Dissertations / Theses on the topic 'Reati tributati'

To see the other types of publications on this topic, follow the link: Reati tributati.

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the top 24 dissertations / theses for your research on the topic 'Reati tributati.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Browse dissertations / theses on a wide variety of disciplines and organise your bibliography correctly.

1

CRIVELLIN, Enrico. "I REATI TRIBUTARI TRA VECCHIE E NUOVE ISTANZE PREVENTIVE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2013. http://hdl.handle.net/11392/2388900.

Full text
Abstract:
This work analyzes the Italian tax offences’ system, regulated by d.lgs. n. 74/2000, and underlines how the urgent need for "fiscal security" has influenced the most recent legislative and court decisions involving criminal tax matters. It is generally known, how the negative value of economic crimes – and consequently of fiscal crimes – is not fully perceived by citizens, because those kinds of infringements are considered as events far away from their individual needs. For this reason they are not fully highlighted by the medias which are more interested in pursuing other areas of judicial chronicle. For this reason, criminal law of economics – historically characterized by a certain degree of specialty area to the general rules laid down by the penal code – saw sectoral reforms, sometimes ending up to real forms of decriminalization, which are not justified given the importance of the legal protected asset. Criminal tax law, in an apparent alienation from other areas of criminal law, had the uneasy task to protect tax interests, after abandoning the offences repression logic of the tax evasion in the previous law n. 516/1982. Legislative power, in accordance with doctrine, had decided to split tax evasion in two main categories: 1) the so-called "great evasion", mainly considered in criminal cases contained in d.lgs. n. 74, regards unlawful conduct, in particular detrimental tax interests; 2) the so-called "small and medium evasion" on tax discipline breaches subject to administrative sanctions. Although decreasing tax income, this kind of evasion would not be detrimental to public finances as criminal tax evasion would be. However this elaborate system – certainly in conformity with the General principles – doesn't seem to have reached the desired results. The current unfavourable economic environment has highlighted the limits of tax legislation and, consequently, of its related sanctions, despite the innovations that have improved the efficiency of financial Administration. Therefore, in an attempt to fight tax evasion there has been a dual outcome: a) on one hand, jurisprudence has extensively interpreted criminal law, getting to use in some cases the analogy in malam partem of penal precept; b) on the other hand, legislators have recently intervened by modifying the original structure of the above cited decree n. 74, setting new cases and heavier sanctions. These initiatives although sharable in their goal, raise doubts in the doctrine. The aim of this writing is to illustrate the evolution of criminal tax matters, with a particular focus on how the legislative power and the jurisprudence have reformulated, in terms of penalties, some of the institutes and cases contained in d.lgs. n. 74/2000.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

CONTE, PAPUZZI LUCA. "Contributo allo studio delle soglie di punibilità nei reati tributari." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201694.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Vianello, Giulio <1992&gt. "Confisca e sequestro come strumenti di contrasto ai reati tributari." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13237.

Full text
Abstract:
L'elaborato parte dall'analisi della misura della confisca penale e ne analizza punti di forza e limiti applicativi, che hanno portato all'introduzione, negli anni recenti, di una molteplicità di nuove forme di confisca. L'attenzione viene posta soprattutto sulla forma di confisca che ha avuto maggior successo nella lotta ai reati in campo economico, vale a dire la confisca per equivalente. Vengono altresì analizzate la confisca c.d. "allargata" e la confisca di prevenzione, il tutto tenendo conto dei recenti orientamenti giurisprudenziali e delle posizioni dottrinali presenti in materia. Per ogni forma di confisca presa in esame, se ne studia la natura giuridica e le conseguenze che ciascuna può avere nel combattere le sempre più pericolose forme di criminalità economica. Viene inoltre dedicato un capitolo al sequestro penale, con particolare focus sul sequestro preventivo impeditivo ovvero prodromico alla confisca. La misura cautelare del sequestro funge, infatti, da presupposto necessario in vista della successiva confisca. Si analizzano perciò le interazioni tra i due istituti e gli effetti reciproci che ne conseguono.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Cescon, Luca <1997&gt. "Il concorso di persone nei reati societari, tributari e fallimentari." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19744.

Full text
Abstract:
L’elaborato si propone di analizzare un istituto di parte generale di diritto penale, quale il concorso di persone nel reato, nella dinamica dei reati d’impresa. La tesi al primo capitolo prevede un approfondimento sull’istituto del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p. e ss., con un riferimento all’evoluzione storica di questo istituto ed agli elementi costitutivi del concorso di persone nel reato, ovvero la pluralità di soggetti, la realizzazione della fattispecie criminosa, i contributi dei concorrenti alla realizzazione del reato e l’elemento soggettivo. Infine, il capitolo si conclude con un paragrafo dedicato all’analisi delle differenze tra questo istituto e l’associazione a delinquere, il quale tratterà le caratteristiche principali del reato ex art. 416 c.p., un approfondimento sull’anticipazione della soglia della rilevanza penale nell’ambito dei reati associativi, il tema del concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso e alcune riflessioni sulla distinzione tra reato continuato ed associazione a delinquere. Il secondo capitolo della tesi è dedicato all’analisi del concorso di persone nei reati propri di parte complementare al Codice penale, nello specifico verranno trattate le tematiche del concorso nel reato proprio da parte dell’extraneus, i reati omissivi e i reati omissivi di chi esplica funzioni di garanzia con un focus sul sindaco. Nell’ultimo capitolo si analizzeranno i principali reati societari, tributari e fallimentari, con degli approfondimenti sulla peculiare posizione degli amministratori di fatto nel reato proprio, sull’art. 9 del D.lgs. 74/200, una norma speciale di concorso nel reato per i reati tributari, e sul ruolo del concorso necessario nei reati plurisoggettivi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Grassetto, Marco <1992&gt. "I reati di riciclaggio e autoriciclaggio." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11613.

Full text
Abstract:
Il riciclaggio è l’unico strumento attraverso il quale i criminali e la criminalità organizzata hanno la possibilità di “pulire” e quindi di rendere utilizzabile il denaro proveniente da crimini senza destare alcun sospetto; per questo motivo il fenomeno in questione è la diretta conseguenza di tutti i crimini che generano profitto. Al fine di salvaguardare l’intero sistema economico dal pericoloso fenomeno e dalle drastiche conseguenze che da esso derivano, il legislatore nazionale sulla base delle direttive internazionali ha, sin dagli anni 80’, posto in essere strumenti di prevenzione e di repressione del riciclaggio. Tra gli strumenti di repressione spiccano per importanza e efficacia gli articoli 648bis e 648ter1 del Codice Penale, i quali definiscono i reati di “Riciclaggio” e “Autoriciclaggio”. Oggetto di questo scritto sarà l’analisi e la messa in luce delle principali caratteristiche e criticità dei reati di cui agli articoli 648bis e 648ter1 del Codice Penale; particolare attenzione viene rivolta a ciò che venne definito dalla dottrina come il c.d. “privilegio di autoriciclaggio” il quale ha escluso, fino al 1 Gennaio 2015, la punibilità del reato di riciclaggio per chiunque avesse commesso o concorso a commettere il delitto presupposto.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Giacomello, Gianluca <1993&gt. "I reati di riciclaggio e autoriciclaggio nell'ambito della condotta tributaria illecita." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10733.

Full text
Abstract:
Con il seguente elaborato intendo dare una panoramica su due reati penali, i quali sono il riciclaggio e l’autoriciclaggio. Nella prima parte viene analizzata l’evoluzione dal primo al secondo passando attraverso tutte le proposte di norma che sono state analizzate dalle varie Commissioni. Nel secondo capitolo c’è un’analisi più specifica riguardante il riciclaggio ovvero dell’art. 648 bis del Codice Penale, attraverso l’analisi della condotta del soggetto, i reati presupposti e i relativi oggetti materiali della fattispecie. Nella terza parte di questo lavoro, si cerca di fornire un’analisi del nuovo articolo sull’autoriciclaggio, art. 648 ter 1, il quale è in vigore da poco più di due anni, ovvero dall’1 gennaio 2015 attraverso la legge numero 186 del 14 dicembre 2014. Lo studio cerca di esaminare la struttura lessicale con cui è stata formulata la norma, le sue interpretazioni e le sue applicazioni nel sistema economico italiano.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

PIAZZA, MARIKA. "LA COLPEVOLEZZA NEI REATI OMISSIVI PROPRI: RILIEVI CRITICI E SPUNTI DI RIFLESSIONE ALLA LUCE DELLA RECENTE GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI REATI TRIBUTARI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/471677.

Full text
Abstract:
Peculiarities which characterize crimes of omission, besides affecting the structure of intent and the knowledge of criminal law, also affect the probability of anomalies and borderline situations which could become considerable obstacles to the person who has to fulfil his duties. Particularly, against the economic crisis which characterizes the present historical moment, many judges have faced the theme of the serious lack of liquid assets as a circumstance which makes it “impossible” the execution of duties: this way judges have also requalified the concept of “conduct which can’t be required” as an element that can exclude criminal liability (condemnation and punishment) in some criminal trials concerning the omission of the payment of certificated withholding taxes, and of VAT. Throw this composition the most burning questions about crimes of omission are analysed, also in order to individuate the parameters which should be observed by the Lawgiver who represses omissions with penalties. Starting from the analysis of the structure of the crime of omission as the only one without an event, profiles of conflict with the function and limits of the so called ius criminalis are investigated; then the guilty mind and particularly the knowledge of the dutiful action in crimes of omission with a neutral typical structure are examined. Finally the category of “conduct which can’t be required” is studied: in our legal system its difficult dogmatic position and the friction whit the principle of legality clash whit the request of respect for civil rights claimed by supporters of the existence of a general and uncodified cause of exclusion of criminal mind.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

La, Bella Stefania <1989&gt. "Le "confische" come strumenti di contrasto ai reati tributari nello scenario nazionale ed europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9957/1/Tesi%20Dottorato%20Diritto%20Tributario%20Europeo%20La%20Bella%20Stefania.pdf.

Full text
Abstract:
Nel nostro ordinamento convivono diverse ipotesi di confisca e tale molteplicità ha comportato che a ciascuna di queste figure fosse assegnato un diverso nomen iuris, una diversa natura giuridica e una diversa disciplina, con evidenti ripercussioni in punto di compatibilità costituzionale e convenzionale. In ragione dell’asserito carattere proteiforme della confisca, il presente lavoro si prefigge lo scopo di ricostruire sistematicamente l’istituto de quo in un’ottica unitaria e di esortare la riformulazione di un procedimento ablatorio ad hoc per la materia tributaria che rispetti i principi e le garanzie sovranazionali e costituzionali. L’analisi della più recente giurisprudenza di legittimità e costituzionale ha consentito l’emersione di un alternativo paradigma, nella misura in cui, da un approccio puramente sostanzialistico della materia si è giunti a riconoscere, in determinate ipotesi di confisca, un carattere eminentemente punitivo, allontanando sempre più la figura ablativa de quo dall’alveo delle misure di sicurezza ex. art. 240 c.p. Nella piena consapevolezza che oggi sia d’obbligo parlare di confische in ragione della loro natura proteiforme, si spera che il legislatore intervenga quanto prima nella frammentaria e disorganica disciplina dell’ablazione patrimoniale nell’ottica che si possa, col tempo, giungere ad un ribaltamento dell’impostazione sinora in auge in termini di natura giuridica della confisca: non più una misura preventiva dagli spiccati connotati afflittivi, ma una misura oggettivamente punitiva (una pena sui generis) con tutto ciò che ne deriva in termini di garanzie applicabili, dalla quale distinguiamo esigui e lontani casi, in cui la confisca è ancora riconducibile all’originario modello codicistico.
In our legal system there are different cases of confiscation and this multiplicity has meant that each of these figures was assigned a different nomen iuris, a different legal nature and a different discipline, with clear implications for constitutional and conventional compatibility. In view of the alleged protein character of the confiscation, The aim of this work is to systematically reconstruct the institute de quo from a unitary point of view and to call for the reformulation of an ad hoc ablatory procedure for tax matters which respects supranational and constitutional principles and guarantees. The analysis of the most recent jurisprudence of legitimacy and constitutional has allowed the emergence of an alternative paradigm, in so far as, from a purely substantive approach to the matter has come to recognize, in certain cases of confiscation, an eminently punitive character, increasingly distancing the ablative figure de quo from the bed of the former security measures. art. 240 c.p. In the full knowledge that today it is obligatory to speak of confiscations because of their nature proteiforme, it is hoped that the legislator will intervene as soon as possible in the fragmentary and disorganic discipline of the ablation patrimonial in view that it can, over time, to overturn the approach so far in vogue in terms of the legal nature of confiscation: no longer a preventive measure with strong afflictive connotations, but an objectively punitive measure (a punishment sui generis) with all that results in terms of applicable guarantees, from which we distinguish small and distant cases, in which the confiscation is still attributable to the original codicistico model.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Martucci, Giorgia <1996&gt. "I reati tributari e la responsabilità degli enti ex D. Lgs. n. 231/2001." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18158.

Full text
Abstract:
L'elaborato consiste nell'analisi del D. Lgs. n. 231/2001 e dei reati tributari, inseriti rispettivamente con il D. L. n. 124/2019 e con il D. Lgs. n. 75/2020, che danno origine alla responsabilità amministrativa degli enti. Infine, sono stati proposti alcuni presidi di controllo per gli enti, nell'ottica di prevenire la commissione dei suddetti reati tributari.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Fosco, Michele <1988&gt. "Il reato di dichiarazione infedele." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4951.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
11

Scandiuzzi, Samuel <1994&gt. "Il principio di specialità nei reati tributari e il divieto del “ne bis in idem”." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/14002.

Full text
Abstract:
L'elaborato presenta un'analisi dell'attuale disciplina italiana in merito ai reati tributari: particolare interesse è rivolto al nazionale principio di specialità. Lo studio ha inizio presentando l’evoluzione del sistema tributario, con i regimi che storicamente si sono susseguiti fino all'approdo alla normativa oggi in vigore. Sarà inoltre presentato uno studio inerente la corrispondente disciplina nelle fonti sovranazionali, operando quindi un confronto con il “ne bis in idem” europeo, in parte disallineato rispetto ai principi nazionali.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
12

Interdonato, Alessandra <1996&gt. "Autoriciclaggio e reati tributari. Punti d'incontro e di scontro tra le fattispecie e conseguenze giuridiche." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17504.

Full text
Abstract:
La trattazione si propone di esaminare la figura delittuosa prevista dall'art. 648-ter .1 c.p., introdotta dalla L. 186/2014 e rubricata "Autoriciclaggio" e l'impatto che questa ha sulle vicende fiscali. Nel primo capitolo si analizzerà l’evoluzione normativa in relazione al mutare del fenomeno criminale del riciclaggio; valutando nel tempo l’applicabilità e l’efficacia delle singole norme di contrasto al fenomeno de quo, sarà possibile comprendere le ragioni che hanno indotto il legislatore a tipizzare una specifica norma volta a punire condotte di autoriciclaggio, superando il c.d. "privilegio dell'autoriciclaggio". Il lavoro farà emergere le questioni e le criticità più rilevanti di questo recente istituto attraverso la disamina dei più importanti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Nella seconda parte dello scritto si intende esaminare il rapporto tra autoriciclaggio e reati tributari e la sua traduzione a livello pratico e sanzionatorio. In conclusione, si prenderà in considerazione il tema della responsabilità amministrativa dell'ente ex d.lgs. 231/2001 in presenza di condotte di autoriciclaggio di ricchezze, in particolare originate da reati fiscali, concludendo con un breve excursus sugli obblighi previsti per il professionista.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
13

Bertotto, Federico Nicola <1998&gt. "Cause di non punibilità, circostanze attenuanti ed aggravanti nei reati tributari del D.Lgs. 74/2000." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21864.

Full text
Abstract:
Il D.Lgs. 74/2000 ha caratterizzato la riforma nel settore del diritto penale tributario portando con sé molteplici novità rispetto il sistema precedente; di particolare interesse in tale riforma risultano essere le fattispecie delittuose presenti all'interno del D.Lgs. 74/2000, corrispondenti ai c.d. "reati tributari". La violazione delle norme di tali reati tributari comporta l'irrogazione di sanzioni penali (c.d. "pene") al "soggetto" che ne ha commesso l'illecito penale. Considerando che per i reati tributari è prevista solo la pena della reclusione, ciascuna fattispecie delittuosa del D.Lgs. 74/2000 prevede un limite minimo ed un limite massimo di pena (c.d. "quadro edittale") e spetta al giudice penale, all'interno di questo "range", quantificare la pena da infliggere al caso concreto. In questo ambito assumono rilievo le c.d. "circostanze", ossia elementi accessori di un reato già strutturato che determinano un aumento (c.d. "circostanze aggravanti") o una diminuzione (c.d. "circostanze attenuanti") della pena: nel D.Lgs. 74/2000 sono previste delle ipotesi attenuate all'interno dell'art. 2 ("dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o documenti per operazioni inesistenti") e dell'art. 8 ("emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti"), mentre delle ipotesi aggravate sono presenti nell'art. 11 ("sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte"). Inoltre, nel Titolo III del D.Lgs. 74/2000 sono disciplinate due circostanze attenuanti (art. 13-bis, co. 1 e art. 14) ed una aggravante (art. 13-bis, co. 3) che trovano applicazione nei reati tributari. All'interno della c.d. "punibilità", assumono rilievo anche le c.d. "cause di non punibilità", ossia cause che escludono la punibilità di un reato perfettamente strutturato: oltre alla "particolare tenuità del fatto" e ai "condoni tributari" che hanno ripercussioni sui reati tributari, il D.Lgs. 74/2000 prevede espressamente due cause di non punibilità, rispettivamente agli artt. 13 e 15.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
14

Savioli, Matteo <1992&gt. "La fiscalità delle reti d'impresa." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11683.

Full text
Abstract:
Il contratto di rete è uno strumento con il quale più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e competitiva. In seguito alla sua emanazione, la dottrina si è posta il problema se la rete possedesse o meno un’autonoma soggettività giuridica e, di conseguenza, fiscale. La sua evoluzione normativa ha portato a configurarsi due fattispecie: la rete-contratto e la rete-soggetto. L’elaborato si presta ad analizzare le discipline fiscali delle reti-contratto e delle reti-soggetto, e le altre agevolazioni fiscali predisposte nel tempo dal legislatore con lo scopo di incentivarne il suo impiego tra le piccole e medie imprese italiane e permettere loro di ottenere gli strumenti giusti per poter competere nel mercato globale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
15

Rizzo, Tommaso <1991&gt. "Dal riciclaggio all’autoriciclaggio: rapporto coi reati tributari, inserimento nel d.lgs. 231/2001 e criticità della nuova fattispecie." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9588.

Full text
Abstract:
Il presente lavoro, dopo aver presentato l’evoluzione del reato di riciclaggio in Italia, la sua insoddisfacente traduzione pratico-applicativa e il contesto internazionale, si propone di analizzare la nuova fattispecie delittuosa di cui all’art. 648 ter 1 c.p. e le ragioni che hanno portato alla sua introduzione. Si approfondiscono inoltre criticità e problematiche interpretative, il legame con i reati tributari nonché l’inserimento della fattispecie nell’art. 25 octies del d.lgs. 231/2001.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
16

Zoratto, Jessica <1991&gt. "Il reato di omesso versamento dei tributi nella crisi d'impresa." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7709.

Full text
Abstract:
L'elaborato avrà ad oggetto l'approfondimento della disciplina penale-tributaria in materia di omesso versamento dei tributi, facendo particolare attenzione all'elemento soggettivo, alla sussistenza di eventuali scriminanti e agli strumenti deflattivi della sanzione penale in materia tributaria. Obiettivo della trattazione sarà quello di poter fornire un adeguato metro valutativo per determinare l'incidenza della negativa congiuntura economica sull'elemento soggettivo di talune specifiche fattispecie criminose poste in essere dall'imprenditore nei confronti dell'amministrazione. Dopo un'attenta analisi dell'evoluzione normativa in materia di omesso versamento dei tributi, si valuterà in che modo vengono risolte eventuali questioni inerenti la doppia punibilità del medesimo fatto integrante sia una sanzione tributaria, sia una sanzione penale, andando a trattare il cosiddetto “ne bis in idem”; successivamente si entrerà nel cuore dell'argomento, analizzando la normativa di riferimento, aggiornata di recente con il d.lgs. 158/15, proseguendo con la prescrizione e le relative problematiche che ne conseguono.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
17

Pascon, Vania <1993&gt. "I REATI DI BANCAROTTA: ANALISI DELLE DIVERSE FATTISPECIE E RUOLO DELLA SENTENZA DICHIARATIVA DI FALLIMENTO." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12606.

Full text
Abstract:
La tesi è un'analisi delle diverse fattispecie di bancarotta, dalla fraudolenta alla semplice. Stante l'elemento instabile su cui poggiano questi reati, ci si interroga inizialmente sul ruolo della sentenza dichiarativa di fallimento come elemento costitutivo del reato o come condizione obiettiva di punibilità. Nello sviluppo si approfondiranno le diverse ipotesi di reato in tutte le loro sfaccettature arrivando ad una risposta al quesito posto inizialmente.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Bordignon, Carlotta <1989&gt. "L'evoluzione normativa della disciplina sull'indeducibilità dei "costi da reato"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4932.

Full text
Abstract:
Nel seguente elaborato si analizzeranno le modifiche introdotte dal decreto legge del 2 marzo 2012, n.16 (c.d. decreto semplificazioni fiscali), conv. con modif. con L. 26 aprile 2012, n.44, alla disciplina sull'indeducibilità dei costi da reato. In particolare, si esaminerà l'art. 8, comma 1, del predetto decreto che restringe l'ambito di operatività della normativa solamente ai costi e alle spese dei beni o delle prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, escludendo dall'ambito di applicazione della disciplina i costi documentati in fatture soggettivamente inesistenti. Si delineerà poi il trattamento previsto dal comma 2 del predetto art. 8 riguardante i componenti reddituali negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati, con riferimento anche alle specifiche sanzioni irrogabili, nonché la disposizione relativa al regime transitorio di cui al comma 3.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
19

Aversano, Tatiana. "Impresa illecita e illecito d'impresa nel quadro della responsabilità degli enti da reato, con riferimento in particolare ai reati associativi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3424569.

Full text
Abstract:
Thesis: Illegal and illicit business within the framework of the corporate entity’s liability for the offense, with particular emphasis on criminal enterprises. In recent years, the distinction between illicit and illegal business has assumed significant importance in Italian criminal law; the point relates to the relationship between crimes and conspiracy, and the effects of sanctions on assets and particularly confiscation. Part one outlines the concept of illegal business, as it relates to the offense of criminal corporate enterprise, as written in art. 24-ter of Legislative Decree no. 231/2001, as defined by L.94 / 2009. Theoretically, the distinction is clear. Illegal business is the result of companies whose economic activity is aimed exclusively at crime. For example, considering a company that operates exclusively in drug trafficking or money laundering or fraudulent misrepresentation to obtain public subsidies, or to a company set up for the sole purpose of committing tax fraud (in particular to VAT). Such activity is akin to the Continuing Criminal Enterprise, punished by the US Code § 848. Illicit business is, by contrast, a crime committed by a company that is operating within the law. The criminal consequences for both are clear. Illegal business is a form of organized crime and normally requires the participation of all members of the company; so all of them can be subject to the confiscation of their assets. Illicit business, on the other hand, holds responsible only those people who commit the crime. For them, confiscation applies only to the product, profit or, at most, their equivalent value. However, new laws and new practices have drastically changed the parameters. The most interesting suggestions come from the analysis of criminal associations that are practiced within "legal contexts". That is the borderline between illicit and illegal organizations. Companies who practice traditional crimes tend to use intimidating methods to make profits that border on lawlessness and extortion. You can find these kinds of criminal organizations, with increasing frequency, in successful businesses with a lot of economic turnover. It’s essential to realize that within companies, there is an important distinction between corporate crime and organized crime, and article 416 of the Italian Criminal Penal Code can be applied only to organized crime. Sometimes the distinction between lawful and unlawful organizations (or business enterprises) is not so clear, especially in the field of Environmental Criminal Law and rules relating to criminal waste. These rules are aimed at entrepreneurs and not at private citizens. The analysis breaks down in two areas of investigation. On the one hand we need to define what makes an organization illegal, even looking into civil law. On the other hand, we also need to examine the rules laid out in art. 24-ter of Legislative Decree no. 231/2001. This article was incorporated by Law no.94 / 2009, and was designed to provide timely legislative action against companies who operate with the appearance of legitimacy, but in reality are connected to criminal elements. So, when corporate organizations show evidence of criminal involvement, they are practicing illegal rather than illicit associations. In these cases article 416 of the Italian Criminal Penal Code. et seq. and art. 24-ter of Legislative Decree no. 231/2001 can be applied. Article 24 -ter can also be used for a wide range of other crimes not specified in this law. This sets a dangerous precedent for all companies, because this law could be widely interpreted. The problem is that the loose interpretation makes it difficult for companies to create valid and efficient compliance programs. What is more, aspects of the law are being constantly updated. The second part of the thesis examines the conflicts that arise as a result of criminal corporate liability, especially in relation to tax fraud legislation. The lack of specifics in this legislation described in Decree 231/2001 has created a lot of problems and a serious legal debate. Some jurists wish to see the law more strictly applied. Proponents believe that the system should have better overall effectiveness in terms of the fight against tax fraud and tax evasion. Opponents fear that it would create unnecessary obstacles for companies by increasing the number of sanctions that could be brought against them. In general, the legislature's choice of excluding tax fraud from the Decree 231/2001 has been widely criticized and subject to subsequent attention from Parliament, which –in 2013- tried to include tax crimes in the Legislative Decree. Tax fraud is the trademark of organized economic crime. There is an intense need for criminal policy to strengthen the fight against tax evasion. The point is to prevent illegal tax evasion by adopting valid compliance structures and programs. After reviewing the complex debate on the inclusion of tax fraud into the Legislative Decree no. 231/2001, this theses aims to identify multiple methods by which tax fraud has an indirect impact on corporate criminal liability. a) Firstly the Legislative Decree no. 231/2001 already addresses some tax crimes, for example money laundering. b) Secondly, some links have recently been made between tax fraud and Legislative Decree no. 231/2001, for example with the introduction of seizure and confiscation taxes. Finally, the last part of the thesis makes interesting comparisons between the Italian system and corporate criminal liability in China on the one hand, and the Anglo-American model on the other hand. Chinese law provides for different types of crimes, attributable both to persons and to companies. The Chinese model has been qualified as a "social system of personalized responsibility," this expression means a system in which the company has its own will and operating methods, so its actions are not to be confused with those of individuals. Whereas in US law the rules of “diversion procedures” (deviations from the normal sequence of the criminal process before the delivery of sentencing) can also be applied to companies. They are, today, the main instrument used to fight against corporate crimes. Since the '90s, we have noticed the gradual growth of the DPA (deferred prosecution agreement) and NPA (non-prosecution agreement). Also the United Kingdom has recently introduced a specific regulation regarding corporate criminal liability.
Il lavoro si pone l’obiettivo di esaminare un tema di alta difficoltà e complessità. In anni recenti, la distinzione tra impresa illecita e illecito d’impresa ha assunto nel diritto penale italiano un’importanza significativa: il rilievo attiene sia ai rapporti tra concorso di persone nel reato e associazione per delinquere, sia agli effetti dell’applicazione delle sanzioni di natura patrimoniale e della confisca in particolare. La prima parte delinea il concetto di impresa illecita, in rapporto all’illecito penale dell’impresa e alla sua qualificazione avvenuta con l’art. 24-ter del D.Lgs. 231/2001, così come definito dalla L.94/2009. In via teorica e in astratto, la distinzione è precisa. L’impresa penalmente illecita è l’impresa (o società) la cui attività economica è volta esclusivamente al crimine: si pensi ad una società che opera esclusivamente nel traffico degli stupefacenti o nel riciclaggio di denaro o nella percezione fraudolenta di sovvenzioni pubbliche, oppure ad una società costituita al solo scopo di commettere frodi fiscali (all’Iva in particolare). La figura, dunque, è affine al Continuing Criminal Enterprise, punito dal § 848 US Code. L’illecito penale dell’impresa è, invece, il reato commesso episodicamente da un’impresa dedita ad un’ attività economica lecita in sé. La distinzione, ancora in via teorica ed in astratto, è precisa anche per le conseguenze penali. L’impresa penalmente illecita si colloca nel campo della criminalità organizzata e comporta normalmente l’applicazione dei delitti associativi a tutti i soggetti partecipi dell’impresa; nel contempo la confisca si può applicare all’impresa nel suo complesso. L’illecito penale dell’impresa (lecita), invece, comporta la responsabilità soltanto del soggetto che ha commesso quel reato che sia riconducibile all’impresa: se i soggetti sono più di uno si applica l’istituto del concorso di persone; nel contempo, la confisca riguarda soltanto il prodotto, profitto, prezzo di quel reato o, tutt’al più, il valore equivalente di essi. Tuttavia, nuove leggi e nuove prassi hanno mutato profondamente i termini della questione. Le suggestioni più interessanti in tema di organizzazione sono quelle che provengono dall’analisi giurisprudenziale e dottrinale in materia di associazione per delinquere applicata a “contesti leciti”. Ecco farsi strada la problematica del confine tra organizzazioni illecite e illeciti delle organizzazioni. Superate queste premesse di tipo tradizionale, la ricerca vive all’interno di uno scenario più complesso dove la criminalità tradizionale cerca di assomigliare all’impresa lecita e dove le imprese lecite tendono a usare mezzi di ricerca del profitto che sfiorano l’illegalità, anche metodi intimidativi ed estorsivi tipicamente mafiosi. L’impressione è che si debba andare alla ricerca delle premesse criminologiche di questa realtà nuova, in condizione di crisi economica, tra agire sul mercato, lecito o illecito che sia, e aggirare il mercato, lecito o illecito che sia. L’associazione per delinquere, con sempre maggiore frequenza, trova un campo d’applicazione privilegiato rispetto a ipotesi delittuose tipicamente riconducibili allo svolgimento di attività economiche, in particolare di carattere imprenditoriale. Dall’analisi condotta, il soggetto collettivo non rappresenta l’effettivo destinatario dell’arricchimento patrimoniale conseguente alla realizzazione delle fattispecie oggetto del programma criminoso, e nemmeno il destinatario, anche indiretto, della risposta sanzionatoria. Siamo, piuttosto, di fronte alla strumentalizzazione dell’ente a opera di soggetti che realizzano le fattispecie criminose per un fine e un profitto esclusivamente personali. L’affermazione si regge sull’interpretazione che vuole, ai fini della configurabilità di un'associazione per delinquere, non l'apposita creazione di un'organizzazione sia pure rudimentale, ma di una struttura che può anche essere preesistente all’ideazione criminosa, anche se dedita a finalità lecite. Fenomeno concettualmente distinto, riconducibile al caso in cui l’organizzazione lecita sia funzionale alla sola perpetrazione di reati, si ha nell’ipotesi in cui l’associazione per delinquere si annidi all’interno di un’organizzazione indiscutibilmente lecita, utilizzandone la struttura per la commissione di reati, senza tuttavia piegarla a finalità criminali. La liceità dei fini dell’associazione destinataria dei profitti si riverbera sul dolo di ciascun imputato, il quale, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un’associazione criminale. Trattasi, dunque, di reiterate condotte criminose non rappresentanti l’ordinarietà quanto piuttosto di “deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali” , tali da non fondare una responsabilità ex art. 416 c.p.. L’organizzazione rappresenta, dunque, uno degli argomenti interpretativi portati a sostegno della ontologica distinzione tra fenomeno dell’accordo e fenomeno associativo. Porre l’accento sull’elemento organizzativo consente di prospettare un interessante spunto di indagine. Si impone quindi di guardare con particolare attenzione ai concetti di organizzazione lecita e organizzazione illecita e ai fenomeni a essi sottesi della criminalità d’impresa e della criminalità organizzata. Criminalità d’impresa e criminalità organizzata mantengono ambiti soggettivi e oggettivi non coincidenti . La criminalità d’impresa è definita come una manifestazione della criminalità economica colta nel suo momento genetico, quale espressione di un organismo produttivo e indipendentemente dall’incidenza lesiva che può coinvolgere interessi individuali e collettivi. A delimitare la categoria risulta comunque indispensabile un requisito di base: parlando di impresa si postula un’attività economica fondamentalmente lecita. E si tratta di una liceità sotto il profilo dell’attività dedotta quale oggetto dell’impresa ovvero della natura dei beni o servizi forniti al mercato. Pertanto, la criminalità d’impresa può riflettere occasionalmente delle défaillances oppure può affondare le radici in una “politica” viziata, ma sempre sul presupposto di una iniziativa come tale accettabile, tendenzialmente positiva sul piano sociale, che non può essere estranea a priori alla garanzia dell’art. 41 Cost. Proprio il carattere incidentale rispetto a una legittimità di fondo, differenzia la criminalità d’impresa dalla criminalità organizzata, nella quale la violazione della legge penale assurge a scopo, a oggetto dello scopo associativo. Perciò, anche nelle sue forme più gravi la criminalità di impresa non può varcare la soglia dell’art. 416 c.p. . In termini di rilevanza penale la distinzione risulta chiara: data un’associazione criminale, la semplice partecipazione costituisce reato, indipendentemente dal concorso nei delitti scopo; la criminalità d’impresa pone al contrario un problema di imputazione delle manifestazioni devianti, nessun rilievo assumendo il mero inserimento nell’organizzazione. Nel secondo caso, a differenza che nel primo, posta la valenza neutrale e anzi costruttiva dell’iniziativa imprenditoriale, si impone una repressione “oggettivamente (nei limiti degli aspetti devianti) e soggettivamente mirata”. L’esigenza di dare risposta alla domanda prospettata in precedenza, ovvero la necessità di definire cosa debba intendersi per illiceità del requisito organizzativo, se esistano delle caratteristiche che rendano l’organizzazione intrinsecamente illecita o se tale tratto dipenda, in ultima istanza, dalla mera scelta dell’interprete in sede di applicazione della fattispecie incriminatrice, induce a soffermarsi sulla disciplina dei reati in materia di rifiuti. Infatti nel settore del diritto penale ambientale si realizza, quella commistione concettuale, precedentemente evidenziata, tra impresa lecita e impresa illecita. Commistione che, tuttavia, rappresenta il frutto di una certa tipizzazione delle fattispecie incriminatrici. Sebbene si tratti di fattispecie comuni, realizzabili da chiunque tenga la condotta incriminata, sia che si tratti di gestione, traffico o attività organizzata, la gran parte dei reati possono essere commessi solo nell’ambito di attività d’impresa, posto che la produzione e la gestione nella quale rientrano la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il recupero di rifiuti sono quasi sempre appannaggio di imprenditori e non di privati cittadini. L’analisi si scompone a questo punto in due aree d’indagine. Da un lato vi è la necessità di proseguire nella definizione, laddove possibile, di cosa renda illecita un’organizzazione, anche indagando settori disciplinari complementari a quello penale, come la disciplina civilistica ed in particolare l’ipotesi di impresa illecita come impresa apparentemente lecita. Nella disciplina civilistica il concetto di organizzazione non si connota in termini di neutralità, non si presta agevolmente ad essere plasmato in relazione alle esigenze di tutela che emergono in sede applicativa. Ciò è fatto palese proprio dal rilievo costituzionale dato all’attività economica, che nella quasi totalità dei casi è organizzata a impresa, ancorché l’esercizio di un’attività d’impresa non è sinonimo dell’esercizio di un’attività economica. L’attività imprenditoriale, dunque, produce ricchezza ed è preordinata alla circolazione di questa con una positiva ricaduta sulla comunità, per questo l’art. 41 Cost. ne indica i caratteri e le finalità, nonché i limiti da osservare. Nell’ottica civilistica, l’organizzazione è fatta coincidere con un’attività che corrisponde in modo sistematico alle esigenze di funzionalità e di efficienza di un’impresa, per lo più collettiva. E che, per la giurisprudenza, diviene la capacità dell’imprenditore di organizzare uno qualsiasi dei fattori della produzione e quindi anche il solo capitale, non essendo l’assunzione della qualità di imprenditore necessariamente correlata all’utilizzazione del lavoro altrui, o, addirittura, la mera attività svolta in modo sistematico e continuo anche con mezzi rudimentali e limitati. Ne deriva che il discorso sull’organizzazione è un discorso sulle modalità di esercizio dell’attività. Per esercitare l’attività, occorre necessariamente l’opera di coordinamento dei fattori produttivi – capitale, lavoro, terra – nel senso che l’imprenditore deve organizzarsi e organizzare tali fattori. Dall’altro lato, si ritiene necessario esaminare la disciplina della responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, specie dopo che il legislatore vi ha ricondotto, come ipotesi di reato-presupposto, alcune fattispecie associative previste dall’art. 24 ter del d.lgs. 231/2001. Nel volgere di alcuni anni si è assistito ad un progressivo allontanamento dall’originario modello di responsabilità degli enti, che operano per il perseguimento di finalità lecite al cui interno possono essere commessi reati che non incidono sulla generale liceità dell’esercizio d’impresa. Quindi, a seguito di molteplici interventi normativi sul d.lgs 231/2001 l’ipotesi di ente criminale – prima rappresentata come del tutto eccezionale – adesso si delinea come figura destinataria del precetto. La legge n.94/2009, inserendo nel d.lgs. 231 i reati di associazione - prima rilevanti solo se aventi il carattere della trasnazionalità (ai sensi della legge n. 146 del 2006) - aveva l’obiettivo di rispondere alla necessità di prevedere un opportuno intervento legislativo contro le ipotesi in cui l’attività illecita derivasse da un intervento da parte di associazioni mafiose o fosse direttamente realizzata da un’impresa mafiosa, operanti con apparenza di legittimità ma in realtà dirette da poteri criminali. Dunque, quando si estende la responsabilità degli enti rispetto ai reati che sembrano essere espressione di associazioni per delinquere, allora ci troveremo di fronte ad associazioni illecite piuttosto che ad illeciti di associazione. Di conseguenza nel caso in cui, all’interno dell’ente, vengano commessi reati espressione di associazioni penalmente rilevanti, da soggetti i quali avvalendosi proprio della struttura organizzata dell’ente ne intacchino la liceità, si rientrerà all’interno delle fattispecie sanzionate dagli artt. 416 c.p. e seg. e dall’art. 24 ter D.lgs. 231/2001. La peculiarità di questi nuovi reati presupposto, introdotti nel 2009, è proprio quella di non essere accomunati dall’obiettivo di tutela di un determinato bene giuridico da particolari forme di offesa (si pensi ai reati contro la P.A, ai reati finanziari, ai reati colposi della sicurezza sul lavoro). Il collante dei nuovi delitti è essenzialmente empirico-criminologico, essendo tutti diretti a contrastare attività criminose particolarmente gravi, normalmente appannaggio delle grandi organizzazioni criminali e spesso strumentali alla loro stessa esistenza. In questa prospettiva di lotta alla criminalità organizzata sono ricompresi sia alcuni importanti reati-fine (traffico di stupefacenti, commercio e fabbricazione di armi, sequestro di persone a scopo di estorsione), sia i due principali reati-mezzo codicistici, cioè le condotte associative in senso stretto tipizzate dagli artt. 416 e 416 bis c.p.). È proprio il richiamo a queste due fattispecie incriminatrici che potrebbe determinare effetti di estensione delle ipotesi tipiche di responsabilità dell’ente probabilmente assai più ampi di quelli che il legislatore aveva preventivato. Sul piano dell’organizzazione societaria è allora evidente come il reato associativo sia astrattamente contestabile per il semplice fatto che l’ente abbia realizzato degli illeciti. Le conseguenze pericolose: difficoltà di predisporre validi ed efficaci modelli organizzativi di gestione e prevenzione dei reati che rischieranno di risultare vaghi ed inadeguati, proprio per il fatto che si pone l’ulteriore variabile di poter estendere l’applicazione dell’art. 24 ter anche a fattispecie delittuose non comprese nel novero dei reati presupposto di cui al d.lgs 231/2001. È evidente come il legislatore abbia impresso alla disciplina della responsabilità degli enti, prevista dal D.Lgs. 231, una doppia velocità: - da un lato l’apparato sostanzialmente immutato, delle disposizioni di parte generale con i principi di garanzia, i presupposti della responsabilità dipendente da reato, l’apparato sanzionatorio e le norme processuali; - dall’altro lato una serie di reati presupposto caratterizzato dal rapido ampliamento rispetto alla soluzione iniziale alquanto ristretta. La seconda parte del lavoro, esamina alcuni conflitti che sorgono nell’ambito della disciplina della responsabilità delle organizzazioni, soprattutto in relazione al rapporto con la normativa tributaria, alla possibilità di aggredire i beni della persona giuridica e alla questione delle effettive vie di ingresso dei reati tributari all’interno del decreto sulla responsabilità degli enti da reato. Nell’ambito del sistema previsto dal decreto 231/2001, e specificamente nell’elencazione dei reati presupposto per la configurabilità della punibilità degli enti, spicca la mancanza dei reati di tipo tributario. La produzione normativa comunitaria alla base del decreto 231 era volta innanzitutto a tutelare gli interessi finanziari dell’UE e dello Stato, eppure il legislatore italiano scelse consapevolmente di non inserire i reati tributari nella delega al governo per la costruzione della responsabilità da reato degli enti. I reati tributari, tuttavia, pur assenti dalla lista dei delitti presupposto della responsabilità dell’ente, sono concettualmente e logicamente al centro dell’attività di mappatura dei rischi, che costituisce l’antecedente logico necessario per l’elaborazione del modello di organizzazione e gestione individuato come una specifica forma di esonero della responsabilità dell’ente. La scelta politico-criminale del legislatore è sicuramente criticabile in quanto è fisiologico che gli adempimenti tributari, di maggiore spessore e consistenza, concretizzano ben precise scelte di politiche di impresa alle quali conseguono vantaggi indebiti per l’ente. Infatti insieme ai reati societari, i reati tributari sono gli antecedenti logici per la costituzione di fondi riservati destinati ad alimentare i reati di scopo, come la corruzione. Dunque, le aree strumentali più pericolose sono proprio quelle dimensioni organizzative dell’ente che presiedono alla gestione di risorse economiche o di strumenti di tipo finanziario che possono supportare la commissione dei reati nelle aree a rischio di reato. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di spiegare come attraverso la contraddizione tra l’assenza dell’architettura della responsabilità degli enti e la colonizzazione dei gangli vitali del sistema 231, si può raccontare il rapporto tra i reati tributari e la responsabilità degli enti collettivi: da un lato il dibattito sulla loro mancata introduzione e dall’altro lato le vie sostanziali attraverso cui i reati tributari realizzano un’incidenza diretta sulla responsabilità da reato delle persone giuridiche. La disciplina fissata dal diritto penale tributario ha suscitato un intenso dibattito dottrinario in merito all’opportunità di includere le fattispecie di cui al d.l. n. 74/2000 tra i reati presupposto di cui al decreto n. 231/2001. I fautori di tale inclusione evidenziano come il sistema potrebbe avere un’efficacia complessiva migliore anche sul piano della lotta alla criminalità in ambito tributario: l’introduzione degli illeciti fiscali tra i reati di cui al decreto n. 231/2001 non presenterebbe comunque un’innovazione problematica, visto che l’ordinamento nazionale già prevede casi in cui vi sia contestualmente una responsabilità penale, una responsabilità amministrativa ed una responsabilità dell’ente di cui al decreto stesso, come ad esempio nel caso del “market abuse” di cui agli artt. 25-sexies del decreto n. 231/2001, 187-quinquies e 187-terdecies del TUF. I contrari invece all’inclusione dei reati fiscali nell’elencazione di cui al decreto n. 231/2001 ritengono che il diritto vigente già prevede la possibilità di irrogare una sanzione tributaria all’ente, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del d.l. n. 74/2000; inoltre, è necessario evitare una moltiplicazione delle sanzioni a carico dell’ente, secondo un sistema che dovrebbe prevedere la sanzione penale per la persona fisica, la sanzione tributaria per la persona giuridica e la sanzione di cui al decreto n. 231/2001sempre per la persona giuridica. In generale, comunque, la scelta del legislatore di escludere i reati tributari dal novero dei reati presupposto è stata ampiamente criticata e oggetto di successive attenzioni da parte del Parlamento: si segnala a tal proposito il disegno di legge S.19- Grasso del 15 marzo 2013 con il quale si proponeva di “estendere la responsabilità da reato degli enti ai reati tributari, colmando così una lacuna ingiustificabile sul terreno politico-criminale”. Analizzando più a fondo la problematica appare evidente come il sistema del decreto 269 del 2003, in tema di responsabilità amministrativa da illecito tributario, sia orientato esclusivamente a una funzione risarcitoria del danno subito dall’erario per il mancato introito fiscale; non conosce finalità di tipo preventivo. La responsabilità da reato degli enti, invece, è pensata e costruita allo scopo di catalizzare i processi di adeguamento spontaneo alle normative di riferimento, di modernizzare i procedimenti interni volti alla gestione e al controllo dei centri di rischio di commissione di illeciti penali. C’è una sorta di sistema etico che prova a introdurre nella realtà organizzativa e gestionale dell’ente misure cautelari di impedimento di reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. Questa è la ragione principale per cui non è possibile sostenere la scelta di non inserimento dei reati tributari, neanche facendo riferimento all’argomento della moltiplicazione delle sanzioni per un medesimo fatto. In settori particolarmente delicati, come si è visto, l’ordinamento conosce molti livelli di sanzione per un medesimo fatto. Sono ambiti in cui massima è l’attenzione alla prevenzione e non solo alla punizione degli illeciti. La soluzione non potrebbe essere proprio quella della obliterazione della responsabilità da reato degli enti; sarebbe più ragionevole, invece, una tecnica legislativa che prevedesse criteri di sussidiarietà, o che accorpasse nel decreto 231 tutta la normativa sulla responsabilità degli enti per illecito tributario. Per i reati tributari che sono l’emblema della delinquenza economica organizzata, c’è un’intensa esigenza di politica criminale che orienta la normativa al rafforzamento della lotta all’evasione fiscale; e la politica criminale in questo settore non può che essere quella della prevenzione mediante organizzazione, con relativa responsabilizzazione per difetto organizzativo. Non si tratta, in sostanza, di punire maggiormente un illecito tributario, la questione è quella di prevenire gli illeciti tributari incentivando gli enti all’adozione di strutture di compliance volte all’introduzione di regole cautelari mediamente dirette all’impedimento di reati tributari. Tale prevenzione si realizza attraverso la segmentazione del attività esecutive in tema di gestione degli obblighi fiscali, di monitoraggio sulle attività strumentali alla costituzione di fondi riservati, con la ramificazione di procedure e protocolli ispirati dall’adeguamento a standard procedurali internazionali. Questo è il motivo per cui non si può prescindere dalla ricomprensione dei reati tributari nel sistema creato da decreto sulla responsabilità degli enti da reato; oltre naturalmente ad una maggiore incisività del contesto processuale penale e del sistema sanzionatorio dovuta alla disponibilità di sanzioni interdittive, alla possibilità di applicare misure cautelari, alla effettività e dissuasività della sanzione della confisca per equivalente che rende inutile l’occultamento del profitto ed esonera l’accusa dalla prova della diretta provenienza del delitto. Dopo aver esaminato il complesso dibattito sull’inserimento dei reati tributari nella disciplina del decreto 231, il presente lavoro mira ad individuare molteplici itinerari attraverso i quali i reati tributari realizzano un’incidenza indiretta sulla responsabilità da reato degli enti collettivi: a) in primo luogo alcuni reati tributari possono essere in concreto elementi o parti di un reato già presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/2001. A questa tipologia si possono ricondurre le problematiche attinenti l’associazione per delinquere, anche transnazionale, finalizzata alla commissione di un reato tributario e il riciclaggio dei proventi da illecito tributario. La nuova normativa antiriciclaggio introduce di fatto per le persone giuridiche la possibilità di configurare la loro responsabilità per tali illeciti e dunque la responsabilità diretta degli enti in caso di comportamenti illeciti di persone che agiscono per loro conto. b) in secondo luogo si sono venuti a formare nel corso del tempo dei luoghi di intersezione tra reati fiscali e disciplina della responsabilità degli enti collettivi. A questo gruppo, invece, possono essere ricondotte alcune recenti decisioni in tema di sequestro preventivo e confisca tributaria. A tale proposito le Sezioni Unite nel 2014 hanno aderito all’orientamento contrario all’estensione della confisca per equivalente per reati tributari alle persone giuridiche, per assenza di una base normativa alla quale ricondurre tale sanzione, confermando, invece, l’ammissibilità della confisca diretta del profitto del reato nei confronti dell’ente. Tuttavia, nonostante l’affermazione del principio dell’inapplicabilità della confisca per equivalente all’ente, la lettura estensiva della confisca diretta fornita dalla Corte, potrebbe portare ad un’estensione di fatto nell’applicazione della sanzione contro gli enti, quando il profitto dei reati tributari è rimasto nella disponibilità della società. Infine, nell’ultima parte del lavoro sono stati inseriti degli interessanti profili di comparazione, partendo dall’assunto in base al quale il diritto è una creazione storica, politica, sociale, intellettuale, la cui esistenza e funzionamento in una data società poggia soprattutto sulla cultura della società stessa, è stata svolta un’analisi comparata tra il sistema italiano e la responsabilità penale degli enti in Cina da una parte e il modello anglo-americano dall’altra. Il diritto cinese prevede diverse tipologie di reati ascrivibili a persone fisiche ed enti: vi sono reati che possono essere commessi dall’ente e dalla persona fisica responsabile per l’ente, reati che possono essere commessi da una persona fisica o da un ente, reati che possono essere commessi da persone fisiche incaricate o responsabili del controllo, secondo una strutturazione che non segue un criterio unico a livello politico-sociale. Il modello cinese è stato qualificato come un “sistema sociale di responsabilità personalizzata”, intendendo con tale espressione un sistema in cui l’ente ha una propria volontà e capacità, per cui le sue azioni non vanno confuse con quelle delle persone fisiche. Nell’ordinamento statunitense, si assiste, invece, alla progressiva estensione, agli enti collettivi, di procedimenti di diversione processuale (deviazioni dalla normale sequenza di atti del processo penale, prima della pronuncia dell’imputazione) i quali sono diventati, oggi, lo strumento privilegiato per fronteggiare la criminalità d’impresa. A partire dagli anni ’90, si assiste alla progressiva estensione agli enti collettivi dei DPA (deferred prosecution agreement) e NPA (non prosecution agreement), con due obiettivi principali: chiamare a rispondere, degli illeciti commessi in ambito aziendale, un numero sempre maggiore di imprese, seppur mediante meccanismi di diversion più flessibili e più rapidi; scongiurare le ricadute negative che i procedimenti penali normalmente riversano sul mercato. Anche il Regno Unito ha, di recente, introdotto una disciplina ad hoc. Tale è la pervasività della giustizia dilatoria che la stessa ha finito per stravolgere i regimi di corporate liability vigenti nei sistemi di area anglo-americana, fornendo al contempo spunti comparativi anche in prospettiva di riforma del d. lgs. n. 231 del 2001.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
20

Brian, Lisa <1989&gt. "Il regime fiscale dei distretti e delle reti di imprese." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3431.

Full text
Abstract:
L’obiettivo della tesi è quello di analizzare il fenomeno dei distretti e delle reti di imprese dal punto di vista fiscale. L’argomento è molto importante alla luce del fatto che l’economia italiana è formata in prevalenza da imprese di piccole e medie dimensioni, che non riescono a competere con il livello di globalizzazione e avanzamento tecnologico che caratterizza l’economia moderna. Il legislatore, tramite l’introduzione di particolari regimi di tassazione e la predisposizione di apposite agevolazioni fiscali, ha cercato di favorire questi fenomeni, affinché le imprese, aggregandosi, possano superare i limiti che la loro ridotta dimensione gli impone, in modo da aumentare la propria efficienza e diventare competitive anche sul mercato internazionale. Il fenomeno dei distretti e delle reti di imprese ha suscitato l’interesse del legislatore con la speranza che, tramite questo nuovo modo di fare l’impresa, l’economia italiana possa finalmente uscire dalla crisi e tornare ad essere in forze e competitiva.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
21

Brugnera, Lisa <1994&gt. "Le reti d'impresa: vantaggi fiscali e non in Italia ed in Francia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14365.

Full text
Abstract:
Tesi sulle reti d'impresa, differenziando tra reti soggetto e reti contratto, confronto tra le varie forme di aggregazione tra imprese, vantaggi fiscali e tributari della rete in Italia ed in Francia. Esempio di sviluppo di un contratto di rete in Italia.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
22

Forin, Giada <1990&gt. "Le frodi IVA e la prescrizione del reato: la tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11931.

Full text
Abstract:
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea con la c.d. sentenza Taricco, ha dichiarato la normativa italiana in materia di prescrizione dei reati idonea a pregiudicare gli obblighi degli Stati appartenenti all'Unione nelle ipotesi di gravi frodi Iva, in quanto lesive degli interessi finanziari dell'UE stessa.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
23

CIRAULO, ANTONELLA. "“I delitti di omesso versamento dopo la riforma dei reati tributari. Profili critici.”." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1080096.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
24

VALLINI, ANTONIO. "Colpevolezza e reati artificiali." Doctoral thesis, 2001. http://hdl.handle.net/2158/775384.

Full text
Abstract:
Tesi di perfezionamento (equiparata alla tesi di dottorato) discussa presso la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant'Anna di Pisa. Il lavoro tratta - da una prospettiva anche storica e comparatistica - i temi dell'imputazione di reati c.d. "artificiali", il problema dell'ipertrofia del sistema penale, la questione in genere della colpevolezza penale
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography