Academic literature on the topic 'Reti migranti'

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Journal articles on the topic "Reti migranti"

1

Giliberti, Luca, and Davide Filippi. "La solidarietà in frontiera: le reti di supporto ai migranti in transito in Val di Susa." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 89–112. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003005.

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Abstract:
A partire dal 2015, con la "chiusura" di diverse frontiere interne in Europa, migliaia di migranti rimangono bloccati nel tentativo di varcare il confine tra l'Italia e la Francia. Come in altre borderlands, in Val di Susa - luogo storicamente caratteriz-zato da diverse mobilitazioni territoriali - al confine con il Brianzonese, emergono due reti di solidarietà, che supportano senza alcuna contropartita mercantile il viaggio dei migranti attraverso l'ospitalità, la cura e altre pratiche solidali. Le due reti valsusine si fanno espressione di diversi approcci, discorsi e pratiche, condividendo differenti ambiti di azione e definendo una risposta complementare al passaggio dei migranti sul territorio. Il presente articolo analizza le reti di solidarietà al transito sul nodo di frontiera della Val di Susa, il loro rapporto con le rotte migranti e i processi di criminalizzazione che attorno ad esse si costituiscono. I risultati della ricerca, iniziata nel febbraio 2020 e tuttora in corso, si basano su un processo et-nografico che ha alternato l'immersione sul campo con tecniche di ricerca da remoto, nei periodi in cui le misure anti-pandemiche impedivano la presenza fisica, sulla scia di un approccio multimodale.
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2

Stopani, Antonio, and Marta Pampuro. "Despite citizenship. Autonomie migranti e diritto alla città. L’occupazione dell'Ex Moi a Torino." REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 26, no. 52 (April 2018): 55–74. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880005204.

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Abstract:
Riassunto L’articolo esplora le condizioni in cui i migranti subalterni soggetti quotidianamente alle tecnologie e politiche securitarie sviluppano creano spazi e reti sociali per sostenere e rendere autonoma la loro mobilità. La ricerca etnografica condotta negli edifici dell’Ex Moi a Torino - occupato dal 2013 da parte di alcune centinaia di migranti - permette di interrogarsi sull’insieme di azioni che rendono possibile le condizioni della loro presenza locale al di fuori delle dinamiche assistenzialiste ed emergenziali del sistema di accoglienza. L’espressione “despite citizenship” si riferisce all’occupazione come un supporto infrastrutturale - sia materiale che immateriale - che permette il dispiegamento materiale di processi relazionali con la città e il perseguimento di un insieme di diritti che, pur sganciati dal perseguimento della cittadinanza formale, sono rivolti alla residenza, al lavoro e alle reti di informazioni e sostegno altrimenti negati.
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3

M. Daher, Liana, and Davide Nicolosi. "Mediazioni di cittadinanza: l'attivismo prosociale a favore dei migranti." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2022): 117–35. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001007.

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Abstract:
Le recenti iniziative di rivendicazione politica dei migranti evidenziano episodi di cittadinanza dal basso, all'interno dei quali è possibile osservare la presenza di movimenti collettivi o reti associative, quali, per esempio, Project20k e No Borders; ciò sembra rilevare una sovrapposizione tra aspetti volontaristici e aspetti relativi specificamente all'attivismo politico, prefigurando casi di cittadinanza mediata (Ambrosini, 2020a; Bartolotta, 2015). È possibile studiare questi casi attraverso il modello di attivismo prosociale, inteso come quella pluralità di forme attraverso le quali i cittadini si uniscono al fine di sostenere categorie sociali vulnerabili (Moro, 2010). Il presente lavoro mira ad analizzare tali processi di azione collettiva attraverso studi di caso di alcune reti di attivismo in difesa dei diritti dei migranti presenti in Sicilia, all'interno delle quali sono state condotte delle brevi campagne di interviste non strutturate rivolte ai membri del direttivo.
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4

Lendaro, Annalisa, and Thomas Sommer-Houdeville. "Sanctuary cities in Francia? L'accoglienza dei migranti nel Paese basco." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 65–87. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003004.

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Abstract:
A partire dall'estate 2018, la frontiera basca, che separa la Francia dalla Spagna, comincia ad attirare l'attenzione dei media. La rotta del Mediterraneo centrale in quel momento diviene, in effetti, maggiormente visibile e l'arrivo di migranti e richiedenti asilo dalla Spagna aumenta sensibilmente nel Paese basco francese, in particolare a Bayonne. Di fronte a tale situazione, le istituzioni locali partecipano insieme alle reti di solidarietà informale all'apertura di un centro di transito. La mediatizzazione di questa iniziativa, comparata alle "città santuario" americane, nasconde tuttavia le molte divergenze che attraversano le esperienze di accoglienza sul territorio. Il presente articolo propone un'analisi delle complesse reti di solidarietà, attraverso una doppia comparazione interna: geografica, confrontando il caso di Bayonne con le iniziative delle zone più rurali dei Paesi baschi francesi, e socio-politica, attraverso l'analisi delle diverse pratiche di attivismo degli attori solidali e del loro rapporto con la legalità.
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5

Marturano, Graziella. "Sui confini della rotta balcanica: pratiche di solidarietà ai migranti e processi di criminalizzazione." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 43–63. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003003.

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Abstract:
Il presente contributo si basa su una ricerca qualitativa realizzata lungo la cosiddetta "rotta balcanica", in particolare al confine tra Serbia e Croazia e tra Bosnia Erzegovina e Croazia. Uno degli elementi chiave su cui il presente lavoro si focalizza è l'analisi del regime di frontiera in relazione alle reti di solidarietà ai migranti in transito. La repressione e la criminalizzazione, funzionali al mantenimento del controllo degli attraversamenti irregolari dei confini, influenzano la dimensione della solidarietà. Partendo da una breve panoramica su come si sono evolute e modificate le traiettorie migratorie sui Balcani, nel presente articolo viene evidenziata la loro relazione con il supporto al transito dei migranti. Il focus del lavoro è centrato, da un lato, su reti e pratiche di solidarietà che sulla rotta balcanica prendono forma, e sui processi di criminalizzazione e dissuasione che subiscono; dall'altro lato, il contributo analizza gli effetti che questi processi hanno sulle rotte migratorie e sui gruppi solidali.
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6

Giliberti, Luca. "Il ritorno delle frontiere interne in Europa e la solidarietà ai migranti in transito: il caso della Val Roja." REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 28, no. 58 (April 2020): 69–87. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880005805.

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Abstract:
Riassunto Il presente articolo analizza la solidarietà ai migranti in transito nell’Europa della “crisi dell’accoglienza” attraverso lo studio di caso della Val Roja, una piccola valle francese al confine con l’Italia. Il contributo contestualizza il ritorno delle frontiere interne in Europa e si focalizza sulle forme, gli attori e le pratiche della solidarietà ai migranti in questa valle. Si tratta di una solidarietà endogena, che nasce in particolare dalle reti di neorurali e si struttura attorno a valori condivisi, oltreché ad un determinato approccio di difesa del territorio. Allo stesso tempo, voci ostili ai migranti e alla solidarietà emergono, all’interno di un conflitto sociale tra i nativi – le cosiddette familles de souches – e i più recenti abitanti. L’articolo si basa su una ricerca etnografica di un anno e mezzo, svolta attraverso un processo di immersione nella realtà locale e l’uso di tecniche quali l’osservazione partecipante e le interviste semi-strutturate.
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Giliberti, Luca, and Swanie Potot. "Verso i solidarity studies. Nuove prospettive di ricerca su migrazioni e frontiere." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 25–41. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003002.

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Abstract:
Nella contemporanea "crisi dell'accoglienza", rinforzata dall'emergenza pandemica, la frontiera si definisce come elemento chiave nell'analisi delle mobilità verso e all'interno dell'Europa. Nelle diffuse situazioni di blocco dei migranti - stuck in transit sui confini europei - le reti di supporto divengono una realtà importante su plurimi nodi di frontiera, per fornire ospitalità, cura, beni di prima necessità, facilitando il proseguimento delle rotte migranti. La parola "solidarietà" diviene, in questo senso, nozione di riferimento sia in termini emic nella vita quotidiana delle borderlands, sia in relazione a un'emergente letteratura scientifica che, all'interno degli studi sulle migrazioni, denominiamo solidarity studies. L'articolo propone un'analisi dello stato dell'arte di questo filone di studi, introducendo e situando allo stesso tempo i contributi presentati nel monografico, che a sua volta intende partecipare all'incipiente articolazione di queste nuove prospettive di ricerca.
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Gatti, Rosa. "Cittadinanza dal basso e solidarietà inclusiva. L'alleanza trasversale tra migranti e cittadini a Napoli durante la pandemia da Covid-19." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2022): 83–100. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001005.

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Abstract:
Perseguendo l'obiettivo teorico di contribuire ai dibattiti su cittadinanza e solidarie-tà in senso più inclusivo, l'articolo analizza congiuntamente i concetti di cittadinanza dal basso e solidarietà dal basso applicandoli all'analisi empirica di una particolare pratica di solidarietà promossa dal basso dagli stessi migranti in alleanza con i cittadini durante la pandemia da Covid-19 nella città di Napoli. Il materiale empirico utilizzato è frutto di una ricerca etnografica di lungo periodo sulla partecipazione sociale e politica dei migranti nella città di Napoli. Costruendo reti di relazioni e alleanze trasversali, migranti e cittadini hanno dato vita ad una for-ma di solidarietà inclusiva, capace di sfidare e aggirare le strutture di solidarietà esclusiva, trasgredire i confini della comunità sociale e politica e ridefinire le appartenenze. In particolare, mostrerò come tale pratica di solidarietà sia stata capace di mettere in discussione e trasformare la cittadinanza, sfidando, modificando e rinnovando i modi in cui i soggetti coinvolti hanno definito se stessi e agito come cittadini, valorizzando le loro relazioni sociali. L'analisi degli atti di solidarietà prodotti dall'alleanza di migranti e cittadini può fornire una estensione della teoria degli atti di cittadinanza e rappresentare il punto di partenza per riflettere in maniera innovativa e più inclusiva su solidarietà, alleanze, appartenenze, confini e cittadinanza.
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Giliberti, Luca, and Davide Filippi. "Fare etnografia delle migrazioni ai tempi della pandemia. Note di ricerca dal confine franco-italiano nel primo lockdown." REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 29, no. 61 (April 2021): 67–82. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880006105.

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Abstract:
Riassunto L’emergenza Covid-19 e le legislazioni d'urgenza emanate dai governi europei incidono in modo profondo sulla dimensione migratoria contemporanea, così come sulle forme e sui modi di studiarla. Il presente contributo, frutto di una “ricerca in quarantena”, si contestualizza nella prima fase dell’irrompere della pandemia in Italia e in Francia (fine febbraio - inizio giugno 2020), segnata dal lockdown nazionale in entrambi i Paesi. L’articolo propone, in primo luogo, una riflessione metodologica relativa al fare etnografia delle migrazioni in tempi pandemici e, di seguito, un’analisi delle conseguenze del Covid-19 sul confine franco-italiano e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito. Il materiale empirico è basato su venti interviste telefoniche semi-strutturate con interlocutori chiave della solidarietà ai migranti sul confine; è costruito inoltre attraverso tecniche di etnografia digitale, quali l’analisi di pagine Facebook e blog dei gruppi intervistati, e su una ricerca emerografica e documentale di carattere locale, nazionale ed internazionale.
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Valtolina, Giovanni Giulio, and Nicoletta Pavesi. "Famiglie migranti e minori con disabilità. Problematiche e prospettive della presa in carico." MONDI MIGRANTI, no. 3 (November 2022): 61–75. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-003004.

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Abstract:
Analizzare le condizioni di vita delle famiglie migranti in cui è presente un figlio disabile risponde a una esigenza quanto mai attuale. Le reti familiari in cui è presente un minore disabile possono essere considerate potenzialmente multiproblematiche: la loro vulnerabilità, infatti, è legata tanto alla diagnosi, alla cura e alla gestione della disabilità, quanto all'essere stranieri, talvolta privi di un adeguato sostegno sociale, o in condizioni di particolare disagio economico e/o sociale, o ancora non a proprio agio nel complesso mondo dei servizi sanitari, sociali, educativi offerti dal nostro sistema di welfare. L'articolo intende offrire una rassegna della letteratura internazionale sul tema del rapporto tra famiglie immigrate in cui è presente un minore disabile e i servizi di welfare, rassegna necessaria in quanto nel contesto italiano questo tema non è ancora stato affrontato. Lo scopo del contributo è quello di evidenziare un primo frame teorico entro il quale poter collocare future ricerche empiriche, anche con lo scopo di sostenere la progettazione sociale in questo specifico campo. In particolare, emergono come rilevanti le prospettive teoriche dell'empowerment, della reticolazione degli attori, dell'incontro tra saperi professionali ed esperienziali e della comunicazione interculturali quali bussole per la progettazione di servizi/interventi efficaci.
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Dissertations / Theses on the topic "Reti migranti"

1

PINELLI, BARBARA. "Marginali e resistenti. Donne migranti a Bologna, reti di relazioni e pratiche di vita quotidiana." Doctoral thesis, Milano-Bicocca, 2006. http://hdl.handle.net/10281/19201.

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Abstract:
Per la sua natura metodologica l’etnografia è capace di “guardare sotto ai linguaggi dominanti” (Hodgson 2001): l’insieme delle relazioni etnografiche costruite con le persone, e il materiale esistenziale a cui si ha accesso attraverso queste relazioni, permettono di scoprire narrazioni, esperienze, pratiche agite dai soggetti della ricerca per sfidare le reti di potere in cui sono coinvolti. Queste chiavi di lettura sono dei “prismi attraverso cui accedere e analizzare le voci, le esperienze, l’agency spesso mute delle donne” (Hodgson 2001:17). In questa tesi analizzo le narrative, le reti di relazioni e le pratiche che compongono la vita quotidiana di un insieme di donne immigrate incontrate a Bologna nella ricerca, al fine di illustrare la complessità delle strategie di ricollocamento a cui queste donne hanno dato vita. Il mio tentativo è fare luce sulla complessità e sulla processualità delle migrazioni femminili attraverso un’etnografia che si compone di storie ordinarie e mondi quotidiani. Questi percorsi catturano la migrazione transnazionale come “esperienza vissuta” e permettono di intendere le tattiche quotidiane e le narrazioni delle donne sui propri posizionamenti come pratiche di resistenza. Desidero, pertanto, rendere visibile il ruolo attivo delle donne nella costruzione di pratiche culturali di ricollocamento, parlando delle risorse e dei capitali che queste donne migranti usano per alterare le loro posizioni, per interrompere gli apparati discorsivi che le costruiscono come straniere e come categorie socialmente escluse, e per cambiare, laddove è possibile, le condizioni materiali delle loro vite. Il punto di partenza è il riconoscimento di queste espressioni di subalternità attraverso le pratiche agite e i significati ad esse attribuiti; attraverso le narrazioni in cui problematizzano la posizione di marginalità e le molteplici appartenenze che le definiscono, cerco di far emergere lo sguardo sul potere che queste donne producono e i movimenti che ricavano dentro la ramificazione delle egemonie. Ho condotto la ricerca a Bologna nel corso del 2003 e del 2004 con due gruppi di donne immigrate, AMISS e Agorà dei Mondi. Non sono aggregazioni etniche, né associazioni di comunità ma reti collettive composte da soggetti di diverse provenienze geografiche e con differenti storie di vita. AMISS ha preso vita nel 2000 e si compone di tredici donne immigrate, ma il percorso di ricerca ne ha coinvolte solo sei: Aferdita, Denise, Ego, Fatima, Sanae, Vichi; Agorà dei Mondi è nata su iniziativa di tre donne, Blagovesta, Sanja, Rebeca, tutte attive nel gruppo e partecipi nella mia ricerca, più una, Tamara, amica delle tre ma esterna all’associazione. Le componenti di entrambi i gruppi si auto/appellano come appartenenti ad associazioni miste e femminili in cui prendono vita il combinarsi di molteplici appartenenze e diverse storie di migrazione, dove ognuna legge sé, e lo spazio relazionale di cui è parte, in termini multiposizionati. Nonostante i tratti comuni, i due gruppi femminili hanno genealogie differenti e nel tempo hanno dato vita a reti di relazioni interne dissimili, maturando diversi rapporti con il contesto locale; nonostante, inoltre, siano entrambi due reti di donne immigrate, producono differenti contro/narrazioni sulle retoriche multiculturali locali. Pur rappresentando una posizione condivisa, il posizionamento di “donna immigrata” non è infatti sufficiente a far nascere realtà omogenee. AMISS e Agorà dei Mondi costruiscono diversi meccanismi di complicità e solidarietà femminile e ognuna, con modalità specifiche, interviene per rimuovere la posizione di debolezza delle donne immigrate a Bologna. Le differenze non si registrano solo fra i due gruppi. All’interno degli stessi, ogni componente produce narrazioni e sguardi sul potere, sul posizionamento di immigrata nella città di accoglienza, dando vita a diverse forme di resistenza. In questo percorso, cerco di combinare insieme almeno due livelli di analisi: le traiettorie delle donne, costruite catturandone la vita quotidiana e rintracciando in esse le autorappresentazioni, le percezioni che i soggetti femminili hanno di se stesse e delle loro vite, nella convinzione che la testimonianza di sé esprima un enorme potenziale politico di trasformazione (Puwar 2003); la creazione di forme femminili di coalizione (Behar 1995:6) a cui le donne danno vita manipolando l’identità di migrante senza renderla una posizione esclusiva. A questo livello, prenderò in esame le dinamiche interne ai due gruppi indagandone le rispettive genealogie, la fantasia di ogni componente rispetto alla propria realtà, le reti di relazioni e “le storie di ordinaria amicizia” nate all’interno delle associazioni. Cercherò, inoltre, di illustrare le modalità con cui le due reti femminili - costruitesi come soggettività collettive - si sono rese visibili nella città, costruendo complicità e reti di solidarietà fra donne immigrate al fine di rimuovere la comune posizione di debolezza da esse occupata. In questo senso, AMISS ed Agorà dei Mondi esprimono una fantasia di emancipazione dalla marginalità e in modi differenti agiscono per intervenire su essa. L’etnografia esplora lo scarto fra rappresentazione/autopercezione ed esprime il tentativo di decostruire il discorso egemonico sulle donne straniere contrapponendo ad esso le narrazioni, l’immagine, la percezione che le attrici hanno di sé e dei loro posizionamenti. Denunciando l’immagine stereotipata e omogenea che il mondo esterno loro riflette, è possibile comprendere come si articolano le loro posizioni: come immigrate occupano posizioni di subalternità, dove socialmente, politicamente, culturalmente sono dominate e costruite come tali (Ong 1995:356); nelle testimonianze di sé e nelle storie del loro vivere quotidiano si mostrano tuttavia consapevoli delle proprie posizioni di marginalità e di debolezza. La consapevolezza, da parte sua, della precarietà sociale, culturale, politica spinge le persone e i gruppi ad impegnarsi per resistervi (Vertovec, Cohen 1999:xix): attraverso microprocessi quotidiani di resistenza (Abu-Lughod 1993) e “il collegarsi insieme delle donne per ridurre la comune posizione di debolezza” (Ferrante 1988) emergono le asimmetrie di potere e, insieme, il desiderio di contribuire ad una rappresentazione antiegemonica della differenza (Ong 1995:351).
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Vianello, Francesca. "Migrando sole: pratiche femminili di mobilità transnazionale tra Ucraina e Italia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425207.

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Abstract:
This dissertation investigates female migratory practices between the Ukraine and Italy. The research aim is to explore how migrant women move across the trans-national space, mediating continuously between their ambitions and external obligations; both structural processes and family and community social ties. The research is based on a trans-national perspective in order to analyse the migratory process from a twofold point of view, that of the departing country and that of the destination country, and therefore to comprehend the phenomenon multiple dimensions. The methodology adopted during the research was the ethnographic one; the semi-structured interview, oriented to recollect the migratory experiences narrations, joined with the realization of some periods of field work in the Ukraine. In total 45 narrative interviews with migrants, returned migrants and migrants' relatives were gathered, and 24 interviews with privileged informants. The main analytical issues of the dissertation are: the tension between individual autonomy and external conditionings, and the processes of commodification and de-commodification of social relations. Regarding the first question, the different strategies adopted by Ukrainian migrants during their trans-national mobility course were analysed. While regarding the second question, two phenomena characterizing this migration were studied, some forms of social exchange monetization and the remittances earmarking.
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GAY, Petra. "MOVIMENTI MIGRATORI E REATI CULTURALI IL DIRITTO PENALE NELL'EUROPA DEI MIGRANTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90872.

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Abstract:
La presente ricerca ha avuto ad oggetto l’analisi della criminalità culturale di matrice immigratoria nel contesto europeo contemporaneo. Tradizionalmente con il termine reato culturalmente orientato o motivato si intende quel comportamento realizzato dal membro di una cultura minoritaria che è considerato reato dall’ordinamento giuridico della cultura dominante, ma che viene accettato, condonato, o addirittura incoraggiato all’interno del gruppo culturale del soggetto agente. Dedicare la ricerca esclusivamente alla criminalità culturale di matrice immigratoria significa restringere il campo dell’analisi ai reati culturali commessi da immigrati, escludendo i reati culturali commessi da minoranze autoctone. Esulano, tra l’altro, dall’analisi i reati riconducibili all’immigrazione clandestina e le forme di terrorismo transnazionale di matrice ideologica. Il particolare tipo di reato culturale di cui si è occupata la presente ricerca può dunque essere definito come il comportamento che l'immigrato pone in essere in quanto normale, approvato, o incoraggiato dalla propria cultura e che, invece, è considerato reato nello Stato di residenza. Alla nozione di reato culturale e di cultural defence, nonché alla delimitazione dell’ambito di indagine è dedicato il primo capitolo della tesi, nell’ambito del quale vengono spiegate le difficoltà che si incontrano nel definire il concetto di cultura e di pratica culturale. La ricerca è volta a valutare la possibile rilevanza penale da riconoscere al condizionamento esercitato sul reo dall'appartenenza a una determinata cultura, ossia al c.d. fattore culturale. La definizione di reato culturale è tale da comprendere situazioni molto diverse tra loro, rispetto alle quali è necessario trovare un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritto – o, meglio, diritti – alla specificità. Vengono alla mente pratiche riconducibili alle tradizioni di determinati gruppi etnici, quali la mutilazione degli organi genitali femminili, lo stupro che precede il matrimonio, l’impiego di minori nell’accattonaggio, o i matrimoni poligamici. Con ogni evidenza, si tratta di comportamenti che – ammesso e non concesso che siano (ancora) legittimamente praticati nei Paesi di provenienza dell'immigrato – rappresentano un problema nel momento in cui vengono posti in essere in uno Stato ospitante che ne riconosce la rilevanza penale. I flussi migratori che negli anni hanno accompagnato il processo di integrazione europea ed internazionale hanno messo in contatto persone portatrici di tradizioni culturali estremamente distanti tra loro, facendo della c.d. criminalità culturale uno dei temi più complessi, discussi e controversi del panorama giuridico contemporaneo. Dal punto di vista comunitario, tra l'altro, la nascita dell’area Schengen e il progressivo enlargement europeo hanno incrementato il fenomeno migratorio, imponendo anche a Paesi che non avevano vissuto in passato esperienze immigratorie di confrontarsi con le sfide del multiculturalismo. Spesso si pensa all’immigrazione e alla società multiculturale come una sfida per il diritto penale statale. L'area penale è, infatti, la più resistente alla sottrazione della sovranità che il processo di integrazione europea ed internazionale comporta perché rappresenta uno degli ambiti in cui maggiormente si riflette l'identità costituzionale degli Stati. La norma penale è una delle più alte manifestazioni dei valori prevalenti in una determinata area culturale. Da un lato, questo significa che l’ordinamento nazionale si riserva gelosamente la potestà di decidere quali comportamenti costituiscono reato all'interno del proprio territorio. Dall’altro lato, proprio per questo suo essere espressione della cultura di appartenenza di un determinato soggetto, la norma penale fa parte del bagaglio del migrante: l’individuo percepisce come reato ciò che per la propria cultura è reato e potrebbe non comprendere, e magari neanche percepire, le fattispecie vigenti nel territorio in cui emigra. Sullo sfondo dei reati culturali vi è una forma di conflitto culturale tra Paese ospitante e individuo ospite, che porta con sé la necessità di stabilire come devono essere giudicate le condotte poste in essere da chi appartiene a culture diverse da quella ritenuta dominante. Nell’ambito della ricerca che ha portato alla presente tesi è stato analizzato il trattamento dei culturally motivated crimes con particolare riferimento al sistema italiano e a quello del Regno Unito. L'Italia, alla quale è dedicato il secondo capitolo della tesi, storicamente è stata il punto di partenza dei migranti; soltanto nell'ultimo trentennio è divenuta una meta per gli immigrati e si è dovuta confrontare con la criminalità culturale di matrice immigratoria. Il modello italiano di gestione della diversità culturale, oltre ad essere particolarmente giovane, è considerato di stampo assimilazionista. La legislazione italiana non chiarisce la rilevanza penale da attribuire al fattore culturale, né tantomeno codifica una qualche forma di cultural defence. La strategia che, soprattutto negli ultimi anni, il nostro legislatore penale sembra portare avanti è quella di introdurre alcuni singoli reati culturalmente orientati, spesso con interventi caratterizzati da una decisa reazione sanzionatoria. In questo senso dal punto di vista legislativo vengono in particolare in rilievo due recenti interventi normativi: la legge n. 7 del 2006, con la quale è stato introdotto il delitto di mutilazioni genitali femminili e la legge n. 94 del 2009, con la quale è stato innalzata a delitto la contravvenzione di impiego dei minori nell’accattonaggio. Dal punto di vista giurisprudenziale in Italia si registra una mancanza di coerenza nelle decisioni che hanno ad oggetto i reati culturali. Per quanto attiene il sistema italiano vengono inoltre analizzate le sentenze pronunciate da tribunali esteri nell'ambito di procedimenti che hanno riguardato italiani accusati di reati culturalmente motivati. Si tratta di un’ottica molto interessante perché permette di superare l’atteggiamento paternalista mascherato da tolleranza che spesso accompagna il tema della diversità culturale. Il Regno Unito è stato scelto come secondo modello di riferimento e gli viene dedicato il terzo capitolo della tesi. Oltre ad aver vissuto un’esperienza immigratoria precedente rispetto all’Italia, la Gran Bretagna nel contesto europeo è considerata portatrice del modello c.d. multiculturalista di gestione della diversità culturale, che si contrappone al modello c.d. assimilazionista, al quale è invece riconducibile il sistema italiano. L’approccio multiculturalista è ispirato da una logica di uguaglianza sostanziale e tradizionalmente si caratterizza per il riconoscimento delle diversità culturali e l’elaborazione di politiche volte alla loro tutela. Nel Regno Unito l’appartenenza a una determinata minoranza culturale giustifica un diverso trattamento giuridico: si pensi al Road Traffic Act e all’Employment Act, che esonerano gli indiani sikh dall’uso del casco nei cantieri di lavoro e in moto, consentendo loro di indossare il tradizionale turbante. Espressione del multiculturalismo all'inglese sono anche gli Sharia Councils, pseudo-Corti formate da membri autorevoli della comunità islamica alle quali può rivolgersi la popolazione britannica musulmana affinché determinate controversie vengano risolte in applicazione della shari'a, la legge islamica. Lo studio degli Sharia Councils è stato una parte fondamentale del percorso di ricerca, svolto anche grazie alla partecipazione all'attività del Council di Londra. Questi organismi operano nell'alveo dell'Arbitration Act e sono oggi al centro di un fervente dibattito per due principali motivi. Prima di tutto nel Regno Unito si discute molto di parallel legal systems, ossia della possibilità di istituire per soggetti culturalmente diversi degli ordinamenti paralleli. Alcuni Autori ritengono che gli Sharia Councils esercitino una vera e propria competenza di carattere giurisdizionale. Assumendo questa tesi - invero minoritaria - il multiculturalismo all'inglese raggiungerebbe il cuore dell'ordinamento, all'interno del quale creerebbe una vera e propria spaccatura: ogni cittadino avrebbe la “sua” legge e il “suo” tribunale. Un altro problema fondamentale è quello dell'esercizio da parte dei Councils di una competenza di carattere penale: l'accusa rivolta a queste istituzioni è, infatti, quella di essersi arrogate una competenza in tema di violenza domestica forzando le maglie delle decisioni in tema di divorzio. Accanto all’analisi dedicata al sistema italiano e a quello inglese, per la ricerca si sono rivelate fondamentali anche le esperienze di Francia, Stati Uniti e Canada. Il sistema francese è considerato nel panorama europeo il principale modello assimilazionista: a questo proposito si parla di processo di francesizzazione degli immigrati, o anche cittadinizzazione senza integrazione. Gli Stati Uniti, spesso considerati la società multiculturale per eccellenza, sono la patria del dibattito sulla cultural defence, la strategia difensiva fondata sul fattore culturale come causa di giustificazione o come causa di diminuzione della pena. Il Canada, infine, è il portatore nel contesto internazionale del modello multiculturalista inglese: il multiculturalismo è espressamente previsto come principio nella Carta dei diritti e delle libertà, a partire dall'inizio degli anni novanta è stato reintrodotto per gli Inuit il circle sentencing, grazie al quale le decisioni, anche in materia penale, vengono adottate da una sorta di collegio composto dal giudice e da membri delle comunità interessate. Tra l’altro, è stata la Corte costituzionale canadese a formalizzare per la prima volta il c.d. test culturale, negli anni novanta. L’analisi del modello italiano, giovane e di stampo assimilazionista, e di quello multiculturalista inglese consente, anche grazie ai continui riferimenti ai sistemi adottati negli Stati Uniti, in Canada e in Francia, di assumere un punto di vista più generale sul trattamento dei reati culturali. I processi che riguardano vicende di criminalità culturale testimoniano spesso una difficoltà di integrazione degli immigrati che non è solo culturale, ma prima di tutto sociale. Sotto questo punto di vista ciò che accade nelle aule dei tribunali diventa il metro di valutazione della politica legislativa statale in tema di immigrazione. Obiettivo della ricerca è stato quello di identificare gli strumenti per gestire la criminalità culturale, individuando le strade che si possono concretamente percorrere per superare le tensioni tra società multiculturale e sistema penale, alla ricerca di un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritti alla diversità che non metta in discussione principi cardine dell’ordinamento penale quali quello di eguaglianza e quello di proporzionalità della pena. Preso atto della complessità del problema, la prima conclusione cui si giunge all’esito della ricerca è l’impossibilità di conferire una rilevanza penale generale al fattore culturale. Non è possibile introdurre nella parte generale del Codice penale una causa di giustificazione culturale, così come non è possibile codificare una circostanza attraverso la quale dare un rilievo sanzionatorio predefinito e generale alla componente culturale che porta il reo a delinquere. Più volte tra le pagine del lavoro si sottolinea che rientrano nella nozione di reato culturale condotte che non sono neanche lontanamente paragonabili dal punto di vista del disvalore sociale che le connota e rispetto alle quali non è possibile fare un discorso di carattere generale. Così come non è possibile lavorare sulla parte generale del Codice penale, anche la scelta di introdurre fattispecie di reato create ad hoc per incriminare specifiche pratiche culturali non è condivisibile. Ed infatti, da un lato identificare e tipizzare una pratica culturale è spesso realmente difficile – e nel codice penale non c’è spazio per l’indeterminatezza – e dall’altro le esperienze italiana e inglese rivelano che l’operazione è alquanto inutile. A livello legislativo l’unica strada valutabile sembra essere quella di prevedere delle specifiche cause di non punibilità che permettano di dare una rilevanza – in maniera controllata – al fattore culturale in determinate ipotesi. Questa opzione consente di prendere in considerazione determinate pratiche culturali e di cucire su di esse la non punibilità, senza che questo implichi una scelta ordinamentale di carattere generale. Sembra, tuttavia, che sia una strada difficilmente praticabile: tra l’altro, un tema delicato come quello della criminalità culturale potrebbe non trovare facilmente una maggioranza parlamentare tale da consentire di legiferare e, comunque, ciò potrebbe avvenire in tempi decisamente lunghi. Ebbene, allo stato la chiave della questione è nel trattamento delle singole e concrete vicende di criminalità culturale e, dunque, nel ruolo del giudice. Anche in questo caso sorgono dei problemi: basti pensare che nel momento in cui il legislatore penale si astiene dal prevedere in via generale una forma di cultural defence, il fattore culturale potrebbe anche essere preso in considerazione contra reum, ad esempio a fini deterrenti, per chiarire inequivocabilmente l’intollerabilità di un determinato comportamento, o per prevenire una vendetta da parte del gruppo di appartenenza culturale della vittima. Il dato è preoccupante perché, come sottolineano gli Autori che si occupano di criminalità culturale, in presenza di un reato culturalmente orientato o motivato il grado di rimproverabilità dell'autore si attenua in conseguenza di una minore esigibilità della conformazione al precetto penale. Per arginare il rischio che il fattore culturale venga preso in considerazione per aggravare il giudizio di responsabilità del reo è dunque indispensabile sensibilizzare i giudici e munirli degli strumenti adatti per gestire la diversità culturale. In tale ottica la ricerca presenta l’analisi di alcuni strumenti che vengono utilizzati nei Paesi analizzati e dai quali è possibile prendere spunto: vengono così in rilievo l’Equal Treatment Bench Book inglese, il circle sentencing canadese, e la possibilità, sul modello francese, di integrare l’organo chiamato a giudicare un reato culturale. Di queste strade quella concretamente più praticabile è l’Equal Treatment Bench Book, un vademecum destinato agli operatori giudiziari nell’ambito del quale si rinvengono linee guida per la gestione pratica delle diversità culturali. Si tratta di un prodotto non immediatamente importabile, poiché non sarebbe sufficiente tradurlo per applicarlo, ad esempio, in Italia. È dunque necessario che i singoli Paesi adottino il proprio Bench Book; in quest’ottica la ricerca presenta alcune indicazioni da prendere in considerazione sia per quanto attiene chi potrebbe essere chiamato a scrivere il vademecum, sia per quanto attiene il contenuto del documento. In conclusione va richiamata una riflessione di carattere più generale: il modo corretto di affrontare la criminalità culturale di matrice immigratoria si basa sulla consapevolezza che prevenire è meglio che reprimere. Sicuramente, l’attenzione al ruolo del giudice e agli strumenti di concreta gestione della diversità culturale sono molto importanti, ma lo sono ancor di più le politiche per l’integrazione della società multiculturale, nella quale si assiste a un processo di scambio e di fusione culturale che si rivela il momento privilegiato per determinare l’equilibrio tra valori indiscutibili e diritti alla diversità.
The research focuses on culturally motivated crimes related to migratory flows in the European area. A cultural offence is defined as an act by a member of a minority culture, which is considered an offence by the legal system of the dominant culture; that same act is nevertheless, within the cultural group of the offender, condoned, accepted as normal behaviour and approved or even endorsed and promoted in the given situation. The specific focus on immigration means that the research does not analyse crimes committed by native minorities. Moreover, crimes related to illegal immigration and transnational terrorism are not part of the dissertation. Thus, the specific type of cultural offences analysed in the research can be defined as the immigrant’s behaviours that is normal, approved or promoted in his/her culture, but is considered offences in the State where he/she lives. The first chapter of the thesis is devoted to defining the notion of cultural crimes and cultural defence, and to outline the research analysis. This chapter acknowledges the difficulties encountered in defining the concepts of culture and cultural custom. The purpose of the research is to evaluate to what extent the fact that the defendant based his/her actions on a cultural norm can be taken into account in determining his/her responsibility within the criminal legal system of the country where the action takes place. Many different behaviours can be linked to cultural crimes and in all these circumstances there is the need to find a balance between fundamental rights protected by the domestic legal system and the specificity rights of minority groups. Consider the case of female genital mutilations, rape before wedding, or polygamy. These acts – even if they are (still) permitted in the country of the immigrant – may be considered offences in the country where the immigrant lives. Due to the immigration phenomenon related to the process of European and international integration, people coming from really different cultural backgrounds live together and nowadays the cultural crime rate has become one of the most problematic and debated legal issues. Furthermore with the gradual European enlargement more and more countries have had to face with problems related to multiculturalism. Immigration and multicultural society are often considered as a challenge for the criminal law, which is one of the more resistant areas of the whole legal system and opposes the process of European and international integration. This happens because the criminal law mirrors the essential nature of a country through the choice of the acts that are considered offences in the national territory. This choice is deeply influenced by the cultural background of the country and the criminal law is part of the cultural baggage of the immigrant. When people immigrate they bring with themselves the awareness that a behaviour is considered an offence in their country and they may not know or understand what is considered an offence in the country where they decide to live. Culturally motivated crimes stem from a conflict between the immigrant and the legal system of the country where he/she decides to live, between a cultural norm and a legal standard. With this regard, Van Broeck noted that the cultural offence has to be caused directly by the fact that the minority group the offender is a member of uses a different set of moral norms when dealing with the situation in which the offender was placed when he committed the offence: the conflict of divergent legal cultures has to be the direct cause of the offence. The research analyses how legislator and judges deal with cultural offences in Italy (Chapter II) and in the United Kingdom (Chapter III). For a long time Italy has been the starting point for immigrants and only in the last thirty years it has become their destination. For this reason the problem of determining the relevance of the cultural factor on the structure of an offence is more recent in Italy than in the United Kingdom, where the multicultural society is the result of the long story of the colonialism and the Commonwealth of Nations. Furthermore, the Italian system of handling cultural diversity is basically considered an example of assimilationism while the English one is considered an example of multiculturalism. This means that in the United Kingdom, more than in Italy, the legislation aims at preserving minority customs. In addition to the analysis of the Italian and the English systems, also the experience of France, of the United States and of Canada has been essential for the research. In the European context the French system is considered the best example of assimilationism. The law banning the wearing of a niqab or full-face veil in public is the clearest instance of this approach to different cultures which is usually regarded as gallicization of immigrants. The United States, often considered the multicultural society par excellence, are the birthplace of the debate about the cultural defence. In the international context Canada is considered an example of a multicultural system: multiculturalism is mentioned in the Canadian Charter of Rights and Freedoms of 1982 and since the 90’s the circle sentencing can be used to solve disputes in the Inuit group with the participation of members of the community in addition to the judges. Furthermore, in the same period the Canadian court formalized for the first time the distinctive cultural test. The comparison between the Italian and the English systems in handling cultural differences deriving from immigration and all the references to the American, Canadian and French systems allow the research to adopt a more general point of view in analysing cultural crimes. Trials concerning culturally motivated crimes often give evidence of a difficulty in immigrants’ integration; an issue that is not only a cultural problem, but primarily a social dilemma. From this point of view what happens in courtrooms becomes a device to evaluate a state immigration policy. The purpose of the research is to identify useful tools to manage cultural offences, finding a balance between victims’ fundamental rights and the cultural specificity of a minority group. The first conclusion reached in the dissertation regards the impossibility to provide a general relevance to the cultural factor in the criminal system, so that it is not possible to introduce a cultural defence. Many different behaviours can be considered cultural offences and it is not possible to treat as homogeneous a broad range of acts. At the same time, also the introduction of type of offences to criminalize a specific cultural practice is not the right way to solve the problem of the cultural factor in the structure of the offence. First of all there would be many problems in identifying a cultural practice, because it is really hard to recognize which behaviour can be related to the cultural background of the minority group of the defendant. Moreover, as can be noticed when problems concerning the criminalization of the female genital mutilation in Italy and the United Kingdom are analysed, this way seems almost useless. A good option is to adopt methods which do not impose a penalty to the defendant, taking into account his/her cultural background in certain circumstances. This can be done using the absolute discharge of the English legal system or the category of the cause di non punibilità of the Italian one. In this case the chance not to impose a penalty to an immigrant defendant can be achieved without any consequence on the nature of offence of the behaviour in the legal system of the country where he/she decides to live. In a similar way in the Italian system it could be difficult to find the parliamentary majority to approve a legislation introducing the specific causa di non punibilità. Thus, the more practicable solution concerns the judges’ activity. In this case, there is the need to avoid that the cultural factor is used contra reum worsening, for instance, the penalty. This modus operandi would not be fair because in the case of actions determined by a cultural norm commonly accepted by a minority group, the degree of reproach of these behaviours should be alleviated. In order to avoid that the cultural factor could be taken into account contra reum the first thing to do is to sensitize judges to the problems of the criminal law in a multicultural society. With this regard, the research analyses some tools used in the analised systems: in particular, the English Equal Treatment Bench Book, the Canadian system of the circle sentencing and the possibility, as in the French legislation, to integrate the judging body with lay judges in trials concerning cultural offences. The most workable solution is the Equal Treatment Bench Book, a guide for judges, magistrates, and all other judicial office-holders to handle cultural differences in trials. This English vademecum is not immediately importable in other European countries. In fact, it is not enough to translate it to solve the problem of sensitizing judges in so different legal systems. Thus, it is necessary to adopt a document like the English Bench Book in every country where immigration puts cultural offences on the agenda. From this point of view the research gives some hints about the drawing up of this vademecum. In conclusion it is possible to affirm that the correct way to approach cultural offences committed by immigrants is to understand that prevention is better than cure. Surely, it is important to pay attention to the role of judges and to the tools they can use in handling criminal offences. It is even truer that all the policies for the integration of the multicultural society are the most important instrument to determine the balance between fundamental rights and specificity rights of minority groups, that is also the key to handle cultural crimes.
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Oliveira, Marcelo Leles Romarco de. "Retratos de assentamentos: um estudo de caso em assentamentos rurais formados por migrantes na regi?o do entorno do Distrito Federal." Universidade Federal Rural do Rio de Janeiro, 2007. https://tede.ufrrj.br/jspui/handle/tede/687.

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Abstract:
Made available in DSpace on 2016-04-28T20:13:45Z (GMT). No. of bitstreams: 1 2007- Marcelo Leles Romarco de Oliveira.pdf: 2551801 bytes, checksum: 1348a491ff94497bb1c9ce4ea2471053 (MD5) Previous issue date: 2007-06-25
Coordena??o de Aperfei?oamento de Pessoal de N?vel Superior
This thesis is based on a research made in Federal Distict overturn region, in the town of Padre Bernardo GO, in the P? de Serra region, between 2004 and 2006, in four rural settles. In general lines, it aims to know the daily routine and the sociability forms in these rural settles, formed by migrant families. One of the chosen ways to understand the proposal was the observation and the analysis of the day-by-day of settled people. This choice allowed comprehending the relationship systems which sustain this space, or which articulate different forms of living together in it. During the work, it was possible to notice that the settled people are linked to multiple social universes, as the house, the neighborhood, the circulation of people in the bus, relatives, Bras?lia, work relations, church, mediators group, State, and others. This way, it is possible to state that these settles are in a continuing relation to other spaces. It is, because of the fact that most of settled people are not from the region and have arrived there with previously built social relations, even in other social universes, the settles, these relations still exist. In a general way, the settled people, specially those who live and produce in the settles, reproduce in this space relations with the earth and the work very similar to the ones established by Woortmann (1997), when studying sites in inlands. However, the lack of experience with the cerrado (open pasture with patches of stunted vegetation), the lack of technical knowledge and the lack of infrastructure and of technical assistance attendance are pointed by many people as the main reasons for low results in the using of credits and for the lack of an effective production. And, finally, it is possible to reflect if the settles are a relative final point, once the experiences live in the settles can be subsides people need to migrate, that it, it is necessary to accept that people can go away from the settles and that they may not be a final point for some families. Besides, the settled person who has sold his/her site and has used the credit for another thing may have seen, in this act, a possibility of a step to another social-economic degree in the social structure.
Esta tese se baseia numa pesquisa realizada na regi?o do entorno do DF no munic?pio de Padre Bernardo-GO, na regi?o de P? de Serra, entre os anos de 2004 a 2006, em quatro assentamentos rurais. Em linhas gerais, visa conhecer o cotidiano e as formas de sociabilidade nesses assentamentos rurais formados por fam?lias migrantes. Um dos caminhos escolhidos para entender o que foi proposto foi a observa??o e a an?lise do dia-dia nos assentamentos. Essa escolha permitiu compreender o sistema de rela??es que sustentam esse espa?o, ou que nele se articulam as diversas formas de conviv?ncia. Durante o trabalho foi poss?vel perceber que os assentados est?o ligados a m?ltiplos universos sociais, como a casa, vizinhan?a, a circula??o das pessoas no ?nibus, parentes, Bras?lia, as rela??es de trabalho, igreja, grupo de mediadores, Estado, entre outros. Assim sendo, ? poss?vel afirmar que esses assentamentos est?o em cont?nua rela??o com outros espa?os. Isso porque, pelo fato da maioria dos assentados n?o serem da regi?o e terem chegado ali com rela??es sociais pr?-constitu?das mesmo estando em outros universos sociais - os assentamentos -, essas rela??es ainda existem. De uma forma geral, os assentados, sobretudo aqueles que vivem e produzem nos assentamentos, reproduzem nesse espa?o rela??es com a terra e trabalho bem pr?xima daquelas estabelecidas por Woortmann (1997), ao estudar os s?tios no sert?o. No entanto, a falta de experi?ncia com as terras do cerrado, o desconhecimento t?cnico e a falta de infraestrutura e de acompanhamento da assist?ncia t?cnica s?o apontados pelos assentados como os principais motivos dos baixos resultados na utiliza??o dos cr?ditos e da aus?ncia de produ??o efetiva. E, por fim, ? poss?vel refletir que os assentamentos seja um ponto final relativo, uma vez que as experi?ncias vivenciadas nos assentamentos podem servir de subs?dios necess?rios para que as pessoas tornem a migrar, ou seja, ? preciso aceitar que as pessoas podem sair do assentamento e que ali talvez n?o seja um ponto final para algumas fam?lias. Al?m disso, aquele assentado que vendeu a sua ch?cara ou utilizou os cr?ditos para outra finalidade pode ter visto neste ato a possibilidade de um salto para outro degrau socioecon?mico na estrutura social.
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Yastrebova, Maria. "Russkij jazyk v Germanii pod vlijaniem migracii: grammatičeskie otklonenija v reči podstrostkov i molodyx vzroslyx." 2017. https://ul.qucosa.de/id/qucosa%3A31664.

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Abstract:
Die vorliegende Arbeit ist im Rahmen der Herkunftssprachenforschung entstanden und beschäftigt sich mit der Entwicklung des Russischen in einer anderssprachigen Umgebung. In der Arbeit wurde sowohl die mündliche als auch die schriftliche Sprache von 60 in Deutschland lebenden Russischsprechern untersucht. Nach dem Auswerten des gesammelten Materials wurde ein Korpus grammatischer Abweichungen erstellt. Die meisten Abweichungen kommen bei der Deklination von Substantiven vor. Am meisten fortgeschritten sind die Expansion des Nominativs, die Instabilität des Instrumentals, des Lokativs und des Genitivs sowie der Gebrauch von Präpositionalgefügen. Im Verbbereich wurden folgende Tendenzen festgestellt: Unsicherheit bei der Auswahl von Präfixen, der bevorzugte Gebrauch von unidirektionalen Verben der Fortbewegung und Abweichungen im Aspektgebrauch. Weitere Abweichungen sind weniger zahlreich, darunter das Erscheinen artikelähnlicher Elemente, die Zunahme von analytischen Formen, Abweichungen im Gebrauch des Reflexivs, das Fehlen der Ellipse, der fehlerhafte Gebrauch oder das Fehlen von Konjunktionen und einige weitere Abweichungen. Der Vergleich mit der Grammatik des Russischen in den USA bestätigt die Hypothese, dass sich Sprachen in einer anderssprachigen Umgebung auf ähnliche Weise verändern. Das Russische in den USA ist jedoch stark reduziert, während das Russische der getesteten Probanden in Deutschland nur eine bestimmte Instabilität der Regeln zeigt. Die betroffenen grammatischen Phänomene sind jedoch fast die gleichen. Nur wenige Abweichungen sind durch den Transfer aus dem Deutschen bedingt. Der bessere Zustand des Russischen in Deutschland ist durch die höhere Sprachkompetenz der Probanden zu erklären. Die grammatische Komplexität der Umgebungssprache spielt dabei auch eine große Rolle, da dies das Erhalten von komplexen morphologischen Regeln des Russischen begünstigt.
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Books on the topic "Reti migranti"

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Reti migranti. Bologna: Il mulino, 2006.

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Ramírez-Villamizar, Gladys, Yineth Tatiana Rico Fuentes, Carlos Lasso-Urbano, Gerson-Yesith Jaimes-Parada, Marly Sulay Álvarez Herrera, Frank S. Orduz-Gualdrón, Vivian Vanessa Arenas-Villamizar, and María-Carolina Martínez-Santana. Estrategias para la construcción de paz en Colombia: Un enfoque multidisciplinar. Universidad Simón Bolívar, 2020. http://dx.doi.org/10.17081/r.book.2022.09.7273.

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Abstract:
Estrategias para la construcción de paz en Colombia: un enfoque multidisciplinar es un libro por capítulos desarrollado en el marco del Doctorado de Métodos Alternos de Solución de Conflictos de la Universidad Autónoma de Nuevo León (UANL), auspiciado por la Universidad Simón Bolívar. Así mismo, estos trabajos de investigación están respaldados por la Red Académica Internacional de Investigación para la Paz (RAIIP) El texto fue articulado en ocho capítulos, organizados de la manera siguiente: Capítulo 1. Mediación: método autónomo de resolución de conflictos comunitarios desarrollado en el contexto colombiano; Capítulo 2. La adaptación escolar de los niños y niñas migrantes, un reto más para una comunidad en medio de la crisis; Capítulo 3. La democratización de los medios de comunicación en Colombia como aspecto esencial para avanzar en la construcción de una cultura de paz; Capítulo 4. Familias transnacionales y sus retos ante las crisis migratorias actuales; Capítulo 5. Mujer y crisis fronteriza una visión desde el área metropolitana de Cúcuta; Capítulo 6. Memoria, perdón y postconflicto; Capítulo 7. Desintegración familiar, duelo y resiliencia en migrantes; Capítulo 8. Integración social en el marco de la migración venezolana: una propuesta integral de intervención psicosocial
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Villamizar-Villegas, Mauricio, Christian Manuel Posso-Suárez, and Darwin Cortés Cortés, eds. Covid-19 consecuencias y desafíos en la economía colombiana. Una mirada desde las universidades. Banco de la República - Universidad del Rosario, 2022. http://dx.doi.org/10.12804/urosario9789587848496.

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Abstract:
Este libro reúne diferentes hallazgos, perspectivas y efectos ante un fenómeno que, más de un año después, todavía representa un reto científico, médico y social para todos. Igualmente, esta obra representa el objetivo de la Red Investigadores de Economía: aunar esfuerzos para encontrar respuestas y para fortalecer la investigación en el país, aumentar la difusión de trabajos de calidad y propiciar el encuentro entre académicos, universidades y el Banco de la República. Las investigaciones expuestas en este libro pasaron por un proceso de selección por parte del comité científico, asegurando que hubiese una pluralidad de miradas y de instituciones educativas, además del Banco, donde se relacionaran los efectos de la pandemia y la actividad económica en el país, las consecuencias sociales y regionales. El texto está dividido en cuatro partes. En la primera se hace un análisis macroe-conómico de los efectos de la pandemia; para ello se examinan los efectos de la emergencia sanitaria a nivel nacional y regional mediante modelos macroeconómicos que permiten obtener respuestas ante preguntas muy relevantes. La segunda sección trata sobre el impacto en el mercado laboral, el efecto del Covid-19 en la distribución del ingreso y el efecto de corto plazo en el mercado urbano. La tercera parte aborda los efectos de la pandemia en los agentes económicos y en otros mercados. Ello incluye la exposición del empleo al Covid-19, la vulnerabilidad económica de los hogares en el país y su respuesta en el consumo, patrones de actividad laboral y salud mental, efectos en la educación, inseguridad alimentaria de la población migrante, entre otros. Por último, el cuarto segmento hace un énfasis especial en los efectos diferenciales entre las regiones del país y la heterogeneidad de dicho impacto; para ello se analizan temas de informalidad, vulnerabilidad, fuerza de trabajo disponible, entre otros, en distintas regiones del país.
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Sousa, Ana Paula Gaspar de, Carlos Augusto Pereira dos Santos, Patrícia de Fátima Melo Rodrigues Sena, and Ronaldo Moreira Andrade. Escritos sobre a estação Ipueiras. Editora SertãoCult, 2020. http://dx.doi.org/10.35260/87429298-2020.

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Abstract:
Esta obra é composta de textos, crônicas, versos e poesias de autores regionais que tiveram suas vidas marcadas e transformadas a partir do ano de 1910, com a chegada da ferrovia, evento que mudou não só a face da cidade de Ipueiras, no interior cearense, mas também seus hábitos, costumes e modo de vida. As cidades e vilas por onde a ferrovia passou convidam a viajar pelas páginas do tempo, seguindo os trilhos da antiga estrada de ferro, mais conhecida como Linha Norte. Ligando a cidade de Camocim aos Sertões dos Inhamuns, cortando milhas e milhas de sertões bravios com suas imponentes locomotivas, chamadas carinhosamente de “Maria Fumaça”, semelhantes a verdadeiros “Dragões de Ferro”, cuspindo fogo e sibilando, anunciando que o progresso finalmente havia chegado ao Sertão. É um trabalho, encabeçado pela Secretaria de Educação de Ipueiras, que buscou parceria de autores ipueirenses já consagrados, como o jornalista Frota Neto, a cordelista Dalinha Catunda, como também de pessoas que se interessam por nossa história, como a Mestra em Geografia Luciana Andrade Catunda, o historiador Antônio Genilson Vieira de Paiva, o professor Francisco de Assis Lima (Fury), o ipueirense Tadeu Fontenele e, ainda, um belíssimo texto do saudoso cronista ipueirense Bérgson Frota (in memoriam), já publicado anteriormente no jornal O Povo. Este livro traz também, em comemoração ao centenário ocorrido em 2017, do ilustre ipueirense Gerardo Mourão, um belíssimo texto intitulado “Gerardo Mello Mourão e o Trem”, de autoria do seu biógrafo, o reconhecido escritor cearense José Luís Lira. Se pudéssemos comparar esta jornada literária a uma locomotiva, poderíamos dizer que o combustível seria a saudade e o maquinista seria uma mistura nostálgica das figuras daqueles tempos. No primeiro vagão, viria uma imensa carga de informações sobre a história do surgimento da Linha Norte, com o impacto da sua chegada em nossa localidade, segundo o olhar do Professor Genilson Paiva. O segundo vagão traria um relato da Mestra em Geografia Luciana Catunda sobre “O algodão e a ferrovia na mobilidade do território cearense”, um destaque para o escoamento da produção algodoeira, o chamado “ouro branco”. No terceiro vagão, viriam as valiosas crônicas do professor Fury, que nos transportam até a antiga estação ferroviária, com o seu vai e vem de viajantes: aventureiros, comerciantes, migrantes em busca de melhores oportunidades ou, simplesmente, passageiros que faziam de cada chegada e partida do trem sempre um grande acontecimento, que atraía olhares curiosos, vendedores ambulantes e até mesmo as moças da cidade, que, como nos romances de Leon Tolstói, sonhavam em encontrar ali um grande amor. No quarto vagão viria o encanto e a beleza do trabalho de Dalinha Catunda, neta do “chefe da estação”, seu Gonçalo Ximenes Aragão, que nos embala em seus versos e poesias, onde a alegria da chegada dava lugar à tristeza da partida, até a chegada do próximo trem na estação. Dalinha nos conta a história da passagem de um rei por Ipueiras – não um rei qualquer, mas um rei nordestino – o Rei do Baião. No ano de 1966, no prédio da estação, cantou para aquela gente que delirava com os acordes da sanfona do “Velho Lua”. O quinto vagão vem carregado de nostalgia e de personagens da infância e juventude do jornalista Frota Neto, que se perpetuaram na história do trem e nos fazem sentir como se lá também estivéssemos vivenciando aquele cotidiano que ainda hoje se faz presente pelas estórias e anedotas de figuras como a Dona Maria Capoeira – cafezeira e quituteira da estação ferroviária, testemunha de grandes momentos desta história, agora existente somente na memória dos antigos e pela presença dos velhos trilhos e estações ferroviárias que insistem em resistir à força do tempo e do descaso das políticas governamentais e de preservação patrimonial. No sexto vagão, Tadeu Fontenele nos fala sobre o “Show do Luiz Gonzaga em Ipueiras” e faz uma narrativa linda da sua aventura com sua mãe, Dona Ineizita, na garupa da sua bicicleta, do Centro da cidade até o Bairro da Estação, para não perder a apresentação do ídolo. O sétimo vagão traz uma crônica do jovem escritor ipueirense Bérgson Frota, cujo título, “O Tempo do Trem em Ipueiras”, bem poderia dar nome a este pequeno livro, de tanto que se identifica com o sentimento comum aos demais autores. O oitavo vagão viria trazendo o orgulho de nossa Ipueiras ter como filho o ilustre poeta Gerardo Mourão, cujo centenário de nascimento ocorreu em 2017, comparado a Dante Alighieri, eleito pela Guilda Órfica, secular irmandade internacional de poetas, o maior poeta do século XX, conforme trajetória sintetiza tão bem o Professor Zé Luís Lira. Finalmente, no último vagão, os professores Ronaldo Moreira e Paula Gaspar nos presenteiam com recortes da história da Escola Juarez Catunda, localizada no Bairro da Estação, equipamento que viabilizou a realização deste projeto, através do Programa Mais Cultura nas Escolas, onde os idealizadores optaram, dentre tantas alternativas, por nos trazer estes Escritos Sobre a Estação Ipueiras.
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Velasco, Marco Polo Tello. �y C�mo Se Llama el ni�o?... Se Llama Juan Diego: Experiencias de Apoyo Binacional e Historias de Vida de Los Migrantes Agrarios de la Regi�n Mixteca Oaxaque�a en el Estado de Oregon, EUA, a Trav�s de un Programa de Alcance a la Comunidad. Independently Published, 2016.

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Book chapters on the topic "Reti migranti"

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Festa, Maria. "Migrant Multimodal Narratives: From Blogs and Print Media to YouTube." In Postcolonial Publics: Art and Citizen Media in Europe. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2023. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-677-0/015.

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Abstract:
Current technology places migrant narratives into a fresh, diverse and at times hybrid act of narrating. Due to the proliferation of digital media and global culture, migrants’ journeys are frequently documented through various multimodal forms. The impact of new media on the body of current migrant narratives – particularly those that fall under the canon of postcolonial literature – will be explored in the works of Chimamanda Ngozi Adichie, Reni Eddo-Lodge and Warsan Shire. This chapter also aims at highlighting how current technology is increasingly used as a means for people to tell their stories, so that their voices can be heard by a wider citizenship and most relevantly therefore might be used as advocacy tools for a cause.
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