Academic literature on the topic 'Rifiuto di contrarre'

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Journal articles on the topic "Rifiuto di contrarre"

1

Romanelli, Marco. "Antiutilitarismo di Dante." Revista Española de Filosofía Medieval 27, no. 1 (July 26, 2020): 83–120. http://dx.doi.org/10.21071/refime.v27i1.12748.

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Abstract:
È opinione oggi largamente diffusa che la visione storica e politica di Dante abbia caratteri fortemente conservatori o addirittura reazionari. In sintesi, la polemica dantesca contro lʼavarizia e la cupidigia nasconderebbe un radicale rifiuto della modernità e della nuova realtà socioeconomica che si stavano affermando ai suoi tempi, in nome di un ritorno al «buon tempo antico» e al mondo immobile e chiuso della tradizione. In questo saggio intendo dimostrare, al contrario, che lʼipotesi elaborata da Dante è tuttʼaltro che conservatrice, ma propone invece un modello rivoluzionario di società fondata sui valori del dono e della caritas opposti allʼutilitarismo che fino da allora si stava imponendo come principio guida della civiltà occidentale.
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2

Tassoni, Giorgia. "Aggiornamenti 2017 su pagamenti pecuniari e contratti turistici." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 20 (October 2018): 207–23. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-020002.

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Abstract:
Il d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90 ha modificato la normativa in materia di riciclaggio, pur mantenendo il limite massimo di tremila euro per i pagamenti in contanti, in assenza di tracciabilità. Tale decreto ha tuttavia modificato la cosiddetta soglia antiriciclaggio, riducendo l'importo da 15.000,00 a 10.000,00 euro. Con riferimento ai pagamenti elettronici non rifiutabili, i decreti - previsti dal co. 5 dell'art. 15 d.l. n. 179/2012 così come modificato dalla l. 208/2015 - non sono stati emanati, nonostante ciò fosse previsto. Il d.lgs. n. 218/2017 attua la Direttiva (UE) 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e il rispetto delle norme interne al Regolamento (UE) 2015/751 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carte. La mancata approvazione, nel 2017, dei decreti interministeriali contenenti le sanzioni applicabili in caso di diniego dell'operatore, unitamente alla percezione sociale della disuguaglianza implicita nella norma, rappresenta un chiaro indice della mancanza di efficacia della norma stessa. Ciò merita una riflessione seria, dato che una determinata modalità di pagamento può essere imposta dal legislatore solo se corrisponde a un comportamento sociale consuetudinario che è significativamente e ampiamente riconosciuto. Al contrario, i progetti legislativi in corso sembrano andare nella direzione opposta, dato che includono alcune proposte legislative volte a costruire, in caso di rifiuto dei pagamenti elettronici, una tipologia di reato analoga a quella prevista dall'art. 693 cod pen. ovvero il rifiuto di accettazione della moneta avente corso legale.
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3

Iacono, Alfonso Maurizio. "Verità senza corrispondenza. Profondità priva di distanza." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 36 (February 2022): 11–21. http://dx.doi.org/10.3280/eds2021-036003.

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Abstract:
Gargani, ne Il filtro creativo, riprendendo un discorso sulla verità e sulle condizioni di verità che era stato sollevato da Heidegger e successivamente ripreso dalla filosofia contempora-nea, da Derrida a Rorty, sostiene la tesi della non corrispondenza tra linguaggio e mondo, tra rappresentazione e cosa. Si tratta del rifiuto dell'idea di rappresentazione come corri-spondenza in quanto adaequatio rei et intellectus. Solo se si presuppone la fine della corri-spondenza tra linguaggio e mondo si possono immaginare l'eccedere, il togliere, l'aggiungere. E non per questo perdiamo la razionalità o finiamo nel pastiche. Al contrario, ci apriamo all'infinito mondo delle possibilità che, facendo capolino tra ciò che è regolare, conforme, necessario, irrompendo razionalmente su una ragione in crisi, come direbbe Gar-gani, ci stupiscono e ci spingono a creare. E sappiamo bene che noi umani non creiamo dal nulla, ma sempre da qualcosa che c'è già, così come il futuro non sorge da un presente-eterno, ma dal passato.
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4

Zito, Salvatore. "Psicoanalisi e servizi sociali: un metodo per prendersi cura." RICERCA PSICOANALITICA, no. 2 (August 2010): 9–13. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2010-002002.

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Abstract:
Psicoanalisi e sociale non sono mondi separati. Sebbene gran parte della storia culturale del XX secolo li abbia declinati come appartenenti a specifiche sfere di pertinenza (l'intrapsichico e il privato l'una, l'interpersonale e il pubblico l'altro) č auspicabile che una visione meno segnata da tale dualismo possa ricomporne la frattura. Č evidente infatti, come le moderne teorie della complessitŕ ci mostrano, che esiste una interdipendenza profonda tra i vari livelli che compongono la nostra vita e che la persistenza di una dicotomia cosě marcata sia piů il frutto di una scissione che un dato di fatto. Come la riflessione psicoanalitica ci ha insegnato perň quando la scissione č troppo rigida ne risulta compromessa la nostra capacitŕ di padroneggiare e contenere la complessitŕ dell'esperienza stessa. Operare nella direzione di una ricomposizione in grado di restituire integritŕ alla nostra esistenza non č allora una mera operazione intellettuale. Al contrario essa acquista oggi il carattere dell'urgenza tanto piů quanto sembrano prevalere visioni del mondo profondamente segnate da chiusura e rifiuto dell'alteritŕ.
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5

Da Re, Antonio. "La falsa analogia tra rifiuto-rinuncia alle cure e suicidio medicalmente assistito. Riflessioni bioetiche sull’ordinanza della Corte Costituzionale n. 207/2018." Medicina e Morale 68, no. 3 (October 15, 2019): 281–95. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.587.

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Abstract:
Il saggio sviluppa alcune riflessioni di carattere bioetico, singolarmente carenti nella recente ordinanza della Corte Costituzionale n. 207/2018. Tale ordinanza è intervenuta sulla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, con riferimento al caso di Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come DJ Fabo, che, accompagnato in Svizzera da Marco Cappato, aveva chiesto e ottenuto di porre termine alla propria vita attraverso il suicidio medicalmente assistito. Il saggio per un verso mette in luce come secondo la Corte l’incriminazione del reato di aiuto al suicidio non sia in generale contraria alla Costituzione; per un altro verso critica la giustificazione dell’aiuto medico al suicidio che la Corte propone, sia pure rispetto ad alcune situazioni eccezionali ed estreme. Tale giustificazione si basa sull’indebita presupposizione che non vi siano differenze sostanziali tra il rifiuto e la rinuncia alle cure da un lato e il suicidio medicalmente assistito dall’altro. Sulla base di tale assunto la Corte perviene alla proposta, assai discutibile, di modificare la recentissima legge n. 219/2017 su “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Il saggio critica pertanto la fallacia logica della falsa analogia nella quale incorre l’ordinanza della Corte. Tale fallacia si sviluppa in quattro momenti, nei quali si fa valere un’equiparazione indebita tra concetti e situazioni tra loro ben differenti. I quattro momenti riguardano 1) il binomio concettuale uccidere – lasciar morire; 2) il significato di morte; 3) il significato del trattamento farmacologico; 4) il valore della relazione medico – paziente.
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Rodriguez, Sandra. "Inform, engage, click forward: citizen engagement among a Web 2.0 driven generation." SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, no. 40 (June 2010): 67–80. http://dx.doi.org/10.3280/sc2009-040006.

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Abstract:
Questo intervento esplora la relazione complessa fra ICT e impegno civile dei giovani. Sulla base dell'analisi empirica condotta nel 2008-2009 sui giovani della fascia 20-35 anni, il lavoro va oltre la classica caratterizzazione di una generazione immersa nella tecnologia, cercando di comprendere come il Web stia modificando il suo grado di partecipazione sociale e politica. Mentre una larga parte del dibattito relativo alla partecipazione dei giovani sottolinea il loro rifiuto di strumenti tradizionali, la tecnologia Web sembra in grado di fornire alle generazioni piů giovani strumenti che li aiutano a creare nuove vie, per modificare la vita sociale, culturale e politica a livello globale. Tuttavia, se una gran quantitŕ di studi sottolinea ora l'importanza di comprendere l'impegno giovanile nell'era dell'informazione, č difficile capire come e se il web stia modificando per i giovani il significato dell'impegno civile. Ben poca attenzione č data alla valutazione delle alternative, dei valori e dei significati che spingono i giovani a dar luogo ad azioni specifiche mirate al cambiamento sociale, o che al contrario glielo impediscono. Richiedendo un approccio multidisciplinare di natura flessibile, il lavoro suggerisce la necessitŕ di ripensare concetti come impegno, partecipazione, azioni rivolte al cambiamento sociale. Invece che cinici, apatici o tecnofili disimpegnati, il disegno che emerge dalla nostra ricerca rivela l'esistenza di giovani responsabili, caratterizzati dalla partecipazione ai networking del web e dalla mobilitŕ sociale, che dimostrano grande abilitŕ nell'uso dell'ICT per promuovere valori di giustizia e solidarietŕ.
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Tibaldeo, Roberto Franzini. "Animale, "transanimale" e umano nel pensiero di Hans Jonas." Pensando - Revista de Filosofia 6, no. 11 (July 27, 2015): 415. http://dx.doi.org/10.26694/pensando.v6i11.3606.

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Abstract:
Il pensiero di Hans Jonas, specie per quel che riguarda la cosiddetta “biologia filosofica”, tratta indirettamente del rapporto tra essere umano e animale. A questo riguardo, Jonas rifiuta sia l’approccio dualistico, sia quello monistico-riduzionistico e propende al contrario per una complessiva reinterpretazione del fenomeno della vita nei termini di quel che egli definisce una “rivoluzione ontologica”. In virtù di ciò, il pensatore rintraccia lo specifico del fenomeno della vita e individua nelle forme viventi una scala naturae di complessità, auto-trascendimento e libertà via via crescenti, le cui tappe significative sono la vita organica, quella animale e quella umana. Per quel che concerne la forma animale, varie specie presentano “potenzialità trans-animali”, che evidenziano un ponte biologico e ontologico verso l’essere umano. In altre parole, l’animale è in qualche modo in grado di prefigurare la forma di vita specificamente umana. Tuttavia, sostiene Jonas, non appena quest’ultima fa la propria comparsa, essa è tale per cui se ne evidenzia al tempo stesso anche lo “iato metafisico” rispetto alla vita animale. La specificità umana si manifesta nella propria capacità di essere responsabile e di preservare le condizioni basilari per una vita autentica sul pianeta.
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Cerruti, Marco. "Terapie fetali: questioni etiche / Fetal therapies: ethical issues." Medicina e Morale 65, no. 4 (October 6, 2016): 403–32. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.441.

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Abstract:
Le diagnosi prenatali sono in grado oggi di individuare numerose patologie che, se curate durante la gravidanza, comportano la guarigione o minori danni per il feto. Queste terapie richiedono però, prima della loro esecuzione, una valutazione etica. La prima parte presenta le varie fasi in cui è possibile intervenire (durante la gravidanza o dopo il parto). Ci sono anche patologie per le quali non esistono cure e che possono portare all’aborto eugenetico, contrario alla dignità dell’essere umano ed emblematico della cultura dello scarto. In questo percorso è fondamentale il counselling. La parte successiva analizza le possibilità terapeutiche. Innanzitutto è opportuno attuare con la coppia una terapia educazionale per comprendere il problema nel suo complesso e consentire una scelta consapevole. Quindi vengono presentate le tecniche d’intervento (medica, trasfusionale, chirurgica, genica). Per le situazioni più drammatiche si indica l’importanza di una terapia dell’accoglienza, anche attraverso le cure palliative e l’esperienza degli hospice perinatali. La terza parte focalizza i criteri di accesso alle terapie fetali in una prospettiva etica. Anzitutto la considerazione del feto come paziente, da trattare con un approccio individualizzato e proporzionato. Si considera inoltre la necessità di un consenso pienamente informato dei genitori, anche per gli interventi di natura sperimentale, e la valutazione delle ulteriori conseguenze della terapia fetale a medio e lungo termine. Quindi viene motivato il rifiuto dell’accanimento terapeutico che può comportare la rinuncia all’ intervento. Una riflessione finale riguarda l’elevato costo dell’intero processo in un’ottica di equità e sostenibilità delle cure. In conclusione, la considerazione del feto come soggetto di cui ci si prende cura e un approccio adeguato al processo diagnosi-prognosi-terapia, consentono di qualificare gli interventi di terapia fetale eticamente corretti per il bene del bambino.----------Through prenatal diagnosis it is nowadays possible to identify several pathologies which, if treated during pregnancy, can result in complete healing or in lesser damages to the fetus. These therapies, however, require an ethical assessment prior to their execution. Part one introduces the various stages in which a clinical intervention is possible (during pregnancy or after delivery). There are a number of pathologies for which no therapy is available and which may lead to eugenic abortion. This is against the dignity of the human being and it is emblematic of a “culture of waste”. In such circumstance, counselling is fundamental. The following section analyzes therapeutic opportunities. First of all, it is appropriate to involve the couple in an “educational therapy” in order to have them understand the problem as a whole and foster an informed choice. Subsequently, intervention techniques are presented (treatment, transfusion, surgery, genetics). For particularly unfortunate situations, the importance of a “welcome therapy”, of the perinatal hospice and palliative care is highlighted. The subsequent section focuses on access criteria to fetal therapies from an ethical perspective. First, the fetus is regarded as a patient to be treated with a personalized and proportionate approach. In addition, the need of an informed consent by parents is highlighted, also for experimental operations, and this leads to the assessment of further consequences that fetal therapy may have in the short-medium term. Also, the refusal of therapeutic persistence is analyzed, which may lead to renouncing treatment. A last consideration concerns the high cost of the whole procedure in terms of equity and sustainability of therapies. Finally, by regarding the fetus as a subject to take care of and fostering an adequate approach to the diagnosis-prognosis- therapy process, fetal therapies may be defined as ethically correct for the welfare well being of the child.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Licastro, Angelo. "“The icing on the cake”. Alla ricerca del giusto equilibrio tra libertà del pasticciere e divieto di discriminazione delle coppie omosessuali." Stato, Chiese e pluralismo confessionale, July 5, 2022. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/18206.

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Abstract:
SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive - 2. I casi di rifiuto opposto da pasticcieri per motivi religiosi di vendere torte commissionate da clienti omosessuali - 3. Libertà di contrarre e interessi contrapposti - 4. L’attuale assetto del quadro normativo in materia di diritto contrattuale antidiscriminatorio - 5. I tentativi della dottrina civilistica di ricondurre la materia all’interno di una cornice di coerenza sistematica - 6. Una inedita rappresentazione in ambito europeo del difficile equilibrio tra libertà di espressione e divieto di discriminazione a causa dell’orientamento sessuale - 7. Dalla libertà di espressione alla libertà di creazione “artistica” il passo è breve? - 8. La decisione di inammissibilità del ricorso presentato davanti alla Corte di Strasburgo dall’attivista di QueerSpace. “The Icing on the Cake”. Looking for the Right Balance between the Baker’s Freedom and the Prohibition of Discrimination of the Same-Sex Couples ABSTRACT: When a baker refuses to sell a cake for the wedding of a homosexual couple on religious grounds, a conflict arises between two fundamental rights, equality, and freedom of religion. In some cases, freedom of expression may also be involved. This article examines the question of whether these rights can be balanced, considering the doctrinal approach to anti-discrimination contract law and the most recent case law.
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Dissertations / Theses on the topic "Rifiuto di contrarre"

1

Contu, Elisa <1987&gt. "Il rifiuto abusivo di contrarre." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8307.

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Abstract:
Il lavoro di tesi si propone di analizzare la fattispecie del rifiuto di contrarre, con particolare attenzione alle ipotesi in cui la scelta di non addivenire alla conclusione del contratto o di imporre condizioni particolarmente gravose si realizza nei confronti di chi presenta determinate caratteristiche personali o trova giustificazione in pregiudizi ideologici e/o culturali. La questione è affrontata nel più ampio contesto offerto dal principio di eguaglianza da un lato e dalla libertà contrattuale dall’altro.
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2

Bandera, Manuela. "Abuso di posizione dominante e rifiuto di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3158.

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Abstract:
2006/2007
La tesi di dottorato ha ad oggetto l’analisi del trattamento in ambito comunitario del rifiuto abusivo di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale (i “diritti IP”) da parte di imprese in posizione dominante. Il tema ha acquistato notevole interesse a seguito di alcune sentenze della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado e di alcuni recenti interventi della Commissione diretti all’uniformazione dell’approccio nella valutazione degli abusi di esclusione. La definizione di un trattamento chiaro del rifiuto di licenza è di particolare importanza vista l’esigenza di un’interpretazione omogenea dei principi di diritto della concorrenza a livello decentralizzato, resa necessaria dalla modernizzazione della disciplina antitrust e dalla prevedibile futura diffusione delle azioni di risarcimento del danno concorrenziale. Partendo dall’apparente conflittualità tra diritti di proprietà intellettuale, che postulano un potere di monopolio sul bene protetto e l’esclusione dei concorrenti dal relativo godimento, e il diritto antitrust, che invece è volto ad evitare comportamenti abusivi e distorsivi della concorrenza, la tesi si propone di individuare i principi e il metodo più adatti a regolare tali condotte delle imprese dominanti. A tal fine, la tesi esamina con spirito critico le teorie ed i concetti sviluppati dalla prassi comunitaria e dalla recente Comunicazione relativa agli “Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti”. Lo studio si compone di cinque capitoli. Dopo il primo capitolo introduttivo, i successivi due capitoli sono diretti all’analisi dei criteri utilizzati per l’esame dei casi di rifiuto di contrarre e delle fattispecie abusive che coinvolgono diritti IP: i criteri tratti dal diritto antitrust sono esaminati nel secondo capitolo e quelli derivanti da nozioni proprie della materia della proprietà intellettuale nel terzo. Il quarto e il quinto capitolo sono quindi dedicati allo studio critico della disciplina individuata per la valutazione dei dinieghi di licenza nelle pronunce della Commissione, del Tribunale e della Corte di giustizia nonché nella Comunicazione della Commissione e nel dibattito che ne ha preceduto l’adozione. Più in particolare, il primo capitolo definisce la nozione di abuso di posizione dominante ex art. 82 TCE e fornisce al lettore gli strumenti per l’analisi della fattispecie, approfondendo i più significativi per lo studio del diniego di licenza: dopo un esame del mercato rilevante, l’attenzione si concentra sul concetto di dominanza, sulla nozione di sfruttamento abusivo e le sue caratteristiche, il cui studio è effettuato con l’ausilio esemplificativo di alcune tipologie di abuso individuate dalla Commissione e dalle corti comunitarie. Il secondo capitolo analizza i criteri rilevanti per il trattamento del rifiuto abusivo di contrarre sviluppati alla luce dei principi di diritto antitrust. Nell’esame dei rifiuti rivolti a clienti nuovi, in particolare, è oggetto di approfondimento la prassi comunitaria elaborata con riferimento alla fornitura di beni e infrastrutture “essenziali” che viene analizzata anche alla luce della cd. “essential facilities doctrine” definita dalla giurisprudenza nordamericana. Il terzo capitolo è diretto invece a studiare il rapporto tra diritto della concorrenza e diritto della proprietà intellettuale. Esso esamina le nozioni di “esistenza/esercizio” del diritto IP, di “oggetto specifico” e di “funzione essenziale”, tratte dalla giurisprudenza in materia di privative intellettuali ed industriali e libera circolazione delle merci, analizzandone l’applicabilità alle fattispecie di abuso di posizione dominante e agli strumenti utili per la relativa analisi. Negli ultimi due capitoli, infine, si studia la disciplina elaborata per il trattamento delle ipotesi di rifiuto abusivo di licenza, evidenziando in particolare i criteri con cui si è cercato di coniugare le specificità dei diritti di proprietà intellettuale con i principi di diritto antitrust sviluppati per i casi di rifiuto di contrarre. Nei casi di diniego di licenza occorre infatti bilanciare l’esigenza di garantire la concorrenza e lo sviluppo dei mercati (da cui conseguirebbe la necessità di imporre l’accesso al bene protetto) con l’esigenza di tutelare gli sforzi e gli investimenti del titolare del diritto (il quale sarebbe privato dell’incentivo ad innovare nel caso si concedesse un accesso indiscriminato alle sue risorse). L’atteggiamento della Commissione e dei giudici comunitari si è evoluto nel tempo. Rispetto all’approccio utilizzato nei primi casi Volvo e Renault, dove la valutazione di abusività era effettuata in base ai concetti di “esistenza”, “esercizio” e “oggetto specifico” del diritto IP, la prassi ha modificato progressivamente la propria impostazione nei casi Magill, IMS e Microsoft nei quali ha sviluppato modelli di analisi tratti dalla disciplina dei rifiuti di contrarre e delle essential facilities, integrati, in ragione della specificità dell’oggetto del rifiuto, dal criterio dell’ostacolo alla comparsa del “prodotto nuovo”. Chiude la tesi l’analisi della Comunicazione della Commissione, ultimo intervento comunitario in materia, nella quale allo specifico test per i casi di rifiuto abusivo di licenza elaborato dalle corti comunitarie, si sostituisce un’unica disciplina che assimila il trattamento del rifiuto di licenze a quello previsto per il rifiuto di contrarre avente ad oggetto beni ed infrastrutture materiali. L’analisi delle interpretazioni succedutesi in materia, di cui si studiano aspetti positivi e criticità, dimostra la difficoltà di individuare il corretto trattamento del rifiuto di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale. Alla luce dei criteri progressivamente delineati in ambito comunitario con riferimento a tale fattispecie, sembra che la valutazione del rifiuto di licenza di diritti IP debba essere realizzata mediante l’applicazione dei principi di diritto antitrust, seppur adattati alla peculiare natura di tali privative. Occorrerebbe quindi in primo luogo riconoscere la necessità di un trattamento differenziato dei diritti IP rispetto ai diritti di proprietà sugli altri beni. La disciplina della proprietà intellettuale mediante l’attribuzione della privativa sul bene protetto solo per una durata limitata di tempo, infatti, effettua già il bilanciamento dell’esigenza di tutela del titolare con l’interesse dei concorrenti e della collettività alla condivisione dell’invenzione o della creazione. Di conseguenza, il trattamento delle fattispecie di rifiuto aventi ad oggetto diritti IP non può essere identico a quello riservato ai rifiuti di concedere l’accesso a risorse materiali, per cui manca tale bilanciamento di opposti interessi. Si dovrebbe riconoscere inoltre che non vi è contrasto ma, al contrario, complementarità tra le finalità e gli effetti del diritto antitrust e della proprietà intellettuale, essendo entrambi diretti a favorire un’efficienza e una concorrenza dinamica fondata sullo sviluppo di nuovi beni e processi, sulla sostituzione anziché sull’imitazione di prodotti. Tali constatazioni portano quindi a concludere a favore di un’interpretazione che preveda che il rifiuto di concedere in licenza un diritto di proprietà intellettuale debba essere ritenuto abusivo in forza della disciplina antitrust solo nei casi eccezionali in cui l’esercizio in concreto del diritto non risponda alla finalità astratta per cui esso è stato riconosciuto e cioè escluda la promozione dell’innovazione. L’individuazione dei criteri di valutazione dell’abusività del rifiuto del diritto IP può essere effettuata mediante un test fondato su condizioni precise, definite ex ante e specifiche per detta fattispecie, sul modello del test proposto dalla Corte di giustizia nella sentenza IMS, oppure sulla base di principi più generali, applicabili ad una pluralità di ipotesi, come previsto nella Comunicazione della Commissione. Il primo metodo sembra avere il vantaggio di essere certo e conoscibile, il secondo di essere adattabile alle esigenze del caso concreto, pur essendo suscettibile di applicazioni scarsamente prevedibili a priori. Dall’analisi si deriva in ogni caso che, per ridurre le ipotesi di intervento del diritto antitrust nell’esercizio delle prerogative attribuite al titolare del diritto IP, è necessario che all’interpretazione del trattamento del rifiuto di licenza sopra indicata si accompagni una disciplina del diritto della proprietà intellettuale che protegga tramite diritti di privativa industriale ed intellettuale solo beni effettivamente meritevoli di tutela mediante esclusiva. L’azione comunitaria intesa a realizzare questo obiettivo, già avviata mediante la parziale armonizzazione delle leggi nazionali in materia e l’individuazione di alcuni diritti IP aventi validità europea, sembra ora ulteriormente confermata dall’art. 118 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea previsto dal Trattato di Lisbona, diretto ad istituzionalizzare la creazione di diritti di proprietà intellettuale di portata comunitaria.
XX CICLO
1977
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