Academic literature on the topic 'Religione tradizionale romana'

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Journal articles on the topic "Religione tradizionale romana"

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Scafoglio, Giampiero. "La critica della religione tradizionale nella tragedia romana arcaica." Ktèma : civilisations de l'Orient, de la Grèce et de Rome antiques 31, no. 1 (2006): 345–58. http://dx.doi.org/10.3406/ktema.2006.1016.

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2

Becker, Rainald. "Eine Division des Papstes?" Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no. 1 (March 1, 2019): 45–71. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0006.

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Abstract:
Riassunto Dopo la Riforma, Baviera divenne il primo interlocutore tedesco della Curia romana a livello religioso, politico e culturale. Le relazioni con la Santa Sede erano ispirate dalla cattolicità programmatica dei Wittelsbach. La special relationship si manifestava, inoltre, in una lunga tradizione diplomatica inaugurata all’inizio del Seicento su spinta del papato. Durante la Guerra dei Trent’anni gli intensi contatti si estesero anche al campo militare. La Curia romana vide nel duca Massimiliano l’incontestata guida dell’armata cattolica, definendola la „colonna della religione cattolica“ nel Sacro Impero Romano. Promuovere gli interessi del principe tedesco (sussidi per il finanziamento dell’esercito e l’acquisizione dell’elettorato in perpetuo per la Baviera), era tra i primi obiettivi della concezione strategica del papato. Il carteggio della Nunziatura di Vienna, di cui la quarta serie per gli anni tra 1628 e 1635 è consultabile tuttora, mette in luce queste tendenze in favore della Baviera. Nelle corrispondenze curiali si delinea, essenzialmente, il tentativo di attribuire a quel territorio la qualità di Stato, termine in cui si esprime l’idea centrale del discorso politico, ma anche giuridico dell’epoca. Dalla parte della Curia romana, la strategia di state-building si ricollegò all’ambizione di assegnare un posto primario alla Baviera nel sistema geopolitico europeo („unione delle corone cattoliche“ sotto il patrocinio del papa come „padre comune“).
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Lozko, Halyna. "THE EUROPIAN CONGRESS OF ETHNIC RELIGIONS AS INTERNATIONAL FORUM OF HEATHENS." Sophia. Human and Religious Studies Bulletin 13, no. 1 (2019): 38–42. http://dx.doi.org/10.17721/sophia.2019.13.9.

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Abstract:
From the beginning of the 20th century the crisis of world religions caused to the search for autochthonous spiritual alternatives. There is a steady trend towards the revival of ethnic religions in Europe for the whole century. In the article was considered the history and main conceptual foundations of The European Congress of Ethnic Religions (ECER) as an international forum for communication of European ethnoreligious communities, which revive authentic spiritual traditions and practices in their countries. In particular, a detailed ХVІ ECER (2018) report from the direct participant and Declaration XIV ECER (2014) were presented for illustration, as well as observations on the development of traditionalism in the Italian organization "Movimento Tradizionale Romano", which will have a scientific and applied value for religious studies. A conclusion was drawn about the historical patterns of ethnoreligious Renaissance. The Roman ethnic religion, whose development was interrupted by the expansion of Christianity in the 4th century, did not disappear suddenly after the decrees of the Emperor Theodosius I, but continued to exist in deeply veiled forms. Many literary sources of faith have been preserved, which gives the opportunity for Italian traditionalists to reliably revive their worldview, theological and ritual traditions. Now, the authentic Italian confession of the native faith is "Movimento Tradicionale Romano". The existence of common Indo-European sources of faith, such as the Vedas in India, the poems of Homer, the works of Hesiod, the orphan hymns in Greece, the works of ancient Greek and Roman philosophers, the German and Scandinavian epics, Slavic folklore, etc., provide an opportunity for scientific comparative methods to restore the ancient spiritual heritage of European nations with the aim of returning it in the living national environment.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Abstract:
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Naranjo, Pedro Miguel, and Mª del Rosario García Huerta. "Entre la Tierra y el Cielo: aproximación a la iconografía y simbolismo de las aves en el mundo tartésico y fenicio-púnico en la península ibérica." Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 11 (June 22, 2022): 260–79. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.11.

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Abstract:
El objeto de este trabajo es el estudio del simbolismo de las aves en el ámbito tartésico y fenicio-púnico en la península ibérica durante el Bronce Final y el Hierro I. Se han recogido y analizado aquellas piezas con representaciones de aves, así como los restos orgánicos de éstas, si bien esto último no ha dado muchos frutos debido a las dificultades que existen tanto para su conservación como para la posterior identificación de especies. En total se han podido determinar ánades, gallos, palomas, flamencos, cisnes, lechuzas y halcones, todas ellas representadas en el Mediterráneo oriental y cuya iconografía se vincula al mundo funerario, al tránsito al Más Allá y a las divinidades. Gran parte de esa iconografía llegó a la península de mano de los fenicios, si bien su acogida y aceptación entre la población local fue variable. Palabras clave: aves, simbolismo, tartesios, fenicios, púnicosTopónimos: península ibéricaPeriodo: Hierro I. ABSTRACTThe aim of this paper is to study the symbolism of birds in Tartessian and Phoenician-Punic cultures within the Iberian Peninsula during the late Bronze and early Iron Age. To this end, items with any sort of symbolism connected with birds have been analysed. Organic remains have also been examined, although the latter did not make a relevant contribution to the study due to problems of conservation of the organic remains and subsequent identification of species. I have identified ducks, roosters, pigeons, flamingos, swans, owls and hawks, all located around the East Mediterranean basin and related to funerary contexts, the journey to the hereafter and deities. Most of this iconography reached the Iberian Peninsula via Phoenician culture, albeit its acceptance among the local population varied. Keywords: birds, symbolism, Tartesian, Phoenicians, PunicPlace names: Iberian PeninsulaPeriod: Iron Age REFERENCIASAlmagro Gorbea, M. J. 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Zeviani, Camilla. "Confini e frontiere nell’Etruria nordorientale." Frontière·s, Supplément 1 (May 20, 2022). http://dx.doi.org/10.35562/frontieres.1001.

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Abstract:
Le frontiere sono una manifestazione materiale di costruzione e di mantenimento dell’identità, un tema particolarmente caro alla letteratura antropologica. Questo articolo presenta un’interpretazione dei cippi di confini, recuperati in Etruria nordorientale, una frontiera tra diverse realtà culturali, per illustrare le potenzialità di queste teorie applicate ai contesti antichi. L’attitudine e la visione del mondo etrusca fu molto orientata verso la costruzione di confini e frontiere: la minaccia rappresentata dall’ «altro» e dal «diverso», inaugurata dalle invasioni galliche e dall’ascesa militare di Roma durante il iv secolo a.C., non fece altro che acuire questa tradizionale e ben radicata visione della realtà. Incoraggiò infatti le potenti città dell’Etruria nordorientale, in particolare Perugia, Cortona e Fiesole, ad investire nella definizione dei confini e ad affermare da una parte un’identità di lignaggio, dall’altra un’identità «nazionale», per far fronte a realtà diverse, l’«altro», per l’appunto. Questi cippi di confine non rappresentarono che un «placebo» contro gli effetti dell’avanzata militare romana e la conseguente «crisi d’identità» originata dai vantaggiosi legami sia sociali che economici con Roma: i cippi rappresentarono un simbolo della solida identità etrusca, fatta di pratiche e tradizioni religiose e culturali, che includevano l’antico sistema di proprietà fondiaria, la cui dimensione sacra era ancora più risaltata dall’incisione della parola tular.
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Dissertations / Theses on the topic "Religione tradizionale romana"

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Ramon, A. "I BENI DEGLI DEI. CONSIDERAZIONI SUL REGIME GIURIDICO DELLE 'RES SACRAE' E 'RELIGIOSAE'." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/472146.

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Abstract:
La presente ricerca di dottorato, dal titolo «I beni degli dei. Considerazioni sul regime giuridico delle res sacrae e religiosae», ha lo scopo di indagare il regime giuridico delle res divini iuris. In particolare, l’ambito di ricerca mira a lumeggiare la condizione di appartenenza, rispettivamente, dei beni degli dei superi e degli dei Mani, nonché la gestione a cui i medesimi erano sottoposti, con un approccio diacronico volto a ricomprendere la riforma del regime classico dovuta alla transizione, avutasi nell’età tardoantica, dalla religione tradizionale romana al cristianesimo. Con riferimento alle res sacrae, si è proceduto a una ricognizione delle fonti giuridiche e letterarie concernenti il rapporto di pertinenza di codesti beni dedicati alle divinità celesti, oltre che degli orientamenti dottrinali nel tempo sedimentatisi sull’argomento. In seguito, si è tracciato l’ambito di estensione del sacrum, chiarendo gli effetti del rituale della consecratio per lo ius civile. Una volta delimitati i confini della species in esame, si è posta l’attenzione sui passi dei gromatici, in particolare Frontino, concernenti il vincolo di appropriazione dei fondi sacri, prospettando una conclusione volta a disconoscerne la presunta titolarità in capo alla civitas, sostenuta con decisione da Theodor Mommsen, avanzando bensì l’ipotesi che fosse riconosciuto un legame potestativo tra gli dei e le cose a loro dedicate, con l’assegnazione della gestione delle stesse agli organi cittadini. Ipotesi che troverebbe conforto nel regime giuridico desumibile dai passi del Digesto in ordine all’assoluta esclusione delle res sacrae dai rapporti patrimoniali e commerciali tra cives; oltreché nella distinzione, testimoniata soprattutto dalle fonti epigrafiche, tra i beni destinati agli dei (instrumentum) e quelli riservati alle funzioni di culto (ornamentum): una bipartizione che sottintendeva una diversità nel regime di circolazione delle res, dipendente dal loro diverso grado di afferenza al sacro. Esclusa pertanto sia una proprietà pubblica sui beni divini iuris, sia la loro inclusione tra le res nullius, si è cercato di rintracciare i limiti dei poteri gestori esercitati dai rappresentanti della civitas, di ampiezza variabile a seconda che le res sacrae rientrassero nell’una o nell’altra sottospecie. Il tutto dopo aver individuato nuovi argomenti a sostegno della proprietà degli dei: un regime di appropriazione connaturato ai principi della religione tradizionale romana, eclissatosi con il sopraggiungere del cristianesimo. Infatti, a seguito del mutare della religione ufficiale dell’impero, si è assistito al riconoscimento della personalità giuridica alla Chiesa, la quale ha assunto non soltanto la titolarità dei beni di sua pertinenza, ma anche la relativa amministrazione: potere, quest’ultimo, accentuatosi con l’affievolirsi del carattere extracommerciale dei medesimi beni ecclesiastici. Quanto alle res religiosae, le copiose fonti giuridiche sul tema hanno consentito un’analisi più approfondita del regime giuridico goduto dai beni destinati agli dei dell’oltretomba: sicché sono stati trattati, da un lato, i requisiti sottesi allo iustum sepulchrum; dall’altro lato, i rimedi elaborati dai giureconsulti per i casi di illecita sepoltura. Inoltre, si è cercato di individuare i limiti soggettivi e spaziali del religiosum, analizzando anche il significato rivestito dai rituali funebri nella società romana. Del resto, la condizione di separazione delle res religiosae dagli usi umani si riverberava anche sulla considerazione delle stesse per lo ius civile, la quale assumeva una conformazione comune alle res sacrae, che si manifestava nella esclusione da ogni situazione dominicale e possessoria, nonché nella sottrazione al commercium. Condizione di distacco che informava non solo il diritto sul sepolcro, ma anche il diritto al sepolcro: il cosiddetto ius sepulchri, che secondo l’idea sostenuta in primis da Carlo Fadda – avversata nel corso della ricerca – sarebbe rientrato, senza alcuna limitazione, nello ius humanum. Il riferimento alla ratio della dicotomia tra sepulchra familiaria e sepulchra hereditaria, poi, ha permesso sia di circoscrivere la sfera dei legittimati attivi all’esperimento dell’azione a tutela del sito funerario (l’actio sepulchri violati); sia di avanzare un’ipotesi sul fondamento giuridico delle multe sepolcrali. La conclusione raggiunta ha permesso di delineare lo statuto del religiosum come simmetrico a quello del sacrum, scorgendo quindi l’affidamento del dominio sulle relative res agli dei Mani e l’esercizio dei poteri gestori da parte della civitas: un assetto che pare confermato dalle numerose autorizzazioni pubbliche richieste ai privati in materia funeraria e dal divieto alla sfilata delle maschere funebri raffiguranti i colpevoli di gravi crimini. Un regime, quello tratteggiato, che si dissolve nel periodo tardoantico, quando scompare il culto delle divinità ctonie e, di conseguenza, il sepolcro perde ogni aggancio con il trascendente, divenendo una res idonea all’esercizio dei poteri di appropriazione e di disposizione da parte dei cives.
The present doctoral research, titled «I beni degli dei. Considerazioni sul regime giuridico delle res sacrae e religiosae», has the aim of focusing on the legal framework of res sacrae and res religiosae, studying in particular the right of property and the administration of entities dedicated to dii superi and dii Manes. It also considers the late antiquity reform, due to the transition from the Roman traditional religion to the Christianity. With reference to res sacrae, it collects legal and literary texts and their interpretations about the condition of corporeal entities dedicated to Gods. Then, it defines the legal concept of sacrum, explaining the effects of the consecratio ritual in the ius civile system; examining the texts written by land surveyors, in particular Frontinus, concerning the property of sacred fields. The conclusion rejects Theodor Mommsen’s thesis about public property, affirming the theory based on Gods’ property and public administration on sacred things. This theory is confirmed by Digest’s abstracts about the banning of the res sacrae from trade. Another argumentation is based on epigraphical texts, that show the distinction between the entities dedicated to the Gods (called instrumentum) and the entities used for rituals (called ornamentum). The instrumentum is composed of not saleable entities, while the ornamentum is composed by saleable ones. Moreover, it focuses on the administration duties of res sacrae employed by magistrates. All the above mentioned thesis confirms the argumentation of Gods’ capacity to own an estate, like temples, sacred woods and gifts to the deity. This legal framework disappears during the Christianity, when the Roman Empire recognizes the Church as a legal person, which practices property as well as administration on sacred entities. With reference to res religiosae, it becomes easier, with the increase of legal texts, to analyse deeper their legal framework, so as to clarify the conditions of the iustum sepulchrum and the solutions created by Roman jurists in case of illegal burial. The dissertation, moreover, defines the concept of religiosum, the borders of the grave, the subjects that can be buried and the role taken by the burial rituals in that of the Roman society. Under the ius civile perspective, the res religiosae are similar to the res sacrae, as entities that can’t be used or sold. This condition of separation from the societas hominum doesn’t allow the legal right to use the grave nor the factual ability to use the same and, as a consequence, makes the ius sepulchri not saleable. Once the difference between sepulchra familiaria and sepulchra hereditaria has been studied, it becomes easier to identify the subjects who are able to begin legal action in defence of the grave (called actio sepulchri violati) and to express a theory about private burial penalties. In conclusion, it demonstrates that the legal system treats the res religiosae and the res sacrae in a similar way, recognizing their right of property to the Gods and their administration to the magistrates. The above mentioned legal situation disappears during the Christianity, when the cult of the Gods of the afterlife vanishes. In this way, the grave loses its metaphysical meaning, becoming a res that can be owned and administrated by the cives Romani.
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Books on the topic "Religione tradizionale romana"

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Saeculum aureum, tradizione e innovazione nella religione romana di epoca augustea (Conference) (2014 Velletri, Italy). Saeculum aureum: Tradizione e innovazione nella religione romana di epoca augustea. Roma: Edizioni Quasar, 2016.

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Per amore del Verbo: Introduzione alla filologia religiosa tradizionale romana e alla cultura classica integrale dell'uomo. Forlì: Victrix, 2017.

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Res publica res populi: Studi sulla tradizione giuridico-religiosa romana. Forlı̀: Victrix, 2004.

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Casalino, Giandomenico. Il sacro e il diritto: Saggi sulla tradizione giuridico-religiosa romana e la crisi della modernità. Lecce: Edizioni del Grifo, 2000.

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Iuppiter Optimus Maximus Dolichenus: Un "culto orientale" fra tradizione e innovazione : riflessioni storico-religiose. Roma: Lithos, 2013.

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Julian. Uomini e dei: Le opere dell'imperatore che difese la tradizione di Roma. Roma: Edizioni mediterranee, 2004.

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