale che richiede il possesso di numerose abilità, alcune delle quali si svolgono coscientemente ed altre attraverso processi automatici; nell’esecuzione di questo comportamento i processi cognitivi giocano un ruolo centrale (Weaver et al., 2009). Poche ricerche si sono occupate di valutare gli effetti combinati di questi due fattori sugli aspetti cognitivi sottostanti al comportamento di guida. Partendo da tale background, nel presente lavoro si è ritenuto potesse essere interessante approfondire questo aspetto. Ci si è posti quindi come primo obiettivo quello di valutare gli effetti, singoli e combinati, della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici sull’attenzione e sui processi di inibizione, due variabili considerate di estrema importanza per esecuzione del comportamento di guida (Brown, 1994). In merito al concetto di attenzione, tra i tanti modelli che lo hanno teorizzato si è scelto di fare riferimento a quello di Posner (Posner e Raichle, 1994); in merito al concetto di inibizione si è scelto invece di fare riferimento al modello di Logan (Logan e Cowan,1984a). Oltre a questi aspetti oggettivi si è scelto di valutare l’effetto di questi fattori anche su alcuni aspetti soggettivi, in particolare sul vigore, sull’umore e sulla sonnolenza percepita. Oltre a ciò, tenendo in considerazione che alcuni studi presenti in letteratura (Horne et al., 1996) (Reyner et al., 2000) (De Valk et al., 2000) (Horne et al., 2001) (Reyner et al., 2002) (Biggs et al., 2007) (Gershon et al., 2009) (Mets et al., 2011) suggeriscono che gli energy drink, o la caffeina in essi contenuta, sembrano essere una buona contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno sulla prestazione al simulatore di guida e su alcuni indici dell’attenzione, nel presente lavoro ci si è posti come secondo obiettivo quello di valutare se questa sostanza può essere una valida contromisura anche per contrastare gli effetti singoli e combinati di questi due fattori, sulla prestazione attentiva e sui processi di inibizione. Si è scelto di studiare questi aspetti cognitivi in determinate fasce orarie, considerate potenzialmente rappresentative di alcune situazioni reali. Nello specifico, si è scelto di studiare la prestazione cognitiva alle 5:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche invernali, e alle 9:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche estive. Inoltre si è scelto di valutare la performance cognitiva alle 12:30, orario dell’aperitivo precedente al pranzo, e alle 20:00, orario dell’aperitivo precedente alla cena. In estrema sintesi i risultati sembrano indicare un’influenza selettiva della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici, sia singolarmente che in forma combinata, sulle componenti cognitive indagate. Le componenti di Alerting fasico e Orienting sembrano non risentire, o risentire minimamente, degli effetti di questi fattori. A differenza, sembrerebbe che lo stato di allerta e il controllo esecutivo siano le componenti cognitive maggiormente influenzate negativamente da questi fattori, sia singolarmente che in associazione. Un aspetto interessante, che merita di essere enfatizzato, è che l’associazione tra deprivazione di sonno, sia parziale che totale, ed un tasso alcolemico superiore a quello consentito dalla legge per poter guidare sembra avere un effetto, o in alcuni casi una tendenza, che porta a sovrastimare i livelli di vigore percepiti soggettivamente, facendoli percepire superiori a quelli realmente osservati. Considerata da questo punto di vista, l’associazione tra deprivazione di sonno e consumo di alcolici risulta essere ancora più preoccupante. Infatti sembrerebbe che, durante una nottata insonne, consumare alcolici fino a superare il limite legale consentito per poter guidare potrebbe essere alla base della scelta di mettersi comunque alla guida di un veicolo, pur non avendo uno stato psicofisico adatto per poterlo fare in sicurezza. Relativamente all’assunzione di caffeina quale contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno e dell’alcol sul sistema cognitivo, sembrerebbe che una bassa quantità, circa pari a quella assunta con un caffè o altri alimenti comuni, non sia sufficiente per ripristinare né lo stato di allerta né tantomeno la velocità e l’accuratezza della risoluzione dei conflitti cognitivi. Sembrerebbe invece che 100 milligrammi di questa sostanza possano avere un effetto positivo che sembra migliorare la capacità di inibizione di una risposta dominante, quando compromessa dalla deprivazione totale di sonno o dalla deprivazione totale di sonno associata al consumo di alcolici. Tuttavia, risulta opportuno mantenere una certa prudenza nel trarre conclusioni e ricercare ulteriori conferme scientifiche.
XXV - Ciclo
1980
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4

Rebulla, Elena. "Psychological reaction to life’s traumas: well-being and trauma among college nursing students." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10073.

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Abstract:
2012/2013
The present study examined the relationship between symptoms of post-traumatic stress, resilience, and growth in undergraduate students attending the University of South Florida, College of Nursing, in Tampa. Some trauma survivors will demonstrate negative reactions to trauma, some will not demonstrate any post-trauma symptoms, while some individuals will show positive reactions. This study investigated how, in a sample of nursing students, the psychological factors associated with adverse reactions, resiliency, and post-traumatic growth occur. The identification of these factors within a nursing population can be used to better understand these reactions as well as aid in training nurses to improve their role as health care providers. The relationships among three major areas of interest were investigated: negative reactions, resilience, and growth, using the following standardized scales and their subscales, as well as looking at moderators that may impact on these relationships. This study used on-line survey methodology. Surveys included Demographic information, Traumatic Event Questionnaire (TEQ), Post-Traumatic Growth Inventory (PTGI), Response to Stressful Experience Scale (RSES), PTSD Checklist-Civilian Version (PCL-C), Self-Compassion Scale (SCS), Multidimensional Scale of Perceived Social Support (MSPSS), and Center for Epidemiologic Studies Depression Scale (CES-D). The study population consisted of 115 undergraduate students. PCL-C total scores were significantly positively correlated with CES-D. Higher PCL-C scores were associated with higher CES-D scores. PCL-C scores were significantly negatively associated with other instrument scores such as PTGI and RSES. A hierarchical regression model was used to model the association of depression, self-compassion, growth, resilience, and social support on post-traumatic stress. The overall model significantly predicted PCL symptoms and explained a significant proportion of variance. Depression was the largest significant predictor of post-traumatic stress. Depression also explained a significant proportion of variance in post-traumatic stress. A hierarchical regression model was used to model the association of resilience, PCL-C, self-compassion, social support and depression on post-traumatic growth. The overall model significantly predicted post-traumatic growth and explained a significant proportion of variance. Resilience was the largest significant predictor of post-traumatic growth. Resilience also explained a significant proportion of variance in post-traumatic stress. A hierarchical regression model was used to model the association of post-traumatic growth, depression, PCL-C, self-compassion, and social support on resilience. The overall model significantly predicted resilience and explained a significant proportion of variance. Post-traumatic growth was the largest significant predictor of resilience. Post-traumatic growth also explained a significant proportion of variance in resilience. This study supports previous notions that psychological distress and growth can coexist and are indeed related. Helping trauma survivors develop self- compassion and acceptance may prove to be of great benefit in finding positive outcome from life’s traumas'. Findings may guide interventions with other populations who experience PTSD and other post trauma reactions.
XXVI Ciclo
1967
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5

Caporusso, Grazia. "Influenze fenomeniche nella mislocalizzazione della posizione iniziale di uno stimolo in movimento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8667.

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Abstract:
2011/2012
In questo lavoro di tesi si prenderà in esame un effetto legato alla percezione del movimento e conosciuto con il nome di Effetto Fröhlich in onore di colui che nel 1923 lo studiò per la prima volta in maniera sistematica. Percepire la posizione degli oggetti nell’ambiente è senza dubbio uno degli scopi più importanti del sistema visivo. Tuttavia, quando gli oggetti sono in movimento la localizzazione della loro posizione può risultare più difficoltosa e può essere caratterizzata da piccoli ma consistenti errori definiti mislocalizzazioni spazio-temporali. Tali errori possono coinvolgere sia la localizzazione della posizione iniziale dello stimolo in movimento (Onset) sia la posizione finale dello stesso (Offset). Nel 1930 uno studioso, Fröhlich, osserverò che se a degli osservatori si chiedeva di identificare la posizione iniziale di uno stimolo in movimento questi tendevano a identificarla non nella posizione reale, ma in una posizione spostata nella direzione del movimento. Tale errore di localizzazione fu definito Fröhlich effect. Tutte le interpretazioni prevedevano l’influenza di fattori fisiologici nella spiegazione del fenomeno. Tuttavia ciò che emerge dai risultati degli esperimenti presentati in questo lavoro è che anche fattori fenomenici possono avere una qualche influenza sulla grandezza dell’errore. L’effetto sembra essere influenzato dalle caratteristiche dell’oggetto in movimento e dalle caratteristiche del contesto all’interno del quale gli stimoli si spostano.
XXV - Ciclo
1984
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6

Rusciano, Aiace. "Sport neuropsychology and biofeeback interventions for optimizing performance in elite soccer players." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10074.

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Abstract:
2012/2013
Twenty professional soccer players (N=20) in the Italian soccer first league - Serie A - were randomly divided into 2 equal groups: Experimental group (Group 1) and Control group (Group 2). Both groups received the same physical and tactical conditioning as the weekly program. Ten players (experimental group) received integrative training based on a specific autonomic-biofeedback protocol to improve central and peripheral efficiency of the nervous system. Pre- and post- assessment were conducted with a psychophysiological assessment and a cognitive task (visual search task) to measure the improvements. This dissertation reviews evidence in support of the notion that heart rate variability are associated with individual differences in cognitive performance: heart rate variability might serve as a peripheral index of the integrity of central nervous system networks that support goal-directed behavior. It is examined evidence about the relationship between higher levels of resting heart rate variability and superior performance on cognitive tasks. By providing a common neural basis for these diverse functions, the neurovisceral integration model may serve as a unifying framework within which to examine associations among these various self-regulatory and adaptability processes. The results showed that is possible to improve through this evidence-based mental training approach based on the autonomic nervous system biofeedback central abilities as visual searching and stress control in professional soccer players.
XXVI Ciclo
1981
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7

Mattaloni, Elisa. "Self reference effect in handwriting." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8668.

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Abstract:
2011/2012
Chapter one introduces the notion of self reference and the role of handwriting in self referential processing. The self-reference effect reveals the capacity of people to encode information related to the self, independently by which level the self is implicated in the information (Rogers, 1977). The following chapters report experimental evidence that handwriting is a specific domain for the study of the self. Several experiments are described, based on discrimination and identification tasks. Chapter two reports the first experiment, a pilot study that evaluates a possible specificity of self-related processing in discrimination tasks involving handwriting. In this experiment I used an implicit task, under the hypothesis that the discrimination between two handwritings is simpler when one of them is the own handwriting, rather than when both are others’ handwritings. My results support this hypothesis and are in line with those by Chen et al. (2008), who found that the perception of own handwriting is special and related to the self, which implies that implicit self–related processing could be elicited by handwriting stimuli. Chapter three reports the second experiment, on children of 3rd and 5th grade (about 8 and 10 year old, respectively). The aim of this study was to investigate the self reference effect and how the sense of ownership developes in children. Furthermore, I considered the relation of friendship to control for the familiarity of handwriting. Participants were pairs of best friends. I hypothesized that in children the discrimination between own, best friend and other handwritings was different between the two groups of children. I found that 3rd grade children manifest only a familiarity effect because they were able to discriminate between self/friend and other but not between self and friend. This ability grows up in 5th grade children where I found a familiarity effect and self reference effect. This was in line with friendship (Rawlins, 1992) and handwriting (Ehri and McCormick, 2004) development. Chapter four reports the third experiment, conducted in collaboration with Professor Erik Chang of the Institute of Cognitive Neuroscience of the National Central University, Taiwan. It was focused on the recognition and identification of handwriting dynamic traces. In this study I tried to explain if the action related knowledge contributes to recognize one’s own past action (Knoblich and Flach, 2003). Participants responded to their own and other kinematic traces in a lexical decision task and an identification task included in a fMRI session. The lexical decision task revealed a significant effect of authorship and higher sensitivity for forward than backward traces. The fMRI experiment indicated that viewing traces elicited bilateral medial frontal, parietal, insula, ventral parietal activations and right superior frontal gyrus and temporal gyrus. These activations were in line with the literature. temporal gyrus and parietal lobule were implicated in central processes for writing Chinese characters (Lin et al., 2007). Activations in the left parietal lobule, the right superior temporal gyrus and left middle frontal gyrus were implicated in Chinese orthographic, phonological, and semantic processing. I found also activation in the visuospatial processing areas (SOG/SPL), visual pattern memory (MTG), and motor areas (MFG/SMG). These areas need to work synchronously for a relative long period, especially for unfamiliar character’s traces. My results are in line with biological motion perception, that involves activation in temporo-parietal-occipital junction (Peelen et al., 2006, Peuskens et al., 2005). In chapter five I described the fourth experiment, aimed at studying the effects of participant’s gender and grammatical gender of the word whose handwriting should be classified on the classification of writer’s gender. The only specific hypothesis was referred to the own sex bias, according to which participants’ responses in a yes/no task are biased towards the same-sex response. In other respects the study was exploratory, in the sense that no specific hypotheses were formulated in advance. Results showed two effects: the participant’s responses were biased by both the gender of word and the gender of handwriting, in agreement with Cellerino et al. (2004). Chapter six includes the general discussion of results obtained in the four experiments. Results confirmed that it is possible investigate self process with handwriting because it allows to explore different aspects of self. Handwriting points out self reference effects: self superiority in discrimination and identification, including also information about familiarity and authorship.
XXV - Ciclo
1985
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8

Cargnelutti, Elisa. "Children and mathematics: beyond the role of cognitive abilities in early math achievement." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10022.

Full text
Abstract:
2012/2013
The field of mathematical learning has received in recent years increasing attention in research, clinical and educational settings. The leading research line is dedicated to the investigation of the cognitive abilities fundamental for the acquisition and application of math concepts. Among general abilities, there is a wealth of evidence in favor of the recruitment of both working memory and short-term memory, despite there is no agreement concerning the involvement of the related subcomponents. Conflicting results pertain also the role of intelligence. Even major debate concerns more specific cognitive abilities, therefore those closely related to mathematics. In particular, it has not been elucidated the involvement of basic skills entailing approximate judgments about magnitudes and identified with ANS. Moreover, it is not yet clear how the recruitment of all these abilities can vary in dependence on stage of development and level of instruction. The other research line, almost independent from the previous, is dedicated to the evaluation of constructs non-cognitive in nature, for instance affective and motivational factors but also self-perceptions, in relation to academic achievement. Mainly studied are constructs such as self-efficacy and anxiety, with particular reference to a subtype of anxiety that is specific to math. Other relevant aspects are represented by constructs such as self-concept and self-esteem, but also depression. Nevertheless, this kind of studies is usually conducted on old children, typically in those attending secondary school or college, whereas less attention is dedicated to younger students. Starting from these considerations, the purpose of the current dissertation has been that of elucidating which are the factors, both cognitive and non-cognitive, that can assume a greater relevance at the beginning of schooling, i.e., in the first grades of primary school. These factors have been inspected both separately and by trying to find a possible interrelation between them. In CHAPTER 1, the topics that are object of the present work are illustrated by delineating the state-of-the-art pertinent to each of them. CHAPTER 2 is dedicated to the description of Study 1, where a broad range of cognitive abilities including memory, intelligence and ANS has been investigated just at the beginning of formal instruction and therefore in relation to early math competence. Having proved the significant involvement of all tested skills, the consequent aim was that of exploring to which extent the same are suitable in the prediction of math performance in following grades. This investigation has represented the topic of Study 2, illustrated in CHAPTER 3. In this study, children were longitudinally followed from first to third grade, observing that the tested abilities can successfully predict future math learning, but with a leading role of working memory. Once having shed light on the involvement of cognitive abilities, a second purpose was the investigation of the possible involvement in young students of non-cognitive factors. These constructs were thus assessed in Study 3, reported in CHAPTER 4. The sample was represented by second graders and more relevant aspects resulted to be self-efficacy and general anxiety. Contrary to expectations, anxiety specific to math appeared be non-significantly related to math performance. For this reason, Study 4, described in CHAPTER 5, was dedicated to an extensive evaluation of this constructs in third graders, in order to inspect when it could become relevant. Results suggested the association with math performance to establish in third grade, with particular impact of anxiety related to learning math rather than that associated to the math testing condition. The main findings emerging from overall studies and limitations, future directions and implications of the research are finally discussed in CHAPTER 6.
Negli ultimi anni, lo studio dell’apprendimento della matematica ha iniziato a ricevere crescente attenzione nel campo della ricerca, ma anche in quello clinico ed educativo. Maggiore interesse è dedicato allo studio delle abilità cognitive che sottostanno all’apprendimento e all’applicazione dei concetti matematici. Tra le abilità a carattere generale, in letteratura esiste un forte consenso sul ruolo cruciale della memoria, sia di lavoro che a breve termine, nonostante non sia del tutto chiarito il coinvolgimento relativo delle varie componenti della stessa. Dibattito sussiste anche in merito al ruolo dell’intelligenza. Ancora maggiori divergenze permangono in merito al ruolo di abilità più specifiche, ovvero strettamente pertinenti alla matematica. In particolare non c’è accordo sul ruolo di abilità molto di base, indicate come ANS, e che consistono nel fornire giudizi approssimati in merito a grandezze e quantità. In aggiunta, non è chiaro il coinvolgimento relativo delle sopraccitate abilità in relazione a determinati stadi dello sviluppo o livelli di istruzione. Il secondo filone di ricerca, perlopiù indipendente dal precedente, è rappresentato dalla valutazione di aspetti prettamente non-cognitivi, quali quelli affettivi e motivazionali, ma anche percezioni che gli individui formano in merito a se stessi e alle proprie capacità. I costrutti maggiormente indagati sono quelli dell’auto-efficacia e dell’ansia, sia generale che specifica per la matematica. Altri aspetti rilevanti sono rappresentati dal concetto di sé, dall’autostima e dalla depressione. Questi fattori sono tuttavia tipicamente valutati in studenti a partire dalla scuola secondaria, mentre minore attenzione viene dedicata a quelli frequentanti i primi anni del percorso scolastico. A partire da queste considerazioni, l’obiettivo primario del presente lavoro di tesi è consistito nella valutazione di quali fattori, sia cognitivi che non, hanno una maggiore rilevanza nell’ambito della prestazione matematica all’inizio della scolarità, più precisamente nelle prime classi della scuola primaria. Si è voluto valutare questi fattori sia indipendentemente, sia esplorandone la possibile influenza reciproca. Il CAPITOLO 1 è quindi dedicato alla discussione degli argomenti trattati in modo da fornire una panoramica sullo stato dell’arte attuale in merito alle ricerche condotte e ai relativi risultati. Il CAPITOLO 2 è centrato sulla descrizione dello Studio 1, in cui è stato testato un ampio spettro di abilità cognitive quali memoria, intelligenza e ANS, in bambini appena avviati all’istruzione formale e pertanto valutando il ruolo di queste abilità in relazione ad abilità matematiche precoci, prettamente informali. Verificato il coinvolgimento significativo di abilità tanto generali quanto specifiche all’inizio della scolarità, l’obiettivo conseguente è stato quello di verificare in che modo tali abilità siano in grado di predire l’apprendimento matematico negli anni successivi della scuola primaria. Questo obiettivo ha caratterizzato lo Studio 2, descritto nel CAPITOLO 3. Un campione di bambini è stato seguito longitudinalmente dalla classe prima alla classe terza, riscontrando che tutte le abilità indagate hanno un significativo impatto anche sull’apprendimento formale della matematica, ma con un ruolo primario assunto dalla memoria di lavoro. Una volta delineato il quadro delle abilità cognitive cruciali nei primi anni scuola, la volontà è stata quello di esplorare se anche costrutti non-cognitivi possano avere un impatto significativo. Lo Studio 3, illustrato nel CAPITOLO 4, si è quindi focalizzato anche sulla valutazione di questi aspetti in bambini di classe seconda, riscontrando un diretto coinvolgimento di auto-efficacia ed ansia generale. Contrariamente alle aspettative, l’ansia specifica per la matematica non è risultata avere alcun legame significativo con la prestazione matematica. A partire da questo risultato, l’obiettivo dello Studio 4, riportato nel CAPITOLO 5, è consistito nella valutazione più approfondita di questo costrutto in bambini di classe terza, in modo da esplorare quando lo stesso possa diventare rilevante ai fini della prestazione matematica. I risultati hanno dimostrato un ruolo significativo a questo livello, in particolare per quanto concerne l’ansia da apprendimento, piuttosto che di valutazione, della disciplina. Il CAPITOLO 6 è quindi dedicato alla discussione generale dell’elaborato in cui sono riassunti i principali risultati emersi e discusse le limitazioni, prospettive future ed implicazioni pratiche della ricerca.
XXVI Ciclo
1986
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9

Centazzo, Alessandro. "Strategie di riorientamento nei bambini: uno studio in stanze grandi e piccole e in ambienti virtuali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10069.

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Abstract:
2012/2013
La maggior parte delle specie animali è capace di recuperare l’orientamento dopo essere stata passivamente disorientata e lo fa utilizzando le informazioni provenienti dall’ambiente, informazioni che possono essere di tipo geometrico (come per esempio la forma di una superficie contornata da margini) o di tipo non-geometrico come per esempio punti di riferimento –landmark- o, in una stanza, il colore diverso di una parete. Nel nostro lavoro abbiamo indagato la capacità di riorientamento di bambini a partire dai 6 anni. Il compito consisteva nel trovare, dopo essere stati disorientati, un oggetto che i bambini avevano visto nascondere in prossimità di un angolo di una stanza rettangolare (in prossimità di ogni angolo era presente una struttura che fingeva da nascondiglio) nella quale una parete aveva un colore diverso dalle altre. Abbiamo cercato di capire come venissero utilizzate le informazioni geometriche e non-geometriche quando queste venivano messe in conflitto tra loro (affine transformation). Per fare ciò, il colore diverso della parete veniva cambiato (passando dal lato lungo a quello corto o viceversa) tra la fase di addestramento, nella quale il soggetto vedeva dove veniva nascosto l’oggetto da cercare, e la fase di ricerca, nella quale l’oggetto doveva essere ritrovato. La nostra ricerca si è articolata in più fasi. In un primo momento abbiamo pensato di riprodurre gli esperimenti presenti in letteratura e indicativi di un utilizzo più consistente delle informazioni geometriche negli ambienti piccoli rispetto a quelli grandi. A differenza da quanto riportato in letteratura non abbiamo trovato differenze tra la stanza grande e quella piccola: in entrambe i bambini prediligono le informazioni geometriche. Successivamente abbiamo impegnato i bambini nel medesimo compito ma in stanze con caratteristiche diverse. Abbiamo utilizzato stanze nelle quali il nascondiglio aveva dimensioni dimezzate rispetto alle stanze precedenti, oppure non era presente, e stanze nelle quali abbiamo diminuito il rapporto tra le lunghezze dei lati lungo e corto (stanze che abbiamo chiamato “quasi-quadrate”). Tra le diverse tipologie di stanza è stata calcolata un’analisi della varianza che ha messo in luce che la forma (e non la dimensione) della stanza e la presenza o assenza dei nascondigli sono le due variabili che condizionano maggiormente le scelte dei soggetti. In particolare, i bambini prediligono le informazioni geometriche quando non sono presenti i nascondigli e quando le stanze sono “quasi-quadrate”. Dai nostri dati emerge che i bambini sono in grado di utilizzare tutte le informazioni a disposizione. Il prediligere un tipo piuttosto che l’altro dipende dalle caratteristiche dell’ambiente e probabilmente dalla stima di quanto una determinata informazione è affidabile per recuperare l’orientamento. La teoria della combinazione adattativa è quella che sembra spiegare meglio i risultati che abbiamo trovato.
XXV - Ciclo
1972
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10

Stragà, Marta. "Il passato che crea il futuro: l'influenza dell'esperienza vissuta sulla formazione di previsioni e intenzioni." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10075.

Full text
Abstract:
2012/2013
L'essere umano ha la capacità fondamentale di poter rivivere mentalmente esperienze passate attraverso il ricordo, pre-esperire esperienze future attraverso il pensiero episodico futuro o prefattuale e immaginare corsi alternativi a eventi già vissuti attraverso il pensiero controfattuale. Tali pensieri e simulazioni possono poi influenzare valutazioni, previsioni e decisioni future. Nella presente tesi sono state indagate due modalità con cui l'esperienza passata può influenzare l'esperienza futura. Da un lato, la parte principale della tesi indaga la simulazione mentale del passato, confrontandola con la simulazione mentale del futuro, indagandone come il contenuto possa essere influenzato dall'esperienza e a sua volta influenzare le previsioni successive. Dall'altro, è stato sviluppato un ulteriore filone di ricerca che indaga le basi mnestiche delle intenzioni future, cioè come il ricordo di un'esperienza edonica possa influenzare l'intenzione di intraprendere esperienze simili. Per quanto riguarda la prima parte, sono stati condotti quattro studi che si focalizzano sul contenuto, controllabile o incontrollabile, del pensiero controfattuale. Due esperimenti mostrano che, data una comune esperienza negativa, la simulazione mentale del futuro differisce dalla simulazione mentale del passato, nonostante la letteratura sul pensiero controfattuale supponga che siano in realtà simili, in quanto dovrebbero assolvere entrambi ad una funzione preparatoria (individuare prescrizioni comportamentali per eventuali situazioni future). Quando i partecipanti ottenevano un risultato negativo a un compito e immaginavano un passato o un futuro migliore, i loro pensieri controfattuali tendevano a focalizzarsi sugli elementi incontrollabili che hanno governato l’esperienza passata (es. “le cose mi sarebbero andate meglio se avessi avuto più tempo per completare il compito”). Al contrario, i pensieri prefattuali si focalizzavano maggiormente su elementi che la persona avrebbe potuto modificare in vista della prestazione successiva (es. “le cose mi andranno meglio se mi concentrerò di più”). Tale risultato suggerisce che il pensiero controfattuale, comparato al pensiero prefattuale, sia più libero dai vincoli posti dalla realtà e mette in qualche modo in discussione la funzione preparatoria con cui la letteratura ha in genere guardato a questo tipo di pensiero, visto che sono le modifiche controllabili che permetterebbero di individuare elementi utili per il miglioramento futuro. Il terzo studio mostra che il contenuto dei pensieri ipotetici, e del pensiero controfattuale in particolare, è influenzato dalla qualità reale e percepita della prestazione: coloro che avevano ottenuto una buona prestazione ma che l’avevano valutata negativamente tendevano a generare più pensieri controllabili. Inoltre, in seguito alla generazione di pensieri controllabili, i partecipanti ritenevano di avere maggiori probabilità di miglioramento rispetto a coloro che avevano generato pensieri incontrollabili e che avevano valutato la loro prestazione allo stesso modo. Infine, quando la valutazione della prestazione è stata manipolata, generavano più pensieri controllabili e si valutavano più negativamente coloro che erano stati indotti a percepire di non aver raggiunto l’obiettivo, rispetto a coloro che ritenevano di aver quasi raggiunto l’obiettivo. Il secondo filone di ricerca ha indagato l’influenza delle valutazioni retrospettive globali e delle valutazioni derivate dal recupero di dettagli episodici di un’esperienza edonica (la visione di un film) sulla formazione di intenzioni comportamentali relative a esperienze complessivamente o parzialmente simili. Il primo studio mostra che le valutazioni globali sono dei predittori migliori delle intenzioni relative ad esperienze simili (es. vedere il sequel del film). Quando però le intenzioni comportamentali riguardavano esperienze che non combaciavano con una valutazione globale dell'esperienza passata, perché si riferivano solo ad alcune sue parti (es. vedere un film con uno dei personaggi del film), le valutazioni derivate dal recupero di ricordi episodici venivano utilizzate e concorrevano a determinare le intenzioni, insieme alle valutazioni globali (secondo studio). Sembra dunque che sia più economico e cognitivamente efficiente basare le proprie intenzioni sul ricordo di valutazioni globali già predisposte quando queste sono sufficientemente rilevanti. Quando invece le valutazioni globali non combaciano perfettamente con le intenzioni specifiche, il recupero dei ricordi episodici relativi alle parti rilevanti per il giudizio colma tale mancanza e concorre a specificare le intenzioni comportamentali.
XXVI Ciclo
1985
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