Academic literature on the topic 'Rigetto trapianto'

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Journal articles on the topic "Rigetto trapianto"

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Frascà, Giovanni M., Emilio Balestra, Domenica Taruscia, Valentina Nastasi, Giovanni Gaffi, and Mariastefania Pugliese. "Aferesi nel rigetto acuto del rene trapiantato." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S68—S70. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1096.

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Abstract:
I presupposti per l'impiego dell'aferesi nel trattamento del rigetto acuto del rene trapiantato mediato da anticorpi comprendono: a) la scarsa o assente efficacia della terapia antirigetto tradizionale, b) la prognosi sfavorevole per il trapianto e c) la necessità di rimuovere rapidamente dal circolo gli anticorpi, in attesa che gli interventi mirati a bloccarne la sintesi abbiano effetto. Tuttavia, nonostante l'aferesi sia utilizzata da diversi anni e la letteratura riporti un'ampia casistica, è ancora oggetto di discussione se questa abbia un ruolo nel trattamento del rigetto acuto del rene trapiantato. La ragione risiede nella mancanza di studi controllati di ampie dimensioni per l'obiettiva difficoltà che questa patologia comporta, nei diversi criteri utilizzati per la diagnosi di rigetto e nella variabilità degli schemi di trattamento e della terapia farmacologica utilizzati nei vari studi. Malgrado ciò, molti centri trapianto utilizzano attualmente l'aferesi per il trattamento del rigetto acuto mediato da anticorpi. I criteri per l'impiego dell'aferesi in questi casi comprendono: 1) la diagnosi tempestiva di rigetto mediato da anticorpi mediante una biopsia del rene trapiantato, 2) l'inizio tempestivo del trattamento con aferesi prima che si instaurino lesioni irreversibili del trapianto e 3) l'associazione con una terapia farmacologica in grado di bloccare la produzione anticorpale.
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Tsalouchos, Aris, and Maurizio Salvadori. "Rigetto anticorpo-mediato nel trapianto di rene: fisiopatologia, clinica e terapia." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 32, no. 1 (October 9, 2020): 131–34. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2020.2182.

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Abstract:
Introduction. Over the past two decades, our thinking has changed from considering rejection as primarily a T-cell mediated process to the realization that insufficient control of the humoral arm of a recipient’s immune system is the factor primarily responsible for the allograft dysfunction and loss. Acute Antibody Mediated Rejection (ABMR) in kidney transplantation is a severe complication that frequently occurs after transplantation and is due either to pre-transplant Donor Specific Antibodies (DSAs) or to de novo DSAs. New techniques to detect DSAs in the recipient serum and advances in the assessment of graft pathology have allowed us to recognize this entity in recent years. Methods. The treatment of ABMR is a multistep process consisting in the desensitization of the patients with preformed antibodies to prevent acute ABMR: in case of acute ABMR, the antibodies are removed from the serum and anti-B cells immunosuppressants are used. Results and Discussion. Along with our knowledge on acute ABMR, a distinct entity has been recognized: the chronic AMBR. Chronic ABMR is a frequent cause of late graft dysfunction and is characterized by a typical histopathologic feature. The treatment is often difficult and new drugs are now tested to control the disease.
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Lombardi, Duccio. "Decellularizzazione d'organo: matrici fisiologiche per la generazione di organi in vitro." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 3 (August 26, 2013): 244–47. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1046.

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Abstract:
I disordini nefrologici cronici sono, a oggi, una tra le patologie a maggiore diffusione globale, la cui ricaduta economica ha profondi effetti sui Sistemi Sanitari Nazionali di tutto il mondo. Tali patologie di natura cronica general-mente progrediscono sino all'insufficienza d'organo, ren-dendo necessarie per il paziente terapie sostitutive come il trapianto d'organo. Allo stesso tempo, però, la richiesta di organi per il trapianto supera ampiamente la disponibilità degli stessi, motivo per cui la ricerca si sta sempre più focalizzando sullo sviluppo di nuove soluzioni che possano risolvere tale problematica. Una tra le soluzioni che riscuo-te, a oggi, maggiore successo è quella basata su protocolli che prevedono la decellularizzazione d'organo. La finalità di tali protocolli è quella di fornire impalcature biocompatibili su cui impiantare cellule dello stesso paziente, così da poter dare nuova e completa funzionalità all'organo e, allo stesso tempo, eliminare il rischio di rigetto da parte del ricevente. In questo articolo saranno, perciò, presentate, in campo nefrologico, le principali caratteristiche della decellularizzazione d'organo, così da poter avere una prospettiva di quello che potrebbe potenzialmente essere il futuro della medicina del trapianto.
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Tsalouchos, Aris, and Maurizio Salvadori. "Diagnosi e trattamento del rigetto acuto cellulo-mediato nel trapianto di rene." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 32, no. 1 (February 27, 2020): 22–25. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2020.1099.

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Abstract:
The incidence of acute rejection of the kidney allograft in the world has been around 15% during the period between 2001 and 2003. It is clinically defined as an elevation in the level of serum creatinine by more than 0.3 mg/dL and is diagnosed by kidney biopsy. On pathologic examination, the interstitium of the allograft is diffusely edematous and infiltrated by CD4 and CD8 lymphocytes. Tubulitis occurs when the lymphocytes and monocytes extend into the walls and lumina of the tubules. Presence of leukocytes determines infection or antibody-mediated rejection. Typically C4d staining is negative. Other causes of acute allograft dysfunction included prerenal factors, interstitial nephritis, infection, acute tubular necrosis, toxicity by drugs, and obstruction in the urinary tract. The primary diagnostic assessments include history, especially adherence to immunosuppressive therapy, physical examination, blood and urine laboratory tests, measurement of the serum levels of the drugs, and ultrasonography. Diagnosis of acute cellular rejection depends on biopsy, CD20 staining for refractory cases, negative C4d staining, presence of markers of activating lymphocyte, and proteomic study. Treatment of acute cellular rejection in kidney transplant recipients include pulse steroid for the first rejection episode. It can be repeated for recurrent or resistant rejection. Thymoglobulin and OKT3 are used as the second line of treatment if graft function is deteriorating. Changing the protocol from cyclosporine to tacrolimus or adding mycophenolate mofetil or sirolimus might be effective. Prognosis depends on number of rejection episodes, the use of potent drugs, time of rejection from transplantation, and response to treatment.
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Bandini, S., M. Gallo, L. Caroti, N. Paudice, and L. Moscarelli. "Iperparatiroidismo ipercalcemico post-trapianto renale: un problema per il nefrologo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 1–6. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1490.

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Abstract:
Descriviamo un caso di una paziente dializzata, sottoposta a paratiroidectomia pre-trapianto: la PTX non è stata risolutiva per mancato reperimento della IV ghiandola; a 6 mesi dall'intervento si è manifestata, infatti, una recidiva dell'iperparatiroidismo. Nel frattempo si è presentata la possibilità di eseguire un trapianto renale. Nonostante la “recidiva” dell'IPT, è stato deciso di optare per il trapianto renale che è stato effettuato con successo e con recupero precoce della funzione renale: si è manifestato, però, nel post-trapianto, un iperparatiroidismo residuale ipercalcemico. Di fronte al rischio di rendere aparatiroidea la paziente con una nuova PTX, si è optato per una terapia farmacologica. Per 6 anni la paziente trattata con calcitriolo (0,5–0,25 mcg a giorni alterni, con periodiche interruzioni dovute all'ipercalcemia) e difosfonati a cicli, ha mantenuto livelli di calcemia e di paratormone al di sopra dei valori di normalità senza raggiungere livelli di rischio, mentre il VFG si è mantenuto stabilmente nella norma. Nel dicembre 2008 a seguito di una frattura della branca ischio-pubica e per un progressivo incremento nell'ultimo anno dei livelli di calcemia e del PTH viene deciso di iniziare la somministrazione “off label” di Cinacalcet, di sospendere gradualmente lo steroide e di sostituire la ciclosporina con il Tacrolimus. Nei 3 anni di trattamento abbiamo notato, mantenendo costante la dose somministrata di Cinacalcet (30 mg/die), una riduzione significativa e persistente nel tempo dei livelli di calcemia e del PTH e un incremento della fosforemia. La funzione renale è persistita stabile senza episodi di rigetto. Indagini tomodensitometriche ripetute hanno rilevato un quadro di osteopenia sostanzialmente invariato. La nostra singola ma prolungata esperienza conferma in accordo con dati recenti della letteratura e in attesa dei risultati di uno studio RCT attualmente in corso, che questo farmaco può rappresentare una reale alternativa alla PTX mostrando grande efficacia e mancanza di effetti collaterali.
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Ragozzino, Gabriele, and Adele Fabrizi. "Il trapianto di pene: una nuova sfida per la medicina e la sessuologia." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 2 (November 2021): 87–99. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2021-002005.

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Abstract:
Il trapianto di pene è un intervento ancora sperimentale e alternativo alla fal-loplastica. Questo trattamento presenta maggiori benefici, ma anche maggiori ri-schi per i riceventi dell'organo e gli effetti a lungo termine sono ancora sconosciuti. Ad oggi ci sono stati solo cinque casi al mondo e quasi tutti hanno dato risultati incoraggianti sia dal punto di vista fisiologico che psicosessuale. La perdita del pe-ne può essere vissuta come un trauma che porta le persone ad isolarsi e, in alcuni contesti culturali, ad essere stigmatizzate, e questo ha conseguenze sulla sfera psi-cologica, sessuale, sociale e relazionale della persona, sia per il forte valore simbo-lico del pene, sia per la sua funzione anatomica. È importante indagare le fantasie e le aspettative sia del ricevente affinché all'intervento non venga associato un effetto miracoloso, che del personale medico affinché ci sia una comunicazione chiara con il paziente su rischi, benefici e possibili alternative. È consigliato un pro-cesso di valutazione psicosessuale del paziente in modo che possano essere valu-tate le sue risorse intrapersonali e interpersonali poiché l'intero iter terapeutico è lungo e difficoltoso per via del suo impatto sull'identità della persona e del lavoro di integrazione del nuovo organo nel Sé. Quindi è importante, laddove è possibile, rendere partecipe del percorso anche famiglia e partner. La figura dello psicoses-suologo è quindi fondamentale sia per la natura intima del trattamento, sia per gli aspetti della vita coinvolti e il suo coinvolgimento è consigliato per tutto l'iter tera-peutico per ridurre le possibilità di un rigetto psicologico and il sorgere di disagi psi-cosessuali.
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Dissertations / Theses on the topic "Rigetto trapianto"

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Mariotti, J. "MODULAZIONE DEL SIGNALING DI STAT PER PREVENIRE IL RIGETTO DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO ALLOGENICO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217168.

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Abstract:
Janus Kinase (JAK)/ Signal Transducer of Activated Transcription (STAT) signaling represents the main molecular pathway dictating T cell differentiation both in humans and in mice. Allogeneic hematopoietic stem cell transplantation (HSCT) is a potential curative strategy for patients with hematologic malignancies and its outcome depends on the interplay between host and donor immune system resulting in graft rejection (GR) or graft versus host disease (GVHD), respectively. We therefore proposed to investigate the role of JAK/STAT signaling in these two phenomena that are biologically considered as mirror images. First, we found that host-mediated graft rejection requires JAK3 expression and that a broad inhibitor of STAT3 signaling prevents GR in a mouse model of rejection. Second, we moved to assess the role of STAT3 signaling in acute GVHD that represents the major cause of mortality in allogeneic HSCT, for which administration of FoxP3+ Treg cells has been proposed as a therapy. However, the phenotypic stability of Treg cells is controversial and cytokines that signal through STAT3 can inhibit FoxP3 expression. In a mouse model of acute GVHD, we assessed whether the elimination of STAT3 in T cells could limit the severity of GVHD, and if so, what mechanisms were involved. We found STAT3 limited the numbers of FoxP3+ Tregs following allogeneic bone marrow transplant by two pathways: instability of natural Tregs and inhibition of inducible Treg polarization from naïve CD4+ T cells. Third, we found that the infusion in vivo of a potent inhibitor of STAT3 could prevent the onset of acute GVHD, both by reducing Th1 alloreactivity and maintaining the Treg subset in vivo. These data strongly support the potential use of JAK/STAT inhibitors in vivo in order to prevent GR and GVHD in patients receiving allogeneic HSCT.
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Scalzotto, Elisa. "ASSOCIAZIONE TRA POLIMORFISMI GENETICI E RIGETTO ACUTO NEL PAZIENTE TRAPIANTATO DI RENE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3422395.

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Abstract:
Following kidney transplantation one of the most frequent complication is acute rejection, defined by certain clinical characteristics and histological evidence of insufficient control of the immune response. Genetic variability offers a possible explanation for the inter-individual differences on the clinical course post-transplant. Single-nucleotide polymorphisms (SNPs) located in genes involved in immune responses and in the pharmacokinetics/pharmacodynamics of immunosuppressive drugs are associated with allograft rejection. Therefore in this study key SNPs in specific target genes were analysed in kidney transplant recipients: • 3 SNPs related to drug transporter ABCB1/MDR-1 (or permeability glycoprotein), that influences the pharmacokinetics of the immunosuppressant calcineurin inhibitors, like Tacrolimus • 10 SNPs connected to Inosine MonoPhosphate DeHydrogenase (IMPDH2), direct target of the immunosuppressive mycophenolic acid (MPA) • 4 SNPs in the MPA metabolizing Uridine Diphosphate Glucuronosyltransferase 1A9 (UGT1A9) enzyme • 1 SNP in the proinflammatory cytokine Tumor Necrosis Factor-alpha (TNF-alpha) and • 1 SNP in the anti-inflammatory cytokine Interleukin-10 (IL-10) gene. Our aim is to determine the SNPs profiles of five important genes associated with the acute rejection event in kidney transplant patients. The study protocol is the following: recruitment in study groups, blood sample and clinical data collection, molecular analysis of 19 SNPs, statistical analysis. Currently, a total number of 220 individuals are included in our study: 41 transplant patients with acute rejection in the Case, 109 transplant patients without acute rejection in the Control I and 70 healthy blood donors in the Control II group. Analyzing the clinical characteristics there are statistically significant differences regarding the gender (p = 0.0028) and the age (p = 0.0123) distribution between the three experimental groups. Individuals in the Control II group were little younger than in the two other groups (Case: 50 (42-62) vs Control I: 55 (48-62) vs Control II: 49 (41-54). In our study more male (103) patients needed transplantation than female (47) patients. Moreover this gender difference is also noted when acute rejection happens (36 male vs 5 female cases). The observed allele frequencies are in line with ones reported from Europe indicating that the studied population in the Control II group is representative. Our results show that all SNPs for IMPDH2, with the exception of rs11706052, are not polymorphic. Other groups have published similar results hypothesizing that those SNPs found in public, online databases (Ensembl) are artefacts of previous, not so accurate sequencing techniques. All polymorphisms are in Hardy-Weinberg equilibrium, except the rs1045642 of ABCB1 in the Case group. Analysis of allele and genotype frequencies and trend test were performed between Case vs Control I; Transplant group (Case+Control I) vs Control II; Case vs Control II. Comparing the group of all transplant patients and healthy individuals, our result is suggesting that a G/G genotype of rs1800872 belonging to IL10 gene more probably leads to chronic kidney disease (CKD), as it has been shown in previous works. Patients holding a C allele in rs1045642 or an A in rs2032582, both SNPs of ABCB1, are more prone to develop an adverse event after transplantation. Since ABCB1 is a drug efflux pump, SNPs modifying the effectiveness of the pump may compromise the success of the immunosuppressive therapy or lead to cytotoxicity. Thus, screening for ABCB1 polymorphisms rs1045642 and rs2032582 before transplantation would help clinicians to better personalize therapy. However, all calculations need to be repeated after reaching the adequate number of patients estimated with the sample size test (69 patients/group) to correctly verify our results. The molecular analysis of the missing samples is in progress thanks for a collaboration with the Department of Nephrology in Udine.
Il trapianto di rene rappresenta il trattamento di elezione per i pazienti affetti da insufficienza renale terminale ESRD, GFR < 15 ml/min/1,73 m2). In un certo numero di casi il decorso può essere complicato da processi patologici che possono comportare la compromissione fino alla perdita del rene. Una delle complicanze post-trapianto è rappresentata dal rigetto, l’espressione clinica e/o istologica di un insufficiente controllo della risposta immune. Il rigetto acuto “classico” è di tipo interstiziale cellulo-mediato, ma può riconoscere anche una componente umorale. Per prevenire e trattare il rigetto è sempre necessario ricorrere alla terapia immunosoppressiva, riducendo al minimo la tossicità del farmaco e il rischio di sviluppare infezioni e neoplasie. Negli ultimi anni si è delineato sempre di più il concetto di “variabilità inter-individuale” nella risposta ai farmaci, dipendente da numerosi geni. Evidenze scientifiche riportano che alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) localizzati in geni coinvolti nella risposta immunitaria e nella farmacocinetica/farmacodinamica dei farmaci immunosoppressivi sono associati con il rigetto da allotrapianto nei pazienti trapiantati di rene. Sulla base della variabilità inter-individuale alla risposta a farmaci, sono stati scelti 5 geni: 2 noti per essere target della risposta immunitaria, IL-10 e TNF-α, e 3 geni target della terapia immunosoppressiva, ABCB1/MDR1, UGT1A9 e IMPDH2. Lo scopo di questo progetto è stato quello di determinare le possibili associazioni genetiche tra le 19 varianti polimorfiche (SNP) individuate nei geni e l’evento di rigetto acuto nei pazienti trapiantati renali. Il protocollo di studio si è articolato in 5 fasi: arruolamento dei gruppi di studio (CASI: pazienti trapiantati con evento di rigetto acuto, CONTROLLO I: pazienti trapiantati senza alcun evento di rigetto acuto, CONTROLLO II: soggetti sani donatori di sangue), racconta dei campioni di sangue, analisi molecolare degli SNPs di interesse e analisi statistica. Sono stati arruolati 220 individui: 41 casi con età mediana di 50 anni (IQR: 42-62 anni); 109 pazienti trapiantati (gruppo Controllo I) con età mediana di 55 anni (IQR: 48-62 anni) e 70 soggetti sani (gruppo Controllo II) con età mediana di 49 anni (IQR: 41-54 anni). Confrontando le variabili sesso ed età al prelievo abbiamo trovato una differenza statisticamente significativa nei tre gruppi (p=0,0028 e p=0,0123, rispettivamente). Le frequenze alleliche osservate sono distribuite in modo omogeneo all’interno dei gruppi studiati e sovrapponibili a quelle riportate per la popolazione europea e mondiale (Ensembl), indicando che la popolazione di controlli sani è rappresentativa. Per tutti gli SNPs appartenenti al gene IMPDH2, ad eccezione dell’rs11706052, vi è la presenza di un locus monoallelico. Questo è confermato dai dati aggiornati recentemente e presenti nel database mondiale (Ensembl) e da alcuni studi suggerendo la presenza di artefatti dovuti al sequenziamento effettuato con metodi meno sofisticati. Tutti i polimorfismi risultano in equilibrio di Hardy-Weinberg ad eccezione dello SNP rs1045642 appartenente al gene ABCB1/MDR1. È stata effettuata l’analisi per-allele, per-genotype e linear trend per tutti i polimorfismi nei tre gruppi studiati: confrontato il gruppo di tutti i pazienti trapiantati (Casi + Controllo I) con gli individui sani è emerso che i pazienti con il genotipo G/G relativo allo SNP rs1800872 del gene IL10 potrebbero, con maggiore probabilità, andare incontro a malattia renale cronica (CKD). I pazienti che presentano l’allele C nello SNP rs1045642 e l’allele A nello SNP rs2032582, entrambi appartenenti al gene ABCB1/MDR1, hanno una maggiore suscettibilità a sviluppare eventi avversi in seguito al trapianto. Dal momento che questo gene codifica per una pompa di efflusso transmembrana, in grado di estromettere numerosi composti xenobiotici, compresi i farmaci immunosoppressivi, è facile pensare che le varianti polimorfiche possano modificare l’efficacia della pompa alterando dunque il successo della terapia farmacologica. Di conseguenza, lo screening di questi SNPs prima del trapianto potrebbe aiutare il clinico a sviluppare una terapia immunosoppressiva personalizzata. Solo l’aumento della numerosità campionaria, così da raggiungere il numero di individui previsto dal sample size test (69 per gruppo), permetterà di verificare questi risultati e avvalorare questa ipotesi.
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Carraro, Andrea. "Individuazione di un potenziale profilo di miRNA, predittivi di rigetto subclinico in pazienti pediatrici trapiantati di rene." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425767.

Full text
Abstract:
Kidney transplantation represents the optimal treatment for renal failure. The survival kidney graft rates about 83% (deceased donor) and 70% (living donor) in the pediatric transplanted patients at five years post transplantation. The major cause of the delayed graft function and loss of the kidney is the rejection. Although the immunosuppressive therapy has reduced the onset of rejection, the endurance of the graft could further be improved, considering the life expectancy of a child. Currently, the standard procedure used in the diagnosis is the renal needle biopsy. Though the incidence of serious complications it has been reduced, needle biopsy remains an invasive practice for the patients and could lead to different risks such as infection or bleeding. Furthermore, kidney biopsy it is useful to improve kidney monitoring, however it does not avoid the histological damage. The interest in new possible biomarkers useful in the prevention of kidney rejection is still notable. Among all the possible candidates, they have been identified the microRNAs (miRNAs), short noncoding RNA sequence of about 21 – 23 nucleotide long, involved in the mediation of several post transcriptional pathways. The miRNAs are involved in different processes such as cellular survival, development, differentiation, proliferation as well as to modulate the immunity. In the kidney, they seem to be involved in the regulation of renal development and in various physiological and pathological processes. Different studies have shown how the expression of miRNAs may change in biologic fluids and tissues in adult kidney transplanted patients. Therefore, miRNAs are currently being investigated as diagnostic/prognostic markers and possible therapeutic targets in kidney transplantation. Another interesting source of biomarkers in the kidney rejection, it seems to be extracellular vesicles. Extracellular vesicles (EVs) are lipid bound nanoparticles release from all cell type. These particles act on target cells in different ways, including cell stimulation, transfer of proteins, lipids, genetic material, such as messenger RNA (mRNA) and miRNAs, to target cells, interacting even at a long distance. Based on these evidences, we performed a retrospective miRNA screening on biopsies and serum extracellular vesicles samples of pediatric transplanted patients. Particularly, we selected a pool of twenty patients, 10 without histological diagnosis of rejection and 10 with histological diagnosis of subclinical rejection, at 1-year post transplantation. The miRNAs fraction showed a different range of concentration between tissue samples (0,7 e 7 ng/µl) and vesicles samples (0,06 e 0.52 ng/µl). The different levels of concentration are probably due to the isolation method of the vesicles, leading to a high dilution of the samples (resulting in the loss of a miRNA fraction). The miRNAs extracted were subsequently sequenced by NGS technology. The results of post-sequencing statistical analysis have highlighted five miRNAs (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p, miR-106b-3p and miR-185-5p) significantly overexpressed on tissue’ samples of SCR patients (p-value <0.05%), whereas the same trend is not observed in serum EVs. Although the EVs samples did not show a different statistical expression of miRNAs, in the pool of vesicles, four out of the five miRNAs (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p e miR-185-5p) expressed in the tissues of SCR patients, they were found. It would be interesting to continue the research by checking the same miRNAs also in urinary EVs samples from pediatric transplanted kidney patients. Finally, this study could contribute to obtain a new laboratory test, useful to predict the onset of kidney rejection in pediatric patients and ameliorate the medical personalized therapy.
Il trapianto di rene rappresenta il trattamento ottimale per la cura dell’insufficienza renale terminale. La sopravvivenza dell’organo trapiantato nei pazienti pediatrici mostra un tasso percentuale a 5 anni del 83% nel caso di donatore vivente, e del 70%, nel caso di donatore cadavere. La causa principale di disfunzione del graft con conseguente perdita è il rigetto renale. Sebbene la terapia immunosoppressiva abbia ridotto l’insorgenza di rigetto, la durata dell’organo trapiantato può ancora essere migliorata, considerando le aspettative di vita di un bambino. Attualmente la procedura standard usata per la diagnosi dello stato di salute del rene trapiantato è l’ago-biopsia renale, anche se rimane comunque una pratica invasiva per il paziente con possibile insorgenza, seppure in rari casi, di complicanze come infezioni o sanguinamento. Inoltre, la biopsia renale risulta utile nel monitoraggio del trapianto, ma non riesce a evitare l’insorgenza di danno istologico. L’interesse verso nuovi possibili biomarcatori utili nella prevenzione del rigetto renale e tutt’ora rilevante. Tra i possibili candidati troviamo i microRNA (miRNA), corte sequenze di RNA non codificante lunghe 21 – 23 nt, coinvolti nella regolazione di diverse vie di segnalazione post-trascrizionali. I miRNA sono coinvolti in diversi processi come la sopravvivenza cellulare, lo sviluppo, la differenziazione, la proliferazione, e la modulazione della risposta immunitaria. A livello renale, sembrano avere un coinvolgimento nella regolazione dello sviluppo, in diversi processi fisiologici e patologici. Diversi studi hanno dimostrato come l’espressione dei miRNA possa variare nei fluidi biologici e in campioni tissutali di adulti trapiantati di rene. Per questo motivo, i miRNA sono attualmente studiati come possibili marker diagnostici/prognostici e potenziali targets terapeutici nel trapianto di rene. Un'altra interessante risorsa di biomarker di rigetto renale, sembrano essere le vescicole extracellulari (EVs). Le EVs sono nanoparticelle sferiche costituite da strato fosfolipidico e rilasciate da tutte le tipologie cellulari. Queste particelle possono agire sulle cellule bersaglio in diversi modi, inclusa la stimolazione cellulare, il trasferimento di proteine, lipidi e materiale genetico, come RNA messaggero (mRNA) e miRNA, interagendo anche a lunga distanza. Basandoci su questi dati si è deciso di effettuare uno studio retrospettivo dei miRNA espressi in campioni bioptici e vescicolari sierici di pazienti pediatrici trapiantati. In particolare, è stato selezionato un gruppo di 20 pazienti, 10 con diagnosi istologica normale e 10 con diagnosi di rigetto renale subclinico, ad 1 anno dal trapianto. La frazione di miRNA ottenuta aveva un range di concentrazione di 0,7 – 7 ng/µl nei campioni di tessuto renale e di 0,06 – 0,52 ng/µl nei campioni vescicolari. I miRNA estratti sono stati sequenziati con tecnologia NGS. I risultati dell’analisi statistica post sequenziamento hanno evidenziato 5 miRNA (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p, miR-106b-3p and miR-185-5p) significativamente sovraespressi nei campioni tissutali di pazienti SCR (p-value <0,05), mentre lo stesso trend non è osservabile nelle EVs sieriche. Anche se i campioni vescicolari non hanno sottolineato differenze d’espressione dei miRNA statisticamente significative, nel pool identificato tramite sequenziamento sono stati rilevati 4 dei 5 miRNA sovraespressi nei tessuti dei CONT (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p and miR-185-5p). Sarebbe interessante proseguire la ricerca verificando gli stessi miRNA anche in campioni di EVs urinarie di pazienti pediatrici trapiantati di rene. Infine, questo studio può contribuire ad ottenere un test di laboratorio pratico e utile nella predizione d’insorgenza di rigetto renale in pazienti pediatrici e migliorare la terapia personalizzata.
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Nannini, Nazarena. "Chronic lung allograft dysfunction: clinical and experimental study." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424150.

Full text
Abstract:
INTRODUCTION Transplantation is the only effective treatment for several end-stage lung diseases. Remarkable progress has been made in improving outcomes, although the 5-year graft survival is still less than 50% primarily because of the development of chronic lung allograft dysfunction (CLAD). CLAD has been now recognized as a heterogeneous condition that includes an obstructive form (bronchiolitis obliterans syndrome, BOS) and a restrictive allograft dysfunction (restrictive allograft syndrome, RAS). BOS, and its histological correlate obliterative bronchiolitis -OB- represents the principal form of CLAD (~75%). The specific etiology and pathogenesis of BOS/OB are not fully understood. Multiple immune mechanisms seem to contribute to the development of BOS/OB, thus it is thought to represent a final common pathway of a process triggered by both alloantigen dependent and independent mechanisms. While the role of alloimmunity has long been established more recent studies have begun to demonstrate the role of autoimmunity in the development of BOS. A few experimental and clinical studies have demonstrated that collagen V and K-α1 tubulin, modified during ischemia reperfusion injury, may trigger autoimmune response, both humoral and cell mediated. Interleukin 17 (IL17), a proinflammatory cytokine involved in autoimmune and infectious diseases, has recently been suggested to play a key role in the development of CLAD. The development of animal models, mimicking the human transplantation procedure, is of great importance to elucidate the pathogenetic mechanisms leading to BOS/OB, to identify important biomarkers of OB and finally to test the effectiveness of new target therapies. However up to today two important issues are largely discussed in rodent orthotopic models: 1) the reproducibility of the surgical procedure 2) the identification of the best genetic strain (inbred versus outbred rats) for the development of immunological lesions similar to those in humans. AIM OF THE RESEARCH The main goals of the present PhD research project were: 1) development of a reproducible orthotopic lung transplant animal model, obtaining immunological lesions, particularly CLAD, similar to those of humans; 2) evaluation of IL17/IL23 pathway, crucial in autoimmune response, through a careful investigation in preclinical models and in clinical index cases of CLAD. MATERIALS AND METHODS Two different animal models were used to perform orthotopic lung transplantation (OLT): outbred rat strain (20 CD SPF left lungs were transplanted into VAF) and inbred rat strain (32 Lewis left lung rats were transplanted into Fisher 344). Only the long term survival animals (sacrificed 30 and 90 days after LT) were subjected to a full immunological evaluation as follows: a) detection of donor-specific antibodies (DSA) testing serum samples with the flow cross match technique b) morphological and immunophenotype evaluation of acute and chronic immunological lesions developed in the graft c) immunohistochemical and molecular (RT-qPCR) analysis of IL17/IL23 pathway in the graft and bronchoalveolar lavage (BAL) of animals and in all scheduled transbronchial biopsies of two index cases that developed CLAD. RESULTS Surgical mortality and early graft failure (within 24 hours) was higher in the outbred than inbred group (only 2 of a total 20 outbred rats survived). The two survival OLT outbred rats (sacrified 13 and 14 days after OLT) developed well evident immunological disorders: one showed acute cellular rejection (ACR) with coexistent early OB and the other late OB. Immunological disorders (only minimal ACR: A1B1) were rare (only 1/11; 9%) in the first 15 days of OLT inbred rats. In this period the inbred grafts showed ischemia/reperfusion or infections. ACR (≥A2B1) developed in 2/6 (33%) inbred grafts at 30 days. Ninety days after OLT was the best time point for the development of immunological disorders: ACR (≥A2B1) and OB (both early and late) were detected in 7/15 (46%) and 8/15 (53%) animals respectively, regardless of immunosuppressive treatment. DSA IgG showed higher median levels in those with ACR or OB than those without (70% and 34%, respectively vs 13%). A strong IL17 immunostaining was detected in inbred grafts that developed ACR and OB. IL 17 was equally expressed in inflammatory cells (macrophages and lymphocytes) of inbred grafts with ACR and OB while it was more expressed in epithelial and endothelial cells of inbred grafts with OB. No staining was detected in grafts of animals without any sign of rejection. IL23 expression was high in grafts with both absence and presence of rejection. Molecular analysis of IL17 and IL23 expression in BAL fluids showed higher levels of mRNA in grafts with ACR than OB. All scheduled transbronchial biopsies of the two index cases with ACR and OB showed IL17 overexpression with the same pattern detected in the preclinical model. CONCLUSIONS Outbred rodents that could have been more similar to humans due to high genetic diversity can not be used as a reliable OLT model because of the high rate of dramatic early graft failure. A reproducible model of both ACR and OB was developed in inbred rats (Lewis to Fisher 344) and 90 days post-transplantation was the optimal endpoint established. IL17, overexpressed in ACR and overall in OB lesions, is a crucial mediator in post-transplant immunological lesions and could be considered a potential therapeutic target in clinical transplantation.
INTRODUZIONE Il trapianto di polmone è l’unica opzione terapeutica per alcune patologie polmonari terminali. Notevoli progressi sono stati fatti in questo ambito, tuttavia la sopravvivenza dell’organo dopo 5 anni è inferiore al 50%, principalmente a causa dello sviluppo del rigetto cronico. Il rigetto cronico si presenta in modo eterogeneo, in quanto può essere caratterizzato da una forma ostruttiva (sindrome della bronchiolite obliterante, BOS) o da una restrittiva (RAS). La BOS e il suo corrispondente aspetto istopatologico, la bronchiolite obliterante (BO), rappresentano la principale forma di rigetto cronico (~75%). L’eziologia e l’esatta patogenesi della BOS/BO non sono ancora state completamente chiarite in quanto diversi meccanismi immunitari sembrano essere coinvolti nel suo sviluppo e sembra essere la conseguenza di un processo indotto da meccanismi dipendenti/indipendenti dagli alloantigeni. Infatti, il ruolo dell’alloimmunità nello sviluppo della BOS/BO è stato dimostrato da tempo, mentre quello dell’autoimmunità è emerso solo recentemente. Pochi lavori sperimentali e clinici hanno dimostrato che il collagene V e la tubulina K-α1, modificati nel danno da ischemia e riperfusione, possono indurre la risposta autoimmune, sia umorale che cellulo-mediata. L’interleuchina17 (IL17), una citochina proinfiammatoria coinvolta in patologie autoimmuni ed infettive, è stata proposta recentemente come fattore cruciale nello sviluppo del rigetto cronico. Lo sviluppo di modelli animali, che subiscono una procedura trapiantologica analoga all’umana, risulta di grande importanza al fine di chiarire i meccanismi patogenetici legati allo sviluppo della BOS/BO, di identificare biomarcatori precoci e di provare l’efficacia di nuove terapie. Attualmente, due importanti aspetti vengono largamente discussi nei modelli di trapianto ortotopico nei roditori: 1) la riproducibilità della procedura chirurgica e 2) l’identificazione del migliore genotipo (inbred o outbred) per lo sviluppo di lesioni immunologiche simili a quelle umane. SCOPO DELLA RICERCA I principali obiettivi di questa ricerca sono stati: 1) sviluppo di un modello animale di trapianto ortotopico di polmone riproducibile con lesioni immunologiche simili a quelle umane, in particolare quelle tipiche del rigetto cronico; 2) verificare l’ipotesi che IL17/IL23 giochi un ruolo chiave nello sviluppo del rigetto cronico mediante uno studio scrupoloso nei modelli preclinici e in casi clinici emblematici. MATERIALI E METODI Due modelli animali sono stati utilizzati per eseguire il trapianto ortotopico di polmone (LT): il modello outbred (20 polmoni sinistri CD SPF sono stati trapiantati in VAF) e il modello inbred (32 polmoni sinistri di ratti Lewis sono stati trapiantati in Fisher 344). Esclusivamente i ratti con sopravvivenza a lungo termine (sacrificati 30 e 90 giorni dopo LT) sono stati studiati in modo approfondito dal punto di vista immunologico mediante: a) ricerca di anticorpi anti-donatore (DSA) mediante citometria a flusso sui campioni ematici; b) valutazione morfologica ed immunofenotipica di lesioni immunologiche acute e croniche sviluppatesi nel polmone trapiantato; c) analisi immunoistochimica e molecolare (PCR semiquantitativa) del meccanismo IL17/IL23 nell’organo trapiantato e nel BAL dei modelli animali e nelle biopsie transbronchiali di monitoraggio di due casi clinici emblematici di pazienti che hanno sviluppato la BO. RISULTATI La mortalità perioperatoria e la disfunzione precoce dell’organo trapiantato (entro le 24 ore) erano più elevate nel gruppo di animali outbred rispetto agli inbred (solo 2/20 ratti outbred sono sopravvissuti): uno presentava rigetto cellulare acuto (ACR) con coesistente BO precoce, l’altro un rigetto cronico tardivo. Nei primi 15 giorni dopo LT i topi inbred presentavano raramente lesioni immunologiche (solo 1/11: 9%) e si trattava di ACR lieve (A1B1). In questo periodo i polmoni trapiantati inbred mostravano danno da ischemia/riperfusione o infezioni. In 2/6 (33%) dei polmoni trapiantati inbred è stato riscontrato un importante ACR (≥A2B1) 30 giorni dopo LT. Il sacrificio a 90 giorni è risultato ottimale per lo sviluppo di lesioni immunologiche: ACR (≥A2B1) e BO (lesioni precoci e tardive) sono state riscontrate in 7/15 (46%) e 8/15 (53%) animali rispettivamente, indipendentemente dal trattamento di immunosoppressione. Gli animali con ACR o BO presentavano livelli di Ig DSA maggiori rispetto a quelli che non presentavano alcun segno di rigetto (rispettivamente 70% e 34% vs 13%). Una forte positività immunoistochimica per IL17 è stata riscontrata nei polmoni trapiantati dei topi inbred che avevano sviluppato ACR e BO. Non erano evidenti differenze significative nell’espressione di IL17 nelle cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti) di polmoni inbred con ACR e BO, mentre è risultata maggiore nelle cellule epiteliali ed endoteliali di polmoni inbred con BO rispetto a quelli con ACR. Non è stata riscontrata positività nei polmoni di animali senza alcun segno di rigetto. L’espressione di IL23 era elevata sia in assenza che in presenza di rigetto. L’analisi molecolare dell’espressione di IL17 e IL23 nel BAL ha dimostrato maggiori livelli di mRNA nei polmoni trapiantati con ACR rispetto a quelli con BO. Tutte le biopsie di monitoraggio dei due casi emblematici caratterizzate da ACR e BO hanno mostrato un’elevata espressione di IL17 con lo stesso pattern riscontrato nel modello preclinico. CONCLUSIONI I ratti outbred, che potrebbero essere considerati più simili all’uomo data la loro diversità genetica, non possono essere considerati un modello riproducibile di LT a causa dell’elevata mortalità precoce. E’ stato sviluppato un modello riproducibile di rigetto acuto cellulare e cronico nei ratti inbred (da Lewis a Fisher 344) e il sacrificio 90 giorni dopo il trapianto è risultata la tempistica ottimale. IL17, notevolmente espressa nell’ACR e nella BO, è un mediatore cruciale nelle lesioni immunologiche post-trapianto e potrebbe rappresentare un importante target terapeutico nella trapiantologia clinica.
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Germani, Giacomo. "Predicting acute cellular rejection after liver transplantation: form liver function test to immune monitoring." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426180.

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Abstract:
In recent years, the main end point of immunosuppressive therapy after liver transplantation has moved from the prevention of acute cellular rejection (ACR) toward the preservation of long-term graft function and prevention of immunosuppression-related side effects. This approach requires an optimal management of immunosuppressive therapy according to patient risk factors. However, the concentration of immunosuppressive drugs in the serum of patients, which is generally used as a surrogate for the level of immunosuppression, does not provide information about the magnitude of suppression of the immune system. Therefore a reliable marker for the development of ACR, or to predict patients who could tolerate reduced immunosuppression, would be crucial for improving post-transplant management of liver transplanted patients. The aims of the studies presented in this thesis were: 1) to assess the incidence of ACR after liver transplantation, to identify potential risk factors for ACR, and to evaluate the impact of ACR and its histological severity on outcomes; 2) to evaluate the role of liver function tests and blood eosinophil count as potential biomarkers for ACR after liver transplantation, with special attention on prediction of histologically proven moderate and severe ACR; 3) to evaluate the expression of specific immunological markers for ACR in patients before and after liver transplantation. The results of the studies showed that patient and graft survival at 1, 5 and 10 years after liver transplantation were not different with respect to presence or absence of ACR. Only untreated moderate/severe ACR was associated with increased death/graft loss using adjusted Cox regression analysis, whereas mild ACR, whether treated or not, had no effect. With regards to the evaluation of potential markers of ACR, despite peripheral eosinophilia was not sufficiently predictive of moderate/severe ACR, the delta in eosinophil count between the first and second biopsies was the only independent predictor of histological improvement, irrespective of whether bolus steroids were used. Lastly, we demonstrated that the increased expression of C28 and C38 on both CD4+ and CD8+ T cells and the increased levels of IL-17. These alterations of immune system could be used routinely in clinical practice to assess the immune status of liver transplanted patients and to properly manage immunosuppressive therapy
Lo scopo principale della terapia immunosoppressiva dopo trapianto di fegato è passato dalla prevenzione del rigetto acuto alla preservazione della funzionalità a lungo termine dell’organo trapiantato e alla prevenzione degli effetti collaterali dovuti alla terapia immunosoppressiva. Per perseguire tale scopo è necessaria una gestione ottimale della terapia immunosoppresiva stessa. Tuttavia, la misurazione dei livelli ematici dei farmaci immunosoppressori, generalmente utilizzati come surrogato dei livelli di immunosoppressione, non fornisce informazioni relative alla reale intensità della soppressione del sistema immunitario. Pertanto l’individuazione di marcatori biologici di rigetto acuto e/o di tolleranza risulta fondamentale per poter migliorare la gestione della terapia immunosoppressiva dopo-trapianto di fegato. Gli scopi degli studi riportati in questa tesi sono: 1) determinare l’incidenza e gli eventuali fattori di rischio di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, valutare in che l’influenza del rigetto acuto e della sua severità istologica sulla sopravvivenza dell’organo e del paziente dopo trapianto di fegato; 2) valutare il ruolo degli indici di funzionalità epatica e della conta eosinofilica ematica come potenziali marcatori biologici di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, in particolare di grado moderato/severo; 3) valutare, prima e dopo trapianto di fegato l’espressione di specifici marcatori immunologici di rigetto acuto. I risultati degli studi condotti hanno evidenziato come pazienti con diagnosi di rigetto acuto alla biopsia di protocollo presentino una sopravvivenza di organo e paziente, a 1, 5 e 10 anni dal trapianto di fegato, del tutto sovrapponibile a quella di pazienti senza evidenza istologica di rigetto acuto alla biopsia di protocollo. L’insorgenza di rigetto acuto di grado moderato/severo non sottoposto a trattamento farmacologico è tuttavia associata ad aumentata incidenza di decesso o perdita dell’organo post-trapianto. Nel valutare potenziali marcatori biologici di rigetto acuto, abbiamo dimostrato che nonostante la conta eosinofilica periferica non sia sufficientemente predittiva per lo sviluppo di rigetto acuto post-trapianto, la differenza nella conta eosinofilica tra la prima e la seconda biopsia epatica può essere considerato un fattore predittivo di miglioramento istologico, indipendentemente dall’utilizzo o meno di terapia con boli steroidei. Non è stata invece evidenziata alcuna associazione tra l’alterazione degli indici di funzionalità epatica e l’insorgenza di rigetto acuto. Infine, è stato dimostrato che l’insorgenza di rigetto acuto risulta associata ad aumentata espressione di CD28 e CD38 sia sui linfociti T CD4+ che CD8+ e ad un aumento dei livelli di IL-17. Tali alterazioni del sistema immunitario potrebbero essere utilizzate nella pratica clinica per valutare lo stato di soppressione del sistema immunitario in pazienti sottoposti a trapianto di fegato con il fine ultimo di una gestione ottimale e personalizzata della terapia immunooppressiva
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Di, Francesco Andrea. "Identification of molecular biomarkers to discriminate and characterize the different types of rejection in Heart Transplated Patients." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422684.

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Abstract:
Background: Heart Transplantation (HTX) is the only curative treatment available for patients with end-stage heart failure (HF).During the first year post-transplantation more than 25% of patients will go through rejection episodes and will face the risk of developing rejection with consequent graft dysfunction with an increased morbidity and mortality. Preventing and treating acute rejection is the most central task for clinicians working with transplanted patients. The ISHLT 2005 and 2013 working formulations defined the histopathologic profile of three types of rejection: Cellular (ACR) Humoral (AMR) and Mixed (MIX). Nowadays serial endomyocardial biopsies (EMB) at decreasing intervals during the first year after transplantation and laboratory tests, such as Donor Specific Antibody (DSA) measurements, remain the gold-standard in diagnosing and monitoring acute rejection but they are morbid and prone to artefacts of sampling, interpretation and testing methodologies. Therefore this histopathological assessment needs integrative new biomarkers to characterize risk stratification for outcomes in heart transplantation. To date, the exact mechanisms involved in rejection after solid transplantation are not completely understood, so investigating process that contribute to acute allograft rejection and find effective biomarkers to diagnose, monitoring and predicting rejection will be of great value for the development of improved anti-rejection strategies. The advent of sequencing technology such as Next Generation Sequencing (NGS) is changing medical genomics by accelerating new disease biomarkers discovery. MicroRNAs (miRNAs) are small non-coding RNA molecules (19-24 nucleotides), highly conserved, which regulate genes expression at the post transcriptional level. Aim: The aim of this study is to identify MicroRNA (miRNAs) expression profile in the first year after heart transplantation (HTX) with Next Generation Sequencing (NGS) technology in formalin fixed paraffin-embedded (FFPE) endomyocardial Biopsies (EMBs), to characterize the three different types of allograft rejection classified as Cellular, Humoral and Mixed. Methods: Two groups of pts. were included: a study group of 19 pts. and a validation group of 14 pts. For each patient we selected the the first formalin fixed paraffin-embedded (FFPE) monitoring endomyocardial biopsies (EMBs) positive for each types of rejection. We excluded presensitized patients (pts) with previous implantation of Left Ventricular Assistance Device (LVAD) and with previous infections. EMBs were examined for the presence of rejection according to updated international classification criteria (ISHLT 2005 and 2013).The EMBs were classified in four groups: Acute Cellular Rejection (ACR) with 12 pts ACR: >=2R, pAMR:0, DSA: Neg ; Mixed with 6 pts ACR: >=2R, pAMR>1 (i+), DSA: Pos; Antibody Mediated Rejection (AMR) with 5 pts ACR: 0, pAMR>1 (i+), DSA: Pos; Control with 10 pts : ACR:0, pAMR:0, DSA: Neg. Small RNA fraction from the study group was sequenced with NGS Ion Proton in order to define the expression of mature miRNAs. We performed subsequent analysis with edgeR package comparing in pairs the groups to identify differentially expressed miRNAs in the different rejections. We selected 13 microRNAs according to bionformatic analysis as possible biomarckers and they have been confirmed by qRT-PCR in all the pts. With multivariate logistic regression analysis we created unique miRNA signatures as predictive model of each rejection. Moreover in situ PCR was carried out on the same EMBs to detect miRNAs expression and localization in cell types within the EMBs. Results: The identification of the best method of extraction for short non coding RNAs in FFPE EMBs was the first result I achieved. I tested different methods in house and commercial available kits and I modified the protocols to obtain good quality and adeguate quantity of RNA from FFPE tissue of small EMBs for the downstream application. With NGS we obtained and analysed more than 2257 mature microRNAs in all the biopsies of the study group. The three types of rejection and control groups were compared in pair with the un-supervised analysis showing a typical profile for each group of differentially expressed miRNAs; in particular: Mixed vs AMR: only 2 miRNAs overexpressed in the Mixed group suggesting a similarity between the two types. ACR vs AMR: 18 miRNAs overexpressed and 2 miRNAs under-expressed in the ACR. Mixed vs ACR : 7 miRNAs underexpressed and 39 miRNAs over-expressed in the ACR group. The analysis revealed that there are de-regulated microRNAs between the three rejections confirming our hypothesis that microRNAs can characterize the three pathological conditions. MiRNAs have been selected for further evaluation and validation, based on the number of reads resulting by NGS, on their highly significant FDR (< 0.05) or fold change, p-value and their involvement in relevant processes related to rejection as shown by a bioinformatic analysis based on validated target genes and reported in public databases such as TarBase (version 6.0) (111) , miRTarBase (112) , miRWalk (113), miRecords (114), DIANA-microT-CDS (115) , miRmap (116), miRDB (117) , TargetScan (118), and miRanda (119). At the end we selected 13 microRNAs. To validate the NGS data through qRT-PCR we enrolled other EMBs from 14 pts selected according to our criteria and we tested on all the 33 EMbs, both the study and validation cohort, the selected microRNAs. The validation analysis has shown a similar expression pattern for all microRNAs in particular: 6 hsa-miRNAs: 29c-3p/-29b-3p/199a-3p/190a-5p/27b-3p/302b-3p can differentiate all rejections compared to controls; 3 hsa-miRNAs: 31-5p/144-3p/218-5p are peculiar of AMR and MIX compared to control and ACR 2 hsa-miRNAs: 451a/208a-5p identify MIX compared to controls. Using miRNAs expression as co-variate and disease status as dependent variable we created logistic regression models: MIX:(miR-208a ,126-5p, 135a-5p); ACR:(miR-27b-3p, 29b-3p,199a-3p, 208a, 302b-3p); AMR: ( miR-208a, 29b-3p, 135a-5p, 144-3p) identifying with high specificity and sensitivity each types of rejection. Finally with in situ PCR we detected some of these microRNAs in different cell types: miR-29b-3p was mostly expressed in smooth muscle cells in ACR; miR-144-3p was expressed in macrophages and in endothelial cells; moreover the expression of this microRNA in macrophages was predominant and diffuse in the ACR compared to AMR. miR-126-5p was expressed in ACR and AMR samples not only in in endothelial cells but also in Cardiomyocytes and smooth muscle cells. For MicroRNA 451a we found a co-localization of signal in endothelial cells and in lymphocytes. Conclusions: This study demonstrate that MicroRNAs can be obtained easily from FFPE tissues, miRNAs differentially expressed are involved in pathophysiological mechanisms of rejection such as immune system cells cycle regulation and proliferation, , inflammatory pathways NFkB mediated and endothelial remodelling. According to our results the miRNAs up or down expressed modulate these pathways in a way peculiar for the different type of rejection. The regressive models might represent a powerful diagnostic tool and in situ detection of the miRNAs casts new light on the pathophysiological mechanisms of rejection. Moreover the expression of MiRNAs 144-3p, 126-5p, 29b-3p and 451a identified by in situ PCR in endothelial cells, smooth muscle and inflammatory cells are diagnostic and are potential pharmacological targets for rejections.
Contesto: Il trapianto di cuore è l'unico trattamento curativo disponibile per i pazienti con insufficienza cardiaca allo stadio terminale. Durante il primo anno dopo il trapianto più del 25% dei pazienti può subire episodi di rigetto e affrontare il rischio di sviluppare rigetto con conseguente disfunzione dell’ organo trapiantato con un aumento della morbilità e mortalità. Prevenire e trattare il rigetto acuto è l’ obiettivo principale per i medici che lavorano con pazienti trapiantati. Le linee guida ISHLT 2005 e 2013 hanno definito il profilo istopatologico di tre tipi di rigetto: Cellulare (ACR) Humoral (AMR) e Mixed (MIX). Al giorno d'oggi le biopsie endomiocardiche seriali (EMB) a intervalli decrescenti durante il primo anno dopo il trapianto e gli esami di laboratorio, come le misurazioni di anticorpi donatore specifici (DSA), rimangono parametri di riferimento nella diagnosi e nel monitoraggio del rigetto acuto, ma sono soggetti a artefatti dovuti alle metodologie di campionamento, interpretazione e test. Pertanto questa valutazione istopatologica necessita di nuovi biomarcatori integrativi per caratterizzare la stratificazione del rischio nel rigetto da trapianto di cuore. Ad oggi, i meccanismi esatti coinvolti nel rigetto dopo il trapianto non sono completamente compresi, quindi la ricerca sui processi che governano i meccanismi di rigetto e la scoperta di biomarcatori efficaci per diagnosticare, monitorare e prevedere il rigetto sarà di grande valore per lo sviluppo e miglioramento delle terapie contro il rigetto. L'avvento della tecnologia di sequenziamento come Next Generation Sequencing (NGS) sta cambiando la genomica medica accelerando la scoperta di nuovi biomarcatori di malattie. I microRNA (miRNA) sono piccole molecole di RNA non codificanti (19-24 nucleotidi), altamente conservate, che regolano l'espressione dei geni a livello post-trascrizionale. Obiettivo: Lo scopo di questo studio è identificare il profilo di espressione di MicroRNA (miRNA) nel primo anno dopo il trapianto di cuore (HTX) con la tecnologia Next Generation Sequencing (NGS) in biopsie endomiocardiche (EMB) fissate in formalina e incluse in paraffina (FFPE), per caratterizzare i tre diversi tipi di rigetto da trapianto di cuore classificati come Cellulare, Umorale e Misto. Metodi: due gruppi di pazienti (pz.) sono stati inclusi: un gruppo di studio di 19 pz. e un gruppo di validazione di 14. Per ogni paziente abbiamo selezionato la prima biopsia endomiocardica (EMB) fissata in formalina ed inclusa in paraffina (EMB) per ogni tipo di rigetto. Abbiamo escluso i pz. presensibilizzati con precedente impianto del dispositivo di assistenza ventricolare sinistro (LVAD) e con precedenti episodi di infezione. Le biopsie sono state esaminate per la presenza di rigetto secondo i criteri di classificazione internazionali aggiornati (ISHLT 2005 e 2013). Abbiamo quindi individuato quattro gruppi: Acute Cellular Rejection (ACR) con ACR a 12 punti:> = 2R, pAMR: 0, DSA: Neg; Misto con 6 pts ACR:> = 2R, pAMR> 1 (i +), DSA: Pos; Reiezione mediata da anticorpi (AMR) con 5 punti ACR: 0, pAMR> 1 (i +), DSA: Pos; Controllo con 10 punti: ACR: 0, pAMR: 0, DSA: Neg. La piccola frazione di RNA della coorte di studio è stata sequenziata con NGS Ion Proton per definire l'espressione dei miRNA maturi. Abbiamo eseguito un'analisi successiva con edgeR confrontando a coppie i gruppi per identificare i miRNA espressi differenzialmente nei diversi rigetti. Abbiamo selezionato 13 microRNA secondo l'analisi bionformatica come possibili biomarcatori i quali sono stati confermati da qRT-PCR in tutti i pz. Con l'analisi di regressione logistica multivariata abbiamo identificato gruppi univoci di miRNA come modelli predittivi specifici per ciascun rigetto. Inoltre, la PCR in situ è stata eseguita sulle stesse EMBs per rilevare l'espressione e la localizzazione dei miRNA nei tipi di cellule all'interno delle EMBs. Risultati: l'identificazione del miglior metodo di estrazione di microRNA da EMBs FFPE è stato il primo risultato che ho raggiunto. Ho testato diversi metodi sia manuali che kit commerciali e ho modificato i protocolli per ottenere una buona qualità e una quantità adeguata di microRNA per l'applicazioni successive. Con NGS abbiamo ottenuto e analizzato oltre 2257 microRNA maturi in tutte le biopsie del gruppo di studio. I tre tipi di gruppi di controllo e di rigetto sono stati confrontati in coppia con l'analisi non supervisionata che mostra per ciascun gruppo un profilo tipico di miRNA differenzialmente espressi; in particolare: Misto vs AMR: solo 2 miRNA sovraespressi nel gruppo Misto suggeriscono una somiglianza tra i due tipi di rigetto. ACR vs AMR: 18 miRNA sovraespressi e 2 miRNA sottoespressi nell'ACR. Mixed vs ACR: 7 miRNAs non sovraespressi e 39 miRNA sovraespressi nel gruppo ACR. L'analisi ha rivelato che ci sono microRNA de-regolati tra i tre tipi di rigetto confermando la nostra ipotesi che i microRNA possano caratterizzare le tre condizioni patologiche. I MiRNA sono stati selezionati per un'ulteriore valutazione e convalida, in base al numero di reads risultanti da NGS, sulla loro FDR significativa (<0,05), fold change, p-value e il loro coinvolgimento in processi rilevanti correlati al rigetto come mostrato dalle analisi bioinformatiche basate su geni target validati e riportati in database pubblici come TarBase (versione 6.0) (111), miRTarBase (112), miRWalk (113), miRecords (114), DIANA-microT-CDS (115), miRmap (116) , miRDB (117), TargetScan (118) e miRanda (119). Alla fine abbiamo selezionato 13 microRNA. Per validare i dati NGS tramite qRT-PCR abbiamo arruolato altri EMBs da 14 pz. selezionati in base ai nostri criteri e abbiamo testato su tutte le 33 EMbs, sia quelle della coorte di studio che quelle della coorte di validazione, i microRNA selezionati. L'analisi di validazione ha mostrato un pattern di espressione simile per tutti i microRNA in particolare: 6 hsa-miRNA: 29c-3p / -29b-3p / 199a-3p / 190a-5p / 27b-3p / 302b-3p possono differenziare tutti i rigetti rispetto a controlli; 3 hsa-miRNA: 31-5p / 144-3p / 218-5p sono peculiari di AMR e MIX rispetto al controllo e ACR 2 hsa-miRNA: 451a / 208a-5p identificano MIX rispetto ai controlli. Usando l'espressione di miRNA e la condizione patologica come variabili dipendenti abbiamo creato modelli di regressione logistica: MIX: (miR-208a, 126-5p, 135a-5p); ACR: (miR-27b-3p, 29b-3p, 199a-3p, 208a, 302b-3p); AMR: (miR-208a, 29b-3p, 135a-5p, 144-3p) che identificano con alta specificità e sensibilità ciascun tipo di rigetto. Infine con PCR in situ abbiamo rilevato alcuni di questi microRNA in diversi tipi di cellule: miR-29b-3p era principalmente espresso nelle cellule muscolari lisce in ACR; miR-144-3p era espresso nei macrofagi e nelle cellule endoteliali; inoltre l'espressione di questo microRNA nei macrofagi era predominante e diffusa nell'ACR rispetto all'AMR. Il miR-126-5p è risultato espresso in campioni ACR e AMR non solo nelle cellule endoteliali ma anche nei cardiomiociti e nelle cellule muscolari lisce. Per il MicroRNA 451a abbiamo trovato una co-localizzazione del segnale nelle cellule endoteliali e nei linfociti. Conclusioni: Questo studio dimostra che i microRNA possono essere ottenuti facilmente dai tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina, i miRNA differenzialmente espressi sono coinvolti in meccanismi patofisiologici del rigetto quali regolazione e proliferazione del ciclo cellulare del sistema immunitario, vie infiammatorie mediate da NFkB e rimodellamento endoteliale. Secondo i nostri risultati, i miRNA sovra o sotto espressi hanno mostrato una modulazione di questi processi in un modo peculiare per ciascun tipo di rigetto. I modelli di regressione logistica identificati potrebbero rappresentare un potente strumento diagnostico e il rilevamento in situ dei miRNA getta nuova luce sui meccanismi patofisiologici del rigetto. Inoltre l'espressione di MiRNA 144-3p, 126-5p, 29b-3p e 451a identificati mediante PCR in situ in cellule endoteliali, cellule muscolari lisce e infiammatorie è diagnostica e costituisce un potenziale bersaglio farmacologico contro il rigetto da trapianto di cuore.
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Pacenti, Monia. "Studio dei correlati virologici, patologici e clinici in pazienti pediatrici trapiantati di rene: applicazione di nuove indagini molecolari." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425935.

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Abstract:
The relevance of viral infections in allograft lesion development is still unclear, although some viruses such as HCMV, EBV, VZV, HHV6, HHV8, seem to have a particular role especially during the first months after transplantation, and the polyomavirus BK (BKV), JC (JCV) and the parvovirus B19, have been implicated in the occur of kidney injury after more time following transplant. In this study we investigated systemic and intrarenal viral infections in kidney transplant young recipients and we analysed the association of these data with the risk of acute rejection and chronic allograft injuries predictive of long-term dysfunction. The presence of DNA sequences of human herpesviruses, polyomaviruses, and parvovirus B19 was analysed in renal allograft biopsies performed at baseline, for acute renal dysfunction and for follow-up during the first two years post transplant. We evaluated le presence of viral sequences in 69 transplanted children and young adult who underwent kidney transplant from 2000 to 2006: donor age was less than 6 year in 15 cases. These results regarding the genomic viral presence in these patients were correlated with clinical data, viral DNAemia, renal function tests and allograft histology analysed at the same time points of the follow-up. Taken as a whole, viral DNA was detectable in 46% baseline biopsies and in 70% follow-up biopsies of kidney allografts, where it generally persisted. The most frequently detected viruses were B19 and HHV-6, already present in donor kidneys, and BKV and EBV, usually involving the allograft during follow-up. Among viruses, only the intrarenal persistence of B19 DNA and B19 DNAemia was associated with the development of chronic allograft injury: these kind of data were never demonstrated before in literature. Regarding HCMV DNAemia, it was considered a risk factor for acute rejection as already suggested in many works from the literature. So, we conclude that parvovirus B19 seems to electively target the kidney and its intrarenal persistence is associated with chronic kidney allograft injury. In the second part of this work, in order to identify new markers for a rapidly identification of viral infections occur early after transplantation and are often transmitted from the graft, we investigated whether EBV, HCMV, BKV, and parvovirus B19 genome sequences could be detected in kidney grafts, preservation and washing solutions before implantation, and whether they correlated with the occurrence of viral infections in the recipient. The investigation of different donor graft samples (i.e., biopsy, preservation and washing solutions) that we wholly named “Kidney Unit” (KU), increased the sensitivity of viral DNA testing, but also gave clues to the mechanism of viral transmission through the kidney graft while the different samples are enriched from different cells from the donor: resident kidney cells or circulated blood cells. Viral genome sequences were frequently detected in donor renal graft units, especially in preservation and washing solutions. Overall, viral DNA was detected in at least one type of sample, including biopsy, preservation and washing solutions, in 51/75 (68%) kidney grafts and B19 was the most frequently detected virus (47%). In agreement with their ability to establish latency in B lymphocytes and in monocytes progenitor cells, respectively, EBV and HCMV were probably carried by circulating blood cells, since viral DNA was generally detected in preservation and washing solutions, which are contaminated by blood cells, but not in kidney biopsies; whereas B19 DNA was often detected in kidney graft biopsies, besides in preservation and washing solutions, thus suggesting the virus probably infected resident kidney cells, which might be important sources of transmission to the recipient. BKV is supposed to have tropism for the kidney and to achieve latency in renal tubular epithelial cells; however, we detected BKV DNA only in one donor kidney biopsy, whereas viral DNA was generally detectable in the allograft during follow-up, where it persisted, as we previously demonstrated. The prevalence of EBV, HCMV, and BKV DNA was higher in preservation and washing solutions than in biopsies, indicating they were mainly carried by blood cells, whereas B19 was consistently detected in biopsies and solutions, suggesting virus was also present in resident kidney cells. Detection of viral DNA in kideny grafts was a significant risk factor for symptomatic infections in seronegative recipients in the early post-transplant period. In particular, EBV DNA-positive donor grafts were significantly associated with the risk of EBV infection in seronegative recipients, whereas the presence of B19 DNA in kidney grafts was a risk factor for B19 infection and/or DNAemia both in B19-seronegative and seropositive recipients. At variance, molecular testing for HCMV and BKV in donor graft had poor diagnostic utility. In conclusion, this study demonstrates that detection of viral nucleic acids in preservation and washing solutions of a solid organ, i.e., the kidney, before implantation could be a useful test to identify recipients with increased risk of infections, especially symptomatic infections, in the early post-transplant period. The sensitivity and specificity of the test depends on viral tropism for cells and tissues of the graft.
Il ruolo dell’infezione virale nell’insorgenza di lesioni nel rene trapiantato non è stato ancora del tutto precisato sebbene alcuni virus come HCMV, EBV, VZV, HHV6, HHV8, in una fase più precoce, e il poliomavirus BK (BKV) e JC (JCV) e al parvovirus B19, dopo più tempo dal trapianto, sembrano avere una precisa funzione nel determinare danni a carico del rene trapiantato. Infatti, tutti questi virus sono stati già descritti come importanti patogeni con tropismo renale. Nel presente studio sono state investigate le infezioni virali, intrarenali e sistemiche, in una casistica di bambini e giovani adulti che sono stati sottoposti a trapianto di rene dal 2000 al 2006. Più esattamente sono stati analizzati i dati della prevalenza delle sequenze genomiche virali intrarenali e delle infezioni sistemiche (DNAemia) in associazione con il rischio di insorgenza di rigetto acuto e/o di lesioni croniche del rene trapiantato. La presenza delle sequenze genomiche virali dei virus erpetici umani, dei poliomavirus e del parvovirus B19 è stata analizzata a livello della biopsie di rene eseguite al momento del trapianto, biopsie baseline, in presenza di disfunzioni renali acute e durante i primi due anni dal trapianto seguendo i tempi del protocollo di follow-up cioè a 6, 12 e 24 mesi post trapianto. Sono stati studiati 69 riceventi pediatrici, bambini e giovani adulti, con un’età media pari a 13 anni che avevano ricevuto il rene da donatore deceduto in 65 casi e in 4 casi da famigliare vivente: l’età dei donatori era inferiore a 6 anni in 15 casi. I risultati di questa prima parte dello studio, relativi alla prevalenza del DNA virale intrarenale sono stati correlati con i dati clinici, i dati di viremia (DNAemia), di funzionalità del rene trapiantato e con le valutazioni istologiche dello stesso momento del follow-up. Globalmente, il DNA virale è stato ritrovato nel 46% delle biopsie baseline e nel 70% delle biopsie di follow-up, dove generalmente persiste nelle biopsie successive. I virus più frequentemente identificati sono il parvovirus B19 e l’herpesvirus HHV6, già presenti a livello delle biopsie di rene del donatore. Mentre la presenza delle sequenze genomiche dei virus EBV e BKV è stata associata alla comparsa di lesioni acute nel rene trapiantato. Tra tutti i virus studiati e ritrovati a livello del rene del ricevente, soltanto il DNA del parvovirus B19 e le relativa DNAemia sono state associate con lo sviluppo di lesioni croniche del rene trapiantato: tale dato non era mai stato dimostrato in precedenti studi della letteratura. Per quanto riguarda il HCMV, la relativa DNAemia è stata considerata un fattore di rischio per la comparsa di episodi di rigetto acuto: dato, questo, già dimostrato e confermato con il nostro studio. Quindi è possibile concludere che il parvovirus B19 sembra preferire, in modo particolare, il rene come possibile bersaglio da infettare e la sua persistenza intrarenale è associata con la comparsa di lesioni croniche del rene trapiantato. Nella seconda parte del presente studio, con l’intento di identificare nuovi marcatori del rischio di infezione del ricevente trapiantato di rene, è stata valutata la presenza delle sequenze genomiche virali di EBV, HCMV, BKV, e del parvovirus B19 nel rene del donatore prima dell’impianto; più precisamente sono state analizzate le biopsie, le soluzioni di conservazione e di lavaggio dell’organo prima che questo venga trapiantato. È stato osservato poi se la presenza del DNA virale nell’unità rene (ovvero l’insieme dei diversi campioni derivati dal donatore: biopsia, soluzione di conservazione e di lavaggio) correlava con la comparsa dell’infezione virale nel ricevente. L’ indagine condotta a livello dei diversi campioni dell’unità rene del donatore, consente di aumentare la sensibilità del test molecolare, ma anche da maggiori indicazioni relative al meccanismo di trasmissione dell’infezione virale mediante il rene trapiantato dal momento che i diversi campioni dell’unità rene sono arricchiti di più frazioni cellulari del donatore: sono presenti sia le cellule residenti del rene a livello della biopsia, ma anche le cellule del sangue circolante soprattutto nel liquido di lavaggio. Le sequenze genomiche virali sono frequentemente identificate nell’unità rene del donatore, soprattutto nelle soluzioni di conservazione e di lavaggio. Globalmente, il DNA virale è stato identificato, in almeno un tipo di campione dell’unità rene, in 51 su 75 reni donati (68%) e il virus più ritrovato è il B19 (47%). In accordo con la loro capacità di definire uno stato di latenza dei linfociti B e nei monociti, il DNA dei virus EBV, nel primo caso, e HCMV nel secondo, sono stati identificati principalmente nelle soluzioni di lavaggio e di conservazione, poiché tali virus sono probabilmente veicolati dalle cellule del sangue periferico. Mentre, nel caso del parvovirus B19, il DNA virale è stato trovato spesso nelle biopsie del rene del donatore: questo suggerisce che il virus probabilmente infetta le cellule residenti del rene, le quali potrebbero essere un importante sorgente di trasmissione dell’infezione al ricevente. Il poliomavirus BK si pensa abbia un particolare tropismo per il rene e che vada in latenza nelle cellule epiteliali tubulari del rene: ciononostante nel presente studio il DNA di BKV è stato identificato solo in una biopsia di rene del donatore mentre è stato più volte ritrovato, anche in maniera persistente, nelle biopsie di follow-up. In generale, è stato possibile constatare che la presenza del DNA virale nel rene del ricevente è un importante fattore di rischio di infezione sistemica per il ricevente sieronegativo nel primo periodo successivo al trapianto. In particolare, la presenza del DNA di EBV nell’ unità rene donata comporta un più elevato rischio di infezione da EBV nel ricevente sieronegativo, mentre la persistenza di B19 nel rene del ricevente è un fattore di rischio di infezione e/o di DNAemia da B19 per il ricevente sia sieropositivo che sieronegativo. Al contrario questo tipo di indagine molecolare dell’unità rene del donatore, condotta per il HCMV e per BKV non mostra una valida utilità diagnostica. Concludendo, con questo studio è stato possibile dimostrare che l’identificazione di acidi nucleici virali a livello delle soluzioni di lavaggio e di conservazione del rene da trapiantare potrebbe essere un test molecolare particolarmente utile per riconoscere i riceventi con un maggior rischio di infezione, soprattutto sistemica. La sensibilità e la specificità di tale test molecolare dipende però dal tropismo del virus per le cellule o per il tessuto dell’organo da trapiantare.
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CIGNI, CLARA. "Role of NFATc activation in innate immune cells in acute transplant rejection." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/83844.

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Abstract:
La famiglia del fattore nucleare delle cellule T attivate (NFAT) comprende cinque proteine con attività trascrizionale che possono essere suddivise in due gruppi sulla base dei loro domini funzionali; il gruppo comprendente NFAT5, la cui regolazione avviene sulla base di cambiamenti osmotici, e il gruppo comprendente la famiglia di NFATc, regolata dall’azione della calcineurina. Sebbene le diverse funzioni della famiglia NFATc siano state scoperte essere associate ai meccanismi di sviluppo, attivazione e tolleranza dei linfociti, in particolare delle cellule T, numerosi studi hanno evidenziato nuovi ruoli per quanto riguarda le cellule del sistema immunitario innato, come le cellule dendritiche convenzionali (DC) e i macrofagi. Inoltre, è stato proposto che i membri della famiglia NFATc, una volta attivi nelle cellule dell’immunità innata, potrebbero essere anche coinvolti nella collaborazione tra immunità innata e adattativa. Le DC sono cellule presentanti l’antigene e sono potenti attivatori della risposta delle cellule T. A tal proposito, è stato dimostrato che uno dei motivi per cui le DC presentano un’alta efficienza nell’attivare le cellule T è la loro capacità di produrre di interleuchina-2 (IL-2) in seguito ad esposizione con stimoli infiammatori (Granucci et al., 2001). Ulteriori studi hanno anche provato che sia l’aumentata espressione di CD25, sia la produzione di IL-2 da parte delle DC a livello della sinapsi immunologica sono eventi fondamentali per l’attivazione delle cellule T (Wuest et al., 2011). Dato che sia la produzione di CD25 che di IL-2 sono entrambe controllate dalla traslocazione di NFATc, è possibile che l’attivazione della via di segnalazione di NFAT nelle DC possa avere un ruolo fondamentale nell’attivazione delle cellule T alloreattive durante il rigetto acuto dei trapianti. A tale proposito, l’inibizione selettiva e specifica della via di segnalazione di NFAT nelle DC potrebbe essere fondamentale al fine di inibire l’attivazione delle cellule T alloreattive e per indurre un meccanismo di tolleranza ai trapianti. Abbiamo quindi utilizzato un modello sperimentale di rigetto acuto di trapianto allo scopo di testare il ruolo della via di segnalazione di NFAT nell’attivazione delle cellule T. Per questo scopo abbiamo generato un nuovo inibitore di NFATc specifico per le cellule dell’immunità innata e lo abbiamo utilizzato per testare il coinvolgimento di NFATc durante il rigetto acuto dei trapianti.
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Busutti, Marco <1987&gt. "Efficacia del Tocilizumab nel trattamaneto del rigetto umorale cronico attivo nel paziente trapiantato di rene." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10216/1/Tesi%20Dottorato%20Busutti%20AMS.pdf.

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Abstract:
In the last decades significant improvements has been reached in short term graft survival, conversely long-term graft survival in still an open challenge for the scientific community. One of the major causes of long term graft loss is represented by chronic- active antibody mediated rejection (cAMR), a recently identified entity whose diagnosis is based on laboratoristic and histologic elements: the presence of DSA associated to specific morphological lesions as inflammation and microvascular damage associated or not to C4d deposition. Treatment of cAMR is an open field of debate. Tocilizumab, an anti-IL6 monoclonal antibody has been recently proposed as a first line treatment for cAMR, showing encouranging results. We describe our monocentric experience using Tocilizumab as first-line therapy for cAMR. Graft function (eGFR), proteinuria and DSA have been evaluated every 6 month for 24 months; histology have been performed after 12 months of treatment. No adverse events have been observed during study period. 12 patients completed the study with a follow-up of 24 months. Kidney function showed a worsening during follow-up that reaches statistical significance at 12 and 24 months (eGFR from 32.2±13.9 ml/min to 26.9±13 ml/min), but far less than expected for these kind of patients. 4 patients (30%) reached ESRD during follow-up, 3 requiring renal replacement therapy. We did not observed any statically significant variation in proteinuria and in DSA MFI levels. From a histological point of view, we observed a significant improvement in active cAMR lesions (C4d deposition and Acute tissue injury (MTA, g>0/ptc>0, v>0) and no progression among chronic lesions (Transplant glomerulopathy, PTC multilayering and aterial intimal fibrosis) Tocilizumab shown good results, with a stabilization of graft function, a reduction in kidney inflammation and active lesions in kidney biopsy and not allowing progression of chronic lesions.
In the last decades significant improvements has been reached in short term graft survival, conversely long-term graft survival in still an open challenge for the scientific community. One of the major causes of long term graft loss is represented by chronic- active antibody mediated rejection (cAMR), a recently identified entity whose diagnosis is based on laboratoristic and histologic elements: the presence of DSA associated to specific morphological lesions as inflammation and microvascular damage associated or not to C4d deposition. Treatment of cAMR is an open field of debate. Tocilizumab, an anti-IL6 monoclonal antibody has been recently proposed as a first line treatment for cAMR, showing encouranging results. We describe our monocentric experience using Tocilizumab as first-line therapy for cAMR. Graft function (eGFR), proteinuria and DSA have been evaluated every 6 month for 24 months; histology have been performed after 12 months of treatment. No adverse events have been observed during study period. 12 patients completed the study with a follow-up of 24 months. Kidney function showed a worsening during follow-up that reaches statistical significance at 12 and 24 months (eGFR from 32.2±13.9 ml/min to 26.9±13 ml/min), but far less than expected for these kind of patients. 4 patients (30%) reached ESRD during follow-up, 3 requiring renal replacement therapy. We did not observed any statically significant variation in proteinuria and in DSA MFI levels. From a histological point of view, we observed a significant improvement in active cAMR lesions (C4d deposition and Acute tissue injury (MTA, g>0/ptc>0, v>0) and no progression among chronic lesions (Transplant glomerulopathy, PTC multilayering and aterial intimal fibrosis) Tocilizumab shown good results, with a stabilization of graft function, a reduction in kidney inflammation and active lesions in kidney biopsy and not allowing progression of chronic lesions.
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SOTTILI, MARIANGELA. "CXCL10 e rigetto del trapianto: studio degli analoghi della vitamina Dcome potenziali nuovi farmaci immunomodulatori." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/599069.

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