Academic literature on the topic 'Relazioni Israele Stati Uniti'

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Journal articles on the topic "Relazioni Israele Stati Uniti"

1

Bonucci, Cristina. "Finché morte non vi separi: le separazioni impossibili. Abraham Yehoshua, Un divorzio tardivo." INTERAZIONI, no. 2 (November 2020): 113–17. http://dx.doi.org/10.3280/int2020-002008.

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Abstract:
Un divorzio tardivo - Nel corso di poche giornate, prima della Pasqua Ebraica, Yehudà Kaminka torna dagli Stati Uniti d'America in Israele, per divorziare, tardivamente, dalla moglie Na'omi che, anni prima, aveva tentato di ucciderlo con una coltellata al petto. Scindere il lega-me che li univa comporterà un prezzo molto alto.
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Casolari, Marzia. "EQUILIBRI MUTEVOLI NELLA POLITICA ESTERA DELL'INDIA: FATTORI INTERNAZIONALI E INTERNI IN GIOCO." Il Politico 254, no. 1 (June 7, 2021): 22–46. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.559.

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Abstract:
Dalla seconda vittoria elettorale di Narendra Modi, nel maggio 2019, le relazioni bilaterali USA-India sono state segnate da una cordialità senza precedenti toni. "Howdy, Modi!" è stato lo slogan usato alla cerimonia di ricevimento tenuta dal presidente Trump al Houston Strong Stadium il 22 settembre 2019, per accogliere il primo ministro indiano Narendra Modi, in visita negli Stati Uniti. In questa occasione, per la prima volta nelle relazioni bilaterali USA-India un presidente degli Stati Uniti ha elogiato sontuosamente un primo ministro indiano. Trump ha descritto Modi come un "amico leale" e ha celebrato i suoi risultati, in particolare "l'incredibile numero" di quasi 300 milioni di persone sollevate dalla povertà e 140 milioni di indiani elevati al rango di classe media. Trump ha sottolineato il processo elettorale democratico dell'India e i suoi tratti comuni comuni con la democrazia americana.
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200013265.

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Abstract:
IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020002181x.

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Abstract:
IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Di Michele, Andrea. "Berlusconi-Putin. Le ragioni di una vicinanza." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 260 (February 2011): 494–510. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260008.

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Abstract:
La prima parte del saggio indaga gli elementi di comunanza tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin (leaderismo esasperato, populismo con venature nazionalistiche, controllo dei mezzi d'informazione), nonché il significato assunto dal rapporto con la Russia nella complessiva politica estera di Berlusconi, che ha visto l'Italia distaccarsi dal suo tradizionale europeismo e intessere relazioni preferenziali con Stati Uniti e Russia. Nella seconda parte, l'attenzione si sposta dai rapporti Berlusconi-Putin a quelli Italia-Russia, mostrando come la politica di avvicinamento a Mosca sia stata perseguita da tutti i governi italiani, di centrodestra e di centrosinistra, degli ultimi 10-15 anni. La Russia č per l'Italia un partner economico-commerciale fondamentale, in particolare in qualitŕ di fornitore di prodotti energetici. Eni e Gazprom hanno costruito un rapporto di collaborazione e integrazione che non č esagerato definire strategico e che ha fatto di Eni il primo partner commerciale di Gazprom. Le scelte nazionali di politica energetica, che hanno determinato una crescente dipendenza dall'approvvigionamento russo, influenzano fortemente la piů generale politica estera italiana, che crea malumore in Europa e negli Stati Uniti per il legame troppo forte e sbilanciato con Mosca.
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Caiazza, Tommaso. "Una "classe inferiore di stranieri bianchi".Gli italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 296 (August 2021): 201–30. http://dx.doi.org/10.3280/ic296-oa1.

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Abstract:
L'articolo esamina le relazioni tra gli immigrati italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco al principio del Novecento. La "razza" costituisce la lente attraverso cui viene in-dagato il processo di integrazione degli italiani alla luce delle politiche razziste messe in atto dalle strutture sindacali, che ammettevano solo "bianchi" ed escludevano gli immigrati asia-tici. Intrecciando una varietà di fonti (stampa operaia, documentazione delle unioni, dati sta-tistici sulle occupazioni) si rileva come gli italiani, seppur marginalizzati e giudicati inferiori razzialmente, siano stati riconosciuti come "bianchi" e, pertanto, assimilati nel locale movi-mento dei lavoratori. Si sostiene che a favorire ciò sia stata la precoce costruzione di una co-mune identità "caucasica" tra i gruppi europei, modellata in contrapposizione all'immigra-zione asiatica, in grado di far passare in secondo piano le tensioni tra il "vecchio stock" e i "nuovi immigrati", come gli italiani, dominanti in altre città degli Stati Uniti.
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Conci, Marco. "Psicologia psicoanalitica dell'Io. Una prospettiva europea." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 3 (August 2021): 425–66. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-003002.

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Abstract:
Il modo migliore di riscostruire la storia della psicoanalisi non è quello di cominciare dalle teorie ma dagli autori e dai loro contesti. Importanti contributi allo studio dell'Io furono dati in Europa già da Ferenczi e Fenichel, ben prima che Hartmann fondasse la Psicologia dell'Io che egemonizzò il campo negli Stati Uniti. Nell'Europa dell'anteguerra importanti contributi a quella che qui viene chiamata "psicologia psicoanalitica dell'Io" vennero da Anna Freud, Paul Federn e Gustav Bally, e nel dopoguerra da Alexander Mitscherlich, Paul Parin e Johannes Cremerius per la comunità di lingua tedesca e da Joseph Sandler per quella di lingua inglese. Su questa base si potrebbe parlare di "psicologie dell'Io" al plurale, come si fa per le diverse teorie delle relazioni oggettuali. La psicologia psicoanalitica dell'Io di Fenichel attraverso i princìpi tecnici da lui enunciati negli anni 1930 informa tuttora di sé il lavoro di tanti psicoanalisti anche se in modo inconsapevole, soprattutto in Germania. Rappresenta ad esempio l'ingrediente di fondo della "terapia psicoanalitica", empiricamente verificabile, formalizzata da Helmut Thomä e Horst Kächele.
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Duraccio, Caterina. "voci delle intersezioni: Postcolonialismo e femminismo." Revista Internacional de Pensamiento Político 16 (January 28, 2022): 161–76. http://dx.doi.org/10.46661/revintpensampolit.6280.

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Abstract:
All’inizio degli anni ’80 nell’Università di Delhi, un gruppo di studiosi si riunisce per riflettere sulle relazioni tra Occidente ed Oriente. Il collettivo nato dallo storico Ranajit Guha, prende il nome di Subaltern Studies, richiamando le teorie gramsciane sulla subalternità. L’analisi dei rapporti di dominio e soggezione tra coloni e colonizzati è centrale nello sviluppo di queste nuove teorie postcoloniali. I protagonisti di questo fervente dibattito non circoscrivono il postcolonialismo dentro precisi confini geografici: la condizione postcoloniale è principalmente ideologica, poiché nasce come prodotto delle relazioni e dei processi storici di colonizzazione. All’interno dei Subaltern Studies, la studiosa Gayatry Chakravorty Spivak (1985) si interroga sull’assenza del soggetto femminile nel discorso dei suoi colleghi, ponendo una domanda fondamentale per la teoria postcoloniale e per la teoria femminista: “La subalterna può parlare?” (1988). La donna appare un soggetto ventriloquizzato e costantemente rappresentato e definito dallo sguardo dell’altro. Spivak centra l’attenzione sul bisogno di autodeterminazione del soggetto femminile. Alla voce della filosofa indiana fanno eco le femministe chicanas e afroamericane, che dagli Stati Uniti reclamano un femminismo che tenga conto di tutte le subalternità che agiscono sul corpo femminile, prima fra tutte la razza. La declinazione dell’intersezione tra sesso, razza e classe assume un ruolo fondamentale sia nella teoria postcoloniale che in quella femminista. Nel presente lavoro si analizzano le principali rivendicazioni e le strategie di resistenza usate dalle voci delle subalterne, che marcano alcuni momenti di incontro/confronto tra femminismo e postcolonialismo.
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Porta, Donatella della, and Hanspeter Kriesi. "MOVIMENTI SOCIALI E GLOBALIZZAZIONE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 28, no. 3 (December 1998): 451–82. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026241.

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Abstract:
IntroduzioneNel corso dell'ultimo decennio, gli studiosi dei movimenti sociali negli Stati Uniti ed in Europa hanno prestato sempre più attenzione al contesto politico nel quale essi si mobilitano. In questo processo, la ricerca non solo ha fatto sempre più riferimento alla scienza politica per completare le sue concezioni originali (principalmente fornite dalla sociologia, dalla storia e dalla economia), ma è divenuta anche più comparata, focalizzandosi sull'impatto dei contesti politici nazionali, regionali e locali sulla mobilitazione e sulle sue conseguenze in vari paesi. Con la comparazione cross-nazionale, l'attenzione si è diretta agli effetti del cambiamento nel contesto internazionale sui sistemi sociali e sulla politica a livello nazionale. In altre parole, la ricerca sui movimenti sociali è divenuta lentamente consapevole che la divisione tra la politica comparata e le relazioni internazionali è sempre più anacronistica. Anche nello studio dei movimenti sociali, la sfida «è combinare i risultati di ambedue le prospettive senza perdere di vista i loro singoli contributi» (Garrett e Lange 1995, 654). É quello che cercheremo di fare nel corso di questo articolo, concentrandoci sull'impatto delle crescenti interazioni tra contesti politici nazionali ed internazionali e movimenti sociali in un mondo sempre più globale.
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Ferrandino, Vittoria, and Valentina Sgro. "Associazionismo industriale e corporativismo: l’American Chamber of Commerce in Italy nell’epoca fascista = Industrial association and corporatism: The American chamber of commerce in Italy during the fascism age." Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no. 19 (February 2, 2016): 103. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i19.3584.

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Abstract:
<p>Il contributo in oggetto si propone di approfondire i rapporti tra le corporazioni e i gruppi industriali italiani da un’ottica particolare, quella dell’associazionismo che si concretizza con l’American Chamber of Commerce in Italy, instituita nel 1915 per agevolare le relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti. La grave crisi economica del 1930 e del 1931 e, poco dopo, le gravissime restrizioni portate agli scambi con l’estero dal programma autarchico del Governo fascista, influirono notevolmente sullo sviluppo della Camera. L’autorità dell’istituzione venne a diminuire, i rapporti con gli Stati Uniti si fecero più rari e il numero dei soci diminuì notevolmente.<strong> </strong>Alle corporazioni furono affidate le autorizzazioni sui nuovi impianti, la costituzione delle compagnie per la valorizzazione dell’Africa orientale italiana, il controllo sulle iniziative economiche nelle colonie, la collaborazione col fisco nella determinazione e nell’applicazione dei tributi ed infine il controllo sul commercio estero e sulle valute. Di conseguenza, la funzione che lo Stato avrebbe dovuto esercitare servendosi delle corporazioni finì col ricadere nelle mani dei grandi industriali, che le dominavano attraverso i loro rappresentanti. Da un lato, quindi, vi erano le corporazioni, che garantivano piena libertà ai gruppi industriali, avallandone le scelte; dall’altro lato, invece, vi erano le autorità governative che riconoscevano i limiti di competenza e d’intervento di quelle istituzioni e la necessità di una migliore definizione degli obiettivi.</p><p>This contribution aims to examine the relationship between corporations and the Italian industrial groups from a particular perspective, which is that of associations through the American Chamber of Commerce in Italy, established in 1915 to facilitate the commercial relations between Italy and the United States. The economic crisis of 1930 and 1931 and, shortly after, the very serious restrictions on foreign trade of the Fascist government program influenced significantly on the Chamber’s development. The authority of the institution was to decline, the relations with the United States became more and more rare and the number of members decreased considerably. Corporations obtained the authorizations on new systems, the establishment of companies for the development of the Italian East Africa, the control on economic initiatives in the colonies, the cooperation with the tax authorities in the determination and application of taxes, and finally control over foreign trade and currencies. So the function that the State should have exercised using the corporations ended up falling into the hands of big businessmen, who ruled through their representatives. Therefore, Corporations guaranteed full freedom to industry groups supporting them, and government authorities recognized the competence and intervention limits of those institutions and the need for a better definition of the objectives.</p>
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Dissertations / Theses on the topic "Relazioni Israele Stati Uniti"

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DENTICE, GIUSEPPE. "LE RELAZIONI STRATEGICHE TRA STATI UNITI ED EGITTO NEGLI ANNI DI SADAT E MUBARAK: UNA PROSPETTIVA OCCIDENTALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78876.

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Abstract:
Il progetto si è proposto di dimostrare l’evoluzione della valenza strategica nella relazione bilaterale tra Stati Uniti ed Egitto durante le presidenze di Anwar al-Sadat e Hosni Mubarak. Sebbene si sia a lungo contraddistinta per un marcato rapporto di reciprocità e di stabilità locale e trans-regionale, da alcuni decenni a questa parte la relazione vive un particolare momento di riconsiderazione a causa della compresenza di più fattori che ne hanno limitato il valore complessivo, necessitando quindi di nuovi fondamenti e obiettivi per essere rivitalizzata. Riprova di ciò sono proprio gli accordi di Camp David, cuore pulsante delle strategie comuni di Stati Uniti ed Egitto, nonché centro nevralgico delle dinamiche di cooperazione, per lo più di sicurezza, tra statunitensi, egiziani e israeliani. Analizzando gli elementi caratterizzanti la politica estera egiziana in relazione, anche e non soltanto, alle interazioni con Stati Uniti e Israele, prendendo come riferimento una prospettiva storico-diacronica che tenesse conto delle evoluzioni politiche dentro e fuori il Paese arabo, all’interno di un più ampio panorama geopolitico e strategico regionale e internazionale, il presente lavoro ha pertanto puntato a far emergere il carattere tattico del rapporto stesso, il quale è stato fortemente influenzato dal perseguimento di un interesse nazionale da entrambe le parti.
The thesis analyses the evolution and impact of U.S.-Egypt relations under the Sadat and Mubarak’s tenure in terms of geopolitical and strategic attitudes through a historical-diachronic perspective. Although it has been characterized for decades by a marked reciprocity in terms of local and (trans-)regional dynamics, for about twenty years this link has been experiencing a particular moment of reconsideration due to the presence of several factors that have limited its overall significance. The bilateral relationship needs new foundations and objectives. In fact, the thesis argues that the Camp David agreements, the beating heart of the common strategies of the United States and Egypt, as well as the political core of several dynamics (mostly in security dimension) between the Americans, Egyptians and Israelis, it is the key element to understand the interconnection between Egyptian domestic state and its regional state autonomy. In this respect, the thesis highlights these factors characterizing the Egyptian foreign policy in connection, even and not only, with United States and Israel, as enabling factors both in the national political developments and the evolution in the Arab stage, within a wider geo-political and strategic regional and international panorama. In conclusion, this work aim to bring out the tactical nature of the bilateral relationship between Egypt and the United States, which was heavily influenced by the pursuit of a different perception of national interest. Therefore, the biggest challenge between Washington and Cairo consists in managing a much less special and complex relationship than in the recent past, which essentially sees the overcoming of Camp David, while maintaining the stability of the region as a cornerstone on both sides.
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DENTICE, GIUSEPPE. "LE RELAZIONI STRATEGICHE TRA STATI UNITI ED EGITTO NEGLI ANNI DI SADAT E MUBARAK: UNA PROSPETTIVA OCCIDENTALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78876.

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Abstract:
Il progetto si è proposto di dimostrare l’evoluzione della valenza strategica nella relazione bilaterale tra Stati Uniti ed Egitto durante le presidenze di Anwar al-Sadat e Hosni Mubarak. Sebbene si sia a lungo contraddistinta per un marcato rapporto di reciprocità e di stabilità locale e trans-regionale, da alcuni decenni a questa parte la relazione vive un particolare momento di riconsiderazione a causa della compresenza di più fattori che ne hanno limitato il valore complessivo, necessitando quindi di nuovi fondamenti e obiettivi per essere rivitalizzata. Riprova di ciò sono proprio gli accordi di Camp David, cuore pulsante delle strategie comuni di Stati Uniti ed Egitto, nonché centro nevralgico delle dinamiche di cooperazione, per lo più di sicurezza, tra statunitensi, egiziani e israeliani. Analizzando gli elementi caratterizzanti la politica estera egiziana in relazione, anche e non soltanto, alle interazioni con Stati Uniti e Israele, prendendo come riferimento una prospettiva storico-diacronica che tenesse conto delle evoluzioni politiche dentro e fuori il Paese arabo, all’interno di un più ampio panorama geopolitico e strategico regionale e internazionale, il presente lavoro ha pertanto puntato a far emergere il carattere tattico del rapporto stesso, il quale è stato fortemente influenzato dal perseguimento di un interesse nazionale da entrambe le parti.
The thesis analyses the evolution and impact of U.S.-Egypt relations under the Sadat and Mubarak’s tenure in terms of geopolitical and strategic attitudes through a historical-diachronic perspective. Although it has been characterized for decades by a marked reciprocity in terms of local and (trans-)regional dynamics, for about twenty years this link has been experiencing a particular moment of reconsideration due to the presence of several factors that have limited its overall significance. The bilateral relationship needs new foundations and objectives. In fact, the thesis argues that the Camp David agreements, the beating heart of the common strategies of the United States and Egypt, as well as the political core of several dynamics (mostly in security dimension) between the Americans, Egyptians and Israelis, it is the key element to understand the interconnection between Egyptian domestic state and its regional state autonomy. In this respect, the thesis highlights these factors characterizing the Egyptian foreign policy in connection, even and not only, with United States and Israel, as enabling factors both in the national political developments and the evolution in the Arab stage, within a wider geo-political and strategic regional and international panorama. In conclusion, this work aim to bring out the tactical nature of the bilateral relationship between Egypt and the United States, which was heavily influenced by the pursuit of a different perception of national interest. Therefore, the biggest challenge between Washington and Cairo consists in managing a much less special and complex relationship than in the recent past, which essentially sees the overcoming of Camp David, while maintaining the stability of the region as a cornerstone on both sides.
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Gallo, Valentina <1988&gt. "STATI UNITI E ISRAELE, UNA RELAZIONE SPECIALE. RIFLESSIONE SULL'INFLUENZA DELLA LOBBY AL SUMMIT DI CAMP DAVID DI JIMMY CARTER (1978-1979)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/5826.

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Abstract:
This thesis offers a study of the Israeli-United States relationship. It argues that this special relationship has evolved from an initial American support for the creation of a Jewish State in 1948 to a high level of economic and military aid. Although some U.S. presidents criticized the support and the general commitment to Israel because of an unfavorable improvement to the relationship with some Arab states, Washington never operates against its major strategic ally Tel Aviv. By examining news reports and several books, this thesis demonstrates how strategic and military interests are not enough to justify this high amount of financial and military assistance provided to Israel, the highest of any other country. Instead, in the United States the existence of a strong pro-Israel lobby can explain why at the end of the Cold War, Israel continues to be considered as the major U.S. ally in the oil-rich Middle East. This thesis does not want to accuse the pro-Israel lobby of conspiracy or secrecy, because the lobbying influence in the U.S. is legal, but analyzes how it can influence U.S. foreign affairs. To understand how important the lobbying phenomenon is, this thesis will focus specifically on the case study of Camp David Accords when Israel and Egypt signed Peace Accords in 1979. It examines the possibilities of presidential diplomacy and it argues that the domestic aspects of the dispute narrowed Carter’s options, limited public debate and influenced decisions in pivotal moments.
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Zanus, Fortes Linda <1984&gt. "ISTRUZIONEBRASILE STATI UNITI A CAONFRONTO." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1891.

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Meggetto, Andrea <1989&gt. "la contrapposizione tra stati uniti e urss: la guerra fredda." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13771.

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Chiarot, Jacopo <1989&gt. "Relazioni internazionali tra Stati Uniti d'America e America Latina dalla Dottrina Monroe." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6680.

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Abstract:
La Dottrina Monroe del 1823 nei confronti dell’America Centrale e Latina e il relativo concetto di Manifest Destiny. L’obiettivo è quello, innanzitutto, di spiegare cosa siano i suddetti concetti e successivamente di analizzare i vari interventi o tentativi di intervento da parte degli Stati Uniti negli stati latinoamericani a partire dall’annessione dei territori del Messico e del Texas. Inoltre, vorrei concentrarmi sull’analisi dei precedenti temi dal punto di vista latinoamericano e sulle critiche mosse dai vari stati nei confronti degli Stati Uniti.
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Stilo, Alessio. "Sinologia storico-politica negli Stati Uniti, 1940-1980." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3423281.

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Abstract:
The thesis proposes an intellectual reconstruction of the U.S. historical-political sinology between the years 1940-1980 in order to analyze the change of paradigms, themes, theoretical approach and cultural references of scholars who have influenced, directly or indirectly, the elaboration of the U.S. China policy. The key to the interpretation of the entire research path is the use of historical-political sinology as a “cultural symptom” of American foreign policy towards Beijing. According to this explanatory paradigm, the historical-political sinology is a complex intellectual phenomenon which had repercussions on government action and, conversely, received various insights from the U.S. China policy.
La tesi opera una ricostruzione intellettuale della sinologia storico-politica statunitense tra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento al fine di scandagliare il mutamento di paradigmi, tematiche, approccio teorico e riferimenti culturali degli studiosi che hanno contribuito, direttamente o attraverso un’influenza indiretta, all’elaborazione della China policy di Washington. La chiave di lettura, riscontrabile nell’intero percorso di ricerca, è costituita dall’impiego della sinologia storico-politica come “sintomo culturale” della politica estera americana verso Pechino, per tale intendendosi un fenomeno intellettuale complesso che ha avuto dei riflessi sull’azione governativa e, viceversa, ha ricevuto degli influssi dal comportamento ufficiale del governo federale.
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Prataviera, Silvia <1994&gt. "Analisi del ruolo della religione nelle Relazioni Internazionali. Il caso Stati Uniti – Cuba." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13796.

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Abstract:
A partire dalla fine del Novecento, con l'avvento dei processi di globalizzazione, si assiste all'emergere di un nuovo fenomeno. La religione, riprende a svolgere un ruolo di centrale importanza nello scenario mondiale, funzione che aveva perso con la teoria della secolarizzazione. Se in epoche precedenti si era immersi in un sistema vestfaliano in cui il potere temporale e spirituale erano separati, e la religione aveva quindi poco spazio d'azione negli affari internazionali, assistiamo oggi ad un risveglio della religione stessa. Dopo la Pace di Vestfalia del 1648 le uniche entità centrali nell’ordine mondiale erano, infatti, gli Stati sovrani e si sviluppò, proprio in quel periodo la teoria secolare, secondo cui le competenze politiche spettavano esclusivamente agli stati e la religione fu perciò emarginata. Quando questa teoria venne meno, ossia con la globalizzazione, emersero nuovi attori internazionali, come Organizzazioni Internazionali, ONG. Ecco che anche la religione ritorna nell’arena mondiale. Un ruolo di spicco è svolto dalla Chiesa Cattolica che porta avanti ad esempio missioni per il mantenimento della pace e cerca di migliorare le relazioni tra i vari paesi. Ed è proprio quello che accadde a fine 2014, quando, tramite la mediazione di rappresentanti della chiesa e di uomini di fiducia dell'attuale Pontefice, le relazioni tra Stati Uniti e Cuba si sono parzialmente ristabilite.
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D'Alessandro, Giulia. "Il ruolo dell’interprete nelle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23624/.

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Abstract:
Il presente elaborato ha lo scopo di analizzare il ruolo della figura dell’interprete diplomatico nel dialogo tra i leader di Unione Sovietica e Stati Uniti durante gli anni della Guerra Fredda nell’ottica di valutarne la rilevanza e il livello di neutralità. Scopo di questo studio è dimostrare, mettendo in discussione le nozioni di neutralità e passività, come l’interprete fosse in grado di influenzare le interazioni comunicative alle quali prendeva parte. L’elaborato si divide in tre capitoli: nel primo capitolo viene presentato il contesto storico-culturale della Guerra Fredda e i rapporti tra blocco sovietico e occidentale. Il secondo capitolo verte sulla storia dell’interpretazione diplomatica, con particolare riferimento alla sua evoluzione a partire dal primo dopoguerra. Vengono inoltre analizzate le caratteristiche specifiche degli interpreti diplomatici presenti durante gli incontri bilaterali tra leader di Stati Uniti e Unione Sovietica. Nel terzo capitolo l’attenzione è rivolta alle nozioni di semi-visibilità e di potere esercitato dall’interprete durante l’interazione, applicando tali concetti all’attività svolta dagli interpreti diplomatici di alto livello nel dialogo tra potenze occidentali e Unione Sovietica.
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Holler, Giulia Mehitabel <1997&gt. "Sulla rotta della Yinhe: contesto, dinamiche e risvolti di un incidente controverso tra Cina e Stati Uniti." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20425.

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Abstract:
Nel luglio del 1993 una nave mercantile appartenente alla filiale di Guangzhou della China Ocean Shipping Company (COSCO) partì per quello che sembrava un ordinario viaggio verso il Golfo Persico. Si trattava della Yinhe [Via Lattea]. Secondo la tabella di marcia prevista per l’ottantunesimo viaggio del mercantile, iniziato il 7 luglio 1993, la Yinhe avrebbe raggiunto il porto di Dubai il 3 agosto, dove gran parte del carico di 782 container sarebbe stato scaricato. Tuttavia, poco prima dell’arrivo previsto al porto emiratino, la Yinhe si trovò in balia di una tempesta diplomatica che finì per comprometterne la normale navigazione. Sulla base di accuse secondo le quali la nave stesse trasportando precursori di armi chimiche verso l’Iran, gli Stati Uniti intrapresero diversi sforzi diplomatici al fine di impedire l’arrivo a destinazione di suddette sostanze illecite. La Yinhe e il suo equipaggio rimasero al largo dell’Oceano Indiano per ventiquattro giorni prima di poter finalmente attraccare al porto di Dammam, dove l'intero carico del mercantile venne sottoposto ad un’ispezione da parte delle autorità saudite. La ricerca diede esito negativo: nessun componente chimico illecito venne trovato a bordo della Yinhe. Questa tesi si ripropone di ricostruire gli eventi che caratterizzarono il cosiddetto “incidente della Yinhe” (yinhehao shijian 银河号事件) cercando di fornire delle risposte ai seguenti quesiti: quali furono le dinamiche che condussero a tale avvenimento? Che significato venne attribuito alla vicenda all’epoca e quali considerazioni è possibile trarne ad oggi?
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Books on the topic "Relazioni Israele Stati Uniti"

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Donno, Antonio. Una relazione speciale: Stati Uniti e Israele dal 1948 al 2009. Firenze: Le lettere, 2013.

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2

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