Academic literature on the topic 'Responsabilità relazionale'

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Journal articles on the topic "Responsabilità relazionale"

1

Pendenza, Paolo. "Setting relazionale e apprendimento." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 37 (September 2022): 183–206. http://dx.doi.org/10.3280/eds2022-037017.

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Abstract:
Viviamo un momento storico nel quale il paradigma educativo ed organizzativo che ha ispirato la nascita e l'affermazione della scuola di massa novecentesca mostra tutti i propri limiti. La scuola pare che tenda inerzialmente ad autoconservarsi, a ripetersi eguale a se stessa. Ma non sempre e non ovunque. Nelle testimonianze di alcuni docenti che percorrono con successo nuove modalità didattiche intravediamo alcuni elementi che possono rappresentare una guida per costruire una didattica più adeguata ai nostri tempi. In particolare emerge con forza la centralità di una relazione tra docenti e studenti basata sulla fiducia e sulla responsabilità, che persegua l'obiettivo di rendere più efficace il processo di insegnamen-to/apprendimento. Queste conclusioni si basano sulle dinamiche peculiari che caratterizzano gli adolescenti di oggi, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Utilizzando tale approccio gli adulti possono diventare figure effettivamente significative ed autorevoli per i pro-pri allievi, capaci di accompagnarli nel loro percorso di crescita verso la vita adulta.
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2

Lo Piccolo, Alessandra. "Pedagogia e cura delle fragilità: suggestioni educative e proposte didattiche per la prevenzione dei comportamenti aggressivi." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 1 (June 2020): 531–51. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9495.

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Abstract:
La scuola è un sistema relazionale complesso in cui abitano persone portatrici di bisogni, desideri, emozioni, aspettative, paure, angosce, ansie. La Pedagogia, che ha avuto da sempre il compito di interpretare, conoscere e orientare l'educazione e la formazione, ancora una volta deve cercare di fornire ad ognuno strumenti e competenze, lenti per leggere e criteri per, sviluppare abilità di adattamento, responsabilità, autonomia di pensiero e di azione. Una riflessione sui fenomeni di aggressività e violenza che caratterizzano il panorama sociale, oggi, specie tra le più giovani generazioni, impone domande specifiche su quali possano essere gli interventi educativi per gestirli e prima ancora, poterli prevenire. Si sente più che mai la necessità di percorsi educativi fondati sulla convivenza, la relazione pacifica, la condivisione, il riconoscimento di tutti e di ciascuno. In questa sede si è cercato di promuovere un approccio integrato, che tenga conto di istanze multidisciplinari e multidimensionali, individuando in una efficace educazione e formazione umana alle emozioni, una via possibile per rispondere a tale emergenza. Il contributo cerca di mettere in evidenza percorsi possibili, in una visione sistemica e complessa del fenomeno.
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3

Ciliberti, Rosagemma, Chiara Bonzano, Paolo Petralia, Luca Lalli, Marta Licata, Franco Manti, and Alessandro Bonsignore. "Survey condotta tra gli studenti di Medicina e quelli di Scienze Sociali sulla donazione del corpo a fini di ricerca e didattica." Medicina e Morale 70, no. 4 (December 21, 2021): 387–408. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2021.947.

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Abstract:
La legge italiana n. 10 febbraio 2020 “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica” mira a valorizzare la volontarietà della donazione del corpo (DC). In questo contesto assume rilievo il dibattito etico sul tema della donazione e sul suo significato profondo che pone in relazione la beneficialità con una visione relazionale dell’autonomia. Allo stesso tempo, non si possono trascurare le forti valenze simboliche che vengono attribuite al corpo. L’attuazione pratica della DC richiede, quindi, una strategia formativa ampia, capace di sviluppare l’assunzione di responsabilità rispetto al presente e alle generazioni future. In considerazione dell’importante ruolo che i medici, le professioni sanitarie e quelle sociali possono assumere nel promuovere tale pratica, è stata condotta un’indagine diretta a fare emergere le conoscenze e le convinzioni, presenti in tale ambito, tra gli studenti appartenenti alla Scuola Scienze Mediche e Farmaceutiche (SMF) e quelli frequentanti la Scuola di Scienze Sociali (SSS), nonché ad analizzare eventuali fattori che possono influenzare la DC. L’indagine ha evidenziato importanti carenze informative e formative su temi inerenti la cura, la donazione e il rispetto delle persone. Tali carenze risultano particolarmente significative per gli studenti appartenenti alla SMF che, quali futuri medici, potranno costituire un riferimento fondamentale per la diffusione della DC. Investire risorse economiche e intellettuali sulla competenza etica degli studenti può risultare un fattore di grande rilievo affinché la DC si configuri come una scelta responsabile, consapevole ed effettivamente praticata.
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4

Colucci, Massimiliano. "(Est)etica delle infezioni correlate all’assistenza / (Est)ethics of infections related to assistance." Medicina e Morale 66, no. 4 (October 11, 2017): 457–73. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.501.

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Abstract:
Le infezioni correlate all’assistenza sono un problema mondiale. Si possono prevenire attraverso programmi di igiene e abitudini corrette, come il lavaggio delle mani. Tra le cause ci sono probabilmente le unghie artificiali e gli anelli. Anche se manca un’evidenza definitiva per sostenere il divieto di indossarli durante la prassi assistenziale, in una condizione di incertezza, la migliore presa di posizione sul piano etico è di agire secondo precauzione. Inoltre, l’estetica può essere considerata un valore in sé, ma nell’ambiente sanitario le scelte estetiche non dovrebbero rappresentare un pericolo per il paziente. L’autonomia dei professionisti sanitari andrebbe perciò bilanciata coi principi di non-maleficenza e giustizia, in una prospettiva relazionale: è una questione di responsabilità verso i pazienti, i colleghi e la comunità. Infine, il professionista sanitario ha un suo specifico essere- in-relazione, che è la relazione di cura. Se un paziente affida se stesso a un professionista sanitario, un autentico valore estetico sta nell’impegno a non diminuirne le possibilità di esistenza. Bellezza, in questo caso, significa la migliore igiene delle mani. ---------- Healthcare-associated infections are a problem worldwide. They can be prevented through hygiene programs and good habits, like hand-washing. Among causes there are probably artificial fingernails and finger rings. Even if there is not a definitive evidence to support the prohibition to wear them during healthcare practice, in a condition of uncertainty the best ethical stance is to act according to precaution. Moreover, aesthetics may be considered as a value in itself, but in a healthcare setting aesthetical choices should not pose a threat to the patient. Therefore, health care professionals’ autonomy should be balanced with non-maleficence and justice principles, in a relational perspective: it is a matter of responsibility towards patients, coworkers, and community as well. Finally, the healthcare professional has a proper being-in-relationship, that is the cure relationship. If a patient entrusts himself to a healthcare professional, an authentic aesthetic value may be the commitment to not decrease the possibilities of patients’ existence. Beauty, in this case, means the best hand hygiene.
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5

Leonelli, Antonella. "Aurora: dal controllo onnipotente all'intima responsabilitŕ dell'amore." PSICOBIETTIVO, no. 2 (July 2011): 116–23. http://dx.doi.org/10.3280/psob2011-002009.

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Abstract:
Viene commentato il caso di Aurora, una paziente con diagnosi di disturbo d'ansia e pregresso disturbo di panico. Vengono proposte alcune ipotesi circa i significati del sintomo ansioso e le sue correlazioni con la storia della paziente e le dinamiche relazionali del gruppo familiare nucleare e allargato nonché con la problematica esperienza di maternitŕ. Seguendo un approccio sistemico- relazionale si propone una presa in carico globale della famiglia e un intervento terapeutico multidisciplinare ed integrato.
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6

Curi, Umberto. "Il problema della responsabilitŕ." PARADIGMI, no. 1 (April 2010): 13–30. http://dx.doi.org/10.3280/para2010-001002.

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Abstract:
La responsabilitŕ non č un concetto assoluto. Ricondotta al suo fondamento etimologico, essa implica una relazione, in quanto č rispondere ad un soggetto che chiama. Di conseguenza, la responsabilitŕ č sempre connessa anche col suo opposto. Se rispondo ad una voce, per ciň stesso non rispondo ad altre voci che chiamano. Da questo punto di vista la nozione di responsabilitŕ si avvicina a concetti per molti aspetti simili, come č quello di obbedienza. In riferimento alla posizione di alcuni autori contemporanei - Heidegger, Ricoeur e Derrida soprattutto - viene sottolineata la forte aporeticitŕ insita nel concetto stesso di responsabilitŕ, al limite fra la sfera dell'etica e quella della fede.
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7

Bifulco, Daniele. "Nucleare e responsabilitÀ intergenerazionale." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 39 (January 2011): 20–34. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-039002.

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Abstract:
Il saggio analizza l'impatto che l'energia nucleare puň avere sulla relazione fra riscaldamento terrestre e generazioni future, sulla base delle prese di posizione degli organismi internazionali di regolazione del settore nucleare. Da un lato, l'energia nucleare viene vista da alcuni come contributo alla lotta al cambiamento climatico, dall'altro avrebbe impatti problematici sulle generazioni future: l'articolo illustra questo dilemma, puntando l'attenzione soprattutto sulla questione delle scorie e sulla tutela giuridica delle generazioni future. Si considera inoltre la questione dell'energia nucleare dal punto di vista della sua valutazione complessiva, sottolineando la necessitÀ di una discussione ampia - che č mancata nel nostro paese.
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8

Squitieri, Anna Eugenia. "Mi prendo cura di te. Commento al caso." PSICOBIETTIVO, no. 2 (January 2011): 118–25. http://dx.doi.org/10.3280/psob2010-002010.

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Abstract:
L'autore nel commentare l'articolo sul caso clinico di un trattamento ad una persona con diagnosi di pedofilia e con la rivelazione di avere abusato di una minore, pone l'attenzione sulla centralitŕ dell'etica alla professione di psicoterapeuta come professionista della cura quando gli aspetti giuridici lo obbligano al venir meno del segreto professionale. Entrambi questi aspetti debbono necessariamente incrociarsi laddove forse non possono mai coincidere temporalmente. Utilizzando uno sguardo sistemico sul lavoro delle autrici del caso clinico, l'autore sembra rintracciare la possibilitŕ di rispondere all'etica professionale e al dettato giuridico attraverso un lavoro individuale con l'abusante che si sancisce solo dopo aver costruito un patto relazionale tra lui e lo psicoterapeuta. Patto che permette una prima e fondamentale assunzione di responsabilitŕ da parte dell'abusante, per poi sviluppare il lavoro clinico sul riconoscimento dei meccanismi disfunzionali e l'apprendimento dei nuovi e piů funzionali modelli interni. Ciň permette di lavorare con la coppia coniugale affinché venga costruito il contesto relazionale dove le dinamiche familiari e di coppia possono ricostruire il dramma dell'abuso. Infine l'autore ipotizza che un ulteriore spazio di terapia possa essere considerato, che preveda l'inclusione della minore abusata e cosě liberarla dall'identificazione con l'aggressore e dal senso di colpa per quanto accaduto. A ciň si puň giungere solo se l'abusante davanti alla vittima riconosce la sua piena responsabilitŕ dell'accaduto.
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9

Parise, Miriam, Raffaella Iafrate, Claudia Manzi, and Ariela Francesca Pagani. "E' tutta colpa mia! Il self-serving bias nella relazione di coppia." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 4 (March 2012): 521–37. http://dx.doi.org/10.3280/rip2010-004003.

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Abstract:
Il self-serving bias e un bias cognitivo che porta gli individui a compiere attribuzioni di responsabilita interne in seguito ad un successo ed attribuzioni esterne in seguito ad un fallimento. Nel presente lavoro il self-serving bias e stato analizzato all'interno della relazione di coppia attraverso un compito sperimentale. Alla ricerca hanno partecipato 32 coppie intime e 32 pseudocoppie formate da due estranei abbinati dallo sperimentatore in laboratorio. I partecipanti, dopo avere svolto un compito dal risultato interdipendente, hanno ricevuto un feedback rispetto alla propria performance congiunta e hanno attribuito la responsabilita per l'esito del compito. I risultati hanno mostrato che le coppie manifestano l'otherserving bias ovvero tendono ad attribuire il merito per un successo al partner e la colpa per un fallimento a se stessi. Tale risultato e stato letto come un indicatore dell'identita di coppia dei partner.
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10

Binetti, Paola. "Etica della relazione terapeutica in psichiatria." Medicina e Morale 49, no. 1 (February 28, 2000): 85–102. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.751.

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Abstract:
L’etica pone alla psichiatria una serie di interrogativi molto precisi, che possono essere sintetizzati in una triade così strutturata definizione del quadro antropologico di riferimento: identificazione dei criteri di qualità della relazione terapeutica; consapevolezza che il contesto in cui il paziente inserito è contestualmente fattore di sofferenza e risorsa irrinunciabile. Le tre domande rispondono ad un’ottica multifocale che assume di volta in volta come punto di vista privilegiato Chi è il paziente; il Chi siamo del rapporto medico paziente; il Chi sono del contesto socio-familiare. Dalla conoscenza e dal rispetto reciproco scaturiscono modelli decisionali eticamente accettabili perché centrati su di una comune tensione verso il bene reciproco. Il rischio della manipolazione nella relazione terapeutica in psichiatria è però costantemente in agguato e scaturisce dalla sostanziale diffidenza nelle capacità dell’altro, sia sul piano della comprensione degli eventi che su quello della loro corretta gestione. Verità ed errore in psichiatria vanno analizzati nella concretezza delle situazioni individuali e vanno collocati nell’ottica della gradualità e della progressività con cui l’uomo si accosta alla conoscenza, sempre attraverso tentativi ed errori. Un aspetto etico irrinunciabile nella relazione in psichiatria è quello che permette al soggetto malato di potersi esprimere con piena autenticità, evitando sostituzioni indebite si da parte dei familiari che del personale sanitario. L’autenticità come espressione singolare della propria identità, accettata da sé stesso e sa chi prede incarico la sua sofferenza è un fattore terapeutico dei più importanti ed efficaci. Una decisione per essere eticamente valida deve essere presa in piena libertà e nel pieno rispetto della coscienza soggettiva, per questo è essenziale l’aiuto offerto al paziente perché esprima le sue scelte e gradatamente ne comprenda la rilevanza attraverso le conseguenze operative. La libertà nella relazione con il paziente psichiatrico va sempre intesa come una conquista continua, che lo psichiatra presidia senza manipolazioni falsificazionistiche. Il problema del rapporto tra eticità come responsabilità personale ed oggettività come referente normativo universale si chiarisce solo se ci si pone nell’ottica dei diritti umani: diritto a conoscere la verità, diritto a formulare scelte coerenti, diritto a ricevere l’aiuto necessario a riscattare la propria libertà da condizionamenti di vario tipo e genere. Ossia assumendo il principio della autonomia personale come fondamento della relazione di aiuto psico-terapeutico, anche quando l’autonomia presente come diritto va sostenuta fino al punto di acquisizione come altro nome quello della responsabilità verso sé stesso e verso gli altri.
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Dissertations / Theses on the topic "Responsabilità relazionale"

1

MARIOTTI, MARCO. ""Responsabilità colposa 'per fatto altrui"." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/630694.

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Abstract:
Il lavoro ha ad oggetto i casi in cui l’agente che ha tenuto una condotta colposa risponde penalmente anche se la lesione del bene giuridico protetto non sia stata da lui direttamente provocata, ma sia piuttosto immediatamente riconducibile alla condotta eterolesiva o al comportamento autolesivo di un altro soggetto. Tale forma di responsabilità “in relazione ad un fatto altrui”, lungi dall’essere del tutto eccezionale, si presenta in numerosi casi di omesso controllo, di inadempiuto obbligo di impedimento del reato altrui, di lavoro in équipe o all’interno di organizzazioni complesse quali grandi realtà produttive. La tesi esplora le problematiche strutturali di questa forma di responsabilità, individuando alcune “note relazionali”, elementi che fanno dipendere la definizione e la misura della responsabilità di chi è meno prossimo alla lesione del bene giuridico anche dalla condotta altrui. L’analisi, che interessa diversi elementi del reato, mira a valutare se a questi tratti di relazionalità corrispondano altrettanti istituti giuridici adeguatamente sviluppati, o se le incertezze dogmatiche e applicative impediscano una chiara ripartizione delle responsabilità tra i vari soggetti coinvolti nella realizzazione del reato. Nell’ambito del fatto tipico, viene analizzato il problema della sovrapposizione ed interruzione del nesso causale tra le diverse condotte e l’evento del reato, e ribadita la validità del paradigma condizionalistico, anche per accertare l’influenza del comportamento di un soggetto sulle deliberazioni prese da un altro (c.d. causalità psichica). Vengono poi criticamente analizzate le diverse teorie sulle fonti delle posizioni di garanzia, in cui la responsabilità del garante esiste e si manifesta necessariamente in dipendenza del comportamento di un altro soggetto. Sul punto, viene svolta una comparazione con l’ordinamento tedesco, che in tempi recenti ha optato per un approccio tassonomico dei singoli casi di omesso impedimento del fatto altrui, in chiave espansiva rispetto al riferimento alle sole fonti legali e negoziali, con il rischio, tuttavia, di aggirare il canone di tipicità. Con riguardo alla colpevolezza, il tema è la dimensione “relazionale” della colpa, che si declina in vari istituti: nella formulazione stessa di alcune regole cautelari che impongono di tener conto della condotta altrui; nel principio di affidamento, che limita la responsabilità dei singoli coinvolti in un’azione plurisoggettiva, e richiede un delicata individuazione dei suoi confini per non generare vuoti di tutela; nell’annoso tema della c.d. “causalità della colpa”, in particolare poiché l’interposizione della condotta di un altro soggetto rende quantomai incerta la verifica dell’evitabilità dell’evento. Infine, vengono esplorati i travagliati istituti concorsuali colposi. Dopo aver evidenziato le incertezze strutturali e la limitata funzione incriminatrice della cooperazione colposa, viene affermata la sostanziale inutilità dell’istituto: proprio grazie alle numerose “note relazionali” presenti nella struttura del reato, la parametrazione della responsabilità del singolo può tenere conto dell’interazione con un altro soggetto anche nella forma monosoggettiva. Ancora più significativi i dubbi concernenti il concorso colposo in reato doloso. Da ultimo, viene sostenuta l’autonomia dell’imputazione ex art. 40, comma 2 c.p. rispetto alle figure concorsuali, dal momento che anch’essa esprime una responsabilità monosoggettiva, anche se in un contesto plurisoggettivo.
This thesis provides a critical analysis of the circumstances in which an agent, who performs a negligent act, is held criminally liable for damage which was however not directly caused by his or her negligent act, but rather was caused by the act of another (with the view of causing damage either to another or to itself). This form of criminal liability “in relation to the conduct of another”, far from being exceptional, is common in many cases of failure to control or failure to prevent the commission of criminal offences by others, particularly in the context of team-working, and even more so within complex organisations having large corporate structures. The thesis examines the structural problems with this form of criminal liability. It identifies “relational elements”, the elements which enable the creation of a link between the responsibility of the agent whose conduct was the furthest to the damage, and the conduct of those having directly caused the damage. These relational elements impact both the basis on which liability attaches to the negligent agent, and the extent to which this liability exists. This analysis will cover both elements of a criminal offence, that is both the actus reus and the mens rea, with the aim of evaluating whether the legal framework at its current state effectively deals with “relational elements” as grounds for attaching liability, or whether too many uncertainties subsist when making this link– in both theoretical and practical terms– which prevent the clear and effective allocation of criminal liability among the different agents involved. First of all, with regards to the actus reus, this paper addresses the issue of concurring and intervening causes which may break the chain of causality between the agent’s action and the consequence of the actus reus, reaffirming the “sine qua non” paradigm. Furthermore, the research assesses the relevance in this context of the influence which one agent’s behaviour can have on the decisions subsequently taken by others, (known as a “psychological cause” of an action). The paper also critically analyses different theories regarding the basis of guarantees, whereby the guarantor’s liability only exists in relation to the act of another. On this point, a comparative analysis has highlighted how German case law has developed in such a way as to allow guarantees to arise from a factual basis, as opposed to solely through contract or other legally binding instruments, thus running the risk of violating the rule of law. Secondly, with regard to the mens rea element of an offence, the research examines three different examples of “relational elements”, by which another’s conduct needs to be taken into consideration, therefore entering into the mens rea element: (i) precautionary rules which can require the agent to observe another subject’s behaviour and to act accordingly; (ii) the expectation that other subjects involved will act lawfully, which needs to be accurately evaluated in order not to leave any gaps in the prevention of crime; (iii) the complex issue of foreseeability and avoidability of the consequences of one’s conduct, becomes even more intricate with the interposition of another’s conduct. Lastly, the paper will focus on joint enterprise in negligence cases. Having first of all stressed the structural uncertainties and the limited prosecutorial use of the concept of joint enterprise in the context of negligence offences, the thesis argues that through the different “relational elements” present in an offence, each agent’s liability can be independently determined by taking into account the interactions with others. It is worth noting that in the case where the mens rea element of an offence requires intentional participation to another’s negligent behaviour, these uncertainties appear to be even greater. In conclusion, the paper will point out that the liability of guarantors is independent from their participation in the joint criminal enterprise, as this type of liability arises from the guarantee itself.
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2

PORTONERA, GIUSEPPE. "FUNZIONE PUNITIVA E DIRITTO CIVILE. PROBLEMA E SISTEMA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/120388.

Full text
Abstract:
Nel luglio 2017, la Cassazione civile a sezioni unite ha pronunciato una sentenza con cui è stata ammessa la delibabilità delle sentenze straniere di condanna ai punitive damages. La Cassazione non ha, però, limitato la propria attenzione al solo profilo di diritto internazionale privato, ma si è spinta a statuire che «nel vigente ordinamento […] sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile». Tale affermazione ha offerto l’abbrivo alla presente ricerca, che è stata svolta in riferimento al sistema completo del diritto civile (responsabilità civile, responsabilità cosiddetta “relazionale” e conflitti appropriativi di risorse in contesti proprietari). La ricognizione problematica e la conseguente analisi sistematica svolte mostrano che il ruolo della funzione punitiva nel sistema di diritto civile è assai limitato: i tradizionali istituti del diritto civile appaiono idonei a presidiare gli interessi che fanno capo ai privati, di conseguenza mancando cogenti ragioni da porre a fondamento di una operazione di riconfigurazione del loro statuto in senso punitivo. Se gli esiti della ricerca suggeriscono che la sanzione nel diritto civile, de iure condito, non assurge a una categoria generale e, de iure condendo, non è assistita da ragioni che ne impongano una maggiore centralità, nondimeno essi hanno anche delineato la possibilità per la funzione punitiva di assolvere un certo ruolo euristico, modesto ma non banale, e che opera tanto in negativo (cioè nel senso di escludere eccentrici esiti interpretativi), quanto in positivo (cioè nel senso di porre l’opportunità di una innovazione sistematica).
In July 2017, the Civil Court of Cassation, Joint Sections issued a judgment opening to the exequatur of punitive damages award rendered by foreign courts. However, the Supreme Court did not limit its attention to the profile of private international law but went so far as to state that «in the current legal system, […] the functions of deterrence and punishment are inherent in the system». This dictum prompted the present research, which has been carried out with reference to the civil law system as a whole (tort law, so-called “relational” liability, and appropriative conflicts of resources in proprietary contexts). The problematic survey and the consequent systematic analysis carried out show that the role of the punitive function in the civil law system is very limited. The traditional civil law institutions appear capable of protecting private interests, thus the lack of compelling reasons to reconfigure them in a punitive sense. The main research results show that: de lege lata, punishment in private law does not rise to a general category; and de lege ferenda, there is no ground to promote a greater scope for it. Nevertheless, they have also outlined the possibility that punitive function plays a heuristic role – modest but not trivial – which may operate both in the negative (i.e., excluding eccentric interpretative outcomes), and in the positive (i.e., posing the question of a possible systematic innovation).
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3

Pomiato, Roberto <1984&gt. "Relazione di cura e responsabilità." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12894.

Full text
Abstract:
Nell'elaborato dapprima si esaminano le peculiarità dell’obbligazione di cura in ragione della sua destinazione alla tutela della salute. Successivamente si mette in luce come, in ragione di trasformazioni sia tecniche, sia sociali, il rapporto di cura non intercorra più, nella gran parte dei casi, tra singoli, ma tra paziente e realtà organizzate (le strutture sanitarie): di un tale rapporto si evidenziano dunque le caratteristiche, tanto sotto il profilo del vincolo fiduciario, quanto sotto quello della responsabilità degli attori in esso coinvolti. Si esamina poi l’assetto che hanno la relazione di cura e la responsabilità nell'ordinamento francese, anche a seguito della riforma del 2002, sì da poterne trarre utili spunti di confronto con le riforme introdotte in Italia. Con riguardo al contesto italiano, si prendono in esame le diverse configurazioni date dalla dottrina e dalla giurisprudenza al rapporto tra paziente e struttura e a quello tra paziente e medico in essa inserito, ricostruendo tutte le teorie che sono state elaborate per configurare la responsabilità di tali soggetti e mettendone in luce gli elementi di possibile criticità. Da ultimo, si guarda alle soluzioni normativamente adottate in punto di responsabilità in Italia (nel 2012, ma soprattutto nel 2017) analizzandole sia da un punto di vista dogmatico, sia con riguardo alla loro rispondenza al contesto culturale in cui viene vissuta attualmente la relazione di cura, e mettendone in luce le criticità in ragione degli obiettivi di riduzione del contenzioso e di miglioramento della qualità delle cure, non senza un confronto di tali soluzioni con quelle adottate nell'ordinamento francese.
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4

Pontis, Francesca. "I profili relazionali della colpa e la responsabilità penale per danni cagionati da prodotti difettosi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426186.

Full text
Abstract:
The research made by the PhD candidate Francesca Pontis focuses on the analytical study of criminal issues in the product damages liability and especially on the connection between this question and the principle of guilt as capital principle of criminal law. The interest for this matter comes from the always stronger consideration of our society as a “society of risk”, in which the product damage is the best exemplification of how the fundamental interests are exposed to constant dangers and the classical criminal law institutes are in crisis. In this specific case is really interesting the issue of the subjective charge of the event, that testifies the metamorphosis of the subjective element of negligence in the post-modern society, from being an exception to become a consolidated rule. Furthermore the analysis conducted concentrates on the model of the criminal offences connected to production, distribution and use of defective products as an example of the always more detailed configuration of the criminal negligence as a prevalent collective offence, synchronic or diachronic, conscious or unconscious. The PhD candidate especially points out how in the industrial production, medical surgery, vehicles circulation and in other so called “first aid activities” is often hard to correlate, by a trial certain beyond all reasonable doubts, a certain damaging event to a certain behaviour, chargeable to easily identifiable people, with a consequent risk of survival in the juridical system of the classical criminal law principle of personality of the criminal liability, enforced by art. 27, co. 1 of the Italian Constitution. Starting from the analysis of this principle, as a leit motiv of the whole project, it was possible to determinate the aim of the study on the research of the best charging criteria of criminal negligence in case of a collective contribution to the damaging event. Against the backdrop of these guidelines, the research is divided into three fundamental parts. The first part is dedicated to presenting the object of the study and starts by criminal negligence’s analysis both in its general dimension and in its collective shape. The second part concentrated itself on the product damages liability as a collective contribution to the damaging event connected to the uncertain production, distribution and use of products risks, while the third part looks at the specific case of medical devices damages liability in order to underline when and why surgeon will be find guilty of patient’s death, with a special attention given to the case in which defective device had CE conformity certificate.
La ricerca compiuta dalla Dottoranda Francesca Pontis ha avuto ad oggetto lo studio analitico della tematica concernente l’individuazione di profili di responsabilità penale per danni cagionati da prodotti e, in particolar modo, la connessione che esiste tra questa materia ed il rispetto di un principio cardine del diritto penale quale il principio di colpevolezza. L’interesse per il tema trae origine dalla sempre maggiore caratterizzazione della nostra società quale “società del rischio”, di cui il fenomeno del danno da prodotto costituisce una delle massime rappresentazioni ed esemplificazioni e nell’ambito della quale i beni giuridici fondamentali vengono posti in costante pericolo ed i principi e gli istituti propri del diritto penale classico entrano in crisi. Di tutto interesse, nello specifico, il profilo relativo all’imputazione soggettiva dell’evento, il quale testimonia la metamorfosi subita dall’elemento soggettivo colpa nella società post-moderna dove da criterio di imputazione eccezionale è diventato ormai regola. Inoltre, di fondamentale importanza si è considerata soprattutto la caratterizzazione delle fattispecie criminose connesse alla produzione, messa in circolazione ed utilizzo di prodotti difettosi quale esempio della sempre più alta configurazione del modello di illecito colposo quale fenomeno criminoso che si realizza in forma prevalentemente plurisoggettiva, sia essa sincronica o diacronica, consapevole o meno. La Dottoranda in particolare ha ravvisato come, in contesti quali la produttività industriale, l’attività medico-chirurgica, la circolazione stradale e altre attività cd. di prima necessità, diventi ormai molto spesso arduo ricondurre, con un giudizio certo al di là di ogni ragionevole dubbio, un dato evento lesivo ad un dato comportamento - o a dati comportamenti - ascrivibili a soggetti facilmente individuati, con conseguente grave pericolo di tenuta nel sistema di un principio cardine del diritto penale classico quale quello, costituzionalmente protetto ex art. 27, co. 1° Cost., secondo cui“la responsabilità penale è personale”. Partendo dallo studio di questo principio, leit motiv dell’intero lavoro, si è dunque individuato quale scopo ultimo dell’indagine la determinazione dei migliori criteri di ripartizione della responsabilità penale a titolo di colpa in ipotesi contraddistinte dall’apporto plurisoggettivo alla realizzazione dell’evento. Sullo sfondo di queste linee conduttrici, la ricerca si compone di tre parti fondamentali. Una prima parte è dedicata all’analisi dell’elemento soggettivo colpa di cui all’art. 43, co. 1°, al. 3° c.p., concentrando l’attenzione in particolare sulle ipotesi in cui tale forma tipica di colpevolezza viene in rilievo in relazione allo svolgimento di attività socialmente utili ma pericolose e poste in essere da una pluralità di soggetti che agiscono in collaborazione (necessaria o eventuale, sincronica o diacronica) tra loro. L’indiscutibile margine di incertezza o insicurezza che connota lo svolgimento di tali attività, peraltro, ha imposto che l’attenzione venisse concentrata essenzialmente su due profili: il primo, relativo all’importanza di un corretto assolvimento del c.d. giudizio di causalità della colpa, con riferimento precipuo alla c.d. concretizzazione del rischio ed ai labili confini che connotano i giudizi di prevedibilità ed evitabilità nell’ambito della società c.d. postmoderna; il secondo, invece, relativo all’individuazione ed all’analisi dei criteri forniti dal nostro ordinamento per la ripartizione della responsabilità penale a titolo di colpa in ipotesi in cui il reato sia realizzato in virtù dell’apporto delle condotte di soggetti diversi. Una volta esaminato lo stato dell’arte sulla tematica riguardante i c.d. profili relazionali della colpa, si è poi proceduto ad enunciare, nella seconda parte del lavoro, i risultati acquisiti in merito al caso specifico del fenomeno del danno da prodotto. Due le prospettive di indagine seguite. La prima prospettiva ha voluto mettere in evidenza come la responsabilità per la produzione, messa in circolazione ed utilizzo di prodotti difettosi e/o pericolosi si contraddistingua per essere un’ipotesi di responsabilità plurisoggettiva (quantomeno eventuale), nell’ambito della quale i soggetti coinvolti possono essere almeno quattro: produttore, distributore, organo certificatore, utilizzatore e/o consumatore-vittima. In particolare, ciò che si è ritenuto doveroso evidenziare è che le attività di produzione, messa in circolazione, messa in servizio ed utilizzo di prodotti rappresentano oggi, in una visione d’insieme, una sorta di “concatenazione funzionale e cronologica di posizioni” che accompagna il prodotto dalla sua “nascita” alla sua “morte”, nell’ambito della quale tutti i soggetti potenzialmente implicati possono ben apportare il proprio contributo causale e psicologico alla realizzazione dell’evento dannoso. Su tali basi, la seconda prospettiva di indagine seguita si è invece soffermata sull’analisi concernente la rilevanza dell’elemento soggettivo colpa in ipotesi di apporto plurisoggettivo alla realizzazione di un evento dannoso cagionato da un difetto insito in un determinato prodotto immesso in commercio. A tal riguardo, in primo luogo, si è proceduto all’analisi degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali esistenti in materia e relativi ai giudizi di prevedibilità e riconoscibilità del difetto nonché alla rilevanza della condotta negligente, imprudente, imperita di terzi e/o della vittima. In secondo luogo, ci si è poi interrogati su quale sia la disciplina preferibile, ai fini della ripartizione pratica della responsabilità penale sotto il profilo soggettivo, tra il principio dell’affidamento e la figura della cooperazione colposa di cui all’art. 113 c.p., soprattutto alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali in tema di c.d. interazione prudente. Posta la variegata casistica esistente in materia, si è poi deciso di concentrare l’attenzione, dedicando ad esso l’intera terzo capitolo, al caso specifico dei danni cagionati da dispositivi medici difettosi o pericolosi, facendo richiamo, a tal fine, alla normativa vigente in materia di cui al d.lgs. 46/97, attuativo della direttiva CE 93/42. In particolare, l’attività di ricerca condotta ha incentrato l’indagine sul profilo peculiare relativo al ruolo assunto dall’esistenza di una certificazione di conformità alla normativa CE (con conseguente apposizione di marcatura) su un medical device rivelatosi poi difettoso e sui possibili residui di responsabilità penale a titolo di colpa in capo al medico-chirurgo che abbia proceduto all’utilizzo del dispositivo medesimo. Per fornire una risposta a tale interrogativo, che fosse al contempo rispettosa del sistema e dei principi classici del diritto penale, si sono seguite due direttrici. In primo luogo, si è proceduto all’analisi della normativa di riferimento mettendo in evidenza soprattutto come il controllo effettuato ai fini dell’ottenimento della valutazione di conformità CE muti secondo la classe di rischio di appartenenza del dispositivo medico considerato. In particolare, per i medical devices particolarmente invasivi, caratterizzati da un alto potenziale di rischio, la procedura di certificazione è particolarmente rigorosa in quanto l'Organismo notificato dà esecuzione al c.d. "sistema completo di assicurazione di qualità" che impone un vaglio critico costante. In secondo luogo, partendo da tali constatazioni, si è cercato di leggere il contenuto delle suddette disposizioni in combinato disposto con i risultati acquisiti ad esito della ricerca effettuata sui profili relazionali della colpa e sul fenomeno del danno da prodotto in generale analizzando poi, nello specifico, un caso tratto dalla più recente casistica giurisprudenziale. Sinteticamente, le conclusioni al riguardo raggiunte hanno condotto la Dottoranda a sostenere la tesi per cui non può essere sottovalutato il valore da allegare alla certificazione di conformità CE in caso di dispositivi medici collocabili in classe di rischio alta, considerato che tale certificazione, rilasciata ad esito di un controllo rigoroso, non solo garantisce la sicurezza del prodotto ma ne legittima anche l’immissione in commercio e la messa in servizio, fase quest’ultima in cui il dispositivo medico è posto a disposizione dell'utilizzatore finale in quanto pronto per essere utilizzato secondo la sua destinazione d'uso. Esso, dunque, è da considerarsi sicuro, senza che nulla più possa pretendersi dal soggetto utilizzatore, fatta eccezione per le ipotesi di evidenza del difetto o di chiara riconoscibilità del pericolo. Nello specifico, nelle osservazioni finali si è messo in evidenza come la materia concernente la problematica dei profili relazionali della colpa e della responsabilità penale del danno cagionato da prodotto, si leghi a doppio filo con la corretta applicazione di due principi propri del diritto penale classico: 1) Il principio di affidamento e 2) Il corretto assolvimento del giudizio di riconoscibilità del difetto e conseguente prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, guardando a quello che ne è il fondamento e portando così a concludere che la corretta applicazione degli strumenti già offerti dal diritto penale classico quali, nel nostro caso, il giudizio di causalità della colpa ed il principio dell’affidamento, è la prima e la più forte garanzia del rispetto, anche nell’ambito della “società del rischio”, dell’art. 27, co. 1°, Cost., in modo tale che si eviti di dare spazio all’ingresso nel nostro ordinamento a forme di responsabilità oggettiva mascherate o anche solo di imputazione obiettiva dell’evento.
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Cerentin, Giulia <1994&gt. "Fondi socialmente responsabili europei: relazione tra performance e strategie di investimento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13735.

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Abstract:
Il seguente elaborato espone il tema degli investimenti socialmente responsabili, approfondendo le caratteristiche che questi strumenti finanziari assumono nel mercato europeo. Particolare attenzione viene dedicata ai diversi criteri ESG ed etici volti a privilegiare gli investimenti responsabili e, di conseguenza, ad escludere gli investimenti giudicati dannosi per la collettività. Il grado di utilizzo dei criteri etici (intensità di screening) definisce le strategie con cui i fondi SRI formano i portafogli di titoli in cui investire. L’obiettivo principale di questo elaborato è studiare l’impatto delle strategie di screening sulle performance dei fondi di investimento SRI europei. Il test empirico parte dalle osservazioni di Barnett e Salomon (2006), secondo cui l’intensità degli approcci di selezione e le performance dei fondi SRI risultano collegati da una relazione curvilinea. Attraverso la selezione di un campione di fondi europei si cerca di comprovare la presenza di questa relazione, dimostrando che all’aumentare del numero di screening, corrisponde una riduzione della performance, ma solo fino ad un certo livello, poiché superato un determinato numero di criteri selettivi la performance torna a salire.
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Dogao, Greta <1990&gt. "Responsabilità Sociale d'Impresa: un'analisi empirica della relazione fra performance sociale e costo del debito." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/7227.

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Abstract:
In questi anni caratterizzati da crisi finanziarie, che hanno addirittura condotto colossi dell’economia mondiale alla bancarotta, sempre più aziende parlano di etica e di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). La RSI è oggetto di discussione non solo negli ambienti economici e accademici, poiché anche i media, i politici, le organizzazioni non governative (ONG) ed i consumatori ne parlano sempre più spesso. Per un’azienda, agire in modo socialmente responsabile, significa promuovere la trasparenza, il rispetto nel luogo di lavoro tra i dipendenti, neutralizzare i conflitti di interesse e prendersi cura dell’ambiente. L’elaborato approfondisce il legame fra performance sociale e performance economico-finanziaria in quanto la crescente consapevolezza dell’importanza di una condotta responsabile, si riflette sull’aumento del numero di aziende che volontariamente si avvicinano a tali temi. Viene condotta un’analisi empirica che mira ad esaminare la relazione fra performance sociale e costo del debito, in particolare si vuole verificare se ad una performance sociale, corrispondono migliori performances economiche e se il costo del debito subisce variazioni. Il campione di aziende è composto dalle imprese appartenenti all’indice francese CAC40 e l’analisi è condotta sulla base delle informazioni provenienti dall’Agenzia di rating etico Vigeo.
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Lucarini, Riccardo <1997&gt. "LA RESPONSABILITA' DEGLI AMMINISTRATORI DI S.P.A. IN RELAZIONE AI NUOVI DOVERI IMPOSTI LORO DALLE RECENTI RIFORME." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20931.

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Abstract:
La tesi è focalizzata sulla figura dell'amministratore di società per azioni. Partendo dal presupposto che il soggetto incaricato di amministrare una società di questo tipo possiede poteri ma anche doveri nei confronti della stessa società, nel lavoro verranno analizzati tutti i principali obblighi di carattere generale e di carattere specifico che un amministratore è tenuto a rispettare per non creare un danno patrimoniale alla società ed incorrere conseguentemente in responsabilità secondo l'articolo 2392 del Codice Civile. Di ogni dovere verranno analizzati i contenuti secondo le interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali, tenendo ovviamente in considerazione la riforma del diritto societario avvenuta nel 2003. Le ultime e più recenti riforme riguardanti questi temi, che hanno contribuito a modificare e plasmare l'argomento della responsabilità degli amministratori verso la società, denotano come si tratti di un elemento dinamico in continua evoluzione e anche queste sono oggetto dell'analisi.
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PILATO, VIVIANA. "THE DEPLOYMENT OF CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY IN MULTINATIONAL CORPORATIONS: FROM INSTITUTIONAL COMPLEXITY TO STAKEHOLDER DIALOGUE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35760.

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Abstract:
La letteratura di business internazionale fornisce la prova convincente della diffusione globale di pratiche di responsabilità sociale delle imprese (RSI) e l'importante ruolo svolto dalle multinazionali (MNC) nel trasferimento di pratiche di RSI alle loro controllate estere. La tesi esplora la gestione di strategie di RSI da società controllate di MNC, spiegando il meccanismo che permette loro di bilanciare le pressioni istituzionali divergenti. Questo fenomeno è noto come ‘complessità istituzionale’, derivante dai molteplici ed eterogenee forze istituzionali a cui le controllate di multinazionali e le loro sedi sono esposte in relazione all'adozione di pratiche di RSI. Attingendo alla letteratura su RSI e teoria istituzionale, il primo articolo della tesi sviluppa un framework concettuale e un set di proposizioni da testare per studi futuri, attraverso un approccio configurazionale. Il secondo articolo della tesi esamina come le filiali di MNC gestiscono le pressioni, le barriere e i mezzi che affrontano durante la distribuzione delle loro attività di RSI in cinque paesi africani (Angola, Egitto, Ghana, Kenya e Sud Africa), attraverso 33 interviste, permettendoci di catturare alcuni modelli di variazione nella distribuzione di pratiche di RSI all'interno dei paesi in via di sviluppo. Il terzo documento della tesi analizza le pratiche di dialogo realizzate da 418 società quotate all'indice FTSE4Good in Europa, Nord America e Asia.
The international business literature provides compelling evidence for the global diffusions of Corporate Social Responsibility (CSR) practices and the important role played by Multinational Corporations (MNCs) in transfer of CSR practices to their foreign subsidiaries. The thesis explores the management of CSR strategies by MNCs’ subsidiaries, by explaining the mechanism that allows them to balance divergent institutional pressures. This phenomenon is known as ‘institutional complexity’, resulting from the multiple and heterogeneous institutional forces to which MNCs’ subsidiaries and their headquarters are exposed in relation to the adoption of CSR practices. Drawing on CSR literature and institutional theory, the first paper of the thesis develops a conceptual framework and a set of propositions to be tested for future studies, through a configurational approach. The second paper examines how the MNCs’ subsidiaries manage the pressures, the barriers and the enablers they face when deploying their CSR activities in five African countries (Angola, Egypt, Ghana, Kenya and South Africa), through 33 interviews, allowing us to capture some patterns of variations in CSR deployment within developing countries. The third paper analyses the stakeholder dialogue practices realized by 418 companies listed in the FTSE4Good index in Europe, North America, and Asia.
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PILATO, VIVIANA. "THE DEPLOYMENT OF CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY IN MULTINATIONAL CORPORATIONS: FROM INSTITUTIONAL COMPLEXITY TO STAKEHOLDER DIALOGUE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35760.

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Abstract:
La letteratura di business internazionale fornisce la prova convincente della diffusione globale di pratiche di responsabilità sociale delle imprese (RSI) e l'importante ruolo svolto dalle multinazionali (MNC) nel trasferimento di pratiche di RSI alle loro controllate estere. La tesi esplora la gestione di strategie di RSI da società controllate di MNC, spiegando il meccanismo che permette loro di bilanciare le pressioni istituzionali divergenti. Questo fenomeno è noto come ‘complessità istituzionale’, derivante dai molteplici ed eterogenee forze istituzionali a cui le controllate di multinazionali e le loro sedi sono esposte in relazione all'adozione di pratiche di RSI. Attingendo alla letteratura su RSI e teoria istituzionale, il primo articolo della tesi sviluppa un framework concettuale e un set di proposizioni da testare per studi futuri, attraverso un approccio configurazionale. Il secondo articolo della tesi esamina come le filiali di MNC gestiscono le pressioni, le barriere e i mezzi che affrontano durante la distribuzione delle loro attività di RSI in cinque paesi africani (Angola, Egitto, Ghana, Kenya e Sud Africa), attraverso 33 interviste, permettendoci di catturare alcuni modelli di variazione nella distribuzione di pratiche di RSI all'interno dei paesi in via di sviluppo. Il terzo documento della tesi analizza le pratiche di dialogo realizzate da 418 società quotate all'indice FTSE4Good in Europa, Nord America e Asia.
The international business literature provides compelling evidence for the global diffusions of Corporate Social Responsibility (CSR) practices and the important role played by Multinational Corporations (MNCs) in transfer of CSR practices to their foreign subsidiaries. The thesis explores the management of CSR strategies by MNCs’ subsidiaries, by explaining the mechanism that allows them to balance divergent institutional pressures. This phenomenon is known as ‘institutional complexity’, resulting from the multiple and heterogeneous institutional forces to which MNCs’ subsidiaries and their headquarters are exposed in relation to the adoption of CSR practices. Drawing on CSR literature and institutional theory, the first paper of the thesis develops a conceptual framework and a set of propositions to be tested for future studies, through a configurational approach. The second paper examines how the MNCs’ subsidiaries manage the pressures, the barriers and the enablers they face when deploying their CSR activities in five African countries (Angola, Egypt, Ghana, Kenya and South Africa), through 33 interviews, allowing us to capture some patterns of variations in CSR deployment within developing countries. The third paper analyses the stakeholder dialogue practices realized by 418 companies listed in the FTSE4Good index in Europe, North America, and Asia.
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BESTETTI, Fiorella. "Le metodologie di stima dell’età in ambito forense: il contributo dell’AgEstimation Project." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251079.

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Abstract:
La stima dell’età è un elemento importante in ambito medico-legale, connesso sia a questioni legali che sociali. L’età è un fattore determinante per l’identificazione di un corpo: costituisce un elemento per la ricostruzione del profilo biologico, che verrà poi confrontato con i dati disponibili per le persone scomparse. Nella nostra società alcuni diritti e alcune tutele sono direttamente correlate con l’età anagrafica della persona; serve una specifica età per votare, per sposarsi, per lavorare, per ottenere la patente di guida, e soprattutto per essere considerati legalmente degli adulti. Nei soggetti in vita, l’età è determinante anche nei casi di imputabilità o responsabilità criminale, di pedopornografia e di adozione, ma è anche relazionata al fenomeno dell’immigrazione. Negli ultimi anni infatti, c’è stato un incremento proprio delle richieste di accertamento dell’età sulle persone in vita, dovuto all’aumento degli immigrati giunti nei nostri paesi privi di documenti. L’accertamento dell’età può essere richiesto dalle autorità proprio in riferimento alle domande di asilo. La legislazione europea assicura protezione ai “minori non accompagnati”, cioè a quei minori che arrivano sul suolo europeo soli, senza la figura di riferimento di un adulto. La corretta determinazione dell’età è quindi un elemento centrale per la protezione: solo se identificati, i minori possono essere protetti. In questo specifico ambito d’applicazione, l’accertamento dell’età può avere ripercussioni notevoli sulla vita di un migrante: se riconosciuto come minore il soggetto ha il diritto di restare, diversamente, la procedura prevede il respingimento alla frontiera ed il rimpatrio. In Italia, così come in Europa, la soglia d’età che separa i minorenni dagli adulti è quella dei diciotto anni; ma oltre a questa possono esistere altre soglie d’età, come ad esempio la Minimal Age of Criminal Responsability (MACR). Questa particolare soglia d’età riconosce ai soggetti minorenni, anche se ritenuti responsabili di un crimine, il diritto di essere giudicati da una corte per i minori. Una delle sfide della pratica forense dell’accertamento riguarda la necessità di assicurare nuovi e validi standard di riferimento, basati sullo studio di popolazioni attuali. Infatti gli studi che vengono utilizzati come riferimento sono basati sull’analisi di popolazioni europee o nord americane e i dati raccolti sono riferiti a studi di più di cinquant’anni fa. Per questo motivo attualmente le metodologie sviluppate in passato vengono applicate allo studio di popolazioni attuali, proprio al fine di ottenere dati aggiornati utili al confronto: una metodologia si applica ad una determinata popolazione per valutare quanto precisi ed accurati possano essere i risultati. Nell’ambito dell’AgEstimation Project, supportato dall’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata, a partire dal 204, l’equipe coordinata dal Dott. Roberto Cameriere ha presentato nuove metodologie per la stima dell’età, sviluppando formule specifiche e testando queste formule in diverse popolazioni. Le metodologie sviluppate prevedono l’analisi e la misurazione delle ossa carpali e dell’area del carpo nelle radiografie della mano di soggetti infantili e la misurazione dello sviluppo del terzo molare per la valutazione dell’età dei soggetti giovanili. Questa seconda tecnica prevede il calcolo dell’indice del terzo molare: se tale indice risulta minore del valore 0.08, preso come valore di riferimento, il soggetto viene considerato un adulto. L’ultima tecnica analizzata in questa ricerca permette di stimare l’età nei soggetti adulti, sfruttando il fenomeno dell’apposizione della dentina secondaria. Si tratta di un fenomeno continuo, che determina la riduzione della cavità pulpare dei denti, dove questa dentina si deposita. In pratica i giovani adulti hanno una camera pulpare larga, mentre i soggetti senili presentano una cavità pulpare molto più stretta. La tecnica prevede la rilevazione di misure specifiche del dente utilizzando una radiografia panoramica, utilizzate anche per la tecnica che valuta lo sviluppo del terzo molare. In questo progetto di ricerca, queste tre metodologie sono state applicate a tre diversi campioni.
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Books on the topic "Responsabilità relazionale"

1

La persona: Dalla relazione alla responsabilità : lineamenti di ontologia relazionale. Troina (Enna): Città aperta, 2008.

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2

Signore, Mario. Lo sguardo della responsabilità: Politica, economia e tecnica per un antropocentrismo relazionale. Roma: Studium, 2006.

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3

Tordini Cagli, Silvia. Principio di autodeterminazione e consenso dell'avente diritto. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg238.

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Abstract:
La tematica del consenso dell’avente diritto viene affrontata con particolare riferimento al fondamento, alla collocazione sistematica e ai limiti di efficacia di questo istituto, attraverso un percorso che coinvolge profili di diritto costituzionale, di filosofia morale e di criminologia, oltre, che, naturalmente, più prettamente penalistici. Il riconoscimento di una rilevanza alla volontà della vittima nell’ambito dell’ordinamento penale non è un dato di immediata evidenza, essendo il diritto penale ramo del diritto pubblico caratterizzato da un rapporto di subordinazione del singolo allo Stato; ciononostante il consenso ha sempre avuto un ruolo nella determinazione della responsabilità penale. Negli attuali ordinamenti democratici, soprattutto con l’entrata in vigore delle Costituzioni repubblicane, si riscontra una tendenza ad una sempre maggiore valorizzazione della libertà di autodeterminazione del soggetto in relazione alla gestione dei propri beni e/o diritti. Affrontare la questione del fondamento del consenso dell’avente diritto e della sua efficacia nell’ambito del diritto penale significa interrogarsi sul fondamento e sui limiti del diritto di autodeterminazione, essenza del consenso stesso. Poter individuare un fondamento costituzionale del diritto di autodeterminazione significa, oggi, garantire la massima estensione al consenso dell’avente diritto. È in questa ottica che si snoda il percorso di approfondimento seguito dall’autrice, al fine di ampliare l’alveo dei diritti disponibili, con un rifiuto netto del principio del c.d. paternalismo (forte) quale criterio di legittimazione dell’intervento penale e negazione, dunque, della legittimità di una tutela (penale) dell’individuo "da se stesso". Silvia Tordini Cagli è attualmente ricercatore di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna. È altresì titolare dell’insegnamento di Diritto penale generale e del lavoro nell’ambito del corso di laurea per Consulente del lavoro. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Parma ed è stata titolare di assegno di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Bologna. Tra le sue pubblicazioni si segnala: "Peculato e malversazione", voce in Digesto delle discipline penalistiche , vol. IX, Torino, 1995, 334 ss.; Condotta della vittima ed analisi del reato , in "Rivista italiana di diritto e procedura penale", 2000, 3, 1148 ss.; "La rilevanza penale dell’eutanasia tra indisponibilità della vita e principio di autodeterminazione", in Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona , a cura di S. Canestrari e G. Fornasari, Bologna, 2001; "Delitto preterintenzionale e principio di colpevolezza", in Casi e materiali di diritto penale , Parte generale, vol. I, a cura di A. Cadoppi, S. Canestrari, Milano, 2002; "Accanimento terapeutico o eutanasia neonatale?", in Medicina, bioetica e diritto , a cura di P. Funghi e F. Giunta, Pisa, 2005, 265 ss.; "Consenso dell’avente diritto", voce in Il Diritto , Enc. Giur. del Sole 24 ore, 2007, vol. III.
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Book chapters on the topic "Responsabilità relazionale"

1

Salvatore, Barbara. "La relazione tra medico e paziente oggi: Diritti e responsabilità." In Bioetica e cura, 107–20. Mimesis Edizioni, 2014. http://dx.doi.org/10.4000/books.mimesis.2488.

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