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Dissertations / Theses on the topic 'Risposta al trattamento'

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Bertolaso, Laura. "Tamoxifen nel trattamento del carcinoma mammario: studio dei fattori predittivi di risposta." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423014.

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Abstract:
Breast cancer is the tumor with highest incidence in women and the first leading cause of mortality in Western countries. The estrogen receptor positive breast cancer subtype is the most frequent (60-80%) and for its treatment the selective estrogen receptor modulator tamoxifen can be used. Tamoxifen efficacy is widely recognized in the adjuvant setting (post-surgical) of early stages tumors, however, in a significant percentage of patients disease recurs. The aim of our study was to investigate possible factors contributing to the therapeutic failure of tamoxifen treatment in invasive non-metastatic estrogen receptor positive breast cancer patients. Tamoxifen is a pro-drug extensively metabolized by the hepatic cytochrome P450 CYP2D6 into more active and powerful metabolites compared to the parental drug. Among these it has been recently taken into special account the active metabolite endoxifen, which is considered the main responsible for the therapeutic response because of its high affinity for the molecular target, the estrogen receptor alpha (Erα) and because it shows higher plasma levels compared to the similarly active metabolite 4-idrossitamoxifen. Several studies have demonstrated that the gene of CYP2D6 enzyme is highly polymorphic in the population, due to variations in the gene sequence which result in functional alterations, with partial reduction or total elimination of the enzymatic activity. However, the inter-individual differences in endoxifen exposure, clinically observed, are not only explained by CYP2D6 gene polymorphisms, as its activity is significantly influenced also by environmental causes (such as drugs that inhibit the enzyme). Hence the need to identify new ways to predict individual ability of patients to activate tamoxifen, keeping endoxifen plasma levels as a reference parameter. The latter cannot be directly used to estimate the metabolic capacity of CYP2D6 when mostly needed, thas is before or in the early phases of drug treatment, because, due to the prolonged half-life of the drug and its derivatives, the achievement of steady state plasma levels (indicative of concentrations to which patients are exposed for five years of therapy) takes an average of four months. Finally, in addition to the exposure to the active metabolite, another predictive factor of response may include the molecular target of the drug, the estrogen receptor. It has been confirmed by numerous studies that in tumor and healthy mammary tissue estrogen receptor splicing isoforms of Erα and Erβ are coexpressed with the full-length proteins. Recently, an in vitro study revealed that the wild-type Erβ enhanced the antiestrogenic action of endoxifen. For the evaluation of the individual capacity in tamoxifen activation, to overcome genotyping limitations, two strategies were used: the phenotyping test of CYP2D6 by the probe drug dextromethorphan and the determination of endoxifen plasma levels at the first month (previous to the steady state). We have shown that the results of phenotyping test and levels of endoxifen at the first month are significantly associated with endoxifen steady state levels and both can be considered as informative tools to know the metabolic status of the individual patient. The influence of polymorphisms on endoxifen plasma levels was confirmed by genetic analysis of the CYP2D6 in our population; the genotyping results were also significantly associated with those of phenotyping test. The possible role of an estrogen receptor isoform, Erβ2, on the activity of endoxifen was evaluated, in vitro, by monitoring the transcription of two estrogens sensitive genes. Through analysis of expression of IL20 and ADORA1 it was found that, in the presence of concentrations of endoxifen of 40nM for prolonged time (24h), the isoform Erβ2, co-expressed with Erα, reduced the inhibitory action of endoxifen compared to the presence of only Erα.
La malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.
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Palazzini, Massimiliano <1978&gt. "Analisi dei fattori prognostici e della risposta al trattamento nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3808/1/palazzini_massimiliano_tesi.pdf.

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Palazzini, Massimiliano <1978&gt. "Analisi dei fattori prognostici e della risposta al trattamento nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3808/.

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Magnani, Michael. "Effetto di composti d'aroma sulla risposta fisiologica di Listeria monocytgenes." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11515/.

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Abstract:
La citofluorimetria è una tecnica applicata per misurare le caratteristiche fisiche, morfologiche e fisiologiche di cellule microbiche ed ha il pregio di generare un dato per ogni singola particella (cellula) analizzata. Poiché è noto che l’assenza di sviluppo in piastra non implica necessariamente l’assenza di forme microbiche vitali, questa tecnica ha un grande potenziale nello studio dei trattamenti termici che mirano alla stabilizzazione ed alla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari. Infatti, nel contesto industriale la tendenza è quella di ridurre l’entità di questi trattamenti (tempi/temperature). Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo di composti d’aroma, la cui attività antimicrobica è ben documentata, poiché il trattamento termico, incrementando la tensione di vapore di queste sostanze, ne potenzia l’attività antimicrobica. Questa tesi è incentrata su due aspetti: da una parte, l’effetto dell’esposizione di L. monocytogenes a diverse concentrazioni di timolo e carvacrolo (terpenoidi prevalenti in oli essenziali di Labiatae tra cui timo e origano), dall’altra la valutazione degli effetti di trattamenti termici subletali (45, 50, 55°C), anche in presenza di composti d’aroma, sulla disattivazione e sul successivo recupero di L. monocytogenes. I risultati hanno confermato la forte sinergia tra trattamento termico e presenza di sostanze terpeniche. È stato inoltre dimostrato che la presenza di tali composti incide drasticamente sulle potenzialità di recupero degli eventuali sopravvissuti dopo il trattamento termico. I risultati a volte discordanti tra l’analisi citofluorimetrica (focalizzata sull’integrità della membrana) e i conteggi in piastra hanno evidenziato come i due approcci debbano essere utilizzanti in modo complementare. L’utilizzo di altri coloranti legati ad altre funzioni biologiche e metaboliche permetterà l’ottenimento di informazioni aggiuntive circa la risposta fisiologica di questo microrganismo.
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Marzocchi, Giulia <1976&gt. "Studio prospettico nella LMC Ph+: la FISH è efficace quanto la citogenica convenzionale per la definizione della risposta al trattamento con Imatinib. Correlazione con la risposta molecolare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/805/1/Tesi_Marzocchi_Giulia.pdf.

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Marzocchi, Giulia <1976&gt. "Studio prospettico nella LMC Ph+: la FISH è efficace quanto la citogenica convenzionale per la definizione della risposta al trattamento con Imatinib. Correlazione con la risposta molecolare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/805/.

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Casadei, Beatrice <1986&gt. "Ruolo del Microbiota Intestinale Nella Risposta al Trattamento con Anticorpi anti Checkpoints Immunitari in Pazienti Affetti da Linfoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9789/1/Casadei%20B.%20PhD%20Def.pdf.

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Abstract:
L’interazione tra il sistema immunitario dell’ospite e la cellula tumorale rappresenta uno degli elementi cardine dello sviluppo del clone neoplastico: la capacità della cellula cancerosa di evadere il controllo immunitario sfruttando meccanismi fisiologici come i checkpoint immunitari è alla base di diverse neoplasie, incluse le sindromi linfoproliferative. Lo sviluppo di anticorpi monoclonali che bloccano selettivamente l’interazione tra il recettore trans-membrana PD-1 (programmed death -1) ed i propri ligandi (PD-L1 e PD-L2), rappresenta una delle scoperte terapeutiche più promettenti in ambito onco-ematologico. Nonostante l’importante efficacia antitumorale degli anticorpi anti checkpoint immunitari dimostrata dai differenti studi clinici condotti sia in ambito oncologico che ematologico, una parte dei pazienti, a parità di patologia e di farmaco ricevuto, non risponde alla terapia o sviluppa eventi avversi immuno-relati. La comprensione della variabilità di risposta dimostrata dai pazienti con stessa patologia, sottoposti a stesso trattamento rappresenta pertanto un punto chiave allo scopo di identificare strategie che possano potenziare l’efficacia terapeutica di tali anticorpi, riducendone gli effetti collaterali. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo del microbiota intestinale (MI) nel modellare la risposta immunitaria sistemica e, nel contesto neoplastico, nel modificare e mediare l’attivazione del sistema immunitario ad agenti chemio-immunoterapici. È noto che il MI sia un ecosistema plastico che può riorganizzare funzionalità e composizione in maniera adattativa in risposta a diversi fattori ambientali. La struttura individuale del MI e la sua dinamicità temporale possono, pertanto, influenzare l’outcome delle chemio-immunoterapie onco-ematologiche, modulandone l’efficacia e la tossicità. In questo scenario, ipotizziamo che la caratterizzazione longitudinale (pre, durante e post-terapia) del MI di pazienti affetti da linfoma trattati con anticorpi anti-checkpoint inibitori e la sua correlazione con la risposta al trattamento e con lo sviluppo di eventi avversi possa avere un ruolo nel delineare l’outcome di tali pazienti e nell’identificare nuovi criteri di stratificazione del rischio.
Single-agent monoclonal antibodies targeting the immune checkpoint PD-1 (programmed death 1) are an efficient and safe therapeutic option in patients with relapsed/refractory B-cell lymphoma. However, many patients progress or lose response to anti-PD1. Recent studies have highlighted the role of the gut microbiota (GM) in influencing the response to chemo-immunotherapeutic agents. Here, we hypothesize that the longitudinal characterization (pre, during, and post-therapy) of GM of lymphoma patients treated with checkpoint inhibitors and its correlation with treatment response and development of adverse events may have a role in outlining the outcome of such patients and in identifying new risk stratification criteria.
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Iapichino, Anastasia <1989&gt. "Caratterizzazione di cellule staminali cancerose dei tumori del colon-retto e loro risposta al trattamento con estratti di piante medicamentose." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/8893/1/Tesi_IAPICHINO_%20XXXI%20CICLO.pdf.

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Abstract:
Il cancro del colon-retto è una delle neoplasie più frequenti, ad alto tasso di mortalità, causato dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Parallelamente al modello stocastico, secondo il quale tutte le cellule tumorali (CT) hanno una stessa probabilità di rigenerare un tumore, sta prendendo piede il modello che vede solamente in un piccolissimo sottogruppo di cellule staminali tumorali (CST) la capacità di dar luogo e sostenere la crescita tumorale. Dalla letteratura si evince come le CST mostrino deregolazioni a carico di geni implicati in: chemio-resistenza, transizione epitelio-mesenchimale (EMT), auto-rinnovamento incontrollato, processi peculiari delle CST, che favoriscono l’insorgenza di un fenotipo tumorale. Lo scopo del progetto di Dottorato è stato quello di isolare e caratterizzare le CST sia da linee cellulari tumorali che da biopsie di tumore al colon-retto, per identificare marcatori tumorali utili a delineare le fasi di progressione del tumore e di individuare potenziali bersagli terapeutici. Inoltre, ho sottoposto le CT e le CST di una linea di adenocarcinoma del colon-retto (HCA7), a trattamento con l’estratto naturale di T. cordifolia, pianta utilizzata della medicina Ayurvedica, ed uno dei suoi principi attivi, la berberina, allo scopo di verificarne l'efficacia antitumorale. Ho osservato importanti deregolazioni nelle popolazioni cellulari trattate, a carico di diversi geni coinvolti principalmente nella EMT, nella regolazione del ciclo cellulare e della apoptosi e nel favorire un fenotipo chemio-resistente. I livelli di espressione di questi geni sono risultati essere significativamente sotto-espressi, sia nelle CT trattate che nelle CST trattate. I risultati che ho ottenuto depongono a favore di un potenziale ruolo attivo della sostanza naturale sottoposta ad indagine, nel contrastare molti di quei processi fondamentali per lo sviluppo di un fenotipo tumorale. Inoltre, i miei dati avvallano anche l’ipotesi che vede le CST come potenziali bersagli terapeutici, per ottenere un effetto mirato su questa popolazione cellulare tumorale.
Colorectal cancer is one of the most frequent cancer, with a high mortality rate, caused by the interaction of genetic and environmental factors. Parallel to the stochastic model, according to which all tumor cells (CT) have the same probability of regenerating a tumor, there is a new model that look in a very small subset of cancer stem cells (CST) the responsible of tumor growth. In the literature, CSTs shows important deregulations on genes implicated in: chemo-resistance, epithelial-mesenchymal transition (EMT), uncontrolled self-renewal, peculiar processes of this small subpopulation, which favor the onset of a tumor phenotype . The aim of my PhD project was to isolate and characterize CSTs both from tumor cell lines and from colorectal cancer biopsies, in order to identify tumor markers useful for delineating the phases of tumor progression and identifying potential therapeutic targets. In addition, I treated the CT and CST of a line of colorectal adenocarcinoma (HCA7) with the natural extract of T. cordifolia, a plant used in Ayurvedic medicine, and one of its active ingredients, berberine, in order to verify its antitumor efficacy. I observed important deregulations in treated cell populations, dependent on several genes involved mainly in EMT, in cell cycle regulation and apoptosis, but also in promoting a chemo-resistant phenotype. The expression levels of these genes were found to be significantly under-expressed, both in the treated CTs and in the treated CSTs. The results I have obtained are in favor of a potential active role of the investigated natural substance, in countering many of those fundamental processes for the development of a tumor phenotype. Furthermore, my data also support the hypothesis that CSTs are potential therapeutic targets for the purpose of achieving a targeted effect on this cell tumor population.
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GAVARINI, ALESSANDRO. "Markers biologici di risposta clinica alla clozapina in soggetti schizofrenici resistenti al trattamento : il ruolo degli antigeni del sistema HLA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2005. http://hdl.handle.net/2434/40029.

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Abstract:
It has been suggested that the individual susceptibility to develop agranulocytosis and the patients' responsiveness to clozapine are both Human Leukocyte Antigen (HLA) associated. The study below was designed to re-examine the role of HLA antigens in influencing the clinical outcome of clozapine treatment in schizophrenic patients refractory to treatment. 112 Italian schizophrenic outpatients were treated with clozapine for 8 months. BPRS was used to assess clinical symptomatology at baseline (T0) and after 8 months' clozapine therapy (T1). HLA were serologically typed on peripheral blood lymphocytes at T1. None of the patients developed agranulocytosis or leucopenia. 23 patients (20.53%) were rated as high clozapine responders (as defined by a BPRS score reduced by =60% from T0 to T1) and 46 patients (41.06%) as low clozapine responders (as defined by a BPRS score reduced by <40% from T0 to T1). Looking at the frequencies of HLA antigens between high and low clozapine responders, our results show that HLA B35 seems to be a strong predictor of a high response to the drug (high responders vs low clozapine responders OR = 3.65, p = 0.042). Our results suggest that HLA-B35 antigen behaves like strong and independent predictor of clozapine responsiveness in Italian schizophrenic patients refractory to treatment.
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Paolini, Stefania <1978&gt. "L'associazione Tipifarnib-Bortezomib nel trattamento delle leucemie acute mieloidi: risultati di uno studio multicentrico di fase I/II e validazione di un profilo genico predittivo di risposta." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3559/1/paolini_stefania_tesi.pdf.

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Abstract:
Background. Outcome of elderly acute myeloid leukemia (AML) patients is dismal. Targeted-therapies might improve current results by overcoming drug-resistance and reducing toxicity. Aim. We conduced a phase II study aiming to assess efficacy and toxicity of Tipifarnib (Zarnestra®) and Bortezomib (Velcade®) association in AML patients >18 years, unfit for conventional therapy, or >60 years, in relapse. Furthermore, we aimed to evaluated the predictive value of the RASGRP1/APTX ratio, which was previously found to be associated to treatment sensitivity in patients receiving Zarnestra alone. Methods. Velcade (1.0 mg/m2) was administered as weekly infusion for 3 weeks (days 1, 8, 15). Zarnestra was administered at dose of 300-600 mg BID for 21 consecutive days. Real-time quantitative-PCR (q-PCR) was used for RASGRP1/APTX quantification. Results. 50 patients were enrolled. Median age was 71 years (56-89). 3 patients achieved complete remission (CR) and 1 partial response (PR). 2 patients obtained an hematological improvement (HI), and 3 died during marrow aplasia. 10 had progressive disease (PD) and the remaining showed stable disease (SD). RASGRP1/APTX was evaluated before treatment initiation on bone marrow (BM) and/or peripheral blood (PB). The median RASGRP/APTX value on BM was higher in responder (R) patients than in non responders (NR) ones, respectively (p=0.006). Interestingly, no marrow responses were recorded in patients with BM RASGRP1/APTX ratio <12, while the response rate was 50% in patients with ratio >12. Toxicity was overall mild, the most common being febrile neutropenia. Conclusion. We conclude that the clinical efficacy of the combination Zarnestra-Velcade was similar to what reported for Zarnestra alone. However we could confirm that the RASGPR1/APTX level is an effective predictor of response. Though higher RASGRP1/APTX is relatively rare (~10% of cases), Zarnestra (±Velcade) may represent an important option in a subset of high risk/frail AML patients.
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Paolini, Stefania <1978&gt. "L'associazione Tipifarnib-Bortezomib nel trattamento delle leucemie acute mieloidi: risultati di uno studio multicentrico di fase I/II e validazione di un profilo genico predittivo di risposta." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3559/.

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Abstract:
Background. Outcome of elderly acute myeloid leukemia (AML) patients is dismal. Targeted-therapies might improve current results by overcoming drug-resistance and reducing toxicity. Aim. We conduced a phase II study aiming to assess efficacy and toxicity of Tipifarnib (Zarnestra®) and Bortezomib (Velcade®) association in AML patients >18 years, unfit for conventional therapy, or >60 years, in relapse. Furthermore, we aimed to evaluated the predictive value of the RASGRP1/APTX ratio, which was previously found to be associated to treatment sensitivity in patients receiving Zarnestra alone. Methods. Velcade (1.0 mg/m2) was administered as weekly infusion for 3 weeks (days 1, 8, 15). Zarnestra was administered at dose of 300-600 mg BID for 21 consecutive days. Real-time quantitative-PCR (q-PCR) was used for RASGRP1/APTX quantification. Results. 50 patients were enrolled. Median age was 71 years (56-89). 3 patients achieved complete remission (CR) and 1 partial response (PR). 2 patients obtained an hematological improvement (HI), and 3 died during marrow aplasia. 10 had progressive disease (PD) and the remaining showed stable disease (SD). RASGRP1/APTX was evaluated before treatment initiation on bone marrow (BM) and/or peripheral blood (PB). The median RASGRP/APTX value on BM was higher in responder (R) patients than in non responders (NR) ones, respectively (p=0.006). Interestingly, no marrow responses were recorded in patients with BM RASGRP1/APTX ratio <12, while the response rate was 50% in patients with ratio >12. Toxicity was overall mild, the most common being febrile neutropenia. Conclusion. We conclude that the clinical efficacy of the combination Zarnestra-Velcade was similar to what reported for Zarnestra alone. However we could confirm that the RASGPR1/APTX level is an effective predictor of response. Though higher RASGRP1/APTX is relatively rare (~10% of cases), Zarnestra (±Velcade) may represent an important option in a subset of high risk/frail AML patients.
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CORCELLA, PALMA ROBERTA. "Disturbi specifici e difficoltà dell'apprendimento scolastico. Un questionario osservativo per l'analisi dei prerequisiti e l'identificazione precoce del rischio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/18766.

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Abstract:
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facoltà di Scienze della Formazione Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione ”R. Massa” Dottorato di Ricerca In Scienze Umane, XXII Ciclo Curriculum “Benessere della Persona, Salute e Comunicazione Interculturale” LEARNING DISABILITIES AND DIFFICULTIES AN OBSERVATIONAL QUESTIONNAIRE FOR ANALYSIS OF BASIC SKILLS AND EARLY RISK IDENTIFICATION ABSTRACT Coordinatore: Chiar.ma Prof.ssa Ottavia ALBANESE Tesi di Dottorato di Palma Roberta CORCELLA Matricola N.708042 Anno Accademico 2009/2010 INTRODUCTION This work is part of a research field which over the past twenty years had an important trend. Learning disabilities and difficulties are frequent and important issues in the medical-pediatric field. Recent research suggests that the incidence of specific learning disabilities (LD) is about 4%. Law in Italy has just reached an important milestone that we had been waiting for about 10 years. Law 170, the first law about dyslexia in our country, appears in the October 2010 issue of “La Gazzetta Ufficiale” with the title “New rules about specific learning disorders at school". In their school-learning journey children with specific learning disabilities may have difficulties in the process of reading, writing or calculation automation, which can be very often connected one to the other. In addition to these difficulties concerning only learning, students develop a feeling of emotional and motivational failure with important implications. Therefore the presence of a LD does not affect only the child's learning process but also his general wellness: the child with LD often tends to develop styles of impractical or even harmful attribution to structure a good idea of himself and his self-esteem (De Beni R., Moè A. 2000, Dweck C.S. 2000). An important protective factor for children with LD is early diagnosis. Therefore, considering that the “time” factor plays an important role, it is interesting to hypothesize a program of observation and screening from the last year of kinder garten (Stella G. 2008; AID 2009). According to many longitudinal studies, early identification and intervention play a positive role in determining the evolution of specific learning disabilities and the overall cognitive and emotional development of children with these problems (Baker e Smith, 1999; Jackson et al., 1999; Byrne et al., 2000; Morris et al., 2000; Schneider et. al, 2000; Vadasy et al., 2000). The work of early identification of subjects who can be considered "at risk” has the objective of limiting the likelihood of their school failure by planning targeted and specific educational interventions. The effectiveness of a centered intervention has been shown by longitudinal studies in literature, such as studies of meta-phonological training goal with pre-school children who get significantly better results in reading and writing than the control group (Bryant e Bradley, 1985; Pinto, 1993; Kozminsky e Kozminsky, 1995). This study starts from these premises: we chose to perform a screening during the last year of kinder garten using an Italian instrument, the IPDA Observing Questionnaire (Early Identification of Learning Difficulties), born from a fruitful collaboration with the University of Padua. Peculiarity of this research is first of all the choice to investigate the prerequisites of school education through a questionnaire specifically created to bring to light slight situations of immaturity and potential risk to have difficulties in school learning. Secondly, the analysis of the responses is aimed at strengthening the prerequisites for academic learning through a targeted intervention. This work is structured into four chapters. The first deals with the theoretical definition, etiology, prognosis and characteristics of the specific school learning disability. The second chapter focuses on learning difficulties at school by analysing the differences between them and the LD. The third chapter is about prevention and early identification through the analysis of early risk signs of learning difficulties. The first three chapters can be seen as a theoretical introduction to the fourth chapter which is focused on the research. OBJECTIVES AND PURPOSES OF THE RESEARCH The objectives of my research are: 1. to establish that there are different ways of developing prerequisite skills of learning among children 2. to evaluate the effectiveness of treatment RESEARCH HYPOTHESIS The first hypothesis is that the group of children who undergo a specific work to strengthen their prerequisites of learning will show a better evolution than those who don’t. The second hypothesis is that, in a group of children who work to develop their prerequisites for academic learning, the children who have less structured basic skills will benefit more than those with a better level. METHOD PARTICIPANTS The group consists of 659 5 year-old children , 351 males (53%) and 308 females (47%) in the final year of kinder garten. These children come from five different kinder garten: two in the province of Milan and 3 in the province of Varese. According to the Handbook of Questionnaire Observing IPDA (Terreni et al, 2002), children with disabilities and immigrant children with little or no knowledge of Italian were excluded from this group. The whole group was divided into an experimental group, that followed the treatment, and a control group that followed the traditional educational program. The experimental group was composed of 384 children, 198 males (52%) and 186 females (48%) with an average age of 64 months, in the month of October, corresponding to five years and four months. The control group consisted of 275 children, 153 males (55%) and 122 females (45%) with an average age of 62 months, in the month of October, corresponding to five years and two months. MEASURES Twelve years ago a working group (which I still belong to) of the University of Padova, led by Professor Cesare Cornoldi, following the request of the Department of Education of Bergamo, decided to start a project for the prevention of learning school difficulties. The instrument which was created to perform the screening was the Observing Questionnaire IPDA (Terreni et al 2002). The Observing Questionnaire IPDA allows us to detect in an agile and quick way subjects potentially "at risk" to have learning difficulty at school using the teachers’ observations, whose prediction is confirmed by several works (Stevenson et al. 1976; Feshbach et al., 1977; Cornoldi e Pra Baldi, 1979; Archer e Edwards, 1982; Camerini et al., 1996; Alvidrez e Weinstein, 1999; Panter, 1999; Taylor et al., 2000; Teisl et al., 2001). The IPDA is composed of 43 items divided into two main sections. The first concerns the "general skills" related to general learning ability (behavioral, motor skills, language comprehension, oral expression, metacognition and other cognitive abilities (memory, praxis, orientation); the second refers to "specific skills" that are the prerequisites of reading- writing and mathematics. The total score of each child is calculated by adding the scores (1, 2, 3 or 4) assigned to any individual items. PROCEDURE First step of the research was the training of the teaching staff, who were introduced to the method of observation and the use of the tool; the training was attended by the teachers of the experimental and control groups. Then the teachers of the experimental group were taught about the treatment and they applied it in their class. The IPDA Materials were used in this second phase. At the end the children of both groups, experimental and control ones, underwent a re-test using the IPDA Questionnaire Observing again. TREATMENT IPDA Materials include educational activities that enhance the prerequisites of each specific basic school learning. Metacognition (in its aspects of awareness and control of their cognitive activity) and visual concentration are considered transversal skills. We examined the following basic school learning abilities: • reading-writing as instrumental skills: reading as decoding, spelling and writing as graphics; • reading as the ability of text understanding; • writing as presenting competence, ability to produce a text; • calculation. RESULTS The analysis of the results demonstrate that, after the treatment, children in the experimental group have significantly improved their level of prerequisites compared to the children belonging to the control group. In relation to the experimental group, the children belonging to the subgroups with high and low risk of having learning difficulties showed a higher improvement than the children belonging to the risk-free subgroup, who followed a typical evolution. The qualitative analysis of change is based on comparing the scores obtained at IPDA in pre and post-test; according to the results of the pre-test, 20 of the 35 children of the experimental group were included in the high-risk group; after treatment, the 20 children underwent the post-test and 13 of them were placed into the low-risk level and 7 into the risk-free one. After pre-test, 31 children of the control group were considered at high-risk level; after post-test, 16 of them were included into the low-risk group. No child "migrated" into the risk-free band. The first hypothesis was that the group of children who, in addition to teaching school curriculum program, undergo a specific work to strengthen their learning prerequisites will show a better evolution in relation to “natural” development of children. The data analysis confirms the first hypothesis for the subgroups of children at high and low risk. The second hypothesis was that children with lower performances (considered at risk) in a group of children who undergo this strengthening work on learning prerequisites are those who will benefit more from this work than those with a good level of development of prerequisites. The results confirm the second hypothesis, considering that the improvement of the high-risk group is significant if compared to the risk-free group, which highlighted an evolution similar to the one expected without treatment. DISCUSSION The results show that the treatment brings important benefits to children at high and low risk of scholastic difficulties, but does not bring significant benefits to risk-free children. However, it is important to notice that the treatment gave all the children the opportunity to work together, taking advantage from this collaboration. Working in small groups allowed them to practice communication and social skills that are useful for their personal growth. This experience has demonstrated the potentiality of this work led at school. It should be noticed that the success is also based on the sharing activity among the teachers about the objectives and the proposed methods, as well as their ability to adjust and adapt daily activities to the specific needs and characteristics of their class. From a more theoretical point of view, it is important to consider this improvement as related, besides to the effectiveness of the treatment, also to a wider change, given by the modification of the context. All teachers included in the research have completed a training course aimed not only at providing information and knowledge on the use of instruments and materials, but also at creating a good learning environment. This type of work is consistent with the assertion "Neither knowledge nor learning exist independently from the way the participants make them actual in their context” (Pontecorvo, 1999, p24). It is also important to consider that "the relationships between individual and context form a unique and indivisible unit, because the individual can never be understood outside his/her social dimension" (B. Ligorio, C. Pontecorvo, 2010). Stetsenko and Arievitch (2004) argue that there is a substantial ontological similarity between interindividual and the intraindividual development, because they are two interdependent processes. The events in the life of a class become observable only within a contextual perspective in which learning is understood as a collective co-construction of meanings. This definition goes beyond the cognitivist conceptions of learning that, as well as other cognitive processes, deals only with the mind of the learner. Defining learning in social-constructivist terms means, therefore, considering learning as a result of attribution of meaning and direction to activities, products and processes that relate to the working group, the instruments and the place where learning takes place.
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SOLA, DANIELE. "Predittori di risposta ai trattamenti biotecnologici in artrite reumatoide." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2016. http://hdl.handle.net/11579/115190.

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Di, Biase Letizia <1974&gt. "Effetto dell'alta pressione di omogeneizzazione e dei trattamenti termici sulla risposta e sull'espressione genica in Listeria monocytogenes." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1801/1/Di_Biase_Letizia_Tesi.pdf.

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Di, Biase Letizia <1974&gt. "Effetto dell'alta pressione di omogeneizzazione e dei trattamenti termici sulla risposta e sull'espressione genica in Listeria monocytogenes." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1801/.

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BAKUDILA, MBUTA ANSELME. "Trattamenti atti a modulare la risposta infiammatoria della bovina da latte nel periparto per migliorare le condizioni di benessere e le performance." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/272.

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Abstract:
Il periparto della bovina da latte è caratterizzato da processi infiammatori, che aumentano la vulnerabilità delle vacche alle malattie tipiche peripartali, spesso dovute a patogeni occasionali. In tale periodo, si hanno notevoli variazioni metabolico-fisiologiche, che si evidenziano con la tipica risposta “di fase acuta”, caratterizzata dall’aumento delle proteine positive di fase acuta (es. aptoglobina) e di alcuni specifici metaboliti (es. metaboliti reattivi all’ossigeno) ma anche dalla diminuzione delle proteine negative di fase acuta (es. albumina, colesterolo, PON). In queste prove si è cercato di attenuare e/o modulare tali fatti infiammatori mediante trattamenti specifici caratterizzati dalla somministrazione di: una citochina antinfiammatoria (interferon-alfa) due settimane dal parto per via orale con 1000 UI/Kg (1° prova), 0,5 UI/Kg (2° prova), un antibiotico (tilosina) a circa 10 giorni prima del parto per via intramuscolare, in tre giorni consecutivi ed un farmaco antinfiammatorio (acido acetilsalicilico) nel pre e post parto per via orale con un dosaggio di 30g/d a giorni alterni. L’interferone-alfa ha mostrato un effetto pro-infiammatorio, verosimilmente dovuto alla persistenza della citochina nel rumine (confermata dalla prova in vitro); di qui il ritorno in bocca con il bolo ed una reiterazione dell’effetto, quale fosse un alto dosaggio. La tilosina non ha modificato i processi infiammatori, probabilmente per l’effetto limitato nel tempo degli antibiotici. L’unico trattamento che ha modulato i fatti infiammatori e migliorato talune performance delle bovine trattate è stato quello con l’acido acetilsalicilico.
The transition period in dairy cows is characterized by inflammatory processes, which can contribute to the of their increased susceptibility to periparturient diseases, health disorders and lowered performance. During that phase, dairy cows show metabolic and physiological changes characterized by the rise of positive acute phase proteins (i.e. haptoglobin) and some specific metabolite (i.e. ROS), besides a reduction of negative acute phase proteins (i.e albumin, lipoproteins, PON, etc.). The aim in this study was the attempt to reduce and/or to prevent inflammations, with specific treatment: an antinflammatory cytokine (interferon-alfa) before calving about 1000 UI/Kg/day (1st trial), 0.5 UI/Kg (2st trial) per os, an antibiotic parenterally (tylosin) 10 days before calving and a conventional antinflammatory drug (acetylsalicylic acid), about 30 g/day orally before and after calving. Interferon- increased inflammatory response maybe due to a high-dose, because the cytokine (whom activity site is oral cavity) showed to be persistent in the rumen and renewed the cytokine effect with rumination. The use of an antibiotic (tylosin) did not change the inflammatory status of the dairy cows. The oral administration of Acetylsalicylic acid has otherwise reduced the inflammatory effect and improved the performance of treated dairy cows.
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GROSSI, PAOLO. "Il periodo di transizione della bovina da latte e l'infiammazione: un nuovo indice per valutare la risposta individuale, trattamenti pre-parto finalizzati alla sua riduzione e conseguenze sulle prestazioni produttive e riproduttive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1309.

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Abstract:
Il periparto è la parte più critica della vita della bovina da latte. I cambiamenti importanti ed improvvisi nel metabolismo e nelle condizioni di vita possono favorire l’insorgenza di problemi di salute e di uno stato infiammatorio. Una risposta eccessiva dell’organismo all’infiammazione può sottrarre risorse fondamentali, causando un peggioramento delle condizioni di salute e un calo della produzione di latte. Nella prima parte della tesi si propone un nuovo indice basato su alcuni parametri plasmatici utile a descrivere meglio la risposta all’infiammazione nel post-parto. Una identificazione rapida degli animali caratterizzati da una risposta eccessiva all’infiammazione, specialmente quelli senza sintomi esterni, permette un intervento efficace per evitare ulteriori conseguenze negative. La seconda e terza parte della tesi descrivono due prove sperimentali finalizzate a ridurre la risposta all’infiammazione impiegando acidi grassi ω-3 e/o acido acetilsalicilico. La somministrazione di acidi grassi ω-3 a cavallo del parto ha ridotto la risposta all’infiammazione e migliorato il bilancio energetico, mentre la loro somministrazione esclusivamente prima del parto ha evidenziato alcuni leggeri miglioramenti nella risposta all’infiammazione e nel bilancio energetico. La somministrazione prima del parto di acido acetilsalicilico ha causato l’insorgenza di alcuni problemi e pertanto dovrebbe essere somministrata solo dopo il parto.
The peripartum period is the most critical stage of the dairy cows. The sudden and major changes in metabolism and life conditions may favor the onset of health problems together with an inflammatory status. An excessive response by the organism to inflammation may subtract primary resources, resulting in a worsening of health status and in a lower milk yield. In the first part of the thesis a new index based on some plasma parameters is proposed to better describe the response to inflammation in the post-calving of dairy cows. An early identification of the animals characterized by a severe response to inflammation, especially without any external symptom, allows an effective intervention in order to avoid further negative consequences. The second and the third part of the thesis describe two experiments aiming to reduce the response to inflammation using ω-3 fatty acids and/or acetylsalicylic acid. The administration of ω-3 fatty acids around calving reduced the inflammatory response and improved the energy balance, while their pre-calving only administration highlighted some slight improvements in inflammatory response and energy balance. The pre-calving administration of acetylsalicylic acid caused the onset of some problems and should be used only after calving.
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DE, MATTEIS LUISA. "Studio dei processi infiammatori nel periodo di transizione e dopo LPS "Challenge" in bovine sottoposte a diversi stressmetabolici." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1311.

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Abstract:
Il processo infiammatorio è un meccanismo di difesa aspecifico innato, che costituisce una risposta protettiva dell’organismo a vari tipi di insulto (infezione, danno tissutale, trauma, stress, malattie autoimmune,). Esso comporta il rilascio in circolo di mediatori pro-infiammatori (es. citochine) and anti-infiammatori (es lipossine ed alcune citochine). Le citochine pro-infiammatorie inducono effetti infiammatori (es. anoressia e febbre) e stimolano la risposta di fase acuta (APR). Invece, le lipossine e le citochine anti-infiammatorie tendono ad attenuare l’infiammazione. Gli scopi di questa ricerca erano due: distinguere i soggetti in base al grado di severità della APR dopo il parto, e dopo stimolazione intramammaria con lipopolisaccaride (LPS) in bovine da latte sottoposte a diversi stress metabolici (NaCl, BHB, EuG e IpoG). I soggetti EuG e BHB hanno mostrato una APR più severa rispetto a IpoG e NaCl. Un ulteriore scopo è stato proposto un indice composto da alcune proteine di fase acuta al fine di stimare i processi infiammatori e le conseguenze epatiche (PICE). Le bovine con PICE più basso prima del parto, avevano più alti livelli plasmatici di citochine pro-infiammatorie e lipossine prima del parto (e mostravano una APR più severa dopo il parto), anche in assenza di sintomi clinici.
Inflammation is the innate, non-specific response of the host to disturbances in his homeostasis caused by infection, tissue injury, stress, trauma, neoplastic growth, immunological disorders. It involves pro- (e.g. cytokines) and anti-inflammatory mediators (e.g. lipoxins, some cytokines). The pro-inflammatory cytokines induce inflammatory effects (e.g. anorexia, fever) and play key roles in the stimulation of acute phase response (APR). The lipoxins and anti-inflammatory cytokines tend to mitigate the inflammation. Two were the aims of this research: to investigate in dairy cows the severity of APR at calving time as well as after intramammary lypopolysaccharide (LPS) administration in cows challenged with hyperinsulinemic hypoglycemic (HypoG, n=4), hyperinsulinemic euglycemic (EuG, n=5), hyperketonemic (BHB, n=4) and control (NaCl, n=6) clamps. Plasma samples were assayed for a wide metabolic and inflammatory profile. With respect to HypoG and NaCl animals, more severe APR was observed in EuG and BHB. A further aim was the proposal of an Index, composed by several acute phase proteins, to estimate Inflammatory Processes and Hepatic Consequences (IPHC). The dairy cows with lower IPHC after calving, had higher plasma levels of pro-inflammatory cytokines and of lipoxins before calving (and showed a stronger APR after calving); this was seen also in absence of clinical symptoms.
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BOTTICELLI, ANDREA. "Biomarcatori di risposta in pazienti affetti da neoplasia del polmone metastatico in trattamento con immunoterapia." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1227290.

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Abstract:
RAZIONALE Nonostante gli entusiasmanti risultati dell’impiego dell’immunoterapia nel trattamento delle neoplasie solide, solo il 30-40% dei pazienti presentato un beneficio a lungo termine mentre il restante 60-70% presenta progressione dopo i primi mesi di trattamento. La ricerca di biomarcatori in grado di selezionare i pazienti responsivi dai pazienti non responsivi rappresenta oggi la vera sfida dell’immuno-oncologia. In questo scenario si inserisce questo lavoro che ha l’obiettivo di investigare il ruolo prognostico/predittivo di alcuni biomarcatori. In particolare valuteremo il ruolo del pathway di IDO, il possibile ruolo del microbioma e il ruolo del fattore reumatoide. MATERIALI E METODI Sono stati arruolati pazienti affetti NSCLC in stadio IV seguiti presso Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, Facoltà di Medicina e Psicologia Sapienza Università di Roma, da giugno 2016 a luglio 2017 Il trattamento con Nivolumab è stato somministrato a una dose standard di 3 mg / kg ogni 2 settimane fino a progressione di malattia o sviluppo di tossicità inaccettabile ANALISI CHINURENINE Abbiamo valutato i livelli sierici di trp, kyn e acido chinolinico con una cromatografia liquida modificata-metodo spettrometria di massa tandem (LC-MS / MS), ANALISI MICROBIOMA : Ogni campione di feci è stato raccolto e processato. Il DNA genomico è stato isolato dall'intero set di campioni, utilizzando il kit QIAamp DNA Stool Mini (Qiagen, Germania). La regione V1-V3 del locus RNA ribosomiale 16S (rRNA) è stata amplificata per la successiva fase di pirosequenziamento su un sequenziatore genoma 454-Junior (Roche 454 Life Sciences, Branford, USA). ANALISI DEL FATTORE REUMATOIDE In una coorte di pazienti, abbiamo determinato i livelli sierici di pre-trattamento di FR (kit ELISA in fase solida, valori superiori a 16 U / ml sono stati considerati positivi). RISULTATI ANALISI DELLE CHIMURENINE : La PFS era significativamente più lunga nei pazienti che presentavano valori inferiori di kyn / trp rispetto a pazienti con valori più elevati di kyn / trp (PFS mediana non raggiunta a 3 mesi; HR: 0,2; IC 95%: 0,06-0,62; p = 0,001). ANALISI MICROBIOMA : La meta-tassonomia del microbiota è stata descritta per i pazienti con NSCLC rispetto ai CTRL e ad ogni periodo di trattamento con Nivolumab. Nei pazienti affetti da NSCLC Rikenellaceae, Prevotella, Streptococco, Lactobacillus (p <0,05), Bacteroides plebeius, Oscillospira, Enterobacteriaceae (p <0,05) sono risultati aumentati rispetto ai CTRL. I non responder avevano Ruminococcus bromii, Dialister, Sutterella più abbondante dei pazienti responder alla terapia (p <0,05). Un po 'aumentato nei responder è apparso Akkermansia muciniphila, Bifidobacterium longum e Faecalibacterium prausnitzii (p <0,05). Propionibacterium acnes, Veillonella, Staphylococcus aureus, Peptostreptococcus apparivano significativamente sovraespressi, mentre il Clostridium perfringens era significativamente ridotto al C1 rispetto al punto temporale C3 del trattamento ANALISI DEL FATTORE REUMATOIDE : La progressione precoce della malattia è risultata significativamente più frequente nei pazienti con RF positiva (5/7, 71,4%) rispetto a quelli negativi (8/28, 28,6%, p <0,0001) CONCLUSIONE Il nostro studio suggerisce che i pazienti con elevato rapporto kyn/trp , un elevato livello plasmatico di FR sono caratterizzati da una prognosi estremamente infausta e da una resistenza primaria agli anti PD-1. Il nostro studio suggerisce inoltre che diversi profili di microbioma siano associati a rischio diverso di sviluppare cancro del polmone, ma anche come siano associati a differente risposta all’immunoterapia. I nostri dati si inseriscono nello scenario della medicina di precisione ed in particolare della immuno-oncologia di precisione in cui la ricerca del biomarcatore di risposta o resistenza è cruciale nel selezionare il paziente e ottimizzare le risorse ed i trattamenti disponibili.
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DE, ROSSI Pietro. "Predittori di risposta al trattamento per ADHD con metilfenidato e atomoxetina in pazienti adulti: ruolo del temperamento e della disregolazione emotiva." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1362668.

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Abstract:
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è il disturbo del neurosviluppo più comunemente diagnosticato in età infantile, con tassi di persistenza in età adulta che arrivano al 70%. La persistenza del disturbo in età adulta è associata a traiettorie evolutive caratterizzate dallo sviluppo di disturbi dell’umore, della personalità, di disturbi da uso di sostanze e altre dipendenze significative e compromissione del funzionamento. Il trattamento farmacologico dell’ADHD in età adulta rappresenta una sfida clinica sia per la difficoltà tecniche di prescrizione all’interno del sistema regolatorio Italiano, sia perché va inserito all’interno di una strategia integrata che tenga conto della complessità legata alle molteplici comorbidità, sia perché diagnosi e trattamento dell’ADHD sono ancora molto poco conosciuti tra gli specialisti psichiatri di Europa. In questo contesto è utile identificare potenziali variabili predittive di esito favorevole del trattamento, che consistano in strumenti clinici affidabili e rapidamente utilizzabili nell’ambito di una prima valutazione di base, nell’ottica di una appropriata personalizzazione terapeutica. Per questo motivo sono stati arruolati in uno studio a disegno naturalistico osservazionale longitudinale 164 pazienti afferenti al Servizio Ambulatoriale della U.O.C. di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliera S. Andrea con sospetto diagnostico per ADHD persistente in età adulta. I pazienti sono stati valutati clinicamente tramite strumenti specifici per la diagnosi e la valutazione di gravità dei sintomi ADHD in età adulta e sono stati trattati farmacologicamente secondo indicazione clinica con Atomoxetina o Metilfenidato (terapie di prima linea nel trattamento dell’ADHD in età adulta). Sono state ripetute valutazioni a 2,4,e 6 mesi di trattamento per monitoraggio della risposta clinica nel tempo. I risultati dello studio mostrano come la terapia specifica per ADHD sia efficace in un campione di pazienti adulti. Le comorbidità e il temperamento ciclotimico non sono risultati significativamente influenti sulla risposta al trattamento. Da ciò si deduce una specificità di risposta dei sintomi ADHD ai trattamenti ADHD-specifici indipendentemente dai disturbi in comorbidità, rendendo possibile un trattamento sicuro ed efficace se guidato da un ragionamento clinico gerarchico che tenga in considerazione sintomi specifici, dimensioni e comorbidità. Ad ogni modo i pazienti ad alto grado di ciclotimia, identificati applicando il cut-off per la definizione di temperamento ciclotimico dominante in base alla brief-TEMPS-M, si sono caratterizzati per gradi significativamente più elevati di tutte le dimensioni cliniche di disregolazione emotiva, impulsività, sintomatologia ADHD e associazione significativamente più alta con diagnosi di comorbidità con disturbi bipolari e disturbo di personalità borderline. Inoltre, questo sottotipo di pazienti mostra una risposta più significativa della disregolazione emotiva al trattamento ADHD specifico. Questi dati preliminari necessitano di ulteriore verifica sperimentale, ma sono sostenuti da altri dati in letteratura che dimostrano come sia possibile un trattamento dell’ADHD in soggetti con Disturbo Bipolare in comorbidità dopo un adeguato trattamento dello stesso con stabilizzanti dell’umore; oppure una sicura combinazione tra terapia specifica per ADHD e una terapia specifica per un Disturbo d’Ansia o un Disturbo da Uso di Sostanze o della Personalità. Inoltre, i nostri dati hanno dimostrato come la dimensione di disregolazione emotiva, misurata tramite la sottoscala “emotional impulsivity” della RIPoSt, risulti essere il miglior predittore di risposta al trattamento nel nostro campione. Questa caratteristica sembra specificamente in relazione con la disregolazione emotiva dei pazienti con ADHD anche rispetto ai pazienti ciclotimici. Questo permette di sostenere la tesi secondo cui la disregolazione emotiva e in particolare l’ “emotional impulsivity” si possa configurare come una parte non secondaria del disturbo legata più alla dimensione iperattiva/impulsiva che alla predisposizione temperamentale ciclotimica e che queste dimensioni possano condividere aspetti clinico-neurobiologici (es. circuiti inibitori cortico-sottocorticali) che fanno da substrato ad entrambe. Infine i nostri risultati dimostrano che la disregolazione emotiva può essere trattata efficacemente con la terapia ADHD-specifica e risponde in maniera soddisfacente tanto quanto le dimensioni disattentiva e iperattiva/impulsiva considerate principali dal DSM-5. Nonostante la necessità di ulteriori conferme sperimentali, i nostri dati si aggiungono al patrimonio di evidenze a sostegno del fatto che tale dimensione possa essere presa in considerazione nella stesura dei criteri diagnostici per ADHD nelle future edizioni dei sistemi nosografici, e che venga utilizzata come strumento volto alla personalizzazione terapeutica al fine di individuare precocemente pazienti ADHD adulti che possano beneficiare significativamente della terapia ADHD-specifica.
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SAMPAOLI, CAMILLA. "Nuovi approcci terapeutici del carcinoma corticosurrenalico: effetto del rosiglitazone e studio del ruolo di p53 nella risposta al trattamento con radiazioni ionizzanti." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11573/918343.

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Abstract:
Il carcinoma corticosurrenalico (ACC) è una rara forma di tumore endocrino, la cui prognosi è variabile, a seconda dallo stadio del tumore e dal momento della diagnosi, ma generalmente infausta. L’esatta e-ziopatogenesi dell’ACC non è ancora stata del tutto chiarita, tuttavia alcuni importanti fattori di rischio sono rappresentati dalla perdita di funzione di p53 e dall’over-espressione di IGF2 e VEGF. Le terapie attualmente disponibili per la cura di questa neoplasia non risultano completamente efficaci e la variabilità nella risposta ai diversi trattamenti è estremamente elevata. Lo scopo del lavoro svolto durante il Dottorato di Ricerca era di migliorare le attuali conoscenze relative al-le possibili opzioni terapeutiche del carcinoma corticosurrenalico. Tale obiettivo è stato perseguito attraverso due diversi tipi di approccio: da un lato, la valutazione degli effetti anti-neoplastici del rosiglitazone, un far-maco insulino-sensibilizzante, in due linee cellulari derivanti da ACC, al fine di determinarne l’efficacia tera-peutica; dall’altro, la valutazione del ruolo dell’onco-soppressore p53 nella risposta alla radioterapia, con l’obiettivo di dimostrarne la validità come fattore predittivo per la risposta a questo tipo di trattamento. L’effetto anti-tumorale del rosiglitazone è stato testato in due linee cellulari di carcinoma corticosurrenalico, H295R e SW-13, isolate rispettivamente da un carcinoma al II stadio secernente e da un tumore al IV stadio non secernente. I risultati ottenuti hanno dimostrato l’efficacia del rosiglitazone nell’inibire la proliferazione di queste linee cellulari. Lo studio dei meccanismi molecolari alla base dell’effetto del farmaco ha inoltre evi-denziato due diversi meccanismi d’azione, che consistono nell’induzione di morte per autofagia nella linea H295R e nell’arresto della proliferazione correlato alla de-regolazione del ciclo cellulare nelle cellule SW-13. Lo studio del ruolo di p53 nella risposta alla radioterapia ha dimostrato l’importanza della corretta funziona-lità di questo fattore per l’inibizione della proliferazione e l’induzione della morte per apoptosi in seguito a questo trattamento, evidenziando inoltre un forte effetto di inibizione sulla via di trasduzione del segnale me-diata da IGF-II e Akt. La valutazione dello stato dell’oncogene HIF-1 nei due modelli cellulari di ACC ha dimostrato l’iper-attivazione di questo fattore. Il ripristino della funzione di p53 appare in grado di inibire l’espressione di HIF-1α in seguito all’irraggiamento, determinando inoltre una diminuzione nei livelli di VEGF-A. I risultati finora raggiunti, pertanto, indicano l’efficacia del rosiglitazone nella terapia per il carcinoma corti-cosurrenalico e dimostrano il ruolo fondamentale di p53 wild type per la risposta al trattamento radioterapico, suggerendone l’importanza come fattore terapeutico e predittivo. Essi inoltre indicano HIF-1α come un poten-ziale nuovo oncogene per il carcinoma corticosurrenalico, di grande importanza come marker diagnostico e target terapeutico.
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