Academic literature on the topic 'Ricerca con i bambini'

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Journal articles on the topic "Ricerca con i bambini"

1

Piccolo, Marina, and Sarah Miragoli. "Il gioco traumatico nella Play Therapy." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 2 (September 2012): 87–106. http://dx.doi.org/10.3280/mal2012-002005.

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Abstract:
Nella valutazione e nell'intervento clinico con i bambini, emerge la necessitŕ di utilizzare delle tecniche alternative alla verbalizzazione, a causa delle scarse competenze comunicative. L'evidenza clinica e di ricerca mostra che il gioco puň fornire un contesto appropriato e protetto, che aiuti il bambino ad esprimere le proprie emozioni e sentimenti, anche in situazioni post-traumatiche. Il gioco, attraverso l'uso di materiale simbolico, permette di ottenere la distanza necessaria dall'impatto del trauma e di esprimere pensieri e sentimenti. Il presente articolo, in base a quanto riportato dalla letteratura specialistica, descrive le caratteristiche specifiche della Play Therapy, focalizzando l'attenzione sul gioco in situazioni traumatiche. La ricerca, infatti, mostra l'efficacia della Play Therapy con bambini che mostrano diversi tipi di difficoltŕ sociali, emotive, di apprendimento, includendo anche i bambini con problematiche correlate ad esperienze traumatiche, come maltrattamento fisico e abuso sessuale.
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2

Petech, Erika, Alessandra Simonelli, and Gianmarco Altoč. "Interazioni triadiche, benessere della coppia e ruolo del padre nelle famiglie con bambini in etŕ prescolare." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 1 (March 2010): 135–56. http://dx.doi.org/10.3280/rip2009-001008.

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Abstract:
La ricerca si č proposta di studiare la qualitŕ delle interazioni triadiche in famiglie con bambini in etŕ prescolare, considerando il possibile ruolo di due fattori contestuali, la relazione di coppia e il coinvolgimento del padre nella cura del figlio, nell'influenzare la co-costruzione delle dinamiche familiari. Allo studio hanno partecipato 19 famiglie appartenenti ad una popolazione non clinica reclutate ai corsi di psicoprofilassi al parto. Il disegno longitudinale della ricerca ha previ- sto 5 tappe di somministrazione: al 7° mese di gravidanza č stata somministrata la Dyadic Adjustment Scale ad entrambi i partner; al 4°, 9° e 12° mese del bambino sono stati somministrati alle madri e ai padri la Dyadic Adjustment Scale e il Questionario sul Coinvolgimento paterno; a 4 anni del bambino sono stati somministrati alle madri e ai padri la Dyadic Adjustment Scale e il Questionario sul Coinvolgimento paterno e, alla triade familiare, il Lausanne Trilogue Play. I risultati hanno evidenziato che la qualitŕ delle interazioni triadiche familiari valutata a 4 anni dei bambini risulta significativamente associata al grado di coinvolgimento paterno nella stessa fase temporale. Viceversa la qualitŕ della relazione di coppia, considerata longitudinalmente, non sembra un fattore connesso alle competenze interattive familiari.
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3

Ghiggi, Gioconda, and Antonio Di Pietro. "Le possibilità di gioco nell'integrazione dei bambini con esperienza migratoria." Zero-a-Seis 23, no. 43 (March 12, 2021): 983–99. http://dx.doi.org/10.5007/1980-4512.2021.e73461.

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Abstract:
La presente intervista è stata realizzata con il pedagogista ludico Antonio Di Pietro, che ricerca e lavora sul tema del gioco in Italia. Il tema, che ha guidato le nostre domande, è stato: il gioco nell'integrazione dei bambini con l'esperienza migratoria. Il Professore presenta il gioco come una risorsa importante per imparare la lingua; promuovere le relazioni tra bambini/bambini, bambini/adulti e educatori e famiglie; valorizzare la lingua madre, considerandola come il linguaggio delle emozioni. Infine, il gioco come un dispositivo interculturale, considerando le sue dimensioni emotive, relazionali e motivazionali.
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4

Cigala, Ada, and Arianna Mori. "Le competenze emotive in bambini con storia di maltrattamento: cosa ci dice la ricerca?" MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 1 (May 2012): 11–24. http://dx.doi.org/10.3280/mal2012-001002.

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Abstract:
I bambini piccoli trascurati possono essere a rischio di deficit nella competenza emotiva. Bambini con storie di trascuratezza o che non avevano subito alcun tipo di maltrattamento sono stati inizialmente visti a 4 anni e ad un anno di distanza per valutare la loro competenza emotiva. Un più alto QI è risultato essere associato con una migliore competenza emotiva, ma i bambini trascurati riportavano costantemente una peggiore competenza emotiva rispetto ai bambini non trascurati, avendo tenuto controllato l'effetto del QI. Poiché sia la trascuratezza sia il QI possono contribuire a deficit nella competenza emotiva, entrambi devono essere esaminati quando si valutano questi bambini per poter progettare e applicare in modo appropriato interventi per la competenza emotiva.
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5

Ungar, Michael. "Aspetti generali e culturali della resilienza nei bambini e nei giovani." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2010): 109–22. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-001008.

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Abstract:
La resilienza viene studiata come un aspetto sia universale sia dotato di specifi citŕ culturale dello sviluppo positivo dei bambini e dei giovani, legato all'esposizione a livelli signifi cativi di avversitŕ. In questo lavoro si tratteggia brevemente la storia della ricerca sulla resilienza e si discute quindi un'interpretazione emergente della resilienza come costrutto ecologico socialmente negoziato. Alla resilienza contribuisce l'abilitŕ dell'ambiente del bambino di facilitare la crescita, compresi i meccanismi ambientali che infl uenzano l'espressione dei geni. Per spiegare questa interazione si introducono due concetti, la ricerca e la negoziazione. Quanto meglio i giovani sono in grado di muoversi per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno per la salute mentale, tanto piů č probabile che lo sviluppo sia soddisfacente. Analogamente, quanto piů sono in grado di negoziare per ottenere che queste risorse siano rese disponibili in modi culturalmente rilevanti, tanto piů facilmente le risorse contribuiranno a uno sviluppo positivo. Si esplorano sette aspetti della resilienza con le loro interazioni complesse. Si presentano anche dati qualitativi provenienti da uno studio condotto in undici paesi con metodi mistio per illustrare i fattori multipli che infl uenzano le ricerche e le negoziazioni dei giovani per ottenere le risorse necessarie ad alimentare la resilienza. Il lavoro si conclude con una discussione sulle implicazioni per la ricerca e per la pratica clinica di questa interpretazione della resilienza.
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6

Caprì, Tindara, and Rosa Angela Fabio. "Processi cognitivi complessi e aggressività." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 2 (September 2020): 713–46. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-002012.

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Abstract:
Gli studi presenti in letteratura hanno mostrato l'esistenza di fattori cognitivi, emotivi e genetici che influenzano l'aggressività. Mentre molte ricerche focaliz-zano la loro attenzione sui processi cognitivi sociali, lo scopo del presente studio è quello di indagare la relazione tra processi cognitivi complessi e aggressività. Abbiamo esaminato tale relazione in 236 bambini delle scuole elementari. L'obiettivo principale di questa ricerca è indagare se nei bambini che attuano comportamenti aggressivi, esistono differenze non solo negli aspetti socio-cognitivi (Fase 1 della ricerca), come rilevato dagli studi presentati, ma anche nei processi cognitivi complessi che ne sono alla base, come il pensiero critico ed il problem solving (Fase 2 della ricerca). Sono stati confrontati due gruppi: soggetti aggressivi e di controllo. Abbiamo ipotizzato che i bambini con comportamento aggressivo mostrino capacità di pensiero critico e di problem solving inferiori ri-spetto al gruppo di controllo. I partecipanti erano inizialmente 121 maschi e 115 femmine, di età compresa tra 10 e 11 anni. La ricerca è stata articolata in due fasi distinte. Nella prima sono state somministrate tre scale di self report e una scala di nomina dei pari per valutare rispettivamente: il comportamento aggres-sivo, l'autoefficacia e il disimpegno morale; inoltre due scale sono state sommi-nistrate agli insegnanti per valutare i comportamenti aggressivi, disattentivi e ipe-rattivi dei bambini. Nella seconda fase, 31 bambini sono stati selezionati dal campione iniziale e suddivisi in due gruppi (aggressivo vs controllo). Il pensiero critico e le capacità di problem solving sono stati testati da cinque strumenti. I risultati mostrano un'interessante relazione tra comportamenti aggressivi e le di-mensioni analizzate e rivelano differenze significative tra bambini con compor-tamento aggressivo e gruppo di controllo solo nel pensiero critico, e non nelle ca-pacità di problem solving. I risulati sono stati discussi alla luce della teoria dell'elaborazione delle informazioni sociali, secondo cui le abilità sociali e cogni-tive giocano un ruolo chiave nell'influenzare il comportamento aggressivo.
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7

Montirosso, Rosario, Lynne Murray, Guenda Ghezzi Perego, Roberto Brusati, Francesco Morandi, and Renato Borgatti. "Modalitŕ interattive nella relazione precoce tra madre e bambino affetto da labio-palato-schisi. Studio osservativo su un campione italiano." CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, no. 3 (April 2010): 134–52. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2009-003007.

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Abstract:
I bambini affetti da labio-palato-schisi (LPS) possono presentare difficoltŕ nell'interazione socio-emozionale con la madre. L'obiettivo dello studio č analizzare la qualitŕ degli scambi affettivi in una fase precoce dello sviluppo. Hanno preso parte alla ricerca due gruppi (clinico e di controllo) composti entrambi da 16 diadi madre-bambino. Un'interazione di cinque minuti viso-a-viso č stata vi- deo-registrata quando il bambino aveva 2 mesi di vita. I comportamenti e lo stile interattivo della madre e del bambino sono stati codificati mediante il sistema GRS - Global Rating Scales [29]. Č stato inoltre somministrato il questionario BDI - Beck Depression Inventory - compilato dalle madri per valutare la sintomatologia depressiva. I risultati evidenziano che rispetto ai bambini del gruppo di controllo i bambini con LPS manifestano una ridotta partecipazione allo scambio relazionale con la madre. Le madri del gruppo clinico appaiono meno sensibili rispetto alle madri del gruppo di controllo. Tra i due gruppi di madri non emergono differenze ai punteggi ottenuti al questionario sulla sintomatologia depressiva. Tuttavia, nel corso dell'interazione con il loro bambino le madri del gruppo clinico manifestavano segni di natura depressiva. Globalmente le interazioni madrebambino affetto da LPS risultano meno fluide e con un minor numero di scambi comunicativi positivi. In conclusione, la presenza di LPS nel bambino interferisce in modo rilevante sulla qualitŕ dell'interazione precoce madre-bambino. Questi risultati suggeriscono l'importanza di pianificare interventi precoci indirizzati a facilitare la relazione tra la madre e il bambino affetto da LPS.
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8

Di Renzo, Magda, Paolo Pace, Federico Bianchi di Castelbianco, Massimiliano Petrillo, Elena Vanadia, Simona D'Errico, and Monica Rea. "La percezione genitoriale dei cambiamenti emotivo-comportamentali nei bambini con disturbo dello spettro autistico, a quattro mesi dall'inizio della pandemia." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 2 (September 2022): 1–23. http://dx.doi.org/10.3280/rip2022oa13999.

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Abstract:
I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da difficoltà nell'interazione socio-comunicativa, dalla presenza di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. In determinate circostanze, ad esempio durante un periodo di lockdown, quando l'isolamento sociale e il distanziamento diventano obbligatori per tutti, in particolare per le famiglie con un bambino con disturbo dello spettro l'interruzione delle routine quotidiane (scuola, terapia, tempo libero) rischia di minare il lavoro terapeutico e i progressi che faticosamente le famiglie avevano raggiunto fino a quel momento. In questo studio abbiamo monitorato 81 famiglie di bambini con disturbo dello spettro, valutandole prima dell'inizio della pandemia e circa 4 mesi dopo, per verificare quali comportamenti dei bambini fossero peggiorati e quali invece fossero rimasti stabili o anche migliorati. Le famiglie sono state intervistate, a febbraio e luglio 2020, attraverso rating scale standardizzate e i risultati hanno evidenziato un intensificarsi nei bambini di irrequietezza motoria, difficoltà nella regolazione del sonno, mentre non sono emersi peggioramenti nelle condotte autolesive o etero-aggressive, né nelle autonomie personali. Va considerato che tutte le famiglie coinvolte nella presente ricerca erano inserite in percorsi terapeutici e non hanno interrotto il percorso di supporto psicologico (online), con lo specifico obiettivo di sostenerli nel loro ruolo genitoriale nelle fasi più critiche vissute dai bambini, e nel renderli sempre più attivi nei processi di consolidamento delle competenze acquisite dai bambini.
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Sluzki, Carlos E. "Dalla madre schizofrenogena alla vulnerabilitŕ genotipica: aggiornamento sul tema "schizofrenia e famiglia"." PSICOBIETTIVO, no. 2 (March 2010): 137–54. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-002010.

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Abstract:
Questo articolo esamina in modo aggiornato tre linee correlate di ricerca sul tema famiglia e schizofrenia, ciascuna con importanti implicazioni cliniche: gli studi su "emozioni espresse", le ricerche su bambini ad alto e basso rischio genetico, adottati in etŕ precoce da famiglie prive di precedenti episodi patologici, e i recenti progetti comunitari di "prevenzione primaria" o individuazione pre-clinica e trattamento integrato rivolto a giovani ad alto rischio di schizofrenia. Ciascuna ricerca si interseca con l'altra, contribuendo ad una prassi che si arricchisce considerando l'interazione fra predisposizione genetica ed ecosistema familiare.
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Journals, FrancoAngeli. "Il diritto ad aspirare nelle geografie dei bambini. Una ricerca-azione partecipativa nel quartiere CEP di Palermo." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 4 (December 2021): 23–44. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa4-2021oa12957.

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Abstract:
Questo lavoro si propone di indagare criticamente il ruolo che le aspirazioni urbane, vale a dire la capacità collettiva di immaginare spazi alternativi per le proprie città, hanno nella costruzione delle geografie quotidiane delle bambine e dei bambini. In linea con i presupposti della Political Geography of Children, bambine e bambini vengono qui consideraticome attori socio-spaziali capaci di rinegoziare pratiche e rappresentazioni imposte dagli adulti. Muovendo da queste considerazioni teoriche e dai principi metodologici della ricerca-azione partecipativa, analizzeremo il percorso laboratoriale organizzato con le ragazze e i ragazzi dell'Associazione San Giovanni Apostolo del CEP di Palermo, uno dei quartieri più marginalizzati della città. In particolare, prenderemo in considerazione le attività di photo-walk e di mappatura collettiva condotte nel quartiere e i tentativi di trasformare il campo abbandonato di via Calandrucci da zona di ‘disimmaginazione' a luogo di desideri e rivendicazioni per i suoi abitanti più piccoli.
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Dissertations / Theses on the topic "Ricerca con i bambini"

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Grassi, Elena. "Promuovere la salute attraverso l'educazione mediale: una ricerca quasi-sperimentale con bambini di 10 anni e i loro genitori." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423034.

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Abstract:
This research pertains to the broad study field of “Health Promoting Media Literacy Education” (Bergsma & Carney, 2008; Bergsma & Ferris, 2011) and regards in particular children's healthy nutrition (Evans et al., 2006; Tanner et al. 2008). The purpose of this pilot study was to evaluate the effectiveness of a school-based media education intervention on the promotion of fruit and vegetables consumption to prevent childhood obesity. The target population for the study was 10-year-old Italian children and their parents. The study utilized a mixed-method approach, with a quasi experimental design (one intervention group – 27 children and one of their parents – and one control group – 33 children and one of their parents), integrated by a focus group, which is used as a key for the interpretation of the quantitative data. Pre-test, post-test (upon completion of the intervention) and delayed post-test (after 3 months upon completion of the intervention) measured: the children's fruit and vegetables consumption, motivation, self-efficacy and parental social support related to fruit and vegetables consumption; parent motivation and social support related to their children fruit and vegetables intake; availability and accessibility of fruit and vegetables at home. Upon completion of the intervention, a focus group was conducted with children in the intervention group, divided in three different groups. During the focus group, children were asked to express their health and media beliefs and knowledge, their ability of critical analyses and expression skills, and nutritional behavior intentions, as well as their opinions/satisfaction with the intervention. The 10 weeks long intervention included 12 sessions on: health education, media literacy, and a health communication media-based campaign workshop during which the children created posters, newsletters and video commercials on fruit and vegetables targeted to their parents. To test the intervention effect on the changes in outcomes of all variables, independent sample T-test analyses were calculated. The intervention was effective in increasing children’s fruit and vegetable intake (p<.05) and all psychosocial determinants (p values ranging from 0.00 to 0.04) both at immediate post-test and at delayed post-test. Parents reported increased emotional social support (p<.05) at delayed post-test. To investigate the families raised from the focus group text, the content analysis was done. The relationship among the families was investigated with the co-occurrences analysis, from which the ability of expression - that is one of the main skills stimulated by the media education (production approach) - results in the central core of the relationship among almost all of the theoretical constructs investigated, so we could consider it the main successful factor of the intervention. These results indicate that a nutrition and media literacy intervention may be an innovative and promising methodological approach to promote children’s healthy nutrition
Questa ricerca si colloca nell’ambito di studi denominato Health promoting media literacy education (Bergsma & Carney, 2008; Bergsma & Ferris, 2011) e affronta in particolare il tema della sana alimentazione dei bambini (Evans et al., 2006; Tanner et al. 2008). L’obiettivo della ricerca è indagare l’efficacia di un intervento di educazione mediale, svolto in ambito scolastico, sulla promozione del consumo di frutta e verdura, con lo scopo ultimo di prevenire l’obesità infantile. I partecipanti alla ricerca sono bambini italiani di 10 anni e i loro genitori. La ricerca utilizza un metodo misto, con un disegno quasi-sperimentale (un gruppo d’intervento – 27 bambini e uno dei loro genitori – e un gruppo di controllo – 33 bambini e uno dei loro genitori), integrato da un focus group, utilizzato come chiave interpretativa dei dati quantitativi. Il pre-test, post-test (dopo la conclusione dell’intervento) e delayed post-test (a tre mesi dalla conclusione dell’intervento) hanno misurato: con i bambini, consumo di frutta e verdura, motivazione, autoefficacia e supporto genitoriale percepito in relazione al consumo di frutta e verdura; con i genitori, motivazione e loro supporto all’assunzione di frutta e verdura da parte dei figli; inoltre, è stata rilevata la disponibilità e accessibilità di frutta e verdura a casa. Dopo la conclusione dell’intervento è stato condotto un focus group con i bambini del gruppo intervento, suddivisi in tre sottogruppi, durante il quale è stato chiesto loro di esprimere: concezioni e conoscenze sulla salute e sui media, abilità di analisi critica e di espressione, intenzioni di comportamento riguardo al consumo di frutta e verdura e opinioni in merito all’intervento stesso. L’intervento è durato 10 settimane ed è stato articolato in 12 sessioni così scandite: educazione alla salute; alfabetizzazione mediale; laboratorio, durante il quale i bambini sono stati impegnati nella produzione di affiche, newsletter e uno spot per la tv su frutta e verdura, che hanno avuto come target i loro genitori. Per verificare l’effetto dell’intervento sul cambiamento delle variabili indagate è stato utilizzato il T-test per campioni indipendenti. L’intervento è risultato efficace, incidendo sull’aumento del consumo di frutta e verdura da parte dei bambini (p<.05) e su tutte le determinanti psicosociali (con valori di p compresi tra 0.00 e 0.04) sia al post-test sia al delayed post-test. I genitori hanno riportato un aumento del supporto emotivo (p<.05) al delayed post-test. E’ stata eseguita l’analisi del contenuto del focus group, procedendo alla determinazione di codici e famiglie di codici. La relazione tra famiglie è stata esaminata con l’analisi delle co-occorrenze, dalla quale è emerso che l’abilità di espressione – una delle principali abilità stimolate dall’educazione mediale con approccio production – si trova al centro della rete di relazioni tra la maggior parte dei costrutti teorici indagati. Questi risultati indicano che l’intervento di educazionale mediale per la promozione della salute può essere un innovativo e promettente approccio metodologico per promuovere la sana alimentazione dei bambini
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Serbati, Sara. "Valutare per meglio intervenire. Ricerca sugli esiti degli interventi educativi domiciliari con bambini e famiglie vulnerabili nell'Azienda ULSS di Belluno." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422018.

Full text
Abstract:
In the current economic crisis context less and less resources are used to support social services intervention promoting vulnerable children and family wellbeing. The Conference of Mayors of ULSS 1 (Belluno, Vento Region) and the Consortium of social agencies S.A.C.S. (Belluno), facing the need to give legitimacy of resource investment, asked for a 3 year experimentation (2008‐2010) of outcome evaluation methods and tools within home intervention for vulnerable children and family, which is an essential way of intervention used by the above services. Research focused on activities of 13 social workers (educators) that were involved in home care services during the project. The research involved the co‐building of tools for verifying results and the planning interventions. The tools were used three times, on May 2009, on December 2009, and on May 2010, by the social workers and by the others professionals that refer to the 10 social agencies involved. The knowledge coming from the intervention effectiveness evaluation is key in decision‐making and planning process for promoting activities and services working in terms of process documentation and transparency. With these aims, the research has had the opportunity to respond to issues raised by the actors (politicians and administrators), making the criterion of social relevance of research and waiting for the production of knowledge useful to those working in the area. The social relevance of this research focused not only on the goal achievement analysis relating to the resources, but it also aimed at focussing on the practice of social workers involved in the project, in terms of an emancipatory function. The evaluation project was planned within the learning by the practice perspective, assuming a participative approach giving social workers a key relevance, in the project design, implementation and evaluation. Thanks to this participative approach, social workers were allowed to evaluate their own practice and to start a reflective process which enhanced their learning and improved their current practice. The project became an opportunity to improve the context by a “training latency” which promoted change processes and news skills in the involved practitioners (Bove, 2009; De Ambrogio, 2004; Santelli Beccegato, Varisco, 2000; Patton, 1998; Weiss, 1998). Through listening and systematic collection of social workers’ point of view and needs, the evaluation path aimed at fulfilling a methodological and a content need: - the need to clearly define paths and methods for designing and evaluating the effectiveness of home care interventions; - the need to focus the intervention with vulnerable children and families towards an approach giving more value to family relational aspects and to family empowerment. At the end of the experimental program, the research used the collected material "to develop it into scientific knowledge " (Cadei, 2008, p. 48), including all available data within a broader theoretical framework, according to the results on intervention effectiveness shown by the international literature, and mainly characterized by the Bronfenbrenner’s bio‐ecological perspective (1979, 2005). The results were related within an overall interpretation that allowed to give a unitary explanation of what influenced the outcomes of intervention.
Nell’attuale contesto di crisi economica una quota sempre più ridotta di risorse è impegnata nella promozione del benessere dei bambini e delle famiglie vulnerabili che afferiscono ai servizi sociali. Da qui nasce l’esigenza di legittimazione delle risorse investite che ha portato la Conferenza dei Sindaci dell’A.Ulss n. 1 di Belluno e il Consorzio di Cooperative Sociali S.A.C.S. di Belluno a richiedere per il triennio 2008‐2010 un percorso di sperimentazione di metodi e strumenti per la valutazione di esito degli interventi educativi domiciliari a favore di bambini e famiglie vulnerabili, risorsa fondamentale dei servizi territoriali del Bellunese. La ricerca si è focalizzata sull’attività di 13 educatrici che nel periodo di sperimentazione hanno svolto interventi educativi domiciliari. La ricerca ha previsto la definizione condivisa degli strumenti per la verifica degli esiti e la progettazione degli interventi che sono stati utilizzati in tre momenti temporali successivi (maggio 2009, dicembre 2009, maggio 2010) dalle educatrici e dagli altri operatori dei 10 servizi coinvolti che le hanno affiancate. Le conoscenze che è possibile ottenere grazie alla valutazione dell’efficacia degli interventi offrono la possibilità di fondare i processi decisionali e programmatori di attività e servizi da mettere in campo sulla base di contributi informativi documentati e trasparenti. Con tali propositi, la ricerca ha avuto la possibilità di rispondere alle problematiche poste dai soggetti interessati (operatori e amministratori politici), realizzando il criterio di pertinenza sociale della ricerca e attendendo alla produzione di conoscenza utile a quanti operano sul territorio. La pertinenza sociale della ricerca non ha riguardato solo l’analisi del grado di conseguimento degli obiettivi nell’utilizzazione delle risorse, ma ha investito anche in una funzione emancipatrice delle pratiche degli operatori che hanno partecipato alla ricerca. Ci si è posti, dunque, nell’ottica di una valutazione che consentisse di apprendere dall’esperienza, attraverso l’assunzione di un approccio partecipativo che ha attribuito importanza agli operatori dei servizi. La costruzione partecipata del percorso valutativo ha posto i soggetti nelle condizioni di vagliare le proprie pratiche, avviando un processo di riflessione che ha condotto ad un percorso di apprendimento e di miglioramento delle pratiche in atto. La ricerca ha assunto una funzione modificatrice del contesto attraverso una “latenza formativa”, che ha promosso processi di cambiamento e ha portato all’acquisizione di nuove competenze da parte dei professionisti coinvolti (Bove, 2009; De Ambrogio, 2004; Santelli Beccegato, Varisco, 2000; Patton, 1998; Weiss, 1998). Attraverso l’ascolto e la raccolta sistematica dei punti di vista e dei bisogni degli operatori sociali partecipanti alla ricerca, il percorso valutativo ha inteso rispondere a due esigenze specifiche di apprendimento, l’una metodologica, l’altra contenutistica: - l’esigenza di definire con precisione percorsi e modalità di progettazione e di valutazione dell’efficacia degli interventi educativi; - l’esigenza di orientare i contenuti del lavoro educativo domiciliare con i bambini e le famiglie vulnerabili verso una maggiore valorizzazione della dimensione relazionale e dell’empowerment per le famiglie. Al termine del percorso sperimentale, la ricerca ha poi impiegato “il materiale raccolto per svilupparlo in conoscenza scientifica” (Cadei, 2008, p. 48), inserendo tutti i dati disponibili all’interno di una cornice teorica più ampia, anche alla luce dei risultati espressi dalla letteratura internazionale sull’efficacia degli interventi. Tale cornice, individuata nel modello ecologico dello sviluppo umano di Bronfenbrenner (1979, 2005), ha consentito di porre in relazione e in comunicazione tutti i risultati raccolti all’interno di una lettura complessiva che ha permesso di dare una spiegazione unitaria di ciò che sembra aver influenzato gli esiti.
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Pereira, Rachel Freitas. "As crianças bem pequenas na produção de suas culturas." reponame:Biblioteca Digital de Teses e Dissertações da UFRGS, 2011. http://hdl.handle.net/10183/28813.

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Abstract:
La presente dissertazione si concentra sullo studio dei rapporti che i bambini abbastanza piccoli, di età compresa tra un anno e mezzo a due anni e mezzo stabiliscono tra di loro. L'obiettivo è di comprendere i processi di organizzazione di un gruppo di venti bambini in un asilo nido II, di una Scuola Comunale di educazione Infantile di Porto Alegre. Si cerca di capire la complessità delle loro dinamiche interattive, e di riconoscere il modo in cui creano una organizzazione e producono una cultura infantile tra loro. Il riferimento teorico e metodologico che supporta l’investigazione è la prospettiva della Sociologia dell'Infanzia, in un approccio socioantropologico, e anche la prospettiva della Psicologia culturale di Barbara Rogoff. Mia pretensione è quella di contemplare i contributi teorici che prendono come base l'agire di questi soggetti nei rapporti sociali. Si tratta di una ricerca etnografica con e non su bambini. Dalle osservazioni partecipative ho strutturato il materiale empirico della seguente forma: 1) appunti su un diario di campo, 2) registro fotografico, 3) registro in video la registrazione del quotidiano dei bambini, 4) trascrizione del video, 5) microanalisi dei video, nell’estrarli in fotografie sequenziali, 6) triangolazione dei dati: diari, fotografie e video. Le categorie di analisi hanno risaltato le azioni che i bambini sviluppano tra loro, come: le azioni invitative, di rifiuto, di conflitto, le azioni (ri)produttive, quelle condivise, la solitudine, e i rapporti di amicizia. Queste azioni si sono evidenziate nel centro della organizzazione dei gruppi di pari dell’asilo nido II, i nuclei sociali dei bambini, che costituiscono la sua comunità culturale, le culture infantili, concepite come forme uniche di significazione e apreensione del mondo, le quali i bambini creano e condividono nei loro gruppi di pari (SARMENTO, 2003), non soltanto per l’oralità, ma attraverso altre forme tacite di linguaggio.
A presente dissertação centra-se no estudo das relações que as crianças bem pequenas, com idade entre um ano e meio a dois anos e meio estabelecem entre si. O objetivo é analisar os processos de organização de um grupo de vinte crianças do berçário II, de uma Escola Municipal de Educação Infantil de Porto Alegre. Busca-se compreender a complexidade de suas dinâmicas interativas, e identificar de que forma elas criam uma organização e produzem uma cultura infantil entre elas. O referencial teórico-metodológico que subsidia a investigação é a perspectiva da Sociologia da Infância, em uma abordagem socioantropológica, e também a perspectiva da Psicologia cultural de Barbara Rogoff. Minha pretensão é contemplar as contribuições teóricas que tomam como base a agência desses sujeitos nas relações sociais. Trata-se de uma pesquisa de cunho etnográfico com e não sobre crianças. A partir de observações participativas estruturei o material empírico da seguinte forma: 1) anotações em diário de campo; 2) registro fotográfico; 3) registro em vídeo gravação do cotidiano das crianças; 4) transcrição dos vídeos; 5) microanálise dos vídeos, ao extraí-los em fotografias seqüenciadas; 6) triangulação dos dados: diários, fotografias e vídeos. As categorias de análise ressaltaram as ações que as crianças desenvolvem entre elas, como: as ações convidativas, de rejeição, de conflito, as ações (re)produtivas, as compartilhadas, a sozinhez, e as relações de amizade. Estas ações evidenciaram-se no cerne da organização dos grupos de pares do berçário II, os núcleos sociais de crianças, constituindo sua comunidade cultural, as culturas infantis, concebidas como formas singulares de significação e apreensão do mundo, as quais as crianças criam e compartilham nos seus grupos de pares (SARMENTO, 2003), não somente pela oralidade, mas através de outras formas tácitas de linguagem.
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Carbonin, Claudia. "Il punto di vista dei bambini nei processi di affidamento familiare. Ricerca esplorativa con gli operatori dei servizi del Comune di Genova." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3426754.

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Abstract:
This PhD thesis aims to explore the context of foster care services in relation to the participation of children in foster care projects designed for them. Giving the opportunity to children to express their point of view on events that affect them, before being a right recognized by the Convention on the Rights of the Child (CRC article 12, 1989), is the basis of the contemporary pedagogical vision that considers the child as the "protagonist" (Cian, 1993) capable of acting on the world around him and the active "builder" (Vygotsky, 1978) of his knowledge in the context he belongs to. This right seems hardly granted within the Protection Service that deal with children and families in difficult situations, as in such cases the institutional warrant focused on the function on protection, presupposing the capability of an adult to know what is better for a child and decide accordingly in his best interest, is to prevail. This project is developed within the ecological perspective of human development (Bronfenbrenner 1979, 2005) and intends to investigate the theme of "the child's point of view" with reference to the hetero-family foster care experience he is living, in order to highlight the possible areas of reflection and innovation in the design of foster care services by the operators involved. The survey group consists of 16 social workers, 8 children between 5 and 10 years old and their families who are cared for by the services of the Genoa Municipality, as this municipality has been appointed by the Ministry of Labor and Social Affairs for testing the National Guidelines for the Family Foster Care which were approved on 25.10.2012. By assuming a purely qualitative approach, through the implementation of the "Research Training Intervention" model, the survey will be conducted using the tools of the Mosaic Approach (Clark, 2001.2005) which have been adapted to the type of the survey group. Therefore visual techniques such as the use of photography will be utilized; the construction of the photo album to collect the child's point of view, which will be integrated later with the one of the adults (birth family, foster family, social services protection operators) through semi-structured interviews and focus groups. The literature review focused on the close examination of the cultural, legislative, psychological and pedagogical roots of the aspects related to the child's listening and participation to the decisions that concern him (Dame Butler-Sloss, 2001) within the services for minors, and in particular in local child protection services. The evaluation of the experience of "training" first and then "action research" together with the operators involved outlined the pedagogical aspects that are central to the European and international debate on the actual realization of the right of listening and participation, in particular for children included in protection and foster care programs; moreover, it has proposed interesting developments on the organizational dimension of the services in which the operators work or interface, as a crucial element in achieving systematic and not occasional practices that put at center the child's point of view in the decisions that concern him.
La presente tesi di dottorato si propone di esplorare il contesto dei servizi per l’affidamento familiare in relazione alla partecipazione dei bambini ai progetti di affidamento familiare pensati per loro. Dare la possibilità ai bambini di esprimere il loro punto di vista sugli avvenimenti che li riguardano, prima che essere un diritto riconosciuto dalla Convenzione dei diritti del bambino (art.12 CRC 1989), è il presupposto della visione pedagogica contemporanea che vede il bambino “protagonista” (Cian, 1993) in grado di agire sul mondo che lo circonda e “costruttore” (Vygotskij, 1978) attivo delle sue conoscenze nel contesto a cui appartiene. Nell’ambito dei Servizi di Tutela e Protezione che si occupano dei bambini e delle loro famiglie in situazione di difficoltà, tale diritto sembra garantito con difficoltà in quanto risulta prevalere il mandato istituzionale focalizzato sulla funzione di “protezione”, che presuppone la capacità dell’adulto di sapere cosa è meglio per il bambino e decidere nel suo migliore interesse. Il presente progetto si sviluppa all’interno della prospettiva ecologica dello sviluppo umano (Bronfenbrenner 1979, 2005) e intende indagare quindi il tema del “punto di vista del bambino” in riferimento all’esperienza di affido etero-familiare che sta vivendo, al fine di evidenziare i possibili ambiti di riflessione e innovazione nelle pratiche di progettazione dell’intervento di affido familiare degli operatori dei servizi coinvolti. Il gruppo di indagine riguarda 16 operatori sociali e 8 bambini di età compresa tra i 5 e 10 anni e le loro famiglie che sono in carico presso i servizi del Comune di Genova, in quanto questo Comune è stato individuato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per sperimentare le Linee di Indirizzo Nazionali per l’Affido Familiare approvate il 25.10.2012. Assumendo un approccio prettamente qualitativo, attraverso il modello della Ricerca Formazione Intervento, l’indagine sarà condotta avvalendosi degli strumenti del Mosaic Approach (Clark, 2001,2005) che sono stati adattati alla tipologia del gruppo di indagine. Saranno, dunque, utilizzate tecniche visuali come l'uso della fotografia, la costruzione dell’album fotografico per raccogliere il punto di vista del bambino, che verrà in seguito integrato con quello degli adulti (famiglia d’origine, famiglia affidataria, operatori dei servizi di tutela sociale) attraverso interviste semistrutturate e focus group. La rassegna della letteratura ha riguardato l’approfondimento delle radici culturali, legislative, psicologiche e pedagogiche degli aspetti riguardanti l’ascolto e la partecipazione del minore alle decisioni che lo riguardano (Dame-Butler Sloss, 2001) all’interno dei servizi per i minori, e in particolare nei servizi territoriali tutela minori. La valutazione dell’esperienza di formazione prima e ricerca-intervento poi insieme agli operatori coinvolti, ha delineato gli aspetti pedagogici che sono al centro del dibattito europeo e internazionale sulla effettiva realizzazione del diritto di ascolto e partecipazione in particolare dei bambini inseriti nei percorsi di protezione e tutela e in affidamento familiare nello specifico; inoltre, ha prospettato interessanti sviluppi sulla dimensione organizzativa dei servizi coinvolti in cui gli operatori lavorano o con cui si interfacciano, come elemento determinante nel realizzare pratiche sistematiche e non occasionali che mettano al centro il punto di vista del bambino nelle decisioni che lo riguardano.
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Polato, Enrica. "La lettura di un TIB (Tactile Illustrated Book) come contesto per l'espressione di domande da parte dei bambini con deficit visivo. Una ricerca esplorativa." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3425270.

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Abstract:
The present doctoral work finds its motivation in a deficiency and an intent. The deficiency (and, in certain countries, even absence) regards the availability of Tactile Illustrated Books (TIB); tactile picture books, created for children of pre-school age who are blind or with visual impairment. The Baby Infant Tactile Illustrated Books (BITIB) Group attempts to address such shortage by developing prototypes of some such books. One of these book prototypes was entrusted to the University for evaluation of some of its characteristics, with the aim of receiving feedback useful to determine necessary adjustments in view of a large publication run. The aim of the present research is, therefore, to contribute to the qualitative improvement of this editorial product (which it is desired should transcend the specialist editorial niche to become a book for all) further elaborating operative instructional details for its reading as a joint activity between child and adult (whether educator or parent). The indicator used for research are the questions formulated by children of pre-school age who are blind or with visual impairment during reading. Therefore, the present research explore the joint activity of reading a TIB by an adult and child, understood as context for the manifestation of questions on the part of the child. The First Part contextualises the research within a wider framework, composed of references originating in scientific literature, in legislation as well as from reflections expressed by professionals working with blind or visually impaired children on a daily basis. Starting from an unavoidable introduction to visual impairment, we analysed how reading and books contributed to the developing literacy of children who are blind or with visual impairment, elaborating a role of cognitive and affective mediation. The interesting thematic of mental images in subjects with visual impairment introduces the importance of reading tactile illustrated books, especially if realised within the transactional format of joint reading between adult and child. There follows then the focus of the research, namely the thematic (scarcely explored in the literature) of the questions formulated by children in general, and children with visual impairment in particular; conscious that "there is no better introduction to a child's logic than the study of his spontaneous questions" (Piaget). In the second section we report the research results, involving 33 children aged between 2 and 6 years who are blind or with partial sight/visual impairment, their educators and parents in the reading of a TIB, which took place on the premises of the Fondazione Hollman in Padua and Cannero Riviera. First, the differences between subgroups defined by a selection of variables from the reference group (extent of visual impairment, presence or absence of additional impairments, sex) were explored; such differences regard the percentage/proportion of questions expressed and their distribution, in the succession of video recordings and the different categories by content (analysis of variables) Secondly, an analysis of content relating to some of the elements present in the TIB (tactile illustration, character, writing in traditional print and Braille) was carried out, with the purpose to also return to the BITIB Group and the publisher Les Doigts Qui Rêvent some useful reflections for the purpose of adjusting the content of the book in view of its wider publication. The analysis results for single variables highlight that children in subgroups further compromised by their disability (blind versus visually impaired, children with additional disability versus those without) ask a higher proportion of questions compared to children less compromised by their disability (visually impaired versus blind, children without additional disability versus those with). It emerges, further, that rereading the book after a six months interval reignites the questioning behaviour in the subgroups further compromised by their disability (blind versus visually impaired, children with additional disability versus those without), but not in those in subgroups less compromised by their disability (visually impaired versus blind, children without additional disability versus those with). Finally, in the analysis of distribution of codes in the content categories, we found that children more compromised by their visual impairment (blind) formulate proportionally more questions than less compromised children (visually impaired), mostly in the Information and Relationship categories. Considering, instead, additional disability; children with additional disability formulated proportionally more questions than children without additional disability, mostly in the Information and Relationship categories. Further exploration, obtained by cross tabulation of the two variables "visual deficit" and "additional deficit", highlighted that the overall percentage of questions was highest for blind children without additional disability, to then decrease in the subgroup of visually impaired children with additional disability, blind children with additional disability and, lastly, visually impaired children without additional disability. Analyses of the distribution of questions between the four subgroups, in the four video recordings, led us to the hypothesis that, in the absence of additional disability, the variable level of gravity of visual impairment may influence the number of questions asked, but have not much influence on their distribution in the four video recordings. From the analysis of contents, there emerged several pointers for the revision of the book, destined to the BITIB Group and the publisher Les Doigts Qui Rêvent: the main one is always to research the maximum possible level of correspondence between the adjectives used in the text to define the materials of which the images are composed ("rough", "cold", "spiky") and the actual tactile sensation they transmit to the children. The children should be involved in the research, giving them the means to express opinion and disagreement, also through the formulation of questions. To conclude, from the present research arises the following intent: to paraphrase the Madrid Declaration of 2002, "no tactile books for visually impaired children without the contribution of visually impaired children". Such contribution can be achieved also through the questions, which represent a valuable form of active participation of the child to the reading of the TIB which, in its guise of mediator, facilitates the relational exchange with the adult.
Il presente lavoro di dottorato trova la sua motivazione in una carenza e in un intento. La carenza (e, in certi Paesi, addirittura l’assenza) riguarda la disponibilità di TIB (Tactile Illustrated Books), cioè di libri tattilmente illustrati, pensati per bambini con deficit visivo in età prescolare. A tale carenza ha cercato di dare risposta il Gruppo internazionale di lavoro e di ricerca BiTiB (Baby infant Tactile illustrated Books), elaborando alcuni prototipi di libri. Uno di essi è stato affidato all’Università per essere valutato in alcuni aspetti, con l’obiettivo di ricevere dei feedback utili alla sua messa a punto, in vista di una pubblicazione in larga tiratura. L’intento della presente ricerca è, quindi, quello di contribuire al miglioramento qualitativo di questo prodotto editoriale (che si vorrebbe uscisse dalla nicchia dell’editoria speciale per diventare un libro “per tutti”), elaborando, inoltre, delle indicazioni operativo-didattiche per la sua lettura congiunta tra bambino e adulto (educatore o genitore). L’indicatore usato per la ricerca è rappresentato dalle domande formulate dai bambini con deficit visivo nel corso della lettura: pertanto, la presente ricerca esplora l’attività di lettura congiunta di un TIB tra adulto e bambino, intesa come contesto per l’esplicitazione di domande da parte del bambino stesso. La Prima Parte contestualizza la ricerca all’interno di una cornice più ampia, composta da riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica, dalla legislazione ma anche da riflessioni espresse da professionisti che, quotidianamente, operano con i bambini ciechi e ipovedenti. Partendo da un’imprescindibile introduzione al deficit visivo, si è analizzato come la lettura e i libri concorrano all’alfabetizzazione emergente dei bambini ciechi ed ipovedenti, svolgendo un ruolo di mediatori cognitivi e affettivi. L’interessante tematica delle immagini mentali nei soggetti con deficit visivo introduce l’importanza della lettura di libri tattilmente illustrati, soprattutto se realizzata all’interno del formato transattivo della lettura congiunta tra adulto e bambino. Si giunge, quindi, al focus della ricerca, cioè la tematica (scarsamente indagata in letteratura) delle domande poste dai bambini, in generale, e dai bambini con deficit visivo, in particolare, nella consapevolezza che “non c’é introduzione migliore alla logica del bambino che lo studio delle sue domande spontanee (Piaget, 1958)”. Nella seconda parte vengono riportati gli esiti della ricerca, che ha coinvolto 33 bambini ciechi ed ipovedenti di età compresa tra i 2 e i 6 anni, i loro educatori e genitori nella lettura di un TIB, presso le sedi della Fondazione Hollman di Padova e Cannero Riviera. In primo luogo, sono state esplorate le differenze tra i sottogruppi determinati da alcune variabili del gruppo di riferimento (entità del deficit visivo, presenza o assenza del deficit aggiuntivo, sesso); tali differenze riguardano la percentuale di domande espresse e la loro distribuzione, nella successione delle riprese e nelle diverse categorie di contenuto (analisi per variabili). In secondo luogo, è stata realizzata un’analisi del contenuto relativa ad alcuni degli elementi presenti nel TIB (illustrazioni tattili, personaggio, scrittura in nero e in Braille…), anche al fine di restituire al Gruppo BiTiB e alla Casa Editrice Les Doigts Qui Rêvent alcune riflessioni, utili per la messa a punto del libro, in vista di una sua pubblicazione. I risultati dell’analisi per singole variabili evidenziano che i bambini appartenenti a sottogruppi più compromessi dai deficit (i ciechi rispetto agli ipovedenti, i bambini con deficit aggiuntivo rispetto a quelli senza deficit aggiuntivo) pongono percentuali di domande più alte dei bambini meno compromessi dai deficit (gli ipovedenti rispetto ai ciechi, i bambini senza deficit aggiuntivo rispetto a quelli con deficit aggiuntivo). Emerge, inoltre, che la rilettura del libro dopo sei mesi di intervallo riaccende il comportamento di domanda nei bambini appartenenti ai sottogruppi più compromessi dai deficit (i ciechi rispetto agli ipovedenti, i bambini con deficit aggiuntivo rispetto a quelli senza deficit aggiuntivo), ma non in quelli appartenenti ai sottogruppi meno compromessi dai deficit (gli ipovedenti rispetto ai ciechi, i bambini senza deficit aggiuntivo rispetto a quelli con deficit aggiuntivo). Infine, nell’analisi della distribuzione dei codici nelle categorie di contenuto, riscontriamo che i bambini più compromessi dal deficit visivo (ciechi) formulano percentuali di domande più alte dei bambini meno compromessi (ipovedenti), principalmente nelle categorie dell’Informazione e della Relazione. Considerando, invece, il deficit aggiuntivo, i bambini con deficit aggiuntivo formulano percentuali di domande più alte dei bambini senza deficit aggiuntivo, principalmente nelle categorie della Relazione e dell’Informazione. Un ulteriore approfondimento, ottenuto tramite l’incrocio delle due variabili “deficit visivo” e “deficit aggiuntivo”, ha evidenziato che la percentuale complessiva delle domande è risultata massima per i bambini ciechi senza deficit aggiuntivo, per poi diminuire nel sottogruppo dei bambini ipovedenti con deficit aggiuntivo, dei bambini ciechi con deficit aggiuntivo e, infine, dei bambini ipovedenti senza deficit aggiuntivo. L’analisi della distribuzione delle domande dei quattro sottogruppi, nelle quattro riprese, ci ha fatto ipotizzare che, in assenza di deficit aggiuntivo, il diverso livello di gravità del deficit visivo influisca sul numero di domande poste, ma non molto sulla loro distribuzione nelle quattro riprese; mentre, in presenza di deficit aggiuntivo, il diverso livello di deficit visivo influisca non tanto sul numero delle domande poste, quanto sulla loro distribuzione nelle quattro riprese. Dall’analisi per contenuti, sono emerse numerose indicazioni per la messa a punto del libro, destinate al Gruppo BiTiB e alla Casa Editrice Les Doigts Qui Rêvent: la principale è quella di ricercare sempre il massimo livello di corrispondenza tra gli aggettivi usati nel testo per definire i materiali di cui sono composte le immagini (“ruvido”, “freddo”, “che punge”) e la reale sensazione tattile da essi trasmessa ai bambini. Essi vanno coinvolti in prima persona in questa ricerca, dando loro modo di esprimere opinioni ed eventuali perplessità, anche tramite la formulazione di domande. In conclusione, dalla presente ricerca emerge il seguente intento: parafrasando la dichiarazione di Madrid 2002 , “niente libri tattili per i bambini con deficit visivo senza l’apporto dei bambini con deficit visivo”. Tale apporto può essere fornito anche tramite le domande, che rappresentano una preziosa modalità di partecipazione attiva del bambino alla lettura del TIB il quale, nella sua veste di mediatore, favorisce lo scambio relazionale con l’adulto.
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DE, VITA ANASTASIA. "Frammenti di complessità dell'esistenza. Questioni di significato nell'infanzia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/23679.

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Abstract:
This study focuses on existential questions that children pose during their preschool years in early education settings. It aims to identify areas of interest within ECECs, so as to analyze their significance; to document the interaction modes adopted by the subjects involved regarding those themes which adults consider to be difficult topics for dialogue with children; to test a few survey tools for studying the conversations between children and between children and adults. The empirical part consists in an exploratory study involving children, parents and educators within two ECEC services in the province of Milan. The research method has been chosen to encourage dialogue between descriptions and interpretation. Descriptive data (the daily practices utilized in the school context) and the interpretations and experiences of the subjects have been considered. The voices of the different protagonists have been gathered through interviews and group conversations, triggered by verbal and visual stimuli, and especially using illustrated books and stories as one of the main sources familiar and available to children which they turn to in an effort to find meaning in their experiences. Observations regarding typical conversations between the teachers and the children have also been collected and discussed. Dialogue has been the tool to address the complexity of the subject. The constant intertwining of voices and stimuli have allowed it to become an important part of the study, both in terms of epistemological reflection (tied to the type of awareness emerging from the survey) and methodological reflection (linked to the search for appropriate strategies for encouraging the participation by the different subjects). The discussion of results emphasizes the lack of specific studies on these themes within ECEC during the period when children spend most of their time in contexts characterized by a plurality of values, deeply involved in and linked to their process of awareness. This study evidences the importance of including these themes in ECEC pedagogy, research and professional development.
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RIPAMONTI, DONATA ANTONELLA. "Bambini e tecnologie digitali:opportunità, rischi e prospettive di ricerca." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2018. http://hdl.handle.net/10281/211648.

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Abstract:
La recente e massiccia diffusione di tecnologie digitali ha profondamente modificato gli ambienti educativi e formativi, diffondendo un crescente dibattito su come e se tali dispositivi possono/devono entrare a far parte anche della vita dei bambini più piccoli, sebbene il loro uso sia già diventato una realtà nelle case di molti di loro e in alcuni contesti educativi. All'interno di questo scenario si inserisce la presente ricerca, che riguarda, secondo una prospettiva pedagogica, lo studio del rapporto tra bambini al di sotto dei 3 anni e le tecnologie digitali e che ha come obiettivo quello di indagare da un lato l’esperienza di esplorazione e utilizzo delle tecnologie touch da parte dei bambini piccoli, dall'altro le idee, le rappresentazioni, i dubbi di genitori ed educatori in merito a tale fenomeno. Il percorso di indagine ha utilizzato un metodo che combina gli strumenti della ricerca qualitativa in ambito educativo (osservazione, focus group) con strumenti di raccolta e di analisi propri dell'approccio quantitativo (in particolare il questionario) secondo la visione pragmatista della ricerca da cui è emersa la teoria dei mixed methods. Dopo avere iniziato una sistematica review della letteratura, è stata avviata la fase esplorativa della ricerca attraverso la realizzazione di una serie di focus group con genitori ed educatori che operano all'interno di servizi educativi per la prima infanzia allo scopo di indagare le rappresentazioni degli adulti in merito all'esposizione di bambini al di sotto dei 3 anni ai dispositivi touch e, nel contempo, di formulare le domande di un questionario da somministrare ai genitori. I dati analizzati hanno rivelato che anche i bambini italiani accedono ai dispositivi digitali in età molto precoce e che l'uso delle tecnologie aumenta col crescere dell'età. Per quanto riguarda l'utilizzo che essi fanno dei media touchscreen, dai questionari risulta prevalere la visione di video, in particolare cartoni animati, seguita dall'ascolto di musica e dall'utilizzo di app che propongono giochi pensati per insegnare loro colori, forme, lettere dell'alfabeto o di intrattenimento come puzzle, memory. Scarsa sembra essere la preparazione dei genitori nella scelta dei contenuti digitali destinati ai propri figli, che si orientano piuttosto superficialmente verso le app gratuite oppure verso quelle proposte come "educative", senza interrogarsi sulla loro effettiva qualità. Solo una minoranza dichiara di non disporre dei criteri necessari per orientarsi in tale scelta, pur riconoscendone l'importanza. Le informazioni raccolte rendono conto, inoltre, di livelli di consapevolezza dei genitori molto eterogenei e di pratiche che risultano essere in parte contraddittorie rispetto alle preoccupazioni esplicitate. Colpisce il fatto che, nonostante molti genitori ritengano che l’introduzione dei dispositivi touch in età precoce possa aumentare i rischi per la salute psico-fisica dei bambini, provocare dipendenza e interferire negativamente con le relazioni, almeno una parte di loro ammetta di usare le tecnologie per calmarli e distrarli già a partire dal primo anno di vita e in misura crescente in seguito. Nello stesso tempo sono molti i genitori che, evitando una superficiale contrapposizione tra favorevoli e contrari, preferiscono porsi con atteggiamento cautamente critico nei confronti dell'appropriazione digitale da parte dei figli e dichiarano di utilizzare prevalentemente le TD in modo condiviso. Più consapevoli e preoccupati sembrano essere gli educatori, che si interrogano sul ruolo che i servizi educativi devono svolgere nell'accompagnamento dei bambini all'appropriazione delle tecnologie e nel supporto ai genitori alle prese con la definizione della "dieta digitale" più equilibrata con cui "nutrire" i nativi digitali, in modo che essi possano sfruttare le potenzialità delle tecnologie evitando gli eventuali rischi provenienti da un uso eccessivo e acritico.
Abstract The recent and massive spread of digital technologies has brought along radical changes in educational and training environments, triggering a growing debate on how and if such devices can/must become part of younger children’s everyday life, even though their use is already widespread in many households and educational frameworks. The present research unfolds within this scenery, it deals with the relationship between children below the age of three and digital technologies from a pedagogic perspective, and aims at investigating both touch technologies exploration and use experience in young children, and ideas, representations, and doubts of parents and educators about such phenomenon. The study method is based on the combination of educational qualitative research process (such as observation and focus groups) with data collecting and analysis tools typical of a quantitative approach (notably, questionnaires), according to the rationalist point of view of the research from which the mixed methods theory ensued. After starting a systematic review of the literature on this subject, the explorative stage of the research started with the creation of a series of focus groups with parents and educators operating within educational services for early childhood, in order to investigate the adult’s representations regarding the exposure of children below 3 years of age to touch devices and, at the same time, to formulate questions for a questionnaire to be handed out to parents. The data collected proved that Italian children as well access digital devices at a very young age and the use of technology increases with age. As regards their using habits of touch-screen media, questionnaires revealed that watching videos, mostly cartoons, is the predominant activity, followed by listening to music and using apps devised to teach them: colors, shapes, alphabet letters, or leisure apps such as puzzle and memory games. The parents seem barely prepared to select the digital contents accessible to their children, loosely directing towards free apps or those advertised as “educational”, without questioning the real quality of the software. Only a minority declares lacking the necessary skills to make a reasoned choice, although acknowledging its importance. The data collected also highlight very diverse levels of awareness in the parents and the existence of habits that seem in partial contradiction with the worries they declared. It is amazing that, although many parents think that the early introduction of touch devices might increase the risks for the children’s psychical and physical health, cause addiction and affect their social relationships negatively, at least a part of them admits using technologies to calm and entertain the children starting from the first year of life, and increasing the habit with age. At the same time, a lot of parents, avoiding a superficial contraposition between favorable and contrary, prefer to maintain a mildly critic position towards their children’s digital mastering and declare a shared use of DT in their own households. Educators seem to be more aware and worried, questioning themselves over the role that educational services should take in the process of accompanying the children towards digital mastering and supporting the parents dealing with the fine-tuning of a balanced “digital diet”, necessary to “nourish” the digital natives, to enable them to exploit the DT potential while avoiding possible dangers arising from an excessive and indiscriminate use.
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MORGANDI, TIZIANA. "Esperienze e processi di conoscenza dei bambini: un percorso di ricerca e formazione nei Centri per Bambini e Famiglie." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/88068.

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Abstract:
Questa ricerca si colloca nell’ambito degli studi di pedagogia dell’infanzia ed esplora, attraverso un percorso di indagine empirica, la qualità dell’esperienza educativa dei bambini in alcuni Centri per Bambini e Famiglie (CBF) a Milano (Mantovani, 2005). Lo studio nasce dai risultati di una ricerca internazionale sulla funzione sociale di questi servizi oggi in Italia (Musatti, Mantovani, 2013), Belgio, Francia, Giappone (Hoshi-Watanabe et al., 2012). Molte ricerche sulla prima infanzia sono state condotte in ambiente domestico o nel nido, pochi studi riguardano le esperienze educative dei bambini nei CBF, tradizionalmente più orientati alla genitorialità; in specifico poco indagate risultano le potenzialità di apprendimento dei bambini in questi contesti educativi di compresenza adulto-bambino (0/3 anni). La ricerca si iscrive nel modello teorico della ricerca-formazione e si basa sull’ipotesi che le esperienze dei bambini nei CBF, seppure non quotidiane, abbiano oggi una valenza educativa saliente proprio per le specificità sociali e pedagogiche di questi luoghi basati sulla compresenza di adulti (familiari e non) e bambini; ciò richiede un ri-allineamento della formazione degli educatori, oggi un po’ allentata, alla complessità del ruolo. A livello metodologico, il lavoro ha combinato strumenti qualitativi propri della tradizione di ricerca sul campo in educazione (Mantovani, 1998; Mortari, 2007; Caronia, 2011; Denzin e Lincoln, 2005), con indicazioni inerenti la videoricerca (Goldman et. al., 2007; Derry et. al., 2010; Haw, Hadfield, 2011) rilette in prospettiva pedagogica (Bove, 2009; Braga, 2009). A livello empirico, la ricerca si è articolata in due fasi: nella prima sono state realizzate 12 videoregistrazioni di giornate tipo in 4 CBF e sono stati realizzati interviste e focus group con educatrici e genitori; nella seconda è stata condotta un’esperienza pilota di ricerca-formazione in uno dei 4 CBF coinvolti che ha previsto la videoregistrazione di 4 proposte educative riviste e discusse con le educatrici. I dati emersi sono stati analizzati mediante il supporto del software NVivo seguendo le indicazioni metodologiche dell’analisi del contenuto. I risultati evidenziano: la complessità e la variabilità delle esperienze di apprendimento dei bambini nell’ecologia di questi contesti educativi e la necessità di renderle visibili per sostenerle mettendole al centro del “confronto tra genitori e educatori” in una prospettiva pedagogica di sostegno allo sviluppo; cambiamenti nelle interpretazioni delle educatrici con una riconsiderazione delle competenze dei bambini e del proprio ruolo in relazione a proposte educative e “didattiche” situate in contesti di compresenza bambini e adulti; alcuni “movimenti formativi” che hanno innescato interventi di riprogettazione educativa. Nel complesso la ricerca ha confermato le potenzialità educative e sociali (di inclusione) di questi servizi esposti a una variabilità crescente di stili parentali e modelli di sviluppo/apprendimento e ha evidenziato la necessità di sostenere il ruolo degli educatori attraverso percorsi formativi mirati, sostenibili, efficaci.
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Sodi, Denise <1994&gt. "I pronomi clitici in bambini con DSL e bambini con DSA: l'uso in frasi semplici e in frasi complesse con verbi a ristrutturazione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15178.

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Abstract:
Il presente studio è volto a indagare la competenza nella produzione elicitata di pronomi clitici e nella ripetizione di frasi con verbi a ristrutturazione da parte di bambini con diagnosi di disturbo specifico del linguaggio, di disturbo specifico dell’apprendimento o di entrambi i disturbi in comorbilità. L’interesse a tale ambito di ricerca non è esclusivamente linguistico, ma è stato mosso in primo luogo dal sospetto che una volta raggiunti i criteri per diagnosticare un disturbo dell’apprendimento non venga prestata sufficiente attenzione a un latente disturbo specifico del linguaggio, strettamente collegato ad esso. Pertanto, essendo ormai nota la criticità relativa alla computazione dei pronomi clitici in presenza dei suddetti disturbi, tanto da costituire i marcatori clinici d’eccellenza per la lingua italiana, è stato raccolto un campione di bambini madrelingua italiani precedentemente diagnosticati di età compresa tra i 6 e i 10 anni. Nei due test a cui sono stati sottoposti, quello di elicitazione e quello di ripetizione, ancora mai testato su bambini con DSL, i principali oggetti di indagine sono stati i pronomi clitici accusati e dativi alla prima, seconda e terza persona singolare, oltre ai clitici riflessivi alla terza persona singolare. Scopo di tale studio è verificare se e in che misura il comportamento dei soggetti con DSA si discosta da quello dei bambini con una storia pregressa di DSL e come tale pattern si differenzia rispetto a quello osservato nei bambini a sviluppo tipico.
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Piras, Rita. "Lessico Psicologico nei testi narrativi e Attaccamento: una ricerca su bambini di età scolare." Doctoral thesis, La Sapienza, 2006. http://hdl.handle.net/11573/917246.

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Books on the topic "Ricerca con i bambini"

1

Lee, Magill, and Sorensen Annelise, eds. New York con i bambini. Milano: Mondadori Electa, 2013.

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Degasperi, Mara, and Paola Calliari. I bambini pensano con le storie. [S.l]: IPRASE Trentino, 2007.

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Claudio, Baraldi, and Maggioni Guido, eds. La mediazione con bambini e adolescenti. Roma: Donzelli, 2009.

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Lucio, Gambi, Cazzola Franco, and Università di Bologna. Dipartimento di discipline storiche., eds. Nei cantieri della ricerca, incontri con Lucio Gambi. Bologna: CLUEB, 1997.

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Lugiato, L. A. Divertirsi con la ricerca: Viaggio curioso nell'ottica moderna. Roma: Di Renzo, 2007.

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Con Dante e Cusano alla ricerca della verita. Verona: Mazziana, 2005.

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1910-2018, Dorfles Gillo, and Anceschi Giovanni, eds. Ricerca e/o sperimentazione: Conversazione con Gillo Dorfles. Turin, Italy]: Progresso grafico, 2009.

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8

La mobilità autonoma dei bambini tra ricerca e interventi sul territorio. Milano: F. Angeli, 2008.

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Petruccelli, Irene. L'abuso sessuale infantile: L'intervento con i bambini. Roma: Carocci, 2002.

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10

Vedi Napoli: Ritratti di città con bambini. Santa Maria Capua Vetere (CE) [i.e. Caserta, Italy]: Spartaco, 2006.

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Book chapters on the topic "Ricerca con i bambini"

1

Roberts, Albert R., and Kenneth R. Yeager. "Intervento sulla crisi con bambini maltrattati." In Gli interventi sulla crisi, 91–96. Milano: Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2029-0_18.

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2

Cena, Loredana, and Antonio Imbasciati. "La ricerca in Psicologia Clinica Perinatale: Fattori di rischio e protezione per la tutela della salute mentale." In Prendersi cura dei bambini e dei loro genitori, 47–70. Milano: Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2472-4_3.

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3

Roberts, Albert R., and Kenneth R. Yeager. "Intervento sulla crisi con bambini a seguito di violenze scolastiche." In Gli interventi sulla crisi, 129–35. Milano: Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2029-0_24.

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4

Vernero, Irene, Elena Aimar, and Antonio Schindler. "La sordità." In Allenamento della percezione uditiva nei bambini con impianto cocleare, 1–11. Milano: Springer Milan, 2009. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1187-8_1.

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5

Schindler, Antonio, Irene Vernero, and Elena Aimar. "Fisiologia della perceizione uditiva." In Allenamento della percezione uditiva nei bambini con impianto cocleare, 13–39. Milano: Springer Milan, 2009. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1187-8_2.

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6

Aimar, Elena, Irene Vernero, and Antonio Schindler. "Programmi riabilitativi della perceizione uditiva." In Allenamento della percezione uditiva nei bambini con impianto cocleare, 41–100. Milano: Springer Milan, 2009. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1187-8_3.

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7

Cena, Loredana, and Antonio Imbasciati. "Prendersi cura della generatività, genitorialità e cogenitorialità con gli operatori socio-sanitari per una profilassi psicoeducativa." In Prendersi cura dei bambini e dei loro genitori, 19–46. Milano: Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2472-4_2.

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8

Cena, Loredana, and Antonio Imbasciati. "L’intervento in Psicologia Clinica Perinatale. Integrazione con i percorsi di cura in ostetricia, neonatologia, pediatria, neuropsichiatria infantile." In Prendersi cura dei bambini e dei loro genitori, 71–111. Milano: Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2472-4_4.

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9

Curceanu, Catalina Oana. "Epilogo — Atomi con coscienza: bellezza e necessità di fare ricerca fondamentale." In Dai buchi neri all’adroterapia, 313–16. Milano: Springer Milan, 2013. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-5241-3_39.

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10

Marta, Elena, Paolo Guiddi, Maura Pozzi, and Vincenzo Saturni. "Il dono del sangue tra processi individuali e dinamiche organizzative: una ricerca longitudinale con neo-donatori." In La donazione in Italia, 163–72. Milano: Springer Milan, 2011. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1932-4_24.

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Conference papers on the topic "Ricerca con i bambini"

1

Pugliano, Antonio. "Il restauro per la valorizzazione di architetture e siti da conservare: studi per la fruizione del paesaggio culturale italiano: il caso di Ostia." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8003.

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Abstract:
La memoria riguarda un’iniziativa sviluppata nell’Università Roma Tre, con il MiBACSoprintendenza Speciale ai Beni Archeologici di Roma e con l’Ordine degli Architetti di Roma. L’iniziativa, sostenuta dal valente Soprintendente Anna Maria Moretti e dall’eccellente direttore della Sede di Ostia, Angelo Pellegrino, mira alla costituzione di un sistema di azioni integrate di ricerca e formazione per la documentazione, la conservazione e la gestione del contesto ambientale, naturale e antropico, del territorio sud-occidentale di Roma, sino alla costa. Ivi si indagano le peculiarità dei siti individuando e caratterizzando possibili attrattori materiali e immateriali, da utilizzare come gli elementi eloquenti di una ricomposizione storica e antropologica del territorio utile al turismo di qualità, chiamato a giocare il ruolo di motore di crescita per l’economia locale. Il suddetto sistema si fonda su attività conoscitive e progettuali svolte da archeologi e architetti, assieme, nel contesto didattico del Laboratorio di Restauro 2M della Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre. Il prodotto degli ultimi anni, tanto della didattica svolta soprattutto sul campo, quanto della ricerca applicata, è un modello di piattaforma digitale attraverso la quale sono state ordinate le informazioni necessarie alla pianificazione delle iniziative di tutela e alla gestione della manutenzione, del restauro, della valorizzazione.
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Ferrighi, Alessandra. "Citta', spazio e tempo: l’applicazione di un HGIS per la storia urbana." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7920.

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Abstract:
La città è frutto dell'opera dell'uomo. Attraverso processi di lunga durata l’uomo ha costruito la forma della città adattando lo spazio circostante e modificando l’ambiente. Indagando tali processi, la storia delle città può essere narrata attraverso la ricerca e lo studio delle fonti, le interpretazioni e le analisi delle stesse. I luoghi o gli eventi legati alla città sono caratterizzati dai due concetti di Spazio e Tempo. Ogni città è stata creata in un determinato spazio e in un determinato tempo; ogni evento si è svolto in momento preciso e in un luogo specifico. I personaggi della storia sono vissuti in un intervallo temporale, hanno contribuito a segnare quel momento con azioni che sono riconoscibili come tracce nella storia. Siano essi personaggi illustri, che uomini del fare. Questa ricerca è nata dall'idea di trovare altri e diversi modi di comunicare, grazie alle nuove tecnologie, le trasformazioni, le stratificazioni e i cambiamenti delle città legati agli eventi naturali, alle decisioni politiche e amministrative avvenute nel corso della storia delle città stesse. Quando si narra la storia della città si fa riferimento, anche se non espressamente, alle due tematiche di Spazio e Tempo perché, come detto, le azioni si svolgono in momenti e luoghi definititi o circoscrivibili. L'HGIS (Historical GIS) se applicato alla storia urbana consente di mettere in relazione Spazio e Tempo nella lettura delle trasformazioni della città e del territorio circostante.
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Pugliano, Antonio, Simone Diaz, Elisabetta Moriconi, and Elettra Santucci. "L’antico sistema portuale ostiense: riconoscimento, interpretazione e divulgazione dei processi formativi edilizi e urbani." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7980.

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Abstract:
La presente Relazione descrive l’esito delle ricerche svolte presso il Dipartimento di Architettura dell’Università “Roma Tre”, in sinergia con il MiBAC, Soprintendenza Speciale ai Beni Archeologici, e l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Roma, circa lo studio storicocritico del sistema portuale ostiense inserito nel perimetro della Riserva Naturale del Litorale Romano. La finalità dello studio, condotto da chi scrive nell’ambito del “Programma di Azioni integrate di Ricerca e Formazione per la conservazione e la valorizzazione dei siti di Ostia e Portus (Dipsa-Mibac-SSBAR)”, è rivolto alla documentazione, a fini di restauro e valorizzazione, di tali importanti contesti materiali. Lo studio condotto, pertanto, si è basato sullo svolgimento di letture critiche delle fonti e del contesto materiale, applicando la metodologia propedeutica alla progettazione del restauro architettonico, e sulla definizione di proposte operative utili alla pratica della manutenzione e del restauro, oltre che alla programmazione degli interventi di valorizzazione. Lo studio è rivolto alla creazione di una sistema informatizzato che consenta, non solo di indagare gli aspetti storici, ma anche di essere utilizzato come strumento per la programmazione della valorizzazione e la gestione della conservazione e del restauro dei siti archeologici.
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Carallo, Sara. "Valorizzazione e tutela delle aree verdi periurbane per il recupero dell’identità culturale e della memoria storica del territorio." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7940.

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Abstract:
Il progetto di ricerca ha riguardato la progettazione di una greenway nel territorio comunale di Anzio e Nettuno al fine di comprendere come le aree verdi periurbane acquisiscono un ruolo di primaria importanza nell’ambito di attività di pianificazione territoriale. Esse infatti, in qualità di aree multifunzionali, consentono di innescare processi di riequilibrio dei flussi turistici e valorizzazione delle aree urbane. L’obiettivo principale del progetto si è concentrato sulla definizione di un’interazione dinamica tra sistemi sociali ed economici e sistemi ambientali basata su una funzione territoriale compatibile con gli obiettivi di tutela e delle risorse intendendo il territorio come substrato del processo di sedimentazione di valori storici, culturali e sociali. This research project focused on the design of a greenway in the municipality of Anzio and Nettuno in order to understand how green peri-urban areas acquire a role of primary importance within the activities of a territorial planning. As a matter of fact these multifunctional areas allow to trigger processes aimed at balancing tourist flows and enhancing urban areas. The project aims at defining a dynamic interaction between socio-economic and environmental systems based on a territorial function compatible with the objectives of protection of resources, being territory a substrate of the process of settling of historical, cultural and social values.
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Zucchi, Giovanni. "Nuovi dispositivi spaziali per la rigenerazione urbana: il caso studio delle caserme Caretto e Boscariello di Secondigliano a Napoli." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7909.

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Abstract:
Le aree dimesse, veri propri buchi neri nei tessuti urbani, rappresentano un’importante occasione per lo sviluppo delle città da contrapporre ai modelli dello sprawl, intervenendo come nodo centrale del dibattito e della ricerca urbana contemporanea. Bisogna però interrogarsi sulle possibilità del progetto di tali aree, le cui trasformazioni possono avere ricadute enormi sull’assetto della città stravolgendone la geografia e gli stessi rapporti posizionali. Considerare la rigenerazione un modello da contrapporre allo sprawl, necessita innanzitutto un’analisi di quei caratteri che hanno favorito i modelli di diffusione urbana, rendendoli appetibili sia agli investimenti che alle pratiche insediative. Bisogna quindi capire cosa porta una persona a preferire l’outlet alle vie del centro o la villetta suburbana all’appartamento in città. Si delinea così un nuovo modello di spazi per la città, che ibrida le tipologie tipicamente urbane con quelle più contemporanee dello spawl, secondo i dispositivi dinamici e flessibili della rigenerazione urbana. In questo senso si intende proporre il caso studio delle caserme Caretto e Boscariello situate a Napoli nel quartiere di Secondigliano ed oggetto della sperimentazione progettuale da me svolta nell’ambito della tesi di laurea in Ingegneria Edile-Architettura presso l’Università Federico II di Napoli. In questa vasta area militare sottoposta a dismissione dalla Variante al piano regolatore,si pensa di collocare un nuovo tessuto urbano che, in un territorio altamente complesso, vuole rappresentare una nuova forma di centralità urbana capace di riattivare l’intera periferia Nord di Napoli.
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Zocchi, Angela Maria, and Barbara Raggiunti. "Il territorio tra rigenerazione e riconoscimento." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7901.

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Abstract:
Da tempo, nelle analisi delle trasformazioni dello spazio e della tutela dell’ambiente, si ricorre all’uso di metafore; ad esempio, quella della rigenerazione che, in quanto metafora “biologica”, evoca anche interventi di tipo “terapeutico”. Scopo del nostro contributo è mettere a fuoco senso e significati della “rigenerazione”, facendo riferimento a specifici processi di ri-costruzione e re-interpretazione che hanno interessato il territorio abruzzese negli ultimi anni, a partire dal terremoto dell’aprile 2009 che ha distrutto il capoluogo de L’Aquila. Seguendo una struttura argomentativa centrata sulla dicotomia “recupero versus ricostruzione”, e coniugando prospettiva teorica e ricerca empirica, l’articolo propone una riflessione su alcune pagine di un “classico” della sociologia – La memoria collettiva di Maurice Halbwachs – mettendole in relazione con evidenze empiriche emerse da una recente ricerca partecipativa sui bisogni sociali rilevati all’interno del progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) di Assergi, in provincia de L’Aquila. Esplorando, poi, il possibile nesso tra riconoscimento e rigenerazione del territorio, le Autrici richiamano l’attenzione sul processo di re-interpretazione, in chiave bioclimatica, bioedilizia e antisismica, delle cosiddette case di terra, vere e proprie architetture della memoria, presenti in diverse Regioni italiane, tra le quali anche l’Abruzzo. La riflessione su alcune dinamiche di rivalutazione e di riappropriazione dello spazio, costituisce l’occasione per mettere a fuoco una diversa dimensione del costruire che, tra paesaggio e memoria, intende proporsi come strumento fondamentale per la realizzazione di una buona qualità della vita. It’s long since, in the analysis of environment and space transformation, researchers have used metaphors such as that of “regeneration”, a biological metaphor that evokes therapeutic interventions as well. The aim of our contribution is to focus on the sense and meaning of “regeneration” by referring to the specific processes of re-construction and re-interpretation that have concerned Abruzzo in the last years, starting from April 2009 earthquake that destroyed the city of L’Aquila. The following paper will deal with the dichotomy “recovery versus reconstruction” through the combining of the theoretical perspective of Maurice Halbwachs and the empirical research of the social needs observed in the C.A.S.E. Project of Assergi (L’Aquila). Then, by exploring the possible connection between territory recognition and regeneration, the authors will refer to the process of re-interpretation of the bioclimatic, bio-constructive and antiseismic built in earth houses, which are present in Abruzzo as well as in a number of other Italian regions. The analysis of some space reevaluation and re-appropriation dynamics will give us the opportunity to focus upon a different building dimension, between landscape and memory, that wants to be proposed as a fundamental instrument for the amelioration of life.
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Cedroni, Anna Rita. "Roadmap per una citta sostenibile: Vienna." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7915.

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Abstract:
Al di là di più di duemila anni di tradizione storica, l’Austria, ha mostrato con coraggio, fin dall’entrata nella Comunità Europea, il suo sviluppo economico così come la sua modernità e la sua apertura verso l’esterno. La dinamicità culturale e tecnologica della sua capitale, l’ha resa uno degli esempi più apprezzati da tutta l’Europa fin dall’inizio di questo secolo. In poco più 15 anni, Vienna è diventata di fatto la città europea con la migliore qualità della vita. Il merito di tale successo è dato sicuramente da due componenti fondamentali: la stabilità politica del Paese e il metodo di gestione dei processi di pianificazione territoriale e urbana. L’attuale sviluppo del territorio mostra come alla base di tale qualità i fattori prevalenti siano l’architettura, ma anche le politiche urbanistiche territoriali. Sta di fatto, spiega un recente rapporto del comune di Vienna sul tema risparmio energetico e sostenibilità, che per garantire e mantenere una tale qualità della vita, occorre tener conto di tre costanti essenziali nelle dinamiche dei processi di sviluppo urbano: il rinnovamento, la ristrutturazione e l’espansione. Tali elementi consentono poi il confronto con modelli europei culturalmente più avanzati. La tutela dell’ambiente e del patrimonio ambientale si inseriscono in questo processo come una delle sfide più importanti che scaturiscono da tale confronto. Questo paper si prefigge di trattare l’esperienza viennese, ripercorrendo il lungo, ma rapido processo di cambiamento cominciato all’inizio degli anni Ottanta. Strumento generale di pianificazione urbanistica, il Piano di Sviluppo della Città (Stadtentwicklungsplan), ha costituito e costituisce tuttora lo strumento decennale di previsione e di programmazione energetica a livello urbano e territoriale, stabilendo le direttrici strategiche di espansione, di ristrutturazione e di rinnovamento della Città e del suo hinterland. Ma l’esclusività di tale strumento, è da vedere nell’anticipazione di temi come il consumo energetico, la sostenibilità e nell’individuazione della tutela ambientale, come questione prioritaria da includere nei programmi d’intervento da attuare a breve termine. Infatti, con la formulazione del primo Programma KliP (Klimaschutzprogramm) (1999–2009) e, successivamente, del secondo Programma KliP (2010-2020), vengono elaborati dei “pacchetti” di provvedimenti con obiettivi ben definiti, come per esempio la riduzione del 21%, a persona, dei gas di emissione e di gas propellenti rispetto ai valori rilevati nel 1990. Gli strumenti con i quali raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione del fabbisogno energetico, l’introduzione di fonti di energia ecosostenibile, l’uso di materiali biologici nell’edilizia pubblica e privata a grande e piccola scala, ma soprattutto, gli interventi sulla mobilità, sulla gestione dei rifiuti e sulla protezione del paesaggio. Accanto ai Piani di Sviluppo, Il Programma SEP (Städtische Energieeffizienz-Programm), definisce le linee generali da seguire nella gestione della politica dei consumi energetici a lungo termine, ovvero fino alla fine del 2015. I risultati portano già nel 2011 ad un aumento della quota di energia rinnovabile del 10% del volume totale del consumo di energia. Tra gli incentivi ci sono quelli rivolti alla realizzazione di centrali elettriche, inceneritori per il riciclo di materie dalle quali ricavare energia, mentre un ruolo sempre più importante è dato dall’uso della geotermia, e dell’energia solare. La continuità programmatica culmina nella formulazione di un progetto unitario, SMART CITY WIEN, che riunisce ben dieci gruppi differenti di interessi, istituzioni pubbliche, enti privati, centri universitari di ricerca, ecc., attorno ad una visione a lunga scadenza: Smart Energy vision 2050. Al centro della tavola rotonda le tematiche: lo sviluppo della popolazione, l’ambiente, i metodi di gestione, l’economia, l’energia e la mobilità. Accanto a queste, sostenibilità, partecipazione, diversità, efficienza di risorse, sviluppo regionale integrato come pure sviluppo economico equilibrato sono gli elementi fondamentali per la preparazione delle decisioni future.
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Ragosta, Annamaria, and Bianca Gioia Marino. "Close to the volcan. Knowledge, conservation and enhancement of a Vesuvian vernacular heritage." In HERITAGE2022 International Conference on Vernacular Heritage: Culture, People and Sustainability. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2022. http://dx.doi.org/10.4995/heritage2022.2022.15377.

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Abstract:
Nell'area circostante le pendici del vulcano è individuabile un reticolo storico di architettura rurale creato dalla nota fertilità del suolo vesuviano. Il terreno, ricco di minerali per la natura piroclastica del sito, ha favorito fin dall'epoca romana la costruzione di strutture agricole, più o meno concentrate in aree dove la natura impervia del suolo consentiva un proficuo insediamento per la coltivazione. La rete di tali esempi di architettura vernacolare, situata entro i confini del Parco Nazionale del Vesuvio, è ancora oggi visibile, seppur frammentata e in stato di abbandono. Una ricerca in corso ha permesso di effettuare una prima rigorosa indagine. Tali edifici sono espressione di criteri distributivi coerenti con la loro funzione e rappresentano lo stretto rapporto tra tipologia insediativa e territorio. Questa particolarità si riflette fortemente nelle tecniche costruttive e rappresenta anche la testimonianza materiale di un particolare savoir-faire edilizio tramandato nei secoli. Vengono utilizzati materiali prelevati dal sito (es. lave, schiuma lavica, lapilli, pomice, ecc.) e sebbene non vi sia un'esatta estrazione della pietra, esiste la tecnica 'a cantieri' con una malta forte come legante. La tipologia è diversificata: dal piccolo presidio all'edificio disposto su due livelli, talvolta turriti, a seconda dell'impegno produttivo e colturale. A differenza delle masserie tradizionali poste più a valle, già oggetto di una notevole storiografia, questi casi di architettura rurale posti più a monte non sono mai stati oggetto di indagine sistematica. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli.
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Albissini, Piero, Antonio Catizzone, Laura De Carlo, Laura Carlevaris, Vittorio Di Stefano, and Alessandro Micucci. "Le trasformazioni dello spazio urbano: la quarta dimensione nella georeferenziazione dell’iconografia storica di Rome." In International Conference Virtual City and Territory. Barcelona: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2009. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7549.

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Abstract:
Se si considera la componente fisica del sistema città come espressione materiale dell’insieme dei fenomeni evolutivi dei luoghi, appare evidente come la sua rappresentazione possa essere considerata come sistema di conoscenza generale in grado di manifestare una convergenza di informazioni di natura altamente eterogenea. Le vaste trasformazioni che hanno interessato le città nella storia hanno determinato una evoluzione non solo nelle modifiche morfologiche degli assetti territoriali e nella stratificazione architettonica delle strutture urbane, ma anche nella percezione e fruizione degli spazi urbani. Se si considera l’organizzazione dello spazio urbano come ambito di relazione tra gli uomini, i contributi che provengono dalle fonti bibliografiche, iconografiche e cartografiche in particolare possono consentire la ricostruzione diacronica dei tessuti urbani. Questa ricostruzione è resa possibile dalla lettura delle diverse rappresentazioni che della città sono state date nel tempo, come rappresentazioni iconografiche o pittoriche, talvolta simboliche se non addirittura metaforiche, che consentono di acquisire conoscenze dei luoghi, anche quando presentano uno scarso grado di attendibilità. L’introduzione dell’informatica nel rilevamento e nella rappresentazione cartografica e la realizzazione dei sistemi informativi territoriali hanno aperto nuove possibilità non solo nella realizzazione di database collegati e georeferenziati, che possono contenere una notevole quantità di informazioni di diversa natura progressivamente incrementabili, ma soprattutto rendendo agevoli sia le molteplici interrogazioni sia le successive elaborazioni. Lo sviluppo della cartografia digitale dalla quale si possono derivare direttamente modelli tridimensionali, si pone quindi come punto di partenza per una corretta rappresentazione della complessità del fenomeno urbano e per un ripensamento dello spazio non più sulla base di esplorazioni planimetriche, ma tramite la creazione di modelli virtuali generati in maniera più o meno automatica a partire dalla cartografia stessa. In questo senso, il modello di derivazione cartografica costituisce l’aspetto metrico-quantitativo della rappresentazione della città, aspetto che risulta tanto più esatto, obiettivo e verificabile in quanto ottenuto con strumenti che rendono le misurazioni sufficientemente attendibili. Si tratta dunque di esplorare la cartografia tridimensionale cogliendone le peculiarità e la ricchezza nella restituzione dello spazio urbano, caratteristiche, queste, che suggeriscono immediatamente di tentare di ricostruire con la stessa vivacità rappresentativa anche tutti i trascorsi storici della città o, quanto meno, di alcuni dei suoi momenti topici, con particolare attenzione alle trasformazioni di natura orografica ed edilizia. In questo quadro emergono due distinti aspetti di natura metodologica, l’uno concernente la generazione del modello urbano e le implicazioni tecniche che questo comporta (implementazione di dati, automatismi, studi tipo-morfologici, scala del modello, …), l’altro relativo all’evoluzione della città attraverso il confronto tra modelli cartografici diversi (bi e tridimensionali). La realizzazione di un modello virtuale basato sulla cartografia digitale 3D, che fotografa lo stato attuale della struttura urbana, può rappresentare la griglia tridimensionale di riferimento per una visualizzazione delle trasformazioni spaziali attuata con una procedura che ripercorre a ritroso il cammino della storia. Si tratta di riferire a questa griglia orientata sulla base di capisaldi topografici certi i dati cartografici e iconografici provenienti dalla ricerca storico-documentaria, sulla base della individuazione di elementi invarianti della struttura urbana, come assetti orografici, vuoti urbani o edifici esistenti, etc., che non hanno mutato la loro localizzazione e le loro caratteristiche morfologiche. Così concepito, il modello tridimensionale di derivazione cartografica si caratterizza per la capacità di recepire e valorizzare documenti molto diversi e non necessariamente “scientifici” ai fini di una visualizzazione interattiva della storia del singolo brano di città o del singolo edificio per valutarne le trasformazioni sul piano morfologico e dimensionale, ma anche percettivo.
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Corbisiero, Fabio, and Antonella Avolio. "Migrazioni e networks urbani." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7987.

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Ripercorrendo l’ampio dibattito sul tema emerge quanto numerose siano le definizioni di integrazione elaborate dagli studiosi che si sono occupati di migrazioni. Soprattutto in anni più recenti, in forza dei rilevanti cambiamenti dei fenomeni migratori in atto, in molti concordano che questi processi sono aperti a molteplici esiti, in gran parte collegati a fattori di contesto politico, sociale, economico e culturale. Questi diversi fattori rappresentano altrettante dimensioni con cui si può guardare all’integrazione, che pertanto si configura come concetto multidimensionale, oltre che dinamico, e che può essere declinato a diversi livelli di analisi. Il livello relazionale (livello meso) rappresenta il punto di convergenza di fattori di integrazione macro e micro: i percorsi di inserimento urbano spesso dipendono dall’efficacia delle reti nelle quali si è inseriti. Questo contributo presenta i risultati di una ricerca condotta nel quartiere Mercato a Napoli, che ha avuto come oggetto di analisi l’integrazione della comunità cabardina, attraverso la metodologia e gli strumenti della Social Network Analysis. There are many definitions of integration developed by scholars of migration. They agree – especially in recent years, due to the significant changes in migration – that these processes are open to multiple outcomes, largely related political, social, economic and cultural factors. These different factors represent the different dimension which you can look to the integration; a term that appears as a multidimensional concept, as well as dynamic, and can be declined at different levels of analysis. The relational level (meso-level) represents the point of convergence between macro and micro factors of integration. In fact, the urban integration processes often depend on the effectiveness of their own social networks. This paper presents the results of a survey in the Mercato neighborhood (Naples). The aim is to analyze the integration of Kabardians community, through Social Network Analysis methods.
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Reports on the topic "Ricerca con i bambini"

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Vallerani, Sara, Elizabeth Storer, and Costanza Torre. Considerazioni chiave: equità e partecipazione nella promozione della vaccinazione per il covid-19 tra le persone razzializzate e senza documenti. SSHAP, May 2022. http://dx.doi.org/10.19088/sshap.2022.025.

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Abstract:
Questo documento espone alcune considerazioni a proposito della promozione dei vaccini per il SARS-CoV-2 e delle strategie per garantirne un’equa distribuzione tra gli immigrati senza documenti residenti in Italia e, in particolare, a Roma. Quanto emerge dal caso italiano può essere in parte applicabile ad altri contesti in cui la somministrazione del vaccino è stata legata al dispositivo del “passaporto vaccinale”, ovvero il certificato COVID digitale dell'UE, in Italia Green Pass. Nell’organizzazione della campagna vaccinale alcune categorie sociali sono state identificate come “difficili da raggiungere” (hard to reach) e per cui è necessario immaginare interventi specifici.1 In questo testo si sceglie di parlare di persone razzializzate e illegalizzate poiché senza documenti per riferirsi a persone immigrate che non hanno cittadinanza, permesso di soggiorno e status di rifugiato. Questo documento esplora il contesto quotidiano delle vite delle persone illegalizzate e come l’esperienza della pandemia di COVID-19 abbia esacerbato le difficoltà che queste persone incontrano, 23 mettendo in luce il collegamento tra le vulnerabilità, consolidate ed emergenti, con la percezione dei vaccini. Si suggerisce come l’orientamento e la percezione dei vaccini si inseriscano all’interno dei contesti di vita delle persone, in cui molto spesso la priorità è data al sostentamento economico. In molti casi, l’accettazione della vaccinazione è motivata dalla necessità di continuare ad avere un lavoro retribuito piuttosto che a una preoccupazione connessa alla salute o a una fiducia nei confronti delle istituzioni sanitarie. Il seguente documento si pone l’obiettivo di esaminare come i vaccini possano essere distribuiti in modo equo e capace di aumentare la fiducia e i processi di inclusione nella società post-pandemica. Il testo si basa principalmente sulla ricerca etnografica e le testimonianze raccolte attraverso interviste e osservazioni con persone razzializzate e illegalizzate nella città di Roma, insieme a rappresentanti della società civile e operatori socio-sanitari tra dicembre 2021 e gennaio 2022. Questo documento è stato sviluppato per SSHAP da Sara Vallerani (Università di Roma Tre), Elizabeth Storer (LSE) e Costanza Torre (LSE). È stato revisionato da Santiago Ripoll (IDS, Università del Sussex), con ulteriori revisioni da parte di Paolo Ruspini (Università Roma Tre) ed Eloisa Franchi (Université Paris Saclay, Università di Pavia). La ricerca è stata finanziata dalla British Academy COVID-19 Recovery: G7 Fund (COVG7210058). La ricerca si è svolta presso il Firoz Lalji Institute for Africa, London School of Economics. La sintesi è di responsabilità di SSHAP.
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Sarafian, Iliana. Considerazioni chiave: affrontare le discriminazioni strutturali e le barriere al vaccino covid-19 per le comunità rom in italia. SSHAP, May 2022. http://dx.doi.org/10.19088/sshap.2022.024.

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Abstract:
Questo rapporto evidenzia come le discriminazioni strutturali e l'esclusione sociale influenzino le percezioni e gli atteggiamenti nei confronti del vaccino per il COVID-19 tra le comunità rom in Italia. Uno degli obiettivi è mettere in luce il ruolo che le autorità pubbliche e le comunità possono svolgere nel sostenere l'adozione del vaccino e nel contrasto ai più ampi processi di esclusione sociale.1 Le risposte contraddittorie che lo Stato italiano ha fornito durante la pandemia di Covid-19, insieme alle forme di esclusione già in atto, hanno comportato un aumento della sfiducia delle comunità rom nei confronti delle iniziative statali, impattando anche sull’adesione alla campagna vaccinale.2 Questo documento si propone di supportare e informare le amministrazioni locali e le istituzioni sanitarie pubbliche coinvolte nell’assistenza e nei processi di inclusione delle comunità rom in Italia. Il presente documento si basa su una ricerca condotta di persona e a distanza dal novembre 2021 al gennaio 2022 in Italia con le comunità rom e sinti di Milano, Roma e Catania. Sebbene queste comunità si caratterizzino per diversità storica e per differenti forme di identità linguistica, geografica, religiosa, sono state individuate delle somiglianze nel modo in cui hanno vissuto la pandemia di COVID-19 e nelle decisioni a proposito del vaccino. Questo documento è stato sviluppato per SSHAP da Iliana Sarafian (LSE) con i contributi e le revisioni di Elizabeth Storer (LSE), Tabitha Hrynick (IDS), Marco Solimene (University of Iceland), Dijana Pavlovic (Upre Roma) e Olivia Tulloch (Anthrologica). La ricerca è stata finanziata dalla British Academy COVID-19 Recovery: G7 Fund (COVG7210058) e si è svolta presso il Firoz Lalji Institute for Africa, London School of Economics. La sintesi è di responsabilità di SSHAP.
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