Journal articles on the topic 'Risposta al trattamento'

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Stefani, Maria, Grazia Maria Cerbo, Sandra Mallone, and Domenico Di Lallo. "Description of psychiatric outpatient services in the Lazio region in the years 1989-1992." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 5, no. 1 (April 1996): 38–45. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00003924.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo - Scopo dello studio è quello di descrivere nel tempo l'attività delle strutture ambulatoriali psichiatriche del Lazio. Disegno - Studio descrittivo. Setting - Sono stati analizzati 21 Dipartimenti di Salute Mentale del Lazio nel periodo 1989-92. La fonte dei dati è rappresentata da una scheda riassuntiva mensile dell'attivita dell'ambulatorio. Principali misure utilizzate - Distribuzione di frequenze e tassi di prevalenza ed incidenza. Risultati - La prevalenza e l'incidenza dell'utenza in trattamento aumentano nel periodo considerate Il tasso di prevalenza annuale (per 100.000 residenti) era pari a 900 nel 1989 e 1020 nel 1992, con un incremento del 13% . Il tasso di incidenza annuale è aumentato da 517 nel 1989 a 564 nel 1992, quello di prevalenza di punto da 410 nel 1989 a 540 nel 1992. Il tipo di risposta più frequente data dal servizio è quella di accoglimento e colloquio che rappresenta negli ultimi tre anni circa il 55% del totale delle risposte. Sul totale degli utenti in carico nell'anno, circa il 25% concludono il trattamento; di questi circa il 75% interrompe il trattamento per abbandono. Nel 1992, il 28% dei soggetti conclude il trattamento con diagnosi di psicosi, il 69 % con quella di nevrosi ed il 3% con diagnosi di ritardo mentale (oligofrenia); rimane ancora elevata la quota di trattamenti conclusi con diagnosi sconosciuta. Conclusioni - L'aumento osservato dei tassi di incidenza e prevalenza puo essere determinato da numerosi fattori come l'aumento della domanda espressa, la maggiore efficienza dei servizi, e la migliore sensibilita di notifica del Sistema Informativo. Il fenomeno dei trattamenti interrotti necessita di essere ulteriormente approfondito valutando l'interazione esistente tra modalita terapeutiche e caratteristiche individuali dell'utenza.
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Marletta, F. "La neuroradiologia interventistica spinale e … Il punto di vista del Radioterapista." Rivista di Neuroradiologia 15, no. 4 (August 2002): 473–76. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500417.

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Abstract:
L'insorgenza di metastasi ossee è un evento frequente nella storia naturale di quasi tutte le neoplasie maligne e spesso incide molto sulla qualità di vita del paziente determinando algie e fratture patologiche invalidanti. L'interessamento della colonna vertebrale può determinare la comparsa di una sindrome da compressione midollare con gravi sequele neurologiche. La radioterapia riveste un ruolo di fondamentale importanza nel controllo della sintomatologia dolorosa, nella prevenzione e terapia delle fratture patologiche e nei casi di compressione midollare. La radioterapia transcutanea ottiene percentuali di risposte sulla sintomatologia dolorosa superiori al 75% anche quando viene ridotta la durata del trattamento per l'utilizzo di frazionamenti non convenzionali della dose (ipofrazionamenti o erogazione di una singola dose elevata eventualmente ripetibile alla ripresa della sintomatologia). La risposta sulla ricalcificazione delle lesione osteolitiche si verifica solo nel 25% circa delle lesioni irradiate e comunque con tempi di comparsa piuttosto lunghi (nel 70% dei casi si evidenzia radiologicamente 6 mesi dopo la radioterapia). Per tale motivo l'utilizzo di tecniche micro-invasive, quale la vertebroplastica percutanea, in grado di ottenere un effetto antalgico ed un rapido consolidamento delle vertebra, utilizzata in quei pazienti che non necessitano di una chirurgia decompressiva, può, in associazione alla radioterapia, certamente migliorare la risposta, sia in termini di controllo della sintomatologia antalgica che di stabilizzazione vertebrale. I risultati della radioterapia in caso di compressione midollare sono molto variabili e dipendono dalla gravità del deficit neurologico alla diagnosi, dalla tempestività del trattamento e dalla radiosensibilità della neoplasia. Se al trattamento chirurgico (laminectomia) si associa la radioterapia post-operatoria le percentuali di miglioramento della sintomatologia neurologica raggiungono il 60% mentre si ottengono risposte del 35% con la sola chirurgia decompressiva.
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Schiaffino, Olga Sofia. "L'esperienza dell'utilizzo di medicine non convenzionali nel trattamento di utenti del Ser.T. evidenze cliniche e considerazioni." S & P SALUTE E PREVENZIONE, no. 54 (April 2010): 51–62. http://dx.doi.org/10.3280/sap2009-054004.

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Abstract:
Il crescente interesse per la medicina non convenzionale ha sensibilizzato gli operatori di un Sert a proporre i trattamenti omeopatici, omotossicologici e di omeomesoterapia (iniezione su agopunti di farmaci omeopatici) ottenendo risultati di efficacia e assenza di effetti collaterali; inoltre l'integrazione di un trattamento non convenzionale con farmaci allopatici e/o sostitutivi ha evidenziato sempre una riduzione di effetti collaterali e una diminuzione dei dosaggi dei farmaci per ottenere la risposta desiderata. Questi trattamenti devono sempre essere proposti e seguiti da Medici altamente competenti e aggiornati non solo a riguardo della propria specializzazione, ma a "tutto campo", come richiede la pratica omeopatica, dato che il soggetto dell'interesse medico č l'uomo malato e non la malattia.
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Orlandi, Elena, and Luigi Cavanna. "Lunga sopravvivenza in paziente con carcinoma mammario oligometastatico all’encefalo, trattata con lapatinib." AboutOpen 3, no. 1 (December 29, 2017): 117–19. http://dx.doi.org/10.19156/abtpn.2017.0027.

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Abstract:
Paziente con diagnosi di carcinoma mammario operata nel 2011, ricaduta come oligometastatica dopo 2 anni (due lesioni cerebrali). La paziente è stata sottoposta prima a radioterapia gamma-knife e successivamente a trattamento di I linea con lapatinib in associazione a capecitabina. La buona risposta al trattamento ha consentito alla paziente di essere successivamente operata di metastasectomia sia in sede frontale sinistra che in sede talamica destra (Oncology).
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Dell'Amico, Shady. "Il male in Dio. Il processo di individuazione del divino nella Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung Doi: 10.3280/jun1-2021oa10483 Il male in Dio. Il processo di individuazione del divino nella Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung." STUDI JUNGHIANI, no. 53 (July 2021): 75–92. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2021oa10483.

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Abstract:
Nel presente articolo mi propongo di studiare la Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung. Com'è noto, il padre della psicologia analitica concepiva l'immaginario religioso come espressione delle dinamiche psicologiche di un uomo in continua evoluzione. La lettura qui adottata, in linea con questa posizione, vede nella Risposta a Giobbe la rappresentazione della divinità come soggetta a un processo di individuazione analogo a quello che il paziente compie durante il trattamento analitico.
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Mulas, Carlo. "Sopravvivenza a lungo termine in paziente trattata con lapatinib e capecitabina." AboutOpen 3, no. 1 (December 29, 2017): 108–11. http://dx.doi.org/10.19156/abtpn.2017.0025.

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Abstract:
Si riporta il caso di donna affetta da carcinoma della mammella metastatico, in trattamento con lapatinib e capecitabina, che presenta una lunga sopravvivenza libera da progressione. La malattia si caratterizza per l’estrema aggressività con la comparsa di recidiva dopo appena un anno dalla fine del trattamento adiuvante standard: la progressione infatti avviene in maniera improvvisa e diffusa dopo circa 13 mesi dal termine della terapia di I linea con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel, con interessamento di diversi organi splancnici e dell’encefalo. La II linea di trattamento consiste nella combinazione di lapatinib + capecitabina iniziati dopo terapia radiante encefalica e si contraddistingue per l’estrema tollerabilità e per la risposta viscerale che perdura a tutt’oggi dopo 14 mesi di trattamento (Oncology).
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Carpiniello, Bernardo. "La risposta subottimale al trattamento antidepressivo: definizione e implicazioni cliniche." Quaderni Italiani di Psichiatria 30, no. 2 (September 2011): 58–64. http://dx.doi.org/10.1016/j.quip.2011.06.001.

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Rossi, D., L. Munari, A. Ubbiali, D. Palumbo, M. Fornari, G. Lucarelli, G. Belloni, and M. Porta. "Confronto tra discectomia percutanea lombare secondo Onik, microdiscectomia e trattamento conservativo." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 4 (November 1993): 445–52. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600410.

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Abstract:
Gli autori presentano i risultati di uno studio randomizzato eseguito al fine di valutare le indicazioni e l'efficacia della discectomia percutanea secondo Onik nei confronti della microdiscectomia e del trattamento medico nella cura dell'ernia discale contenuta sintomatica. Sono stati studiati 40 pazienti lombosciatalgici, divisi in due gruppi in base alla sede della protrusione: mediana o laterale. Nel gruppo di soggetti con protrusione discale mediana veniva confrontata la discectomia percutanea con il trattamento medico. Nel gruppo dei pazienti portatori di protrusione laterale l'efficacia della metodica di Onik era messa a confronto con il trattamento microchirurgico. Il controllo è stato effettuato a sei mesi dal trattamento ed è stata valutata sia l'entità della regressione algica che il grado di soddisfazione del paziente. I dati emersi dallo studio permettono le seguenti conclusioni: 1) la discectomia percutanea trova indicazione sia nel trattamento delle protrusioni discali mediane che laterali. 2) La microdiscectomia ha fornito la migliore risposta terapeutica, mentre il trattamento conservativo ha dimostrato essere il meno valido. 3) La tendenza del dolore alla cronicizzazione richiede un trattamento precoce. 4) Il grado di soddisfazione del paziente per le cure ricevute è direttamente proporzionale al grado di invasività del trattamento. 5) La necessità di uno studio finale, di più ampia portata, con due soli bracci di trattamento: terapia medica, completata dalla fisiatria, e discectomia percutanea.
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Benigni, Angela, Domenica Casieri, and Giuseppe Romano. "Lo stato dell'arte riguardo l'utilizzo della realtà virtuale nel trattamento dell'ansia e la presentazione di un nuovo software." QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no. 47 (February 2021): 7–26. http://dx.doi.org/10.3280/qpc47-2020oa11203.

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Abstract:
In questo articolo è presentata una breve rassegna sullo stato dell'arte per quanto riguarda l'efficacia dell'implementazione della realtà virtuale (VR) nel trattamento dei disturbi d'ansia secondo l'approccio cognitivo-comportamentale, con particolare attenzione all'intervento basato sull'esposizione con prevenzione della risposta (ERP).Sono stati passati in rassegna gli studi che hanno utilizzato l'esposizione in VR per il trattamento dei principali disturbi d'ansia (aereofobia, acrofobia, claustrofobia, driving phobia, aracnofobia, disturbo d'ansia sociale, disturbo post-traumatico da stress, disturbo di panico con agorafobia, disturbo d'ansia generalizzato); una sessione in particolare è stata dedicata agli studi che hanno preso in esame il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo.Le ricerche condotte in merito all'utilizzo dell'esposizione in VR suggeriscono che i risultati ottenuti a fi ne trattamento si estendono anche alla vita reale e non ci sono differenze significative rispetto ai risultati ottenuti con l'esposizione in vivo a fi ne trattamento e al follow-up.In conclusione, verrà descritto un software che è in fase di realizzazione, progettato per garantire un'esperienza, quanto più realistica possibile, di esposizione in VR attraverso la personalizzazione e la taratura dei parametri sulla specifi ca problematica del paziente.
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Zonca, Valentina, and Annamaria Cattaneo. "Il ruolo dell'infiammazione nella depressione: dalla patogenesi alla risposta al trattamento." PNEI REVIEW, no. 1 (June 2020): 54–60. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2020-001007.

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Kourelis, K., T. Stergiou, A. Papadas, T. Kourelis, E. Petta, and T. Papadas. "Clinicopathologic idiosyncrasies of nasopharyngeal cancer in a moderate-risk Mediterranean region." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 3 (June 2017): 180–87. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1100.

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Abstract:
Il carcinoma del rinofaringe presenta una notevole eterogeneità per quanto riguarda le caratteristiche epidemiologiche, patogenetiche, cliniche e prognostiche sulla base dell’area geografica considerata. L’incidenza registrata nel Mediterraneo per tale patologia si colloca fra quella delle forme epidemiche e sporadiche registrate rispettivamente nel Sud Est Asiatico e nel Nord America. Il presente studio descrive le caratteristiche di questa patologia per quanto riguarda l’ovest della Grecia. Sono stati analizzati i dati relativi a 70 pazienti affetti da carcinoma del rinofaringe la cui diagnosi è stata posta presso un singolo centro fra il 1994 e il 2014. Il trattamento primario si è basato sulla radioterapia con o senza chemioterapia associata. Sono stati raccolti ai fini dell’analisi statistica i dati demografici, i fattori di rischio, le caratteristiche della neoplasia, la presentazione clinica e l’outcome. Sono state calcolate sia la sopravvivenza globale (OS) che la sopravvivenza specifica per malattia (DSS) a 5 anni. Tutti i fattori potenzialmente predittori di sopravvivenza sono stati testati a un’analisi univariata e multivariata. La variante maggiormente diagnosticata all’analisi istopatologica è stato il tipo 3 secondo la WHO (74,3%) che si è associato in modo significativo con sintomatologia nasale alla presentazione (p = 0,050), linfoadenopatie metastatiche (p = 0,028), stage clinico avanzato (p = 0,009) e risposta completa al trattamento iniziale (p = 0,018). L’analisi univariata ha evidenziato un impatto negativo in termini prognostici per l’età avanzata (OS p = 0,029, DSS p = 0,041), la mancata risposta ai trattamenti (OS & DSS p < 0,001) e la recidiva di malattia (OS p = 0,003, DSS p = 0,001). A un’analisi multivariata la recidiva di malattia ha mantenuto un impatto prognostico negativo (HR 7,442, 95% IC 2,199-25,187, p = 0,001). In conclusione, fra i carcinomi nasofaringei diagnosticati nell’ovest della Grecia, il linfoepitelioma mostra caratteristiche peculiari sotto il profilo clinico, tali per cui la sua inclusione assieme alle neoplasie tipo 2 secondo la WHO nel gruppo di carcinomi rinofaringei “non cheratinizzanti” potrebbe risultare inappropriata. Infine, la recidiva di malattia, indipendentemente dagli altri fattori in gioco, appare essere un evento gravemente avverso.
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Lombardo, Luigi, and Roberta Rossi. "Sessualitŕ e malattia neoplastica: criteri e strumenti per una consulenza sessuologica in oncologia." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 1 (July 2010): 69–90. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2010-001004.

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Abstract:
La sessualitŕ č un aspetto essenziale dell'identitŕ personale ed un importante elemento che contribuisce a determinare la qualitŕ della vita in molti pazienti affetti da malattia oncologica e nei loro partner. Tutti i tumori ed i trattamenti ad essi correlati possono avere delle ripercussioni sulla sessualitŕ e possono provocare effetti sulle diverse fasi della risposta sessuale. Questi possono essere provocati da una compromissione delle funzioni fisiche, da un'alterazione dell'immagine corporea o da distress psicologici che spesso accompagnano la diagnosi ed il trattamento. Molti pazienti con una malattia oncologica possono apprezzare l'opportunitŕ di discutere con gli operatori di loro fiducia aspetti che riguardano la sessualitŕ e l'intimitŕ e conoscere quali sono le ricadute che i trattamenti oncologici possono avere sulla sessualitŕ. Ma i professionisti della salute hanno spesso difficoltŕ nell'accettare che pazienti affetti da una malattia oncologica possano continuare ad essere "sessuati", cosě la sessualitŕ e l'intimitŕ dei pazienti vengono ampiamente medicalizzate. I modelli PLISSIT, ALARM e BETTER offrono utili strumenti per valutare gli aspetti relativi alla sessualitŕ e forniscono la possibilitŕ di un intervento di counselling graduale che permette a medici ed infermieri di occuparsi degli aspetti della sessualitŕ in base al proprio livello di competenza e di attitudine.
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Cappabianca, P., R. Spaziante, S. Cirillo, M. Del Basso De Caro, M. Gangemi, F. Spadetta, and E. de Divitiis. "Xantoastrocitoma pleomorfo." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 4 (August 1994): 651–57. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700413.

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Abstract:
Lo xantoastrocitoma pleomorfo è una variante piuttosto rara e relativamente benigna di glioma intracranico che colpisce per lo più soggetti giovani e che mostra una eclatante disparità tra l'aspetto istologico apparentemente maligno e il comportamento clinico invece benevolo. Dopo la prima descrizione di Kepes et al. nel 1979, 71 casi sono stati riportati nella letteratura principale. Il tumore ha una predilezione per i lobi temporale e parietale ed una localizzazione superficiale con coinvolgimento della corteccia, che rende tecnicamente più facile la sua rimozione radicale; è sempre presente un marcato pleomorfismo cellulare, con la coesistenza di più tipi cellulari, insieme con una risposta positiva alla reazione con l'immunoperossidasi (GFAP) e con l'assenza di necrosi. La diagnosi pre-operatoria è generalmente difficile. L'iter terapeutico ottimale si fonda sul trattamento chirurgico, eventualmente reiterato in caso di recidiva, cui può associarsi il trattamento radiante.
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Marcucci, Federico, Iacopo Belcari, Martina Rossi, Stefano Rossi, and Antonella Ciaramella. "Relazione tra fenomenologia della coscienza ed effetti di un intervento ipnotico: studio preliminare di un programma integrato di self-management per il dolore cronico." IPNOSI, no. 1 (July 2021): 41–54. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2021-001003.

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Abstract:
L'ipnosi è uno stato di coscienza in cui l'aumentata capacità di rispondere alle suggestioni ne modifica la fenomenologia associata al suo stato ordinario. Scarsa è la letteratura che evidenzia una relazione tra lo stato di coscienza e la risposta alle cure. Sono riportati dei risultati preliminari di una indagine della relazione tra la fenomenologia della coscienza, indagata attraverso il Pekala Consciousness In-ventory (PCI) e l'efficacia di un trattamento integrato di self management per il controllo del dolore e dell'ansia che include un programma di autoipnosi.
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Ragazzone, Pasqualina. "L'approccio ericksoniano nel trattamento del DDAI." IPNOSI, no. 2 (May 2012): 39–54. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2011-002003.

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Abstract:
Questo articolo intende evidenziare il complesso meccanismo di strutturazione del disturbo da deficit di attenzione/iperattivitŕ, noto con l'acronimo italiano DDAI, e come fronteggiarlo. Durante la sua esperienza ad un Centro di Neuropsichiatria Infantile l'autrice conosce S., un bambino di nove anni con diagnosi di DDAI. S. sembra non trovare un modo per trattenersi dal reagire in modo impulsivo e aggressivo, č un bambino che tutti allontanano perché scappa, corre, non riesce a stare seduto, č assediato dagli sguardi di dissenso degli insegnanti e dei genitori e dai commenti dei compagni di classe. Non riesce a controllare la rabbia, fino al punto di sentirsi come una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Come aiutare un bambino con queste problematiche? La risposta che l'autrice ha trovato a questo interrogativo viene dalla sua formazione, da ciň che la teoria di Milton Erickson ha insegnato: guardare le risorse del paziente, e non i suoi limiti, utilizzare tutto ciň che il paziente porta, stabilire con lui una buona alleanza terapeutica. In questo articolo vengo- no dapprima analizzate le caratteristiche primarie e secondarie del disturbo, l'eziologia e l'epidemiologia e successivamente vengono presentati i diversi tipi di approccio terapeutico al DDAI. Infine sono riportati la storia clinica del piccolo S. e i colloqui effettuati con lui.
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Rossi, Alessandro, Luca Arduini, Stefano De Cataldo, and Paolo Stratta. "Subjective response to neuroleptic medication: a validation study of the Italian version of the Drug Attitude Inventory (DAI)." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, no. 2 (June 2001): 107–14. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005182.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Verificare se la versione italiana della Drug Attitude Inventory mantiene le proprietà psicometriche del questionario originate attraverso una validazione di costrutto. Setting – Lo studio è stato condotto su 90 pazienti con diagnosi di Disturbo Schizofrenico (n=72) e Disturbo Schizoaffettivo (n=18) ammessi al ricovero volontario per un episodio indice di riesacerbazione psicotica, d'età compresa tra i 18 ed i 50 anni, in trattamento con farmaci antipsicotici tipici e cognitivamente in grado di comprendere e rispondere alle domande del questionario. Disegno – Sono state impiegate analisi fattoriali esplorative con i metodi d'estrazione alfa fattoriale e della massima verosimiglianza; successivamente è stato utilizzato il metodo di Rotazione Varimax. Risultati – I metodi d'estrazione utilizzati trovavano 7 fattori che spiegavano il 62.5% della varianza. I primi 2 fattori possono essere identificati nel costrutto di “risposta soggettiva al trattamento” ed i fattori da 3 a 7 nel costrutto di “atteggiamento nei confronti della terapia”. Conclusioni – Benché lo studio sia preliminare, la traduzione italiana dello strumento sembra mantenere le proprietà psicometriche della versione originale e può essere utilizzata nella pratica clinica per una valida misurazione deH'atteggiamento del paziente nei confronti del trattamento con farmaci antipsicotici.
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Castaldi, Bruno. "Questioni pratiche nel trattamento anticoagulante della fibrillazione atriale nel paziente oncologico." Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (November 30, 2020): 223–25. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-15.

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Abstract:
La fibrillazione atriale si verifica con una frequenza maggiore nei pazienti con neoplasie, in particolare anziani, spesso correlata a comorbidità o complicanze della terapia chirurgica e medica del cancro. Trattare la fibrillazione atriale in pazienti con neoplasie è una sfida, soprattutto in termini di terapia antitrombotica, perché il cancro comporta un aumento del rischio sia di trombosi che di emorragia, e la risposta anticoagulante può essere imprevedibile. Alla terapia con warfarin e con eparina a basso peso molecolare si sono aggiunti, grazie alla provata efficacia e sicurezza, anche gli anticoagulanti orali diretti. Compliance del paziente, interazioni farmacologiche, frequenti cambiamenti della malattia neoplastica, impongono però una sorveglianza continua e un approccio multidisciplinare.
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Frazzitta, G., F. Zappoli, G. Bono, E. Dalla Toffola, G. Carenzio, and R. Rodriguez Y. Baena. "Monitoraggio e riabilitazione nel trattamento percutaneo dell'ernia del disco lombare." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 3 (August 1993): 275–82. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600304.

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Abstract:
Lo sviluppo e la applicazione delle tecniche percutanee per il trattamento dell'ernia del disco lombare hanno contribuito ad ampliare la scelta delle risorse non chirurgiche per la patologia correlata a questa condizione. La codifica delle indicazioni e la standardizzazione delle procedure hanno poi permesso di ottenere risultati univoci e soddisfacenti in termini di efficacia, come risulta dagli studi longitudinali in letteratura. La messa a punto di un protocollo di monitoraggio multidisciplinare, oggetto del presente lavoro, ha tuttavia messo a fuoco alcuni fenomeni (lombalgia postoperatoria e ridotta mobilità del rachide) la cui comprensione puó permettere, con opportuni provvedimenti riabilitativi, di ottimizzare il risultato dell'intervento nei casi non-responders o con insufficente risposta (circa il 20% dei casi trattati, anche in presenza di una soddisfacente evoluzione del quadro radiologico).
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Lazarus, Jeffrey E., and Susan K. Klein. "Trattamento non farmacologico dei tic nella sindrome di Tourette con l'ausilio di un videotape per il trainig autoipnotico." IPNOSI, no. 2 (February 2011): 5–20. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2010-002001.

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Abstract:
questa analisi di casi esamina la possibilitŕ di utilizzare, con i bambini, un metodo standardizzato di apprendimento dell'autoipnosi (AI), per esplorarne l'efficienza e l'efficacia a breve termine nel trattamento dei tic in pazienti con sindrome di Tourette.fra 37 bambini e adolescenti con sindrome di Tourette inviati per un training di AI ne sono stati selezionati 33. Come parte di un protocollo per l'apprendimento dell'AI, tutti visionavano videoregistrazioni di un bambino in training autoipnotico per il controllo dei tic. Il miglioramento del controllo del tic č stato desunto dalla risposta soggettiva del paziente.ad un follow-up medio di 6 settimane, il 79% dei pazienti addestrati in questa tecnica ha sperimentato un risultato clinico a breve termine definito come "controllo". Tra coloro che hanno risposto, il 46% ha raggiunto il controllo sui tic con AI dopo solo 2 sedute e il 96% dopo 3 incontri. Un paziente ha richiesto 4 visite.l'insegnamento dell'AI con l'ausilio di videocassette, migliora un protocollo e riduce probabilmente il tempo di training in questa tecnica. Se l'AI č resa in questo modo piů accessibile, sarŕ un valido aiuto alla gestione multidisciplinare dei disturbi da tic nella sindrome di Tourette.
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Valerio, Laura, Valeria Bottici, Antonio Matrone, Alessia Tacito, Francesca Casella, Cristina Romei, Benedetta Pontillo Contillo, Salvatore Mazzeo, Paolo Vitti, and Rossella Elisei. "Mutazione V804M di RET nel carcinoma midollare della tiroide e risposta al trattamento con vandetanib." L'Endocrinologo 18, no. 5 (August 7, 2017): 246–47. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-017-0341-z.

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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung pu&ograve; far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, cos&igrave; come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung pu&ograve; far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, cos&igrave; come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Bezzi, Roberto, Carla Farinazzo, and Paolo Miragoli. "Capitolo 1: Il Progetto di ricerca: motivazioni e generalità metodologiche." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 11, S6 (December 2002): 4–7. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000186.

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Abstract:
La ricerca “Pattern di trattamento e costi nei Dipartimenti di Salute Mentale della Regione Lombardia”, che per brevità chiameremo HoNOS 2, rientra nei “Programmi Speciali” ex Art. 12 DL 502/92.La ricerca intende contribuire al dibattito su possibili modalità di finanziamento della psichiatria alternative al sistema tariffario per prestazione. Essa approfondisce, in un settore specifico, un problema che riguarda l'intero sistema sanitario e che sembra non avere ancora trovato una risposta definitiva soddisfacente.Nello scorso decennio il Servizio Sanitario Nazionale è passato, attraverso due fasi di generale riordino, governate a livello nazionale dai Decreti Legislativi 502/92 e 229/99, e ha conosciuto varie leggi regionali di riordino. Siamo solo all'inizio del nuovo decennio e già si preannunciano ulteriori modifiche sulla spinta dell'evoluzione federalista dello Stato.
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Bernabini, G., and V. Panichi. "Anemia e resistenza all'eritropoietina nel paziente uremico in dialisi." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 2 (January 24, 2018): 25–29. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1209.

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Abstract:
Esiste uno stretto legame tra anemia, malattia cardiovascolare e mortalità nei pazienti in dialisi. L'anemia rappresenta infatti un fattore prognostico negativo ed è associata a una scarsa sopravvivenza e a una ridotta qualità della vita nei soggetti in trattamento dialitico. Oggi, la disponibilità di numerosi agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESAs) ha portato alla quasi completa scomparsa dell'anemia di grado severo che richiede emotrasfusioni. Nonostante questo una percentuale abbastanza consi-stente di pazienti, circa il 10%, non riesce ancora a raggiungere il valore di Hb target raccomandato dalle linee guida internazionali; il termine di Resistenza all'Eritro-poietina è stato quindi introdotto per definire quei pazienti che non raggiungono il target di Hb nonostante una dose di ESA superiore a quelle usuali o che continuamente necessitano di dosi più elevate per mantenere nel range i valori di Hb. Numerosi studi presenti in letteratura hanno evidenziato l'associazione tra incremento degli indici infiammatori e ridotta risposta agli ESA; l'infammazione cronica, mediante la produzione di citochine pro-inflammatorie determina soppressione midollare con inibizione della proliferazione e della differenziazione dei progenitori eritroidi e aumento dei livelli di una piccola proteina, l'epcidina, prodotta dal fegato in risposta a stimoli infiammatori che sembra fortemente legata al meccanismo della resistenza all'eritropoietina.
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Prochilo, Tiziana. "Lunga risposta al trattamento di II linea con lapatinib in paziente con secondarismi encefalici da carcinoma mammario HER2-positivo." AboutOpen 3, no. 1 (December 29, 2017): 120–24. http://dx.doi.org/10.19156/abtpn.2017.0028.

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Abstract:
L’identificazione del recettore per il fattore di crescita epiteliale (HER2) e l’introduzione nella pratica clinica di diversi farmaci contro questo target hanno nettamente modificato la prognosi delle pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-positivo, portando la sopravvivenza mediana, una volta di poco superiore ai 12 mesi, anche oltre i 5 anni. In questo contesto si riporta il caso clinico di una giovane donna, affetta da recidiva cerebrale di carcinoma mammario HER2-positivo, trattata con approccio multimodale, chirurgico, radioterapico e sistemico con lapatinib + capecitabina, che ha ottenuto con questo trattamento il controllo della malattia per 29 mesi (Oncology).
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Puglisi, Soraya, and Massimo Terzolo. "Fattori predittivi di risposta al trattamento con mitotane, adiuvante o palliativo, nei pazienti con carcinoma surrenalico." L'Endocrinologo 22, no. 4 (July 28, 2021): 363–64. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-021-00937-x.

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Lomi, Jacopo, Alessio Montereggi, Alessio Mattesini, Giorgio Baldereschi, Marco Ciardetti, Marco De Carlo, Massimo Fineschi, et al. "Denervazione renale nell’ipertensione arteriosa resistente. Esperienza 2012-2019 in Toscana." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 16–22. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-3.

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Abstract:
Introduzione. L’ipertensione arteriosa resistente è correlata ad un alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), e non tutti i pazienti sono in grado di tollerare le terapie, o di ottenere una risposta adeguata a causa di una risposta incompleta ai farmaci o di una ridotta aderenza alla terapia. La denervazione renale transcatetere è un trattamento non farmacologico che potrebbe migliorare il controllo dell’ipertensione resistente. Ad oggi la sua applicazione clinica è limitata dai risultati contrastanti degli studi eseguiti per verificarne l’efficacia. Scopo. Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare l’efficacia a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (IA) resistente. Si sono ricercati inoltre criteri preoperatori predittivi di efficacia della procedura, confrontando vari sottogruppi di pazienti, e considerando le diverse tecniche esecutive (cateteri unipolari, cateteri multipolari o a palloncino). Metodi e risultati. In questo studio multicentrico sono stati coinvolti 38 pazienti con un’età media di 61,2 anni trattati con denervazione renale transcatetere tra luglio 2012 e dicembre 2018 in cinque centri toscani: Azienda Ospedaliero- Universitaria Careggi (Firenze), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica – CNR Regione Toscana (Pisa) ed Ospedale di Lucca. Sono stati registrati i dettagli tecnici delle procedure di denervazione e le immagini acquisite tramite procedure diagnostiche in preparazione agli interventi e durante il loro svolgimento. L’efficacia della procedura è stata valutata con un follow-up clinico medio di 5,1 anni e con un follow-up strumentale con 24h ABPM di un anno. Inoltre, durante il follow-up, prolungato fino a settembre 2019, sono state eseguite misurazioni della funzionalità renale e sono state registrate le modifiche della terapia farmacologica fino a 7 anni dall’intervento mediante consultazione delle cartelle cliniche ed interviste ai pazienti. In seguito alla denervazione renale, sono state rilevate diminuzioni statisticamente significative dei valori di PA sistolica (– 10,7 ± 6,0 mmHg) e diastolica (5,3 ± 3,9 mmHg) al 24h ABPM. Inoltre, è stata osservata una diminuzione significativa della terapia farmacologica antiipertensiva (-1,2 farmaci). Non si sono verificate complicanze correlate alla procedura, ad eccezione di due lievi ematomi nel sito di accesso femorale. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia analizzando i pazienti in base alla tipologia di catetere utilizzato per l’intervento, all’età, al sesso ed alla presenza di diabete mellito. Conclusioni. I risultati di questo studio confermano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’IA resistente. Non sono state individuati parametri clinici o procedurali per identificare pazienti più o meno responsivi alla terapia.
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Castagna, Maria Grazia, and Francesco Trimarchi. "La risposta al trattamento iniziale del carcinoma differenziato della tiroide ne guida la gestione clinica nel tempo." L'Endocrinologo 19, no. 4 (August 2018): 213–14. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-018-00466-0.

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Gislon, Maria Clotilde, Maria Bologna, Anna Maria Borziani, Stefano Crosato, Mara Fiaschi, and Maria Moscara. "Il costrutto della resilienza in psicoterapia focale breve." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2010): 75–96. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-001006.

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Abstract:
Questo articolo descrive la rilevanza del costrutto della resilienza in salute mentale e le sue implicazioni in Psicoterapia Focale Breve. L'intervento focale breve che descriviamo garantisce una risposta terapeutica a bisogni emergenti di salute modifi cando i fattori che ostacolano il normale processo evolutivo. Il modello pone specifi ca attenzione al processo di valutazione, che considera i fattori psicosociali ed č orientato a defi nire il problema focale, che puň ostacolare in qualsiasi fase del ciclo di vita il fi siologico processo evolutivo. Il target dell'intervento focale č rappresentato da individui con disagio emotivo in relazione ad eventi correnti di vita e che, in assenza di puntuale valutazione e trattamento, rischierebbero una disabilitŕ psicosociale. La Psicoterapia Focale Breve, rafforzando alcune dimensioni della resilienza, facilita la elaborazione dell'ostacolo evolutivo e sviluppa capacitŕ di auto-terapia; il ruolo attivo dell'individuo come agente del proprio cambiamento riduce il tempo di intervento e soprattutto garantisce che il processo evolutivo prosegua al di lŕ del setting e dopo il termine della terapia.
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Pinho, Humberto Dalla Bernadina de, and Michele Pedrosa Paumgartten. "L’esperienza italo-brasiliana nell'uso della mediazione in risposta alla crisi del monopolio statale di soluzione di conflitti e la garanzia di acceso alla giustizia." Revista de Direitos e Garantias Fundamentais, no. 11 (August 6, 2012): 171. http://dx.doi.org/10.18759/rdgf.v0i11.178.

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Abstract:
L’obiettivo di quest’articolo è quello di esaminare il trattamento del conflitto in un momento in cui la crisi dello Stato-giurisdizione riguarda vari paesi i cui Tribunali operano al di lá dei loro limiti. Di fronte a questo quadro, la ricerca di alternative per la soluzione di conflitti che soddisfino il binomio necessità-utilità dell’accesso alla giustizia, si dimostra evidente e necessaria per la sicurezza giuridica. Tuttavia la ricerca di questa effettività deve avvenire con cautela, affinché nell’ansia di risolvere la crisi dello Stato-giurisdizione non si vengano a creare ostacoli ancor più gravi all’accesso alla giustizia, come l’adozione di un sistema di mediazione obbligatoria o la processualizzazione della mediazione, che ne snaturerebbe l’essenza.
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Ferrandes, Giovanna, and Paola Mandich. "Riflessioni sulla medicina predittiva e sulla necessitŕ di integrazione delle discipline: proposta di un modello di consulenza genetica integrata." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 3 (December 2012): 11–28. http://dx.doi.org/10.3280/pds2012-003002.

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Abstract:
"Chi sono?". E questa la domanda da sempre oggetto di riflessioni filosofiche nel corso dei secoli. Con l'avvento dell'analisi del DNA vi e stata una crescente attesa che la risposta si possa trovare nei nostri geni. Le nuove tecnologie hanno migliorato la diagnosi, la predizione e il trattamento di numerose malattie ereditarie. D'altra parte, l'entusiasmo per i possibili vantaggi derivanti dall'avanzamento della tecnologia deve essere bilanciato dalla valutazione rigorosa dell'utilita clinica, dal rapporto rischio-beneficio e dalle implicazioni etiche di tutti i test. Gli autori presentano il protocollo di consulenza genetica multidisciplinare per le malattie neurologiche ad insorgenza tardiva, sviluppato a Genova per i test pre-sintomatici, con lo scopo di aiutare le persone a rischio a decidere in base alle personali caratteristiche e scelte di vita e di prepararle a confrontarsi in modo costruttivo con il risultato del test. Il protocollo e caratterizzato dalla presenza contemporanea, durante l'intero iter di consulenza, del genetista e dello psicologo. Per le persone a rischio la decisione di effettuare il test genetico e complessa ed emotivamente impegnativa. Gli autori presentano due casi esemplificativi di questi percorsi.
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Butollo, Willi, and Regina Karl. "La psicoterapia del trauma ad orientamento gestaltico: l'esposizione dialogica." QUADERNI DI GESTALT, no. 1 (October 2011): 75–85. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-001007.

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Abstract:
Le esperienze traumatiche non solo provocano i noti sintomi legati al trauma, ma modificano altresě il sé ed i processi del sé della persona. Per il trattamento dei disturbi post traumatici abbiamo a disposizione molteplici concetti terapeutici alternativi, che si basano su diversi modelli patogenetici. L'importanza della capacitŕ dialogica intrapsichica, necessaria all'elaborazione del disturbo relazionale e delle interruzioni di contatto conseguenti al trauma, viene in genere trascurata. La psicoterapia del trauma ad orientamento processuale, qui presentata, inserisce alcuni elementi della psicoterapia comportamentale all'interno della cornice della psicoterapia della Gestalt e si fonda su un concetto relazionale, con l'obiettivo di identificare e di sciogliere le interruzioni di contatto del soggetto. In questo modo si rendono nuovamente possibili il vissuto di continuitŕ del soggetto e la capacitŕ di risposta del sé. Utilizzando l'"esposizione dialogica" si fa riferimento alla natura dialogica dei processi del sé in ogni fase della terapia e si permette in questo modo alla persona di entrare in contatto e di confrontarsi con diverse parti di sé (traumatiche, non-traumatiche, pre-traumatiche).
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Monga, S., J. N. Malik, S. Jan, S. Bahadur, S. Jetley, and H. Kaur. "Clinical study of extrapulmonary head and neck tuberculosis in an urban setting." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 6 (December 2017): 493–99. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1252.

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Abstract:
La tubercolosi del distretto testa collo è abbastanza comune nei paesi endemici, ma è ancora sottostimata a causa della presentazione clinica assai variabile e a causa dei differenti siti coinvolti. Pertanto, gli obiettivi di questo studio sono stati quelli di voler descrivere la variabilità di presentazione clinica dei pazienti affetti da tubercolosi del distretto testa-collo, durante la cui valutazione ci si scontra con notevoli difficoltà diagnostiche, e stimare la risposta di questi pazienti al trattamento anti-tubercolare (ATT). Sono stati reclutati 48 pazienti affetti da tubercolosi del distretto testa-collo, i quali si sono presentati tra il 2013 e il 2015 presso il dipartimento di Otorinolaringoiatria del nostro centro di III livello; per ciascuno di essi sono stati raccolti sintomi, reperti obiettivi locali e sistemici, risultati diagnostici e risultati del trattamento. Dai dati è emerso che la maggioranza dei casi (64,5%) erano femmine, e nessuno dei pazienti era HIV positivo. Le modalità di presentazione più comuni sono state le linfoadenopatie cervicali (81,25%), e in particolare quelle coinvolgenti il livello IIB (31,3%). 3 pazienti su 48 erano affetti contemporaneamente da tubercolosi polmonare. Per confermare la diagnosi sono stati utilizzati l’esame citologico su agoaspirato con ago sottile, l’esame istopatologico e la colorazione per evidenziare l’alcol-acido resistenza. Tutti i pazienti sono stati trattati con antitubercolari di prima scelta, i quali hanno permesso di raggiungere la guarigione nel 96,8%. Nonostante la linfoadenite cervicale è la più comune forma di presentazione della tubercolosi del distretto testa-collo, i coinvolgimenti isolati della regione naso-sinusale, della laringe, della cavità orale o di altre sotto-sedi non sono entità sconosciute. Ciononostante, è importante prestare attenzione a queste presentazioni atipiche e misconosciute e considerarle nella diagnosi differenziale del testa-collo, anche in individui non immunocompromessi.
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Allena, Marco, and Umberto Volontè. "L’Agenzia chiarisce: le fondazioni del Liechtenstein equiparate al trust (Risposta ad interpello 11 gennaio 2022, n. 9)." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1116–27. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.224.

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Abstract:
Tesi La Risposta ad interpello n. 9 del 2022 affronta il dibattuto tema della possibile equiparazione, con conseguente assoggettamento al medesimo trattamento tributario, delle fondazioni del Liechtenstein al trust. Le considerazioni espresse dall’Amministrazione finanziaria, pur senz’altro contribuendo a fare chiarezza sul tema, lasciano tuttavia irrisolti alcuni profili problematici sui quali è auspicabile che l’Agenzia si esprima nel prossimo futuro, cogliendo eventualmente l’occasione della pubblicazione della versione definitiva della circolare sulla disciplina tributaria del trust. L’esigenza di certezza sugli «istituti aventi analogo contenuto» al trust (i c.d. trust like devices) è dimostrata anche dalla casistica giurisprudenziale che si comincia a formare presso le Corti di merito. Il contributo vuole pertanto esaminare «lo stato dell’arte» della materia, segnalando i profili ancora oggi problematici e discussi. &nbsp;The author’s view The Reply to interpretation No. 9 of 2022 addresses the debated issue of the possible equal treatment of Liechtenstein foundations and trust, with the consequent subjection to the same tax treatment. The considerations expressed by the Tax Administration, while undoubtedly helping to clarify the issue, nevertheless leave some unresolved problematic profiles on which it is desirable that the Agency expresses its views in the near future, possibly taking the opportunity of the publication of the final version of the Circular on the tax treatment of trust. The need for certainty on the «institutions having similar content» to the trust (the so-called trust-like devices) is also demonstrated by the case law that is beginning to form in the Courts of Merit. The contribution therefore aims to examine the «state of the art» of the subject, pointing out the profiles that are still problematic and discussed today.
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Ceccarini, Giovanni, and Donatella Gilio. "Nei pazienti affetti da lipodistrofia parziale, i livelli circolanti di leptina pre-trattamento non predicono la risposta alla terapia con leptina umana ricombinante." L'Endocrinologo 23, no. 2 (March 9, 2022): 217–18. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01050-3.

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Roncallo, F., I. Turtulici, A. Bartolini, R. Corvò, G. Sanguineti, V. Vitale, G. Margarino, M. Scala, P. Mereu, and F. Badellino. "Tomografia computerizzata e risonanza magnetica nella patologia del distretto testa collo." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 4 (August 1996): 471–91. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900421.

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Abstract:
Scopo del lavoro è quello di delineare le indicazioni generali alla radioterapia, definitiva o in associazione alla chirurgia, nei pazienti affetti da carcinoma del distretto testa-collo, anche sulla base delle informazioni TC ed RM, e di descrivere le alterazioni morfologiche radiologiche che emergono, differenziando quelle suggestive di persistenza o recidiva neoplastica, da quelle indotte dalla radioterapia. Sono stati selezionati 95 pazienti che hanno praticato radioterapia come unico trattamento o in associazione alla chirurgia. Il primo controllo radiologico è stato effettuato di norma in un periodo di tempo compreso tra i 3 e i 4, 5 mesi dal termine della radioterapia. I pazienti sono stati seguiti nel tempo con esami seriati rispettivamente a 6, 9 e 12 mesi a distanza dal termine della radioterapia, a seconda dei rilievi emersi al primo controllo a ciclo terapeutico ultimato. Per quanto concerne la valutazione della risposta del tumore primitivo alla radioterapia sono stati distinti tre gruppi di pazienti. Il primo gruppo comprende soggetti nei quali il tumore primitivo, valutato alla TC e/o RM prima del trattamento radioterapico, ha dimostrato una regressione volumetrica superiore al 75% nei controlli tra i 3 ed i 12 mesi dalla fine del ciclo terapeutico (31 pazienti). Il secondo gruppo comprende soggetti nei quali il volume tissutale residuo dopo radioterapia, nei controlli a tre mesi, ha dimostrato una regressione inferiore al 50%, una persistenza o addirittura una progressione (44 pazienti). Un terzo gruppo è costituito da soggetti nei quali la regressione volumetrica del tessuto neoplastico nel controllo a tre mesi dal termine del ciclo terapeutico radioterapico è compresa tra il 50 ed il 75%. Quest'ultimo gruppo è quello che pone i maggiori problemi diagnostici e che viene seguito con controlli seriati ogni tre mesi, anche in presenza di negatività degli esami clinici ed endoscopici (20 pazienti). Le alterazioni tissutali post-radioterapiche sono state distinte in transitorie e permanenti. Quelle transitorie hanno raggiunto il massimo della loro espressività al termine del ciclo di trattamento, con visualizzazione di una massa conglomerata più estesa del tumore primitivo. Quelle permanenti si sono verificate a carico dei tessuti superficiali (ispessimenti della cute e del platisma, addensamenti nel tessuto adiposo sottocutaneo), nei piani fasciali profondi periviscerali (fibrosi del connettivo lasso adiposo parafaringeo, cervicale anteriore e posteriore, pericarotideo), nelle logge salivari (scialoadenite reattiva e degenerazione grassa), a livello degli spazi mucosi profondi (ispessimento simmetrico e infiltrazione delle pliche ariepiglottiche e delle corde vocali false, obliterazione dei piani adiposi pre- e paraglottici). La difficoltà di interpretazione delle immagini, con particolare riguardo ai possibili falsi positivi e falsi negativi, rappresenta soltanto una delle diverse facce della complessa problematica in corso di carcinoma del distretto testa-collo. Infatti i quesiti da risolvere coinvolgono anche il clinico, il chirurgo, il radioterapista oltre che il radiologo, il cui sforzo comune deve essere quello di garantire al paziente la migliore terapia possibile a fronte di una qualità di vita accettabile.
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Fiori, Angelo. "Contro la fecondazione eterologa." Medicina e Morale 46, no. 2 (April 30, 1997): 241–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.881.

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Abstract:
Il processo di progressiva accettazione della fecondazione eterologa può indurre gli oppositori ad abbandonare le proprie posizioni prendendo atto della loro sostanziale inutilità ed accettando di fatto il principio secondo cui i prodotti del progresso devono essere disponibili a tutti coloro che desiderano fruirne. Per contro, l’autore ritiene che la fecondazione assistita nel suo insieme, non solo la fecondazione eterologa con i suoi peculiari problemi, comincia a presentare nel suo contesto crepe che ora si tenta di occultare, ma che sono destinate a minare in tempo abbastanza breve certezze finora presentate nei consueti termini del trionfalismo biomedico. Molti sono infatti i problemi, scientifici ed etici, che essa solleva: la natura del trattamento di fecondazione eterologa, i rischi per la madre e per il feto, l’anonimato per il donatore e i rischi di approdo alla selezione eugenetica a seguito dei progressi della genetica molecolare, i diritti dei figli, la crioconservazione degli embrioni soprannumerari e l’ipotesi della “donazione di embrione”. Oggi non è possibile prevedere quale sarà il destino delle pratiche di fecondazione assistita, particolarmente della fecondazione eterologa. Tuttavia, a medio termine l’autore si sente di prevedere il loro declino e la loro futura scomparsa a causa dell’aggrovigliarsi progressivo dei problemi che essa implica. Massimo deve essere l’apprezzamento del desiderio di avere un figlio, sono infatti le leggi biologiche che ispirano con la loro forza questi potenti desideri; ma la fecondazione eterologa da padre anonimo non è la risposta a queste speranze. Altre sono le strade.
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Schotte, Kerstin, and Brian Cooper. "Subthreshold affective disorders: a useful concept in psychiatric epidemiology?" Epidemiology and Psychiatric Sciences 8, no. 4 (December 1999): 255–61. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008162.

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RIASSUNTOScopo - Negli ultimi anni si è sviluppata una consistente letteratura sui concetti di disturbi affettivi sotto-soglia, sub-sindromici, minori, brevi e ricorrenti e sulle loro applicazioni nelle ricerche sulla popolazione generate. Lo scopo di questa breve revisione della letteratura è quello di esaminare le definizioni è lo stato corrente di queste categorie, proposte in riferimento soprattutto alia depressione e di valutare il loro potenziale contributo alia psichiatria epidemiologica. Metodo - È stata effettuata una ricerca Medline sui suddetti quattro termini per il periodo 1965-1999. Sono state esaminate anche le referenze bibliografiche rilevanti contenute in tutte le pubblicazioni identificate. Risultati - In larga misura questi concetti sono stati sviluppati come risposta ai limiti nel sistema di classificazione DSM e, in minor misura, in quello ICD. I gruppi sono stati identificati per aver meno sintomi rispondenti ai criteri o una minor durata dei sintomi rispetto alle categorie diagnostiche «ufficiali». L'uso di queste definizioni ha dato luogo a stime di prevalenza che variano in modo più esteso. Conclusioni - Sono indispensabili metodi perfezionati per la classificazione di tutte quelle persone nella popolazione generale, che hanno bisogno di trattamento medico e di aiuto per disturbi psicologici, ma che non soddisfano i criteri operativi indicati dalle linee guida ufficiali. Ciò, comunque, non può essere attuato semplicemente abbassando le soglie operative in questi sistemi. Sono necessarie ulteriori ricerche sulle caratteristiche cliniche e psicosociali dei disturbi psichiatrici comuni. In molte società un setting favorevole è quello della medicina di base, dove sono già in corso iniziative per una classificazione pragmatica e globale dei problemi di salute della popolazione.
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Napoli, M., R. Prudenzano, E. Sozzo, D. Mangione, V. Martella, C. Montagna, A. M. Montinaro, C. Pati, and G. Sandri. "Lo stenting nelle stenosi delle fistole arterovenose distali: esperienze preliminari." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 1 (January 24, 2018): 40–45. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1114.

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Abstract:
L'angioplastica percutanea transluminale (PTA) è un efficace trattamento per la correzione delle stenosi delle fistole arterovenose (AFV). Un limite della PTA è l'alta frequenza di recidiva. In teoria lo stenting, prevenendo la restenosi, potrebbe rappresentare la risposta al problema. In letteratura sono limitate tuttavia le esperienze con lo stenting nelle AVF. In questo studio riportiamo la nostra esperienza preliminare in proposito che ha interessato 6 pazienti. Dall'aprile 2008 al dicembre 2011 sono stati posizionati 6 stent su 122 PTA eseguite. Sono stati utilizzati stent me-tallici auto-espandibili. I criteri di selezione dei pazienti per lo stenting erano rappresentati da: a) stenosi interessanti il tratto di vena post-anastomotico; b) seconda recidiva dopo PTA; c) resistenza della stenosi alla PTA pur con pressioni elevate (fino a 21 atm). Dei 6 pazienti, 5 erano alla seconda recidiva dopo PTA, 1 era alla prima recidiva ma la stenosi era resistente alla PTA Risultati: in tutti i casi lo stenting ha prodotto la risoluzione della stenosi. In nessun caso si è verificata la trombosi dello stent. Il follow-up medio è stato di 21+10 mesi (3–33) con un periodo di osservazione totale di 124 mesi. Due pazienti sono deceduti rispettivamente dopo 13 e 26 mesi dallo stenting con la AVF ben funzionante. Due pazienti, a 3 e 30 mesi dallo stenting, hanno presentato una trombosi pre-anastomotica dell'arteria radiale, mentre lo stent era pervio e la AVF funzionante rifornita dall'arteria ulnare attraverso l'arcata palmare. Degli altri 3 casi, 1 non ha presentato alcun problema dopo un follow-up rispettivamente di 21 mesi. Gli ultimi 2 pazienti, rispettivamente dopo 11 e 12 mesi hanno presentato una stenosi da iperplasia neo-intimale intrastent Entrambi sono stati trattati con PTA con risoluzione totale della stenosi. A distanza rispettivamente di 12 e 13 mesi si è ripresentata la stenosi intrastent da iperplasia neo-intimale. Entrambi sono stati trattati con successo con PTA I due pazienti con la recidiva intrastent, hanno presentato un intervallo libero da stenosi in media di 15.1+0.9 mesi. Conclusioni: la nostra esperienza, anche se limitata per numero di casi, ha dimostrato l'efficacia dello stenting nella risoluzione delle stenosi (100%). La possibile iperplasia neo-intimale impone un monitoraggio ultrasonografico dello stent, indirizzando i pazienti al trattamento con PTA La risoluzione con PTA della stenosi indotta da iperplasia intimale rende tuttavia questa complicanza di importanza relativa. I risultati ci inducono a continuare la nostra esperienza con lo stenting nei casi opportunamente selezionati.
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Lombardi, Marco, Stefano Michelassi, and Corrado Betterle. "Conoscerlo per riconoscerlo: morbo di Addison con sindrome poliendocrina autoimmune di Tipo 2." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 1 (March 19, 2013): 37–42. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1000.

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Abstract:
Viene presentato un caso clinico di iposurrenalismo da morbo di Addison primitivo sviluppatosi dopo alcuni anni dalla comparsa di un morbo di Graves. Tale combinazione rappresenta una poliendocrinopatia autoimmune di tipo 2 (SPA-2). La SPA-2 è un processo autoimmune che coinvolge più tessuti endocrini (surrene, tiroide, pancreas) e non endocrini. Si ritiene che la sindrome si sviluppi in pazienti geneticamente predisposti con diversi pattern genetici del complesso maggiore di istocompatibilità MHC II. La SPA-2 è una malattia rara, avendo una frequenza di una persona affetta ogni 7000–8000 abitanti, prevale nel sesso femminile e compare a un'età media di circa 35 anni. L'iposurrena-lismo è caratterizzato da sintomi tipici (astenia, ipotensione ortostatica, calo ponderale, artromialgie, nausea, anoressia, iperpigmentazione cutanea), tuttavia non facili da interpretare, data la scarsa conoscenza della malattia. Nei casi non diagnosticati in tempo utile i sintomi possono peggiorare in rapporto a eventi stressanti che possono far precipitare i pazienti in una crisi addisoniana che può essere potenzialmente fatale. Iposodiemia, iperpotassiemia, iperazotemia, ipercalcemia associati ad aumentati livelli plasmatici di ACTH, renina, e bassi livelli di cortisolo, e alterati indici di epatolisi sono riscontri laboratoristici relativamente tardivi, così come possono esserlo i segni clinici di disidratazione. La storia naturale della malattia si manifesta attraverso varie fasi progressive: a) dapprima con presenza di autoanticorpi anti-surrene presenti anni prima all'esordio clinico, b) poi con un aumento della renina plasmatica e con la diminuzione dell'aldosterone plasmatico, c) poi con la successiva ridotta risposta del cortisolo allo stimolo con ACTH e.v. e d) infine con iperincrezione di ACTH, calo del cortisolo basale e presenza delle manifestazioni cliniche di iposurrenalismo. Il trattamento si basa sulla sostituzione ormonale degli organi endocrini coinvolti.
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Boyers, Dwayne, Xueli Jia, David Jenkinson, and Graham Mowatt. "Risposta degli Autori ad Allen et al.: “Un commento a Boyers et al.: ‘Eltrombopag per il trattamento della porpora trombocitopenica immune o idiopatica cronica: valutazione di tecnologia singola presso il NICE’ ”." PharmacoEconomics Italian Research Articles 15, no. 3 (November 28, 2013): 157. http://dx.doi.org/10.1007/s40276-013-0017-z.

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Matarrese, Paola, and Giuseppe Marano. "Modulazione dei recettori β-adrenergici e differenze di genere." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 20–24. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-5.

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Abstract:
Lo scompenso cardiaco (SC), processo evolutivo comune di più malattie cardiovascolari a differente eziologia (ad es. infarto del miocardio, ipertensione, cardiomiopatie, disturbi valvolari e altre), è diventato sempre più comune nella popolazione anziana, influenzando drasticamente il tasso di sopravvivenza e la qualità della vita. L’iperattività del sistema nervoso simpatico (SNS) che si associa allo SC determina un aumento delle catecolamine circolanti epinefrina e norepinefrina che, attraverso l’attivazione dei recettori beta-adrenergici (β-AR), svolgono un ruolo critico nella regolazione della funzione del sistema cardiovascolare. Una caratteristica distintiva dello SC è la diminuzione o la desensibilizzazione dei recettori β1-adrenergici (β1-AR) sulla membrana delle cellule cardiache. Le catecolamine e lo stress ossidativo sono coinvolti nella regolazione della densità dei β-AR. Lo stress ossidativo associato alla disfunzione mitocondriale sembra giocare un ruolo importante nella fisiopatologia dello SC. Infatti, una condizione di stress ossidativo è stata osservata sia in pazienti con SC che in modelli animali, e un’eccessiva esposizione a specie reattive dell’ossigeno (ROS) diminuisce l’espressione di β1-AR in cardiomiociti murini, sebbene i meccanismi sottostanti rimangano ancora non chiari. Recentemente, è stato scoperto che il recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) svolge un ruolo chiave oltre che nell’energetica cellulare, nella regolazione della fisiologia mitocondriale e dell’equilibrio redox nei cardiomiociti. Nel presente studio, abbiamo valutato gli effetti delle catecolamine e dei ligandi del PBR sulla densità dei β1- e β2-AR nei monociti umani isolati da sangue periferico, che sono noti per esprimere entrambi i β-AR. La densità dei β-AR è stata misurata mediante citometria a flusso utilizzando anticorpi selettivi diretti contro un epitopo extracellulare di β1-AR o β2-AR. Il trattamento dei monociti con benzodiazepine induceva una riduzione della densità del β1-AR, ma non del β2-AR, sulla membrana dei monociti che veniva ripristinata utilizzando [1-(2-chlorophenyl)-N-methyl-(1-meth-ylpropyl)-3 isoquinolinecarboxamide] (PK11195), un antagonista del PBR. Questi risultati suggeriscono un possibile ruolo del PBR nella regolazione della densità del β1-AR proponendo i monociti isolati dal sangue periferico sia come modello in vitro utile per lo studio del sistema recettoriale β-adrenergico che come potenziali biomarcatori di progressione della malattia e risposta alla terapia.
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Lattanzi, Fabio, Erica Michelotti, and Laura Meola. "Scompenso cardiaco acuto: inquadramento clinico, trattamento e prevenzione." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 4 (March 22, 2022): 222–37. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-3.

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Abstract:
Gli episodi di scompenso cardiaco acuto sono conseguenti ad un rapido deterioramento delle funzioni cardiache, rappresentano una delle maggior cause di ricoveri ospedalieri e comportano una elevata mortalità intraospedaliera e nel medio termine dopo la dimissione. L’inquadramento clinico ed il conseguente trattamento sono resi difficoltosi dalle caratteristiche di eterogeneità di queste sindromi. Molteplici possono essere le cardiopatie basali, le cause scatenanti, le presentazioni cliniche, gli stati emodinamici, le risposte alla terapia. Un episodio di scompenso cardiaco può rappresentare il sintomo di esordio di una cardiopatia misconosciuta o la recidiva di instabilizzazione di cardiopatia cronica; le cause scatenati più frequenti possono essere individuate nelle sindromi coronariche acute, nelle tachiaritmie, negli squilibri ipertensivi ed idrici, nelle infezioni sistemiche. La presentazione clinica è diversa a seconda dello stato emodinamico, e valutare la presenza di congestione e di perfusione sistemica risulta di fondamentale ausilio per individuare diverse situazioni cliniche, che vanno dall’edema polmonare acuto allo shock cardiogeno, che richiedono trattamenti diversificati, con implicazioni prognostiche differenti. Il trattamento ha lo scopo di ristabilire lo stato emodinamico e le funzioni vitali, oltre migliorare i sintomi del paziente. I supporti respiratori in generale e i diuretici dell’ansa, nel paziente congesto sono quasi sempre necessari ed utili. Farmaci vasodilatatori, inotropi e vasopressori sono usati dipendentemente dai dati emodinamici e funzionali. Tutti questi farmaci, seppur utili nel contesto acuto, non hanno dimostrato un beneficio nella prognosi del paziente e devono essere usati con cautela perché gravati da effetti collaterali pericolosi. Per questo motivo il miglior trattamento dello scompenso cardiaco acuto è la prevenzione di episodi di instabilizzazione in pazienti con cardiopatia cronica. Correzione dei fattori di rischio, trattamento completo della cardiopatia strutturale, comprese procedure interventistiche ed elettrofisiologiche, terapia medica ottimale dello scompenso cronico basata sulle evidenze scientifiche, predisposizione di percorsi dedicati alla gestione ambulatoriale o domiciliare, sono i presidi che possono ridurre le recidive di scompenso ed il carico sociale ed economico correlato.
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Danisi, Carmelo. "Venti anni di prevenzione della tortura in Europa: il CPT e la protezione dei migranti." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 3 (November 2010): 59–79. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-003004.

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Abstract:
Sommario: 1. Il Sistema europeo di prevenzione della tortura - 2. L'attivitŕ del Comitato europeo per la prevenzione della tortura - 3. Le linee guida sul trattamento dei migranti - 4. L'esperienza del CPT in Italia - 4.1 L'ispezione del CPT: il CIE di Milano - 4.2 La missione ad hoc a tutela dei migranti - 4.3 Le risposte del Governo italiano - 5. Verso un maggiore ruolo del CPT a protezione dei migranti?
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Andreula, C. F., A. M. N. Recchia-Luciani, A. Tarantino, V. Pavone, A. P. Garribba, R. De Blasi, and A. Carella. "I linfomi secondari del sistema nervoso centrale." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 6 (December 1994): 883–93. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700605.

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Abstract:
Esponiamo i risultati della nostra esperienza nello studio dei linfomi secondari del SNC con la risonanza magnetica, in confronto con i dati disponibili in letteratura. In particolare, abbiamo analizzato i dati epidemiologici e l'eventuale ricaduta delle risultanze della RM sul protocollo diagnostico-terapeutico dei linfomi secondari. Inoltre, abbiamo tentato di identificare delle ipotesi di correlazione tra quadro anatomo-patologico e segnale RM. Nei 10 pazienti sono state individuate 20 lesioni, in 7 casi singole, in 3 multiple, queste ultime da un minimo di 2 a un massimo di 6. Complessivamente le lesioni sono risultate così distribuite: — 15 lesioni intrassiali, 5 delle quali singole, 3 multiple; 1 lesione intra-assiale aveva localizzazione midollare; — 5 lesioni extrassiali, di cui 3 meningo-durali e 2 leptomeningee, tutte singole. Nelle lesioni intrassiali in T1 la zona 1 è apparsa sostanzialmente isointensa (80%) e raramente ipero iso-iperintensa (20%). In T2 si è evidenziata una prevalente iperintensità (70%), raramente una isointensità (20%) o una ipointensità (10%). La zona 2 è risultata evidente nel 30% dei casi. L '80% delle lesioni ha mostrato un potenziamento dopo contrasto, in tutti i casi da moderato a marcato e di aspetto omogeneo. In nessun caso è stata evidenziata una diffusione subependimale. Nelle immagini tardive solo nel 10% dei casi si è osservato un aumento del grado di impregnazione e senza estensione alla zona 2. Le lesioni meningodurali, così come le leptomeningee, si presentano isointense in T1, male apprezzabili in T2, ma vengono rivelate dopo mdc dalla netta impregnazione. All'esame istologico, tali forme secondarie si sono rivelate eterogenee: 5 casi a grandi cellule, 1 a piccole cellule, 1 linfoblastico, 1 tipo Burkitt, 2 linfomi di Hodgkin. In un caso a presentazione contemporanea nel SNC ed in sede periferica, il riscontro istologico cerebrale (a grandi cellule), si è mostrato differente da quello bioptico linfonodale (a piccole cellule). È stata valutata infine la risposta al trattamento, in massima parte chemioterapico; in 2 pazienti questo è stato associato a radioterapia. Si è osservata una regressione o una riduzione volumetrica lesionale nel 50% dei casi, una progressione nel 30%, ed un reperto sostanzialmente invariato nel 20%. La durata minima di tali regressioni è stata di circa 2 mesi. Solo un paziente è attualmente in remissione completa dopo circa 12 mesi dalla regressione delle lesioni. L'esame RM ha confermato di possedere una elevatissima sensibilità alle ripetizioni secondarie dei linfomi a livello del SNC: il rilievo di una elevata frequenza di tali localizzazioni, comunque in misura inferiore a quanto segnalato nei lavori anatomopatologici, è da mettere in rapporto alla selezione delle forme linfomatose a più elevata malignità, forme nelle quali il contributo dell'esame di risonanza ci appare irrinunciabile, al punto di caldeggiarne l'introduzione nei protocolli diagnostici standard.
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Faggiano, Antongiulio, Valentina Di Vito, Roberta Centello, Franz Sesti, Giulia Puliani, Tiziana Feola, and Elisa Giannetta. "Ruolo diagnostico, prognostico e predittivo di risposta del NETest nelle neoplasie neuroendocrine." L'Endocrinologo 21, no. 6 (November 20, 2020): 432–40. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00795-z.

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Abstract:
SommarioIl NETest è una metodica di biologia molecolare e, in particolare, di biopsia liquida, applicata alle neoplasie neuroendocrine (NEN), che si propone come nuovo biomarcatore altamente sensibile e specifico. Il NETest consente una sorta di gene signature del tumore, definendone il profilo trascrizionale mRNA, estratto dal sangue periferico. L’applicazione pratica è nella diagnosi, dove il NETest sembra identificare anche piccoli tumori localizzati, nella definizione prognostica, con l’identificazione dei tumori con maggiore tendenza alla progressione e alla recidiva post-chirurgica, nella riposta ai trattamenti, con l’identificazione precoce di progressione nel corso di terapie anti-tumorali. A fronte di risultati iniziali estremamente promettenti, il NETest necessita di una conferma su larga scala, in ampie casistiche multicentriche.
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Sebastiani, Giuseppe, and Annalisa Falcone. "Cultura e pratica psichiatrica nella medicina di base. Una indagine sui medici di Bari." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2, no. 3 (December 1993): 205–10. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000703x.

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RiassuntoScopo - Fornire informazioni sui rapporti tra medicina generale e psichiatria nelFItalia meridionale, facendo luce su attitudini, opinioni e comportamenti dei medici di base inerenti a problemi e situazioni di carattere psichiatrico o, in generale, emotivo. Disegno - Invio di un questionario contenente domande sulla gestione dei pazienti portatori di problemi psicologico/psichiatrici in relazione alle variabili demografiche e di formazione professionale dei medici stessi. Setting - Medicina di base di Bari. Principali misure utilizzate - Confronto fra le caratteristiche dei medici che hanno risposto al questionario e quelle della popolazione totale mediante il test del chi-quadrato nonché percentuali di risposte alle varie domande. Risultati - Ha restituito il questionario circa il 20% dei medici, fra i quali il numero di soggetti in possesso di specializzazione(-i) è significativamente maggiore che nella popolazione totale. Le attività formative in campo psichiatrico, ritenute necessarie dal 94% dei partecipanti, sono peraltro piu regolarmente praticate da non oltre il 13% degli stessi. Il 56% dei medici stima la morbilità psichiatrica nel 10-30% delle visite. Soltanto il 19% dei partecipanti è d'accordo nel considerare la legge 180 «un salto di qualita nell'assistenza del paziente psichiatrico». Il 53% dei medici inviano i pazienti allo psichiatra in meno del 10% dei casi (il 60% delle volte per problemi di tipo ansioso-depressivo). Nel 25% circa dei disturbi psicosomatici vengono prescritti antispastici, mentre «cerebroattivi» e «ricostituenti» sono utilizzati rispettivamente nel 75 e 23% delle condizioni di astenia psichica e scadimento della performance intellettuale. Conclusioni - La bassa percentuale di medici che hanno risposto al questionario limita la generalizzabilità dei dati ottenuti. In base al campione raccolto sembrano comunque doversi sottolineare la percezione della difficoltà di gestire il disagio emotivo (peraltro di comune riscontro nella pratica quotidiana), l'esigenza di disporre di piu ampie opportunita di formazione specifica e di coUaborazione con gli psichiatri (a fronte della scarsa integrazione attuale) e la necessità di una maggiore razionalizzazione dei trattamenti farmacologici.
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Geatti, S., and L. Feltrin. "La Diagnosi Infermieristica: II. La Formulazione della Diagnosi Infermieristica." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 2 (January 24, 2018): 1–6. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1203.

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Abstract:
La diagnosi infermieristica, seconda fase del processo infermieristico, è un giudizio clinico riguardante le risposte della persona, della famiglia o della comunità a problemi di salute/processi vitali attuali o potenziali. Essa costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati di cui l'infermiere è responsabile. La diagnosi infermieristica esprime il giudizio professionale sulle condizioni del paziente, sulle sue risposte ai trattamenti ricevuti e sulle necessità di assistenza infermieristica. La NANDA propone tre modelli di diagnosi: reali, di rischio, di benessere. La struttura della diagnosi infermieristica si compone di tre elementi utili essenzialmente per l'adozione di un linguaggio infermieristico condiviso. Per questo motivo è usata una terminologia specifica per diagnosticare in modo infermieristico. Gli elementi componenti sono tre: titolo, caratteristiche definenti, fattori correlati. Il titolo deve “qualifcare” la tipologia del problema; le caratteristiche definenti sono l'equivalente dei segni e dei sintomi soggettivi ed oggettivi presenti in relazione ad una determinata diagnosi; i fattori correlati sono in pratica le cause, i fattori eziologici che determinano una certa situazione; si possono raggruppare in quattro categorie: fisiopatologici, situazionali, fasi maturative, trattamenti. Il caso clinico suggerito prevede l'individuazione delle diagnosi infermieristiche evidenziate dai dati raccolti, sempre secondo la metodologia di Carpenito.
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Egitto, M. G., C. Uggetti, and F. Zappoli. "Chemioterapia intraarteriosa superselettiva con carboplatino ad alte dosi nei tumori avanzati cervico-facciali." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 2_suppl (November 1996): 153–58. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s220.

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Abstract:
Il trattamento tradizionale, basato sulla chirurgia associata alla radioterapia, dei carcinomi squamocellulari (SCC) cervico-facciali di stadio III e IV dà a tutt'oggi risultati deludenti. La chemioterapia sistemica è stata usata in passato solo come trattamento palliativo. La chemioterapia intraarteriosa presenta vantaggi teorici sostanziali legati soprattutto alla maggior tollerabilità del farmaco usato e sembra essere particolarmente indicata nei SCC per la tendenza alla diffusione unicamente loco-regionale di queste neoplasie, e per la facile attuale aggredibilità angiografica attraverso i rami di suddivisione dell'arteria carotide esterna. Riportiamo la nostra esperienza riguardante il trattamento intraarterioso chemioterapico di 22 pazienti con diagnosi bioptica di SCC all'esordio della malattia. La somministrazione di Carboplatino ad alte dosi (300–350 mg/m2) è stata effettuata in maniera superselettiva con infusione rapida, e ripetuta per tre sedute a distanza di 15 giorni. Il punto di infusione del farmaco è stato ottimizzato caso per caso in base ai reperti ottenuti nella fase diagnostica dell'esame angiografico col duplice obbiettivo di giungere più vicino possibile alla neoplasia primitiva e di infondere il farmaco anche agli eventuali linfonodi metastatici satelliti. I rami della carotide esterna, per il calibro sottile e la tortuosità, tendono a spasmizzarsi con estrema facilità: è stato estremamente utile avvalersi di cateteri idrofilici 5F, con i quali si sono minimizzate le eventuali complicanze tecniche in tutte le procedure angiografiche (64) eseguite. Il trattamento è stato sempre ben tollerato, con tossicità locale modesta (grado 1–3 WHO), prevalentemente a carico delle mucose (stomatite) e della cute (dermatite ed alopecia), e minimi fenomeni di mielosoppressione (grado 1–2 WHO). Risposte positive (remissione completa o remissione parziale) si sono osservate nel 94% dei casi sul tumore primitivo, e nel 50% dei casi sulle metastasi linfonodali cervicali. La riduzione del volume della neoplasia è stato spesso così notevole da evitare al paziente il trattamento chirurgico: ai cicli di chemioterapia è stata fatta seguire soltanto la radioterapia mirata al residuo tumorale.
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Paterlini, Federica. "Esordi psicotici in adolescenza e giovane età adulta: prospettive teoriche e di trattamento." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA 146, no. 3 (December 2022): 31–60. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-003003.

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Abstract:
La letteratura scientifica, negli ultimi anni, è sempre più costellata di articoli che trattano il tema del riconoscimento e dell'intervento precoce evidenziandone l'importanza al fine di intercettare il malessere dei giovani e ridurre la loro sofferenza soggettiva, il rischio di transizione alla psicosi e ridurne la successiva disabilità. Da una meta-analisi su larga scala è stato rilevato che il 12,3% dei disturbi psicotici si verifica prima dei 18 anni e il 47,8% prima dei 25, con un picco di insorgenza a 20,5 anni [1]. Una parte di questi disturbi ha il suo esordio anche prima dei 18 anni. È ormai noto che il periodo prodromico in cui emergono sintomi sottosoglia e aspecifici può essere anche di oltre 10 anni. A fronte di ciò è utile valutare il rischio di esordio psicotico nella fase adolescenziale. I servizi che si occupano di minori dovrebbero, sempre più, avere uno sguardo rivolto anche a ciò che emerge prima del disturbo psicotico, a quei fenotipi a rischio di transizione. Obiettivo di questo lavoro è analizzare, senza la presunzione di esser esaustivo, quali modelli di valutazione precoce sono utilizzabili per l'adolescenza e la giovane età al fine di riconoscere, valutare e aiutare giovani help seeker a rischio di sviluppare psicosi e conoscere quali sono, ad oggi, i possibili trattamenti psicosociali attivabili nei servizi al fine di prendersi cura di questa fascia di popolazione che sperimenta angoscia e stigmatizzazione causate dalla loro condizione già al momento in cui si rivolgono ai servizi [2-5]. Non verrà trattato l'aspetto psicofarmacologico di pertinenza dei colleghi psichiatri e neuropsichiatri. La ricerca deve continuare per poter fornire più risposte ai clinici che quotidianamente incontrano la sofferenza di ragazzi e famiglie e avere ulteriori risposte alle domande relative alla miglior identificazione e ai più efficaci trattamenti psicosociali.
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