Academic literature on the topic 'Restauro immagini'

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Journal articles on the topic "Restauro immagini"

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Ferrarini, Edoardo, and Eugenio Staltari. "Scrittura ed Immagini : un'ipotesi di restauro virtuale." Le médiéviste et l'ordinateur 41, no. 1 (2002): 49–59. http://dx.doi.org/10.3406/medio.2002.1573.

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Giuffrč, Martina. "Immagini dell'Altrove a Capo Verde: Terra Longe e Terra Mamaizinha." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 131–45. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003009.

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Abstract:
L'immigrazione č un elemento strutturale della societŕ capoverdiana attorno al quale č stato costruito un diffuso immaginario sia in campo letterario-poetico che nel corpus di racconti tradizionali. In questo saggio metterň in luce come il fenomeno migratorio sia, per coloro che restano a Capo Verde, un processo fortemente polisemico e ambivalente tanto nelle pratiche sociali quanto sul piano simbolico. In particolare tratterň del potere aggiunto che viene attribuito alle persone e alle cose che provengono da fuori, dell'immaginario che si costruisce attorno all'Altrove (Terra Longe) e al luogo d'origine (Terra Mamaizinha) e dei cambiamenti che questo immaginario ha subito da quando l'altrove č diventato terreno di pratiche femminili.
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Gresleri, Giuliano. "Immagine e parola scritta. L’Esprit Nouveau 1920-1925, la costruzione del Purismo." LC. Revue de recherches sur Le Corbusier, no. 4 (October 1, 2021): 46. http://dx.doi.org/10.4995/lc.2021.16223.

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Abstract:
<p>Questo saggio, parzialmente completato nel 1976, ha visto la luce in forma non completa sul n. 50 della rivista PARAMETRO dedicato a <em>LʼEsprit Nouveau</em>. Nella scarsa conoscenza che si aveva in quegli anni degli argomenti qui trattati, il lavoro preparatorio allo scritto che si è sviluppato in oltre un anno di ricerche presso la Fondation Le Corbusier di Parigi, è singolarmente scivolato in avanti rispetto alle ricerche che Carlo Olmo conduceva sullo stesso argomento un anno prima. Solo per caso i due testi non si sono incrociati. Dalla conoscenza e dalle discussioni accademiche e non, intervenute su quanto qui affermato è scaturita lʼidea di affrontare il problema concreto della ricostruzione de LʼEsprit Nouveau che, iniziata sotto la direzione scientifica mia e di José Oubrerie (1977) ha visto la luce nel settembre dello stesso anno. Ciò che vediamo oggi nel parco di Piazza della Costituzione è il restauro dell'opera che, dopo quarantʼanni di vita, mostrava evidenti segni di <em>maquillage</em> epidermico e strutturale.</p>
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Sciacovelli, Antonio. "Restare o partire? Sulle rappresentazioni non stereotipate di Napoli." Italianistica Debreceniensis 25 (March 29, 2020): 36–53. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5553.

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Abstract:
L'immagine letteraria di Napoli, "Capitale del Sud", che vede periodiche alternanze di crisi e splendore nelle arti, è sicuramente dicotomica: da un lato il locus amoenus in cui fiorisce l'inventiva e diverse tradizioni culturali si intersecano e convivono; dall'altro, il luogo simbolico di immense disparità sociali, uno scoppio di epidemie e la culla di una mentalità rilassata e reazionaria. L'immagine usata da Benedetto Croce per definire la città, "un paradiso abitato dai diavoli", risale al Medioevo, e viene negata di volta in volta dagli autori che intendono costruire un mito positivo di napoletanità, ma già agli inizi 20° secolo, e quindi soprattutto nel periodo dal 1943 (ai giorni nostri), ci sono accenti sempre più critici nei confronti di questa immagine, che risultano - più che nell'odio o nel disprezzo per la città e i suoi abitanti - nella tendenza ad allontanarsi da Napoli, per abbandonare una realtà contraddittoria che non risolve i suoi problemi, ma come una foresta vergine ricresce distruggendo ogni elemento del progresso. Gli autori esaminati nell'articolo sono: Carlo Bernari, Anna Maria Ortese, Raffaele La Capria, Fabrizia Ramondino, Ermanno Rea, Giuseppe Montesano, Elena Ferrante.
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Carrino, Annastella. "Fra nazioni e piccole patrie. "Padroni" e mercanti liguri sulle rotte tirreniche del secondo settecento." SOCIETÀ E STORIA, no. 131 (May 2011): 36–67. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-001002.

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Abstract:
Nell'immagine storiografica diffusa, l'economia settecentesca si presenta come una macchina che produce sviluppo e, al tempo stesso, dominazione e emarginazione. Ai suoi vertici si collocherebbero potenze superiori sotto il profilo della capacitÀ produttiva, mercantile e politico-militare; all'altra estremitÀ, residuerebbero spazi secondari, praticabili da soggetti privi di ambizioni, relegati dentro circuiti locali in grado di affacciarsi a quelli piů ampi solo in un nesso di subordinazione, o collocandosi sul crinale fra lecito e illecito. Accogliendo suggestioni presenti in studi recenti, l'a. prova a sfumare e complicare questa immagine, sottolineando come una parte significativa dell'espansione commerciale mediterranea settecentesca veda come protagonisti soggetti, luoghi e pratiche spesso privi di capitali rilevanti, saperi codificati e protezioni statali robuste. Il nuovo protagonismo dei "Genovesi" al centro di questo contributo non si pone in continuitÀ con la gloriosa storia del commercio e della finanza genovesi fra tardo medioevo e prima etÀ moderna. Essi sono in realtÀ micro-mercanti provenienti non dalla Dominante, ma da alcuni borghi costieri liguri. Non restano tuttavia figure marginali: riescono invece a fuoriuscire dall'andirivieni del piccolo cabotaggio e a diventare protagonisti di una parte significativa del commercio in grande, inventando modi di fare mercato, strumenti inediti per acquisire informazione e fiducia. Alla base della loro vitalitÀ vi č un anche rapporto forte e mai interrotto con i villaggi natali: minuscoli centri costieri, debolissimi sotto il profilo demografico, istituzionale, commerciale e finanziario, ma al tempo stesso custodi di un capitale relazionale importante, di funzioni mercantili decisive per il loro successo imprenditoriale. Tratteggiando biografie individuali e di gruppo, il saggio suggerisce l'immagine di un Mediterraneo settecentesco affollato di attori, pratiche e luoghi non sempre canonici. Ignorandoli e concentrandosi esclusivamente sulle grandi imprese mercantili, sulle grandi "nazioni" protette da mercantilismi prepotenti, si rischierebbe di non comprendere il funzionamento di questo mercato in una fase decisiva della sua trasformazione.
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Dissertations / Theses on the topic "Restauro immagini"

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Aiezzo, Desideria. "Restauro di immagini con metodi analitici." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Questo elaborato è il frutto di un lavoro svolto in collaborazione con l’azienda SpecialVideo Srl di Imola, che opera nel settore della visione artificiale ed è specializzata nella progettazione di sistemi di visione industriali per l’individuazione automatica di difetti. Grazie a questa esperienza ho avuto modo di familiarizzare con alcune tecniche di visione artificiale e di prendere coscienza di alcuni problemi concreti che si verificano in ambito aziendale, ad esempio il riempimento di "buchi" in immagini, dovuti a problemi di acquisizione o elaborazione delle stesse. In particolare, nei casi presi in esame i buchi sono dovuti ad errori nella procedura di undistort, che permette di confrontare immagini di oggetti dello stesso tipo ma con deformazioni differenti, oppure sono causati da sottosquadri, ossia punti che il sistema di acquisizione delle immagini (basato su triangolazione laser) non riesce a rilevare. In letteratura questo problema di riempimento dei buchi prende il nome di inpainting. Il nodo cruciale dell’inpaiting è che noi non abbiamo alcuna informazione (a meno che non conosciamo a priori l’immagine non danneggiata) sul dominio da riempire e possiamo solo indovinare. Lo scopo dei metodi per l’inpainting quindi è quello di riuscire a fare una scommessa ragionevole, nel senso di coerente con la parte di immagine che conosciamo sul contenuto della parte da riempire. Tra tutti i metodi di inpainting ci siamo soffermati in particolare sull'inpainting armonico, l'inpainting tramite Total Variation e l'inpainting di Mumford-Shah.
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Tartarini, Chiara <1969&gt. "Quadri di sintomi. Teoria della immagini, storia dell'arte e scienze umane in medicina." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6031/1/Tesi_per_PDF_-_preprint.pdf.

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Abstract:
Lo studio analizza il modo in cui la storia dell’arte e la visual culture vengono utilizzate all’interno delle medical humanities, e cerca di suggerire un metodo più utile rispetto a quelli fin qui proposti. Lo scritto è organizzato in due parti. Nella prima parte sono analizzate alcune teorie e pratiche delle scienze umane in medicina. In particolare, ci concentriamo sulla medicina narrativa e sugli approcci con cui la storia dell’arte viene inclusa nella maggioranza dei programmi di medical humanities. Dopodiché, proponiamo di riconsiderare questi metodi e di implementare il ruolo di un pensiero storico e visivo all’interno di tali insegnamenti. Nella seconda parte, alla luce di quanto emerso nella prima, ci dedichiamo a uno studio di caso: la rappresentazione della melanconia amorosa, o mal d’amore, in una serie di dipinti olandesi del Secolo d’Oro. Colleghiamo queste opere a trattati medico-filosofici dell’epoca che permettano di inquadrare il mal d’amore in un contesto storico; in seguito, analizziamo alcune interpretazioni fornite da studiosi e storici dell’arte a noi contemporanei. In particolare, esaminiamo lo studio pionieristico di Henry Meige, pubblicato sulla “Nouvelle iconographie de la Salpêtrière” nel 1899, da cui emerge la possibilità di un confronto critico sia con le posizioni iconodiagnostiche di Charcot e Richer sia con quelle della prima psicoanalisi.
The research aims to study the way art history and visual culture are utilised in the medical humanities, and to suggest a more profitable approach compared to the usual ones. The text is organised in two parts. In Part I, we examine the main purposes of medical humanities’ theories and practices. In particular, we focus on narrative medicine and on the techniques by which art history has been included in most of their programmes. Then, we propose to review these methods in order to improve the role of a historical and visual thought inside these teachings. In Part II, we consider a series of paintings of the Dutch Golden Age representing the love melancholy, or lovesickness, in view of what shown up in the first part. We connect these images with medico-philosophical treatises of that time, setting the disease in its historical context; then we examine the interpretations some scholars and art historians suggested about them. Above all, we consider the pioneering study by Henry Meige, appeared in the “Nouvelle Iconographie de la Salpêtrière” (1899), that demonstrates the possibility of a critical comparison with the “icono-diagnosis” approach used by Charcot and Richer, and, obviously, with the first works of psychoanalysis.
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Tartarini, Chiara <1969&gt. "Quadri di sintomi. Teoria della immagini, storia dell'arte e scienze umane in medicina." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6031/.

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Abstract:
Lo studio analizza il modo in cui la storia dell’arte e la visual culture vengono utilizzate all’interno delle medical humanities, e cerca di suggerire un metodo più utile rispetto a quelli fin qui proposti. Lo scritto è organizzato in due parti. Nella prima parte sono analizzate alcune teorie e pratiche delle scienze umane in medicina. In particolare, ci concentriamo sulla medicina narrativa e sugli approcci con cui la storia dell’arte viene inclusa nella maggioranza dei programmi di medical humanities. Dopodiché, proponiamo di riconsiderare questi metodi e di implementare il ruolo di un pensiero storico e visivo all’interno di tali insegnamenti. Nella seconda parte, alla luce di quanto emerso nella prima, ci dedichiamo a uno studio di caso: la rappresentazione della melanconia amorosa, o mal d’amore, in una serie di dipinti olandesi del Secolo d’Oro. Colleghiamo queste opere a trattati medico-filosofici dell’epoca che permettano di inquadrare il mal d’amore in un contesto storico; in seguito, analizziamo alcune interpretazioni fornite da studiosi e storici dell’arte a noi contemporanei. In particolare, esaminiamo lo studio pionieristico di Henry Meige, pubblicato sulla “Nouvelle iconographie de la Salpêtrière” nel 1899, da cui emerge la possibilità di un confronto critico sia con le posizioni iconodiagnostiche di Charcot e Richer sia con quelle della prima psicoanalisi.
The research aims to study the way art history and visual culture are utilised in the medical humanities, and to suggest a more profitable approach compared to the usual ones. The text is organised in two parts. In Part I, we examine the main purposes of medical humanities’ theories and practices. In particular, we focus on narrative medicine and on the techniques by which art history has been included in most of their programmes. Then, we propose to review these methods in order to improve the role of a historical and visual thought inside these teachings. In Part II, we consider a series of paintings of the Dutch Golden Age representing the love melancholy, or lovesickness, in view of what shown up in the first part. We connect these images with medico-philosophical treatises of that time, setting the disease in its historical context; then we examine the interpretations some scholars and art historians suggested about them. Above all, we consider the pioneering study by Henry Meige, appeared in the “Nouvelle Iconographie de la Salpêtrière” (1899), that demonstrates the possibility of a critical comparison with the “icono-diagnosis” approach used by Charcot and Richer, and, obviously, with the first works of psychoanalysis.
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MANFREDI, EMANUELA. "Elaborazione di immagini digitali: applicazioni innovative ai materiali dell'arte come guida per interventi di conservazione e restauro." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1001405.

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Fiumi, Sermattei Ilaria <1970&gt. "Aspetti della politica culturale sotto il pontificato di Leone XII. Recupero dell'Antico, Censura delle immagini e Rappresentazione della sovranità." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8247/1/Tesi%20IFS.pdf.

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Abstract:
La tesi si propone di analizzare la politica culturale a Roma durante il terzo decennio del XIX secolo, sotto il pontificato di Leone XII (Annibale della Genga, 1823-1829). I temi trattati sono il reimpiego degli antichi marmi superstiti dall'incensio della basilica di San Paolo fuori le mura per le prime ipotesi di ricostruzione; la riforma della cura del patrimonio palatino; la censura delle immagini; la rappresentazione della sovranità pontificia.
The aim is to analyse the cultural politc in Rome during the third deca of the 19 century, during the pontificate of Leo XII (Annibale della Genga, 1823-1829). The topics are the reuse of ancient marbles in the first hypothesis of reconstruction of the basilica of St. Paul out the door; the reform of the furniture's management in the papal palaces; the censorship of images; the representation of papal sovereignty.
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ZINI, SIMONE. "Image Enhancement and Restoration using Machine Learning Techniques." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/378899.

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Abstract:
Le fotocamere digitali acquisiscono, manipolano e salvano in memoria informazioni elettronicamente tramite un sensore e unitá di calcolo integrate, rendendo la fotografia accessibile agli utenti finali i quali non necessitano di basi di conoscenza di chimica o delle specifiche operazioni meccaniche che erano necessarie per lo sviluppo con la fotografia analogica. Diversi tipi di degradazioni e artefatti possono affliggere le immagini acquisite tramite camere digitali, riducendo la fedeltà percepita delle immagini e rendendo piú difficili operazioni di visione artificiale che possono essere operate sulle immagini acquisite. Tre elementi possono essere identificati come possibili sorgenti di artefatti in un'immagine: il contenuto della scena, le limitazioni hardware della camera e la pipeline di elaborazione dell’immagine, dall’acquisizione al salvataggio in memoria. Alcuni artefatti non sono direttamente trattati all’interno della tipica pipeline di camera, come ad esempio la presenza di nebbia o pioggia che possono ridurre la visibilitá della scena acquisita. Questi artefatti , per essere trattati, necessitano di metodologie ad hoc che sono generalmente applicate come operazioni post-processing. Altri tipi di artefatti sono legati ai processi di elaborazione dell’immagine e all'intera pipeline di camera integrata nelle camere. Questi artefatti includono il rumore proveniente dal sensore, dominanti cromatiche indesiderate, basso contrasto e artefatti di compressione. L’obiettivo di questa tesi è l'identificazione e la progettazione di nuovi e piú robusti moduli di elaborazione e restauro dell’immagine capaci di migliorare la qualitá delle immagini acquisite dalle camere digitali, in particolare in scenari critici quali condizioni climatiche avverse, condizione di bassa illuminazione etc… Gli artefatti identificati sono divisi in due macro gruppi: “artefatti in-camera” e “artefatti esterni” Nel primo gruppo sono stati identificati e trattati quattro argomenti: la rimozione del rumore proveniente dal sensore della camera, il processo di bilanciamento automatico del bianco, il miglioramento automatico del contrasto e la rimozione di artefatti di compressione JPEG. Il processo di progettazione di questi moduli ha tenuto conto di aspetti di efficienza, in termini di calcolo e memoria occupata, in relazione alla possibilità di integrare tali moduli in future configurazioni di pipeline di camera. Il secondo gruppo di artefatti è legato alla presenza di elementi nella scena che possono causare una degradazione in termini di fedeltà dell’immagine e/o usabilità. In particolare il lavoro presentato nella tesi è focalizzato su artefatti provenienti dalla presenza di pioggia nella scena scattata. La tesi, dopo una descrizione della tipica pipeline di elaborazione delle camere digitali, analizza i diversi tipi di artefatti che possono affliggere la qualità di una immagine, e descrive la progettazione delle soluzioni proposte. Tutti gli approcci proposti sono basati su tecniche di apprendimento automatico, come ad esempio Reti Neurali Convoluzionali o procedure di ottimizzazione Bayesiana, e sono stati validati sperimentalmente su dataset standard. I contributi principali di questa tesi possono essere riassunti in tre punti: integrazione di approcci classici di imaging con tecniche di ottimizzazione basate su machine learning, progettazione e sviluppo di nuovi approcci e architetture di deep learning per il restauro e l'elaborazione di immagini e analisi di metodi di image processing basati su deep learning in task di computer vision.
Digital cameras record, manipulate, and store information electronically through sensors and built-in computers, which makes photography more available to final users which do not anymore need to rely on the use of chemicals and knowledge of mechanical procedures to develop their pictures. Different types of degradation and artifacts can affect images acquired using digital cameras, decreasing the perceptual fidelity of images and making harder many image processing and analysis tasks that can be performed on the collected images. Three elements can be identified as possible sources of artifacts in an image: the scene content, the hardware limitations and flaws, and finally the operations performed by the digital camera processing pipeline itself, from acquisition to compression and storing. Some artifacts are not directly treated in the typical camera processing pipeline, such as the presence of haze or rain that can reduce visibility of the scene in the depicted images. These artifacts require the design of ad hoc methods that are usually applied as post-processing on the acquired images. Other types of artifacts are related to the imaging process and to the image processing pipeline implemented on board of digital cameras. These include sensor noise, undesirable color cast, poor contrast and compression artifacts. The objective of this thesis is the identification and design of new and more robust modules for image processing and restoration that can improve the quality of the acquired images, in particular in critical scenarios such as adverse weather conditions, poor light in the scene etc… . The artifacts identified are divided into two main groups: “in camera-generated artifacts" and “external artifacts and problems". In the first group it has been identified and addressed four main issues: sensor camera noise removal, automatic white balancing, automatic contrast enhancement and compression artifacts removal. The design process of the proposed solutions has considered efficiency aspects, due to the possibility of directly integrating them in future camera pipelines. The second group of artifacts are related to the presence of elements in the scene which may cause a degradation in terms of visual fidelity and/or usability of the images. In particular the focus is on artifacts induced by the presence of rain in the scene. The thesis, after a brief review of the digital camera processing pipeline, analyzes the different types of artifacts that can affect image quality, and describes the design of the proposed solutions. All the proposed approaches are based on machine learning techniques, such as Convolutional Neural Networks and Bayesian optimization procedure, and are experimentally validated on standard images datasets. The overall contributions of this thesis can be summarized in three points: integration of classical imaging approaches with machine learning optimization techniques, design of novel deep learning architectures and approaches and analysis and application of deep learning image processing algorithms in other computer vision tasks.
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Pittui, Ilenia <1991&gt. "Ritratti gioviani : un "nodo sapiente" tra parola e immagine." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19530.

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Abstract:
La presente tesi si focalizza sul tema del ritratto, considerato a partire dal Museo, la villa fortemente voluta dallo storico comasco Paolo Giovio. In esso, la dinamica mnemotecnica sottesa alla costruzione dell’edificio si esplica mediante due principali elementi: le imprese, quali “ritratti dell’anima”, e i ritratti fisici, fisiognomici, quali volti della storia universale di cui il Giovio si fece acuto interprete e narratore. Entrambi caratterizzati da un “nodo sapiente” che lega vicendevolmente parola e immagine, essi diventano, quindi, occasione per indagare l’Alterità Musulmana entro l’opera gioviana. In particolare, l’attenzione è circoscritta a un nucleo di ritratti di Sultani Ottomani inclusi negli Elogia virorum bellica virtute illustrium veris imaginibus supposita, quae apud musaeum spectantur (Firenze 1551) del Giovio. Essi sono immagini di Ottomani la cui identità viene, tuttavia, definendosi grazie al “contrappeso” persiano. Considerazioni finali, queste, ancora volte a un mondo cavalleresco e a un Islam di cui Giovio riconosce opportunamente la pluralità.
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Karapiperi, Anna. "Extrapolation methods and their applications in numerical analysis and applied mathematics." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424504.

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Abstract:
This Ph.D. thesis discusses some applications of extrapolation methods. In numerical analysis and in applied mathematics one has often to deal with sequences which converge slowly to their limit. Extrapolation methods can be used to accelerate the convergence of a slow converging sequence or even to sum up divergent series. The first two chapters of this thesis are devoted to scalar sequence transformations. We revisit Aitken's Δ2 process and we propose three new transformations which generalize it. The convergence and acceleration properties of one of our transformations are discussed theoretically and verified experimentally using diverging and converging sequences. Shanks transformation and Wynn's ε-algorithm are studied extensively; we remind the particular rules due to Wynn for treating isolated singularities, i.e. when two consecutive elements are equal or almost equal, and the more general particular rules proposed by Cordellier for treating non-isolated singularities, i.e. when more than two elements are equal. A new implementation of the generalized particular rule is given covering all the cases, namely singularities caused by two or more elements that are equal or almost equal. In the remaining part of the thesis we focus on vector extrapolation. First we briefly describe the vector ε-algorithm, the topological ε-algorithm and the simplified topological ε-algorithm, which was recently introduced by Brezinski and Redivo-Zaglia. In the sequel, we present under a unified notation the Algebraic Reconstruction Techniques, the Simultaneous Iterative Reconstruction Techniques, and other iterative regularization methods, which are commonly used for solving linear inverse problems. Last, we study the gain of applying extrapolation on these methods in imaging problems. In particular, we use the simplified topological ε-algorithm in order to extrapolate a sequence generated by methods such as Landweber's and Cimmino's when solving image reconstruction and restoration problems. The numerical results illustrate the good performance of the accelerated methods compared to their unaccelerated versions and other methods.
Questa tesi di dottorato tratta alcune applicazioni dei metodi di estrapolazione. Spesso in analisi numerica e nella matematica applicata si devono trattare successioni che convergono lentamente al loro limite. I metodi di estrapolazione possono essere utilizzati per accelerare la convergenza di una successione che converge lentamente o anche per sommare serie divergenti. I primi due capitoli della tesi sono dedicati alle trasformazioni di successioni scalari. Viene ripreso il Δ2 di Aitken e vengono proposte tre nuove trasformazioni che lo generalizzano. Le proprietà di convergenza e di accelerazione di una delle trasformazioni sono discusse teoricamente e verificate sperimentalmente usando delle successioni divergenti e convergenti. La trasformazione di Shanks e l'ε-algorithm di Wynn sono accuratamente studiati; vengono richiamate le regole particolari proposte da Wynn per il trattamento delle singolarità isolate, ovvero quando due elementi consecutivi sono uguali o quasi uguali, ed anche le regole particolari, più generali, proposte da Cordellier, per il trattamento delle singolarità non isolate, ovvero quando più di due elementi sono uguali. Viene proposta una nuova generale implementazione delle regole particolari in modo da poter trattare tutti i casi possibili, ossia la presenza di singolarità causata da due o più elementi che sono uguali o quasi uguali. Nella parte rimanente della tesi ci si concentra sull'estrapolazione vettoriale. Prima vengono brevemente descritti l'ε-algorithm vettoriale, l'ε-algorithm topologico e la sua versione semplificata, recentemente introdotta da Brezinski e Redivo-Zaglia. Successivamente, vengono presentate, con una notazione unificata le Algebraic Reconstruction Techniques (ART), le Simultaneous Iterative Reconstruction Techniques (SIRT) e altri metodi iterativi di regolarizzazione, che sono comunemente utilizzati per risolvere problemi inversi lineari. Infine, vengono illustrati i vantaggi ottenuti applicando l'estrapolazione ai precedenti metodi iterativi, utilizzati su problemi relativi alle immagini. In particolare, viene utilizzato il simplified topological ε-algorithm al fine di estrapolare una successione generata da metodi di tipo Landweber e Cimmino quando si risolvono problemi di ricostruzione e di restauro di immagini. I risultati numerici mostrano un buon comportamento dei metodi accelerati rispetto alle loro versioni non accelerate ed anche rispetto ad altri metodi.
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CAVENAGO, MARCO. "ARTE SACRA IN ITALIA: LA SCUOLA BEATO ANGELICO DI MILANO (1921-1950)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829725.

Full text
Abstract:
Nell’ottobre del 1921 a Milano nacque la Scuola Superiore di Arte Cristiana Beato Angelico. Responsabili dell’iniziativa: don Giuseppe Polvara, l’architetto Angelo Banfi, il pittore Vanni Rossi, affiancati dallo scultore Franco Lombardi, dai sacerdoti Adriano e Domenico Bernareggi, dall’ingegner Giovanni Dedè, dal professor Giovanni Mamone e dall’avvocato Carlo Antonio Vianello. Gli allievi del primo anno scolastico furono nove, due dei quali (gli architetti don Giacomo Bettoli e Fortunato De Angeli) destinati a restare per lunghi anni nella Scuola come docenti: così avvenne anche col pittore Ernesto Bergagna, iscrittosi l’anno seguente. A partire da quell’avvenimento il contesto italiano dell’arte sacra poté contare su un elemento di indiscutibile novità, destinato nel giro di pochi anni a una rapida, diffusa e pervicace affermazione nella Penisola. La fondazione della Scuola Beato Angelico mise un punto fermo nell’annoso dibattito sul generale declino dell’arte sacra che andava in scena da lungo tempo in Italia così come nei principali Paesi europei. La formula ideata da don Polvara metteva a sistema le proprie esperienze personali, artistiche e professionali con la conoscenza del contesto internazionale, di alcuni modelli esemplari e il confronto con gruppi e singole figure (artisti, critici, uomini di Chiesa) animate dal comune desiderio di contribuire alla rinascita dell’arte sacra. A cento anni dalla sua nascita – e a settanta dalla scomparsa del suo fondatore – la Scuola Beato Angelico (coi laboratori di Architettura, Cesello, Ricamo, Pittura e Restauro) prosegue tuttora nel compito di servire la Chiesa attraverso la realizzazione di arredi e paramenti sacri contraddistinti da una particolare cura dell’aspetto artistico e liturgico, oggetto di ripetute attestazioni di merito e riconoscimenti in ambito ecclesiastico. Ciò che invece finora manca all’appello è un organico tentativo di ricostruzione delle vicende storiche che hanno segnato la genesi e gli sviluppi di questa singolare realtà artistica e religiosa. Scopo di questa tesi è quindi la restituzione di un profilo il più possibile dettagliato e ragionato della storia della Scuola Beato Angelico, tale da riportare questa vicenda al centro di una situazione storica e di un contesto culturale complesso, attraverso una prospettiva di lavoro originale condotta sul filo delle puntualizzazioni e delle riscoperte. Stante il carattere “pionieristico” di questa ricerca, la vastità dei materiali e delle fonti a disposizione e la conseguente necessità di assegnare un taglio cronologico riconoscibile al lavoro si è optato per circoscrivere l’indagine ai decenni compresi tra il 1921 e il 1950, ovvero tra la fondazione della Beato Angelico e la scomparsa di Giuseppe Polvara. Come si vedrà, il termine iniziale viene in un certo senso anticipato dall’esigenza di tratteggiare al meglio gli antefatti e il contesto da cui trae origine la Scuola (tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo). L’anno assunto a conclusione della ricerca, invece, è parso una scelta quasi obbligata, coincidente col primo avvicendamento alla direzione della Beato Angelico oltre che dalla volontà di escludere dal discorso quanto andò avviandosi negli anni Cinquanta e Sessanta, ossia una nuova e diversa stagione nel campo dell’arte sacra (destinata, tra l’altro, a passare attraverso lo snodo rappresentato dal Concilio Vaticano II e dall’azione di S. Paolo VI), peraltro assai indagata dagli studi storico-artistici. Ciò che ha reso possibile la stesura di questa tesi è il fatto che essa si appoggi, in buona parte, su materiali archivistici inediti o, quantomeno, mai esaminati prima d’ora in modo strutturato. L’accesso ai materiali d’archivio più storicizzati e la loro consultazione (grazie alla disponibilità dimostrata dalla direzione della Scuola Beato Angelico) hanno condizionato in modo determinante la trattazione degli argomenti, la ricostruzione dei quali , in alcuni casi, è sostenuta esclusivamente dai documenti rinvenuti. La nascita della Scuola Beato Angelico non fu un accadimento isolato nel panorama della produzione artistica europea del tempo né un episodio estraneo a quanto, contemporaneamente, si andava dibattendo nel mondo ecclesiastico. La Scuola di Polvara nacque in un’epoca contrassegnata da grande fermento ecclesiale: si pensi agli Ateliers d’Art Sacré fondati da Maurice Denis e George Desvallières a Parigi nel 1919, solo due anni prima della Scuola milanese, i cui aderenti – tutti laici – professavano una religiosità intensa e devota. Ma, soprattutto, il modello determinante e più conosciuto da Polvara fu la Scuola di Beuron (Beuroner Kunstschule), nata nell’omonima abazia benedettina tedesca nell’ultimo quarto del XIX secolo a opera di padre Desiderius Lenz e sul cui esempio ben presto sorsero atelier specializzati nella produzione di arte sacra (arredi e paramenti a uso liturgico) in molte comunità benedettine dell’Europa centrale. L’affinità di Polvara con la spiritualità benedettina è un elemento-chiave della Scuola da lui fondata: dalla regola dell’ora et labora derivò infatti il concetto (analogo) di “preghiera rappresentata” (orando labora). L’organizzazione stessa della Scuola, impostata come in un’ideale bottega medievale dove maestri, apprendisti e allievi collaborano e convivono, riprende lo stile di vita monastico dei cenobi benedettini. Proprio al fine di conservare il più possibile il carattere della bottega medievale, il numero degli allievi ammessi alla Scuola non fu mai troppo elevato, così da mantenere un adeguato ed efficace rapporto numerico tra i discepoli e i maestri. Ancora, da Beuron la Beato Angelico trasse la particolare e inconfondibile forma grafica della lettera “e”, riconoscibile nelle numerose e lunghe epigrafi presenti in tante sue opere. Ultimo elemento in comune tra la Scuola milanese e quella tedesca – ma che si può imputare alla più generale fascinazione per l’epoca medievale – è l’unità di intenti che deve animare tutte le maestranze impegnate a creare un’opera collettiva e anonima ad maiorem Dei gloriam, dove il contributo del singolo autore rimane volutamente nascosto in favore del nome della Scuola. Ciò che differenzia, tuttora, la Scuola da analoghi centri di produzione di arte sacra è il fatto che essa poggi le fondamenta su una congregazione religiosa, la Famiglia Beato Angelico, un’idea a lungo coltivata da Polvara e approvata ufficialmente dall’autorità diocesana fra gli anni Trenta e Quaranta. Dalla comune vocazione alla creazione artistica sacra (“missione sacerdotale” dell’artista) discendono la pratica della vita comunitaria, la partecipazione ai sacramenti e ai diversi momenti quotidiani di preghiera da parte di maestri sacerdoti, confratelli e consorelle artisti, apprendisti, allievi e allieve. L’indirizzo spirituale tracciato dal fondatore per la sua Famiglia agisce ancora oggi a garanzia di una strenua fedeltà nella continuità di un progetto artistico e liturgico unico, messo in pratica da una comunità di uomini e donne legate fra loro dai canonici voti di povertà, castità e obbedienza ma soprattutto da un comune e più alto intento. Appunto per assicurare una prospettiva di sopravvivenza e futuro sviluppo della sua creatura, Polvara ebbe sempre chiara la necessità di mantenere unito l’aspetto della formazione (e quindi la didattica nei confronti degli allievi, adolescenti e giovani) con quello della produzione (spettante all’opera di collaborazione fra maestri, apprendisti e allievi). Dal punto di vista operativo le discipline artistiche, praticate nei vari laboratori in cui si articola la Scuola, concorrono, senza alcuna eccezione e nella citata forma anonima e collettiva, a creare un prodotto artistico organico e unitario, una “opera d’arte totale” che deve rispondere all’indirizzo dato dal maestro architetto (lo stesso Polvara), cui spettano devozione, rispetto e obbedienza. Alla progettazione architettonica viene dunque assegnata grande importanza e ciò comporta che le opere meglio rappresentative della Scuola Beato Angelico siano quegli edifici sacri interamente realizzati con l’intervento dei suoi laboratori per tutte o quasi le decorazioni, gli arredi, le suppellettili e i paramenti (come le chiese milanesi di S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, SS. MM. Nabore e Felice, o la chiesa di S. Eusebio ad Agrate Brianza e la cappella dell’Istituto religioso delle figlie di S. Eusebio a Vercelli). Quanto ai linguaggi espressivi impiegati dalla Scuola (il cosiddetto “stile”) si evidenziano la preferenza per il moderno razionalismo architettonico – un tema di stringente attualità, cui Polvara non mancò di dare il suo personale contributo teorico e pratico – e quella per il divisionismo in pittura, debitrice dell’antica ammirazione per l’opera di Gaetano Previati. Dall’interazione di queste due forme si origina un riconoscibile linguaggio, moderno e spirituale al tempo stesso, verificabile negli edifici come nelle singole opere, frutto di una profonda sensibilità che combina il ponderato recupero di alcune forme del passato (ad esempio l’iconografia paleocristiana reimpiegata nei motivi decorativi dei paramenti o nella foggia di alcuni manufatti, dal calice al tabernacolo, alla pianeta-casula) con lo slancio per uno stile moderno e funzionale adeguato ai tempi ma rispettoso della tradizione.
In October 1921, the Beato Angelico Higher School of Christian Art was born in Milan. Responsible for the initiative: Don Giuseppe Polvara, the architect Angelo Banfi, the painter Vanni Rossi, flanked by the sculptor Franco Lombardi, by the priests Adriano and Domenico Bernareggi, by the engineer Giovanni Dedè, by professor Giovanni Mamone and by the lawyer Carlo Antonio Vianello . There were nine pupils in the first school year, two of whom (the architects Don Giacomo Bettoli and Fortunato De Angeli) destined to remain in the School for many years as teachers: this also happened with the painter Ernesto Bergagna, who enrolled the following year. Starting from that event, the Italian context of sacred art was able to count on an element of indisputable novelty, destined within a few years to a rapid, widespread and stubborn affirmation in the Peninsula. The foundation of the Beato Angelico School put a stop to the age-old debate on the general decline of sacred art that had been staged for a long time in Italy as well as in major European countries. The formula conceived by Don Polvara put his personal, artistic and professional experiences into a system with the knowledge of the international context, some exemplary models and the comparison with groups and individual figures (artists, critics, men of the Church) animated by the common desire to contribute to the rebirth of sacred art. One hundred years after its birth - and seventy after the death of its founder - the Beato Angelico School (with the workshops of Architecture, Cesello, Embroidery, Painting and Restoration) still continues in the task of serving the Church through the creation of distinctive sacred furnishings and vestments. from a particular care of the artistic and liturgical aspect, object of repeated attestations of merit and acknowledgments in the ecclesiastical sphere. What is missing from the appeal so far is an organic attempt to reconstruct the historical events that marked the genesis and developments of this singular artistic and religious reality. The purpose of this thesis is therefore the return of a profile as detailed and reasoned as possible of the history of the Beato Angelico School, such as to bring this story back to the center of a historical situation and a complex cultural context, through an original work perspective conducted on thread of clarifications and rediscoveries. Given the "pioneering" nature of this research, the vastness of the materials and sources available and the consequent need to assign a recognizable chronological cut to the work, it was decided to limit the survey to the decades between 1921 and 1950, or between the foundation of Beato Angelico and the death of Giuseppe Polvara. As will be seen, the initial term is in a certain sense anticipated by the need to better outline the background and context from which the School originates (between the end of the 19th and the first decades of the 20th century). The year assumed at the end of the research, on the other hand, seemed an almost obligatory choice, coinciding with the first change in the direction of Beato Angelico as well as the desire to exclude from the discussion what started in the 1950s and 1960s, that is a new and different season in the field of sacred art (destined, among other things, to pass through the junction represented by the Second Vatican Council and by the action of St. Paul VI), which is however much investigated by historical-artistic studies. What made the drafting of this thesis possible is the fact that it relies, in large part, on unpublished archival materials or, at least, never examined before in a structured way. Access to the most historicized archive materials and their consultation (thanks to the availability shown by the direction of the Beato Angelico School) have decisively conditioned the discussion of the topics, the reconstruction of which, in some cases, is supported exclusively by documents found. The birth of the Beato Angelico School was not an isolated event in the panorama of European artistic production of the time nor an episode unrelated to what was being debated in the ecclesiastical world at the same time. The Polvara School was born in an era marked by great ecclesial ferment: think of the Ateliers d'Art Sacré founded by Maurice Denis and George Desvallières in Paris in 1919, only two years before the Milanese School, whose adherents - all lay people - they professed an intense and devoted religiosity. But, above all, the decisive and best known model by Polvara was the Beuron School (Beuroner Kunstschule), born in the homonymous German Benedictine abbey in the last quarter of the nineteenth century by father Desiderius Lenz and on whose example workshops specialized in the production of sacred art (furnishings and vestments for liturgical use) in many Benedictine communities in central Europe. Polvara's affinity with Benedictine spirituality is a key element of the School he founded: in fact, the (analogous) concept of "represented prayer" (orando labora) derived from the rule of the ora et labora. The very organization of the School, set up as in an ideal medieval workshop where teachers, apprentices and pupils collaborate and coexist, takes up the monastic lifestyle of the Benedictine monasteries. Precisely in order to preserve the character of the medieval workshop as much as possible, the number of students admitted to the School was never too high, so as to maintain an adequate and effective numerical ratio between disciples and masters. Again, from Beuron Fra Angelico drew the particular and unmistakable graphic form of the letter "e", recognizable in the numerous and long epigraphs present in many of his works. The last element in common between the Milanese and the German schools - but which can be attributed to the more general fascination for the medieval era - is the unity of purpose that must animate all the workers involved in creating a collective and anonymous work ad maiorem. Dei gloriam, where the contribution of the single author remains deliberately hidden in favor of the name of the School. What still differentiates the School from similar centers of production of sacred art is the fact that it rests its foundations on a religious congregation, the Beato Angelico Family, an idea long cultivated by Polvara and officially approved by the diocesan authority between the thirties and forties. From the common vocation to sacred artistic creation (the artist's "priestly mission") descend the practice of community life, the participation in the sacraments and the various daily moments of prayer by master priests, brothers and sisters artists, apprentices, pupils and pupils . The spiritual direction traced by the founder for his family still acts today as a guarantee of a strenuous fidelity in the continuity of a unique artistic and liturgical project, put into practice by a community of men and women linked together by the canonical vows of poverty, chastity. and obedience but above all from a common and higher intent. Precisely to ensure a prospect of survival and future development of his creature, Polvara always had a clear need to keep the training aspect (and therefore the teaching for students, adolescents and young people) united with that of production (due to the work of collaboration between teachers, apprentices and students). From an operational point of view, the artistic disciplines, practiced in the various laboratories in which the School is divided, contribute, without any exception and in the aforementioned anonymous and collective form, to create an organic and unitary artistic product, a "total work of art" which must respond to the address given by the master architect (Polvara himself), to whom devotion, respect and obedience are due. The architectural design is therefore assigned great importance and this means that the best representative works of the Beato Angelico School are those sacred buildings entirely made with the intervention of its laboratories for all or almost all the decorations, furnishings, furnishings and Milanese churches of S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, S. MM. Nabore and Felice, or the church of S. Eusebio in Agrate Brianza and the chapel of the religious institute of the daughters of S. Eusebio in Vercelli). As for the expressive languages used by the School (the so-called "style"), the preference for modern architectural rationalism is highlighted - a topic of stringent topicality, to which Polvara did not fail to give his personal theoretical and practical contribution - and that for Divisionism in painting, indebted to the ancient admiration for the work of Gaetano Previati. The interaction of these two forms gives rise to a recognizable language, modern and spiritual at the same time, verifiable in the buildings as in the individual works, the result of a profound sensitivity that combines the thoughtful recovery of some forms of the past (for example early Christian iconography reused in the decorative motifs of the vestments or in the shape of some artifacts, from the chalice to the tabernacle, to the chasuble-chasuble) with the impetus for a modern and functional style appropriate to the times but respectful of tradition.
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PINTO, FUENTES DANIEL ANDRES. "Conservazione e valorizzazione della “Salitrera Chacabuco”, regione di Antofagasta, Cile. Tra persistenza della immagine e adattamento al riuso. PARTE II Conservación y valorización de la “Salitrera Chacabuco”, región de Antofagasta, Chile. Entre persistencia de la imagen y la adaptación al ReUso." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1176791.

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Abstract:
Lo studio tratta il tema del recupero dell'architettura industriale-mineraria e dei relativi centri "storici" minori in abbandono, affrontando le diverse tematiche legate alla complessità della loro valorizzazione e gestione. Il percorso di studio è relativo alla Regione di Antofagasta, Cile, in un contesto in cui il patrimonio architettonico non viene ben valorizzato e anzi tante volte distrutto a causa della crescita costante delle città e la mancanza di normative di tutela, la “necessità” di introdurre “il nuovo”, e soprattutto dove la identità mineraria della regione, responsabile proprio della nascita di queste città, non è riconosciuta e come conseguenza di queste due variabili è che nella maggior parte del territorio regionale, sia all'interno che all'esterno delle loro città, si possono trovare delle testimonianze che fanno capire l’origine mineraria. Come esempio della mancanza di consapevolezza del proprio patrimonio e di disinteresse nel riconoscimento minerario si possono trovare le "Salitreras", antichi insediamenti appartenenti all’epoca di estrazione del Salnitro, periodo molto importante per il paese che si estese intorno agli anni 1870-1930 avendo un boom a livello mondiale. Questi insediamenti hanno dato origine a un sistema di strutturazione del territorio che ancora oggi è presente nella regione ma, come risultato dell'abbandono, sono in completo disuso e in stato di conservazione molto precario, isolati dalle principali città nell'immensità del deserto di Atacama. Pertanto, da una parte è necessario contribuire a incentivare il recupero e la conservazione dei nostri monumenti come una questione fondamentale e soprattutto per dimostrare che è possibile far convivere tradizione e/o patrimonio architettonico con la nuova architettura, attraverso un intervento consapevole. Inoltre, è importante diffondere la conoscenza dell'architettura industriale-mineraria e operaia in Cile, dovendo necessariamente iniziare con la sua valorizzazione come patrimonio culturale, intendendo questo non solo come un'opera monumentale, ma come architettura "minore" che nel suo insieme assume rilevanza e porta con sé l'identità e i valori storico-culturali di un passato e presente minerario. Oggi c'è nuova vita nel deserto, l'attività mineraria non si è fermata, anzi continua a crescere con i depositi più importanti del paese, la cui riforma tecnologica li proietta a continuare la loro estrazione di diverse materie prime tra cui il Liteo cha fa intravedere un futuro promettente che si basa non solo sulla sua produzione come materia prima, ma anche sulla generazione della ricerca tecnologica. I centri di energie rinnovabili non convenzionali irrompono nel territorio, per tanto il turismo nel deserto è consacrato come il numero uno del paese, attraverso i suoi paesaggi naturali e le piccole località preispaniche, mentre gli insediamenti “Salitreros”, in silenzio aspettano una valorizzazione, tra cui Chacabuco, un importante insediamento dell’epoca del Salnitro, che con una posizione privilegiata, si trova al centro delle rotte che collegano la nuova miniera, il turismo e le principali città della regione. Tra persistenza dell'immagine e adattamento al Riuso. Il tema dell'incontro tra l'Antico e il Nuovo in architettura, sebbene discusso per diversi decenni, è ancora attuale. È una questione molto complessa, in cui il confronto tra composizione architettonica, urbana e restauro può portare a risultati di qualità e controllati. Alla luce di ciò, lo studio affronta la questione con un approccio multi-scalare e interdisciplinare, che si apre anche al dibattito internazionale, nella ricerca di una base metodologica con cui leggere e orientare il progetto sulle preesistenze. Un progetto che guarda al presente attraverso il passato, per risignificare il futuro di questo luogo e dare risposte consapevoli alle tendenze temporanee imposte dalle nuove città contemporanee. Dopo eventi traumatici, eventualmente come un terremoto, o forse graduale come un abbandono, nessun edificio può essere considerato veramente "perduto" dal punto di vista fisico-costruttivo, perché ne rimarrebbero, anche nei casi più gravi, alcune tracce della sua materia. La ricostruzione è considerata un'occasione per riflettere sulla necessità di cambiamento. Pensare alla ricostruzione obbliga, in un certo senso, la cultura del design a pensare alla preziosa e delicata struttura che abbiamo ereditato dal passato, e che nel territorio rappresentano un luogo unico e irripetibile sul quale le forme contemporanee devono necessariamente essere intercalate. Sebbene oggi la cultura del restauro e della conservazione non è una pratica molto diffusa nella regione, i casi in cui è stata realizzata, il "dove era e come era" sembra essere la tendenza prediletta. Questa frase già famosa ha acquisito un significato più psicologico e antropologico che fisico-architettonico. Riguardo a questa problematica della ricostruzione, Cino Zucchi commenta questo famoso slogan: "Potrebbe essere oggi la strategia emotivamente e socialmente più adeguata; Tuttavia, il problema pero non è tanto il «falso stilistico» [...], ma piuttosto quello di capire se, una volta perso un bene al quale eravamo sentimentalmente molto legati, valga la pena di rifarne una copia solo in virtù di questa spinta emotiva; O se invece esso possa riempirsi davvero di nuova vita, di nuove scelte e impulsi." Ora, intervenire sul patrimonio costruito richiede la massima attenzione, la piena conoscenza e un grande senso di responsabilità nelle decisioni, sia per ciò che si vuole sottrarre quanto per la qualità dei nuovi contributi con cui si vuole manipolare l'esistente costruito. È necessario, quindi, un deciso declino etico del progetto per garantire l'alta qualità del risultato che produce sempre un'alterazione nella preesistenza sia dal punto di vista della sua immagine come le trasformazioni spaziali che può produrre la ricerca di adattamento al Riuso. Lo studio cerca di approfondisce il processo di conoscenza che guida le scelte di progettazione, dove, nei processi ricostruttivi, sarà possibile trovare una risposta attraverso l'uso di un linguaggio piuttosto contemporaneo, pur non superando i codici che garantiscono la persistenza dell'immagine. Ciò è correlato alla valutazione delle "richieste" del tessuto mutilato su cui interviene, più precisamente, è legato ai criteri che possono essere adottati per il reinserimento delle lacune architettoniche e urbane per rigenerare nuovi usi, cioè la ricerca di un equilibrio e di un'integrazione dove questi possano essere risolti ricorrendo alla propria metodologia della disciplina del restauro conservativo, mentre nel complesso il linguaggio contemporaneo può svolgere il compito re-integrativo o allusivo degli spazi o della massa muraria persa. Non è, in questi casi, andare "al di là del restauro", ma rimanere al suo interno, nel pieno rispetto dei principi conservativi.
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Books on the topic "Restauro immagini"

1

Palazzo Braschi: Immagini di un restauro. Roma: Kappa, 2002.

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2

Laurenti, Maria Concetta. Immagini di dea: Due teste colossali dei Musei capitolini : studi e restauro. Roma: Gangemi editore SpA international, 2018.

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3

La memoria del tempo: Il restauro di Casa Ravera nelle immagini di Pino Dell'Aquila. Savigliano: L'Artistica editrice, 2010.

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4

Figline Valdarno (Italy). Assessorato alla cultura., ed. Le Mura di Figline: Storia, immagini, restauro : Figline Valdarno, vecchio palazzo comunale 9 aprile-12 giugno 1988. Firenze: Opus libri, 1988.

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5

1948-, Nesta Paolo, Collezione civica d'arte di Palazzo Vittone (Pinerolo, Italy), and Studio d'arte e restauro Gabbantichità (Tortona, Italy), eds. Giuseppe Augusto Levis, 1873-1926: Immagini private : 22 maggio-13 giugno 2004, Pinacoteca civica, Pinerolo : 2-24 ottobre 2004, Studio d'arte e restauro Gabbantichità, Tortona (Al). Borgone Susa [Italy]: Melli, 2004.

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6

Volker, Hoffmann, and Casa del Mantegna, eds. Santa Sofia ad Istanbul: Sei secoli di immagini e il lavoro di restauro di Gaspare Fossati (1847-49) : catalogo dell'esposizione, Casa del mantegna, Mantova, 14 novembre-31 dicembre 1999. Berna (CH): V. Hoffmann, 1999.

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7

Galli, Letizia. L' immagine, l'eguale, la storia: Restauro e tutela a Pavia, 1860-1910. Milano: Guerini e associati, 1997.

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8

Galletti, Maurizio. Genova e non solo: Restauri di monumenti e paesaggio : immagini dalla Liguri. Genova: San Giorgio, 2004.

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9

Fernando, Russo, ed. La parola si fa immagine: Storia e restauro della Basilica Orsiniana di Santa Caterina a Galatina. Venezia: Marsilio, 2005.

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10

Motterle, Serena G. Nobiltà e immagine: Tiepolo e Muttoni a villa Loschi Zileri Motterle : nuove ricerche e ultimi restauri. Sommacampagna, Verona: Cierre edizioni, 2016.

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