Academic literature on the topic 'Risposta al trattamento'

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Journal articles on the topic "Risposta al trattamento"

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Stefani, Maria, Grazia Maria Cerbo, Sandra Mallone, and Domenico Di Lallo. "Description of psychiatric outpatient services in the Lazio region in the years 1989-1992." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 5, no. 1 (April 1996): 38–45. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00003924.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo - Scopo dello studio è quello di descrivere nel tempo l'attività delle strutture ambulatoriali psichiatriche del Lazio. Disegno - Studio descrittivo. Setting - Sono stati analizzati 21 Dipartimenti di Salute Mentale del Lazio nel periodo 1989-92. La fonte dei dati è rappresentata da una scheda riassuntiva mensile dell'attivita dell'ambulatorio. Principali misure utilizzate - Distribuzione di frequenze e tassi di prevalenza ed incidenza. Risultati - La prevalenza e l'incidenza dell'utenza in trattamento aumentano nel periodo considerate Il tasso di prevalenza annuale (per 100.000 residenti) era pari a 900 nel 1989 e 1020 nel 1992, con un incremento del 13% . Il tasso di incidenza annuale è aumentato da 517 nel 1989 a 564 nel 1992, quello di prevalenza di punto da 410 nel 1989 a 540 nel 1992. Il tipo di risposta più frequente data dal servizio è quella di accoglimento e colloquio che rappresenta negli ultimi tre anni circa il 55% del totale delle risposte. Sul totale degli utenti in carico nell'anno, circa il 25% concludono il trattamento; di questi circa il 75% interrompe il trattamento per abbandono. Nel 1992, il 28% dei soggetti conclude il trattamento con diagnosi di psicosi, il 69 % con quella di nevrosi ed il 3% con diagnosi di ritardo mentale (oligofrenia); rimane ancora elevata la quota di trattamenti conclusi con diagnosi sconosciuta. Conclusioni - L'aumento osservato dei tassi di incidenza e prevalenza puo essere determinato da numerosi fattori come l'aumento della domanda espressa, la maggiore efficienza dei servizi, e la migliore sensibilita di notifica del Sistema Informativo. Il fenomeno dei trattamenti interrotti necessita di essere ulteriormente approfondito valutando l'interazione esistente tra modalita terapeutiche e caratteristiche individuali dell'utenza.
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Marletta, F. "La neuroradiologia interventistica spinale e … Il punto di vista del Radioterapista." Rivista di Neuroradiologia 15, no. 4 (August 2002): 473–76. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500417.

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Abstract:
L'insorgenza di metastasi ossee è un evento frequente nella storia naturale di quasi tutte le neoplasie maligne e spesso incide molto sulla qualità di vita del paziente determinando algie e fratture patologiche invalidanti. L'interessamento della colonna vertebrale può determinare la comparsa di una sindrome da compressione midollare con gravi sequele neurologiche. La radioterapia riveste un ruolo di fondamentale importanza nel controllo della sintomatologia dolorosa, nella prevenzione e terapia delle fratture patologiche e nei casi di compressione midollare. La radioterapia transcutanea ottiene percentuali di risposte sulla sintomatologia dolorosa superiori al 75% anche quando viene ridotta la durata del trattamento per l'utilizzo di frazionamenti non convenzionali della dose (ipofrazionamenti o erogazione di una singola dose elevata eventualmente ripetibile alla ripresa della sintomatologia). La risposta sulla ricalcificazione delle lesione osteolitiche si verifica solo nel 25% circa delle lesioni irradiate e comunque con tempi di comparsa piuttosto lunghi (nel 70% dei casi si evidenzia radiologicamente 6 mesi dopo la radioterapia). Per tale motivo l'utilizzo di tecniche micro-invasive, quale la vertebroplastica percutanea, in grado di ottenere un effetto antalgico ed un rapido consolidamento delle vertebra, utilizzata in quei pazienti che non necessitano di una chirurgia decompressiva, può, in associazione alla radioterapia, certamente migliorare la risposta, sia in termini di controllo della sintomatologia antalgica che di stabilizzazione vertebrale. I risultati della radioterapia in caso di compressione midollare sono molto variabili e dipendono dalla gravità del deficit neurologico alla diagnosi, dalla tempestività del trattamento e dalla radiosensibilità della neoplasia. Se al trattamento chirurgico (laminectomia) si associa la radioterapia post-operatoria le percentuali di miglioramento della sintomatologia neurologica raggiungono il 60% mentre si ottengono risposte del 35% con la sola chirurgia decompressiva.
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Schiaffino, Olga Sofia. "L'esperienza dell'utilizzo di medicine non convenzionali nel trattamento di utenti del Ser.T. evidenze cliniche e considerazioni." S & P SALUTE E PREVENZIONE, no. 54 (April 2010): 51–62. http://dx.doi.org/10.3280/sap2009-054004.

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Abstract:
Il crescente interesse per la medicina non convenzionale ha sensibilizzato gli operatori di un Sert a proporre i trattamenti omeopatici, omotossicologici e di omeomesoterapia (iniezione su agopunti di farmaci omeopatici) ottenendo risultati di efficacia e assenza di effetti collaterali; inoltre l'integrazione di un trattamento non convenzionale con farmaci allopatici e/o sostitutivi ha evidenziato sempre una riduzione di effetti collaterali e una diminuzione dei dosaggi dei farmaci per ottenere la risposta desiderata. Questi trattamenti devono sempre essere proposti e seguiti da Medici altamente competenti e aggiornati non solo a riguardo della propria specializzazione, ma a "tutto campo", come richiede la pratica omeopatica, dato che il soggetto dell'interesse medico č l'uomo malato e non la malattia.
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Orlandi, Elena, and Luigi Cavanna. "Lunga sopravvivenza in paziente con carcinoma mammario oligometastatico all’encefalo, trattata con lapatinib." AboutOpen 3, no. 1 (December 29, 2017): 117–19. http://dx.doi.org/10.19156/abtpn.2017.0027.

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Abstract:
Paziente con diagnosi di carcinoma mammario operata nel 2011, ricaduta come oligometastatica dopo 2 anni (due lesioni cerebrali). La paziente è stata sottoposta prima a radioterapia gamma-knife e successivamente a trattamento di I linea con lapatinib in associazione a capecitabina. La buona risposta al trattamento ha consentito alla paziente di essere successivamente operata di metastasectomia sia in sede frontale sinistra che in sede talamica destra (Oncology).
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Dell'Amico, Shady. "Il male in Dio. Il processo di individuazione del divino nella Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung Doi: 10.3280/jun1-2021oa10483 Il male in Dio. Il processo di individuazione del divino nella Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung." STUDI JUNGHIANI, no. 53 (July 2021): 75–92. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2021oa10483.

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Abstract:
Nel presente articolo mi propongo di studiare la Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung. Com'è noto, il padre della psicologia analitica concepiva l'immaginario religioso come espressione delle dinamiche psicologiche di un uomo in continua evoluzione. La lettura qui adottata, in linea con questa posizione, vede nella Risposta a Giobbe la rappresentazione della divinità come soggetta a un processo di individuazione analogo a quello che il paziente compie durante il trattamento analitico.
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Mulas, Carlo. "Sopravvivenza a lungo termine in paziente trattata con lapatinib e capecitabina." AboutOpen 3, no. 1 (December 29, 2017): 108–11. http://dx.doi.org/10.19156/abtpn.2017.0025.

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Abstract:
Si riporta il caso di donna affetta da carcinoma della mammella metastatico, in trattamento con lapatinib e capecitabina, che presenta una lunga sopravvivenza libera da progressione. La malattia si caratterizza per l’estrema aggressività con la comparsa di recidiva dopo appena un anno dalla fine del trattamento adiuvante standard: la progressione infatti avviene in maniera improvvisa e diffusa dopo circa 13 mesi dal termine della terapia di I linea con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel, con interessamento di diversi organi splancnici e dell’encefalo. La II linea di trattamento consiste nella combinazione di lapatinib + capecitabina iniziati dopo terapia radiante encefalica e si contraddistingue per l’estrema tollerabilità e per la risposta viscerale che perdura a tutt’oggi dopo 14 mesi di trattamento (Oncology).
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Carpiniello, Bernardo. "La risposta subottimale al trattamento antidepressivo: definizione e implicazioni cliniche." Quaderni Italiani di Psichiatria 30, no. 2 (September 2011): 58–64. http://dx.doi.org/10.1016/j.quip.2011.06.001.

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Rossi, D., L. Munari, A. Ubbiali, D. Palumbo, M. Fornari, G. Lucarelli, G. Belloni, and M. Porta. "Confronto tra discectomia percutanea lombare secondo Onik, microdiscectomia e trattamento conservativo." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 4 (November 1993): 445–52. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600410.

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Abstract:
Gli autori presentano i risultati di uno studio randomizzato eseguito al fine di valutare le indicazioni e l'efficacia della discectomia percutanea secondo Onik nei confronti della microdiscectomia e del trattamento medico nella cura dell'ernia discale contenuta sintomatica. Sono stati studiati 40 pazienti lombosciatalgici, divisi in due gruppi in base alla sede della protrusione: mediana o laterale. Nel gruppo di soggetti con protrusione discale mediana veniva confrontata la discectomia percutanea con il trattamento medico. Nel gruppo dei pazienti portatori di protrusione laterale l'efficacia della metodica di Onik era messa a confronto con il trattamento microchirurgico. Il controllo è stato effettuato a sei mesi dal trattamento ed è stata valutata sia l'entità della regressione algica che il grado di soddisfazione del paziente. I dati emersi dallo studio permettono le seguenti conclusioni: 1) la discectomia percutanea trova indicazione sia nel trattamento delle protrusioni discali mediane che laterali. 2) La microdiscectomia ha fornito la migliore risposta terapeutica, mentre il trattamento conservativo ha dimostrato essere il meno valido. 3) La tendenza del dolore alla cronicizzazione richiede un trattamento precoce. 4) Il grado di soddisfazione del paziente per le cure ricevute è direttamente proporzionale al grado di invasività del trattamento. 5) La necessità di uno studio finale, di più ampia portata, con due soli bracci di trattamento: terapia medica, completata dalla fisiatria, e discectomia percutanea.
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Benigni, Angela, Domenica Casieri, and Giuseppe Romano. "Lo stato dell'arte riguardo l'utilizzo della realtà virtuale nel trattamento dell'ansia e la presentazione di un nuovo software." QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no. 47 (February 2021): 7–26. http://dx.doi.org/10.3280/qpc47-2020oa11203.

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Abstract:
In questo articolo è presentata una breve rassegna sullo stato dell'arte per quanto riguarda l'efficacia dell'implementazione della realtà virtuale (VR) nel trattamento dei disturbi d'ansia secondo l'approccio cognitivo-comportamentale, con particolare attenzione all'intervento basato sull'esposizione con prevenzione della risposta (ERP).Sono stati passati in rassegna gli studi che hanno utilizzato l'esposizione in VR per il trattamento dei principali disturbi d'ansia (aereofobia, acrofobia, claustrofobia, driving phobia, aracnofobia, disturbo d'ansia sociale, disturbo post-traumatico da stress, disturbo di panico con agorafobia, disturbo d'ansia generalizzato); una sessione in particolare è stata dedicata agli studi che hanno preso in esame il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo.Le ricerche condotte in merito all'utilizzo dell'esposizione in VR suggeriscono che i risultati ottenuti a fi ne trattamento si estendono anche alla vita reale e non ci sono differenze significative rispetto ai risultati ottenuti con l'esposizione in vivo a fi ne trattamento e al follow-up.In conclusione, verrà descritto un software che è in fase di realizzazione, progettato per garantire un'esperienza, quanto più realistica possibile, di esposizione in VR attraverso la personalizzazione e la taratura dei parametri sulla specifi ca problematica del paziente.
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Zonca, Valentina, and Annamaria Cattaneo. "Il ruolo dell'infiammazione nella depressione: dalla patogenesi alla risposta al trattamento." PNEI REVIEW, no. 1 (June 2020): 54–60. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2020-001007.

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Dissertations / Theses on the topic "Risposta al trattamento"

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Bertolaso, Laura. "Tamoxifen nel trattamento del carcinoma mammario: studio dei fattori predittivi di risposta." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423014.

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Abstract:
Breast cancer is the tumor with highest incidence in women and the first leading cause of mortality in Western countries. The estrogen receptor positive breast cancer subtype is the most frequent (60-80%) and for its treatment the selective estrogen receptor modulator tamoxifen can be used. Tamoxifen efficacy is widely recognized in the adjuvant setting (post-surgical) of early stages tumors, however, in a significant percentage of patients disease recurs. The aim of our study was to investigate possible factors contributing to the therapeutic failure of tamoxifen treatment in invasive non-metastatic estrogen receptor positive breast cancer patients. Tamoxifen is a pro-drug extensively metabolized by the hepatic cytochrome P450 CYP2D6 into more active and powerful metabolites compared to the parental drug. Among these it has been recently taken into special account the active metabolite endoxifen, which is considered the main responsible for the therapeutic response because of its high affinity for the molecular target, the estrogen receptor alpha (Erα) and because it shows higher plasma levels compared to the similarly active metabolite 4-idrossitamoxifen. Several studies have demonstrated that the gene of CYP2D6 enzyme is highly polymorphic in the population, due to variations in the gene sequence which result in functional alterations, with partial reduction or total elimination of the enzymatic activity. However, the inter-individual differences in endoxifen exposure, clinically observed, are not only explained by CYP2D6 gene polymorphisms, as its activity is significantly influenced also by environmental causes (such as drugs that inhibit the enzyme). Hence the need to identify new ways to predict individual ability of patients to activate tamoxifen, keeping endoxifen plasma levels as a reference parameter. The latter cannot be directly used to estimate the metabolic capacity of CYP2D6 when mostly needed, thas is before or in the early phases of drug treatment, because, due to the prolonged half-life of the drug and its derivatives, the achievement of steady state plasma levels (indicative of concentrations to which patients are exposed for five years of therapy) takes an average of four months. Finally, in addition to the exposure to the active metabolite, another predictive factor of response may include the molecular target of the drug, the estrogen receptor. It has been confirmed by numerous studies that in tumor and healthy mammary tissue estrogen receptor splicing isoforms of Erα and Erβ are coexpressed with the full-length proteins. Recently, an in vitro study revealed that the wild-type Erβ enhanced the antiestrogenic action of endoxifen. For the evaluation of the individual capacity in tamoxifen activation, to overcome genotyping limitations, two strategies were used: the phenotyping test of CYP2D6 by the probe drug dextromethorphan and the determination of endoxifen plasma levels at the first month (previous to the steady state). We have shown that the results of phenotyping test and levels of endoxifen at the first month are significantly associated with endoxifen steady state levels and both can be considered as informative tools to know the metabolic status of the individual patient. The influence of polymorphisms on endoxifen plasma levels was confirmed by genetic analysis of the CYP2D6 in our population; the genotyping results were also significantly associated with those of phenotyping test. The possible role of an estrogen receptor isoform, Erβ2, on the activity of endoxifen was evaluated, in vitro, by monitoring the transcription of two estrogens sensitive genes. Through analysis of expression of IL20 and ADORA1 it was found that, in the presence of concentrations of endoxifen of 40nM for prolonged time (24h), the isoform Erβ2, co-expressed with Erα, reduced the inhibitory action of endoxifen compared to the presence of only Erα.
La malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.
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Palazzini, Massimiliano <1978&gt. "Analisi dei fattori prognostici e della risposta al trattamento nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3808/1/palazzini_massimiliano_tesi.pdf.

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Palazzini, Massimiliano <1978&gt. "Analisi dei fattori prognostici e della risposta al trattamento nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3808/.

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Magnani, Michael. "Effetto di composti d'aroma sulla risposta fisiologica di Listeria monocytgenes." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11515/.

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Abstract:
La citofluorimetria è una tecnica applicata per misurare le caratteristiche fisiche, morfologiche e fisiologiche di cellule microbiche ed ha il pregio di generare un dato per ogni singola particella (cellula) analizzata. Poiché è noto che l’assenza di sviluppo in piastra non implica necessariamente l’assenza di forme microbiche vitali, questa tecnica ha un grande potenziale nello studio dei trattamenti termici che mirano alla stabilizzazione ed alla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari. Infatti, nel contesto industriale la tendenza è quella di ridurre l’entità di questi trattamenti (tempi/temperature). Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo di composti d’aroma, la cui attività antimicrobica è ben documentata, poiché il trattamento termico, incrementando la tensione di vapore di queste sostanze, ne potenzia l’attività antimicrobica. Questa tesi è incentrata su due aspetti: da una parte, l’effetto dell’esposizione di L. monocytogenes a diverse concentrazioni di timolo e carvacrolo (terpenoidi prevalenti in oli essenziali di Labiatae tra cui timo e origano), dall’altra la valutazione degli effetti di trattamenti termici subletali (45, 50, 55°C), anche in presenza di composti d’aroma, sulla disattivazione e sul successivo recupero di L. monocytogenes. I risultati hanno confermato la forte sinergia tra trattamento termico e presenza di sostanze terpeniche. È stato inoltre dimostrato che la presenza di tali composti incide drasticamente sulle potenzialità di recupero degli eventuali sopravvissuti dopo il trattamento termico. I risultati a volte discordanti tra l’analisi citofluorimetrica (focalizzata sull’integrità della membrana) e i conteggi in piastra hanno evidenziato come i due approcci debbano essere utilizzanti in modo complementare. L’utilizzo di altri coloranti legati ad altre funzioni biologiche e metaboliche permetterà l’ottenimento di informazioni aggiuntive circa la risposta fisiologica di questo microrganismo.
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Marzocchi, Giulia <1976&gt. "Studio prospettico nella LMC Ph+: la FISH è efficace quanto la citogenica convenzionale per la definizione della risposta al trattamento con Imatinib. Correlazione con la risposta molecolare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/805/1/Tesi_Marzocchi_Giulia.pdf.

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Marzocchi, Giulia <1976&gt. "Studio prospettico nella LMC Ph+: la FISH è efficace quanto la citogenica convenzionale per la definizione della risposta al trattamento con Imatinib. Correlazione con la risposta molecolare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/805/.

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Casadei, Beatrice <1986&gt. "Ruolo del Microbiota Intestinale Nella Risposta al Trattamento con Anticorpi anti Checkpoints Immunitari in Pazienti Affetti da Linfoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9789/1/Casadei%20B.%20PhD%20Def.pdf.

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Abstract:
L’interazione tra il sistema immunitario dell’ospite e la cellula tumorale rappresenta uno degli elementi cardine dello sviluppo del clone neoplastico: la capacità della cellula cancerosa di evadere il controllo immunitario sfruttando meccanismi fisiologici come i checkpoint immunitari è alla base di diverse neoplasie, incluse le sindromi linfoproliferative. Lo sviluppo di anticorpi monoclonali che bloccano selettivamente l’interazione tra il recettore trans-membrana PD-1 (programmed death -1) ed i propri ligandi (PD-L1 e PD-L2), rappresenta una delle scoperte terapeutiche più promettenti in ambito onco-ematologico. Nonostante l’importante efficacia antitumorale degli anticorpi anti checkpoint immunitari dimostrata dai differenti studi clinici condotti sia in ambito oncologico che ematologico, una parte dei pazienti, a parità di patologia e di farmaco ricevuto, non risponde alla terapia o sviluppa eventi avversi immuno-relati. La comprensione della variabilità di risposta dimostrata dai pazienti con stessa patologia, sottoposti a stesso trattamento rappresenta pertanto un punto chiave allo scopo di identificare strategie che possano potenziare l’efficacia terapeutica di tali anticorpi, riducendone gli effetti collaterali. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo del microbiota intestinale (MI) nel modellare la risposta immunitaria sistemica e, nel contesto neoplastico, nel modificare e mediare l’attivazione del sistema immunitario ad agenti chemio-immunoterapici. È noto che il MI sia un ecosistema plastico che può riorganizzare funzionalità e composizione in maniera adattativa in risposta a diversi fattori ambientali. La struttura individuale del MI e la sua dinamicità temporale possono, pertanto, influenzare l’outcome delle chemio-immunoterapie onco-ematologiche, modulandone l’efficacia e la tossicità. In questo scenario, ipotizziamo che la caratterizzazione longitudinale (pre, durante e post-terapia) del MI di pazienti affetti da linfoma trattati con anticorpi anti-checkpoint inibitori e la sua correlazione con la risposta al trattamento e con lo sviluppo di eventi avversi possa avere un ruolo nel delineare l’outcome di tali pazienti e nell’identificare nuovi criteri di stratificazione del rischio.
Single-agent monoclonal antibodies targeting the immune checkpoint PD-1 (programmed death 1) are an efficient and safe therapeutic option in patients with relapsed/refractory B-cell lymphoma. However, many patients progress or lose response to anti-PD1. Recent studies have highlighted the role of the gut microbiota (GM) in influencing the response to chemo-immunotherapeutic agents. Here, we hypothesize that the longitudinal characterization (pre, during, and post-therapy) of GM of lymphoma patients treated with checkpoint inhibitors and its correlation with treatment response and development of adverse events may have a role in outlining the outcome of such patients and in identifying new risk stratification criteria.
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Iapichino, Anastasia <1989&gt. "Caratterizzazione di cellule staminali cancerose dei tumori del colon-retto e loro risposta al trattamento con estratti di piante medicamentose." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/8893/1/Tesi_IAPICHINO_%20XXXI%20CICLO.pdf.

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Abstract:
Il cancro del colon-retto è una delle neoplasie più frequenti, ad alto tasso di mortalità, causato dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Parallelamente al modello stocastico, secondo il quale tutte le cellule tumorali (CT) hanno una stessa probabilità di rigenerare un tumore, sta prendendo piede il modello che vede solamente in un piccolissimo sottogruppo di cellule staminali tumorali (CST) la capacità di dar luogo e sostenere la crescita tumorale. Dalla letteratura si evince come le CST mostrino deregolazioni a carico di geni implicati in: chemio-resistenza, transizione epitelio-mesenchimale (EMT), auto-rinnovamento incontrollato, processi peculiari delle CST, che favoriscono l’insorgenza di un fenotipo tumorale. Lo scopo del progetto di Dottorato è stato quello di isolare e caratterizzare le CST sia da linee cellulari tumorali che da biopsie di tumore al colon-retto, per identificare marcatori tumorali utili a delineare le fasi di progressione del tumore e di individuare potenziali bersagli terapeutici. Inoltre, ho sottoposto le CT e le CST di una linea di adenocarcinoma del colon-retto (HCA7), a trattamento con l’estratto naturale di T. cordifolia, pianta utilizzata della medicina Ayurvedica, ed uno dei suoi principi attivi, la berberina, allo scopo di verificarne l'efficacia antitumorale. Ho osservato importanti deregolazioni nelle popolazioni cellulari trattate, a carico di diversi geni coinvolti principalmente nella EMT, nella regolazione del ciclo cellulare e della apoptosi e nel favorire un fenotipo chemio-resistente. I livelli di espressione di questi geni sono risultati essere significativamente sotto-espressi, sia nelle CT trattate che nelle CST trattate. I risultati che ho ottenuto depongono a favore di un potenziale ruolo attivo della sostanza naturale sottoposta ad indagine, nel contrastare molti di quei processi fondamentali per lo sviluppo di un fenotipo tumorale. Inoltre, i miei dati avvallano anche l’ipotesi che vede le CST come potenziali bersagli terapeutici, per ottenere un effetto mirato su questa popolazione cellulare tumorale.
Colorectal cancer is one of the most frequent cancer, with a high mortality rate, caused by the interaction of genetic and environmental factors. Parallel to the stochastic model, according to which all tumor cells (CT) have the same probability of regenerating a tumor, there is a new model that look in a very small subset of cancer stem cells (CST) the responsible of tumor growth. In the literature, CSTs shows important deregulations on genes implicated in: chemo-resistance, epithelial-mesenchymal transition (EMT), uncontrolled self-renewal, peculiar processes of this small subpopulation, which favor the onset of a tumor phenotype . The aim of my PhD project was to isolate and characterize CSTs both from tumor cell lines and from colorectal cancer biopsies, in order to identify tumor markers useful for delineating the phases of tumor progression and identifying potential therapeutic targets. In addition, I treated the CT and CST of a line of colorectal adenocarcinoma (HCA7) with the natural extract of T. cordifolia, a plant used in Ayurvedic medicine, and one of its active ingredients, berberine, in order to verify its antitumor efficacy. I observed important deregulations in treated cell populations, dependent on several genes involved mainly in EMT, in cell cycle regulation and apoptosis, but also in promoting a chemo-resistant phenotype. The expression levels of these genes were found to be significantly under-expressed, both in the treated CTs and in the treated CSTs. The results I have obtained are in favor of a potential active role of the investigated natural substance, in countering many of those fundamental processes for the development of a tumor phenotype. Furthermore, my data also support the hypothesis that CSTs are potential therapeutic targets for the purpose of achieving a targeted effect on this cell tumor population.
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GAVARINI, ALESSANDRO. "Markers biologici di risposta clinica alla clozapina in soggetti schizofrenici resistenti al trattamento : il ruolo degli antigeni del sistema HLA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2005. http://hdl.handle.net/2434/40029.

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Abstract:
It has been suggested that the individual susceptibility to develop agranulocytosis and the patients' responsiveness to clozapine are both Human Leukocyte Antigen (HLA) associated. The study below was designed to re-examine the role of HLA antigens in influencing the clinical outcome of clozapine treatment in schizophrenic patients refractory to treatment. 112 Italian schizophrenic outpatients were treated with clozapine for 8 months. BPRS was used to assess clinical symptomatology at baseline (T0) and after 8 months' clozapine therapy (T1). HLA were serologically typed on peripheral blood lymphocytes at T1. None of the patients developed agranulocytosis or leucopenia. 23 patients (20.53%) were rated as high clozapine responders (as defined by a BPRS score reduced by =60% from T0 to T1) and 46 patients (41.06%) as low clozapine responders (as defined by a BPRS score reduced by <40% from T0 to T1). Looking at the frequencies of HLA antigens between high and low clozapine responders, our results show that HLA B35 seems to be a strong predictor of a high response to the drug (high responders vs low clozapine responders OR = 3.65, p = 0.042). Our results suggest that HLA-B35 antigen behaves like strong and independent predictor of clozapine responsiveness in Italian schizophrenic patients refractory to treatment.
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Paolini, Stefania <1978&gt. "L'associazione Tipifarnib-Bortezomib nel trattamento delle leucemie acute mieloidi: risultati di uno studio multicentrico di fase I/II e validazione di un profilo genico predittivo di risposta." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3559/1/paolini_stefania_tesi.pdf.

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Abstract:
Background. Outcome of elderly acute myeloid leukemia (AML) patients is dismal. Targeted-therapies might improve current results by overcoming drug-resistance and reducing toxicity. Aim. We conduced a phase II study aiming to assess efficacy and toxicity of Tipifarnib (Zarnestra®) and Bortezomib (Velcade®) association in AML patients >18 years, unfit for conventional therapy, or >60 years, in relapse. Furthermore, we aimed to evaluated the predictive value of the RASGRP1/APTX ratio, which was previously found to be associated to treatment sensitivity in patients receiving Zarnestra alone. Methods. Velcade (1.0 mg/m2) was administered as weekly infusion for 3 weeks (days 1, 8, 15). Zarnestra was administered at dose of 300-600 mg BID for 21 consecutive days. Real-time quantitative-PCR (q-PCR) was used for RASGRP1/APTX quantification. Results. 50 patients were enrolled. Median age was 71 years (56-89). 3 patients achieved complete remission (CR) and 1 partial response (PR). 2 patients obtained an hematological improvement (HI), and 3 died during marrow aplasia. 10 had progressive disease (PD) and the remaining showed stable disease (SD). RASGRP1/APTX was evaluated before treatment initiation on bone marrow (BM) and/or peripheral blood (PB). The median RASGRP/APTX value on BM was higher in responder (R) patients than in non responders (NR) ones, respectively (p=0.006). Interestingly, no marrow responses were recorded in patients with BM RASGRP1/APTX ratio <12, while the response rate was 50% in patients with ratio >12. Toxicity was overall mild, the most common being febrile neutropenia. Conclusion. We conclude that the clinical efficacy of the combination Zarnestra-Velcade was similar to what reported for Zarnestra alone. However we could confirm that the RASGPR1/APTX level is an effective predictor of response. Though higher RASGRP1/APTX is relatively rare (~10% of cases), Zarnestra (±Velcade) may represent an important option in a subset of high risk/frail AML patients.
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Books on the topic "Risposta al trattamento"

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CANGIANO, Luigi. Peso Della Fiducia - Umanizzazione, Dignità, Empatia - Termini e Agiti Del Trattamento Penitenziario: Con Lettera Di Risposta a Roberto Saviano Sulla Situazione Del Carcere Di Napoli Poggioreale. Independently Published, 2016.

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