Journal articles on the topic 'Rilevabili'

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Porro, P. "Nuove indicazioni di peciæ nel ms. Vat. Borgh. 300 rilevabili con l’ausilio della luce ultravioletta." Bulletin de Philosophie Médiévale 31 (January 1989): 147–49. http://dx.doi.org/10.1484/j.bpm.3.401.

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Pintus, Giancarlo, and Laura Laudicina. "Esperienza addictive ed esperienza traumatica: fratture dello sfondo a confronto. Un contributo di ricerca." QUADERNI DI GESTALT, no. 2 (November 2021): 45–57. http://dx.doi.org/10.3280/gest2021-002004.

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Abstract:
Alla luce di analoghi studi su addiction ed eventi traumatici, gli autori approfondiscono le correlazioni tra alcune dimensioni emotive e relazionali rilevabili in questi due tipi di esperienze delineando, coerentemente con una visione gestaltica, l'insorgere dell'esperienza addictive co-me "un'esperienza traumatica persistente". Si è condotta un'indagine sperimentale su un cam-pione di tossicodipendenti e vittime di trauma da maltrattamento o abuso in trattamento. I risul-tati sostengono la tesi secondo cui addiction e trauma siano figure fisse su uno sfondo irrigidi-to che limitano la crescita e l'integrazione e che la sofferenza dei soggetti addicted sia altamente correlata a carenze relazionali precoci. Un lavoro terapeutico sullo sfondo può favorire la ride-finizione della funzione personalità e della funzione es e ripristinare l'orientamento spontaneo verso la relazione.
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Guacci, Paola. "Nota preliminare sui resti del ponte sul torrente Lavella, lungo la via Herculia in Hirpinia." Eikon / Imago 10 (February 8, 2021): 323–29. http://dx.doi.org/10.5209/eiko.74155.

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Abstract:
Il contributo vuole presentare alcune considerazioni preliminari inerenti i resti inediti di un ponte individuato lungo il tratto irpino della via Herculia, in località Difesa Grande di Ariano Irpino (AV). Le strutture rilevabili sul torrente Lavella, affluente del Cervaro, si riferiscono ai resti del pilone occidentale e a pochi lacerti della spalla orientale. Si trattava di un ponte ad arcata unica, modesto nelle dimensioni ma sufficiente a superare il piccolo corso d’acqua. Le attività di ricerca qui presentate hanno, quindi, avuto l’obiettivo di documentare i resti di un ponte mai osservato sul campo e di valutare, al contempo, lo stato di conservazione delle strutture. In attesa di futuri approfondimenti, le evidenze descritte in questo lavoro potrebbero rappresentare un ulteriore caposaldo nella ricostruzione della via Herculia in Hirpinia.
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Nadia Covini, Maria. "Consumi di pregio nel Quattrocento milanese: storicità e problemi della stima." CHEIRON, no. 1 (April 2021): 87–110. http://dx.doi.org/10.3280/che2019-001005.

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Abstract:
La stima del valore di beni appartenenti alle diverse categorie del con-sumo cospicuo poteva essere complicata da vari fattori, come l'eterogeneità dei pezzi e della loro qualità, o i cambiamenti del gusto e delle mode in vista di modelli di distinzione sociale. Con riferimento alla Lombardia del secondo Quattrocento, lo scritto considera il mo-mento della stima e delle sue valenze (legale, economica, morale e so-ciale), e riguarda alcune categorie significative di beni di lusso come gioie e pezzi di abbigliamento, libri manoscritti e a stampa, oggetti anti-chi e oggetti d'arte, per analizzare alcune peculiarità delle procedure di stima e individuare i più importanti cambiamenti rilevabili nel tempo; e per stabilire, inoltre, chi fossero le persone e le expertises ritenute adat-te a valutare le diverse tipologie di beni.
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Beltramello, A., G. Mansueto, G. Taddei, R. Cerini, M. Pregarz, G. Mazzilli, A. Scuro, and G. Morana. "Circoli collaterali da occlusione dell'arteria carotide comune." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1 (February 1993): 35–42. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600105.

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Abstract:
L'occlusione spontanea dell'arteria carotide comune è rara; lo sviluppo della circolazione collaterale recluta vasi intra- od extra-cranici. A livello extra-cranico la rivascolarizzazione avviene sfruttando i rami dell'arteria carotide esterna (aa. occipitale e tiroidea superiore) percorsi in via retrograda dal flusso ematico proveniente dai principali tronchi dell'a. succlavia: aa. vertebrale, cervicale ascendente e profonda, tiroidea inferiore. L'Angio-RM, pur dotata di minor risoluzione rispetto all'angiografia digitale, consente una buona visualizzazione del tipo e dell'entità dei circoli collaterali, talora invece non ben rilevabili – se non adeguatamente ricercati – con angiografia convenzionale. La RM, accoppiata all'Angio-RM, è esame fondamentale nel paziente affetto da insufficienza cerebro-vascolare ischemica; essa si colloca tra l'ecotomografia/Doppler e l'angiografia digitale; quest'ultima è da considerarsi esame pre-operatorio nei pazienti giudicati possibilmente chirurgici alla luce degli esami incruenti prima espletati; avvalendosi dei reperti Angio-RM, lo studio angiografico può essere eseguito in maniera mirata, più rapidamente e con maggior efficacia diagnostica.
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Barisione, Mauro. "ELETTORI INDECISI, ELETTORI FLUTTUANTI: CHE VOLTO HANNO I «BILANCIERI» DEL VOTO? I CASI ITALIANO E FRANCESE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 31, no. 1 (April 2001): 73–108. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200029555.

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Abstract:
Introduzione In un sistema d'alternanza, un tipico esito elettorale è quello in virtù del quale il partito o la coalizione vincente accede alle funzioni di governo grazie ad un margine di voti esiguo, sufficiente tuttavia a fare la differenza rispetto alla coalizione avversaria e, magari, rispetto al proprio risultato delle elezioni precedenti. Se, tuttavia, i punti percentuali che una coalizione acquista (o perde) da un'elezione all'altra sono attribuibili a una pluralità di fattori (dal ricambio generazionale degli elettori, alla multidirezionalità dei flussi di voto, al peso di volta in volta variabile dell'astensionismo) più complessi di quelli rilevabili con una semplice operazione algebrica (del tipo: «35% all'elezione e, 40% all'elezione e2, uguale 5% di nuovi elettori»), resta però assai plausibile che le differenze percentuali tra una coalizione e l'altra ad un dato scrutinio possano essere determinate dal comportamento di una minoranza di elettori «marginali». E ciò è tanto più plausibile quanto più decisivi si rivelano quei seggi aggiudicati alla coalizione vincente, collegio per collegio, sulla base di pochi voti di scarto, sovente frutto di scelte effettuate da elettori rimasti indecisi fino all'ultimo momento.
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BROOKE, JOHN HEDLEY. "SCIENCE AND THE SECULARISATION OF KNOWLEDGE: PERSPECTIVES ON SOME EIGHTEENTH CENTURY TRANSFORMATIONS." Nuncius 4, no. 1 (1989): 43–65. http://dx.doi.org/10.1163/182539189x00022.

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Abstract:
Abstract<title> RIASSUNTO </title>Il presente articolo intende mettere in luce la complessità dei legami tra l'innovazione scientifica ed il progresso sociale abitualmente indicato dal termine « secolarizzazione ». Vengono delineati i contrasti tra Boyle e Priestley, tra Newton e Laplace, tra Burnet e Hutton, tra Ray e Lamarck, allo scopo di illustrare le trasformazioni concettuali compiute durante l'illuminismo. Ogni trasformazione rappresenta ciò che potremmo chiamare una secolarizzazione della conoscenza. L'autore sostiene, comunque, che va stabilita una distinzione critica tra la secolarizzazione interna alla scienza e la scienza come agente della secolarizzazione. L'importanza di tale distinzione è manifesta se si sottolineano le seguenti considerazioni: 1) non vi è polarità semplice tra sacro e « secolare », profano, nelle reazioni all'innovazione scientifica; 2) diversi significati religiosi possono venire attribuiti alla nuova scienza; 3) le scienze molto spesso non fanno altro che mettere in luce conflitti metafisici preesistenti; 4) in quanto risorsa nelle polemiche teologiche, le scienze possono addirittura riflettere, piuttosto che causare, attitudini profane. Riferendosi a studi recenti di Funkenstein, Buckley e Brockliss, l'argomentazione si conclude con il commento di fatti profondamente ironici rilevabili nei legami storici tra scienza illuministica e religione.
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Simonetti, L., M. Menditto, G. Sirabella, E. Pignataro, and R. Elefante. "L'invecchiamento del rachide." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 3_suppl (October 1994): 53–62. http://dx.doi.org/10.1177/19714009940070s307.

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Abstract:
Le modificazioni del rachide nell'invecchiamento sono note da tempo e vengono spesso raccolte sotto la definizione globale di artrosi vertebrale. La complessità e la molteplicità delle articolazioni intervertebrali ed intersegmentarie della colonna vertebrale, tuttavia, impongono una analisi più dettagliata dei singoli fenomeni che contribuiscono alla instaurazione di quelle modificazioni anatomo-patologiche proprie del complesso degenerativo rachideo senile. Gli Autori procedono alla suddetta analisi, integrando i dati noti dalla Radiologia tradizionale e dalla TC con le acquisizioni più recenti della RM e con le basi patologiche macroscopiche e submacroscopiche rilevabili in letteratura. Tra i vari gruppi di patologia, quella che risulta più ricca di corrispondenze verificabili tra dati neuro-radiologici ed anatomici è quella riguardante l'unità funzionale disco-somatica, con particolare riguardo per l'osteocondrosi intervertebrale. Attraverso l'approfondimento della patologia delle articolazioni cartilaginee, sinoviali e fibrose della colonna vertebrale, si tenta inoltre di fornire un quadro generale, finalistico, delle varie alterazioni vertebrali che sembra condurre verso una visione «protettiva» dell'artrosi vertebrale rispetto a danni più gravi, privilegiando in età senile la funzione statica rachidea rispetto a quella dinamica. Diventa a questo punto chiaro il perchè della difficoltà di tracciare una chiara linea distintiva tra alterazioni «parafisiologiche» dell'invecchiamento del rachide e alterazioni chiaramente patologiche.
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Cesqui, Elisabetta. "Osservazioni asistematiche sul primo quadriennio di applicazione del nuovo sistema disciplinare." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 5 (January 2011): 63–111. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-005007.

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Abstract:
Dal 19 giugno del 2006 il sistema disciplinare introdotto dal d.lgs 109/ 2006, in attuazione dell'art. 1, comma 1, lett. f della legge 25 luglio 2005 n. 150 č entrato in vigore. Privo originariamente di qualunque disposizione transitoria, esso č stato modificato in alcuni punti essenziali dalla legge 24 ottobre 2006 n. 269, che ha smussato le maggiori asperitŕ del testo originario (con riferimento soprattutto ad alcuni degli illeciti tipizzati e al potere di intervento del ministro in dibattimento) e ha introdotto, per la fase di transizione dal vecchio al nuovo regime, il principio dell'applicazione della norma di maggior favore limitatamente ai procedimenti disciplinari iniziati dopo la sua entrata in vigore ed esclusivamente per i fatti verificatisi in un momento precedente a essa (Cass., sez. unite, 26 ottobre 2006 n. 27172). Le cadenze temporali imposte al procedimento disciplinare dall'art. 15 (un anno dalla conoscenza del fatto per l'inizio nell'azione, due anni per le indagini e due anni per il dibattimento) e i tempi rilevabili dalla esperienza concreta, consentono di dire che i quattro anni della consigliatura appena conclusa rappresentano un campione significativo e che la fase di transizione, fatti salvi i procedimenti (non molti) per i quali la sospensione per pregiudiziale penale ha congelato il procedimento e quelli (pochi) che dovessero eventualmente nascere per fatti antecedenti venuti a conoscenza dei titolari dell'azione disciplinare con molto ritardo (fermo restando il limite decennale di decadenza dell'azione introdotto dal comma 1 bis dell'art. 15), č ormai sostanzialmente conclusa.
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Lora, Antonio, Gabriella Bai, Callisto Bravi, Roberto Bezzi, Francesco Bulgarini, Antonio Mastroeni, Chiara Schena, and Andrea Terzi. "Patterns of care in community mental health services in Lombardy." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 7, no. 2 (August 1998): 98–109. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00007235.

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RIASSUNTOScopo — L'obiettivo di questo studio è quello di descrivere i patterns di utilizzazione dei pazienti in contatto con 5 Unità Operative di Psichiatria lombarde secondo quattro classi: alti utilizzatori lungoassistiti, alti utilizzatori non lungoassistiti, lungoassistiti non alti utilizzatori, non alti utilizzatori non lungoassistiti. Disegno — Studio descrittivo a partire dai dati ricavati dal Sistema Informativo Psichiatrico regionale; è stata analizzata una coorte di 5.670 pazienti nell'ambito della prevalenza annua relativa all'anno 1994. Setting — 5 Unità Operative di Psichiatria della Regione Lombardia (Merate, Treviglio, Crema, Desio, Castano Primo), con una popolazione complessiva di 610.184 residenti di eta superiore ai 14 anni. Principali misure utilizzate — Sono state prese in considerazione alcune variabili sociodemografiche e cliniche relative ai pazienti; oltre un'analisi descrittiva dei quattro patterns, è stata effettuata una analisi logistica multinomiale. Risultari — Gli alti utilizzatori lungoassistiti (AU-LA), pur rappresentando solo il 5.3% del campione (4.9 casi per 10.000 residenti di età superiore ai 14 anni), consumano il 60% delle risorse espresse in SCS; solo la condizione di separato, divorziato, vedovo è predittiva per tale pattern. Gli alti utilizzatori non lungoassistiti (AU-non LA) costituiscono 1.2% del campione (1.1 casi per 10.000) ed utilizzano il 7.8% del SCS. Variabili predittrici di tale pattern sono l'eta compresa tra i 15-44 anni, l'assenza di un'attivita lavorativa e di un partner, la diagnosi di un disturbo mentale grave e la presenza di contatti con i servizi psichiatrici negli anni 1985-1989. I lungoassistiti non alti utilizzatori (LA-non AU) rappresentano il 23.4% della coorte (21.6 casi per 10.000) e vengono al secondo posto per consumo dirisorse (18.1% del SCS). Sono variabili predittive: l'età compresa tra i 15-44 anni, il vivere da solo, l'assenza di un'attività lavorativa e di un partner, la diagnosi di un disturbo mentale grave e la presenza di contatti con i servizi psichiatrici antecedenti al 1990. I pazienti non lungoassistiti non alti utilizzatori (non LA-non AU), pur rappresentando il 70.1% della coorte (64.8 casi per 10.000), consumano solo il 13.8% del SCS. Conclusioni — I dati mostrano che complessivamente l'attivita delle UOP è orientata nei confronti dei pazienti piu gravi, anche se sono rilevabili marcate differenze tra le UOP lombarde rispetto all'utilizzazione dei servizi. È confermata l'utilita di un Sistema Informativo a diffusione regionale che permetta di monitorare l'evoluzione nel tempo e nel territorio regionale dei patterns di utilizzazione.
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Fabris, D., C. Carollo, U. Nena, G. Gentilucci, S. Costantini, and A. Riccardi. "Lesioni traumatiche dei massicci articolari del rachide cervicale." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 1 (February 1994): 115–21. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700116.

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Abstract:
Le fratture dei massicci articolari del rachide cervicale possono essere rilevate con radiografie tradizionali e con TC. Per quanto riguarda la TC, le normali scansioni assiali evidenziano la frattura della zigoapofisi quando essa è conclamata, perché scomposta; quando invece la frattura interessa solamente la parte apicale del massiccio inferiore, lasciando morfologicamente conservata la struttura articolare, la lesione può essere rilevabile solo nelle ricostruzioni parasagittali passanti per i massicci articolari. Vengono presentate alcune immagini significative derivate da una serie casistica di 23 pazienti riconosciuti affetti da tale patologia.
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Balloni, Augusto. "Psicologia e criminologia: devianza giovanile e trasformazioni sociali." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 2 (October 2021): 217–26. http://dx.doi.org/10.3280/rip2021oa12608.

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Abstract:
L'articolo affronta prevalentemente le tematiche della devianza giovanile, magistralmente sviluppate da Renzo Canestrari, sia in una prospettiva di ricerca scientifica che in una prospettiva pi&ugrave; propriamente operativa. Seguendo il percorso del prof. Canestrari, rilevabile dalla sua cospicua produzione scientifica, si mette in evidenza l'importanza delle tecniche osservative per la criminologia e le loro implicazioni teoriche affinch&eacute; il loro impiego sia riconosciuto come sempre maggiormente valido e scientificamente sorvegliato. L'autore si sofferma poi ad analizzare il pensiero di Renzo Canestrari, evidenziando come la dimensione personale e quella sociale siano, nell'opera del Maestro, gli elementi imprescindibili per interpretare e prevenire la devianza giovanile in un'ottica di educazione integrale.
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Parmiggiani, Paola. "Filiera etica e consumi sostenibili." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 116 (April 2010): 160–73. http://dx.doi.org/10.3280/sl2009-116014.

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Abstract:
Parmiggiani Il saggio propone alcune riflessioni sulla tendenza da parte dei consumatori, rilevabile negli ultimi anni, a scegliere i prodotti non solo in base alla qualitŕ e al prezzo, ma anche in base alla loro storia, alla loro biografia, alle scelte effettuate dalle imprese produttrici e distributrici. L'ipotesi č che la tracciabilitŕ sociale della filiera, rendendo visibile il legame tra il prodotto acquistato e tutti gli attori che hanno contribuito a portarlo nelle mani del consumatore, consenta di scegliere pratiche di consumo che tutelino, oltre alla sostenibilitŕ eco-ambientale, anche la dignitŕ umana e promuovano l'inclusione e lo sviluppo degli anelli piů deboli della filiera.
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Andreula, C. F., A. N. M. Recchia-Luciani, and A. Carella. "Attività di placca e dose ottimale di Gd-DTPA in RM per la diagnosi di sclerosi multipla." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 6 (December 1994): 859–73. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700602.

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Abstract:
L'introduzione del mezzo di contrasto in risonanza magnetica nello studio della Sclerosi Multipla (SM) ha accresciuto la sensibilità e la specificità della tecnica, individuando l'attività infiammatoria di quelle placche che evidenziano assunzione di contrasto paramagnetico (Gadopentato Dimeglumina, Gd-DTPA), con il relativo accorciamento dei tempi di rilassamento e l'aumento del segnale in T1. Tale caratteristica propone la possibilità di una verifica della disseminazione nel tempo delle lesioni, disseminazione che, combinata con la disseminazione spaziale (individuata già dall'esame di base anche in virtù della multiplanarietà) permette fin dal primo esame di definire la diagnosi di SM. L'aumento della intensità di segnale di una lesione avviene in proporzione all'incremento della dose di mdc paramagnetico utilizzata, fino a 0,3 mmol/Kg di peso corporeo. Scopo del nostro lavoro è individuare la dose ottimale di mdc paramagnetico in RM nel sospetto diagnostico di SM, per eliminare il sospetto di falsi negativi ingenerato nella pratica quotidiana a fronte di un quadro clinico e di un quadro RM fortemente suggestivi. Sono stati eseguiti esami pre- e post-contrasto in 150 pazienti con Sclerosi Multipla sospetta o definita. Dopo la prima dose di Gd-DTPA introdotta endovena, con tecnica a bolo, alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo, sono state effettuate scansioni T1, immediatamente dopo la somministrazione. Quindi, è stata somministrata una seconda dose di Gd-DTPA endovena, sempre alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo con tecnica a bolo, dopo la quale sono state ripetute le medesime scansioni T1, a distanza di 3–5 minuti dalla somministrazione della prima dose. Nel gruppo totale di pazienti che hanno mostrato impregnazione di placca (71 = 47,33%), il rapporto tra i casi con impregnazione dopo dose singola (6 casi = 4%), e quelli con impregnazione dopo doppia dose (65 casi = 63,33%) è stato dell '11,825 (incremento proporzionale 1082,5%). Nel corso del nostro lavoro, abbiamo distinto le placche in cinque «tipi», in base al differente segnale RM e al comportamento dopo somministrazione di mdc. L'aumento della dose permetterebbe un miglior rapporto contrasto/rumore, con il rilievo di lesioni di dimensioni al limite della rilevabilità, nonchè una maggiore «confidence» di rilevamento per una migliore delineazione delle lesioni, e dunque della diagnosi per immagini. Obiettivo finale del lavoro è una possibile revisione del protocollo diagnostico della SM, con l'introduzione della RM con doppia dose di Gd-DTPA in tutti i casi di sospetto clinico di patologia demielinizzante, nella speranza di una possibile drastica riduzione del tempo necessario per giungere alla definizione diagnostica.
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Di Lullo, A. M., M. Scorza, F. Amato, M. Comegna, V. Raia, L. Maiuri, G. Ilardi, E. Cantone, G. Castaldo, and M. Iengo. "An “ex vivo model” contributing to the diagnosis and evaluation of new drugs in cystic fibrosis." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 3 (June 2017): 207–13. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1328.

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Abstract:
La fibrosi cistica (FC) è una malattia autosomica recessiva causata da mutazioni nel gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator). Finora sono state descritte circa 2000 mutazioni, ma per la maggior parte di esse è difficile definirne l’effetto senza complesse procedure in vitro. Abbiamo effettuato il campionamento (mediante brushing), la cultura e l’analisi di cellule epiteliali nasali umane (HNEC) utilizzando una serie di tecniche che possono aiutare a testare l’effetto delle mutazioni CFTR. Abbiamo eseguito 50 brushing da pazienti FC e controlli, e in 45 casi si è ottenuta una coltura positiva. Utilizzando cellule in coltura: i) abbiamo dimostrato l’espressione ampiamente eterogenea del CFTR nei pazienti e nei controlli; ii) abbiamo definito l’effetto di splicing di una mutazione sul gene CFTR; iii) abbiamo valutato l’attività di gating di CFTR in pazienti portatori di differenti mutazioni; iv) abbiamo dimostrato che il butirrato migliora in modo significativo l’espressione di CFTR. I dati provenienti dal nostro studio sperimentale dimostrano che l’uso del modello ex-vivo di cellule epiteliali nasali è un importante e valido strumento di ricerca e di diagnosi nella studio della FC e può anche essere mirato alla sperimentazione ed alla verifica di nuovi farmaci. In definitiva, in base ai nostri dati è possibile esprimere le seguenti conclusioni: 1) il prelievo delle cellule epiteliali nasali mediante brushing è applicabile senza alcuna anestesia ed è ben tollerato da tutti i pazienti affetti da FC (bambini e adulti), è scarsamente invasivo e facilmente ripetibile, è anche in grado di ottenere una sufficiente quantità di HNECs rappresentative, ben conservate, idonee allo studio della funzionalità di CFTR; 2) la conservazione delle cellule prelevate è possibile fino a 48 ore prima che si provveda all’allestimento della coltura e ciò permette di avviare studi multicentrici con prelievi in ogni sede e quindi di ottenere una ampia numerosità campionaria; 3) la coltura di cellule epiteliali nasali può essere considerata un modello adatto a studiare l’effetto molecolare di nuove mutazioni del gene CFTR e/o mutazioni specifiche di pazienti “carriers” dal significato incerto; 4) il modello ex-vivo delle HNECs consente inoltre di valutare, prima dell’impiego nell’uomo, l’effetto di farmaci (potenziatori e/o correttori) sulle cellule di pazienti portatori di mutazioni specifiche di CFTR; tali farmaci possono modulare l’espressione genica del canale CFTR aprendo così nuove frontiere terapeutiche e migliori prospettive di vita per pazienti affetti da una patologia cronica come la Fibrosi Cistica; 5) la metodologia da noi istituita risulta essere idonea alla misura quantitativa, mediante fluorescenza, dell’attività di gating del canale CFTR presente nelle membrane delle cellule epiteliali nasali prelevate da pazienti portatori di differenti genotipi; in tal modo è possibile individuare: a) pazienti FC portatori di 2 mutazioni gravi con un’attività < 10% (in rapporto ai controlli -100%), b) soggetti FC portatori contemporaneamente di una mutazione grave e di una lieve con un’attività tra 10-30%, c) i cosiddetti portatori “carriers”- eterozigoti - con un’attività tra 40-70%. In conclusione la possibilità di misurare l’attività del canale CFTR in HNECs fornisce un importante contributo alla diagnosi di FC, mediante individuazione di un “cut-off diagnostico”, ed anche alla previsione della gravità fenotipica della malattia; quindi quanto rilevabile dalla misura del suddetto canale permette di prospettare per il futuro la possibilità di valutare meglio i pazienti per i quali il test del sudore ha dato risultati ambigui (borderline o negativi). La metodica da noi sperimentata consente anche di monitorare i pazienti durante il trattamento farmacologico, valutando in tal modo i reali effetti delle nuove terapie.
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"ANIMISMO, ARTIFICIALISMO E FINALISMO NEL PENSIERO PREOPERATORIO." Studia Polensia 04, no. 01 (February 22, 2016): 51–64. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2015.04.01.04.

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Abstract:
La presente ricerca esplora la presenza dell’animismo, artificialismo e finalismo nelle conoscenze dei bambini sulla realtà naturale. La ricerca è stata condotta con la partecipazione di 21 bambini di età compresa tra i tre ed i sette anni, chiamati a rispondere alle domande di un’intervista strutturata di tipo piagetiano. Le risposte dei bambini confermano la presenza dei fenomeni indicati, ovvero delle specifiche operazioni mentali, come pure i cambiamenti evolutivi, rilevabili da una significativa diminuzione delle risposte tipicamente animistiche nei bambini più grandi.
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Bacchetta, Alberto. "Trapezofori romani in Italia Settentrionale. I monopodia figurati." LANX. Rivista della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici - Università degli Studi di Milano, July 25, 2022, 91–122. http://dx.doi.org/10.54103/2035-4797/18432.

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Abstract:
I trapezofori costituiscono uno degli arredi più caratteristici delle residenze romane, in cui sono ampiamente attestati secondo una grande varietà di forme e tipologie. I monopodia a figura umana rappresentano la categoria più raffinata e ricercata della classe, presentandosi come delle vere e proprie sculture, sia pur di ridotte dimensioni, che vanno ad inserirsi all’interno dell’universo figurativo domestico, contribuendo ad arricchirne l’immaginario iconografico e visivo. Tali dinamiche sono rilevabili anche nel contesto nord-italico, nonostante il numero limitato di attestazioni note, come testimonianza della ricezione anche in questo ambito di istanze artistiche e culturali ampiamente diffuse nel mondo romano.
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Gentile, Rosalba. "Dall’homo patiens all’homo rebellis: analisi della nuova percezione di salute e malattia in epoca contemporanea." Medicina e Morale 61, no. 6 (December 30, 2012). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.117.

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Abstract:
È davvero possibile circoscrivere la variegata realtà della salute e della malattia entro un dato schema concettuale, senza rischiare di misconoscere l’essenza più autentica di queste nozioni antonimiche, eppure complementari? Muovendo da questo interrogativo, il presente articolo propone una riflessione sulla malattia e sulla salute attraverso l’analisi dei paradigmi ontologico e positivistico, dei quali si è cercato di illustrare l’impianto epistemologico e l’evoluzione teorica, allo scopo di cogliere le numerose implicazioni socio- antropologiche oltreché bioetiche della realtà suddetta. La disamina dei paradigmi in questione ha inoltre consentito di evidenziare la polivalenza semantica della salute e della malattia e quindi di concludere che la loro complessità è irriducibile sia alla visione dualistica del modello ontologico, che scinde l’unità sostanziale dei due fenomeni anzidetti, sia all’ottica quantitativa del paradigma positivista, incentrata invece sull’idea della misurabilità della natura. Infatti, come la vita contempla il grado ed esclude il metro, così le manifestazioni vitali del normale e del patologico si sottraggono a soffocanti inquadramenti epistemologici, che di essi trascurano quelle significazioni ulteriori e quelle iridescenze ermeneutiche, rilevabili, viceversa, attraverso una speculazione meno dogmatica, e dunque aperta all’interdisciplinarietà. Si ritiene altresì che le visioni ontologica e positivistica, avallando e contribuendo a diffondere specifici modelli di salute e di malattia, ne abbiano, più o meno consciamente, incentivato il graduale impoverirsi etico e simbolico; culminante, in sintesi, nella rimozione culturale delle dimensioni della morte e del dolore, nell’alterarsi del rapporto medico-paziente e nella riduzione materialistica dell’idea di salute. Ciò consegue al passaggio dall’impostazione ontologica a quella positivista: mentre la prima interpreta la salute e la malattia secondo una logica di dualismo manicheo, e dunque potenzialmente moralista, la seconda ne fornisce invece una lettura per lo più laicista e talora amorale. Questa transizione paradigmatica delinea pertanto una nuova mentalità collettiva, che, negando la realtà del patologico e assolutizzando il valore del normale, esalta il dominio di una medicina dell’utopia; la quale, non più consentanea ai bisogni effettivi della persona sofferente, tradisce una superficialità inconciliabile con la sua intima vocazione umanitaria. ---------- Is it really possible to restrict the multi-faceted reality of health and disease to a given conceptual scheme, without the risk of ignoring the essence of these opposing, but complementary notions? On the basis of this question, this article proposes a reflection on disease and health through the analysis of the ontological and the positivistic paradigms. An attempt was made to explain their epistemological systems and theoretical evolution, in order to understand the many socio-anthropological and bioethical implications of health and disease. The study of the aforesaid paradigms has also allowed to highlight the semantic polyvalence of health and illness, and to conclude that their complexity is irreducible to both the dualistic view of the ontological model – which does not maintain the essential unity of the two phenomena examined here – and to the quantitative perspective of the positivist paradigm, focused on the idea of measuring nature. In fact, as human life requires gradual change and excludes measurability, similarly the vital manifestations of the normal and the pathological escape suffocating epistemological frameworks. This is because they disregard the additional meanings and the hermeneutical nuances of health and disease that are instead detectable through a less dogmatic speculation, which would hence be open to an interdisciplinary approach. It has also been opined that the ontological and the positivist visions have, more or less consciously, induced the gradual, ethical and symbolic impoverishment of the concepts of health and disease, through endorsing and helping to disseminate specific models of them. This impoverishment culminated, in summary, in the cultural removal of death and pain, in an altered relationship between doctors and patients, and in a materialistic idea of health. This ensues from the shift from the ontological to the positivistic framework: while the first interprets health and disease according to the manichaean dualism, and therefore to a potentially moralistic view, the second explains them in a more secularist and sometimes amoral way. This paradigmatic transition outlines a new collective mentality, which denies the reality of the pathological, absolutises the value of the normal, and thus enhances the dominance of an utopian medicine. This one, as no longer corresponds to the real needs of suffering people, reveals its superficial heart and so is incompatible with its humanitarian nature.
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Gitirana, José Valdeci Almeida. "febbre gialla e la costante necessità di sorveglianza epidemiologica." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 6, 2019, 05–15. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/febbre-gialla.

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Abstract:
Obiettivo: svelare i fattori che giustificano l’importanza di una sorveglianza epidemiologica efficiente per il controllo della febbre gialla nel paese. Metodo: ricerca esplorativa, bibliografica, qualitativa e descrittiva. Risultati: le ultime indagini epidemiologiche indicano che il numero di casi di febbre gialla selvatica registrati in Brasile è molto variabile, quindi, se si ritiene che per ogni caso rilevabile ci siano altri 10 casi di evoluzione subclinica, le cifre effettive possono essere molto più grandi di quelli registrati dalle agenzie sanitarie. Conclusione: La febbre gialla, come malattia infettiva acuta, è una zoonosi difficile da controllare, in quanto è in grado di causare epidemie imprevedibili nelle popolazioni umane, un esempio è il momento vissuto dallo Stato di Minas Gerais, che soffre di un’epidemia di malattie, motivate da condizioni di squilibrio ambientale che favoriscono lo sviluppo e la proliferazione dei vettori, cooperando per il verificarsi di centinaia di decessi solo nei primi mesi del 2017. Parole chiave: controllo, febbre gialla, diagnosi, sorveglianza epidemiologica.
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Gambardella, Marco. "Due questioni in attesa di soluzione in tema di rilevabilità in cassazione della pena divenuta illegale." Archivio penale, no. 1 (2015). http://dx.doi.org/10.12871/978886741544123.

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C, Russo, and et al. "Co-infezione da SARS-CoV-2 in una coorte di persone con infezione da HIV: un’esperienza monocentrica." JHA - Journal of HIV and Ageing, no. 3 (April 2021). http://dx.doi.org/10.19198/jha31501.

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Abstract:
Da febbraio 2020 ad oggi diversi autori hanno studiato e descritto il decorso clinico dei pazienti con infezione da HIV e la concomitante infezione con il nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Tra il 24 febbraio e il 15 giugno 2020 quattro pazienti con infezione da HIV e diagnosi certa di infezione da SARS-CoV-2 sono stati registrati nel nostro Ospedale. Di questi quattro pazienti, due avevano un’età maggiore di 65 anni e comorbidità multiple. Uno dei due pazienti over 65 ha avuto una infezione asintomatica da SARS-CoV-2, l’altro è invece deceduto in ospedale dopo ventilazione meccanica non invasiva. Gli altri due pazienti avevano un’età inferiore ai 65 anni ed una anamnesi patologica remota non rilevante. Entrambi i pazienti con età inferiore a 65 anni sono guariti dal COVID-19. Tutti e quattro i pazienti, alla stadiazione per HIV precedente la diagnosi di COVID-19, avevano una conta di linfociti T CD4 > 500/mmc e HIV-RNA non rilevabile. I dati preliminari della nostra osservazione inducono a considerare che il paziente HIV anche in buon compenso immuno-virologico può essere considerato più a rischio di gravità della polmonite da SARS-COV-2 se è anziano e con multiple comorbidità, quindi alla stregua dei pazienti non-HIV con patologia COVID-19.
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Ambra Nicolini, Laura, and et al. "Infezione cronica da HBV: prevalenza e impatto di mutazioni escape sulla risposta alla terapia antivirale." JHA - Journal of HIV and Ageing, March 2022. http://dx.doi.org/10.19198/jha31530.

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Abstract:
Il virus dell’epatite B (HBV) rappresenta un importante problema sanitario, con 1.5 milioni di nuove infezioni ogni anno. L’infezione da HBV può essere prevenuta dalla vaccinazione con l’antigene HBV ricombinante (HBsAg). mutazioni escape nel “a-determinant” di HBsAg possono causare un cambio conformazionale di HBsAg, che potrebbe evadere la diagnosi di HBV e la seroprotezione indotta dal vaccino.<br />In questo studio, abbiamo voluto valutare la prevalenza e l’impatto clinico delle mutazioni escape in una coorte retrospettiva di pazienti con infezione cronica da HBV. <br />Sono stati valutati tutti i pazienti con infezione cronica da HBV, seguiti presso l’Unità di Malattie Infettive del Policlinico San Martino dal 2014 al 2018, con sequenziamento di HBV. Sono state raccolte anche le informazioni sulla coinfezione da HIV e HCV, nonché lo status per HBeAg, il genotipo di HBV e la presenza di mutazioni dei geni S e RT. La risposta virologica era definita da HBV-DNA non rilevabile entro 12 mesi dall’inizio del trattamento, secondo le linee guida EASL.<br />Complessivamente, sono stati valutati 143 pazienti con HBV, 54 (37.8%) dei quali inclusi nel presente studio. La maggioranza presentava HBV con genotipo D (36/54, 66.6%) e genotipo A (11/54, 20.4%). Nove (16.6%) presentavano almeno una mutazione escape. <br />Otto pazienti presentavano la mutazione escape prima di iniziare il trattamento per HBV, mentre nell’ultimo il sequenziamento è stato effettuato solo dopo l’inizio del trattamento con entecavir.<br />Tutti i soggetti con mutazione escape erano negativi per HBeAg prima di iniziare il trattamento per HBV (p=0.04). D’altro canto, le mutazioni escape non erano associate al genotipo D dell’infezione (4/36, 11%, in genotipo D vs. 5/18, 27.7%, p=0.14, in genotipi non-D). La risposta virologica è stata raggiunta in 39 pazienti (72%) e non era associata alle mutazioni escape al basale (p=0.7), alle mutazioni RT (p=0.46) e al genotipo HBV (p=0.33).<br />Nella nostra coorte, la prevalenza di mutazioni escape era 16-6%. La risposta virologica non era influenzata dalla presenza delle mutazioni.
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