Journal articles on the topic 'Relazioni Israele Stati Uniti'

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Bonucci, Cristina. "Finché morte non vi separi: le separazioni impossibili. Abraham Yehoshua, Un divorzio tardivo." INTERAZIONI, no. 2 (November 2020): 113–17. http://dx.doi.org/10.3280/int2020-002008.

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Abstract:
Un divorzio tardivo - Nel corso di poche giornate, prima della Pasqua Ebraica, Yehudà Kaminka torna dagli Stati Uniti d'America in Israele, per divorziare, tardivamente, dalla moglie Na'omi che, anni prima, aveva tentato di ucciderlo con una coltellata al petto. Scindere il lega-me che li univa comporterà un prezzo molto alto.
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Casolari, Marzia. "EQUILIBRI MUTEVOLI NELLA POLITICA ESTERA DELL'INDIA: FATTORI INTERNAZIONALI E INTERNI IN GIOCO." Il Politico 254, no. 1 (June 7, 2021): 22–46. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.559.

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Abstract:
Dalla seconda vittoria elettorale di Narendra Modi, nel maggio 2019, le relazioni bilaterali USA-India sono state segnate da una cordialità senza precedenti toni. "Howdy, Modi!" è stato lo slogan usato alla cerimonia di ricevimento tenuta dal presidente Trump al Houston Strong Stadium il 22 settembre 2019, per accogliere il primo ministro indiano Narendra Modi, in visita negli Stati Uniti. In questa occasione, per la prima volta nelle relazioni bilaterali USA-India un presidente degli Stati Uniti ha elogiato sontuosamente un primo ministro indiano. Trump ha descritto Modi come un "amico leale" e ha celebrato i suoi risultati, in particolare "l'incredibile numero" di quasi 300 milioni di persone sollevate dalla povertà e 140 milioni di indiani elevati al rango di classe media. Trump ha sottolineato il processo elettorale democratico dell'India e i suoi tratti comuni comuni con la democrazia americana.
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200013265.

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Abstract:
IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020002181x.

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Abstract:
IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Di Michele, Andrea. "Berlusconi-Putin. Le ragioni di una vicinanza." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 260 (February 2011): 494–510. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260008.

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Abstract:
La prima parte del saggio indaga gli elementi di comunanza tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin (leaderismo esasperato, populismo con venature nazionalistiche, controllo dei mezzi d'informazione), nonché il significato assunto dal rapporto con la Russia nella complessiva politica estera di Berlusconi, che ha visto l'Italia distaccarsi dal suo tradizionale europeismo e intessere relazioni preferenziali con Stati Uniti e Russia. Nella seconda parte, l'attenzione si sposta dai rapporti Berlusconi-Putin a quelli Italia-Russia, mostrando come la politica di avvicinamento a Mosca sia stata perseguita da tutti i governi italiani, di centrodestra e di centrosinistra, degli ultimi 10-15 anni. La Russia č per l'Italia un partner economico-commerciale fondamentale, in particolare in qualitŕ di fornitore di prodotti energetici. Eni e Gazprom hanno costruito un rapporto di collaborazione e integrazione che non č esagerato definire strategico e che ha fatto di Eni il primo partner commerciale di Gazprom. Le scelte nazionali di politica energetica, che hanno determinato una crescente dipendenza dall'approvvigionamento russo, influenzano fortemente la piů generale politica estera italiana, che crea malumore in Europa e negli Stati Uniti per il legame troppo forte e sbilanciato con Mosca.
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Caiazza, Tommaso. "Una "classe inferiore di stranieri bianchi".Gli italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 296 (August 2021): 201–30. http://dx.doi.org/10.3280/ic296-oa1.

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Abstract:
L'articolo esamina le relazioni tra gli immigrati italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco al principio del Novecento. La "razza" costituisce la lente attraverso cui viene in-dagato il processo di integrazione degli italiani alla luce delle politiche razziste messe in atto dalle strutture sindacali, che ammettevano solo "bianchi" ed escludevano gli immigrati asia-tici. Intrecciando una varietà di fonti (stampa operaia, documentazione delle unioni, dati sta-tistici sulle occupazioni) si rileva come gli italiani, seppur marginalizzati e giudicati inferiori razzialmente, siano stati riconosciuti come "bianchi" e, pertanto, assimilati nel locale movi-mento dei lavoratori. Si sostiene che a favorire ciò sia stata la precoce costruzione di una co-mune identità "caucasica" tra i gruppi europei, modellata in contrapposizione all'immigra-zione asiatica, in grado di far passare in secondo piano le tensioni tra il "vecchio stock" e i "nuovi immigrati", come gli italiani, dominanti in altre città degli Stati Uniti.
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Conci, Marco. "Psicologia psicoanalitica dell'Io. Una prospettiva europea." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 3 (August 2021): 425–66. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-003002.

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Abstract:
Il modo migliore di riscostruire la storia della psicoanalisi non è quello di cominciare dalle teorie ma dagli autori e dai loro contesti. Importanti contributi allo studio dell'Io furono dati in Europa già da Ferenczi e Fenichel, ben prima che Hartmann fondasse la Psicologia dell'Io che egemonizzò il campo negli Stati Uniti. Nell'Europa dell'anteguerra importanti contributi a quella che qui viene chiamata "psicologia psicoanalitica dell'Io" vennero da Anna Freud, Paul Federn e Gustav Bally, e nel dopoguerra da Alexander Mitscherlich, Paul Parin e Johannes Cremerius per la comunità di lingua tedesca e da Joseph Sandler per quella di lingua inglese. Su questa base si potrebbe parlare di "psicologie dell'Io" al plurale, come si fa per le diverse teorie delle relazioni oggettuali. La psicologia psicoanalitica dell'Io di Fenichel attraverso i princìpi tecnici da lui enunciati negli anni 1930 informa tuttora di sé il lavoro di tanti psicoanalisti anche se in modo inconsapevole, soprattutto in Germania. Rappresenta ad esempio l'ingrediente di fondo della "terapia psicoanalitica", empiricamente verificabile, formalizzata da Helmut Thomä e Horst Kächele.
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Duraccio, Caterina. "voci delle intersezioni: Postcolonialismo e femminismo." Revista Internacional de Pensamiento Político 16 (January 28, 2022): 161–76. http://dx.doi.org/10.46661/revintpensampolit.6280.

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Abstract:
All’inizio degli anni ’80 nell’Università di Delhi, un gruppo di studiosi si riunisce per riflettere sulle relazioni tra Occidente ed Oriente. Il collettivo nato dallo storico Ranajit Guha, prende il nome di Subaltern Studies, richiamando le teorie gramsciane sulla subalternità. L’analisi dei rapporti di dominio e soggezione tra coloni e colonizzati è centrale nello sviluppo di queste nuove teorie postcoloniali. I protagonisti di questo fervente dibattito non circoscrivono il postcolonialismo dentro precisi confini geografici: la condizione postcoloniale è principalmente ideologica, poiché nasce come prodotto delle relazioni e dei processi storici di colonizzazione. All’interno dei Subaltern Studies, la studiosa Gayatry Chakravorty Spivak (1985) si interroga sull’assenza del soggetto femminile nel discorso dei suoi colleghi, ponendo una domanda fondamentale per la teoria postcoloniale e per la teoria femminista: “La subalterna può parlare?” (1988). La donna appare un soggetto ventriloquizzato e costantemente rappresentato e definito dallo sguardo dell’altro. Spivak centra l’attenzione sul bisogno di autodeterminazione del soggetto femminile. Alla voce della filosofa indiana fanno eco le femministe chicanas e afroamericane, che dagli Stati Uniti reclamano un femminismo che tenga conto di tutte le subalternità che agiscono sul corpo femminile, prima fra tutte la razza. La declinazione dell’intersezione tra sesso, razza e classe assume un ruolo fondamentale sia nella teoria postcoloniale che in quella femminista. Nel presente lavoro si analizzano le principali rivendicazioni e le strategie di resistenza usate dalle voci delle subalterne, che marcano alcuni momenti di incontro/confronto tra femminismo e postcolonialismo.
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Porta, Donatella della, and Hanspeter Kriesi. "MOVIMENTI SOCIALI E GLOBALIZZAZIONE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 28, no. 3 (December 1998): 451–82. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026241.

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Abstract:
IntroduzioneNel corso dell'ultimo decennio, gli studiosi dei movimenti sociali negli Stati Uniti ed in Europa hanno prestato sempre più attenzione al contesto politico nel quale essi si mobilitano. In questo processo, la ricerca non solo ha fatto sempre più riferimento alla scienza politica per completare le sue concezioni originali (principalmente fornite dalla sociologia, dalla storia e dalla economia), ma è divenuta anche più comparata, focalizzandosi sull'impatto dei contesti politici nazionali, regionali e locali sulla mobilitazione e sulle sue conseguenze in vari paesi. Con la comparazione cross-nazionale, l'attenzione si è diretta agli effetti del cambiamento nel contesto internazionale sui sistemi sociali e sulla politica a livello nazionale. In altre parole, la ricerca sui movimenti sociali è divenuta lentamente consapevole che la divisione tra la politica comparata e le relazioni internazionali è sempre più anacronistica. Anche nello studio dei movimenti sociali, la sfida «è combinare i risultati di ambedue le prospettive senza perdere di vista i loro singoli contributi» (Garrett e Lange 1995, 654). É quello che cercheremo di fare nel corso di questo articolo, concentrandoci sull'impatto delle crescenti interazioni tra contesti politici nazionali ed internazionali e movimenti sociali in un mondo sempre più globale.
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Ferrandino, Vittoria, and Valentina Sgro. "Associazionismo industriale e corporativismo: l’American Chamber of Commerce in Italy nell’epoca fascista = Industrial association and corporatism: The American chamber of commerce in Italy during the fascism age." Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no. 19 (February 2, 2016): 103. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i19.3584.

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Abstract:
<p>Il contributo in oggetto si propone di approfondire i rapporti tra le corporazioni e i gruppi industriali italiani da un’ottica particolare, quella dell’associazionismo che si concretizza con l’American Chamber of Commerce in Italy, instituita nel 1915 per agevolare le relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti. La grave crisi economica del 1930 e del 1931 e, poco dopo, le gravissime restrizioni portate agli scambi con l’estero dal programma autarchico del Governo fascista, influirono notevolmente sullo sviluppo della Camera. L’autorità dell’istituzione venne a diminuire, i rapporti con gli Stati Uniti si fecero più rari e il numero dei soci diminuì notevolmente.<strong> </strong>Alle corporazioni furono affidate le autorizzazioni sui nuovi impianti, la costituzione delle compagnie per la valorizzazione dell’Africa orientale italiana, il controllo sulle iniziative economiche nelle colonie, la collaborazione col fisco nella determinazione e nell’applicazione dei tributi ed infine il controllo sul commercio estero e sulle valute. Di conseguenza, la funzione che lo Stato avrebbe dovuto esercitare servendosi delle corporazioni finì col ricadere nelle mani dei grandi industriali, che le dominavano attraverso i loro rappresentanti. Da un lato, quindi, vi erano le corporazioni, che garantivano piena libertà ai gruppi industriali, avallandone le scelte; dall’altro lato, invece, vi erano le autorità governative che riconoscevano i limiti di competenza e d’intervento di quelle istituzioni e la necessità di una migliore definizione degli obiettivi.</p><p>This contribution aims to examine the relationship between corporations and the Italian industrial groups from a particular perspective, which is that of associations through the American Chamber of Commerce in Italy, established in 1915 to facilitate the commercial relations between Italy and the United States. The economic crisis of 1930 and 1931 and, shortly after, the very serious restrictions on foreign trade of the Fascist government program influenced significantly on the Chamber’s development. The authority of the institution was to decline, the relations with the United States became more and more rare and the number of members decreased considerably. Corporations obtained the authorizations on new systems, the establishment of companies for the development of the Italian East Africa, the control on economic initiatives in the colonies, the cooperation with the tax authorities in the determination and application of taxes, and finally control over foreign trade and currencies. So the function that the State should have exercised using the corporations ended up falling into the hands of big businessmen, who ruled through their representatives. Therefore, Corporations guaranteed full freedom to industry groups supporting them, and government authorities recognized the competence and intervention limits of those institutions and the need for a better definition of the objectives.</p>
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Rubans’ka, Yuliya, and Gianfranco Franz. "Geografia del potere e grandi progetti urbani in una cittŕ dell'ucraina." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 104 (October 2012): 123–39. http://dx.doi.org/10.3280/asur2012-104008.

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Abstract:
L'evoluzione delle politiche di sviluppo urbano nel contesto europeo degli ultimi decenni č stata caratterizzata da modifiche strutturali nelle relazioni di potere: dal governo della cittŕ, incentrato sulla pianificazione urbanistica e il piano regolatore si č passati a forme piů o meno articolate e solo in parte pluraliste di governance urbana, grazie alle quali importanti gruppi immobiliari, immobiliaristi improvvisati e free-riders, importanti gruppi industriali alleati con le grandi centrali del credito e della finanza, hanno trovato maggiori consensi politico-culturali e minori difficoltŕ procedurali nel dirigere, imporre e realizzare grandi progetti di trasformazione urbana. La progressiva crescita del mercato immobiliare, sostenuto e drogato dal mercato finanziario, ha facilitato la proposizione e la realizzazione di GPU, almeno fino al 2007/2008, anno del crack finanziario occidentale, dal quale sono rimasti parzialmente immuni Paesi emergenti le cui economie non erano state ancora tanto profondamente modificate dal sistema finanziario di Stati Uniti ed Europa occidentale. Con differenze di scala e di magnitudo una folta schiera di cittŕ europee e nordamericane si sono impegnate nella realizzazione di GPU, seguite in questo processo dalle principali cittŕ di Paesi emergenti o di potenze in via di consolidamento (Pechino, Shangai, San Paolo, Cittŕ del Messico ecc.). Anche cittŕ piccole e medie si sono impegnate nella sfida di innovare e trasformare i propri tessuti, la propria economia e il proprio rango urbano, investendo in progetti affidati molto spesso alle cosiddette "archistar" internazionali o a societŕ di progettazione parti- colarmente avanzate sui temi della costruzione ecologica e del risparmio energetico. Il presente saggio propone un caso studio particolarmente interessante, caratterizzato da dinamiche precipue e non riscontrabili in molti altri contesti: le recenti trasformazioni urbane nella cittŕ di Dnipropetrovsk (Nipropetrovsk), capoluogo dell'omonima regione, una delle cittŕ principali dell'Ucraina dal punto di vista economico, politico e culturale.
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Barisione, Mauro. "Le Scelte Politiche Dei Cittadini: Ambivalenza, Ragione O Affetto?" Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 1 (April 2002): 141–51. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200029956.

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Abstract:
George E. Marcus, W. Russel Neuman e Michael MacKuen, Affective Intelligence and Political Judgement, Chicago, University of Chicago Press, 2000, pp. 199, Isbn 0-226-50468-9Citizens and Politics esce dieci anni dopo i due lavori che più hanno segnato l'attuale psicologia politica e il campo delle ricerche sull'opinione pubblica negli Stati Uniti: Reasoning and Choice di Sniderman et al (1991) e The Nature and Origins of Mass Opinion di Zaller (1992); ma marca anche una continuità con quei volumi collettanei che dalla metà degli anni ‘80 si sono dedicati alle problematiche delle cognizioni politiche e dell'information processing: Lau e Sears (1986), Ferejohn e Kuklinski (1990), Lodge e McGraw (1995), Mutz et al. (1996). Promettendo – per le ragioni che si vedranno più avanti – di far parlare molto di sé, il lavoro curato da Kuklinski, propone allo stesso tempo una sintesi dei temi e un panorama delle ricerche politologiche affrontate da prospettive psicologiche e cognitive. Gli atteggiamenti, i valori, le percezioni, gli affetti, i ragionamenti, le decisioni degli individui nella sfera politica sono analizzati in 17 contributi – introdotti sempre in modo chiaro ed esauriente da Kuklinski, anche se articolati in 4 aree tematiche dalla definizione piuttosto vaga – di autori come Sears, Feldman, Masters, Lau, Lodge, Sniderman, Marcus, per citarne solo alcuni fra i più noti. In particolare, la prima area («Affetto ed emozioni») racchiude quattro contributi incentrati sul ruolo delle inclinazioni affettive nella percezione degli oggetti politici carichi di una valenza simbolica (dalle parole – fra gli esempi americani: «comunisti», welfare, «neri» – alle immagini politicopersonali dei candidati); la stessa dimensione affettiva è analizzata nella seconda parte («Cognizione politica») in relazione ai processi di trattamento dell'informazione, di valutazione delle notizie e di elaborazione di giudizi politici da parte dei cittadini, specie nell'arco della campagna elettorale; la terza parte («Atteggiamenti politici e percezioni») aggiorna il dibattito classico intorno alla maggiore o minore stabilità e coerenza degli atteggiamenti in seno all'opinione pubblica, mentre la quarta parte è interamente dedicata allo studio dei «Valori politici», con due ricerche che analizzano più precisamente le relazioni fra i valori di «umanitarismo» e «individualismo» e le preferenze dei cittadini in tema di politiche pubbliche.
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Rosato, Paolo, Raul Berto, and Chiara D'Alpaos. "Risk and returns in real estate development projects at the black swan test [Rendimento e rischio d’investimento immobiliare alla prova del cigno nero]." Valori e Valutazioni 31 (February 2023): 15–31. http://dx.doi.org/10.48264/vvsiev-20223103.

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Abstract:
The real estate market is affected by great uncertainty due to the nexus of various factors: a) the specificity of the assets traded, which are illiquid, unique and very hetherogeneous from each other; b) the ‘structural disequilibrium’ of the market caused by the differences emerging in elasticity of supply with respect to demand; c) the non-competitiveness of the market, which often turns into a bilateral monopoly; d) the great variability of market prices. Since the subprime mortgage crisis that broke out at the end of 2006 in the United States, it has clearly emerged that, in a sector that represents about a third of world wealth, it is necessary, on the one hand, to implement proper and increasingly sophisticated valuation tools, to support the design of effective risk management strategies and, on the other hand, to improve the reliability of real estate data, in order to allow for a more robust verification of the hypotheses on the trend of the cash flows generated by the investment and a more accurate valuation of the investment risk and, consequently, of the project expected rate of return. The main objective of this work is to investigate the accuracy and robustness of the estimates of real estate investors of the expected returns on an urban development project in a medium-sized city representative of the North East of Italy. Using a simulation-based approach, the gap between the observed internal rate of return, estimated ex post on the basis of the actual trend of the parameters that influence investment returns, and the expected internal rate of return, calculated ex ante on the basis of the information available at the time of the investment decision. Firstly, we constructed the time series from 1995 to 2015 of the expected and observed internal rates of return of investments in the residential sector. We obtained the time series of the cash flows generated by the investment under investigation by implementing a simulation-based approach. Starting from the comparison between observed internal rate of return and expected internal rates of return, we identified ex post the risk implicitly assumed by the investor at the time of the decision to undertake the investment. Secondly, the effectiveness of the Capital Asset Pricing Model as a method for estimating the return on a property investment was verified, by comparing the project’s observed (ex post) internal rate of return with its ex ante rate of return, estimated through the Capital Asset Pricing Model. To carry out the above analyses, we constructed the time series of observed and expected internal rate of returns from 1995 to 2015 of investments in the residential sector. The time series of the internal rate of returns of real estate investments were obtained by implementing a simulation-based approach to determine the cash flows of real estate investments representative of the context under investigation and by adopting as model inputs the parameters usually adopted in ex-ante and ex-post real estate valuations. Starting from the comparison between observed and expected internal rate of returns, we identified ex-post the risk implicitly assumed by the developer at the time of the decision to undertake the investment. Finally, by investigating the determinants of the divergence between the investment’s observed and expected internal rate of return and cyclical variables, we identified the factors (i.e., the macroeconomic fundaments) which, in the period under investigation, affected investment risk and, consequently, investment return. Finally, by investigating the relationships that account for the difference between the observed and expected internal rate of return and the economic factors that can determine the current stage in economic cycles, we identified the determinants of invetment risk and returns. Il mercato immobiliare è affetto da grande incertezza dovuta a una concatenazione di diversi fattori: a) la specificità dei beni scambiati che sono illiquidi, unici e molto eterogenei tra loro; b) il “disequilibrio strutturale” del mercato causato dalla diversa elasticità del- l’offerta rispetto alla domanda; c) la non concorrenzialità del mercato che, assume spesso le caratteristiche del monopolio bilaterale; d) la grande variabilità dei prezzi di mercato. A partire dalla crisi dei mutui sub- prime scoppiata alla fine del 2006 negli Stati Uniti, è emerso chiaramente come, in un settore che rappresenta circa un terzo della ricchezza mondiale, sia necessario, da un lato, operare con strumenti valutativi adeguati e sempre più sofisticati, in grado di suppor- tare l’individuazione di strategie efficaci di gestione dei rischi e, dall’altro, migliorare l’affidabilità dei dati immobiliari, in modo da consentire una verifica più ro- busta delle ipotesi sull’andamento dei flussi di cassa generati e una stima più accurata del rischio e, conseguentemente, del tasso di rendimento atteso. Obiettivo principale del presente lavoro è di investigare l’accuratezza delle previsioni effettuate da un ipotetico operatore immobiliare sul rendimento di un investi- mento a sviluppo in una città di medie dimensioni rap- presentativa della provincia dell’Italia settentrionale. Attraverso un approccio basato sulla simulazione, è stato calcolato lo scarto fra il tasso interno di rendimento effettivo, stimato ex post in base all’andamento effettivo dei parametri influenti sul rendimento stesso, e il tasso interno di rendimento atteso, calcolato ex ante sulla base delle informazioni disponibili al mo- mento della decisione d’investimento. In primo luogo, è stata costruita la serie storica dal 1995 al 2015 dei tassi interni di rendimento attesi ed effettivi dell’investi- mento immobiliare residenziale a sviluppo. Le serie storiche sono state ottenute mediante la simulazione dei flussi di cassa di investimenti immobiliari rappresentativi della realtà indagata. A partire dal confronto fra tassi interni di rendimento effettivi e tassi interni di rendimento attesi è stato individuato, ex post, il rischio assunto implicitamente dall’investitore al momento della decisione di intraprendere l’investimento stesso. In secondo luogo, è stata verificata la bontà del Capital Asset Pricing Model come metodo di stima del rendi- mento di un investimento immobiliare a sviluppo, confrontando il tasso interno di rendimento effettivo e il tasso di rendimento ex ante stimato attraverso il Capi- tal Asset Pricing Model stesso. Infine, indagando sulle relazioni che intercorrono fra lo scarto fra tasso di rendimento interno effettivo e atteso e le variabili congiunturali, sono stati individuati i fattori che, nel periodo considerato, hanno maggiormente influito sul rischio al quale si è esposto l’investitore al momento di investire.
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Marini, Luca. "Il presidente che non fu mai eletto. Ford, la Cina e il commercio mondiale." Storia e Futuro, no. 54 (February 17, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5421f.

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Abstract:
La più breve, e singolare, amministrazione presidenziale degli Stati Uniti d’America è stata protagonista di eventi – oggi in parte dimenticati – che dagli anni Settanta hanno modificato gli equilibri di potere in seno alla Comunità degli Stati e che hanno mutato profondamente il corso delle relazioni internazionali. The shortest, and most peculiar, presidential administration of the United States of America was the protagonist of events – now partly forgotten – which since the 1970s have changed the balance of power within the Community of States and which have profoundly changed the course of international relations.
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Pellizzato, Giulia. "Studiare le carte dell’Archivio Prezzolini: ipotesi di lavoro e casi di studio." Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, no. 66 (November 8, 2019). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/66.2.4.

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Abstract:
L’Archivio Prezzolini custodisce un’ampia messe di documenti, rilevanti sotto molteplici punti di vista. Dopo una presentazione dei fondi letterari più significativi dell’Archivio, ci si concentrerà sulle carte di Prezzolini. Fra queste vi sono documenti ancora da studiare che, oltre a testimoniare l’eccezionale attività culturale del possessore, si rivelano preziosi per ricerche dedicate a tematiche più generali e altri autori. La seconda parte dell’articolo mostrerà il potenziale di tali documenti illustrando l’attività culturale di Prezzolini come mediatore fra Italia e Stati Uniti. Keywords: Giuseppe Prezzolini, Archivio Prezzolini, filologia del Novecento, carteggi, relazioni culturali.
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Silva, Lilian Reis da. "Vantaggi della conformità e della gestione del rischio." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 13, 2021, 123–47. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/economia-aziendale/vantaggi-della-conformita.

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Abstract:
La conformità è un programma che mira a proteggere le organizzazioni dal verificarsi di frodi finanziarie, corruzione, comportamenti e/o comportamenti inappropriati dei dipendenti ad esse collegati, prevenendo che la loro buona reputazione e solidità finanziaria vengano compromesse. È uno strumento il cui scopo è stabilire regole, standard e linee guida per i processi interni all'interno delle organizzazioni. È stato sviluppato negli Stati Uniti nel 1970 e le sue pratiche sono state trasformate in un istituto legale, attraverso l'emanazione della legge pionieristica FCPA (Foreign Corrupt Pratices Act), motivata dal caso Watergate, che ha coinvolto l'allora presidente Richard Nixon e membri del suo governo, pagando tangenti in ricerca a favore della sua rielezione. In questo contesto, questo articolo ha come domanda guida: come collaborano i vantaggi offerti dal programma di conformità e Gestione del rischio per ridurre i rischi di frode, atti illeciti e corruzione all'interno delle organizzazioni? L'obiettivo di questo studio era presentare i benefici forniti dall'adozione del programma di conformità e Gestione del rischio nelle aziende pubbliche e private, nei loro processi interni e nelle relazioni con il loro segmento di attività, e come collaborano per mitigare le frodi. La ricerca bibliografica è stata adottata come metodologia, discutendo i benefici causati dai programmi di prevenzione delle frodi. È stato riscontrato che i programmi di conformità e di gestione del rischio apportano benefici effettivi di protezione del rischio, mitigando le frodi e la corruzione, insieme a nuove soluzioni di governance delle tecnologie dell'informazione (IT), come la governance aziendale, la gestione del rischio e la conformità (EGRC).
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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