Academic literature on the topic 'Scultura contemporanea'

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Journal articles on the topic "Scultura contemporanea"

1

Vučetić, Zorica. "Il linguaggio artistico: il lessico." Linguistica 46, no. 1 (December 1, 2006): 121–44. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.46.1.121-144.

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Abstract:
Il presente lavoro tratta della terminologia delle arti e in particolare del lessico della pittura, della scultura e dell' architettura. L' articolo discute ed esamina i principali procedimenti formativi dell' italiano contemporaneo, come la suffissazione , la prefissazione e la composizione delle parole, in relazione alla terminologia delle arti. La principale funzione di questi procedimenti formativi è permettere alla lingua di arricchirsi, di coniare nuove unità lessicali; laformazione delle parole e il prestito linguistico sono elementi non trascurabili di arricchimento lessicale.
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2

Montanari, Andrea. "La vendita dell'opera d'arte materiale e della performance artistica nel dialogo tra arte e diritto." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 1 (August 2017). http://dx.doi.org/10.3280/edt1-2017oa5147.

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Abstract:
Il presente lavoro indaga il rapporto tra l'arte e il diritto civile dalla prospettiva del trasferimento di proprietà dell'opera d'arte. Quest'analisi viene condotta dall'Autore con particolare riferimento alle opere della c.d. arte contemporanea: ossia quelle forme artistiche che si diffondono durante il secolo scorso e quello attuale.Tali opere consistono, a differenza di quelle in cui prende corpo la c.d. arte classica, non solo in manufatti, come ad es. la scultura o il disegno, ma anche in opere c.d. immateriali, come ad es. la performance artistica. Questa differenza pone diverse questioni sul fronte normativo. L'Autore si sofferma sulla diversa rilevanza giuridica che assume il trasferimento di proprietà delle opere materiali e il trasferimentodi proprietà della performance artistica. Quest'analisi viene effettuata sia sul piano della fattispecie sia su quello della tutela e prende corpo, nel primo caso, nell'indagine dell'incidenza delle caratteristiche dell'opera d'arte sulle regole del contratto di vendita, e, nel secondo caso, nella lettura della performance artistica dalla prospettiva del contratto d'opera intellettuale e della cessione del credito.
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3

Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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Dissertations / Theses on the topic "Scultura contemporanea"

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Esposito, Diego. "Il dibattito critico sulla scultura contemporanea in Italia (1960 – 2010)." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1869.

Full text
Abstract:
2011-2012
Intorno agli anni Sessanta in Italia la ricerca sulla scultura si rinnova, sperimentando nuove e inaspettate relazione con lo spazio circostante con l’intenzione di stabilire col pubblico un diretto e più intimo dialogo. Lontana ormai dalla distinzione del piedistallo, la scultura cerca un rapporto più serrato e complice con l’ambiente, abbattendo ogni separazione tra luogo aulico dell’arte e spazio comune della vita. In questa nuova prospettiva, la scultura rifiuta la “figuratività” e la “verticalità”, che da sempre la connotano e mette in discussione le tecniche e i materiali tradizionali. Si assiste così al tramonto dell’intaglio e della modellatura a favore della sperimentazione di nuovi processi costruttivi, di procedimenti, come l’accumulo o l’assemblaggio, che non richiedono una particolare manualità; contestualmente, si assiste al rifiuto delle materie tradizionali della scultura sostituite, o, talvolta, affiancate, da materiali di origine industriale o da elementi prelevati dalla natura. La scultura intraprende dunque un radicale processo di rinnovamento estetico la conduce verso territori linguistici i cui confini appaiono sfumati, tanto poco decodificabili che la scultura è, a detta di Meneguzzo, “oggi la disciplina più difficile da definire” [a cura dell'autore]
XI n.s.
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Torchio, Elisa <1993&gt. "IL CORPO ESTESO. IL GIOIELLO COME SCULTURA CORPOREA E LINGUAGGIO DI RICERCA ARTISTICA." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14796.

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Abstract:
Il seguente progetto di tesi si propone di approfondire il tema del corpo e le pratiche ad esso connesse nell’ambito del gioiello contemporaneo. Dopo alcuni cenni storici sul ruolo dell’ornamento e sulla sua relazione con il corpo il focus dell’elaborato verte sulla riconsiderazione del valore del gioiello come opera d’arte. A partire dalla fine dell’800 il gioiello, infatti, si allontana gradualmente dall’ambito delle arti minori e ambisce ad essere una forma di scultura corporea, un linguaggio artistico al pari degli altri. È soprattutto a partire dagli anni 60, però, che le esperienze del gioiello d’artista sconfinano nell’ambito dell’arte contemporanea, portando ricerche, linguaggi e sperimentazioni ad esso analoghe. Designer, artisti visivi e artisti orafi hanno sperimentato sul gioiello tenendo sempre più in considerazione non soltanto i confini tra gioiello e scultura ma anche tra gioiello, performance e installazione. Nell’ottica di tali pratiche spesso il corpo umano è un vero e proprio incipit progettuale, spazio concettuale o luogo di sperimentazione. L’ultimo capitolo, cercherà di identificare, attraverso il lavoro di diversi artisti che hanno tenuto come focus principale la corporeità, alcune direzioni emblematiche all’interno di quest’ampio panorama di ricerca.
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NOBILI, Duccio. "Ideologia della scultura : crisi e sopravvivenza di una disciplina in Italia 1967-1978." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2022. http://hdl.handle.net/11384/112208.

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Cossalter, Lara <1988&gt. "LA SCULTURA CERAMICA DAL SECONDO DOPOGUERRA, IN ITALIA. Muta-menti ceramici: dall'espressione della forma alla materializzazione del pensiero e dell'idea; l'emergere dell'intangibile oltre la materia tangibile." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10472.

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Abstract:
L’elaborato di tesi intende approfondire lo sviluppo della scultura ceramica contemporanea, a partire dal secondo dopoguerra in Italia. Dalla seconda metà degli anni Trenta, varie personalità artistiche hanno scelto il materiale ceramico come medium espressivo, instillandolo di nuova energia vitale. La produzione di artisti quali Fontana, Leoncillo, Salvatore Fancello e non solo, dimostra come il modello figurativo muti fino ad essere abbandonato. Questa prodigiosa materia viene dunque plasmata secondo forme e non-forme che riflettono un'idea di ceramica oltre la figurazione; viene indagata per far emergere profondità e contenuti oltre la forma, che diventa espressione di stati psichici ed esistenziali in un processo che porta il materiale ceramico dalla bellezza alla verità. Dopo le prime sperimentazioni degli anni Cinquanta, la ricerca guarda al rinnovamento ulteriore della scultura ceramica che si fa sempre più concettuale ( a partire da Nedda Guidi, Carlo Zauli), per arrivare, infine, a sostenere la continua proliferazione di questo materiale atavico e sempre contemporaneo grazie alla sua duttilità. Così, un materiale concreto e tangibile come la terra, viene scelto per la rappresentazione di stati esistenziali, idee, concetti e si fa mezzo espressivo per rendere manifesto l'intangibile; la proliferazione del materiale ceramico diventa proliferazione dell'arte e della vita stessa, in quanto, arte e vita sono indiscutibilmente legate.
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Zorzi, Alberto Gerardo <1958&gt. "Ambiente - Azione - Partecipazione - 1970 - 1990. La Scultura entra nella realtà urbana, l'Arte diventa sociale. Esperienze plastiche in Italia:Volterra 1973, Biennale Internazionale d'Arte di Venezia 1976- 1978, Tuoro sul Trasimeno - Campo del Sole, 1986 - 1988." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2657.

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Abstract:
La Tesi è relativa alla scultura italiana contemporanea. Verrà particolarmente indagato il ventennio del novecento anni '70 - '90. La ricerca analizzerà il versante della scultura in rapporto all'Ambiente, al contesto sociale e architettonico in Italia. Affrontando alcune esperienze molto significative che sono avvenute in quel periodo, in un ambito anche di forte partecipazione sociale. La tesi avrà come relatore il Professore Nico Stringa dell'Università Cà Foscari di venezia e correlatore il Professore emerito Enrico Crispolti dell'Università di Siena.
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Zorzi, Alberto Gerardo <1958&gt. "Quando il gioiello d'artista parla : uno studio selettivo, un'osservazione analitica degli esiti più rilevanti dell'oreficeria d'autore in Italia dal secondo novecento al primo decennio del terzo millennio : una scoperta, un'esperienza emblematica, Arturo Martini tra piccola scultura, medaglie e gioielli, gli ultimi anni 1940-1947." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10362.

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Abstract:
Ricostruzione storico critica degli avvenimenti che alcuni artisti e architetti rilevanti del secondo novecento hanno determinato in un ambito dell'arte contemporanea per certi versi considerato minore.Si tratta di una ricerca sull'oreficeria e gioielleria realizzata da alcune personalità che hanno individuato un nuovo linguaggio espressivo nell'ornamento.La ricerca ha evidenziato i limiti che ancora sussistono di una errata indicazione e divisione tra arti maggiori e arti minori.
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VALENTINI, MATTEO. "Fare spazio: una strategia di rappresentazione della violenza." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1056407.

Full text
Abstract:
In Tre saggi sull’immagine, Jean-Luc Nancy delinea un’interpretazione della violenza che non si limita a rilevare le sue potenzialità materialmente distruttive, ma ne considera le implicazioni a livello etico ed estetico: secondo il filosofo francese la violenza consiste in un attentato alla capacità rappresentativa della vittima. A seguito dell’atto violento, infatti, quest’ultima diviene incapace di immaginarsi al di là del suo opprimente status di vittima. Dopo aver analizzato l’opera di James Nachtwey, utile a descrivere un approccio vittimario alla violenza, la tesi prosegue prendendo in considerazione artisti che cercano di riattivare un dispositivo di rappresentazione e un meccanismo di immaginazione il più possibile co-autoriali: l’espressione “fare spazio” riassume questa tendenza a costruire uno spazio per le vittime di una violenza e, contemporaneamente, lasciare loro spazio per immaginare e per raggiungere una nuova soggettività. La tesi analizza diverse manifestazioni del “fare spazio”: Teresa Margolles investiga l’autonomia della materia estrapolata dai cadaveri, alcuni artisti contro-monumentali (Jochen e Ester Gerz, Horst Hoheisel e Peter Eisenman) sollecitano la facoltà immaginativa dei loro spettatori in opere pubbliche dedicate alla Shoah, Regina José Galindo basa le proprie performance sulla parziale incorporazione di testimonianze precedentemente raccolte, Milo Rau, nei suoi spettacoli e film, sviluppa un dispositivo di soggettivazione che permetta alle vittime di costruirsi un’identità che vada al di là della propria condizione. Nei lavori di questi artisti la violenza non è contestata sul piano dell’attivismo, della denuncia o della pietà, ma su un piano estetico, che mira a riattivare quella potenza che essa ha soppresso.
In Tre saggi sull'immagine, Jean-Luc Nancy gives an interpretation of violence that is not limited to point out its materially destructive potentiality, but that considers its ethical and esthetical implications: according to the French philosopher, violence consists in an attempt on the victim's representative capability. As a consequence of a violent act, indeed, the victim becomes incapable of imagining themself beyond their oppressing status. After analyzing some photographs of James Nachtwey, useful to describe a victimary approach to violence, the dissertation takes into account artists who try to re-activate, in as much as possible co-authorial way, a representation's dispositive and an imagination's mechanism: the expression "make room" resumes this tendency to construct a space for the violence's victims and, at the same time, to let them imagine and reach a new subjectivity. The Ph.d thesis analyzes different ways to "make room": Teresa Margolles tests the autonomy of materials extrapolated from the corpses; some counter-monumental artists (Jochen and Esther Shalev Gerz, Horst Hoheisel, Peter Eisenman) solicit the spectators' imaginative power in public works devoted to Shoah; Regina José Galindo bases her performance on partial incorporation of previously collected testimonials; Milo Rau, in his movies and theatre plays, develops a subjectification's dispositive that let the victims build an identity beyond their condition. These artists' works don't contest the violence on the level of the activism, of the complaint, or the pity, but on an esthetic one, trying to re-generate that power suppressed by the violence itself.
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RAIMONDO, VALENTINA. "L'ARCHIVIO NINO FRANCHINA. DOCUMENTI E IMMAGINI PER LA RICOSTRUZIONE CRITICA DI UNA VICENDA ARTISTICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172666.

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Abstract:
Nino Franchina Archive. Documents and images for a critical reconstruction of an artistic event. PhD thesis by Valentina Raimondo The purpose of the research was to reconstruct the artistic path of the Sicilian sculptor Nino Franchina considering his work from the beginning of his career during the Thirties until 1987 when he died. The author of the text have tried to consider the most relevant events that occurred in the sculptor’s life, the main artworks he have realized and, in the meantime, to show which artists have inspired his work. The fundamental instrument, used by Raimondo, to achieve the aim of the research is the consultation of the materials preserved in Nino Franchina Archive in Rome. Thanks to the numerous documents, drawings, sculptures and photos that the writer has found inside the archive it was possible to evaluate in an appropriate manner the artist’s figure and to unearth it from the oblivion of the past twenty years.
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Catra, Elena <1985&gt. "Dalla bottega all'Accademia : la famiglia degli scultori Ferrari a Venezia nell'Ottocento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4617.

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Abstract:
Il presente lavoro cerca di ricostruire la vita e il portato artistico della famiglia degli scultori Ferrari di Venezia nell’Ottocento e di focalizzare il profilo della didattica scultorea in Accademia di Venezia dalla fine del XVIII secolo a quella del XIX. La tesi si articola in cinque capitoli, i primi due monografici dedicati a Bartolomeo e al figlio Luigi, in cui si ricostruiscono le biografie e i cataloghi delle opere. Il terzo capitolo dedicato a Gaetano in cui si ricostruisce una sua breve biografia. Un quarto capitolo che accomuna Bartolomeo e Luigi nell’esame della sfortunata vicenda della Gipsoteca Ferrari, donata da Luigi a Marostica città natale del padre. L’ultimo capitolo, relativo alla didattica accademica, integra quanto già emerge dalle biografie dei tre scultori. Negli apparati è possibile scorrere una selezione documenti manoscritti e di articoli attinenti alla ricerca.
The following works tries to retrace the biography and the artistic path of Ferrari family in Venice during the XIX century, focusing on the sculptural teaching approach in Venice Fine Arts Academy from the end of XVIII century to the the end of the XIX century. The thesis has five chapters, the first and second ones concern life and woks of Bartolomeo and his son Luigi and they present a catalogue of theirs works. The third chapter is about Gaetano and it retraces a short biography of the artist. The fourth presents the unlucky story concerning Ferrari plaster cast models that Luigi offered to Marostica, the town where his father Bartolomeo was born. The last chapter focuses on the teaching approach followed in Venice Academy and it completes what has been already said presenting the biographies of the three sculptors. In the notes it is possible to see a selection of articles and manuscript documents about this research.
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Garofano, Ilaria <1994&gt. "Artisti alla regia. Fotografi, scultori, pittori e i videoclip musicali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17555.

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Abstract:
L’elaborato verte sull’attività di alcuni artisti visivi in veste di registi di videoclip musicali. Nel primo capitolo è presentata una panoramica sul sistema dell’industria musicale, facendo attenzione agli attori, alle fasi di produzione, distribuzione, fruizione di un prodotto musicale e alla filiera di produzione di un videoclip musicale. Il capitolo seguente affronta le dinamiche legate alla nascita dell’emittente MTV nel 1981 e presenta una mappa cronologica di video clip realizzati da artisti. Infine, nell’ultimo capitolo, vengono esaminati alcuni casi studio significativi, con i quali si mette a confronto l’attività artistica precedente dell’artista - regista con il video musicale da esso realizzato, in modo da evidenziarne continuità o differenze. In base alle informazioni raccolte, si nota che la collaborazione tra artisti visuali e il comparto musicale per la realizzazione di video musicali, non è costituita da episodi sporadici, si delinea bensì come fenomeno di tendenza a partire dagli anni Ottanta.
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Books on the topic "Scultura contemporanea"

1

Pallavicini, Sara. Canova e la scultura contemporanea. Milan]: Contemplazioni, 2022.

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2

Giorgio, Di Genova, ed. Idiomi della scultura contemporanea 2. Milano: Electa, 1989.

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3

Malacrida, Barbara Paltenghi. Metamorfosi: Una sguardo alla scultura contemporanea. Mendrisio: Museo d'arte Mendrisio, 2017.

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4

Massa, Antonella. I parchi museo di scultura contemporanea. Firenze: Loggia de' Lanzi, 1995.

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5

Arkad, Fondazione, ed. Astratto monumentale: Scultura contemporanea in marmo. Pistoia: Gli ori, 2010.

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6

Carlo, Pirovano, ed. Opere d'arte moderna e contemporanea: Pittura e scultura. Milano: Leonardo international, 2006.

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7

Associazione Arte e spiritualità (Brescia, Italy). Collezione d'arte contemporanea. Collezione d'arte contemporanea arte e spiritualità. La scultura. Edited by Cecilia De Carli. Brescia, Italy: Associazione Arte e Spiritualità, 1995.

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8

Lorenzoni, Gabriele. Legno: Un itinerario nella scultura contemporanea = Lën = Holz. Rovereto]: MaRT, 2017.

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9

Capua, Marco Di. Continuità dell'immagine: Aspetti della pittura e della scultura contemporanea. Bologna: Grafis, 1997.

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10

Aleksander, Bassin, ed. Materika: Mostra internazionale di scultura : aspetti della scultura contemporanea tra Austria, Croazia, Italia e Slovenia. Cinisello Balsamo (Milano): Silvana, 2005.

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Book chapters on the topic "Scultura contemporanea"

1

De Grassi, Massimo. "Le mostre di Ca’ Pesaro e la scultura a Venezia nel primo dopoguerra." In Storie dell’arte contemporanea. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2018. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-199-7/002.

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Abstract:
This essay analyses the presence of sculptures at the exhibitions held at Ca’ Pesaro palace in 1919 and 1920. Studying works of art created by artists of the calibre of Arturo Martini and Napoleone Martinuzzi, a style or a general inclination can be identified, because otherwise very few documents certify that moment. In conclusion, a comparison is carried out between ancient and classical suggestions and monumental sculptures made by Martini and Martinuzzi in the 20s.
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