Academic literature on the topic 'Reati associativi'
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Journal articles on the topic "Reati associativi"
Hafeez, Sana, Tasmia Irum Noureen Shakir Baig, Muhammad Ali, Hania Hafeez, Ashley Nudrat, and Hira Butt. "Prevalence of Diastasis Recti Abdominis in Females with Respect to Their Stage and Status of Pregnancy." Pakistan Journal of Medical and Health Sciences 16, no. 5 (May 30, 2022): 1498–99. http://dx.doi.org/10.53350/pjmhs221651498.
Full textHafeez, Sana, Tasmia Irum Noureen Shakir Baig, Muhammad Ali, Hania Hafeez, Ashley Nudrat, and Hira Butt. "Prevalence of Diastasis Recti Abdominis in Females with Respect to Their Stage and Status of Pregnancy." Pakistan Journal of Medical and Health Sciences 16, no. 5 (May 30, 2022): 1498–99. http://dx.doi.org/10.53350/pjmhs221651498.
Full textBernardi, Antonio. "Alcune osservazioni sulle cause di tenuta del settore del franchising nelle fasi recessive." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 3 (July 2012): 439–74. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-003003.
Full textOnger, Sergio. "La rappresentanza degli interessi imprenditoriali nella Brescia della Belle époque." STORIA IN LOMBARDIA, no. 2 (January 2022): 51–70. http://dx.doi.org/10.3280/sil2020-002003.
Full textGitta, Stefánia, Zoltán Magyar, Péter Tardi, Istvánné Füge, Melinda Járomi, Pongrác Ács, János Garai, József Bódis, and Márta Hock. "A rectus diastasis prevalenciája, lehetséges rizikófaktorai és szövődményei." Orvosi Hetilap 158, no. 12 (March 2017): 454–60. http://dx.doi.org/10.1556/650.2017.30703.
Full textPoortinga, Wouter, Tatiana Calve, Nikki Jones, Simon Lannon, Tabitha Rees, Sarah E. Rodgers, Ronan A. Lyons, and Rhodri Johnson. "Neighborhood Quality and Attachment." Environment and Behavior 49, no. 3 (July 27, 2016): 255–82. http://dx.doi.org/10.1177/0013916516634403.
Full textM. Daher, Liana, and Davide Nicolosi. "Mediazioni di cittadinanza: l'attivismo prosociale a favore dei migranti." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2022): 117–35. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001007.
Full textStull, Gregory W., Conrad C. Labandeira, William A. Dimichele, and Dan S. Chaney. "The “seeds” on Padgettia readi are insect galls: reassignment of the plant to Odontopteris, the gall to Ovofoligallites n. gen., and the evolutionary implications thereof." Journal of Paleontology 87, no. 2 (March 2013): 217–31. http://dx.doi.org/10.1666/12-063r.1.
Full textRomero Caballero, Belén. "Las movidas ecosociales de Fortaleza de la Mujer Maya A. C. Con-fabulaciones, re-existencias y maniobras de retaguardia." Arte y Políticas de Identidad 26 (June 30, 2022): 172–94. http://dx.doi.org/10.6018/reapi.530061.
Full textStarzec-Proserpio, Małgorzata, Montserrat Rejano-Campo, Agata Szymańska, Jacek Szymański, and Barbara Baranowska. "The Association between Postpartum Pelvic Girdle Pain and Pelvic Floor Muscle Function, Diastasis Recti and Psychological Factors—A Matched Case-Control Study." International Journal of Environmental Research and Public Health 19, no. 10 (May 20, 2022): 6236. http://dx.doi.org/10.3390/ijerph19106236.
Full textDissertations / Theses on the topic "Reati associativi"
Aversano, Tatiana. "Impresa illecita e illecito d'impresa nel quadro della responsabilità degli enti da reato, con riferimento in particolare ai reati associativi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3424569.
Full textIl lavoro si pone l’obiettivo di esaminare un tema di alta difficoltà e complessità. In anni recenti, la distinzione tra impresa illecita e illecito d’impresa ha assunto nel diritto penale italiano un’importanza significativa: il rilievo attiene sia ai rapporti tra concorso di persone nel reato e associazione per delinquere, sia agli effetti dell’applicazione delle sanzioni di natura patrimoniale e della confisca in particolare. La prima parte delinea il concetto di impresa illecita, in rapporto all’illecito penale dell’impresa e alla sua qualificazione avvenuta con l’art. 24-ter del D.Lgs. 231/2001, così come definito dalla L.94/2009. In via teorica e in astratto, la distinzione è precisa. L’impresa penalmente illecita è l’impresa (o società) la cui attività economica è volta esclusivamente al crimine: si pensi ad una società che opera esclusivamente nel traffico degli stupefacenti o nel riciclaggio di denaro o nella percezione fraudolenta di sovvenzioni pubbliche, oppure ad una società costituita al solo scopo di commettere frodi fiscali (all’Iva in particolare). La figura, dunque, è affine al Continuing Criminal Enterprise, punito dal § 848 US Code. L’illecito penale dell’impresa è, invece, il reato commesso episodicamente da un’impresa dedita ad un’ attività economica lecita in sé. La distinzione, ancora in via teorica ed in astratto, è precisa anche per le conseguenze penali. L’impresa penalmente illecita si colloca nel campo della criminalità organizzata e comporta normalmente l’applicazione dei delitti associativi a tutti i soggetti partecipi dell’impresa; nel contempo la confisca si può applicare all’impresa nel suo complesso. L’illecito penale dell’impresa (lecita), invece, comporta la responsabilità soltanto del soggetto che ha commesso quel reato che sia riconducibile all’impresa: se i soggetti sono più di uno si applica l’istituto del concorso di persone; nel contempo, la confisca riguarda soltanto il prodotto, profitto, prezzo di quel reato o, tutt’al più, il valore equivalente di essi. Tuttavia, nuove leggi e nuove prassi hanno mutato profondamente i termini della questione. Le suggestioni più interessanti in tema di organizzazione sono quelle che provengono dall’analisi giurisprudenziale e dottrinale in materia di associazione per delinquere applicata a “contesti leciti”. Ecco farsi strada la problematica del confine tra organizzazioni illecite e illeciti delle organizzazioni. Superate queste premesse di tipo tradizionale, la ricerca vive all’interno di uno scenario più complesso dove la criminalità tradizionale cerca di assomigliare all’impresa lecita e dove le imprese lecite tendono a usare mezzi di ricerca del profitto che sfiorano l’illegalità, anche metodi intimidativi ed estorsivi tipicamente mafiosi. L’impressione è che si debba andare alla ricerca delle premesse criminologiche di questa realtà nuova, in condizione di crisi economica, tra agire sul mercato, lecito o illecito che sia, e aggirare il mercato, lecito o illecito che sia. L’associazione per delinquere, con sempre maggiore frequenza, trova un campo d’applicazione privilegiato rispetto a ipotesi delittuose tipicamente riconducibili allo svolgimento di attività economiche, in particolare di carattere imprenditoriale. Dall’analisi condotta, il soggetto collettivo non rappresenta l’effettivo destinatario dell’arricchimento patrimoniale conseguente alla realizzazione delle fattispecie oggetto del programma criminoso, e nemmeno il destinatario, anche indiretto, della risposta sanzionatoria. Siamo, piuttosto, di fronte alla strumentalizzazione dell’ente a opera di soggetti che realizzano le fattispecie criminose per un fine e un profitto esclusivamente personali. L’affermazione si regge sull’interpretazione che vuole, ai fini della configurabilità di un'associazione per delinquere, non l'apposita creazione di un'organizzazione sia pure rudimentale, ma di una struttura che può anche essere preesistente all’ideazione criminosa, anche se dedita a finalità lecite. Fenomeno concettualmente distinto, riconducibile al caso in cui l’organizzazione lecita sia funzionale alla sola perpetrazione di reati, si ha nell’ipotesi in cui l’associazione per delinquere si annidi all’interno di un’organizzazione indiscutibilmente lecita, utilizzandone la struttura per la commissione di reati, senza tuttavia piegarla a finalità criminali. La liceità dei fini dell’associazione destinataria dei profitti si riverbera sul dolo di ciascun imputato, il quale, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un’associazione criminale. Trattasi, dunque, di reiterate condotte criminose non rappresentanti l’ordinarietà quanto piuttosto di “deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali” , tali da non fondare una responsabilità ex art. 416 c.p.. L’organizzazione rappresenta, dunque, uno degli argomenti interpretativi portati a sostegno della ontologica distinzione tra fenomeno dell’accordo e fenomeno associativo. Porre l’accento sull’elemento organizzativo consente di prospettare un interessante spunto di indagine. Si impone quindi di guardare con particolare attenzione ai concetti di organizzazione lecita e organizzazione illecita e ai fenomeni a essi sottesi della criminalità d’impresa e della criminalità organizzata. Criminalità d’impresa e criminalità organizzata mantengono ambiti soggettivi e oggettivi non coincidenti . La criminalità d’impresa è definita come una manifestazione della criminalità economica colta nel suo momento genetico, quale espressione di un organismo produttivo e indipendentemente dall’incidenza lesiva che può coinvolgere interessi individuali e collettivi. A delimitare la categoria risulta comunque indispensabile un requisito di base: parlando di impresa si postula un’attività economica fondamentalmente lecita. E si tratta di una liceità sotto il profilo dell’attività dedotta quale oggetto dell’impresa ovvero della natura dei beni o servizi forniti al mercato. Pertanto, la criminalità d’impresa può riflettere occasionalmente delle défaillances oppure può affondare le radici in una “politica” viziata, ma sempre sul presupposto di una iniziativa come tale accettabile, tendenzialmente positiva sul piano sociale, che non può essere estranea a priori alla garanzia dell’art. 41 Cost. Proprio il carattere incidentale rispetto a una legittimità di fondo, differenzia la criminalità d’impresa dalla criminalità organizzata, nella quale la violazione della legge penale assurge a scopo, a oggetto dello scopo associativo. Perciò, anche nelle sue forme più gravi la criminalità di impresa non può varcare la soglia dell’art. 416 c.p. . In termini di rilevanza penale la distinzione risulta chiara: data un’associazione criminale, la semplice partecipazione costituisce reato, indipendentemente dal concorso nei delitti scopo; la criminalità d’impresa pone al contrario un problema di imputazione delle manifestazioni devianti, nessun rilievo assumendo il mero inserimento nell’organizzazione. Nel secondo caso, a differenza che nel primo, posta la valenza neutrale e anzi costruttiva dell’iniziativa imprenditoriale, si impone una repressione “oggettivamente (nei limiti degli aspetti devianti) e soggettivamente mirata”. L’esigenza di dare risposta alla domanda prospettata in precedenza, ovvero la necessità di definire cosa debba intendersi per illiceità del requisito organizzativo, se esistano delle caratteristiche che rendano l’organizzazione intrinsecamente illecita o se tale tratto dipenda, in ultima istanza, dalla mera scelta dell’interprete in sede di applicazione della fattispecie incriminatrice, induce a soffermarsi sulla disciplina dei reati in materia di rifiuti. Infatti nel settore del diritto penale ambientale si realizza, quella commistione concettuale, precedentemente evidenziata, tra impresa lecita e impresa illecita. Commistione che, tuttavia, rappresenta il frutto di una certa tipizzazione delle fattispecie incriminatrici. Sebbene si tratti di fattispecie comuni, realizzabili da chiunque tenga la condotta incriminata, sia che si tratti di gestione, traffico o attività organizzata, la gran parte dei reati possono essere commessi solo nell’ambito di attività d’impresa, posto che la produzione e la gestione nella quale rientrano la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il recupero di rifiuti sono quasi sempre appannaggio di imprenditori e non di privati cittadini. L’analisi si scompone a questo punto in due aree d’indagine. Da un lato vi è la necessità di proseguire nella definizione, laddove possibile, di cosa renda illecita un’organizzazione, anche indagando settori disciplinari complementari a quello penale, come la disciplina civilistica ed in particolare l’ipotesi di impresa illecita come impresa apparentemente lecita. Nella disciplina civilistica il concetto di organizzazione non si connota in termini di neutralità, non si presta agevolmente ad essere plasmato in relazione alle esigenze di tutela che emergono in sede applicativa. Ciò è fatto palese proprio dal rilievo costituzionale dato all’attività economica, che nella quasi totalità dei casi è organizzata a impresa, ancorché l’esercizio di un’attività d’impresa non è sinonimo dell’esercizio di un’attività economica. L’attività imprenditoriale, dunque, produce ricchezza ed è preordinata alla circolazione di questa con una positiva ricaduta sulla comunità, per questo l’art. 41 Cost. ne indica i caratteri e le finalità, nonché i limiti da osservare. Nell’ottica civilistica, l’organizzazione è fatta coincidere con un’attività che corrisponde in modo sistematico alle esigenze di funzionalità e di efficienza di un’impresa, per lo più collettiva. E che, per la giurisprudenza, diviene la capacità dell’imprenditore di organizzare uno qualsiasi dei fattori della produzione e quindi anche il solo capitale, non essendo l’assunzione della qualità di imprenditore necessariamente correlata all’utilizzazione del lavoro altrui, o, addirittura, la mera attività svolta in modo sistematico e continuo anche con mezzi rudimentali e limitati. Ne deriva che il discorso sull’organizzazione è un discorso sulle modalità di esercizio dell’attività. Per esercitare l’attività, occorre necessariamente l’opera di coordinamento dei fattori produttivi – capitale, lavoro, terra – nel senso che l’imprenditore deve organizzarsi e organizzare tali fattori. Dall’altro lato, si ritiene necessario esaminare la disciplina della responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, specie dopo che il legislatore vi ha ricondotto, come ipotesi di reato-presupposto, alcune fattispecie associative previste dall’art. 24 ter del d.lgs. 231/2001. Nel volgere di alcuni anni si è assistito ad un progressivo allontanamento dall’originario modello di responsabilità degli enti, che operano per il perseguimento di finalità lecite al cui interno possono essere commessi reati che non incidono sulla generale liceità dell’esercizio d’impresa. Quindi, a seguito di molteplici interventi normativi sul d.lgs 231/2001 l’ipotesi di ente criminale – prima rappresentata come del tutto eccezionale – adesso si delinea come figura destinataria del precetto. La legge n.94/2009, inserendo nel d.lgs. 231 i reati di associazione - prima rilevanti solo se aventi il carattere della trasnazionalità (ai sensi della legge n. 146 del 2006) - aveva l’obiettivo di rispondere alla necessità di prevedere un opportuno intervento legislativo contro le ipotesi in cui l’attività illecita derivasse da un intervento da parte di associazioni mafiose o fosse direttamente realizzata da un’impresa mafiosa, operanti con apparenza di legittimità ma in realtà dirette da poteri criminali. Dunque, quando si estende la responsabilità degli enti rispetto ai reati che sembrano essere espressione di associazioni per delinquere, allora ci troveremo di fronte ad associazioni illecite piuttosto che ad illeciti di associazione. Di conseguenza nel caso in cui, all’interno dell’ente, vengano commessi reati espressione di associazioni penalmente rilevanti, da soggetti i quali avvalendosi proprio della struttura organizzata dell’ente ne intacchino la liceità, si rientrerà all’interno delle fattispecie sanzionate dagli artt. 416 c.p. e seg. e dall’art. 24 ter D.lgs. 231/2001. La peculiarità di questi nuovi reati presupposto, introdotti nel 2009, è proprio quella di non essere accomunati dall’obiettivo di tutela di un determinato bene giuridico da particolari forme di offesa (si pensi ai reati contro la P.A, ai reati finanziari, ai reati colposi della sicurezza sul lavoro). Il collante dei nuovi delitti è essenzialmente empirico-criminologico, essendo tutti diretti a contrastare attività criminose particolarmente gravi, normalmente appannaggio delle grandi organizzazioni criminali e spesso strumentali alla loro stessa esistenza. In questa prospettiva di lotta alla criminalità organizzata sono ricompresi sia alcuni importanti reati-fine (traffico di stupefacenti, commercio e fabbricazione di armi, sequestro di persone a scopo di estorsione), sia i due principali reati-mezzo codicistici, cioè le condotte associative in senso stretto tipizzate dagli artt. 416 e 416 bis c.p.). È proprio il richiamo a queste due fattispecie incriminatrici che potrebbe determinare effetti di estensione delle ipotesi tipiche di responsabilità dell’ente probabilmente assai più ampi di quelli che il legislatore aveva preventivato. Sul piano dell’organizzazione societaria è allora evidente come il reato associativo sia astrattamente contestabile per il semplice fatto che l’ente abbia realizzato degli illeciti. Le conseguenze pericolose: difficoltà di predisporre validi ed efficaci modelli organizzativi di gestione e prevenzione dei reati che rischieranno di risultare vaghi ed inadeguati, proprio per il fatto che si pone l’ulteriore variabile di poter estendere l’applicazione dell’art. 24 ter anche a fattispecie delittuose non comprese nel novero dei reati presupposto di cui al d.lgs 231/2001. È evidente come il legislatore abbia impresso alla disciplina della responsabilità degli enti, prevista dal D.Lgs. 231, una doppia velocità: - da un lato l’apparato sostanzialmente immutato, delle disposizioni di parte generale con i principi di garanzia, i presupposti della responsabilità dipendente da reato, l’apparato sanzionatorio e le norme processuali; - dall’altro lato una serie di reati presupposto caratterizzato dal rapido ampliamento rispetto alla soluzione iniziale alquanto ristretta. La seconda parte del lavoro, esamina alcuni conflitti che sorgono nell’ambito della disciplina della responsabilità delle organizzazioni, soprattutto in relazione al rapporto con la normativa tributaria, alla possibilità di aggredire i beni della persona giuridica e alla questione delle effettive vie di ingresso dei reati tributari all’interno del decreto sulla responsabilità degli enti da reato. Nell’ambito del sistema previsto dal decreto 231/2001, e specificamente nell’elencazione dei reati presupposto per la configurabilità della punibilità degli enti, spicca la mancanza dei reati di tipo tributario. La produzione normativa comunitaria alla base del decreto 231 era volta innanzitutto a tutelare gli interessi finanziari dell’UE e dello Stato, eppure il legislatore italiano scelse consapevolmente di non inserire i reati tributari nella delega al governo per la costruzione della responsabilità da reato degli enti. I reati tributari, tuttavia, pur assenti dalla lista dei delitti presupposto della responsabilità dell’ente, sono concettualmente e logicamente al centro dell’attività di mappatura dei rischi, che costituisce l’antecedente logico necessario per l’elaborazione del modello di organizzazione e gestione individuato come una specifica forma di esonero della responsabilità dell’ente. La scelta politico-criminale del legislatore è sicuramente criticabile in quanto è fisiologico che gli adempimenti tributari, di maggiore spessore e consistenza, concretizzano ben precise scelte di politiche di impresa alle quali conseguono vantaggi indebiti per l’ente. Infatti insieme ai reati societari, i reati tributari sono gli antecedenti logici per la costituzione di fondi riservati destinati ad alimentare i reati di scopo, come la corruzione. Dunque, le aree strumentali più pericolose sono proprio quelle dimensioni organizzative dell’ente che presiedono alla gestione di risorse economiche o di strumenti di tipo finanziario che possono supportare la commissione dei reati nelle aree a rischio di reato. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di spiegare come attraverso la contraddizione tra l’assenza dell’architettura della responsabilità degli enti e la colonizzazione dei gangli vitali del sistema 231, si può raccontare il rapporto tra i reati tributari e la responsabilità degli enti collettivi: da un lato il dibattito sulla loro mancata introduzione e dall’altro lato le vie sostanziali attraverso cui i reati tributari realizzano un’incidenza diretta sulla responsabilità da reato delle persone giuridiche. La disciplina fissata dal diritto penale tributario ha suscitato un intenso dibattito dottrinario in merito all’opportunità di includere le fattispecie di cui al d.l. n. 74/2000 tra i reati presupposto di cui al decreto n. 231/2001. I fautori di tale inclusione evidenziano come il sistema potrebbe avere un’efficacia complessiva migliore anche sul piano della lotta alla criminalità in ambito tributario: l’introduzione degli illeciti fiscali tra i reati di cui al decreto n. 231/2001 non presenterebbe comunque un’innovazione problematica, visto che l’ordinamento nazionale già prevede casi in cui vi sia contestualmente una responsabilità penale, una responsabilità amministrativa ed una responsabilità dell’ente di cui al decreto stesso, come ad esempio nel caso del “market abuse” di cui agli artt. 25-sexies del decreto n. 231/2001, 187-quinquies e 187-terdecies del TUF. I contrari invece all’inclusione dei reati fiscali nell’elencazione di cui al decreto n. 231/2001 ritengono che il diritto vigente già prevede la possibilità di irrogare una sanzione tributaria all’ente, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del d.l. n. 74/2000; inoltre, è necessario evitare una moltiplicazione delle sanzioni a carico dell’ente, secondo un sistema che dovrebbe prevedere la sanzione penale per la persona fisica, la sanzione tributaria per la persona giuridica e la sanzione di cui al decreto n. 231/2001sempre per la persona giuridica. In generale, comunque, la scelta del legislatore di escludere i reati tributari dal novero dei reati presupposto è stata ampiamente criticata e oggetto di successive attenzioni da parte del Parlamento: si segnala a tal proposito il disegno di legge S.19- Grasso del 15 marzo 2013 con il quale si proponeva di “estendere la responsabilità da reato degli enti ai reati tributari, colmando così una lacuna ingiustificabile sul terreno politico-criminale”. Analizzando più a fondo la problematica appare evidente come il sistema del decreto 269 del 2003, in tema di responsabilità amministrativa da illecito tributario, sia orientato esclusivamente a una funzione risarcitoria del danno subito dall’erario per il mancato introito fiscale; non conosce finalità di tipo preventivo. La responsabilità da reato degli enti, invece, è pensata e costruita allo scopo di catalizzare i processi di adeguamento spontaneo alle normative di riferimento, di modernizzare i procedimenti interni volti alla gestione e al controllo dei centri di rischio di commissione di illeciti penali. C’è una sorta di sistema etico che prova a introdurre nella realtà organizzativa e gestionale dell’ente misure cautelari di impedimento di reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. Questa è la ragione principale per cui non è possibile sostenere la scelta di non inserimento dei reati tributari, neanche facendo riferimento all’argomento della moltiplicazione delle sanzioni per un medesimo fatto. In settori particolarmente delicati, come si è visto, l’ordinamento conosce molti livelli di sanzione per un medesimo fatto. Sono ambiti in cui massima è l’attenzione alla prevenzione e non solo alla punizione degli illeciti. La soluzione non potrebbe essere proprio quella della obliterazione della responsabilità da reato degli enti; sarebbe più ragionevole, invece, una tecnica legislativa che prevedesse criteri di sussidiarietà, o che accorpasse nel decreto 231 tutta la normativa sulla responsabilità degli enti per illecito tributario. Per i reati tributari che sono l’emblema della delinquenza economica organizzata, c’è un’intensa esigenza di politica criminale che orienta la normativa al rafforzamento della lotta all’evasione fiscale; e la politica criminale in questo settore non può che essere quella della prevenzione mediante organizzazione, con relativa responsabilizzazione per difetto organizzativo. Non si tratta, in sostanza, di punire maggiormente un illecito tributario, la questione è quella di prevenire gli illeciti tributari incentivando gli enti all’adozione di strutture di compliance volte all’introduzione di regole cautelari mediamente dirette all’impedimento di reati tributari. Tale prevenzione si realizza attraverso la segmentazione del attività esecutive in tema di gestione degli obblighi fiscali, di monitoraggio sulle attività strumentali alla costituzione di fondi riservati, con la ramificazione di procedure e protocolli ispirati dall’adeguamento a standard procedurali internazionali. Questo è il motivo per cui non si può prescindere dalla ricomprensione dei reati tributari nel sistema creato da decreto sulla responsabilità degli enti da reato; oltre naturalmente ad una maggiore incisività del contesto processuale penale e del sistema sanzionatorio dovuta alla disponibilità di sanzioni interdittive, alla possibilità di applicare misure cautelari, alla effettività e dissuasività della sanzione della confisca per equivalente che rende inutile l’occultamento del profitto ed esonera l’accusa dalla prova della diretta provenienza del delitto. Dopo aver esaminato il complesso dibattito sull’inserimento dei reati tributari nella disciplina del decreto 231, il presente lavoro mira ad individuare molteplici itinerari attraverso i quali i reati tributari realizzano un’incidenza indiretta sulla responsabilità da reato degli enti collettivi: a) in primo luogo alcuni reati tributari possono essere in concreto elementi o parti di un reato già presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/2001. A questa tipologia si possono ricondurre le problematiche attinenti l’associazione per delinquere, anche transnazionale, finalizzata alla commissione di un reato tributario e il riciclaggio dei proventi da illecito tributario. La nuova normativa antiriciclaggio introduce di fatto per le persone giuridiche la possibilità di configurare la loro responsabilità per tali illeciti e dunque la responsabilità diretta degli enti in caso di comportamenti illeciti di persone che agiscono per loro conto. b) in secondo luogo si sono venuti a formare nel corso del tempo dei luoghi di intersezione tra reati fiscali e disciplina della responsabilità degli enti collettivi. A questo gruppo, invece, possono essere ricondotte alcune recenti decisioni in tema di sequestro preventivo e confisca tributaria. A tale proposito le Sezioni Unite nel 2014 hanno aderito all’orientamento contrario all’estensione della confisca per equivalente per reati tributari alle persone giuridiche, per assenza di una base normativa alla quale ricondurre tale sanzione, confermando, invece, l’ammissibilità della confisca diretta del profitto del reato nei confronti dell’ente. Tuttavia, nonostante l’affermazione del principio dell’inapplicabilità della confisca per equivalente all’ente, la lettura estensiva della confisca diretta fornita dalla Corte, potrebbe portare ad un’estensione di fatto nell’applicazione della sanzione contro gli enti, quando il profitto dei reati tributari è rimasto nella disponibilità della società. Infine, nell’ultima parte del lavoro sono stati inseriti degli interessanti profili di comparazione, partendo dall’assunto in base al quale il diritto è una creazione storica, politica, sociale, intellettuale, la cui esistenza e funzionamento in una data società poggia soprattutto sulla cultura della società stessa, è stata svolta un’analisi comparata tra il sistema italiano e la responsabilità penale degli enti in Cina da una parte e il modello anglo-americano dall’altra. Il diritto cinese prevede diverse tipologie di reati ascrivibili a persone fisiche ed enti: vi sono reati che possono essere commessi dall’ente e dalla persona fisica responsabile per l’ente, reati che possono essere commessi da una persona fisica o da un ente, reati che possono essere commessi da persone fisiche incaricate o responsabili del controllo, secondo una strutturazione che non segue un criterio unico a livello politico-sociale. Il modello cinese è stato qualificato come un “sistema sociale di responsabilità personalizzata”, intendendo con tale espressione un sistema in cui l’ente ha una propria volontà e capacità, per cui le sue azioni non vanno confuse con quelle delle persone fisiche. Nell’ordinamento statunitense, si assiste, invece, alla progressiva estensione, agli enti collettivi, di procedimenti di diversione processuale (deviazioni dalla normale sequenza di atti del processo penale, prima della pronuncia dell’imputazione) i quali sono diventati, oggi, lo strumento privilegiato per fronteggiare la criminalità d’impresa. A partire dagli anni ’90, si assiste alla progressiva estensione agli enti collettivi dei DPA (deferred prosecution agreement) e NPA (non prosecution agreement), con due obiettivi principali: chiamare a rispondere, degli illeciti commessi in ambito aziendale, un numero sempre maggiore di imprese, seppur mediante meccanismi di diversion più flessibili e più rapidi; scongiurare le ricadute negative che i procedimenti penali normalmente riversano sul mercato. Anche il Regno Unito ha, di recente, introdotto una disciplina ad hoc. Tale è la pervasività della giustizia dilatoria che la stessa ha finito per stravolgere i regimi di corporate liability vigenti nei sistemi di area anglo-americana, fornendo al contempo spunti comparativi anche in prospettiva di riforma del d. lgs. n. 231 del 2001.
PICARELLA, LORENZO. "CYBER ORGANIZED CRIME. LA REPRESSIONE DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CIBERNETICA: UN CONFRONTO TRA ITALIA E USA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/831873.
Full textThe doctoral thesis assesses the application of the criminal association offence and the mafia-type offence of the Italian criminal code and the conspiracy offence and the RICO offences of the US federal criminal code to criminal groups operating online. The first chapter summarizes the criminological literature on cyber organized crime. The second and the third chapters focus on the features of the offences taken into consideration in this research, also from an historical point of view. The fourth chapter analyzes the jurisprudence related to cyber organized crime which allowed to identify two types of criminal associations: criminal associations that operate entirely online ("cyber criminal associations") and criminal associations that operate only partially online ("cyber-hybrid criminal associations"). The last chapter highlights the main features of the jurisprudence on cyber organized crime and critically assess the legal and criminological concept of organized crime in the light of the new cyber phenomenon.
BARZON, MONICA. "IL PROBLEMA DEL CONCORSO ESTERNO NEL REATO ASSOCIATIVO MAFIOSO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426973.
Full textLa tesi ha ad oggetto la tematica del concorso esterno nel reato associativo di tipo mafioso e si interessa in particolare della genesi della fattispecie e delle problematiche ad essa sottese, tenuto conto delle difficoltà applicative riscontrate in relazione a tale istituto e dei contrasti giurisprudenziali insorti all’interno della stessa Corte Suprema di Cassazione. La ricerca parte dall'analisi delle disposizioni di legge emanate in materia di partecipazione e contiguità alla mafia per poi affrontare la problematica della configurabilità giuridica della disciplina del concorso esterno nel reato associativo mafioso. A tal fine viene svolta una puntuale analisi dell’istituto del concorso di persone nel reato, dando contezza dell’ampia elaborazione dottrinale in materia. Il terzo capitolo è interamente dedicato all'analisi della giurisprudenza, atteso il ruolo trainante della prassi applicativa nella genesi della figura criminosa in esame. Particolare attenzione viene dedicata alla disamina delle quattro sentenze a Sezioni Unite che hanno definitivamente consacrato l’ammissibilità della fattispecie, soffermandosi sulle diverse argomentazioni giuridiche adottate. Nell'ultima parte viene presa in considerazione la questione dell’opportunità di un intervento legislativo che provveda a riformare la materia. In particolare, vengono analizzate le più significative proposte di riforma di fonte dottrinale, nonché i disegni di legge - anche recentissimi - presentati in Parlamento, e suscettibili di incidere ora sulla parte generale del codice penale, con integrazione della disciplina del concorso di persone nel reato, ora sulla parte speciale, con specifiche figure di favoreggiamento o ulteriori modulazioni della fattispecie associativa. Infine, vengono svolte alcune riflessioni alla luce dei più recenti sviluppi giurisprudenziali.
DELLISANTI, FRANCESCO. "La produttività sociale delle organizzazioni di terzo settore in reti associative multilivello." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/182.
Full textThe dissertation deals with the specific role played by third sector organizations in multilevel associative networks in terms of capacity to generate and foster relationships with other members and with the outer context. Multilevel associative networks are defined as those entities that gather local agencies, second level and higher coordination level entities with the aim of providing support for the affiliated groups and/or coordinating material and immaterial resources for the benefit of the community. The research field included networks comprising third sector organizations only so-called third sector multilevel organizations as well as plural partnership networks with other public agencies. The social productivity dimension was studied through the lenses of the social capital concept, defined as that specific set of resources possessed by those networks endowed with relationships of trust, reciprocity and collaboration. The results of the three research projects presented, carried out with quantitative and qualitative techniques, show that: a) there is a specific social capital produced by third sector multilevel organizations which connects actors both within the network (bonding function) and with the outer world (bridging function); b) the third sector's social capital presents some distinctive characteristics compared with the relational properties of public service networks; c) third sector organizations are able, under certain circumstances, to develop social capital networks also with public agencies, setting new dynamics and peculiar social outcomes.
DELLISANTI, FRANCESCO. "La produttività sociale delle organizzazioni di terzo settore in reti associative multilivello." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/182.
Full textThe dissertation deals with the specific role played by third sector organizations in multilevel associative networks in terms of capacity to generate and foster relationships with other members and with the outer context. Multilevel associative networks are defined as those entities that gather local agencies, second level and higher coordination level entities with the aim of providing support for the affiliated groups and/or coordinating material and immaterial resources for the benefit of the community. The research field included networks comprising third sector organizations only so-called third sector multilevel organizations as well as plural partnership networks with other public agencies. The social productivity dimension was studied through the lenses of the social capital concept, defined as that specific set of resources possessed by those networks endowed with relationships of trust, reciprocity and collaboration. The results of the three research projects presented, carried out with quantitative and qualitative techniques, show that: a) there is a specific social capital produced by third sector multilevel organizations which connects actors both within the network (bonding function) and with the outer world (bridging function); b) the third sector's social capital presents some distinctive characteristics compared with the relational properties of public service networks; c) third sector organizations are able, under certain circumstances, to develop social capital networks also with public agencies, setting new dynamics and peculiar social outcomes.
Ferri, Silvia. "Il modello di Hopfield: un'applicazione del modello di Ising alle reti neurali." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12038/.
Full textBagnolini, Nicola. "Tracking di target multipli in reti di sensori radar." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7008/.
Full textFiori, Simona. "Memoria semantica e lessicale: analisi attraverso una rete neurale." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4688/.
Full textQUARTARARO, MARCO. "Modelli di previsione dei popolamenti ittici nei fiumi: sviluppo e ottimizzazione mediante reti neurali artificiali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1273.
Full textThe use of artificial intelligence methods for ecosystems modeling has had a considerable development in the last 20 years, due to their specific ability, in several conditions and once supported by suitable “learning” algorithms, to build from the data more effective representations of ecological systems than traditional methods (based on indexes or multivariate statistics). The main purpose of this work was an experimental examination of five hypotheses about as many potential strategies for the optimization of supervised artificial neural networks (perceptrons) which reconstruct the relations between the abiotic (environmental variables) and biological components (presence values of the species within fish assemblages) in river ecosystems. The themes we dealt with included the prevision of binary variables (species presence/absence), the variation of the performance as a function of the output discretization threshold, the prevision of rare species, the prevision of single species or group of species, data pre-processing and specifically the partitioning required by the early stopping technique. The results prove the practical and theoretical interest in working with predictive models, for both the effectiveness of the models and the possibility of giving hints to ecological research. Beyond the hypotheses studied here, the work produced a method and a computer tool that can test other optimization strategies and operate with different data set.
LORUSSO, MICHELE ANGELO. "IL SOTTOSISTEMA PENALE PER LA LOTTA ALLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/173932.
Full textThis work starts by ascertain how in the Italian’s system is now distinguishable a penalty subsystem for the fight against organized crime and has a twofold target. The first concerns to the identification of a definition of “organized crime”, through the analysis of national, international and supranational law’s sources, also extended to major reconstructive models drawn up from social science. The second target concerns an exploratory survey of the subsystem, into its substantial components, criminal and penitentiary proceedings (this last context is analyzed transversely by reference to the binomial “penalty sanctions-incentives reward” that which characterizes the entire subsystem). This work aims to constitute a valuable contribution on the basis of which further develop the subsystem’s analysis according to a little practiced unitary vision of the same.
Books on the topic "Reati associativi"
Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale. I Reati associativi. Milano: Giuffrè, 1998.
Find full textLorenzo, Picotti, and Università degli studi di Brescia. Dipartimento di scienze giuridiche., eds. I reati associativi: Paradigmi concettuali e materiale probatorio : un contributo all'analisi e alla critica del diritto vivente : atti del convegno tenuto a Brescia il 19 e 20 marzo 2004. Padova: CEDAM, 2005.
Find full textValiante, Mario. Il reato associativo. Milano: Giuffrè, 1990.
Find full textRisorse, reti e capitale sociale: La partecipazione associativa degli immigrati. Verona, Italy: QuiEdit, 2010.
Find full textCavaliere, Antonio. Il concorso eventuale nel reato associativo: Le ipotesi delle associazioni per delinquere e di tipo mafioso. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2003.
Find full textAitken, Peter. European Community policies & practice in relation to traditional industrial regions: A background, context and strategy paper prepared for the Association of Industrial Regions of Europe (RETI) conference "New economic strategies for traditional industrial regions," Leeds, 2-4 September 1985. Glasgow: Planning Exchange, 1986.
Find full textAitken, Peter. European Community policies & practice in relation to traditional industrial regions: A background, context and strategy paper prepared for the Association of Industrial Regions of Europe (RETI) Conference 'New Economic Strategies for Traditional Industrial Regions', Leeds, 2-4 September 1985. Glasgow: Planning Exchange, 1986.
Find full textBook chapters on the topic "Reati associativi"
"Impact on deviation in primary position of vertical shift of horizontal recti muscles insertion." In 29th European Strabismological Association Meeting, 215–18. CRC Press, 2003. http://dx.doi.org/10.1201/b16817-49.
Full textGori, Annarita. "Pan-latinismo e reti di intellettuali tra le due guerre." In Genealogie e geografie dell’anti-democrazia nella crisi europea degli anni Trenta. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-317-5/008.
Full textDenis, D., E. Hadjadj, J. Conrath, and C. Benso. "Inferior oblique muscle function : correlation between scleral insertions of inferior, lateral recti and inferior oblique muscles and clinical function of inferior oblique muscle." In 28th European Strabismological Association Meeting, 219–25. CRC Press, 2020. http://dx.doi.org/10.1201/9781003077541-57.
Full textConference papers on the topic "Reati associativi"
Nakip, Gülbala, Türkan Akbayrak, Gamze Nalan Çinar, Esra Üzelpasacı, Emine Baran, Ceren Orhan, Serap Özgül, and Mehmet Sinan Beksaç. "AB1389-HPR THE ASSOCIATION BETWEEN THE AMOUNT OF DIASTASIS RECTI ABDOMINIS AND THE STRENGTH OF ABDOMINAL MUSCLES IN PREGNANT WOMEN." In Annual European Congress of Rheumatology, EULAR 2019, Madrid, 12–15 June 2019. BMJ Publishing Group Ltd and European League Against Rheumatism, 2019. http://dx.doi.org/10.1136/annrheumdis-2019-eular.6975.
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