Journal articles on the topic 'Reti assistenziali'

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Ghirardini, Alessandro, Baldo Ippolito, and Francesco Bevere. "Il ruolo di AGENAS per favorire lo sviluppo delle reti clinico-assistenziali." MECOSAN, no. 109 (January 2020): 113–23. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2019-109007.

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Piazza, Ornella, Renato Gammaldi, Giorgio Iaconetta, and Vincenzo De Paola. "Modello operativo di valutazione e trattamento del paziente con dolore cronico che necessita di cure palliative." La Sanità Pubblica. Ricerca applicata 2, no. 2 (July 25, 2021): 49–56. http://dx.doi.org/10.48268/dolorecronico/2021/0001.1.

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Abstract:
Per garantire un’adeguata assistenza ai malati domiciliarizzati e già inseriti nel percorso delle cure palliative è talora necessario garantire un ricovero temporaneo, in ambito ospedaliero, per il tempo necessario ad eseguire manovre assistenziali non sempre facilmente realizzabili al domicilio come, ad esempio, il posizionamento di un catetere venoso centrale ad inserimento periferico (PICC) o la somministrazione di terapie antalgiche che possono richiedere manovre minimamente invasive. Per affrontare il “dolore totale” di un individuo nel proprio contesto socio-culturale e familiare il medico deve porre in atto quell’”approccio globale” che tiene conto di tutti gli aspetti fisici, psicologici, sociali, relazionali e spirituali del dolore, e attivare le possibili risorse che da tali valutazioni possono emergere (valorizzazione di approcci sistemici, delle reti amicali e di sostegno, organizzazione delle più appropriate reti di cura). Il dolore da cancro ha delle peculiarità rispetto al “dolore cronico” tout-court, spesso chiamato impropriamente dolore cronico “benigno” in quanto non provocato da patologia oncologica. Nel dolore oncologico il dolore non è l’unico sintomo ma fa parte di un corteo sintomatologico complesso, talora aggregato in cluster, talora meno prevedibile, per cui il trattamento del dolore si è rivelato più efficace quando inserito in una cura palliativa di più ampio respiro.
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Guidarelli, Gianmario. "Le Scuole Grandi veneziane nel xv e xvi secolo: reti assistenziali, patrimoni immobiliari e strategie di governo." Mélanges de l'École française de Rome. Moyen Âge, no. 123-1 (April 15, 2011): 59–81. http://dx.doi.org/10.4000/mefrm.664.

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Luciano, Adriana, Roberto Di Monaco, and Monica Demartini. "I professionisti dei servizi sociali: competenze, fabbisogni formativi e domande di cambiamento organizzativo. Sperimentazione di un modello di analisi in provincia di Torino." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 3 (December 2012): 73–91. http://dx.doi.org/10.3280/sa2012-003005.

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Abstract:
Gli autori presentano i risultati dell'applicazione di una metodologia di analisi per competenze agli operatori dei servizi socio-assistenziali (coordinatori, assistenti sociali, educatori professionali, OSS), realizzata in provincia di Torino (circa 500 interviste). Il modello, se adattato e applicato in qualsiasi ambito dei servizi, consente di introdurre e sviluppare un sistema di analisi delle competenze degli operatori per rafforzare la gestione delle risorse umane. In particolare, puň sostenere lo sviluppo del sistema professionale, a partire dalla formazione dei dirigenti, fino all'uso sistematico dello strumento per tenere sotto osservazione i professionisti presenti nei servizi, in relazione ai bisogni del territorio, e per rendere esplicita la domanda di formazione legata ai cambiamenti socio-economici, all'innovazione dei servizi e alla riduzione delle risorse disponibili. Infine, nelle reti di servizi, puň consentire di rappresentare le differenze territoriali nell'assetto professionale e organizzativo dei servizi. Si tratta quindi di un lavoro sperimentale ed esemplificativo, ad elevata trasferibilitŕ.
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Inaudi, Silvia. "Welfare und Ernährungssicherheit: Die Unterstützungsprogramme der Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai) von der Nachkriegszeit bis in die 60er Jahre." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (December 20, 2017): 63–80. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0006.

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Abstract:
Riassunto :L’articolo propone una panoramica critica degli interventi socio-assistenziali posti in essere dal dopoguerra alla prima meta degli anni Sessanta dall’Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai): organismo singolare nel panorama assistenziale italiano per le sue caratteristiche di autonomia all’interno del complesso statuale e per la fitta rete di rapporti intessuti a livello internazionale. Sotto la guida del democristiano Lodovico Montini, l’Aai si fece portatrice di istanze di modernizzazione nell’ambito di una visione che intendeva coniugare la tradizione del cattolicesimo sociale con la moderna cultura anglosassone dell’auto-aiuto, e di un modello di Welfare promanante dallo Stato ma rispettoso dell’iniziativa privata. L’attuazione dei suoi programmi, nei quali rilevante fu la focalizzazione sull’infanzia e la gioventu e l’enfasi sull’aspetto pedagogico-formativo, si accompagno al costante supporto della professionalizzazione del personale preposto ai servizi socio-assistenziali. Per il ruolo del tutto peculiare che l’Aai ebbe nel panorama dell’assistenza pubblica italiana, analizzarne la genesi e l’operato significa anche riflettere sulle contraddittorie scelte in materia di intervento sociale da parte del governo italiano nel piu ampio contesto delle intersezioni fra welfare e guerra fredda.
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Inaudi, Silvia. "Welfare und Ernährungssicherheit: Die Unterstützungsprogramme der Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai) von der Nachkriegszeit bis in die 60er Jahre." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (March 5, 2018): 63–80. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0006.

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Abstract:
Riassunto L’articolo propone una panoramica critica degli interventi socio-assistenziali posti in essere dal dopoguerra alla prima metà degli anni Sessanta dall’Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai): organismo singolare nel panorama assistenziale italiano per le sue caratteristiche di autonomia all’interno del complesso statuale e per la fitta rete di rapporti intessuti a livello internazionale. Sotto la guida del democristiano Lodovico Montini, l’Aai si fece portatrice di istanze di modernizzazione nell’ambito di una visione che intendeva coniugare la tradizione del cattolicesimo sociale con la moderna cultura anglosassone dell’auto-aiuto, e di un modello di Welfare promanante dallo Stato ma rispettoso dell’iniziativa privata. L’attuazione dei suoi programmi, nei quali rilevante fu la focalizzazione sull’infanzia e la gioventù e l’enfasi sull’aspetto pedagogico-formativo, si accompagnò al costante supporto della professionalizzazione del personale preposto ai servizi socio-assistenziali. Per il ruolo del tutto peculiare che l’Aai ebbe nel panorama dell’assistenza pubblica italiana, analizzarne la genesi e l’operato significa anche riflettere sulle contraddittorie scelte in materia di intervento sociale da parte del governo italiano nel più ampio contesto delle intersezioni fra welfare e guerra fredda.
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Lora, Antonio, Roberto Bezzi, Roberta Di Vietri, Anna Gandini, Franco Spinogatti, and Carlo Zocchetti. "Packages of care in the Departments of Mental Health in Lombardy." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 11, no. 2 (June 2002): 100–115. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000556x.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Il lavoro ha lo scopo di individuare i pacchetti di trattamento erogati dai Dipartimenti di Salute Mentale, ponendoli in relazione sia alia diagnosi dei pazienti che all'intensità nell'utilizzo delle risorse. Disegno – Lo studio è stato condotto a partire dai dati raccolti dal Sistema Informativo Psichiatrico lombardo; il campione è formato da 55518 pazienti residenti in Lombardia e in contatto nel 1999 con i Dipartimenti di Salute Mentale, di cui sono stati rilevati nel corso dell'anno i contatti territoriali, semiresidenziali, residenziali e ospedalieri. Setting – I Dipartimenti di Salute Mentale della Regione Lombardia nel 1999. Principali misure utilizzate – Secondo uno approccio empirico, basato sull'esperienza dei ricercatori, sono stati definiti 15 pacchetti di cura; il pacchetto di cura “solo attivita territoriale” è stato ulteriormente distinto in sei macroattività; a ciascun pacchetto sono stati assegnati i pesi assistenziali. Risultati – Quattro pacchetti di cura (solo Ass. Territoriale, Ass. Ospedaliera e Ass. Territoriale, solo Ass. Ospedaliera, Ass. Semiresidenziale e Ass. Territoriale) da soli caratterizzano il 95% dei pazienti. Tre quarti dei pazienti vengono trattati solo nell'ambito territoriale, senza l'intervento di strutture ospedaliere, residenziali e semiresidenziali. I pazienti più gravosi, vale a dire i pazienti inseriti in un pacchetto con un peso medio maggiore di 5000, rappresentano solo il 4% degli utenti dei servizi. L'attivita residenziale sembra svolgere un ruolo sempre maggiore nella rete dei servizi psichiatrici (36% del peso assistenziale totale), mentre la schizofrenia si conferma la diagnosi di maggiore impatto per i servizi (59% del peso assistenziale totale). Dei pazienti trattati solo neH'ambito territoriale un terzo riceve unicamente interventi ambulatoriali medici e psicologi, mentre i due terzi restanti ricevono trattamenti integrati in cui l'attività clinica ambulatoriale si accompagna a interventi di carattere domiciliare, familiare, riabilitativo e sociale. Conclusioni – Nel modello territoriale di assistenza psichiatrica i pacchetti di cura più complessi e diversificati rappresentano l'eccezione piùttosto che la regola. I pacchetti più complessi e/o con maggior peso assistenziale si rivolgono ai pazienti che per la loro diagnosi sono definiti gravi.
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Delalio, Alessia, Maria Pia Zito, and Marisa Pegoraro. "Eccellenza assistenziale e dialisi peritoneale." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, Suppl. 5 (February 17, 2014): S71—S72. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.981.

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Abstract:
Parallelamente al diversificarsi delle strategie di dialisi peritoneale, un grosso impulso ha avuto la ricerca di competenze assistenziali specifiche. Una ricerca nazionale EDTNA/ERCA (2005) ha permesso di conoscere le diverse realtà organizzative e assistenziali orientate alla continuità delle cure, oggi presupposto indispensabile per la costruzione della rete tra ospedale e territorio. Educazione terapeutica e competenze tecniche educative specifiche per gli adulti hanno caratterizzato la formazione che EDTNA/ERCA ha proposto, non supportando la tesi della marginalità della metodica e delle competenze professionali che la sua pratica richiede. Proprio quest'ultimo aspetto può essere una delle criticità per il suo sviluppo.
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Balestrieri, Matteo, Rocco Micciolo, Domenico De Salvia, and Michele Tansella. "Confronti e prospettive nella utilizzazione dei Registri Psichiatrici dei Casi." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 1, no. 2 (August 1992): 133–48. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00006655.

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Abstract:
RiassuntoDopo una breve rassegna sui dati di confronto tra Registri Psichiatrici dei Casi (RPC) disponibili nella letteratura internazionale, vengono analizzati gli indici sociodemografici e i tassi standardizzati (per età e sesso) relativi alle attività assistenziali (anni 1987–90) svolte in cinque aree italiane di RPC. Gli indici socio-anagrafici sono risultati correlati con le caratteristiche urbano-rurali del territorio. In ognuna delle cinque aree di registro esisteva, alia fine del 1990, una rete di servizi considerata adeguata rispetto alle esigenze della popolazione. I tassi totali di prevalenza un giorno sono in lieve aumento in tutte le aree di RPC, mentre quelli di prevalenza un anno e incidenza hanno avuto un andamento piuttosto differenziato nelle varie aree. II ricorso al day-hospital è diventato mediamente piu frequente e l'attività territoriale è aumentata dappertutto. Sono diminuiti parallelamente i ricoveri. II fenomeno della lungodegenza è tuttora presente, anche se in forma ridotta, in alcune aree di RPC. I soggetti lungoospitati in comunità sono aumentati in un'area (Arezzo), diminuiti in un'altra (Caltagirone), mentre sono stabili nelle altre aree. I lungoassistiti sono aumentati in quattro aree e in lieve flessione nella quinta (Arezzo). Non e emersa una relazione tra livelli di assistenza psichiatrica erogata e caratteristiche della popolazione di riferimento. Secondo un punteggio assistenziale ponderato di costo lo sviluppo dell'attività assistenziale ha determinato un aumento dei costi a Verona-Sud e ad Arezzo, una diminuzione a Caltagirone e a Legnano e nessuna variazione a Portogruaro.Parole chiaveservizi psichiatrici territoriali, registri psichiatrici dei casi, utilizzazione dei servizi.SummaryAfter a brief review of the literatur on comparison between Psychiatric Case Registers (PCR), this paper analyzes sociodemografic data and 1987-1990 age/sex standardised rates of psychiatric treatment in five Italian areas with a PCR. There was a correlation between sociodemografic indices and urban-rural characteristics of the areas. At the end of 1990 the comprehensive community psychiatric service of each area was considered able to meet the needs of the population. During the four years of our survey, one-day prevalence rates were consistently slighty increasing, while one-year prevalence and incidence rates showed different trend in the five areas. Overall, there was a development of the community services and a decrease of psychiatric admissions. There were still few hospital long-stay patients in some areas, but what is more evident was the increase of the number of long-term patients (hostel long-stay patients and communiy long-term patients). No correlations were evident between levels of psychiatric treatment and characteristics of the populations in the five areas. The development of a comprehensive network of community services required an increase of the costs in Verona-Sud and Arezzo, a decrease in Caltagirone and Legnano, while there was no variation of costs in Portogruaro.
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Osti, Cesare. "La rete SOLE e le ipotesi di sviluppo." SALUTE E SOCIETÀ, no. 1 (May 2009): 139–54. http://dx.doi.org/10.3280/ses2009-su1012.

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Abstract:
- E-Health networks are more and more widely distributed in Italy. SOLE network, SanitÀ On LinE in Italian language, is enabling the connection among the 74% of General practitioners (GP) and the public healthcare systems in Emilia- Romagna region; SOLE will connect the 100% of GP within 2009. In the same year, 2009, the "citizen as patient" will enter in SOLE network as new user, "citizen as user", accessing and managing the Electronic Patient Record (EPR), housing its own case history. SOLE network will provide new services to its users, both for health specialist and the citizen; SOLE network will also be integrated with new healthcare systems, reducing the patient clinical follow-up over time, providing a regional continuing care.Keywords: General practitioner; citizen; continuing care; Electronic Patient Record (EPR); Electronic Health Record (EHR); Electronic Medical Record (EMR). Parole chiave: medico di base; cittadino; continuitÀ assistenziale; Fascicolo Sanitario Personale (FaSP); dati sanitari elettronici; dati elettronici medici.
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Caletti, Chiara. "Trapianto Renale Da Donatore Vivente: Il Giovane Nefrologo Lo Consiglia Al Giovane Paziente Nefropatico." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 1 (February 13, 2014): 88–89. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.870.

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Abstract:
Il trapianto renale è sicuramente la migliore tecnica di sostituzione della funzione renale nei pazienti con insufficienza renale cronica avanzata e, in particolare, il trapianto renale da donatore vivente rappresenta un’ottima opzione terapeutica per i pazienti giovani. È, infatti, ampiamente dimostrato che evitare il trattamento dialitico riduce sensibilmente le comorbidità e migliora la sopravvivenza. Allo stato attuale, il trapianto da donatore vivente occupa un posto di secondo piano rispetto al trapianto da donatore cadavere. I motivi di tale discrepanza sono da attribuire soprattutto all’assenza di una rete di ambulatori predialisi organizzata ed efficiente e alla mancanza di un’esaustiva informazione al paziente circa il programma di trapianto in Italia (in particolar modo, il trapianto pre-emptive). Io credo, quindi, che sia necessario promuovere un approccio metodologico, in cui il paziente sia gestito non solo dal punto di vista clinico, ma anche da quello socio-assistenziale e psicologico, in modo da ottimizzare la valutazione clinica pre-trapianto, riducendo tempi e costi. Penso che sia fondamentale la promozione di progetti regionali e nazionali volti a incrementare la donazione da vivente.
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de Girolamo, Giovanni, Angelo Picardi, Giovanni Santone, Domenico Semisa, Pierluigi Morosini, and Rocco Micciolo. "1. Metodologia." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 13, S7 (September 2004): 5–6. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000058.

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Abstract:
Il progetto è stato articolato in due fasi. Nella prima, definita di censimento, dopo aver stabilito una intensa rete di contatti con gli Assessorati Regionali competenti, le ASL ed i DSM, è stata somministrata a tutti i responsabili delle SR con almeno 4 posti residenziali una scheda apposita. Attraverso l'elaborazione dei risultati così ottenuti si è ottenuta una ‘fotografia’ complessiva delle SR in Italia: sono state censite, alla data del 30 giugno 2000, 1.370 SR con 17.138 posti residenziali ed un tasso di 2,9 letti per 10.000 abitanti (de Girolamo et al., 2002). La prima fase di questo studio ha anche documentato notevoli variazioni interregionali sia nel tasso di posti-letto che nel numero degli operatori, un'elevata proporzione (circa il 40%) di pazienti dimessi dagli Ospedali Psichiatrici (O.P.) ed un basso turnover dei residenti.Alla fase 2 hanno preso parte tutte le regioni italiane ad eccezione dell'Abruzzo, in cui problemi di carattere organizzativo hanno reso impossibile la valutazione dettagliata delle SR; in fase 1 erano state censite in questa regione 64 SR con 856 ospiti. Sulla base dei risultati della fase 1, si è calcolato che una proporzione pari al 20% circa delle SR avrebbe consentito di selezionare un campione finale comprendente circa 3.000 pazienti, sufficientemente ampio da permettere di comparare sottogruppi differenziati rispetto a caratteristiche sociodemografiche, cliniche ed assistenziali.
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Quiroz Vitale, Marco A. "Vittime e schiavi. Il rischio dello stigma sociale." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (November 2010): 25–44. http://dx.doi.org/10.3280/sd2010-002002.

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Abstract:
La figura estrema della vittima, nell'era della globalizzazione, č lo schiavo ed anche i sistemi giuridici internazionali, con la Convenzione ONU del 2000 e con quella del Consiglio d'Europa del 2005, si sono adattati, dall'inizio del nuovo secolo, ai mutati processi di vittimizzazione che riducono, sempre piů di frequente, i migranti in condizioni di asservimento. In questo articolo l'autore analizza la condizione sociale della vittima-schiavo, a partire dalle ricerche condotte in Italia, mostrando come le evidenze empiriche smentiscono le ipotesi criminologiche secondo cui il semplice coinvolgimento nel rito del processo sia condizione necessaria e sufficiente a liberare le vittime-schiavi dalla loro condizione di inferioritŕ e sottomissione; al contrario la vittima č in grado di uscire dalla sua condizione di deuteragonismo sociale, termine proposto per indicare la peculiare condizione di minoritŕ sociale e strutturale rilevata nelle ricerche empiriche, solo se il rischio di stigmatizzazione viene ridotto grazie all'opera di agenzie di promozione sociale che puntino al recupero di una identitŕ positiva delle vittime. Appaiono, invece, per lo piů ininfluenti le misure di sostegno assistenziale alle vittime che di traducono in meri trasferimenti monetari; tali misure offrono opportunitŕ reali solo se gli enti pubblici erogatori dei sussidi economici operano in rete con le agenzie sociali che siano in grado di inibire i processi di stigmatizzazione e generare aspettative positive di socializzazione e protagonismo.
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Bottazzi, Marialuisa. "Alienazioni a titolo gratuito in documenti dei secoli XI-XII." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 595–643. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16899.

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Abstract:
Solo un numero esiguo di chartae rogate sin dall’alto medioevo si può dire abbia avuto una vita parallela alla consueta e preminente destinazione giuridica o amministrativa notarile grazie alla scelta d’incidere su pietra, il più delle volte da parte dei legatari, anche una sola parte del contenuto testuale pergamenaceo al fine di notificare, di pubblicizzare e di perpetuare, generalmente pro redemptione animae, la memoria di quanto veniva disposto da agiati benefattori a favore, in un primo tempo delle istituzioni monastiche ed ecclesiastiche e più tardi anche gli enti assistenziali, sia religiosi sia laici. La maggior parte di queste non numerose iscrizioni, che classifichiamo come chartae lapidariae, per lo stretto rapporto con le chartae notarili da cui derivano, sono state per la maggior parte prodotte in Italia sin dalla fine del secolo X per essere esposte con una certa frequenza nei luoghi sacri o molto attigui degli stessi. Nella maggior parte dei casi si parla di iscrizioni contenenti atti testamentari o di donazione inter vivos o mortis causa; meno frequentemente il loro tenore dispositivo e probatorio riconduce a bolle papali, decreti o a diplomi regi o imperiali. In ogni caso, siamo sempre di fronte a documenti incisi indiscutibili secondo qualsiasi piano giuridico ma che, per la consuetudinaria perdita del documento notarile da cui derivano e per la facile mancanza anche di uno degli elementi essenziali della charta, per esempio, della datatio, probabilmente per la funzione generalmente assunta, sin dall’impiego romano, di “regesto” dell’atto originale, per la mancanza, si diceva di alcuni elementi essenziale del documento notarile difficilmente possono essere considerati “documenti in senso proprio”, ma solo dei “monumenti” epigrafici a sé stanti, quindi particolarmente interessanti da analizzare solo per il loro “peso” storico. Malgrado ciò, per tutti gli elementi fin qui considerati e riassumibili nella difficoltà di dimostrare l’attendibilità dei contenuti incisi su pietra data l’impossibilità di ricostruire l’intimo impiego epigrafico/documentario intrinseco delle carte lapidarie con il loro originale notarile perduto, qualche importante attenzione verso questo tipo di documentazione è comunque giunta nel secolo scorso grazie ai lavori di Pietro Sella, di Cinzio Violante e di Ottavio Banti. Ciò nonostante, ancora oggi, le chartae lapidariae risultano poco considerate sebbene dinanzi a una rarefazione documentaria, per esempio nel caso di Milano, risultino efficaci per definire il ruolo dei laici sia entro lo spazio ecclesiale sia nella società; sia nello studio degli enti assistenziali, sia religiosi sia laici, come dei ceti dominanti dell’Italia e in special modo di Milano, del secolo XI. Se, dunque sull’interesse storico, seppur analitico dei contenuti della chartae lapidariae, sembra aver spesso prevalso il “peso” diplomatistico, che pone dei limiti all’attendibilità giuridica delle carte lapidarie,con questo lavoro si vuol richiamare l’attenzione su tre casi importanti e eccezionali prodotti nell’ultimo ventennio del secolo XI a Viterbo, a Milano e a Collescipoli.
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Fioritti, Angelo, Elisa Ferriani, Paola Rucci, Vittorio Melega, Cristina Venco, Anna Rosa Scaramelli, and Fabio Santarini. "Predicting length of stay in Italian Psychiatric Forensic Hospitals: a survival analysis." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, no. 2 (June 2001): 125–34. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005200.

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Abstract:
RIASSUNTOL'internamento in Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) costituisce un allontanamento dai circuiti assistenziali psichiatrici del Servizio Sanitario Nazionale e la sua durata può influire negativamente sulle possibilità di reinserimento nel territorio di provenienza. Metodo – I fattori predittivi della durata di degenza in OPG sono stati indagati mediante una analisi di sopravvivenza condotta su una coorte di 118 pazienti degenti nei tre OPG del Centro-Nord al 30.06.97, provenienti da tre Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia), prendendo in esame le dimissioni effettuate nei 18 mesi successivi. Risultati – Da analisi di sopravvivenza condotte sui singoli fattori sono emersi, come predittori di durata di internamento, il reato commesso (omicidio: tempo mediano di permanenza 706.6 settimane, rispetto alle 307.1 e 194.7 dei reati minori e delle lesioni; log-rank =31.8, p<0.001), la durata preventivata della misura di sicurezza (RR=0.98, CI 95% 0.97-0.99, p<0.001); la diagnosi di schizofrenia (621.9 settimane rispetto alle 389.9 settimane o meno delle altre diagnosi; log-rank = 5.83, p<0.01); i disturbi del pensiero alia BPRS (RR=0.89, CI 98% 0.81-0.98, p<0.01); OPG di internamento (314.6 settimane a Montelupo Fiorentino rispetto alle 706.6 di Reggio Emilia e alle 621.9 di Castiglione delle Stiviere; log-rank = 9.64, df=2, p<0.001). In un modello di regressione di Cox a più covariate solo il tipo di reato, la durata della misura di sicurezza e la diagnosi sono risultati significativi. Conclusioni – I fattori inerenti il sistema giudiziario sono determinanti nel predire la durata della degenza. La diagnosi di schizofrenia sembra aver un ruolo indipendente nel predire una degenza più lunga
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Miletta, M., and F. Bogliatto. "Gestione multidisciplinare delle disfunzioni perineali in seno alla Rete di patologia del Basso Tratto ASL TO4." Working Paper of Public Health 4, no. 1 (June 15, 2015). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2015.6703.

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Abstract:
Obiettivi: Lo studio vuole descrivere e valutare il percorso assistenziale integrato all'interno della rete di patologia del Basso Tratto, offerto alle donne con disfunzione perineale. Metodologia: 44 donne sono afferite al Servizio di Perineal Care Aziendale, per diverse disfunzioni del pavimento pelvico. Dopo un bilancio di salute perineale, è stato pianificato un percorso riabilitativo evidence based. L’efficacia del Percorso assistenziale viene misurata con il confronto di parametri clinici prima e dopo il ciclo, l’eventuale accesso al secondo livello di cure e l’indice di soddisfazione delle pazienti (questionario di gradimento). Risultati: Dopo 4-6 mesi di trattamento riabilitativo con l’ostetrica, 35 donne su 44 hanno conseguito migliori indici di performance muscolare perineale, tra queste 7 sono state gestite in maniera integrata con il secondo livello di cure di specialisti in Rete; 36 donne su 44 hanno rilevato miglioramento della sintomatologia e la totalità delle donne coinvolte hanno indicato grado di soddisfazione molto alto. 4 pazienti hanno abbandonato il percorso per motivi personali. Conclusioni: L’offerta attiva di un Servizio di Perineal Care con gestione assistenziale in Rete multidisciplinare consente il perseguire di un importante obiettivo di salute femminile.
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Miletta, M., F. Bogliatto, and L. Leidi. "Nuove prospettive di integrazione professionale della figura ostetrica." Working Paper of Public Health 5, no. 1 (June 15, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2016.6692.

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Abstract:
Obiettivi: Analisi del carattere innovativo di applicazione della figura ostetrica nell'ambito della cura della patologia ginecologica. Metodologia: Presentare un innovativo modello clinico organizzativo di cura della patologia del basso tratto ano-uro-genitale femminile in Rete multiprofessionale, mediante la valorizzazione della figura ostetrica, come fulcro dell'offerta assistenziale. Risultati: I disordini del basso Tratto Ano-Uro-Genitale femminile rappresentano un ampio spettro di patologie. La gestione ottimale viene dunque a configurarsi come un approccio multidisciplinare di diversi specialisti; tra questi, la figura dell'ostetrica, per la sua trasversalità di conoscenze e competenze, ivi incluso l'approccio ostetrico-riabilitativo alle principali disfunzioni pelvi-perineali, viene ad assumere un ruolo chiave nell'integrazione delle diverse professionalità, al servizio di un percorso assistenziale sinergico e completo per la tutela ed il recupero della salute femminile. Conclusione: Il modello Rete si configura come un ambito moderno di applicazione della figura ostetrica, che ne valorizza le poliedriche potenzialità professionali.
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Corgiat-Loia, Romina, Lucia Pavignano, Marcella Vargiu, Laura Perono Minino, Giovanna Capace, Fabrizia Cogo, Lucia Carlino, et al. "Lo sguardo oltre…un percorso avviato in ASL TO4 per il trattamento delle lesioni cutanee croniche/Looking beyond...a path started in ASL TO4 for the treatment of chronic skin lesions." Italian Journal of Wound Care 2, no. 2 (June 25, 2018). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2018.27.

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Abstract:
Le lesioni cutanee croniche (LCC) sono una problematica diffusa che impatta fortemente sulla vita delle persone colpite, ma se vengono gestite da gruppi multiprofessionali dedicati alla vulnologia l’assistenza viene ottimizzata e gli esiti clinici migliorano. Nell’ASL TO4, azienda sanitaria piemontese, è stato formalizzato con delibera del Direttore Generale un gruppo di esperti vulnologi denominato Rete Aziendale per il trattamento delle lesioni cutanee croniche il cui principale obiettivo è uniformare i percorsi diagnostici-assistenziali nell’Asl TO4 su prevenzione e cura delle LCC. Nel 2016 l’attività svolta dal gruppo negli ospedali e nei distretti attraverso le consulenze vulnologiche da un lato e con le prestazioni erogate negli ambulatori dall’altro ha preso in carico 504 pazienti; nello stesso periodo il team ha ideato e gestito 4 corsi di formazione su prevenzione e cura delle lesioni da decubito rivolto a dipendenti e Medici di Medicina Generale operanti sul territorio dell’ASL TO4. Chronic skin lesions (CKL) are a widespread problem that has a strong impact on the lives of affected people, but if they are managed by multi-professional groups dedicated to vulnology, care for them is optimized and clinical outcomes improve. In the ASL TO4, a Piedmontese health company, a group of expert volnologists called 'the Corporate Network for the treatment of chronic skin lesions' was formalized by resolution of the General Manager, whose main objective is to standardize the diagnostic-assistance pathways in the ASL TO4 on prevention and treatment of CKLs. In 2016 the activity carried out by the group in hospitals and districts through vulnological consultations on the one hand and with the services provided in outpatient clinics on the other has taken care of 504 patients; in the same period the team has designed and managed 4 training courses on prevention and treatment of bedsores injuries aimed at employees and General Practitioners operating on the ASL TO4 territory.
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Turriziani, Adriana, Carlo Barone, and Alessandra Cassano. "Formazione in Cure Palliative: un passo decisivo verso la qualità del fine vita." Medicina e Morale 62, no. 1 (February 28, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.113.

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Abstract:
Le Cure Palliative sono una risposta alla crescente necessità di assistenza per i malati affetti da patologie inguaribili, la cui presa in carico è spesso gravata dall’inadeguatezza della rete sociale e familiare, dalla scarsità delle risorse a loro destinate e dalla carenza formativa degli operatori sanitari. Sebbene il percorso istituzionale di questa nuova disciplina sia a buon punto, la conoscenza dei suoi principi fondanti è ancora molto limitata sia da parte dei cittadini sia, ancora più sorprendentemente, da parte degli stessi operatori, che ancora vedono nelle Cure Palliative una medicina della consolazione e della frustrazione. Al contrario, questa disciplina trova il proprio centro nella dignità dell’uomo fino alla fine della vita, proponendosi di rispondere in maniera globale a tutti i suoi bisogni e a quelli del nucleo familiare. Se il centro di tale risposta assistenziale è l’uomo, allora è necessario rendere lo stesso paziente in grado di identificare le proprie necessità ed entrare così nel processo decisionale sulla propria cura. Per giungere a questo tipo di relazione di cura, sinergica e consapevole, e ad una reale condivisione delle responsabilità si deve necessariamente passare attraverso una progressiva presa di coscienza della condizione di malato. Tale percorso deve essere guidato in primis da un medico formato in tal senso. Chi si avvicina al fine vita ha infatti bisogno di cure di alta qualità, che rispondano a tutte le sfere della persona coinvolte nella malattia, di continuità nell’assistenza e di relazioni terapeutiche stabili e mature. Parimenti, anche l’operatore che vive l’assistenza al fine vita deve avere gli strumenti adeguati per non danneggiarsi e lasciarsi sopraffare dall’intensità di queste relazioni. Da questo contesto nasce la necessità di un Master di studi che sviluppi competenze specialistiche e colmi il vuoto formativo in modo uniforme come primo passo verso un profondo e necessario cambiamento culturale. ---------- Palliative Care is an answer to the growing need of care for patients suffering from incurable diseases, whose management is often burdened by the inadequacy of the social and family networks, by limited resources and poor training of health workers. Although the institutional pathway of this new discipline is on its way, the knowledge of its founding principles is still very limited both among citizens and, even more surprisingly, among the same operators, who still see Palliative Care as a “consolation and frustration medicine”. On the other hand, this discipline focuses on the dignity of men till the end of life, trying to give a global answer to all their needs and those of their families. If the center of the health care response is the human being, then it should be the same patient to be able to identify his needs and thus to enter into the decision-making process. In order to achieve this level of care relationship, synergistic and aware, and a real sharing of responsibilities, patients must go through a gradual understading of their own disease condition. A trained physician should guide patients through this foundamental journey. In fact, people approaching the end of life do indeed need high quality care, which should meet all their inner spheres, but also continuity of care and stable and mature therapeutic relationships. Similarly, every health worker who lives patients’ end of life should have proper tools not to be damaged and not to be overwhelmed by the intensity of these relationships. In this context, a Master in Palliative Care is meant to develop specialized skills and fill the educational gap and it should be the first step towards a deep and claimed cultural change in our country.
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