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Sbaragli, Silvia. "Editoriale." Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula, no. 12 (November 21, 2022): I—IV. http://dx.doi.org/10.33683/ddm.22.12.0.

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Abstract:
La rivista Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula giunge al dodicesimo numero, l’ultimo del 2022. Fin dalla sua nascita, la rivista ha avuto come principale finalità quella di accorciare la distanza tra il mondo della ricerca in didattica della matematica e quello delle esperienze didattiche sul campo. Anche questo numero, ovviamente, persegue questo obiettivo, e lo fa con una serie di contributi di alta qualità, scritti da studenti, docenti, docenti-ricercatori e ricercatori, appassionati di quel delicato processo che è l’insegnamento-apprendimento della matematica. Continua a leggere...
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Sbaragli, Silvia. "Editoriale." Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula, no. 10 (November 17, 2021): I—IV. http://dx.doi.org/10.33683/ddm.21.10.0.

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Abstract:
Siamo giunti al decimo numero della rivista Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula: un risultato davvero importante per i membri del comitato redazionale e del comitato scientifico che con impegno, passione e dedizione portano avanti da sei anni questo ambizioso progetto. Il fine è sempre lo stesso: condividere significativi contributi di ricerca ed efficaci esperienze didattiche.È in questo contesto che sono nati proficui contatti e scambi tra ricercatori e docenti, contribuendo così ad avvicinare il mondo della ricerca al mondo scolastico e a tenere unita una comunità interessata ad approfondire il complesso e delicato processo di insegnamento/apprendimento della matematica. Continua a leggere...
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3

Migliorati, Piergiacomo. "C.G. Jung, oggi." STUDI JUNGHIANI, no. 49 (May 2019): 9–16. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2019oa7906.

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Abstract:
L'autore, padre storico di Studi Junghiani e maestro di molti analisti dell'AIPA, nell'editoriale del primo numero della Rivista, qui ristampato, faceva il punto sulla psicologia analitica in quel momento storico. Le sue domande suonano ancora oggi, dopo ventiquattro anni, incredibilmente attuali: "qual è il rapporto tra la psiche e il mondo di oggi? E quale parola l'analisi ha ancora da dire in proposito?"
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Clementi, Marco. "“IL POLITICO” E LE RELAZIONI INTERNAZIONALI." Il Politico 252, no. 2 (January 15, 2021): 96–108. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2020.510.

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Abstract:
nel primo numero de “Il Politico”, con cui la Facoltà di ScienzePolitiche dell’Università di Pavia dà seguito nel 1950 agli “Annali”che aveva preso a pubblicare dal 1928, bruno leoni inaugura il suomandato di direttore specificando gli obbiettivi che la rivista si poneva.In poche pagine dal taglio più consono a un breve saggio scientificoche a un pezzo editoriale, leoni chiama la rivista all’analisi scientificadei fenomeni politici e al confronto con il mondo non scientifico. Così,mentre auspica che la rivista sappia porsi come punto di riferimentoanche all’esterno dell’accademia e sappia contribuire a risolvere i problemipiù urgenti del paese, rimanendo però “al di fuori e al di sopradegli interessi” delle fazioni politiche1, leoni analizza i rapporti fra alcunedelle discipline che concorrono alla conoscenza scientifica di ciòche è politico. In tal modo, egli teorizza ancora prima che annunciarequelli che saranno i tratti imprescindibili de “Il Politico” degli anni avenire: l’impegno a promuovere e valorizzare il confronto e l’interazionefra discipline e metodi differenti e la tensione a includere temi ecompetenze di confine, o trasversali.
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Tekavčić, Pavao. "«Ladinia», Sföi cultural dai Ladins dies Dolomites, numm.V. (1981)- VIII (1984), Institut Ladin «Micurà de Rü”, San Martin de Tor, Piccolino (Val Badia)." Linguistica 26, no. 1 (December 1, 1986): 202–10. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.26.1.202-210.

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Abstract:
La rivista «Ladinia», le cui prime quattro annate sono state recensite in «Linguistica» 21 (1981), pp. 325-331, continua ad uscire, conservando il suo profilo, Ia vastità degli argomenti che concernono il mondo ladino ed arricchendosi an­ che di rubriche nuove. Offriamo ai lettori Ia recensione delle annate 1981-1984, concentrandoci anche qui sui contributi linguistici (tanto piu che nei numeri V-VIII, e particolarmente negli ultimi due, i contributi di argomento linguistico occupano più spazio di prima).
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Skubic, Mitja. "Interferenze sintattiche di origine romanza nelle parlate slovene occidentali: la strutturazione del sintagma aggettivale, della frase, del periodo." Linguistica 31, no. 1 (December 1, 1991): 361–65. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.31.1.361-365.

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Abstract:
Il Festeggiato si è occupato, a più riprese, delle interferenze linguistiche tra il mondo slavo e quello romanzo; ha dedicato, e dedica tutt'ora, una buona parte dell'energia e dell'attività scientifica all'istroromanzo, il quale istroromanzo sta in opposizione diglossica, quale registra basso, rispetto al serbocroato, da una parte, e all'italiano, e magari alla koinè veneta, dall'altra. Il Tekavčić ci ha offerto delle analisi interessanti ed esaustive, delle quali ha beneficiato anche questa rivista, nel campo semantico e lessicale. Non ha trascurato nemmeno problemi concernenti le interferenze sintattiche, e questo fin dalle sue ricerche sulla parlata di Dignano. Il problema della consecutio temporum, ad esempio.
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Collier, David. "IL METODO COMPARATO: DUE DECENNI DI MUTAMENTI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 20, no. 3 (December 1990): 477–504. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020000959x.

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Abstract:
IntroduzioneL'idea che la comparazione sia una «buona cosa» nasce direttamente dal nostro modo intuitivo di comprendere il mondo. La comparazione acuisce la nostra capacità di descrizione e può costituire un prezioso stimolo per la formazione dei concetti. Essa ci fornisce dei criteri per sottoporre a verifica le ipotesi, contribuisce alla scoperta per via induttiva di nuove ipotesi e alla costruzione di teorie. Harold Lasswell, nell'articolo di apertura del primo numero della rivista «Comparative Politics», affermava che il rilievo assunto dalla comparazione in una buona analisi è tale che il metodo scientifico è inevitabilmente comparato (Lasswell 1968, 3).
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Manghi, Sergio. "Saperi, catastrofi, ecologia e politica (a partire da quattro suggestioni della rivista Educazione sentimentale)." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 36 (February 2022): 55–63. http://dx.doi.org/10.3280/eds2021-036006.

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Abstract:
Da una parte l'immaginare la conoscenza scientifica "vera" come incorporea e asituata, dall'altra l'esigenza di un "prendere la parola" e della sua localizzazione eco-sociale e spazio-temporale. La conoscenza è un'attività creativa sempre e comunque concretamente in atto, emergente all'interno delle più vaste "interdipendenze costitutive" di cui è parte. La percezione del carattere unico e contingente di ogni singolo accadimento non può essere scollegato dallo sguardo dell'osservatore cui accade. La prospettiva è quella di una convergenza tra saperi a lungo compartimentati con un attraversamento dei vari campi disciplinari e delle reti eco-sociali che li sostengono. Tutto questo e altro nutre l'auspicio ad "ascoltare il mondo" contro l'avanzata di un progetto di civilizzazione ormai fuori controllo.
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Tekavčić, Pavao. "Ladinia, Sföi culturâl dai Ladins dies Dolomites, IX (1985), pp. 1-260; X (1986), pp. 1-'-231." Linguistica 27, no. 1 (December 1, 1987): 180–85. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.27.1.180-185.

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Abstract:
Il numero IX (annata IX) della rivista pubblicata dall'Istitut Ladin «Micunà. de Rü» continua la fisionomia degli otto volumi precedenti (se ne vedano le recen­ sioni in «Linguistica>> 21 /19811, pp. 325-331 e 26/1986/, pp. 202-210), offren­ doci svariati studi sul mondo retoromanzo (soprattutto dolomitico) nei suoi aspetti linguistici, filologici, letterari, etnografici. e folcloristici, storico-culturali, politici e glottopolitici ecc. Anche il volume IX si divide in due parti: la prima, che (faute de mieux; essendo essa senza titolo) possiamo definire non-letteraria, e la seconda che reca il già noto titolo di lnjunta leterara. Aggiungiamo subito che la bella veste gra­ fica,' lo scarso numero di errori di stampa, gli annunci pubblicitari e le fotogtafie (a colori e in bianco e nero) si ritrovano anche nel volume IX.
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Smith, Catherine Delano, and Anna Maria Biraschi. "Geographia Antiqua. Rivista di geografia di geografia storica del mondo antiquo e di storia del geografia." Geographical Journal 162, no. 2 (July 1996): 234. http://dx.doi.org/10.2307/3059908.

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Orefice, Carlo. "Problematizzare il mondo, ridare la parola, favorire i processi di trasformazione sociale. I perché di un numero monografico su Paulo." EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no. 1 (July 2022): 11–23. http://dx.doi.org/10.3280/erp1-2022oa13727.

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Abstract:
A cento anni dalla sua nascita (1921-2021), il pensiero e l'opera di Paulo Freire continuano a testimoniare la straordinaria efficacia politico-pedagogica di questo autore, uno dei maggiori educatori del XX secolo. Il contributo analizza l'eredità di Freire e la sua attualità in termini di nuove sfide epistemiche e pedagogiche, a partire dalle riflessioni fatte durante il Congresso Internazionale (maggio 2021) organizzato dalla Red latinoamericana para el cambio social y el aprendizaje emancipatorio intitolato "Sul fare educazione. L'attualità pedagogica di Paolo Freire a cento anni dalla nascita (1921-2021)", ed in occasione dell'uscita del numero monografico dedicato a tale evento della rivista Educational Reflective Practices.
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RGI, Redazione. "Informazione bibliografica." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 2 (June 2021): 155–86. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa2-2021oa12038.

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Abstract:
L'Informazione bibliografica del numero 2/2021 della «Rivista Geografica Italiana» presenta le recensioni dei seguenti testi. Rachele Borghi, Decolonialità e privilegio. Pratiche femministe e critica al sistema-mondo (Marcella Schmidt di Friedberg) Mauro Varotto, Montagne di mezzo. Una nuova geografia (Giacomo Pettenati)  Alberto Magnaghi, Il principio territoriale (Giuseppe Dematteis) Domenico Cersosimo, Carmine Donzelli, a cura di, Manifesto per riabitare l'Italia (Matteo Puttilli) Luca Gaeta, Alice Buoli, a cura di, Transdisciplinary Views on Boundaries. Towards a New Lexicon (Anna Casaglia) Massimiliano Grava, Camillo Berti, Nicola Gabellieri, Arturo Gallia, Historical GIS. Strumenti digitali per la geografia storica (Anna Guarducci) Stefano Piastra, Shanghai nella letteratura di viaggio italiana. Realtà e percezione di un emporio fluviale diventato megalopoli (Sara Giovansana) Simone Betti, Geografia sportiva del Nordamerica. La geografia sulle magliette (Anna Maria Pioletti) Per leggere i contributi integralmente, cliccare sul quadratino in alto denominato "PDF".
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Cignetti, Luca, Silvia Demartini, Simone Fornara, and Vincenzo Todisco. "Editoriale." DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, no. 1 (November 9, 2021): VII—VIII. http://dx.doi.org/10.33683/didit.21.01.00.

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Abstract:
Prende l’avvio, con questo fascicolo, DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, una nuova rivista scientifica nata dalla collaborazione tra il Centro competenze didattica dell’italiano lingua di scolarizzazione del Dipartimento formazione e apprendimento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni. Alla rivista partecipano quindi due istituzioni universitarie che si occupano della formazione degli insegnanti del Ticino e dei Grigioni, i due cantoni svizzeri in cui l’italiano è lingua ufficiale (nei Grigioni accanto al tedesco e al romancio): un contesto del tutto particolare, che vede l’italiano insieme lingua di scolarizzazione e lingua prima (in Ticino e nel Grigioni italiano), lingua seconda (in Ticino) e lingua straniera nella scuola dell’obbligo (nella parte tedesca del Canton Grigioni). In una realtà così peculiare dal punto di vista linguistico e culturale, DIDIT intende offrire uno strumento di ricerca e aggiornamento rivolto a chi opera, per ragioni di studio o di lavoro, nell’ambito della didattica dell’italiano come lingua prima, come lingua seconda o come lingua straniera. Vista la particolare situazione linguistica del Canton Grigioni, del limitrofo Alto Adige e tenuto conto delle diverse altre lingue presenti sul territorio grigionese e ticinese accanto alle lingue ufficiali, la nuova rivista prende in considerazione anche la ricerca sulla didattica del plurilinguismo. In questo senso la rivista si presenta come luogo di scambio scientifico privilegiato e unico nel panorama delle pubblicazioni scientifiche presenti sul territorio nazionale svizzero e come uno dei pochi strumenti a livello internazionale che prendono in esame l’italiano nei diversi contesti di insegnamento; l’obiettivo sul medio-lungo termine è di configurarsi come un punto di riferimento nel campo degli studi sulla didattica dell’italiano e del plurilinguismo, caratterizzati dal costante connubio tra dimensione teorica e dimensione applicativa. DIDIT è divisa in tre sezioni: Studi e ricerche, Esperienze didattiche e Recensioni e segnalazioni. La prima, affidata alla penna di studiose e studiosi di chiara fama nel settore della didattica della lingua e della letteratura italiana (in questo primo numero Maria G. Lo Duca e Giuliana Fiorentino e, per la tematica del plurilinguismo, Ruth Videsott), accoglie approfondimenti teorici su temi afferenti agli ambiti didattici sopra ricordati. La seconda è dedicata a esempi di applicazioni e percorsi didattici, affidati a studiose e studiosi, ricercatrici e ricercatori, docenti attive e attivi nella scuola di ogni ordine e grado (in questo numero Livia Radici Tavernese, Daniele Dell’Agnola, Stefania Crameri e Daniela Kappler). La terza presenta, infine, recensioni di libri e studi che possono contribuire all’innovazione didattica nelle discipline di riferimento e a segnalazioni di opere – come albi illustrati, poesie, raccolte di racconti e romanzi – rivolte a lettori di diverse fasce di età. Tenuto conto dei contesti minoritari con cui si vede confrontato l’italiano in Svizzera, la rivista ambisce a diventare anche uno strumento per il sostegno e la promozione della lingua italiana in questo contesto nazionale, e non solo. In tal senso, si propone di estendere il proprio orizzonte agli studi sulla didattica dell’italiano in un’accezione ampia, che accolga prospettive plurali e sguardi capaci di spaziare dalla teoria all’applicazione pratica, avendo sempre come obiettivo di fondo un aggiornamento costante sulle strategie, sui metodi, sulle ricerche volte a migliorare e a innovare l’insegnamento dell’italiano. In tal modo la rivista garantisce lo scambio e la comunicazione tra il mondo della ricerca e quello della scuola, a livello nazionale e internazionale: attraverso la scelta dei temi, degli ambiti di ricerca e di riflessione, DIDIT vuole così rispondere alle sfide didattiche e teoriche poste alla disciplina e stimolare il dibattito scientifico e pubblico.
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Forte, Francesca. "Introduzione." Doctor Virtualis, no. 17 (May 14, 2022): 5–14. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17819.

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Abstract:
Introduzione al fascicolo per Massimo Campanini "Questo numero vuole essere un omaggio al legame di Massimo Campanini con Milano, e in particolare con gli studiosi milanesi di Storia della filosofia medievale; vuole essere un ringraziamento per il contributo che ha saputo dare alla rivista, costringendoci al confronto con un altro punto di vista, con un’altra narrazione della storia e con categorie storiche e filosofiche differenti ma non estranee a quelle del mondo latino-occidentale, arricchendo il nostro sguardo verso una prospettiva mediterranea e non esclusivamente eurocentrica" "This issue is intended as a tribute to Massimo Campanini's ties with Milan, and in particular with Milanese scholars of the History of Medieval Philosophy; it is intended as a thank you for the contribution he was able to make to the journal, forcing us to confront another point of view, another narrative of history and different historical and philosophical categories that are not extraneous to those of the Latin-Western world, enriching our gaze towards a Mediterranean and not exclusively Eurocentric perspective"
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Stagl, Jakob Fortunat. "Lucia di Cintio, „Ordine“ e „ordinamento“. Idee e categorie giuridiche nel mondo romano (= Collana della Rivista di Diritto Romano)." Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte: Romanistische Abteilung 139, no. 1 (July 1, 2022): 620–22. http://dx.doi.org/10.1515/zrgr-2022-0036.

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Antoncecchi, Ettore, and Enrico Orsini. "Cardiologia 2020. Cosa c’è di nuovo." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 29, no. 1 (May 30, 2021): 1–13. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-1.

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Abstract:
Il panorama scientifico 2020 è stato dominato dalla pandemia CoViD, che ha quasi del tutto as-sorbito l’interesse e le energie della ricerca, in ogni branca della medicina. La cardiologia non ha fatto eccezioni. Non vi è stata piattaforma web, congres-so o meeting, rivista internazionale o nazionale, che non si sia occupata in larga misura dei rapporti fra CoViD-19 e malattie cardiovascolari. Il risultato è stata la povertà di reali novità nella produzione scientifica in ambito cardiovascolare. Anche l’atte-sissimo progetto ISCHEMIA, pubblicato nel 2020, che peraltro non ha apportato reali novità nel trat-tamento della cardiopatia ischemica cronica, non ha suscitato il dibattito scientifico che sarebbe stato ne-cessario, soffocato purtroppo dalla tragedia CoViD che il mondo ha vissuto in questo anno. Una delle poche eccezioni dell’anno 2020 è stata la inarrestabi-le conferma degli inibitori SGLT2, che hanno ormai travalicato il semplice ruolo di farmaci antidiabetici, per collocarsi a pieno titolo fra gli agenti dotati di uno spiccato ruolo protettivo verso gli outcomes cardiovascolari. Come ogni anno, abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcuni temi, che riteniamo particolar-mente significativi per l’interesse dei lettori.
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Dalché, Patrick Gautier. "L'idea di Italia. Geografia e storia numéro spécial de Geografia Antiqua. Rivista di geografia storica del mondo antico e di storia della geografia, 7, 1998." Annales. Histoire, Sciences Sociales 58, no. 1 (February 2003): 269–70. http://dx.doi.org/10.1017/s0395264900003103.

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Journals, FrancoAngeli. "Informazione bibliografica." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 3 (September 2021): 175–219. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa3-2021oa12539.

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Abstract:
L'Informazione bibliografica del numero 3/2021 della «Rivista Geografica Italiana» presenta le recensioni dei seguenti testi:    Donna Haraway, Chthulucene. Sopravvivere in un pianeta infetto (Michele Bandiera) Cristiano Giorda, a cura di, Geografia e Antropocene. Uomo, ambiente, educazione (Marco Tononi) Paola Piscitelli, a cura di, Atlante delle città. Nove (ri)tratti urbani per un viaggio planetario (Marco Santangelo) Martina Tazzioli, The making of migration: The biopolitics of mobility at Europe's borders (Silvia Aru) Mercedes Bresso, Claude Raffestin, I duecentocinquantamila stadi di Eratostene, al tempo del virus. Dialoghi fra un geografo e una economista ambientale, in giro per il mondo (Alessandro Ricci) Ernesto C. Sferrazza Papa, Le pietre e il potere. Una critica filosofica dei muri (Marcello Tanca) Vincent Berdoulay, Olivier Soubeyran, L'aménagement face à la menace climatique (Angelo Turco) Isabella Giunta, Sara Caria, a cura di, Pasado y presente de la cooperación internacional: una perspectiva crítica desde las teorías del sistema mundo (Mariasole Pepa) Sara Luchetta, Dalla baita al ciliegio. La montagna nella narrativa di Mario Rigoni Stern (Giacomo Zanolin) Edoardo Boria, Storia della cartografia in Italia dall'Unità a oggi. Tra scienza, società e progetti di potere (Anna Guarducci) Maria Luisa Sturani, Dividere, governare e rappresentare il territorio in uno Stato di antico regime. La costruzione della maglia amministrativa nel Piemonte Sabaudo (XVI-XVIII sec.) (Anna Guarducci) Egidio Dansero, Davide Marino, Giampiero Mazzocchi e Yota Nicolarea, a cura di, Lo spazio delle politiche locali del cibo: temi, esperienze e prospettive (Chiara Spadaro) Giorgio Osti, Elena Jachia, a cura di, AttivAree. Un disegno di rinascita delle aree interne (Raffaella Coletti) Lucilla Barchetta, La rivolta del verde. Nature e rovine a Torino (Alberto Vanolo)   Per leggere i contributi integralmente, cliccare sul quadratino in alto denominato "PDF".
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Hales, Shelley. "G. Bejor: Vie colonnate; Paesaggi urbani del mondo antico. (Supplementi alla Rivista di Archeologia 22.) Pp. 143, maps, figs, 16 b & w pls. Rome: Giorgio Bretschneider, 1999. Paper. ISBN: 88-7689-154-4." Classical Review 51, no. 1 (March 2001): 201–2. http://dx.doi.org/10.1093/cr/51.1.201.

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Downey, Susan B. "Colonnaded streets in the Greek East - GIORGIO BEJOR, VIE COLONNATE. PAESAGGl URBANI DEL MONDO ANTICO (Supplementi 22 alla RdA [Rivista di Archeologia]; Giorgio Bretschneider, Rome 1999). Pp. 143, 98 text figs., 16 pls. ISBN 88-7689-154-4. ISSN 0392-0895. Lit. 400.000." Journal of Roman Archaeology 14 (2001): 641–42. http://dx.doi.org/10.1017/s1047759400020419.

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Segatto, Matteo. "Recensione ad “aut aut”, numero 381, “Sartre/Merleau-Ponty. Un dissidio produttivo”." Chiasmi International 21 (2019): 389–93. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192135.

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Abstract:
Hanno ancora qualcosa da dirci Sartre e Merleau-Ponty oggi? Sessant’anni dopo i loro “contraccolpi” – consumatisi nella redazione di una rivista come “Les Temps Modernes” – vale ancora la pena di ripercorrere quella storia? È questa la domanda che apre l’ultimo numero di “aut aut” curato da Enrica Lisciani-Petrini e Raoul Kirchmayr. Si tratta di una domanda a cui è difficile rispondere e che ha a che fare con che cos’è la filosofia (oggi) e – soprattutto – che cos’è un filosofo (oggi). È una domanda che, nel caso di Sartre e di Merleau-Ponty, non chiama in causa soltanto due differenti scuole di pensiero, ma anche due modi differenti di intendere il mondo, la politica, gli altri e le relazioni con essi. Ma si tratta, in fondo, di una domanda che – con le parole di Sartre – ci porta a riflettere sul fatto che “si è filosofi quando si è morti”, poiché – in fondo – “fino a quando viviamo, siamo uomini che, tra l’altro, scrivono opere di filosofia”. E allora la risposta a quella domanda non può che essere affermativa: il loro “dissidio produttivo” (è questo il titolo del numero 381 di “aut aut”) è un atto vitale, un incontro-scontro necessario fra persone che fanno vivere la filosofia.Sartre et Merleau-Ponty ont-ils encore quelque chose à nous dire aujourd’hui ? Soixante années après leurs « contrecoups » – qui ont eu lieu dans la rédaction de la revue Les Temps Modernes – vaut-il encore la peine de reparcourir cette histoire ? Voilà la question qui ouvre le dernier numéro de la revue « aut aut », sous la direction d’Enrica Lisciani-Petrini et Raoul Kirchmayr. Il s’agit d’une question à laquelle il est difficile de répondre et qui est en rapport avec ce qu’est la philosophie (aujourd’hui) et – surtout – avec ce qu’est un philosophe (aujourd’hui). Il s’agit d’une question qui, chez Sartre et Merleau-Ponty, ne met pas seulement en cause deux courants de pensée différents, mais aussi deux différentes manières de concevoir le monde, la politique, les autres et les relations qu’on entretient avec eux. Mais il s’agit, au fond, d’une question qui – en employant les mots de Sartre – nous conduit à réfléchir sur le fait que « l’on est philosophes quand on est morts », parce que – après tout – « jusqu’à ce que nous vivons, nous sommes des hommes qui, entre autre, écrivent des oeuvres de philosophie ». Alors la réponse à cette question ne peut être qu’affirmative : leur « différend productif » (c’est le titre du numéro 381 de « aut aut ») est un acte vital, en même temps une rencontre et un affrontement nécessaires entre des personnes qui font vivre la philosophie.Do Sartre and Merleau-Ponty still have something to say to us today? Sixty years after their “breakup” – which took place in editing the journal Les Temps Modernes – is it still worthwhile to go over this history? This is the question that opens the last issue of the journal “aut aut,” under the direction of Enrica Lisciani-Petrini and Raoul Kirchmayr. It is a question to which it is difficult to respond and bears on what philosophy is (today) – and especially with what a philosopher is today. It is a matter which, according to Sartre and Merleau-Ponty, does not only call into question two different currents of thought, but also two different ways of conceiving the world, politics, others and the relations between them. But it is a matter, at its core, which – employing the words of Sartre – leads us to reflect on the fact that “we are philosophers when we are dead,” because – after all – “while we are alive, we are men who, among other things, write works of philosophy.” Thus, the response to this question can only be affirmative: their “productive difference” (this is the title of number 381 of “aut aut”) is a vital act, at the same time an encounter and necessary confrontation between persons who breathe life into philosophy.
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Pacciolla, Aureliano. "EMPATHY IN TODAYS CLINICAL PSYCHOLOGY AND IN EDITH STEIN." Studia Philosophica et Theologica 18, no. 2 (December 7, 2019): 138–60. http://dx.doi.org/10.35312/spet.v18i2.29.

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Abstract:
By Stein Edith: Zum problem der Einfühlung, Niemeyer, Halle 1917, Reprint der OriginalausgabeKaffke, München 1980, trad. it. Il problema dell’empatia, trad. di E. Costantini e E. Schulze Costantini, Studium, Roma 1985. Beiträge zur philosophischen Begründ der Psychologie und Geisteswissen schaften: a) Psychische Kausalität; b)Individuum und Gemeinschaft, «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», vol. 5, Halle 1922, pp. 1-283, riedito da Max Niemeyer, Tübingen 1970, trad. it. Psicologia e scienze dello spirito. Contributi per una fondazione filosofica, trad. di A. M. Pezzella, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1996. Was ist Phänomenologie?, in Wissenschaft/Volksbildung, supplemento scientifico al «Neuen Pfälzischen Landes Zeitung», n. 5, 15 maggio 1924; è stato pubblicato nella rivista «Teologie und Philosophie», 66 (1991), pp. 570-573; trad. it. 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Lepschy, Laura, and Marco Santoro. "Le riviste di italianistica nel mondo: Atti del Convegno internazionale. Napoli 23-25 Novembre 2000." Modern Language Review 99, no. 4 (October 2004): 1067. http://dx.doi.org/10.2307/3738560.

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Natale, Andrea. "Dopo la Thyssen." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 2 (June 2012): 147–66. http://dx.doi.org/10.3280/qg2012-002004.

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Abstract:
La sentenza sul caso Thyssen costituisce una svolta? O una presa di posizione ideologica della magistratura? O piuttosto una difficile sentenza su una altrettanto difficile questione di fatto? Il giudizio sulla responsabilitŕ penale degli imputati (e a che titolo) potrŕ eventualmente essere rivisto nei successivi gradi di giudizio. Ciň non toglie che la lettura della sentenza consente giŕ ora di prendere in considerazione dei fatti e trarre da essi dei giudizi. La tragedia della Thyssen di Torino rappresenta infatti un esempio paradigmatico delle mille questioni che si intrecciano nel mondo del lavoro: la crisi; le logiche di impresa che privilegiano il risparmio mettendo tragicamente a rischio la salute dei lavoratori; l'inefficacia dei controlli della pubblica amministrazione; la debolezza dei sindacati. E, sul versante della giurisdizione: la gestione di un processo difficile, con un'imputazione terribile; le reazioni dell'opinione pubblica; i modelli organizzativi delle procure; la specializzazione del magistrato
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Sbaragli, Silvia. "Editoriale." Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula, no. 9 (May 27, 2021): I—IV. http://dx.doi.org/10.33683/ddm.21.9.0.

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Abstract:
«Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. C’è chi si torce le mani e lo definisce un abisso, ma non fa nulla per colmarlo; c’è anche chi si adopera per allargarlo, quasi che lo scienziato e il letterato appartenessero a due sottospecie umane diverse, reciprocamente alloglotte, destinate ad ignorarsi e non interfeconde. È una schisi innaturale, non necessaria, nociva […]». (Primo Levi, 1985, p. 14) Così scriveva Primo Levi per sottolineare l’irragionevolezza di una separazione radicata tra cultura scientifica e cultura umanistica. Siamo d’accordo con lo scrittore: si tratta davvero di un’irragionevole separazione, e intendiamo metterci dalla parte di coloro che provano a fare qualcosa, per quanto piccolo, per colmare l’abisso. Così, il numero 9 della rivista, primo numero speciale, cerca di fornire spunti per unire i due “mondi” evocati nella citazione, scegliendo due particolari discipline: la matematica e la lingua italiana, troppo a lungo erroneamente intese come separate sia sul piano scientifico, sia su quello didattico. Continua a leggere...
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Sbiglio, Maria Gabriela, Lara Giambalvo, Alessandra Verri, Barbara Bianchini, and Velia Bianchi Ranci. "Gli effetti del presente." GRUPPI, no. 2 (October 2021): 178–93. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa2-2020oa12590.

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Abstract:
Il presente scritto è frutto del lavoro di un gruppo di colleghe che si sono riunite, su iniziativa di una di loro, Maria Gabriela Sbiglio, per riflettere sugli effetti della pandemia nella clinica contemporanea. La cornice di questa riflessione è stata costituita dal pensiero di Janine Puget, attraverso la lettura e l'ascolto condiviso di materiale proveniente dagli ultimi interventi in diversi convegni internazionali e seminari cui Puget ha partecipato nel periodo post pandemia. Gli autori sottolineano la situazione dell'incontro con l'alterità che crea una nuova storia, dei nuovi significati e un nuovo inconscio. Nella temporalità del presente e dall'incontro con le differenze si attivano delle "tensioni" e dei 2confini". Le differenze coesistono come "mondi paralleli", ognuna con il proprio significato, e possono produrre aperture e trasformazioni, a partire da quello che è possibile "fare insieme". Il processo del gruppo si è poi intrecciato a una rielaborazione svolta dai singoli partecipanti su alcuni dei concetti principali del pensiero di Puget, integrando anche il materiale dell'intervista da lei rilasciata alla rivista Gruppi del 2019 e qui pubblicata.
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Corbin, Andrée-Ann. "Tourisme et transitions dans les rapports de genre." Tourisme et femmes 29, no. 2 (April 25, 2014): 93–101. http://dx.doi.org/10.7202/1024875ar.

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Abstract:
Ciudad Chemuyil, communauté-dortoir de la Riviera Maya, habitée principalement par des travailleurs et travailleuses migrants employés dans l’industrie touristique est un lieu tout indiqué pour l’étude des implications du tourisme dans le changement social. Cet article cherche plus particulièrement à comprendre celui-ci à travers les rapports de genre. Il se concentre sur trois principaux mécanismes qui découlent du tourisme et qui influencent les relations hommes-femmes à Ciudad Chemuyil, soit la migration, l’intégration des femmes au travail salarié et l’accessibilité accrue à des médias véhiculant des images et des idées du monde global. L’article veut expliquer la complexité des mécanismes initiés par cette activité et saisir leur portée dans les changements sociaux observés à Ciudad Chemuyil.
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Ruggieri, Giancarlo. "Un'analisi dello status della dialisi peritoneale e di alcuni suoi aspetti economici e medici." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 3 (September 23, 2013): 181–90. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1034.

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Abstract:
Oltre dieci anni fa venne osservata e analizzata la marginalità in Italia della dialisi peritoneale (DP). Questo lavoro rivisita questo problema della DP in Italia e nel mondo, valutandone le possibili cause su basi economiche e medi-che. Sono state studiate le possibili relazioni esistenti fra prodotto interno loro pro-capite (PIL/pC) e DP %, utilizzando i dati di prevalenza della DP 2007–2008 di 106 Paesi e associando a tali dati quelli dei corrispondenti PIL/pC della World Bank. Non è risultata nessuna correlazione diretta fra PIL/pC e DP %, ma è risultata un'evidente tendenza dei Paesi con reddito maggiore a ricorrere meno alla DP rispetto ai Paesi con reddito minore. Ciò è stato definito più chiaramente rapportando il PIL/pC con la DP % normalizzata sul reddito (DPn): questo approccio ha dimostrato un'evidente e significativa differenza fra Paesi con maggiore e minore PIL/pC, questi ultimi avendo una quota di DPn assai più elevata rispetto ai primi (fra cui l'Italia), in cui la scelta dialitica è apparsa chiaramente basata su altri fattori che non il PIL/pC, assai presumibilmente su un miglior rapporto rimborso/costo e su un minore affidamento verso la DP. Per quest'ultimo aspetto sono stati presi in considerazione dei problemi persistenti nell'esercizio della DP, il drop out per peritonite, che, anche se molto ridotto, merita ancora una valutazione in tutte le statistiche, e la perdita di efficacia peritoneale, dovuta ai perduranti danni legati alle soluzioni di dialisi, ridotti ma non ancora aboliti: si deve ritenere che rimborsi inadeguati e problemi clinici pesino negativamente sul trend della diffusione della DP.
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De Fiore, Luca. "Il ruolo formativo dell'editoria." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2022): 153–68. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-001009.

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Abstract:
Durante il Novecento, numerose case editrici hanno svolto un ruolo importante per la crescita culturale dell'Italia, una funzione formativa molto simile a quella che ha caratterizzato l'attività di molti editori di paesi come Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti. Quasi sempre l'attività editoriale era legata al contributo di intellettuali che svolgevano un ruolo politico-culturale attraverso l'impegno professionale: narratori, giornalisti, poeti. Questa funzione esplicitamente pedagogica dell'editoria è stata messa in crisi verso la fine del secolo scorso dall'esaurirsi della stagione politicamente più coinvolgente e conflittuale e, allo stesso tempo, dall'emergere di nuovi modelli di gestione che affidavano la conduzione aziendale a dirigenti più attenti ai risultati economici che al prestigio culturale. Con l'inizio del nuovo millennio, l'editoria italiana e internazionale ha iniziato a essere dominata da multinazionali proprietarie dei marchi storici dell'editoria e spesso gestite in maniera impersonale. L'editoria scientifica è forse quella che meglio ha saputo adattarsi alla gestione manageriale e, forse non a caso, è la più attraversata dal cambiamento: una delle questioni più discusse riguarda la qualità dei contenuti e gli strumenti per la sua valutazione precedente (peer review) e successiva alla pubblicazione (gli indici bibliometrici hanno assunto un potere determinante per la progressione delle carriere dei professionisti sanitari). Anche i modelli di accesso alle riviste sono molto cambiati, nonostante l'open access in grande ascesa rischi di discriminare i ricercatori delle nazioni a basso reddito. In un contesto culturale, sociale e politico molto cambiato rispetto al secolo scorso, anche l'attività, le scelte e le decisioni delle case editrici meno esposte o schierate politicamente possono avere un valore culturale non trascurabile contribuendo così a formare punti di vista sul mondo. E non è detto che - proprio grazie al lavoro degli editori - queste prospettive sul futuro non possano tornare a ispirarsi ai valori che hanno orientato la cultura del Novecento.
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Wróbel, Sławomir, and Barbara Robak. "Charakterystyka nowych odmian ziemniaka pod względem możliwości przerywania spoczynku bulw." Biuletyn Instytutu Hodowli i Aklimatyzacji Roślin, no. 272 (June 30, 2014): 93–101. http://dx.doi.org/10.37317/biul-2014-0034.

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Abstract:
W badaniach oceniano możliwość przerwania spoczynku bulw nowych odmian ziemniaka bezpośrednio po zbiorze na potrzeby próby oczkowej. Znajomość tej cechy odmianowej w istotny sposób usprawnia wykonywanie prób oczkowych we wczesnych terminach — tuż po zbiorach. Przebadano 23 odmiany (Bogatka, Boryna, Danuta, Etiuda, Eurostar, Gwiazda, Hermes, Honorata, Hubal, Ignacy, Igor, Innovator, Jubilat, Jurata, Jurek, Kaszub, Lavinia, Malaga, Mondeo, Oberon, Riviera, Sylvana, VR 808). Bulwy do badań pobierano z poletek zgodnie z urzędowymi terminami pobierania prób do badań weryfikacyjnych. Do przerywania spoczynku wykorzystano metodę polegającą na 15 minutowym moczeniu wycinków bulw w wodnym roztworze gibereliny, tiomocznika, Biseptolu 480 (sulfamethoxazolum, trimethoprimum) i daminozydu (B-Nine 85 SP). Większość badanych odmian miała relatywnie łatwy do przerwania spoczynek. U odmian Boryna, Hermes i Sylvana był on nieco trudniejszy pod tym względem w niektórych latach, dlatego korzystne jest przesunięcie zabiegu przynajmniej o 2–3 tygodnie po zbiorze. Do odmian, których spoczynek przerwać trudno, należą Hubal i Etiuda. Dla nich procedurę należy rozpoczynać znacznie później — nie wcześniej niż po 5 tygodniach od pobrania próby z pola. Zbyt wczesne przerywanie spoczynku tych odmian powodowało kiełkowanie jedynie około 36–64% wycinków bulw. Nie stwierdzono korelacji pomiędzy długością okresu spoczynku poszczególnych odmian a trudnością jego przerywania, jednak analizując poszczególne grupy wczesności, zaobserwowano znaczną ujemną współzależność (r = -0,66) w grupie odmian średnio wczesnych, co wskazuje, że dłuższy spoczynek u tych odmian jest relatywnie łatwiejszy do przerwania.
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CORREIA, Jonilson Costa. "Os egressos do curso de hotelaria: formação e mercado de trabalho." INTERRITÓRIOS 5, no. 9 (December 9, 2019): 359. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v5i9.243604.

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RESUMOEste estudo apresenta resultados da tese de doutorado em educação e teve como objetivo analisar as percepções dos egressos do Curso de Hotelaria da Universidade Federal do Maranhão sobre sua formação e o mercado de trabalho. O instrumento de coleta foi a entrevista semiestruturada. A análise dos dados foi feita a partir das narrativas dos pesquisados. Para a seleção dos sujeitos investigados utilizou-se os seguintes critérios: os egressos que atuam em diversos setores da hotelaria: meios de hospedagem, hotelaria hospitalar, restaurantes, no ensino de hotelaria e turismo, em enologia e gestão de empreendimento hoteleiro. Ao longo da análise das narrativas percebemos fragilidades, contradições e principalmente lacunas que precisam ser preenchidas, espaços que necessitam ser revisitados pelos professores, pelos alunos de hotelaria da UFMA, pois somente assim, pode haver um diálogo permanente entre academia e mercado de trabalho.Educação. Mercado de Trabalho. Hotelaria. Maranhão. UFMA. The graduates of the Hotel Course: formation and labor market ABSTRACT This study presents the results of the doctoral thesis in education and aimed to analyze the perceptions of graduates of the Hospitality Course of the Federal University of Maranhão about their education and the labor market. The collection instrument was the semi-structured interview. Data analysis was made from the narratives of the respondents. For the selection of the investigated subjects, the following criteria were used: the graduates who work in various hotel sectors: lodging facilities, hospital hotels, restaurants, in the teaching of hotels and tourism, in oenology and hotel management. Throughout the analysis of the narratives we noticed weaknesses, contradictions and especially gaps that need to be filled, spaces that need to be revisited by teachers, by hotel students at UFMA, because only then can there be a permanent dialogue between academia and the job market.Education. Labor market. Hospitality. Maranhão. UFMA. Direzione Alberghiera: formazione e mercato del lavoro in Brasile RIASSUNTO Questo studio mostra i risultati del test di istruzione e l'obiettivo di analizzare due percezioni del corso di Direzione Alberghiera de la Universitá Federale di Maranhao, Brasile, sul mercato della formazione e del lavoro. O strumento de investigazione fu interviste semi-strutturata. Per una selezione de soggetti, sono stati utilizzati i seguenti criteri: il numero di settori dell'ospitalità: ospitalità, ospitalità, ristoranti, turismo, enologia e gestione dell'imprenditoria alberghiera. Sonno state percepitte fragilità, contraddizioni e soprattutto lacune che devono essere risolte, spazi che devono essere rivisti da insegnanti professionisti per permetere un dialogo permanente tra mondo il accademico e mercato del lavoro. Istruzione. Mercato del Lavoro Ospitalità. Universita Federale do Maranhao. Los egresados del Curso Hotelero: formación y mercado laboral RESUMEN Este estudio presenta los resultados de la tesis doctoral en educación y tiene como objetivo analizar las percepciones de los graduados del Curso de Hospitalidad de la Universidad Federal de Maranhão sobre su educación y el mercado laboral. El instrumento de recolección fue la entrevista semiestructurada. El análisis de los datos se realizó a partir de las narraciones de los encuestados. Para la selección de los sujetos investigados, se utilizaron los siguientes criterios: los graduados que trabajan en diversos sectores hoteleros: instalaciones de alojamiento, hoteles hospitalarios, restaurantes, en la enseñanza de hoteles y turismo, enología y gestión hotelera. A lo largo del análisis de las narrativas, notamos debilidades, contradicciones y especialmente brechas que deben llenarse, espacios que deben ser revisados por los maestros, por los estudiantes del hotel en la UFMA, porque solo entonces puede haber un diálogo permanente entre la academia y el mercado laboral. Educación. Mercado de trabajo. Hospitalidad. Maranhão. UFMA.
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Conley, Tom, Emanuele Lugli, P. D. A. Harvey, Sandra Sáenz-López Pérez, Sandra Sáenz-López Pérez, P. D. A. Harvey, David McKitterick, et al. "De Ptolémée à la Guillotière (XVe–XVIe siècle): Des cartes pour la France pourquoi, comment? By Monique Pelletier. City and Cosmos: The Medieval World in Urban Form. By Keith D. Lilley. The Maps of Matthew Paris: Medieval Journeys through Space, Time and Liturgy. By Daniel K. Connolly. Cartografía Medieval: El Enigma del Mapamundi de 1375. By Álvaro Fernández García. La carta de Gabriel de Vallseca de 1439: Estudi i edicio. By Ramon J. Pujades i Bataller. King Henry's Map of the British Isles: BL Cotton MS Augustus I i 9. Commentary by Peter Barber. Covens & Mortier: A Map Publishing House in Amsterdam 1685–1866. By Marco van Egmond. El geógrafo Juan López (1765–1825) y el comercio de mapas en España. By Agustín Hernando. The Atlas of Scotland Containing Maps of Each County. By John Thomson. Geographia antiqua: rivista di geografia storica del mondo antico e di storia della geografia. The Fourth Part of the World: The Race to the Ends of the Earth and the Epic Story of the Map that Gave America Its Name. By Toby Lester. Painter in a Savage Land: The Strange Saga of the First European Artist in North America. By Miles Harvey. Cartographic Encounters: Indigenous Peoples and the Exploration of the New World. By John Rennie Short. Mapping New Jersey: An Evolving Landscape. By Maxine N. Lurie and Peter O. Wacker. Eastern Astrolabes. By David Pingree. Census of Portolan Charts and Atlases, as Reported and Listed by the Noted Scholars of the Genre in Their Works Ranging from 1897 to 2008. By Richard Pflederer. The Map as Art: Contemporary Artists Explore Cartography. By Katharine Harmon, with essays by Gayle Clemans. Formatting Europe: Mapping a Continent. Guest editors W. Bracke, J. L. Renteux, and W. Bodenstein." Imago Mundi 62, no. 2 (June 18, 2010): 250–63. http://dx.doi.org/10.1080/03085691003747316.

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González Fernández, Rafael, and Miguel Pablo Sancho Gómez. "La institución del domicilium (en Derecho romano) y su expresión en la epigrafía latina." Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 11 (June 22, 2022): 296–310. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.13.

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La institución romana del domicilium convierte al sujeto en residente. Suele designar el lugar de residencia prolongada del incola o habitante que ha emigrado a una comunidad, por contraposición al municeps; por lo tanto, es un vínculo jurídico entre la ciudad y la persona que ha emigrado a ella. Frente a la expresión de la origo en los textos epigráficos, que es muy abundante, la manifestación del domicilo solo se hace de forma excepcional, en atención al escaso número de referencias conservadas, y su enunciación es muy similar a la que marca el origen. Palabras clave: domicilium, origo, ciudadano, epigrafía, latina.Topónimos: Imperio Romano.Periodo: Principado (27 a. C. – 284 d. C.) ABSTRACTThe Roman institution of the domicilium turns the subject into a resident. It usually designates the place of prolonged residence of the incola or inhabitant who has emigrated to a community, as opposed to the municeps. Therefore, it is a legal link between the city and the person who emigrates there. As opposed to the expression of the origo in epigraphic texts, which is very common, the manifestation of the domicile occurs only exceptionally, in view of the scant number of surviving references, and its enunciation is very similar to that which indicates provenance. Keywords: domicilium, origo, citizen, epigraphy, Latin.Place names: Roman EmpirePeriod: Principate (27 BC - 284 AD) REFERENCIASAncelle, A. (1875), Du Domicile, Paris, these pour le doctorat, Faculte de droit de Paris.Andreu, J., (2008), “Sentimiento y orgullo cívico en Hispania: en torno a las menciones de origo en la Hispania Citerior”, Gerión, 26(1), pp. 349-378.Ayiter, K. (1962),“Einige Bemerkungen zum Domicilium des Filius Familias im römischen Recht“, en Studi in onore di Emilio Betti, vol. II, Milano, pp. 71-84.Baccari, M. P. (1996), Cittadini, popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino, G. 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La Rosa, Giuliana. "Variazioni e creatività nelle auto-traduzioni ungarettiane." Lingua Frankly 2 (August 19, 2014). http://dx.doi.org/10.6017/lf.v2i1.5388.

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« Pourquoi traduit-on alors, me demanderez-vous? Pourquoi est-ce que moi-même je traduis? Simplement pour faire une œuvre originale de poésie. » Giuseppe Ungaretti (1888-1970) è un poeta italiano di respiro internazionale, il quale vanta moltissime collaborazioni con riviste di tutto il mondo, nonché numerose traduzioni di svariati autori europei. Il mio saggio indagherà le modalità di traduzione utilizzate da Ungaretti, volte ad una totale reinterpretazione del testo originale e ad una riscrittura dello stesso come un’opera originale di poesia. Nel saggio verrà altresì analizzato l’inedito ruolo di Ungaretti come scrittore, mediatore, nonché reclutatore di talenti per la rivista parigina Commerce, e verrà analizzato un componimento in particolare, frutto di questa esperienza, intitolato “L’isola” (L’île) e pubblicato per la prima volta in italiano con traduzione francese a fronte proprio su Commerce. Utilizzerò questo testo come esempio per dimostrare come Ungaretti consideri la traduzione non come calco più o meno fedele all’originale, bensì come una vera e propria riscrittura dell’opera di partenza. Questo testo assume particolare rilievo proprio perché un’auto-traduzione, e mette in evidenza il processo traduttivo ungarettiano.
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Cortado, Thomas Jacques. "Maison." Anthropen, 2020. http://dx.doi.org/10.17184/eac.anthropen.131.

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Le champ sémantique de la maison imprègne nos perceptions individuelles et collectives du monde comme peu d’autres. Il suffit de songer à la distinction très marquée entre house et home en anglais, si difficile à retranscrire dans nos langues latines, ou encore aux usages politiques de l’expression « chez nous » en français. Ce champ renvoie à des lieux souvent riches d’affects, de mémoires et de désirs, qui nous définissent en propre et orientent nos perceptions du temps et de l’espace. Ils font d’ailleurs la matière des poètes, peintres et autres artistes. À cet égard, lorsque nous perdons notre maison, nous ne nous retrouvons pas seulement privés d’un bien utile et échangeable, d’un « logement », nous voyons aussi s’effacer une partie de nous-mêmes et le centre à partir duquel s’organise notre existence quotidienne. En dépit de sa densité, les anthropologues ont d’abord rabattu le thème de la maison sur ceux de la famille et de la culture matérielle. Pour Lewis H. Morgan, la forme de l’espace domestique ne fait qu’épouser un certain type d’organisation familiale; elle en est, pour ainsi dire, le révélateur (1877). À la « hutte » des « sauvages » correspond donc la famille consanguine, qui autorise le mariage entre cousins, alors qu’à la « maison commune » des « barbares » correspond la famille patriarcale, autoritaire et polygame. Les « maisons unifamiliales » de l’Occident contemporain renvoient à la famille nucléaire, fondement de la « civilisation ». Quant aux anthropologues davantage intéressés par l’architecture et les artefacts domestiques, leurs analyses consistent souvent à expliquer leur genèse en accord avec une vision évolutionniste du progrès technique ou par des facteurs géographiques. On aurait pu s’attendre à ce que l’invention de l’ethnographie par Bronislaw Malinowski ouvre de nouvelles perspectives. Avec elle, c’est en effet un certain rapport à la maison qui se met à définir le métier d’anthropologue, celui-là même qu’exemplifie la célèbre représentation de ce dernier sous sa tente, immortalisée dans la première planche photographique des Argonautes du Pacifique occidental. Pour autant, la maison reste un objet secondaire par rapport à l’organisation de la vie familiale, le vrai principe de la société. Elle est avant tout le lieu où le couple choisit de résider après le mariage et ce choix se plie à certaines « règles », dont on peut assez facilement faire l’inventaire, grâce aux liens de filiation entre les membres du couple et les autres résidents (Murdock 1949). On parlera, par exemple, de résidence « matrilocale » quand le couple emménage chez les parents de l’épouse, « patrilocale » dans le cas inverse. Quant aux sociétés occidentales, où le couple forme habituellement un nouveau ménage, on parlera de résidence « néolocale ». La critique de ces règles permet, dans les années 1950 et 1960, d’étendre la réflexion sur la maison. Face aux difficultés concrètes que pose leur identification, Ward Goodenough suggère d’abandonner les taxinomies qui « n’existent que dans la tête des anthropologues » et de « déterminer quels sont, de fait, les choix résidentiels que les membres de la société étudiée peuvent faire au sein de leur milieu socioculturel particulier » (1956 : 29). Autrement dit, plutôt que de partir d’un inventaire théorique, il faut commencer par l’étude des catégories natives impliquées dans les choix résidentiels. La seconde critique est de Meyer Fortes, qui formule le concept de « groupe domestique », « unité qui contrôle et assure l’entretien de la maison (householding and housekeeping unit), organisée de façon à offrir à ses membres les ressources matérielles et culturelles nécessaires à leur conservation et à leur éducation » (1962 : 8). Le groupe domestique, à l’instar des organismes vivants, connaît un « cycle de développement ». En Europe du sud, par exemple, les enfants quittent le domicile parental lorsqu’ils se marient, mais y reviennent en cas de rupture conjugale ou de chômage prolongé ; âgés, les parents souvent cherchent à habiter près de leurs enfants. En conséquence, « les modèles de résidence sont la cristallisation, à un moment donné, d’un processus de développement » (Fortes 1962 : 5), et non l’application statique de règles abstraites. La maison n’est donc pas seulement le lieu où réside la famille, elle est nécessaire à l’accomplissement de tâches indispensables à la reproduction physique et morale des individus, telles que manger, dormir ou assurer l’éducation des nouvelles générations (Bender 1967). Cette conception du groupe domestique rejoint celle qu’avait formulée Frédéric Le Play un siècle auparavant : pour l’ingénieur français, il fallait placer la maison au centre de l’organisation familiale, par la défense de l’autorité paternelle et la transmission de la propriété à un héritier unique, de façon à garantir la stabilité de l’ordre social (1864). Elle exerce de fait une influence considérable sur les historiens de la famille, en particulier ceux du Cambridge Group for the History of Population and Social Structure, dirigé par Peter Laslett (1972), et sur les anthropologues (Netting, Wilk & Arnould 1984), notamment les marxistes (Sahlins 1976). En Amérique latine, de nombreuses enquêtes menées dans les années 1960 et 1970 mettent en évidence l’importance des réseaux d’entraide, attirant ainsi l’attention sur le rôle essentiel du voisinage (Lewis 1959, Lomnitz 1975). La recherche féministe explore quant à elle le caractère genré de la répartition des tâches au sein du groupe domestique, que recoupe souvent la distinction entre le public et le privé : à la « maîtresse de maison » en charge des tâches ménagères s’oppose le « chef de famille » qui apporte le pain quotidien (Yanagisako 1979). Un tel découpage contribue à invisibiliser le travail féminin (di Leonardo 1987). On remarquera néanmoins que la théorie du groupe domestique pense la maison à partir de fonctions établies par avance : ce sont elles qui orientent l’intérêt des anthropologues, plus que la maison en elle-même. C’est à Claude Lévi-Strauss que l’on doit la tentative la plus systématique de penser la maison comme un principe producteur de la société (1984 ; 2004). Celui-ci prend pour point de départ l’organisation sociale de l’aristocratie kwakiutl (Amérique du Nord), telle qu’elle avait été étudiée par Franz Boas : parce qu’elle présentait des traits à la fois matrilinéaires et patrilinéaires, parce qu’elle ne respectait pas toujours le principe d’exogamie, celle-ci défiait les théories classiques de la parenté. Lévi-Strauss propose de résoudre le problème en substituant le groupe d’unifiliation, tenu pour être au fondement des sociétés dites traditionnelles, par celui de « maison », au sens où l’on parlait de « maison noble » au Moyen Âge. La maison désigne ainsi une « personne morale détentrice d’un domaine, qui se perpétue par transmission de son nom, de sa fortune et de ses titres en ligne réelle ou fictive » (Lévi-Strauss 1984 : 190). Plus que les règles de parenté, ce sont les « rapports de pouvoir » entre ces « personnes morales » qui déterminent les formes du mariage et de la filiation : celles-ci peuvent donc varier en accord avec les équilibres politiques. Lévi-Strauss va ensuite généraliser son analyse à un vaste ensemble de sociétés apparemment cognatiques, qu’il baptise « sociétés à maison ». Celles-ci se situeraient dans une phase intermédiaire de l’évolution historique, « dans un état de la structure où les intérêts politiques et économiques tend[ent] à envahir le champ social » (Lévi-Strauss 1984 : 190). Très discuté par les spécialistes des sociétés concernées, ce modèle a eu la grande vertu de libérer l’imagination des anthropologues. Critiquant son évolutionnisme sous-jacent, Janet Carsten et Stephen Hugh-Jones (1995) proposent toutefois d’approfondir la démarche de Lévi-Strauss, en considérant la maison comme un véritable « fait social total ». L’architecture, par exemple, ne relève pas que d’une anthropologie des techniques : celle de la maison kabyle, analysée par Pierre Bourdieu, met en évidence un « microcosme organisé selon les mêmes oppositions et mêmes homologies qui ordonnent tout l’univers » (1972 : 71), un parallélisme que l’on retrouve dans de nombreux autres contextes socioculturels (Hamberger 2010). Fondamentalement, la maison relève d’une anthropologie du corps. Dans son enquête sur la parenté en Malaisie, Carsten souligne le rôle joué par la cuisine ou le foyer, en permettant la circulation des substances qui assurent la production et la reproduction des corps (alimentation, lait maternel, sang) et leur mise en relation, ce que Carsten appelle la « relationalité » (relatedness) (1995). Fait dynamique plutôt que statique, la maison nous met directement au contact des processus qui forment et reforment nos relations et notre personne : son étude permet donc de dépasser la critique culturaliste des travaux sur la parenté; elle nous montre la parenté en train de se faire. Il convient aussi de ne pas réduire la maison à ses murs : celle-ci le plus souvent existe au sein d’un réseau. Les enquêtes menées par Émile Lebris et ses collègues sur l’organisation de l’espace dans les villes d’Afrique francophone proposent ainsi le concept de « système résidentiel » pour désigner « un ensemble articulé de lieux de résidences (unités d’habitation) des membres d’une famille étendue ou élargie » (Le Bris 1985 : 25). Ils distinguent notamment entre les systèmes « centripètes », « de concentration en un même lieu d’un segment de lignage, d’une famille élargie ou composée » et les systèmes « centrifuges », de « segmentation d’un groupe familial dont les fragments s’installent en plusieurs unités résidentielles plus ou moins proches les unes des autres, mais qui tissent entre elles des liens étroits » (Le Bris 1985 : 25). Examinant les projets et réseaux que mobilise la construction d’une maison dans les quartiers noirs de la Bahia au Brésil, les circulations quotidiennes de personnes et d’objets entre unités domestiques ainsi que les rituels et fêtes de famille, Louis Marcelin en déduit lui aussi que la maison « n’est pas une entité isolée, repliée sur elle-même. La maison n’existe que dans le contexte d’un réseau d’unités domestiques. Elle est pensée et vécue en interrelation avec d’autres maisons qui participent à sa construction – au sens symbolique et concret. Elle fait partie d’une configuration » (Marcelin 1999 : 37). À la différence de Lebris, toutefois, Marcelin part des expériences individuelles et des catégories socioculturelles propres à la société étudiée : une « maison », c’est avant tout ce que les personnes identifient comme tel, et qui ne correspond pas nécessairement à l’image idéale que l’on se fait de cette dernière en Occident. « La configuration de maisons rend compte d’un espace aux frontières paradoxalement floues (pour l'observateur) et nettes (pour les agents) dans lequel se déroule un processus perpétuel de création et de recréation de liens (réseaux) de coopération et d'échange entre des entités autonomes (les maisons) » (Marcelin 1996 : 133). La découverte de ces configurations a ouvert un champ de recherche actuellement des plus dynamiques, « la nouvelle anthropologie de la maison » (Cortado à paraître). Cette « nouvelle anthropologie » montre notamment que les configurations de maisons ne sont pas l’apanage des pauvres, puisqu’elles organisent aussi le quotidien des élites, que ce soit dans les quartiers bourgeois de Porto au Portugal (Pina-Cabral 2014) ou ceux de Santiago au Chili (Araos 2016) – elles ne sont donc pas réductibles à de simples « stratégies de survie ». Quoiqu’elles se construisent souvent à l’échelle d’une parcelle ou d’un quartier (Cortado 2019), ces configurations peuvent très bien se déployer à un niveau transnational, comme c’est le cas au sein de la diaspora haïtienne (Handerson à paraître) ou parmi les noirs marrons qui habitent à la frontière entre la Guyane et le Suriname (Léobal 2019). Ces configurations prennent toutefois des formes très différentes, en accord avec les règles de filiation, bien sûr (Pina-Cabral 2014), mais aussi les pratiques religieuses (Dalmaso 2018), le droit à la propriété (Márquez 2014) ou l’organisation politique locale – la fidélité au chef, par exemple, est au fondement de ce que David Webster appelle les « vicinalités » (vicinality), ces regroupements de maisons qu’il a pu observer chez les Chopes au sud du Mozambique (Webster 2009). Des configurations surgissent même en l’absence de liens familiaux, sur la base de l’entraide locale, par exemple (Motta 2013). Enfin, il convient de souligner que de telles configurations ne sont pas, loin de là, harmonieuses, mais qu’elles sont généralement traversées de conflits plus ou moins ouverts. Dans la Bahia, les configurations de maisons, dit Marcelin, mettent en jeu une « structure de tension entre hiérarchie et autonomie, entre collectivisme et individualisme » (Marcelin 1999 : 38). En tant que « fait social total », dynamique et relationnel, l’anthropologie de la maison ne saurait pourtant se restreindre à celle de l’organisation familiale. L’étude des matérialités domestiques (architecture, mobilier, décoration) nous permet par exemple d’accéder aux dimensions esthétiques, narratives et politiques de grands processus historiques, que ce soit la formation de la classe moyenne en Occident (Miller 2001) ou la consolidation des bidonvilles dans le Sud global (Cavalcanti 2012). Elle nous invite à penser différents degrés de la maison, de la tente dans les camps de réfugiés ou de travailleurs immigrés à la maison en dur (Abourahme 2014, Guedes 2017), en passant par la maison mobile (Leivestad 2018) : pas tout à fait des maisons, ces formes d’habitat n’en continuent pas moins de se définir par rapport à une certaine « idée de la maison » (Douglas 1991). La maison relève aussi d’une anthropologie de la politique. En effet, la maison est une construction idéologique, l’objet de discours politiquement orientés qui visent, par exemple, à assoir l’autorité du père sur la famille (Sabbean 1990) ou à « moraliser » les classes laborieuses (Rabinow 1995). Elle est également la cible et le socle des nombreuses technologiques politiques qui organisent notre quotidien : la « gouvernementalisation » des sociétés contemporaines se confond en partie avec la pénétration du foyer par les appareils de pouvoir (Foucault 2004); la « pacification » des populations indigènes passe bien souvent par leur sédentarisation (Comaroff & Comaroff 1992). Enfin, la maison relève d’une anthropologie de l’économie. La production domestique constitue bien sûr un objet de première importance, qui bénéficie aujourd’hui d’un regain d’intérêt. Florence Weber et Sybille Gollac parlent ainsi de « maisonnée » pour désigner les collectifs de travail domestique fondés sur l’attachement à une maison – par exemple, un groupe de frères et sœurs qui s’occupent ensemble d’un parent âgé ou qui œuvrent à la préservation de la maison familiale (Weber 2002, Gollac 2003). Dans la tradition du substantialisme, d’autres anthropologues partent aujourd’hui de la maison pour analyser notre rapport concret à l’économie, la circulation des flux monétaires, par exemple, et ainsi critiquer les représentations dominantes, notamment celles qui conçoivent l’économie comme un champ autonome et séparé (Gudeman et Riviera 1990; Motta 2013) – il ne faut pas oublier que le grec oikonomia désignait à l’origine le bon gouvernement de la maison, une conception qui aujourd’hui encore organise les pratiques quotidiennes (De l’Estoile 2014). Cycles de vie, organisation du travail domestique, formes de domination, identités de genre, solidarités locales, rituels et cosmovisions, techniques et production du corps, circulation des objets et des personnes, droits de propriété, appropriations de l’espace, perceptions du temps, idéologies, technologies politiques, flux monétaires… Le thème de la maison s’avère d’une formidable richesse empirique et théorique, et par-là même une porte d’entrée privilégiée à de nombreuses questions qui préoccupent l’anthropologie contemporaine.
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