Academic literature on the topic 'Riviste letterarie'

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Journal articles on the topic "Riviste letterarie"

1

Manai, Franco. "Riviste letterarie on line." Cahiers d’études italiennes, no. 11 (June 15, 2010): 103–11. http://dx.doi.org/10.4000/cei.122.

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2

Silva, Gisele Batista da. "Il ruolo delle riviste letterarie italiane nella prima metà dell’Ottocento." Revista Italiano UERJ 11, no. 1 (January 28, 2021): 22. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2020.57414.

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Abstract:
In questo saggio analizziamo la creazione, lo sviluppo e il ruolo di alcune riviste letterarie italiane sorte nella prima metà del XIX secolo, tra le quali si distaccano Biblioteca Italiana, Il Conciliatore e Antologia. Nel nostro studio mettiamo in evidenza le relazioni politiche e culturali tra i loro fondatori e i vari interlocutori e consideriamo altresì la partecipazione e il contributo di queste riviste alla diffusione della questione romantica o alla critica della stessa – questione particolarmente dibattuta nella Italia di quegli anni. Esaminiamo inoltre l’influenza esercitata da queste riviste sui circoli di letterati italiani, svolgendo un ruolo chiave nella presa di posizione di questi intellettuali, in particolare per quanto riguarda le questioni culturali dell’Italia del XIX secolo.
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3

Merida, Raphael. "Questioni intorno alla lingua nelle riviste letterarie del primo Settecento." Circula, no. 5 (2017): 21–38. http://dx.doi.org/10.17118/11143/11227.

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4

Simone, Sara. "Paola Lombroso e Zia Mariù: l’ispirazione socialista negli scritti sull’infanzia e per l’infanzia." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, no. 1 (March 2, 2020): 331–53. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820908693.

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Abstract:
Paola Lombroso, psicologa, pedagogista, antropologa e scrittrice, dedicò la sua creatività letteraria, la sua riflessione scientifica e il suo impegno politico ai più indifesi, per età e per condizioni materiali. Cresciuta alla scuola scientifica del padre criminologo e antropologo Cesare Lombroso, affascinata dalle idee socialiste e solidaristiche che apprendeva anche dagli amici di famiglia, fra i quali Filippo Turati e Anna Kuliscioff, si impegnò per realizzare opere di sostegno ai bambini delle classi popolari, alla diffusione della lettura e della cultura nelle aree più disagiate e povere dell’Italia. Con i suoi saggi scientifici analizzò la psicologia dell’infanzia e la formazione della personalità nel processo di crescita, affrontando anche la questione dell’emancipazione femminile attraverso l’istruzione delle bambine. L’attività letteraria spaziò dalla novellistica alla raccolta di bozzetti descrittivi, alle fiabe per ragazzi; collaborò a numerose riviste letterarie, politiche, per l’infanzia. Da una sua idea nacque il Corriere dei Piccoli e, sulle pagine di questo, la rubrica di corrispondenza sotto lo pseudonimo di Zia Mariù. Fu promotrice anche della nascita e diffusione delle “Bibliotechine”, per sostenere l’acculturazione dei bambini delle classi popolari e rurali attraverso la lettura.
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5

Merida, Raphael. "Il commento linguistico come tradizione discorsiva nella stampa periodica di metà Settecento." Circula, no. 11 (2020): 47–62. http://dx.doi.org/10.17118/11143/17840.

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Abstract:
La pratica del commento linguistico all’interno della stampa periodica comincia a diffondersi prevalentemente nell’Ottocento. Gli articoli di cronaca, le recensioni bibliografiche o le semplici novità, però, offrono uno spunto di riflessione linguistica già all’interno di molti periodici della metà del Settecento. In particolare, polemiche o apologie rivolte al conservatorismo dell’Accademia della Crusca, l’innovazione del lessico specialistico tramite nuove traduzioni di opere straniere e gli influssi dei francesismi nel lessico italiano, permettono ai compilatori delle varie riviste letterarie e delle gazzette di discutere, talvolta ampiamente, dei problemi linguistici dell’epoca. La ricerca quindi si propone di individuare una prima forma di commento linguistico all’interno di alcuni periodici a stampa di metà Settecento.
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6

D'Ambrosio, Matteo. "Documento Sud (1959–1961), rivista dell’avanguardia europea." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, no. 2 (March 22, 2018): 430–45. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757193.

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Abstract:
Preceduta dalla fondazione del Gruppo 58, che riprese e continuò l’esperienza del movimento nucleare, la rivista napoletana Documento Sud si collocò nel contesto dell’avanguardia artistica e letteraria europea del periodo, coltivando intensi rapporti con il movimento Phases e con la rete internazionale di riviste “sorelle”.
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7

Božič, Dana. "Massimo Bontempelli (1878-1960) lettore di Stendhal e il pubblico della società di massa alle soglie della Terza epoca." Acta Neophilologica 54, no. 1-2 (December 7, 2021): 179–96. http://dx.doi.org/10.4312/an.54.1-2.179-196.

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Abstract:
Nella prefazione all’edizione italiana del Rosso e il nero di Stendhal (1913), Massimo Bontempelli (1878-1960), il traduttore del romanzo, presenta alcune sue opinioni relative al necessario rinnovamento culturale e letterario che costituirà poi il suo Novecentismo, difeso nella rivista letteraria “900” (1926-1927). Il presente articolo esplora come Bontempelli, attraverso le osservazioni sulla vita di Stendhal e la tragica esperienza di Julien Sorel, traccia un parallelo implicito con il proprio momento storico, considerando il ruolo dello spirito rivoluzionario delle avanguardie in tale rinnovamento. Tuttavia, implica anche che ciò debba essere controbilanciato dall’idea classica di arte e letteratura, dove la tradizione è vista come un’intima e profonda continuità tra manifestazioni di inaspettata novità. Anche se Bontempelli simpatizzerà in seguito con il Futurismo italiano, è proprio tale equilibrio che rende la sua proposta culturale e letteraria per la “Terza Epoca”, il Novecentismo, unica nel panorama letterario italiano. Questo saggio considera i suoi scritti del 1913 nel contesto della società di massa emergente, e quindi gli aggiustamenti editoriali e linguistici che furono necessari per l’edizione, e li paragona contemporaneamente alle riflessioni bontempelliane fatte sul tema negli anni a seguire.
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8

Tekavčić, Pavao. "Ladinia, Sföi culturâl dai Ladins dies Dolomites, IX (1985), pp. 1-260; X (1986), pp. 1-'-231." Linguistica 27, no. 1 (December 1, 1987): 180–85. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.27.1.180-185.

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Abstract:
Il numero IX (annata IX) della rivista pubblicata dall'Istitut Ladin «Micunà. de Rü» continua la fisionomia degli otto volumi precedenti (se ne vedano le recen­ sioni in «Linguistica>> 21 /19811, pp. 325-331 e 26/1986/, pp. 202-210), offren­ doci svariati studi sul mondo retoromanzo (soprattutto dolomitico) nei suoi aspetti linguistici, filologici, letterari, etnografici. e folcloristici, storico-culturali, politici e glottopolitici ecc. Anche il volume IX si divide in due parti: la prima, che (faute de mieux; essendo essa senza titolo) possiamo definire non-letteraria, e la seconda che reca il già noto titolo di lnjunta leterara. Aggiungiamo subito che la bella veste gra­ fica,' lo scarso numero di errori di stampa, gli annunci pubblicitari e le fotogtafie (a colori e in bianco e nero) si ritrovano anche nel volume IX.
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9

Cattoni, Silvia. "La letteratura italiana tradotta in Argentina." Revista de Italianística, no. 34 (November 7, 2017): 90. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p90-102.

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Abstract:
In due secoli di storia della letteratura argentina, lo sviluppo della letteratura italiana tradotta è in stretto rapporto con i propositi pedagogici o estetici determinati dal contesto culturale dei diversi momenti storici. In linea di massima, è possibile affermare che, dalla conformazione dello Stato nazionale e durante i primi decenni del XX secolo, la traduzione letteraria mirava ad ampliare l’orizzonte culturale di un lettore che si consolidava al ritmo della fiammante nazione. Nelle fasi successive e in stretto rapporto con la politica culturale portata avanti da Victoria Ocampo a partire dal 1931 tramite la rivista Sur e il suo posteriore progetto editoriale, la traduzione è stata soprattutto una pratica di scrittura che ebbe un’influenza decisiva nell’ordito della letteratura nazionale favorendo il suo rinnovo e incentivando le versioni di traduttori argentini. Fu questa un’apertura che favorì, durante la seconda metà del secolo, nel contesto della ricezione della letteratura universale, l’ingresso della letteratura italiana in Argentina. Il presente lavoro tratta in maniera sistematica, ma provvisoria, il panorama della letteratura italiana tradotta in Argentina. Lo scopo principale comporta il registro dei momenti più fecondi e l’interpretazione degli esiti ottenuti nei confronti della traduzione nel sistema letterario nazionale.
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10

Pagliara, Irene. "Vittorio Bodini, «Allargare il gioco». Scritti critici (1941-1970)." Quaderns d’Italià 26 (December 3, 2021): 297–300. http://dx.doi.org/10.5565/rev/qdi.524.

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Abstract:
Il volume raccoglie ventisei scritti di carattere critico e saggistico, preceduti da un’ampia introduzione e seguiti da un’accurata nota del curatore Antonio Lucio Giannone, costituendo un ulteriore tassello nella ricostruzione del percorso letterario di Vittorio Bodini. Tali interventi, pubblicati su periodici, riviste e quotidiani nell’arco di un trentennio (1941-1970), accompagnano in parallelo tutta l'attività poetica e quella da ispanista dell'autore.
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Dissertations / Theses on the topic "Riviste letterarie"

1

Russo, Antonella. ""Una línea de tierra nos separa": estetica e letteratura azul nella guerra civile spagnola. La rivista Horizonte (1938-1942)." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/1357.

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Abstract:
2011 - 2012
La tesi intitolata «Una línea de tierra nos separa»: estetica e letteratura azul nella guerra civile spagnola. La rivista Horizonte (1938-1942), si inserisce sempre più solido filone di indagine sull’estetica e la letteratura fascista spagnola. La prima parte del lavoro seleziona un corpus di testi poetici e narrativi rilevanti ed originali, per uno studio interpretativo che ne rileva costanti formali e tematiche. Nella seconda parte si presentano i risultati di un lavoro emerografico e di documentazione bibliografica intorno al sistema delle riviste negli anni della guerra civile, con particolare attenzione alle pubblicazioni letterarie degli insorti e con l’obiettivo di delineare il contesto letterario e il panorama editoriale in cui si pubblica la rivista Horizonte (Sevilla-Madrid, 1938-1942). Allo studio e alla catalogazione di quest’ultima, riscattata dall’oblio con il suo ragguardevole patrimonio documentale, è dedicata una sezione consistente del lavoro, che consegna risultati inediti e apre nuove prospettive di studio e ricerca. [a cura dell'autore]
XI n.s.
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VIGANO', OMAR. "L'influenza dell'estetica crociana nelle riviste di critica letteraria nei primi 50 anni del novecento." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/105.

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Abstract:
Nel sistema di Croce l'Estetica costituisce il primario fondamento, e nella sua auroralità eccede per aver trovato immediata declinazione, e crescita nella critica letteraria, attraverso la redazione della rivista la critica; determinando la rapida e diffusa infiltrazione dei suoi principi nel terreno della cultura artistica nazionale. ma importare le conquiste filosofiche nella critica letteraria, vuol dire anche trasferirne le problematiche aperte. Serra, Cecchi, de Robertis e Boine sulla Voce avanzano l'esigenza di un superamento; Russo, Levi e Capasso sono esempi del difficile accordo o del contrasto di una critica storica e stilistica con l'estetica di Croce. Anche la critica musicale e figurativa provano uno sviluppo decisivo nella spinta dell'idealismo. l'influenza è circolare: i motivi generati dalle rassegne spingono croce a riformulare la propria estetica nella Poesia del 1936.
Estetica (Aesthetics) is the primary foundation of Croce's system, and in auroral (auroralita') character it excels for having discovered his immediate inflexion, confirmation and growth into the literary criticism through the redaction of the review La Critica; causing the quick and widespread diffusion of his principles into the national artistic culture. Importing philosophic pursuits in literary criticism means also transfer deep problems. Serra, Cecchi, De Robertis and Boine in the review Voce push for the downfall of Croce's thought; Russo, Levi and Capasso are examples of the opposition of a historicist and stylistic criticism with Croce's aesthetics. The music and art criticism demonstrate also a decisive development with an idealistic thrust. The influence is circular: the critiques coming from reviews urge Croce to re-formulate his own aesthetics that was in his 1936 work Poesia.
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VIGANO', OMAR. "L'influenza dell'estetica crociana nelle riviste di critica letteraria nei primi 50 anni del novecento." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/105.

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Abstract:
Nel sistema di Croce l'Estetica costituisce il primario fondamento, e nella sua auroralità eccede per aver trovato immediata declinazione, e crescita nella critica letteraria, attraverso la redazione della rivista la critica; determinando la rapida e diffusa infiltrazione dei suoi principi nel terreno della cultura artistica nazionale. ma importare le conquiste filosofiche nella critica letteraria, vuol dire anche trasferirne le problematiche aperte. Serra, Cecchi, de Robertis e Boine sulla Voce avanzano l'esigenza di un superamento; Russo, Levi e Capasso sono esempi del difficile accordo o del contrasto di una critica storica e stilistica con l'estetica di Croce. Anche la critica musicale e figurativa provano uno sviluppo decisivo nella spinta dell'idealismo. l'influenza è circolare: i motivi generati dalle rassegne spingono croce a riformulare la propria estetica nella Poesia del 1936.
Estetica (Aesthetics) is the primary foundation of Croce's system, and in auroral (auroralita') character it excels for having discovered his immediate inflexion, confirmation and growth into the literary criticism through the redaction of the review La Critica; causing the quick and widespread diffusion of his principles into the national artistic culture. Importing philosophic pursuits in literary criticism means also transfer deep problems. Serra, Cecchi, De Robertis and Boine in the review Voce push for the downfall of Croce's thought; Russo, Levi and Capasso are examples of the opposition of a historicist and stylistic criticism with Croce's aesthetics. The music and art criticism demonstrate also a decisive development with an idealistic thrust. The influence is circular: the critiques coming from reviews urge Croce to re-formulate his own aesthetics that was in his 1936 work Poesia.
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PINELLO, Ambra. "SCRITTURA LETTERARIA E STAMPA DI REGIME NELLA RIVISTA BILINGUE ITALO-SPAGNOLA LEGIONI E FALANGI/LEGIONES Y FALANGES (1940-1943)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/394667.

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Abstract:
Il presente studio prende le mosse dalla considerazione preliminare secondo la quale mediante l’analisi dei modelli culturali ideologicamente orientati di una determinata epoca è possibile promuovere un processo di autocritica e, conseguentemente, di riappropriazione e ricodifica di un patrimonio collettivo in grado di favorire una più consapevole produzione e una più partecipativa ricezione dei discorsi fondamentali nell’era della cosiddetta post-truth. Oggetto della ricerca è la scrittura letteraria nella rivista bilingue Legioni e Falangi. Rivista d’Italia e di Spagna/Legiones y Falanges. Revista mensual de Italia y de España, che si pubblica parallelamente, in Italia e in Spagna, tra il 1940 e il 1943 e rappresenta un esempio paradigmatico del ruolo svolto dalla stampa come arma di lotta a servizio della manipolazione ideologica. Infatti, con l’esplicito intento di divulgare e sostenere la dottrina politica comune ai due Paesi, plasmandone i paradigmi culturali, la rivista ingloba, al suo interno, un gran numero di articoli che si discostano dai contenuti politici e cronachistici, focalizzandosi su teatro, cinema, arte e, soprattutto, letteratura. L’ampia sezione letteraria, concepita, in primo luogo, come veicolo propagandistico, si arricchisce di contributi creativi che, in una costante ibridazione di generi e tendenze, si fanno espressione latente di possibili spazi di dissidente conflittualità. Focalizzandosi sui contributi letterari, pertanto, si mette pienamente a fuoco il processo di assimilazione che il sistema egemonico tenta costantemente di realizzare per aggiudicarsi, tramite l’adesione – reale o apparente, cosciente o incosciente – degli intellettuali tradizionalmente non omologati ad alcuna una lettura politica, il consenso del pubblico di lettori e della massa nel suo complesso. Per interpretare la realtà poliedrica della scrittura letteraria all’interno della rivista, l’analisi dei testi è svolta adottando un approccio metodologico olistico e trasversale, in grado di coniugare parametri teorici provenienti dalla narratologia, dai Media Studies e dagli Studi Culturali. In definitiva, prendendo le distanze dalle letture critiche tradizionali, il presente lavoro si prefigge di offrire un’interpretazione alternativa della produzione letteraria spagnola presente sulla stampa di regime degli anni Quaranta, svelandone i dissidi irrisolti non solo sul piano individuale, bensì in relazione al meccanismo pervasivo di controllo della cultura svolto dal sistema dominante.
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Pinello, Ambra [Verfasser]. "Scrittura letteraria e stampa di regime nella rivista bilingue italo-spagnola Legioni e Falangi/Legiones y Falanges (1940-1943) / Ambra Pinello." Brussels : P.I.E-Peter Lang S.A., Éditions Scientifiques Internationales, 2020. http://d-nb.info/1221486861/34.

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D'Ambrosio, Antonio. "«Noi si lavora per vocazione». Il carteggio di Giuseppe De Robertis ed Enrico Falqui (1933-1943)." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238394.

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Abstract:
Il poderoso carteggio tra il critico fiorentino Giuseppe De Robertis e il critico romano Enrico Falqui si protrae per un lungo trentennio, dal 1933 al 1963, e consta di ben 1539 pezzi epistolari: le 625 missive di De Robertis sono conservate nel Fondo Falqui dell’Archivio del Novecento presso il Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali della Sapienza Università di Roma, le 914 missive di Falqui nel Fondo De Robertis dell’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” presso il Gabinetto Scientifico-Letterario G.P. Vieusseux di Firenze. Da un punto di vista contenutistico, la corrispondenza appare suddivisa in due parti omogenee, dove il 1944, con sole 32 missive che ne raccontano l’instabilità politica, le incertezze sociali, le difficoltà economiche, fa da spartiacque tra un primo decennio (1933-1943) di scambio epistolare fitto, quasi giornaliero – con le sue 918 missive, 371 di De Robertis e 547 di Falqui – e prolifico di progetti, e un più lungo periodo (1945-1963) in cui è di nuovo visibile quel rapporto amicale, di fiducia e stretta collaborazione che aveva portato i due interlocutori negli anni precedenti a scambiarsi opinioni, giudizi, suggerimenti in un confronto costruttivo, anche se ora il dialogo si fa meno serrato (le epistole di questi ultimi 18 anni sono “solo” 590). Considerata dunque la mole di documentazione e di informazioni di cui si compone, in questa sede si è deciso di pubblicare integralmente la sola corrispondenza intercorsa fino al 1943: a quell’altezza, infatti, i grandi progetti cui entrambi avevano atteso sono conclusi, e, complice la guerra, le assidue collaborazioni con i periodici si interrompono, le polemiche culturali non hanno la stessa vivacità degli anni precedenti, i progetti più recenti non comunicano lo stesso entusiasmo dei precedenti. L’edizione è stata condotta sui documenti originali, rispettandone scrupolosamente le particolarità grafiche. Tutti gli accorgimenti editoriali sono stati opportunamente indicati nella Nota al testo. La corrispondenza prende avvio nell’ottobre 1933 perché Falqui, che all’epoca avvertiva «un certo bisogno di lavorare», chiede al redattore De Robertis di ospitare i suoi scritti sulle pagine di «Pan»: si sviluppa da questo momento un felice dialogo epistolare, che testimonia da una parte la loro amicizia fraterna (tramite lo scambio sincero di opinioni su narratori e poeti, la condivisione di angosce e successi personali, la disponibilità all’aiuto reciproco, come quando De Robertis alla fine del 1938 vive l’incertezza della sua nomina a professore di letteratura italiana all’Università di Firenze, e Falqui si mostra subito disponibile a reperire informazioni che tranquillizzino l’amico; oppure quando Falqui nel 1940 vive l’inquietudine per la sua sorte lavorativa all’Accademia d’Italia, con il professore pronto a fornire supporto morale e politico), dall’altra la sintonia ideologica che li univa: la critica del «saper leggere» di De Robertis, che nel corso del carteggio si arricchisce di un’ulteriore istanza, la «condizione alla poesia», anche per Falqui era un’«ottima norma», non solo perché professava attraverso «letture e riletture infaticabili» l’auscultazione del testo letterario e la libertà da ogni condizionamento ideologico, ma anche per la particolare tendenza a «leggere gli antichi col gusto d’un moderno». Contro Croce e i suoi sodali (Luigi Russo tra i primi), per difendere quella letteratura contemporanea alla quale avevano votato la loro esistenza, entrambi divengono protagonisti di vivaci polemiche e dibattiti che si sviluppano sui periodici culturali dell’epoca. E facilmente si lasciano coinvolgere in numerose iniziative, sia singolarmente (ad esempio, per Falqui: la curatela di un’opera omnia di Gasparo Gozzi per i Classici Rizzoli e degli scritti didimei del Foscolo per l’editore Colombo, la curatela dell’almanacco Beltempo, la compilazione dell’antologia Capitoli, la gestione della collana «Il Centonovelle» di Bompiani; per De Robertis: la collaborazione con l’editore Le Monnier, la curatela di un’antologia di Soffici, la prefazione all’edizione 1940 dei Pesci rossi di Emilio Cecchi, la prefazione ai Venti racconti di Gianna Manzini) sia in coppia (l’Omaggio a D’Annunzio del marzo 1939, numero unico fuori serie della rivista «Letteratura» che commemora il Vate a un anno dalla morte; la compilazione di un’antologia di racconti del Novecento che sarebbe dovuta uscire per l’editore Sansoni ma che inaspettatamente, per ragioni editoriali e critiche, non verrà realizzata). La spiccata passione per il testo letterario li porterà, infine, a dedicare particolare attenzione filologica ai due poeti cui il loro nome si legherà indissolubilmente: Dino Campana, del quale Falqui cura per Vallecchi la terza edizione dei Canti orfici e la prima degli Inediti rispettivamente nel 1941 e nel 1942, e Giuseppe Ungaretti, di cui De Robertis cura nel 1945 per Mondadori il terzo libro della Vita d’un uomo, Poesie disperse con l’apparato critico delle varianti di tutte le poesie, prima edizione genetica dell’opera di un autore vivente. Anche da questo punto di vista, il carteggio evidenzia ancora una volta la collaborazione intensa tra i due, rivela i problemi ecdotici in cui si incorre nell’allestimento di un’edizione condotta sulla base di materiali d’autore, illustra le modalità di costruzione di un libro. La novità di questo carteggio, dunque, riscontrabile già a una prima lettura superficiale, è che la missiva, oltre a essere un fondamentale veicolo di condivisione delle proprie idee, di comunicazione di notizie private e pubbliche, si fa strumento privilegiato di organizzazione e gestione di progetti di varia natura.
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ZARZYCKI, JAKUB. "Italiani immaginati. Studium nad polską ikonosferą w latach 1861-1914 – malarstwo, grafika artystyczna, czasopisma ilustrowane." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1335662.

Full text
Abstract:
Riassunto Italiani immaginati. Studio sull'iconosfera polacca 1861-1914 – pittura, grafica artistica, riviste illustrate Obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere l'immagine degli italiani nell'iconosfera polacca negli anni 1861-1914. Nell’ambito di queste ricerche l’attenzione è stata rivolta principalmente a tre aspetti fondamentali, di cui il primo riguarda “l'orizzonte della storia dell'arte” o “ricerca sulla visualità/iconosfera”. Grazie all’ausilio delle metodologie della storia dell’arte e della “ricerca della visualità”, è stato possibile effettuare un’interpretazione dei temi, delle convenzioni, delle immagini nonché dei motivi ricorrenti legati all’iconosfera di quel periodo. Nel complesso sono state prese in esame circa duecentocinquanta opere attinte da diverse esperienze artistiche come la pittura, la grafica ed anche le illustrazioni di riviste. La maggior parte di tali opere non era stata ancora analizzata o risultava ancora poco nota in passato. In secondo luogo sono stati approfonditi i rapporti fra l'iconosfera e la produzione letteraria negli anni compresi tra il 1861 e il 1914. Tali lavori – si tratta principalmente di quadri e illustrazioni – sono stati accostati alle opinioni diffuse in quel tempo sugli italiani. Di ciò si trova riscontro nella produzione letteraria del periodo in analisi. Questo è il cardine da cui scaturisce l’intera riflessione scientifica del lavoro in oggetto. Sono stati cruciali lo studio e la descrizione delle opere frutto dell’iconosfera, in quanto esse incarnavano i principi della percezione della nazionalità italiana nell’Ottocento, noti, del resto, anche attraverso i testi letterari e paraletterari. E’ dunque all’interno di queste coordinate che il “discorso italiano”, creato a metà tra letteratura e iconosfera, è stato oggetto di interpretazione. Nel complesso sono state analizzate circa cento fonti tratte dal periodo storico di riferimento, da brevi comunicati stampa ad opere edite in più volumi. In terzo luogo si è cercato di determinare in quale misura i suddetti punti rientrino nella nota questione dell’“Italianismo”. Quest’ultimo, infatti, definito come elemento distintivo della cultura italiana o anche come realtà italiana con particolare riguardo all’aspetto culturale, attraverso i suoi effetti, esercita una certa influenza sull’artista. Sebbene a sua volta l’artista lo rielabori nelle sue opere, quei tratti distintivi di origine italiana restano ben visibili e facilmente rintracciabili. Tale processo di rielaborazione avviene in maniera più o meno consapevole e, di conseguenza, più o meno deliberata. Tutti questi temi di indagine sono stati ricongiunti ad un unico potente filo conduttore: ossia quello dell'immagologia. Le riflessioni sugli italiani sono state dunque effettuate attraverso la determinazione di come venivano di fatto percepiti, ossia in base all’immagine che si aveva di loro. A tal proposito è stata altresì esaminata la loro interazione in qualità di “diverso” nella cultura polacca. La prima sezione della tesi di dottorato è costituita dall'introduzione, in cui vengono citati i materiali di prova (circa duecentocinquanta elementi), stato della ricerca (nelle indagini avviate sia in Polonia sia all’estero, come gli studi inglesi e tedeschi), presentazione dei concetti chiave e relativa giustificazione della selezione dei singoli metodi di ricerca. E’ stata altresì effettuata un'analisi del testo di S. Mieroszewski “Dall'Italia”. La sezione successiva è dedicata allo studio di un caso sul lavoro di Julian Fałat (“Bozzetti da Roma”). Si tratta dell’analisi di un’opera unica arricchita dalla delineazione del sistema concettuale dal quale deriva la percezione culturale degli italiani nel periodo dal 1861 al 1914 nell’ambito del viaggio in Italia. In questa analisi l’attenzione è stata rivolta non solo alle opere di Fałat realizzate in Italia, ma anche alla sua corrispondenza e ai suoi diari. Tali fonti sono state trattate come esempio del “tipico viaggio in Italia” intrapreso da ogni artista polacco in quel tempo, ma anche come punto di riferimento da cui far emergere gli stereotipi dell’epoca sugli italiani. A tal proposito, sono state indicate sia le tradizioni di ricerca sia le limitazioni derivanti dall’uso di talune metodologie. Sono stati elencati i concetti chiave del lavoro di indagine, come “italianismo” e “immagologia” ed è stato chiarito anche come tali concetti si leghino a questioni di discorso e iconosfera. La seconda parte del lavoro, la più pregnante, è divisa in otto capitoli. E’ il risultato dell’elaborazione di una rete concettuale e di ricerca. Tali capitoli sviluppano le tre questioni precedentemente menzionate. Ciascuna delle opere citate viene analizzata alla luce delle proprie peculiarità, tradizioni di ricerca, stato dell’indagine ed eventuali lacune da colmare. Ognuno di questi capitoli termina con le implicazioni logiche derivanti dall’indagine. All'inizio viene delineata la questione dei materiali visivi, in particolare quelli delle illustrazioni tratte dalle riviste polacche, legati alla rappresentazione teatrale oppure all’opera. Tali rappresentazioni prediligono l’Italia come luogo d’azione. Ne sono esempi “Gioconda” (A. Ponchielli), “Muete di Portici” (D. Auber) e “Beatryks Cenci” (J. Słowacki). In larga misura predominano motivi romantici e modelli di genere. Successivamente viene esposta la questione dell’immagine degli artisti italiani del Rinascimento, come Michelangelo Buonarroti, Rafael Santi, Giovanni Pergolesi e Niccolò Paganini, presenti nella pittura polacca. Non se ne contano molti ed erano pubblicati soprattutto dalla stampa polacca in occasione degli anniversari legati a questi personaggi. Cionondimeno compaiono prove di popolarità e conoscenza di questi artisti italiani nella cultura polacca. Inoltre, il materiale di ricerca contiene anche diversi dipinti di pittori come F. Krudowski, L. Kurell ed E. Okuń. In queste opere gli artisti italiani sono raffigurati in accordo con le leggende note sulle loro vite. Il capitolo successivo è dedicato alle illustrazioni di “Romeo e Giulietta” (K. Mirecki, P. Szyndler) nonche’ del “Mercante di Venezia” (F. Tegazzo e A. Gierymski) che sono state pubblicate dalla stampa polacca. Queste scene erano chiaramente percepite come italiane anche perché presentavano scorci di Verona o Venezia. Particolarmente popolare era proprio la "scena del balcone". L’indagine è stata dedicata anche alle illustrazioni della “Divina Commedia”. Nell'iconosfera polacca non se ne rintracciano molte, tuttavia quelle disponibili rivelano una profonda conoscenza del testo da parte degli autori, come M. Kotarbiński, S. Wyczałowski, J. Męcina-Krzesz e F. Żmurko. La figura di Dante assume un ruolo cruciale: viene sempre rappresentato come eroe della narrazione. Inoltre, questi dipinti sono stati confrontati anche con le riproduzioni delle opere provenienti dall’estero pubblicate dalla stampa polacca. Successivamente è stata affrontata la singolare questione dei "veneziani antichi", cioè delle opere sulla cultura e sulla storia di Venezia. All'inizio è stato discusso il problema dello storicismo e del “renaissansismus” ossia due concetti chiave necessari all’ulteriore descrizione del materiale di ricerca. Le parti seguenti sono state corredate di immagini note. Uno dei capitoli è stato dedicato al lavoro di Aleksander Gierymski intitolato “Davanti al Palazzo Ducale”, profondamente ispirato alla pittura di Vittore Carpaccio. A quanto pare, il lavoro di Gierymski si rivela essere uno studio sulle origini della potenza di Venezia nel periodo postmedievale. A seguire sono stati descritti i dipinti polacchi ispirati a Piero Della Francesca (F. Bryk e F. Żmurko). Mostrano, prima di tutto, riferimenti formali. Il presente lavoro prende in esame anche le illustrazioni per la stampa. Una sezione a se’ e’ dedicata alla rappresentazione di musicisti veneziani oppure al motivo del “fare musica insieme” (A. Gierymski e W. Kotarbiński). A quanto pare, erano questi la giusta chiave per la percezione della storia di Venezia. E’ stata effettuata anche l'analisi del dramma, precedentemente non descritto, di Kazimierz Zalewski, “Marco Foscarini” e le illustrazioni dedicate a questa opera (F. Tegazzo). Sono state pubblicate su “Tygodnik Illustrowany” e testimoniano una conoscenza generale di Venezia nella cultura polacca. Un’attenzione particolare è stata rivolta al motivo della “morte a Venezia” e alla sua “leggenda nera” nonché ad un quadro di Maria Maddalena Andrzejkowicz-Buttowt dedicato agli umanisti della capitale. Nei capitoli successivi è stata sollevata la questione della presenza nell’iconosfera polacca degli italiani vissuti negli anni compresi tra 1861 e 1914. La quantità delle fonti a disposizione è significativa, pertanto la scelta dei materiali considerati è stata meticolosa nel tentativo di presentare l’immagine degli italiani. Si è inteso presentare la misura in cui da una parte tali immagini hanno contribuito a creare lo stereotipo dell’italiano, mentre dall’altra erano una mera copia. È stato altresì affrontato il problema degli italiani come “tipi” sia nella pittura che nelle illustrazioni per la stampa. Ciò è stato effettuato principalmente sull'esempio di una discussione avvenuta sulla stampa (W. Gerson, E. Lubowski) sull'immagine di “Praczki su Anacapri” di Zdzisław Suchodolski, sono state anche riportate quelle che erano le aspettative in relazione a tali dipinti. A quanto pare, lo stereotipo degli italiani come discendenti degli antichi greci o romani era saldamente radicato. In seguito, è stata analizzata la questione delle ciociare, ossia modelle italiane assai frequenti a quel tempo nella pittura polacca. Questi esempi sono stati comparati a quelli italiani al fine di osservare come l’immagine venisse di volta in volta plasmata in base alle attitudini artistiche. Nel caso di opere di artisti italiani l’immagine ha un carattere più simbolico, mentre nel caso delle opere polacche il focus è principalmente sull’aspetto pittoresco del costume. Nel lavoro di ricerca segue la questione legata al ruolo delle italiane coinvolte come modelle presso l’Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera. Questo motivo diviene più popolare con l'emigrazione delle italiane verso altre città europee dopo il 1861. Questo tipo di lavoro, ossia il ritratto dell’italiana vestita in abito da ciociara col caratteristico copricapo, è diventato il più diffuso nell'iconosfera polacca. Ciò è dovuto alle pratiche dell'Accademia di Monaco. E’ stato anche approfondito l’aspetto dei motivi legati all’Italia che scomparvero dopo il 1861, ossia quelli dei lazzaroni e dei pifferari. Appartenevano a tipici motivi pittoreschi ma nel corso del tempo furono accantonati dall'iconosfera polacca. Il capitolo successivo riguarda la rappresentazione visiva delle scene di genere i cui eroi sono italiani. La maggior parte di questi lavori mette in luce i “tipi italiani” situati nella “scena italiana”, pertanto si è deciso di analizzarli in relazione al tipo di spazio, privato e pubblico. “Un gioco di mora” di A. Gierymski viene trattato come lavoro singolare, in quanto fuori da questi schemi. E’ stata rivolta l’attenzione anche alla rappresentazione dei contatti tra italiani e turisti nell’Ottocento. Una sezione a parte è rappresentata dai dipinti raffiguranti la religiosità italiana nelle opere di autori come H. Siemiradzki, P. Szyndler, K. Miller e M. Trzebiński. Questi capolavori esaltano la religiosità italiana come elemento di genere e della vita quotidiana. In larga misura, tuttavia, si tratta di “tipi italiani” situati nello scenario che è lo spazio della chiesa. Un altro motivo degno di nota è quello della donna italiana in preghiera. Al fine di contestualizzare le opere, questi lavori sono stati corredati dalle descrizioni contemporanee delle pratiche religiose dell’epoca, in taluni casi diverse da quelle polacche. La terza parte del lavoro lascia spazio ad osservazioni generali, conclusioni e vari postulati di ricerca. In primo luogo la storia e il mito dell'Italia si sono rivelati più stimolanti per gli artisti, a differenza della realtà italiana degli anni 1861-1914. In sostanza, gli argomenti legati alla storia d'Italia sono più interessanti, ad esempio, dei “tipi” maggiormente diffusi. In secondo luogo tutti i temi italiani hanno riscosso un grande successo presso il pubblico polacco per tutto il periodo in analisi. Sono apparsi durante le mostre, talvolta sono stati decritti nelle recensioni, sono apparsi inoltre sotto forma di illustrazioni sulle riviste. Sono stati sempre accolti con interesse, nonostante gli intensi soggiorni in Italia e le opere realizzate durante questi viaggi. Le rappresentazioni degli italiani, raffigurati in queste opere, erano percepite come vere. Nell'iconosfera polacca di questo periodo compaiono più frequentemente le immagini di donne italiane. Ciò dipende dal fatto che valesse la pena dipingerle in quanto venivano percepite come modelle meravigliose e contraddistinte da una bellezza esotica diversa dai canoni della donna polacca. Questa tematica si rivela alquanto intrigante, anche se a volte ha portato alla creazione di stereotipi insani, sia da parte di pittori che di scrittori che analizzano opere ispirate a donne italiane. I postulati di ricerca più rilevanti comprendono la necessità di ulteriori ricerche sul dantismo. Non si tratta solo dell’illustrazione della “Divina Commedia”, ma soprattutto della ricerca delle opere profondamente ispirate dal testo del Vate. Inoltre, val la pena esaminare la pittura veneziana rinascimentale e la sua influenza sulla cultura polacca del XIX secolo. In dissertazione è stata anche inserita la bibliografia, la documentazione in polacco, italiano, inglese, tedesco e francese, la lista nonché’ la raccolta contenente più di duecento illustrazioni.
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8

SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Abstract:
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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Books on the topic "Riviste letterarie"

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Chimirri, Giovanna Finocchiaro. La dimensione catanese nelle riviste letterarie del primo 900. Catania: C.U.E.C.M., 1995.

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2

Libri e riviste: Catalogo delle edizioni delle riviste letterarie italiane fra le due guerre (1919-1943). Milano: All'insegna del pesce d'oro, 1996.

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3

Gli anni delle riviste: Le riviste letterarie dal 1945 agli anni ottanta, con un repertorio di 173 periodici. Lecce: Milella, 1985.

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4

Il ruolo delle riviste letterarie nella cultura italiana tra le due guerre. Napoli: Flli. Conte, 1985.

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5

Discacciati, Ornella, and Emilio Mari. La carta delle idee: Studi e prospettive sulle riviste artistico-letterarie russe. Roma: UniversItalia, 2020.

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6

Acchiappati, Gianfranco. Raccolta foscoliana Acchiappati: Edizioni originali e ristampe, scritti su riviste letterarie e giornali. Milano: Polifilo [distributor], 1988.

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Collini, Dario, ed. Lettere a Oreste Macrí. Florence: Firenze University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-776-4.

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Abstract:
Con questo libro curato da Dario Collini, che raccoglie il lavoro di giovani ricercatori guidati da Anna Dolfi («GREM» «NGEM») che si sono occupati dei 17.000 pezzi epistolari del Fondo Macrì, si offre uno straordinario strumento di lavoro a chi si interessa di Ermetismo, di critica e poesia del Novecento italiano. Ombre dal fondo o ‘luci intermittenti’ che siano, i bagliori mandati dagli epistolari sono segni della genesi umana della cultura, visto che conservano traccia di quanto è legato al quotidiano che contribuisce alla costruzione della ‘grande’ storia e della progettualità; intellettuale e politica che l’accompagna. Ecco allora che letture, libri, riviste, collaborazioni, amicizie, risentimenti, viaggi, passioni letterarie e private emergono da questi regesti, a dare voce a un’epoca e ai suoi protagonisti.
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8

Massimo, Rizzante, Gubert Carla, and Catalogo informatico delle riviste culturali europee., eds. Le riviste dell'Europa letteraria. Trento: [Editrice Università degli studi di Trento], Dipartimento di scienze filologiche e storiche, 2002.

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9

Giorgio, Luti, ed. Critici, movimenti e riviste del '900 letterario italiano. Roma: La Nuova Italia scientifica, 1986.

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10

Giorgio, Luti. Critici, movimenti e riviste del Novecento letterario italiano. Roma: La nuova Italia scientifica, 1986.

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Book chapters on the topic "Riviste letterarie"

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Krpina, Zdravka. "La presenza della cultura italiana in riviste letterarie croate tra Ottocento e Novecento." In Biblioteca di Studi Slavistici, 179–85. Florence: Firenze University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-910-2.20.

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Abstract:
This work explores the relationship between Croatia and Italy in a study of literary journals extending from the period of the Illyrian movement to Modernism (1835-1903). Moving away from a national and philological approach, we focus on interculturality and imagology. Our conclusions unfold at the intersection of these two fields, as well as “at the edge of literature and philosophy” (in Derrida’s terms), where the relationship between Croatian and Italian cultural has been shaped according to various factors – literary, political, historical and also psychological.
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2

Grasso, Ida. "La Spagna di Paragone Letteratura (1950-75)." In Biblioteca di Rassegna iberistica. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-459-2/002.

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Abstract:
Lo studio intende indagare la presenza della cultura ispanica in Paragone, rivista centrale del panorama letterario italiano della seconda metà del Novecento. La dichiarata apertura alla «storia di oggi», come si legge nel programmatico esordio del periodico, lo sguardo raffinato e analitico dei suoi collaboratori, vicini per animus critico e militanza culturale, ne fanno un imprescindibile punto di partenza per verificare, nell’ultimo venticinquennio della dittatura franchista, non soltanto l’eventuale diffusione e attestazione della produzione letteraria ispanica in Italia, ma anche, e soprattutto, la sua analisi in sede critica.
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De Benedetto, Nancy. "Le letterature ispaniche nelle riviste della Rai e nel superamento della ‘disseminazione del simbolo’ di Oreste Macrì." In Biblioteca di Rassegna iberistica. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-459-2/003.

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Abstract:
In this article I will explore the presence of Spanish literature in the magazines published by ERI for Rai, both originating from national radio broadcasts: L’Approdo Letterario and Terzo Programma. My reflections take place in the perspective of outlining the profile of a wide but not popular reception of literature that emerges from the bibliographic informations contained in the reviews; the main attention will focus on the profound cultural changes between the 1950s and 1960s, when Oreste Macrì collaborated in L’Approdo.
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