Journal articles on the topic 'Rapporto tra diritto ed economia'

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Costa, Paolo. "Le istituzioni dell'uomo, il diritto e l'economia. Una breve riflessione a partire dal pensiero di Giambattista Vico." ECONOMIA PUBBLICA, no. 1 (March 2021): 45–53. http://dx.doi.org/10.3280/ep2021-001003.

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Abstract:
Il rapporto tra istituzioni ed economia è spesso acriticamente rappresentato come rapporto tra Stato e mercato, tra autorità della legge e libertà della concorrenza. Gli intrecci storici e metodologici tra i fenomeni in questione e le relative scienze sono in realtà più profondi. Sembrano condurre, attraverso percorsi epistemici ora più percepibili ora più carsici, a comuni matrici antropologiche, già visibili ad esempio in un autore epocale quale Giambattista Vico.
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2

Ferrarese, Maria Rosaria. "Francesco Galgano e il suo inesauribile viaggio tra diritto ed economia." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2012): 137–50. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003008.

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Abstract:
Una parte rilevante del programma scientifico realizzato da Francesco Galgano puň essere descritta come un lungo viaggio nel rapporto tra diritto e mondo economico. Nonostante il profilo di professore di diritto privato e commerciale, egli ha sempre coltivato uno sguardo storico e sociologico sul diritto, che gli ha permesso di cogliere non solo il cambiamento delle tecniche e degli istituti giuridici, ma anche le ricadute in ambito sociale ed economico. Attraverso i suoi molti lavori sul tema, dagli anni settanta del secolo scorso, fino ai recenti anni di globalizzazione, si possono cogliere i profondi cambiamenti non solo nel mondo dell'impresa e delle relazioni giuridiche, ma anche nel clima culturale e negli attori e protagonisti dello scenario giuridico.
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3

Zampino, Ludovica. "Dall'autopoiesi all'autocostituzionalizzazione dei frammenti. la via teubneriana alla tutela dei diritti fondamentali "settoriali" al tempo della globalizzazione." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (July 2012): 89–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002005.

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Abstract:
Gli ultimi sviluppi nella teoria dei sistemi secondo Gunther Teubner affrontano le contraddizioni aperte dal costituzionalismo contemporaneo, tematizzando le criticitŕ del tradizionale rapporto tra costituzione ed autonomie sociali. Il focus della riflessione teubneriana si incentra sul concetto di costituzione sociale, che fissa i principi basilari di diritto e, al contempo, organizza i modi della produzione giuridica in ogni settore funzionale (politica, economia, religione... ). Il diritto attuale, in mancanza di un'istanza terza, si presenta frammentato in una miriade di ordinamenti parziali che riflettono la differenziazione della societŕ. I processi di autocostituzionalizzazione che riguardano i diritti settoriali mirano a garantire la pluralitŕ e a tutelare l'autonomia giuridica, per scongiurare tentazioni riduzionistiche totalitarie.
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4

Fattori, Gilberto. "La cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia." PRISMA Economia - Società - Lavoro, no. 2 (October 2020): 94–104. http://dx.doi.org/10.3280/pri2019-002007.

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Abstract:
In materia di cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età la Corte di Giustizia dell'Unione Europea sta svolgendo un ruolo propulsivo nell'implementazione del diritto antidiscriminatorio. Tuttavia, come emerge dalle recenti sentenze su questo tema, le problematiche che emergono dal bilanciamento tra diritti sociali fondamentali dei lavoratori e scelte di politica economica ed occupazionale dei governi degli Stati membri dell'UE sono questioni che rimangono centrali nella giurisprudenza della Corte. In questa trattazione si analizzano due recenti sentenze particolarmente significative su questo tema: nella sentenza Rasmussen si mette in luce come la Corte riaffermi una volta di più la propria giurisprudenza sull'esistenza di un principio generale di non discriminazione per età nell'ordinamento europeo, sottolineando la forza delle conseguenze giuridiche che ciò comporta per gli ordinamenti degli Stati membri. Nell'analisi della causa Aber-crombie si mettono invece in luce aspetti problematici relativi al bilanciamento tra diritto alla non discriminazione per età e scelte di politica occupazionale dei gover-ni nazionali, e di come ciò abbia creato un notevole dibattito in dottrina.
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Scaglione, Francesco. "Giuseppe Toniolo e il diritto contrattuale tra personalismo e solidarietà." Società e diritti 7, no. 14 (December 9, 2022): 39–47. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/19311.

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Abstract:
Il saggio si sofferma sulla relazione tra personalismo e solidarietà nel diritto contrattuale, le cui radici si ritrovano nelle riflessioni profetiche ed ancora attuali di Giuseppe Toniolo. Si evidenzia, in particolare, come la tutela della parte debole del rapporto, secondo un principio di eguaglianza sostanziale, si traduce nella realizzazione di un sistema economico di mercato fondato sul rispetto della dignità della persona umana.
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Gottardi, Donata. "Tutela del lavoro e concorrenza tra imprese nell'ordinamento dell'Unione europea." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 128 (December 2010): 509–69. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2010-128001.

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Abstract:
L'A. ha dedicato l'analisi all'individuazione dello stato attuale dei confini, a livello di istituzioni europee, tra diritto del lavoro e diritto della concorrenza, nel presupposto di una erosione netta della nostra materia. Molti erano i segnali: la profonda asimmetria sul significato stesso di diritto del lavoro, la crescita del dumping sociale infra-Ue, la ripresa di pulsioni nazionaliste, la giurisprudenza della Corte di giustizia che individua funzioni e pone limiti alla contrattazione collettiva e allo sciopero. Contemporaneamente ha verificato l'esistenza di forti potenzialitŕ di invertire il rapporto tra Europa economica ed Europa sociale. Da un lato, la crisi finanziaria ed economica ha messo in discussione l'idea di mercato autoregolantesi; dall'altro, le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona al sistema delle fonti hanno investito sia la concorrenza, che passa da principio a strumento, sia l'ambito della protezione sociale e del lavoro, proiettato nell'economia sociale di mercato, garantito da una clausola sociale con valenza orizzontale. Č l'unica prospettiva possibile, se vogliamo evitare il tracollo del sistema di relazioni sindacali e del lavoro.
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Cafagno, Maurizio. "L'evoluzione delle procedure di gara, alla ricerca di un bilanciamento tra le ragioni dell'efficienza economica e le ragioni dell'imparzialità amministrativa." ECONOMIA PUBBLICA, no. 3 (November 2021): 55–80. http://dx.doi.org/10.3280/ep2021-003003.

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Abstract:
Lo scritto muove dalla constatazione che studi ed osservazioni empiriche illu-strano come la disomogenea distribuzione di informazioni tra soggetti che si tro-vano a negoziare alimenta l'incertezza e concede spazio all'opportunismo, in-nalzando i costi di transazione. Calando, però, la questione strategica della miti-gazione dell'opportunismo all'interno dei tre diversi ordini di rapporti chiamati in causa dalle negoziazioni pubbliche, ossia il rapporto tra pubblica amministrazio-ne e funzionari, tra pubblica amministrazione e concorrenti e tra pubblica am-ministrazione e contraenti, possono affiorare delle prospettive legittime che, uscendo dalle strettoie della modellistica contabile familiare alla prassi giuridica , consentano di acquisire e sfruttare nuova informazione, in corso di gara, adat-tando stime e proposte e consentendo, in tal modo, di guadagnare parecchio in termini di efficienza. In definitiva ed in sintesi, teoria ed esperienza, che trovano ampio supporto ed ispirazione nel diritto europeo, inducono a pensare che l'obiettivo di innalzare efficienza e convenienza dei meccanismi di gara postula il ricorso a modelli di-versificati, aperti a gradi variabili di flessibilità. A ben vedere il diritto europeo, assumendo il patrocinio di procedure contrattuali più aperte e di criteri di bilan-ciamento più flessibili, ispirati dall'idea che la stretta sorveglianza dei funzionari e delle amministrazioni non sia la finalità incondizionatamente prioritaria, ac-credita piuttosto l'idea che gli oneri del formalismo vadano sopportati soltanto sinché si può supporre che ne discendano benefici superiori in termini di stimolo all'intensificazione degli scambi. Lo scritto approda alla conclusione che l'efficienza vada considerata alla stregua di una variabile endogena, e non esogena, rispetto alle politiche di promozione della concorrenza. Onde, sarebbe utile convalidare anche nel nostro ordinamento un criterio di libertà delle forme procedimentali, almeno per i cosiddetti contratti esclusi, che non sempre e non necessariamente siano tenute a tradursi in procedure di gara, fatta salva la possibilità di accesso alla tutela giurisdizionale per l'aspirante che dimostri di aver subito gli effetti lesivi e discriminatori della violazione dei principi generali.
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8

Bompiani, Adriano. "Economia ed etica nello sviluppo del Sistema sanitario italiano." Medicina e Morale 45, no. 5 (October 31, 1996): 923–34. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.898.

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Abstract:
In italia, come nei Paesi industrializzati dell’Europa occidentale, sono intervenuti notevoli cambiamenti demografici ed epidemiologici (invecchiamento della popolazione e aumento del numero di anziani, riduzione della patologia infettiva e aumento delle malattie degenerative), associati a rilevanti fenomeni sociali (contrazione volontaria della fertilità, progressivo aumento del lavoro extradomestico della donna), ai quali fanno riscontro le aumentate capacità di cura delle malattie acute, lo sviluppo incessante della tecnologia e la crescente richiesta di “godimento di salute” come diritto dell’individuo. Tutto ciò ha portato a concepire nuovi assetti sanitari, mentre è venuto meno il welfare state e stenta ad affermarsi la strategia di promozione della salute mediante la prevenzione. Partendo da queste difficoltà e rendendosi conto del rilievo etico di queste problematiche, poichè è indubbia l’estensione del diritto all’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, nell’articolo vengono esaminati i rapporti tra il principio di giustizia, tradotto in pratica dal principio di equità, e l’economia sanitaria. Inoltre, delle diverse questioni affrontate (assistenza sanitaria in generale, l’acquisizione delle risorse per la sanità in Italia e negli altri Paesi europei, la proposta del cosiddetto federalismo in sanità, l’impiego delle risorse e la razionalizzazione economica nella spesa) sono evidenziate anche le implicanze etiche e bioetiche relative alle diverse correnti di pensiero: utilitarismo, individualismo-libertario, egualitarismo e personalismo, e se ne ricava che le concezioni della bioetica personalista sono quelle che più servono da supporto all’etica medica tradizionale, sebbene essa richieda un lavoro di interpretazione dei “parametri economici” caso per caso ed una grande responsabilità da parte di ogni operatore sanitario nel gestire le risorse comuni.
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Menis, Claudio. "Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Simonelli, Maria Ausilia. "Note storiografiche sulla socialitŕ del diritto e del linguaggio." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2012): 39–54. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003003.

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Abstract:
Tra le diverse prospettive di studio del rapporto tra diritto e linguaggio, vi č l'analisi del parallelismo tra la realtŕ giuridica e l'espressione verbale; un confronto declinato in vario modo: come estrinseca prossimitŕ analogica ovvero come ricerca di affinitŕ strutturali e funzionali. Nel saggio vengono presentate, in un'ottica critico-ricostruttiva, le piů significative riflessioni su tale accostamento, a partire dall'antichitŕ classica sino ad arrivare alla concezione ‘istituzionalistica', nella quale la comparazione apre nuovi orizzonti per la linguistica ed anche per la scienza giuridica; orizzonti segnati dalla persuasione dell'intrinseca storicitŕ e socialitŕ del diritto e della lingua
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Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae." Medicina e Morale 48, no. 3 (June 30, 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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Abstract:
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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Vitale, Vincenzo. "Cosa cercano i giuristi nella letteratura?" Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, no. 2 (May 6, 2019): 232–49. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819838206.

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Abstract:
Dopo una rapida carrellata sulle principali teorie che hanno meditato, da alcuni decenni a questa parte, il rapporto fra diritto e letteratura, ritenute non sufficienti, il saggio si sofferma ad argomentare come fra queste due dimensioni non si instauri alcun rapporto – come invece quello che è possibile registrare fra diritto ed informatica, fra diritto e psicologia, fra diritto ed economia – ma sia necessario cogliere una solidarietà profonda e originaria. In questa prospettiva, è possibile affermare che la letteratura altro non è che una dimensione costitutiva del diritto e, alla fine, della stessa coscienza giuridica del giurista. Per questa ragione, il giurista va in cerca di una letteratura che sia capace di svolgere nei confronti del diritto una funzione autenticamente palingenetica. Così, attraverso la letteratura, il diritto rinasce dalle ceneri a cui lo avevano relegato i riduzionismi contemporanei: il formalismo, il funzionalismo, il post-moderno … Due esempi emblematici e di sicuro pregio possono servire ad intendere questa funzione insostituibile della letteratura: un racconto di Stefan Zweig e uno, brevissimo, di Antòn Cechov. Da entrambe le narrazioni, il giurista può cogliere esigenze profonde della coesistenza umana, che lo inducono a fare i conti con la giustizia, che, del diritto, è la piena verità.
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Cubeddu, Raimondo. "LEONI AND HAYEK ON NOMOS AND PHYSIS." Il Politico 252, no. 2 (January 15, 2021): 58–95. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2020.509.

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Abstract:
Nel 1949, mettendo a disposizione degli studenti pavesi di Giurisprudenza delle Dispense dal titolo Il pensieroantico, Bruno Leoni non immaginava che stava contribuendo a porre le basi per una riformulazionedi quella che nello stesso anno Friedrich A. von Hayek aveva chiamato la tradizione del “true individualism” tracciando così una nuova storia delle origini e dello sviluppo della tradizione liberale. infatti, dopoaver descritto l’origine dei concetti di nomos e di physis nella filosofia greca, in quelle DispenseLeoni intende la soluzione epicurea e la sua dottrina del contratto come un qualcosa di “eccezionale importanza per lo sviluppo della speculazione intorno al diritto ed allo Stato nell’età moderna”. Accennato all’importanza che negli stessi anni Ludwig von Mises e Leo Strauss attribuiranno all’epicureismo nella nascita della ‘modernità, il saggio analizza la tesi leoniana sul rapporto tra nomos e physis e, illustratane l’affinità con la tesi di Carl Menger sulla nascita “irriflessa” delle principali istituzioni sociali e del diritto, mostra il modo in cui tale rapporto ha influenzato Hayek e come si rifletta nella di lui (e di Michael Oakeshott) dicotomia tra i modelli istituzionali ‘nomocratici’ e quelli ‘teleocratici’. Un breve cenno, nel finale, al modo in cui tracce della dottrina epicurea del contratto possono essere ravvisate nella teoria dello “scambio di pretese” che Leoni pone all’origine del diritto.
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Davola, Antonio. "L'AGCM e i rapporti di interdipendenza con la Commissione Europea: riflessioni sul ruolo delle Autorità Nazionali della Concorrenza a partire dalle evoluzioni normative e giurisprudenziali nel mercato digitale." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 2 (July 2022): 184–98. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-002011.

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Abstract:
L'articolo indaga il tema del rapporto tra enforcement del diritto della concorrenza ad opera delle Autorità Nazionali della Concorrenza (ANC) e coordinamento gerarchico a livello centrale della Commissione Europea: se, da un lato, l'applicazione del diritto antitrust da parte delle ANC nell'ambito dell'European Competition Network costituisce una naturale evoluzione del sistema delineato a partire dal Regolamento 1/2003, al contempo ciò rischia di determinare una frammentazione dell'approccio alle dinamiche anticoncorrenziali nel mercato europeo. Al fine di analizzare il ruolo che le ANC - ed in primis l'AGCM - saranno chiamate a giocare nei prossimi anni, si individua nel mercato digitale una prospettiva privilegiata di osservazione, utile a comprendere come coniugare flessibilità e sperimentalismo proprie delle NCA con le esigenze di armonizzazione del diritto dell'Unione.
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Robertazzi, Mariella. "Giurisprudenza e responsabilità morale: Il "Buon Giudice" Magnaud = Jurisprudence and moral responsibility: "The Good Judge" Magnaud." UNIVERSITAS. Revista de Filosofía, Derecho y Política, no. 28 (July 11, 2018): 85. http://dx.doi.org/10.20318/universitas.2018.4312.

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Abstract:
RIASSUNTO: Paul Magnaud, magistrato e politico francese operante tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo e divenuto noto con l'appellativo di "bon juge", ci offre l'opportunità di riflettere su un nodo ineliminabile della teoria e della prassi giuridica: il rapporto tra legge ed equitá, tra certezza del diritto ed esigenze di giustizia. Nel saggio vengono ricostruiti i casi principali di cui egli si occupò quando era presidente del Tribunale di Chateâu-Thierry al fine di riportare alla luce un episodio della storia del diritto che può dire ancora molto al dibattito giuridico e politico contemporaneo.ABSTRACT: Paul Magnaud, who was a French politician and magistrate, mainly active between the end of 19thand the beginning of 20th century and known as the “bon juge” provides the opportunity to reflect on an unavoidable issue concerning both legal theory and practice. The specific object of that focuses on the correlation between law and fairness, as well as, legal certainty and need of justice. This essay will retrace the most important legal cases he dealt with, when he was the president of the court of Chateâu-Thierry, in order to shed light on a specific case, pertaining to the annals of the history of law, which can enhance the current judicial and political debate.PAROLE CHIAVE: legge, equità, certezza del diritto, giustizia.KEYWORDS: law, fairness, legal certainty, justice.
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Germanò, Alberto. "Il cibo nel diritto internazionale del mercato dei prodotti agricoli: disciplina e controversie." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (December 2010): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001008.

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Abstract:
L'Autore, dopo aver illustrato il significato dei termini food security e food safety, analizza il mercato internazionale dei prodotti alimentari, con particolare attenzione alle regole tecniche e alle regole sanitarie e fitosanitarie e, quindi, all'Accordo Tbt e Sps, nonché al criterio di equivalenza, quale strumento per la tutela della diversità e nel contempo di conferma della sovranità degli Stati. L'Autore esamina, inoltre, alcune delle più significative controversie internazionali relative agli alimenti (la c.d. guerra delle banane e le controversie relative alla carne agli ormoni), l'Accordo Tbt e le regole tecniche a tutela dell'ambiente, nonché l'Accordo Trips e il rapporto tra indicazioni geografiche e marchi geografici di prodotti alimentari. Infine, viene affrontato il problema dei cambiamenti nell'allocazione della terra e nelle pratiche agricole utilizzate: per ottenere la riduzione delle emissioni climalteranti si sta alterando l'uso razionale della terra, agendo in modo scorretto sui "conflitti" tra le produzioni a fini mercantili e le produzioni a fini alimentari. In conclusione l'A. evidenzia la necessità , per i cultori del diritto dell'agricoltura, di uscire dagli angusti confini del diritto domestico e di affrontare, passando per il diritto comunitario, i problemi che il diritto internazionale prospetta, con conseguenti ricadute sulla comprensione ed interpretazione del diritto nazionale.
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Casanova, Maria Giulia, and Fetà Sabrina Grivet. "Il concetto di flessibilità del lavoro. Una interpretazione attraverso la lente giuridica ed organizzativa. Il caso di Pomigliano d'Arco." ARGOMENTI, no. 35 (September 2012): 77–108. http://dx.doi.org/10.3280/arg2012-035004.

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Abstract:
In questo studio, gli Autori analizzano la cosiddetta "flessibilità" del lavoro in ottica interdisciplinare, con gli strumenti del diritto e della scienza organizzativa, mirando a violare il tabù che sembra dare per scontato il nesso tra Fordismo e forme regolari di impiego e Post-fordismo e forme di lavoro non standard. Dopo le premesse teoriche, gli Autori analizzano il caso Fiat con riferimento alla rivoluzione organizzativa all'interno dello stabilimento di Pomigliano d'Arco, evidenziando gli effetti che rapide strategie di adattamento alla concorrenza globale possono avere sul rapporto di lavoro. .
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Abstract:
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Zanelli, Enrico. "Diritto, economia e giustizia. Da Pindaro a Amartya Sen." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 1 (September 2010): 175–82. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-001007.

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Abstract:
Spostandosi dal campo dell'economia a quello della filosofia etica e del diritto, Amartya Sen ha recentemente pubblicato una trattazione di ampio respiro, pur se non del tutto sistematica, sulla presenza o l'assenza della giustizia nel mondo (The Idea of Justice, 2009, ora anche in italiano). Negli ultimi decenni era risultata dominante la costruzione di John Rawls, che Sen respinge come "trascendentale", perseguendo invece l'obiettivo - non tanto pragmatico quanto ideologico (in netta contrapposizione anche ai liberisti Dworkin e Nozick) - di una giustizia da realizzare caso per caso con la rimozione di ogni singola ingiustizia sociale dovuta essenzialmente alle discriminazioni ed agli squilibri tra societŕ avanzate e paesi emarginati, troppo stridenti nel quadro della globalizzazione. Ne risulta complessivamente quella che si potrebbe definire non tanto un'idea di giustizia quanto una "teoria dell'ingiustizia". Il presente articolo rappresenta un'ampia integrazione di alcuni passaggi ripresi dal volume Diritto, economia e forse giustizia (2010).
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Guido, Alpa. "Responsabilitŕ sociale dell'impresa, enti non profit, etica degli affari." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 2 (January 2012): 199–227. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-002001.

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Abstract:
Č variegato lo scenario nel quale sta evolvendo la "responsabilitŕ sociale dell' impresa", un'idea, poi trasformatasi in corrente intellettuale e in iniziative di natura culturale ed istituzionale, che vede protagonisti le imprese, le categorie professionali, le Amministrazioni pubbliche, larghi strati della societŕ civile nonché Governi e Parlamenti. La responsabilitŕ sociale impegna gli operatori economici a valutare - nell'ambito di uno "sviluppo sostenibile" - gli effetti dell'attivitŕ economica sui suoi destinatari e sull'ambiente, e a contribuire alla formazione di un'etica sociale: l'ente organizzato in forma collettiva - corporate, come suona la formula importata dal mondo anglo- americano - č chiamato a prender consapevolezza della dimensione sociale dello sviluppo in cui si confrontano e si contemperano esigenze economiche ed esigenze della collettivitŕ e a recare il proprio contributo alla tutela di diritti e interessi individuali e collettivi sui quali si ripercuotono le scelte, i comportamenti, le strategie dell'agire economico. Č una delle risposte - tra le molte che si potrebbero dare - al progressivo sgretolamento dello Stato sociale, alle aggressioni all'ambiente, alla creazione dei bisogni consumistici, alla precarietŕ del lavoro, alla opacitŕ dei rapporti negoziali, alla ingovernabilitŕ della globalizzazione dei mercati. Questa risposta riposa sul contributo volontario degli operatori e si colloca dunque in uno spazio che va al di lŕ di ciň che ad essi č richiesto dagli obblighi imposti dalla legge.
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Maio, Valerio. "Diritto del lavoro e potenziamento umano. I dilemmi del lavoratore aumentato." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 167 (October 2020): 513–42. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2020-167003.

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Abstract:
Il saggio affronta il tema del potenziamento umano nel diritto del lavoro. Dopo avere distinto il potenziamento terapeutico da quello meramente performativo ed il potenziamento fisico da quello cognitivo, l'Autore cerca di individuare i limiti al potenziamento nella normativa vigen-te, limiti che individua nella nocività, nella irreversibilità e nella incommerciabilità. In particola-re, l'Autore sostiene che, a causa della debolezza del prestatore di lavoro nel mercato del lavo-ro, rimettere soltanto all'autodeterminazione del singolo la scelta in merito all'adozione di fatto-ri potenzianti si traduce, nei fatti, in una spinta generalizzata all'incremento ed alla diffusione di potenzianti tecnologici e farmacologici. Allo stesso tempo, distingue anche tra potenziamento richiesto dal datore di lavoro e potenziamento occulto, deciso autonomamente dal lavoratore per acquisire un vantaggio rispetto agli altri lavoratori. Al riguardo, l'Autore rileva come il po-tenziamento occulto sia in grado di incidere negativamente sul rapporto di lavoro pubblico e privato in ogni sua fase, dall'assunzione al licenziamento. Il saggio si conclude con alcune ri-flessioni circa la necessità di una regolazione legale del potenziamento in ambito lavorativo che, senza vietare ogni forma e tipologia, selezioni i fattori e le tecniche potenzianti lecite in maniera inderogabile per lavoratori ed aziende.
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Graziadei, Michele. "La proprietà fiduciaria, la proprietà nell’interesse altrui, e i trust. Un itinerario." gennaio-febbraio, no. 1 (February 3, 2022): 26–47. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.47.

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Abstract:
TesiTanto nel mondo di common law, quanto nel mondo di civil law, è necessario disporre di regole robuste, quando si tratta di gestire la ricchezza delegando tale compito ad altri. Nel diritto italiano, il tentativo di mettere al bando ogni forma di proprietà eretta nell’interesse altrui non si è rivelata vincente, ed è da ripensare. Questo ripensamento è compatibile con le strutture fondamentali del diritto italiano, le quali devono riconoscere come fisiologico il potere di alienare i beni su cui verte il rapporto tra le parti. Tale potere, infatti, salvaguarda il valore capitale gestito. Qualunque sia l’origine del rapporto, è dunque un errore ritenere che si caratterizzi essenzialmente per il limitato potere di disposizione del gestore. The author’s view Both in the common law world and in civilian jurisdictions robust rules are necessary when it comes to managing wealth by delegating this function to others. Italy’s attempt to ban all forms of ownership established for the benefit of others has not proved successful, and needs to be reconsidered. The fundamental structures of Italian law are compatible with the regular recognition of the power to alienate assets entrusted to the manager. The power to dispose of such assets, safeguards the capital value of the managed wealth. Whatever the origin of the relationship, it is therefore a mistake to think this relationship it fundamentally characterized by the manager’s limited power of disposition.
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Binetti, Paola. "Etica della relazione terapeutica in psichiatria." Medicina e Morale 49, no. 1 (February 28, 2000): 85–102. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.751.

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Abstract:
L’etica pone alla psichiatria una serie di interrogativi molto precisi, che possono essere sintetizzati in una triade così strutturata definizione del quadro antropologico di riferimento: identificazione dei criteri di qualità della relazione terapeutica; consapevolezza che il contesto in cui il paziente inserito è contestualmente fattore di sofferenza e risorsa irrinunciabile. Le tre domande rispondono ad un’ottica multifocale che assume di volta in volta come punto di vista privilegiato Chi è il paziente; il Chi siamo del rapporto medico paziente; il Chi sono del contesto socio-familiare. Dalla conoscenza e dal rispetto reciproco scaturiscono modelli decisionali eticamente accettabili perché centrati su di una comune tensione verso il bene reciproco. Il rischio della manipolazione nella relazione terapeutica in psichiatria è però costantemente in agguato e scaturisce dalla sostanziale diffidenza nelle capacità dell’altro, sia sul piano della comprensione degli eventi che su quello della loro corretta gestione. Verità ed errore in psichiatria vanno analizzati nella concretezza delle situazioni individuali e vanno collocati nell’ottica della gradualità e della progressività con cui l’uomo si accosta alla conoscenza, sempre attraverso tentativi ed errori. Un aspetto etico irrinunciabile nella relazione in psichiatria è quello che permette al soggetto malato di potersi esprimere con piena autenticità, evitando sostituzioni indebite si da parte dei familiari che del personale sanitario. L’autenticità come espressione singolare della propria identità, accettata da sé stesso e sa chi prede incarico la sua sofferenza è un fattore terapeutico dei più importanti ed efficaci. Una decisione per essere eticamente valida deve essere presa in piena libertà e nel pieno rispetto della coscienza soggettiva, per questo è essenziale l’aiuto offerto al paziente perché esprima le sue scelte e gradatamente ne comprenda la rilevanza attraverso le conseguenze operative. La libertà nella relazione con il paziente psichiatrico va sempre intesa come una conquista continua, che lo psichiatra presidia senza manipolazioni falsificazionistiche. Il problema del rapporto tra eticità come responsabilità personale ed oggettività come referente normativo universale si chiarisce solo se ci si pone nell’ottica dei diritti umani: diritto a conoscere la verità, diritto a formulare scelte coerenti, diritto a ricevere l’aiuto necessario a riscattare la propria libertà da condizionamenti di vario tipo e genere. Ossia assumendo il principio della autonomia personale come fondamento della relazione di aiuto psico-terapeutico, anche quando l’autonomia presente come diritto va sostenuta fino al punto di acquisizione come altro nome quello della responsabilità verso sé stesso e verso gli altri.
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Albisinni, Ferdinando. "Il diritto agrario europeo dopo Lisbona fra intervento e regolazione: i codici europei dell'agricoltura." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 2 (October 2011): 29–52. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002003.

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Abstract:
Il lavoro indaga sugli esiti dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, quanto alla disciplina dell'agricoltura europea. L'esame di una serie di riforme, anteriori e successive al Trattato di Lisbona, induce a concludere che la ri-nazionalizzazione e ri-localizzazione di alcune scelte di governo dell'economia agricola si è accompagnata ad una rinnovata articolazione del rapporto fra economia e diritto nella politica agricola comune. Il diritto in senso proprio, il diritto regolatorio, in contrapposizione con il diritto incentivante, caratterizza in misura crescente la legislazione di fonte europea in materia agricola. Le riforme della Pac di fine ed inizio secolo si sono così tradotte nella posizione di codici europei dell'agricoltura, dal codice dei regimi di sostegno al reddito [con il reg. (CE) n. 1782/2003, e poi con il reg. (CE) n. 73/2009], al codice dello sviluppo rurale [con il reg. (CE) n. 1257/2009, e poi con il reg. (CE) n. 1698/2005], al codice del mercato e della commercializzazione dei prodotti agricoli [reg. (CE) n. 1234/2007, c.d. regolamento unico Ocm]. Queste discipline di fonte europea dialogano con le discipline di fonte nazionale e compongono, che non è unper i 27 Paesi che oggi compongono l'Unione Europea, ma piuttosto un, nel quale bisogni e soggetti, nazionali, regionali e locali, occupano un posto di rilievo accanto a quello proprio delle scelte disciplinari espresse centralmente.
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Loy, Gianni. "Licenziamento, diritto del lavoro e ideologia." Revista Jurídica Trabalho e Desenvolvimento Humano 1, no. 1 (December 18, 2018): 202. http://dx.doi.org/10.33239/rtdh.v1i1.4.

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Abstract:
Em distintas fases históricas, pelo menos três, o Direito do Trabalho foi interrogado sobre a disciplina a ser aplicada à demissão ou ao recesso. Uma breve leitura dessas três fases consente de colocar em evidência as relações intercorrentes entre a norma e a elaboração doutrinária e jurisprudencial, isto é as “construções jurídicas” que acompanharam a sua evolução. Tomarei em consideração as fase das origens, a fase pós-constitucional e obviamente a fase atual. Eu o farei procurando colher o nexo com as ideologias do tempo para alcançar a conclusão que, fundamentalmente, o problema de fundo, que é o de escolher o modelo preferido, é sempre o mesmo e é focalizado no reconhecimento da assimetria das partes na relação de trabalho, e em particular no momento da demissão. Poder-se-á observar como o Direito do Trabalho, nesta matéria, resulta densamente tributário do predomínio de ideologias externas a ele. PALAVRAS-CHAVE: Direito do Trabalho. Relação de Trabalho. Demissão. Assimetria. Ideologia. Riassunto In distinte fasi storiche, almeno tre, il Diritto del lavoro si è interrogato sulla disciplina da applicare al licenziamento, o al recesso. Una breve rilettura di queste tre fasi consente di mettere in evidenza le relazioni intercorrenti tra la norma e l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, cioè le “costruzioni giuridiche” che hanno accompagnato la sua evoluzione. Prenderò in considerazione la fase delle origini, quella post-costituzionale e ovviamente la fase attuale. Lo farò cercando di cogliere il nesso con le ideologie del tempo per arrivare alla conclusione che, in definitiva, il problema di fondo, che è quello scegliere il modello preferibile, è sempre lo stesso ed è incentrato sul riconoscimento della asimmetria della parti nel rapporto di lavoro, ed in particolare nel momento del recesso. Si potrà osservare come il Diritto del lavoro, in questa materia, risulti fortemente tributario dal predominio di ideologie esterne ad esso. PAROLE CHIAVE: Diritto del Lavoro. Rapporto di Lavoro. Licenziamento. Asimmetria. Ideologia. Abstract In distinct historical phases, at least in three of them, Labor Law has been questioned about which discipline to apply to the dismissal or to the withdrawal. A brief reading of these three phases intends to evidence the intercurrent relations between the norm and doctrinal and jurisprudential elaborations, that is, the “legal constructions” that have accompanied their evolution. I will take into consideration the origins phase, the post-constitutional phase and obviously the current phase. I will seek to grasp the link between the ideologies of the time in order to reach the conclusion that fundamentally the key issue, which is the choice for the preferred model, is always the same and focuses itself on the recognition of asymmetry between the parties in a labor relation, particularly in the moment of withdrawal. It will be possible to observe how Labor Law, in this matter, is strongly tributary to the predominance of ideologies external to it. KEYWORDS: Labor law. Work Relations. Dismissal. Asymmetry. Ideology.
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Salone, Carlo, and Francesco Arfò. "Città e grandi eventi: il programma Matera Capitale Europea della Cultura 2019 nella percezione dei residenti." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 3 (September 2020): 5–29. http://dx.doi.org/10.3280/rgi2020-003001.

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Abstract:
L'adozione di politiche di sviluppo urbano focalizzate sulla cultura, sia dal lato dell'offerta (realizzazione di infrastrutture e sostegno alle industrie culturali e creative) sia da quello della domanda (campagne di promozione turistica, programmazione di eventi) e prassi corrente nel capitalismo cognitivo. Intorno al nesso tra cultura e sviluppo economico si e coagulato un vasto dibattito scientifico che fa da sfondo e giustificazione per l'adozione di politiche pubbliche conseguenti, in particolare, ma non solo, alla scala urbana. In realta, la produzione e il consumo di cultura sono pero spesso associati a fenomeni tra loro molto diversi e non di rado conflittuali. Secondo alcuni autori (Bridge, 2006; Kaasa e Vadi, 2010; Scott, 2000), lo sviluppo del settore culturale contribuisce soprattutto alla crescita economica e al vantaggio competitivo urbano, attraverso la generazione di nuova conoscenza per l'innovazione e la creativita ma, anche, effetti positivi su altre attivita economiche correlate. Altri ne enfatizzano le potenzialita inclusive, adatte alla costruzione dei diritti di cittadinanza e alla promozione di una societa piu giusta e coesa (Stern e Seifert, 2007), altri ancora assumono una posizione intermedia, attribuendo alla cultura sia un vantaggio competitivo che un beneficio per l'inclusione sociale, senza pero riuscire a chiarire appieno il rapporto tra queste due dimensioni dello sviluppo (Sacco e Segre, 2009). In questo articolo si inquadra e analizza il caso di Matera 2019 all'interno del progetto di Capitale Europea della Cultura ed alla luce delle teorie legate allo sviluppo urbano trainato dalla cultura. L'analisi del caso di Matera 2019 si pone l'obiettivo di misurare gli impatti attualmente osservabili nella citta sotto il profilo socio-spaziale e di indagare le modalita con cui i cittadini materani hanno interagito con l'evento, attraverso un'analisi della loro opinione circa il percorso svolto e le possibilita future della citta.
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Sgreccia, Elio, and Marina Casini. "Diritti umani e bioetica." Medicina e Morale 48, no. 1 (February 28, 1999): 17–47. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.808.

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Abstract:
Esiste un legame tra la riflessione sulla bioetica e quella sui diritti umani? Lo scritto muove da questo interrogativo per giungere dopo un’articolata analisi alla conclusione che il limpido e chiaro riconoscimento della dignità e del conseguente diritto alla vita di ogni essere umano a partire dalla fecondazione costituisce terreno e presupposto comune delle due discipline e, allo stesso tempo, è ciò che consente loro di non navigare verso le derive individualistiche dell’utilitarismo e del relativismo etico. L’analisi del rapporto fra diritti umani e bioetica parte da un dato storico e cioè dalla svolta che il processo di Norimberga e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo hanno impresso nel cammino dell’umanità. Questa nuova tappa accompagna gli albori del “filone giuridico-normativo della bioetica” che nel corso degli anni assumerà sempre maggior consistenza, tanto da sfociare in un autonomo campo di riflessione noto sotto il nome di “biodiritto” o “biogiuridica”. A riguardo l’articolo presenta una disamina ricognitiva (non esente da osservazioni di tipo valutativo) dei principali documenti giuridici nazionali e internazionali che si occupano di “questioni di bioetica”. Dal ricco affresco di questi emerge da un lato la constatazione di un rapporto che esprime la necessità di un’integrazione fra diritti umani e bioetica, dall’altro l’urgenza di dare un solido ed autentico fondamento agli uni e all’altra. È questa una problematica di cruciale importanza, perché sia i diritti umani che la bioetica risentono di una crisi metafisica tanto più evidente e acuta quanto più ci si avvicina ai momenti di maggiore precarietà e debolezza dell’esistenza umana, nei quali la vita umana “è”, semplicemente “è”. In questo senso, l’embrione umano è l’emblema di ogni povertà ed emarginazione. La via d’uscita dalla “crisi” e dunque la ricerca del fondamento - sia per i diritti umani che per la bioetica - va trovata all luce della dignità umana, sempre presente con la stessa forza e intensità in tutti e in ciascuno, da rispettare e promuovere in primo luogo nel rispetto e nella promozione del diritto ad esistere che della dignità è la prima manifestazione, la più immediata concretizzazione.
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Tucci, Giuseppe. "La discriminazione contro il disabile: i rimedi giuridici." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 129 (March 2011): 1–28. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129001.

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Abstract:
La discriminazione contro i disabili ha una storia particolare nella nostra esperienza giuridica, in quanto viene fatta oggetto di sanzioni solo molto tempo dopo che erano state eliminate le altre tradizionali forme di discriminazione, come, ad esempio, quella contro le donne. Anche le norme costituzionali, che rendevano certamente illegittime quelle discriminazioni (artt. 2, 3, 4, 32, 35, etc. Cost.), sono state lette in funzione della tutela del disabile solo negli anni '90 del secolo scorso, quando la nostra legislazione ordinaria č stata costretta ad adeguarsi al diritto europeo. Infatti, soltanto l'art. 16 della l. 12 marzo 1999, n. 68, ha abrogato la norma del t.u. sul pubblico impiego che prevedeva la «sana e robusta costituzione» come astratto e generale requisito di accesso al pubblico impiego medesimo, cosě come soltanto nel 2003, in attuazione di precise direttive europee, l'art. 15 st. lav. č stato riformato in modo da qualificare come illegittima la discriminazione contro il disabile nel rapporto di lavoro privato. Oggi la tutela del disabile si realizza a livelli multipli. Infatti, vi č una tutela di diritto interno, una tutela di diritto internazionale, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, una tutela di diritto dell'Unione europea in senso stretto ed una tutela basata sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Malgrado tale pluralismo delle fonti delle differenti discipline giuridiche, solo l'intervento delle diverse Corti, come la Corte costituzionale, quella di Lussemburgo e quella di Strasburgo, in costante dialogo tra loro, riesce a tutelare il disabile di fronte alle nuove forme di discriminazioni, come quelle razziali, che spesso hanno ad oggetto, in particolare nella nostra esperienza giuridica, disabili extracomunitari.
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Korac, Maja. "Politiche, agency e dialogo interculturale. Esperienze dei rifugiati dei conflitti jugoslavi in Italia." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2010): 127–50. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-003008.

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Abstract:
Questo articolo esamina il processo di etichettamento politico e burocratico dei rifugiati e il suo rapporto con razza, etnicitŕ, classe e/o genere, oltre che con altri meccanismi di esclusione che operano nei luoghi del loro insediamento. Considera criticamente le prospettive e i processi di insediamento delle persone fuggite dai conflitti in Yugoslavia, a cui č stato garantito il diritto di lavorare e/o studiare in Italia sulla base di un decreto governativo speciale, senza una lunga procedura di determinazione dello status. L'analisi si basa su una ricerca etnografica condotta a Roma negli anni 1999 e 2000. Esplora i meccanismi e il processo che hanno permesso loro di beneficiare dei diritti garantiti al loro arrivo. La discussione si focalizza, da un lato, sulle connessioni tra strategie e politiche di assistenza e sui limiti strutturali che incarnano e, d'altro lato, sul tipo di agency che incoraggiano. Esplora il ruolo delle reti sociali co-etniche, cross-etniche e minoranza-maggioranza nel processo di insediamento. Questo articolo sostiene che se l'acquisizione formale di diritti legali e sociali legati all'inclusione e all'eguaglianza non č accompagnata da contatti e legami informali tra minoranza e maggioranza, a livello micro, l'esperienza dei gruppi di minoranza rimarrŕ fortemente condizionata dalla loro sensazione di "alteritŕ" e dalla percezione di diseguaglianza ed esclusione. Ciň avviene perché lo sviluppo della fiducia tra gruppi (etnici) di minoranza e gruppi di maggioranza dipendono solo parzialmente dal set di diritti che possono essere garantiti ai gruppi "etnici" o "di minoranza".
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Vaughan, Alan G., and Andrew Samuels. "Una conversazione tra amici e colleghi affini. Alla ricerca di nuovi paradigmi junghiani su etnia, razzismo e cultura per l'individuazione della psicologia analitica." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 13–37. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa10781.

Full text
Abstract:
Alan G. Vaughan e Andrew Samuels, entrambi analisti junghiani, hanno avuto il piacere di incontrarsi durante la prima Conferenza di Analysis & Activism tenutasi a Londra nel 2014. Entrambi colpiti dalla presentazione di nuovi paradigmi e dalla applicazione dei principi della psicologia analitica oltre la stanza di analisi, alle comunità più diverse dal punto di vista etnico ed economico, le loro conversazioni si sono intensificate attraverso lo scambio di e-mail e la condivisione delle loro idee.Nell'agosto 2017 si sono incontrati di persona durante la conferenza dell'International Association of Jungian Studies (IAJS) a Cape Town, in Sudafrica, città natale di Nelson Mandela. Gli scambi sono stati animati e ricchi, il rapporto genuino. Hanno discusso di psicologia analitica, analisi e attivismo, politica, economia, diaspora africana e della diffusione della psicopatologia del razzismo. Le loro conversazioni sono continuate, sulle colline di Oakland in California, il 17 dicembre 2017.
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Vaughan, Alan G., and Andrew Samuels. "Una conversazione tra amici e colleghi affini. Alla ricerca di nuovi paradigmi junghiani su etnia, razzismo e cultura per l'individuazione della psicologia analitica." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 13–37. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa10781.

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Abstract:
Alan G. Vaughan e Andrew Samuels, entrambi analisti junghiani, hanno avuto il piacere di incontrarsi durante la prima Conferenza di Analysis & Activism tenutasi a Londra nel 2014. Entrambi colpiti dalla presentazione di nuovi paradigmi e dalla applicazione dei principi della psicologia analitica oltre la stanza di analisi, alle comunità più diverse dal punto di vista etnico ed economico, le loro conversazioni si sono intensificate attraverso lo scambio di e-mail e la condivisione delle loro idee.Nell'agosto 2017 si sono incontrati di persona durante la conferenza dell'International Association of Jungian Studies (IAJS) a Cape Town, in Sudafrica, città natale di Nelson Mandela. Gli scambi sono stati animati e ricchi, il rapporto genuino. Hanno discusso di psicologia analitica, analisi e attivismo, politica, economia, diaspora africana e della diffusione della psicopatologia del razzismo. Le loro conversazioni sono continuate, sulle colline di Oakland in California, il 17 dicembre 2017.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Chiapponi, Giovanni. "Can harmonized time limits in European civil procedure enhance the effectiveness of the enforcement of EU Law? = Possono termini processuali armonizzati in materia civile incre-mentare l’ effettività nell’esecuzione del diritto dell’Unione Europea?" CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 12, no. 1 (March 5, 2020): 543. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2020.5202.

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Abstract: The article focuses on the judgment Al Bosco, rendered by the ECJ on 4th October 2018. Al Bosco gives a new insight as to how the ECJ interprets the following questions: firstly, it clarifies the relationship between the doctrine of extended effects and that of equivalent effects; secondly, it underlines the importance of the principle of legal certainty; finally, it addresses issues concerning the time limit for the enforcement of a provisional measure issued in a Member State other than the Member State in which enforcement is sought. Against such a background, I will examine the pos-sibility of introducing a uniform and autonomous concept of harmonized time limits within the EU.Keywords: Time limits, provisional measures, recognition and enforcement of judgments in civil and com-mercial matters, civil judicial cooperation, harmonisation.Riassunto: lo scritto è di commento alla sentenza “Al Bosco”, pronunciata dalla CGUE il 4 ottobre 2018. L’arresto in parola si segnala per il quid novi introdotto dalla Corte di Lussemburgo sull’interpretazione di talune questioni: inizialmente, chiarifica il rapporto tra il principio di estensione dell’efficacia e quello di equivalenza degli effetti; sottolinea, quindi, la centralità del principio di legalità giuridica. Affronta, da ultimo, talune problematiche relative all’applicazione del termine per l’esecuzione di una misura cautelare (un sequestro conservativo) in un contesto transfrontaliero. La sentenza mi fornisce lo spunto per svolgere alcune brevi considerazioni circa l’opportunità di valutare l’introduzione di un concetto autonomo ed uniforme di termini processuali armonizzati all’interno dell’Unione Europea. Parole chiave: termini processuali, misure cautelari, riconoscimento ed esecuzione di decisioni in materia civile e commerciale, cooperazione giudiziale in materia civile, armonizzazione.
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Monaci, Massimiliano. "L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (April 2013): 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

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Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
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Santuari, Alceste. "Aiuti di Stato ed enti non profit: un importante Parere del Comitato economico e sociale europeo anche per il settore dello sport dilettantistico." Diritto Dello Sport 03, no. 01 (June 24, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/disp0301b.

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Nel diritto eurounitario, i servizi alla persona, in cui rientrano anche le attività sportive dilettantistiche, godono di un “trattamento” particolare, attese le finalità che essi intendono realizzare e che i diversi ordinamenti giuridici riconoscono come tali. Nel parere del CESE, si evidenzia che proprio le finalità perseguite dai servizi in oggetto dovrebbero consentire di derogare anche alla disciplina europea degli aiuti di Stato, favorendo un diverso rapporto tra enti pubblici e soggetti non profit, che, in larga parte, sono chiamati ad erogare quei servizi.
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Costa, Josécley Dos Santos. "Definizione del concetto di bene immobile nella dottrina e nell’ordinamento giuridico costituzionale – Responsabilità civile brasiliana e internazionale: articolo 1.225, punto I, della legge 10,406 del 10 gennaio 2002, che istituisce il codice civile brasiliano." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 14, 2020, 24–42. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/bene-immobile.

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L’offerta di questo mestiere mira a definire il concetto di immobiliare. Tracciare un panorama evolutivo storico generale, dalla preistoria ai giorni contemporanei, riferendosi al Diritto Reale, su scala globale, riferendo le ragioni storiche, i sistemi sociali ed economici al rapporto della proprietà immobiliare, che ne ha portato l’aspetto e lo sviluppo ai conglomerati che hanno fondato le città. Compresa la creazione del suo concetto a carattere nazionale e internazionale, ordinato da sistemi di governi nei loro regimi governativi, con un focus interdisciplinare, fornendo non solo basi, più comprendendo anche i fattori dell’industria edile, motivo del vettore economico dei carri delle piccole economie, proprietà pubbliche e private attraverso la vita quotidiana, visualizzando la traiettoria dell’osservazione di un ricercatore al risultato di questo lavoro , da cui è stato condotto in una sequenza logica. La metodologia si basava sulla ricerca bibliografica, un approccio al problema, utilizzando i metodi: procedura induttiva, storica, con quella dell’osservazione della vita reale, corrispondente alla delimitazione del tema, portando ad un percorso specifico, cioè a definire il concetto di proprietà immobiliare. Che vanno dai risultati più particolari, alle leggi e alle teorie dottrinali, in una comunicazione ascendente. La domanda e il problema di questo lavoro risiedono nella domanda: cos’è il settore immobiliare? Vale la pena chiarire, il diritto del proprietario e della sua facoltà, presente nel codice civile brasiliano in vigore. L’origine degli immobili nella storia nasce nel Medioevo, nel Medioevo sorge la facoltà del proprietario, tra le altre apparizioni, quali: condominio, dicotomia: terre pubbliche e private, possesso, nomenclatura: Diritto Reale, ecc. In diverse costituzioni, codici e legislazione internazionale, la definizione di questo concetto non è stata trovata.
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Massetto, Gian Paolo. "BECCARIA TRA DIRITTO PENALE ED ECONOMIA PUBBLICA." Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, December 13, 2011, 295–402. http://dx.doi.org/10.4081/incontri.2011.112.

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Beccaria between criminal law and public economics. As Mario Romani wrote in 1966: ‘the most mature and solid part of Beccaria’s work as system builder, that is, his lectures on economia pubblica delivered between 1769 and 1772, and the empirical investigations or consulte stemming from inquiries undertaken in his capacity as a member of government bodies, was for a long time wholly or partly overlooked, or entrusted to unreliable editors, who were ready to print manuscripts the Author himself had not deemed worthy of publication’. This discomfort is no longer justified. The Elementi di economia pubblica will soon be published, while the Atti di Governo have recently appeared in print. We now know the details of Beccaria’s activity in the Supremo Consiglio d’Economia, as Head of the First and then of the Second Department, and as a member of the Consiglio di Governo. We can evaluate his contribution to both theory and practice in the fields of criminal law and economics. The aim of this essay is to assess the consistency between Beccaria’s theoretical writings and his field work, with particular reference to freedom of trade (of grains in particular), free bakery, hunting, forest and mines, the Pizzighettone prison, and the Milan house of correction.
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Bonghi Jovino, Maria. "Credenze religiose e modelli di indagine." LANX. Rivista della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici - Università degli Studi di Milano, January 12, 2022, 106–8. http://dx.doi.org/10.54103/2035-4797/17060.

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Odini, Luca. "La custode della promessa. Spunti pedagogici del rapporto tra natura, uomo ed economia nel pensiero di Galvano Della Volpe." MeTis. Mondi educativi. Temi, indagini, suggestioni 10, no. 2 (December 2020). http://dx.doi.org/10.30557/mt00151.

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Abstract:
Il contributo, nel solco di una prospettiva di pedagogia militante, si propone di analizzare, con ottica storico critica, il rapporto tra natura, uomo ed economia nel pensiero di Galvano Della Volpe, affrontando in particolare gli studi su Marx e Rousseau, il discorso sulla disuguaglianza e la sua attualità, e l’uomo totale marxiano e la libertà comunista, per una teoria di un umanesimo positivo. Cercheremo di mostrare come le conseguenze di questo pensiero evidenzino che nel rapporto tra pedagogia ed economia, se la prima non sarà consapevole della sua funzione di custode della promessa del progresso umano e di uno sviluppo economico collettivo, contro la sacralizzazione della proprietà e l’istituzionalizzazione della disuguaglianza, si condannerà necessariamente ad un ruolo secondario e ancillare.
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Cavallaro, Nicola. "Riflessioni in tema di comparazione, diritto transnazionale e lex sportiva." Diritto Dello Sport 1, no. 2 - 2020 (October 20, 2020). http://dx.doi.org/10.30682/disp0102b.

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Abstract:
"Con questo articolo si intende svolgere una riflessione sul grado di autonomia della lex sportiva sovranazionale rispetto agli altri sistemi di norme, prendendo in considerazione tre fattispecie che hanno suscitato molto dibattito nella prassi: il divieto di promozione pubblicitaria dei prodotti di tabacco ed assimilati in occasione di manifestazioni sportive, il problema dei diritti audiovisivi in relazione ad eventi sportivi e la fattispecie della c.d. Third Party Ownership nel rapporto tra normativa FIFA e quella della Unione Europea in tema di concorrenza. In alcuni casi, come nel conflitto tra UEFA e FIFA da un lato ed Unione Europea dall’altro, sulla gestione dei diritti televisivi in ambito sportivo, è intervenuta la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea a risolvere la questione. In altri casi, si vuole mettere in rilievo come il conflitto in realtà si ponga solo come potenziale, ovvero apparente qualora si adotti un approccio rispettoso degli ambiti propri dei diversi sistemi di norme."
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Nicolussi, Andrea. "Limiti del pacta sunt servanda, buona fede equitativa e dimensione sociale del contratto." Revista de Direito da Cidade 13, no. 3 (September 23, 2021). http://dx.doi.org/10.12957/rdc.2021.62312.

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Abstract:
Il contratto come ogni atto dell’uomo nasce storicamente condizionato, come ogni testo esso si forma dentro un certo contesto. Inoltre, il contratto è bensì applicazione del principio di autonomia, e quindi esplicazione del potere/libertà di darsi delle regole e così vincolarsi alla parola data: pacta sunt servanda; tuttavia l’autonomia in questo ambito è da intendere nel senso di un’autonomia relazionale in cui svolgono il loro ruolo almeno due altri principi fondamentali di carattere etico-giuridico. Questi principi sono la buona fede e il Ssinalagma. Nell'articolo, tali principi sono analizzati soprattutto per quanto riguarda l'equilibrio o proporzionalità tradizionale differenza tra buona fede ed equità e viene esaminata la contaminazione tra buona fede ed equità: la buona fede equitativa. La buona fede equitativa in giurisprudenza è anche analizzata in modo proficuo e l'articolo si concentra sul rapporto tra diritto, buona fede e la questione delle modifiche delle circostanze del contratto. Viene definita la ed equità di fronte alla sopravvenienza tipica e alla sopravvenienza atipica.
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Sacchini, Dario, and Pietro Refolo. "Per un rapporto di buon vicinato tra economia sanitaria e bioetica." Medicina e Morale 55, no. 4 (August 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.350.

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Abstract:
Il chiarimento del rapporto tra economia ed etica svolto lungo un asse cronologico suggerisce come le idee, risalenti alla cultura positivista e neo economica volta al recupero della sola efficienza e intesa come “avalutativa”, rappresentino un modo obsoleto di concepirla e siano a oggi tendenzialmente superate. Il contributo mostra, in particolare, come a partire dagli anni ’60 del XX secolo inizi a farsi strada anche in economia (in corrispondenza di un ridimensionamento della “legge di Hume” in ambito filosofico e della conseguente apertura delle scienze sociali all’etica) l’idea della necessità di una sua apertura all’etica e di una maggiore considerazione delle istanze relative all’equità. Da qui l’auspicio, che l’articolo esprime, di una maggiore apertura dell’economia sanitaria ai discorsi etici e l’invito a una sua più stretta collaborazione con la bioetica. Una maggiore considerazione da parte dell’economia sanitaria dei consistenti contributi che, fin dal suo momento costitutivo, la bioetica ha prodotto sul tema dell’”etica dell’allocazione delle risorse scarse in sanità” faciliterebbe, infatti, l’individuazione in materia distributiva di un punto di convergenza (un trade-off) tra le istanze economiche e quelle etiche, rappresentato dal valore-persona. ---------- The explanation of the relationship between economics and ethics developed along a chronological axle suggests that, going back to positivistic and neo-positivistic culture, the ideas both of a separation between the two disciplines and of an economic science - only directed to the recovery of the efficiency and intended as avaluational matter - represents an obsolete way to conceive it and today this position is basically outdated. Particularly, the paper shows, as beginning from the ‘60s of the XX century, the ideas of the necessity of an opening of economics towards ethics and of a greater consideration of the appeals to equity begins to clear a way also through economics (in correspondence of a re-evaluation of the “Hume’s law” in philosophical area and of the consequent opening of the social sciences to the ethics). From here, the article expresses the auspice of a greater opening of the health economics to the ethical reflection and the invitation to a closer collaboration with the bioethics. A great consideration from health economics of the substantial contributions that - since the birth of bioethics - were produced on the theme of the ethics of the healthcare resources allocation would facilitate, in fact, the individualization in distributive matter of a point of convergence (trade-off) between the economical and ethical appeals on the value of the human person as a whole.
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Zamagni, Stefano. "Economia ed etica nel pensiero di Giovanni Paolo II." Medicina e Morale 56, no. 5 (October 30, 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2007.309.

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Abstract:
Dopo aver ribadito che l’orizzonte etico della dottrina Sociale della Chiesa è quello del bene comune e dopo aver illustrato le ragioni per le quali si può sostenere che la tematica economico-sociale è magna pars del pensiero di Giovanni Paolo II, il saggio focalizza l’attenzione su tre questioni specifiche. La prima concerne il rapporto tra lavoro e persona umana; la seconda riguarda le nuove povertà in ampia diffusione anche nelle società avanzate; la terza ha per oggetto il ruolo del principio di sussidiarietà nell’articolazione del nuovo modello di welfare. L’articolo si chiude con la considerazione che al cristiano non può bastare un discorso solo centrato sui valori della libertà e della giustizia. Ii di più che il cristiano fa propria è la prospettiva della società fraterna, una società cioè nella quale la carità non viene relegata alla sola sfera privata. ---------- Having stressed that the ethical horizon of Social Doctrine of the Church is funded in the notion of common good and having shown the reasons for which it is possible to maintain that socio-economic themes are a major component of John Paul II's thought, the paper focus its attention on three specific questions. First, the relation between labour and human person; second, the question of the new poverties gaining ground even in the most advanced countries; third, the peculiar role of the subsidiarity principle in the design of a new model of welfare. The article concludes with the consideration that to the Christian a discourse only based on values such as liberty and justice, is not enough. What is required on top of those values is the perspective of the principle of fraternity (not to be confused with brotherhood).
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Parricchi, Monica. "Costruire cittadinanza economica: il ruolo della pedagogia." MeTis. Mondi educativi. Temi, indagini, suggestioni 10, no. 2 (December 2020). http://dx.doi.org/10.30557/mt00141.

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Il rapporto tra pedagogia ed economia è sempre stato complesso: la difficoltà della cultura pedagogica nel dialogare con le scienze economiche ha portato la pedagogia a trascurare la questione, lasciando spesso argomenti dai risvolti educativi ad altre scienze. Comprendere l'economia è fondamentale per conoscere e governare alcune delle dinamiche della società odierna, di conseguenza l'economia deve far parte dell'educazione dei soggetti, in tutte le fasce d’età per la promozione della cittadinanza attiva. L'educazione economica come processo intenzionalmente finalizzato a fornire conoscenze e competenze relative alla gestione del denaro, costituisce una parte della cultura della cittadinanza, quella economica, che consente ai cittadini di diventare agenti consapevoli durante la loro vita personale e sociale. L'obiettivo finale dell'educazione economica, a partire dall’alfabetizzazione finanziaria, dovrebbe essere quindi la promozione, sia in famiglia che a scuola, della capacità di pianificazione, riconoscendo la natura del denaro come mezzo e non come fine, per la promozione del benessere personale e sociale.
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Cupri, Alessandro. "L’economia del Profeta: la finanza islamica e i fondamenti religiosi del diritto islamico dei contratti Shari’ah Compliant." Stato, Chiese e pluralismo confessionale, November 30, 2021. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/16831.

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SOMMARIO: 1. Premessa: l’Islam tra religione ed economia - 2. Dalla finanza al contratto islamico, tra vincolo e libertà: alla ricerca di una teoria generale dei contratti - 3. L’etica islamica dei contratti: divieto di ribà e divieto di ghàrar - 4. Operatività delle attività della banca islamica e contrattualistica commerciale Shari’ah Compliant - 5. I contratti di tipo partecipativo: “mudàraba” e “mushàraka” - 6. (segue) Tipologie di mudàraba - 7. Cenni conclusivi e prospettive future. The Prophet's Economy: Islamic Finance and the Religious Foundations of Islamic Law of Shari'ah Compliant Contracts ABSTRACT: The growing presence of Muslim believers in Europe has increasingly led to heated debates also at the doctrinal level. Legal and economic literature, particularly, has recently emphasised the importance that inclusive, effective and efficient financial regulation can have on the degree of integration of the Islamic communities present in non-Muslim contexts. Since the Shari'ah dictates a series of behavioural rules in different sectors of the believer’s life, the Koran and the narratives of the Prophet (hadith) offer a series of prescriptions also in economic matters. With the aim of outlining the religious and juridical reasoning of the so-called halal economic dimension, this paper first examines the economic principles of Islamic finance: the prohibition of ribà (interest), the prohibition of ghàrar (uncertainty) and that of maysìr (speculation). It then provides a recognition aimed at finding a general theory of Islamic contracts. Finally, it reconstructs the discipline of the mudàraba and musharàka participatory contracts. These two forms of contracts represent a product of Islamic finance widely used in banking-financial practice and considered by Islamic legal schools to be totally in conformity with the Word of Allah. They are therefore instruments of comparison particularly interesting as well as useful for the Italian legal system. They can represent a flywheel for the integration of Muslims in the social fabric, and at the same time, an antidote to the unstable European economic panorama.
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Dalla Torre, Giuseppe. "Pluralismo religioso, multietnicità e biodiritto." Medicina e Morale 55, no. 3 (June 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.356.

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Abstract:
Dopo essersi rilevato il fenomeno della rinascita del fatto religioso nell’odierna società secolarizzata, grazie anche al massiccio fenomeno immigratorio, si descrive l’impatto del pluralismo etnico-religioso sulle tradizionali realtà degli ordinamenti giuridici statali; impatto reso ancora più problematico per l’ascesa di nuovi poteri, in particolare quello tecnico-scientifico, insofferenti ad una eteroregolamentazione non solo sul piano etico, ma anche sul piano giuridico. Si mette quindi in evidenza una crescente ambiguità che investe la biogiuridica: da un lato la nuova esigenza di riconoscere il rivendicato “diritto alla diversità” da parte delle diverse formazioni etnico-religiose; dall’altro l’esigenza di una regolamentazione giuridica uniforme a garanzia dell’ordinata convivenza attorno ad una scala valoriale che abbia nella “vita” il bene centrale ed ultimo da salvaguardare. Tra le conclusioni cui si giunge è innanzitutto quella per cui la pacifica convivenza in una società multietnica e multireligiosa può essere assicurata, nel rispetto delle diverse tradizioni e culture, attraverso il ricorso a moderati e saggi riconoscimenti di spazio al diritto personale all’interno degli ordinamenti statali, ma nei limiti rigorosi posti dalle esigenze di tutela della dignità umana. Ciò tocca anche la questione dei “nuovi poteri” che, nel contesto di una società globalizzata, impongono una rielaborazione dell’idea di diritto che, partendo dal quadro di un sistema di fonti che tende sempre più ad essere organizzato non secondo gerarchia ma secondo competenza, si ispiri al principio del riconoscimento dell’essere umano nella sua dignità, indipendentemente dall’appartenenza etnico-religiosa. Infine si mette in evidenza l’inaccettabilità di un “diritto debole”, solo procedimentale, perché sostanziale negazione della funzione stessa del diritto, che è quella di prevenire e/o dirimere i conflitti tra interessi in gioco e, quindi, i contrasti tra le parti della società, difendendo nel rapporto i soggetti più deboli; così come si mette in evidenza che il prezioso bene della laicità dello Stato non è – come invece spesso si ritiene – salvaguardato da un “diritto debole”, ma solo da un diritto giusto. ---------- After being noticed the phenomenon of the rebirth of the religious fact in today’s secularized society, it is described also the impact of the ethnic-religious pluralism on the traditional realities of the government juridical arrangements; impact made even more problematic for the ascent of new powers, particularly that technical-scientific, impatient to an heteroregulation not only on the ethical plan, but also on the juridical plan. It is put therefore in evidence an increasing ambiguity that invests the biojuridical: from one side the new demand to recognize the vindicated “law to difference” from different ethnic-religious formations; from the other the demand of a uniform juridical regulation to guarantee of the orderly cohabitation around to a scale of value that has in “life” central and ultimate good to safeguard. Between the conclusions which the author comes it is, first of all, that for which the peaceful cohabitation in a multiethnic and multireligious society can be assured, in the respect of the different traditions and cultures, through the recourse to moderate and wise recognition of space to the personal law into the government arrangements, but in the rigorous limits set by the demands of guardianship of human dignity. This also touches the matter of new powers that, in the contest of globalization, impose a new elaboration of the idea of law that, departing from the picture of a system of sources that extends more and more to not be organized according to hierarchy but according to competence, inspire to the principle of the recognition of the human being in its dignity, independently from the ethnic-religious affiliation. Finally it is put in evidence the unacceptability of a “weak law”, just procedural, as substantial negation of the law function itself, which is that to prevent and/or to settle the conflicts between affairs at stake and, therefore, contrasts between the parts of the society, defending in the relationship the weakest subjects; as it is evidenced that the precious good of laity of the State is not - like instead it is often considered - safeguarded by a weak law, but only by a correct law.
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Bersani, Giuseppe. "Malattia, desiderio di morte e depressione: la necessità di valutazione clinica e di riflessione etica sul confine tra diritto di scelta e diritto alla cura." Medicina e Morale 60, no. 6 (December 30, 2011). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2011.151.

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Abstract:
Il lavoro prende lo spunto dalla riflessione sui commenti che nei media hanno accompagnato circa un anno fa il suicidio di un noto regista italiano, molto anziano, ricoverato in ospedale per una patologia neoplastica. Un comune atteggiamento, in questa sede giudicato conformista e superficiale, ha proposto una valutazione altamente positiva del gesto, presentato essenzialmente come un atto di coraggio conseguente ad una riflessione lucida e coerente della propria condizione esistenziale. Ma in realtà una considerazione molto semplice, quella dell’ipotesi che alla base della decisione del suicidio potesse esistere una reale e clinicamente significativa condizione depressiva, non è stata quasi affatto valutata nel suo potenziale peso. Emerge quindi la necessità di alcune brevi riflessioni sul rapporto tra malattia fisica e depressione, che tengano conto di quanto il vissuto generale della malattia, la sofferenza fisica, l’esperienza del dolore e dell’invalidità, la difficoltà o la perdita di prospettive future possano svolgere con elevata frequenza il ruolo di fattori in grado di innescare una “fisiologica depressione da malattia”, peraltro ancora compatibile con una visione lucida del proprio stato e con una conservata capacità di valutazione e decisione. Ma gli stessi fattori, anche eventualmente in associazione con altri preesistenti o concomitanti, possono condurre allo sviluppo di reali e gravi episodi depressivi, anche clinicamente non distinguibili da quelli che caratterizzano la malattia depressiva ad origine primaria, cioè non conseguente a malattia somatica. Dalla “idea della morte”, nel primo caso attesa ed anche vissuta in senso almeno in parte liberatorio, ma non desiderata e non ricercata, si passa al “desiderio di morte”, potenziale grave sintomo depressivo, a sua volta connesso in modo diretto con il rischio di condotte suicidarie. Il limite tra le due condizioni è ovviamente incerto e sfumato, anche giustificato dal modo subdolo e graduale con cui si instaura la vera condizione depressiva, che rende spesso inatteso l’eventuale suicidio. Con la dovuta attenzione a non psichiatrizzare condotte o situazioni non necessariamente di per sé patologiche, la ripercussione etica e deontologica di questa dicotomia è diretta. Al diritto di scelta del malato somatico, di cui tenere conto ovviamente nei limiti del contesto etico generale e delle normative legali, deve essere anteposto il diritto alla cura di un soggetto malato, la cui sofferenza mentale limiti od escluda la stessa capacità di consapevole valutazione e decisione. Il riconoscimento della eventuale reale condizione depressiva ed il suo trattamento, inteso nel senso più esteso del termine, da quello farmacologico a quello di supporto psicologico o psicosociale, vengono a costituire delle necessità etiche la cui sottovalutazione comporta il rischio di fare perdere ad un soggetto già malato la possibilità di un aiuto decisivo nell’affrontare od anche superare momenti in cui alla sofferenza fisica ed esistenziale si sovrappongono condizioni di reale sofferenza mentale, tali da compromettere in grado anche estremo le capacità di scelta libera e consapevole, il cui recupero deve costituire un obiettivo primario di ogni intervento terapeutico. ---------- The work takes its cue from the reflection on the comments that have accompanied in the media about one year ago the suicide of a famous Italian director, a very old man, hospitalized for a malignant disease. A common attitude, here judged conformist and superficial, has proposed a highly positive evaluation of the gesture, presented essentially as an act of courage resulting in a lucid and coherent reflection on his own existential condition. But in reality a very simple view, the hypothesis that the basis of the decision of suicide could be a real and clinically significant depressive condition, has not been evaluated in all its potential weight. There is thus a need for some brief reflections on the relationship between physical illness and depression, which take account of how the general experience of the disease, the physical suffering, the experience of pain and disability, the difficulty or loss of future prospects may play the role of factors that with a high frequency can trigger in patients a “physiological depression disease”, however, still compatible with a clear vision of their own condition and with a preserved capacity for evaluation and decision. But the same factors, also possibly in combination with other preexisting or concurrent, may lead to the development of real and severe depressive episodes, although not clinically distinguishable from those that characterize primary depressive illness, i.e. not resulting from physical disease. From the “idea of death” in the first case pending and also lived at least in part in liberating sense, but not desired and sought after, you go to the “death wish”, potential serious symptom of depression, in turn, directly linked with the risk of suicidal behavior. The boundary between the two conditions is obviously uncertain and vague, even justified by the subtle and gradual way in which the true condition of depression establishes, making often unexpected the eventual suicide. With proper care not to judge as “psychiatric” conduct or situations not necessarily pathological in itself, the ethical as well as deontological impact of this dichotomy is directed. The somatic patient’s right to choose, to be considered within the context of the general ethical and legal regulations, must be placed after the right to the care deserved by an ill person, whose mental suffering can limit or exclude the same capacity of conscious evaluation and decision. The recognition of any real-depressive condition and its treatment, in the broadest sense of the word, from the pharmacological therapy to the psychological and psychosocial support, constitute the ethical requirements which reduce the risk of making an already suffering person devoid of the possibility of a decisive help in dealing with or even go through moments in which the physical and existential suffering overlap conditions of real mental disease, such to potentially compromise the ability of free and informed choice, whose recovery must be the primary objective of any therapeutic intervention.
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Mele, Vincenza. "Gli organismi geneticamente modificati: la lettura bioetica personalista." Medicina e Morale 54, no. 1 (February 28, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2005.410.

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Abstract:
Le chiavi di lettura della bioetica della realizzazione e l’utilizzo degli OGM adottate nell’attuale dibattito culturale e filosofico sono: la filosofia del rapporto scienze sperimentali/etica e la filosofia del rapporto uomo/natura/ economia. Il rapporto scienze sperimentali/etica viene letto secondo due prospettive: la prospettiva scientista/progressista e la prospettiva precauzionista. La prospettiva scientista/progressista, cadendo nelle maglie della della fallacia scientifica e della fallacia naturalistica, sostiene che gli OGM sono eticamente da accettare, in quanto non si sono finora dimostrati dannosi. La prospettiva precauzionista, al contrario, supportata da un pregiudizio sostanzialmente antiscientifico, ritiene che la scienza non offra elementi di certezza sull’assenza di danno e che quindi spetti al diritto stabilire i criteri di accettabilità etica delle biotecnologie. L’orientamento personalista prende le distanze da entrambe, esprimendo i seguenti punti di vista: le scienze sperimentali, per il loro statuto epistemico, non possono offrire elementi di certezza assoluta sull’innocuità degli OGM, vanno quindi incrementate la ricerca e la sperimentazione case by case ed il follow-up nei lunghi tempi; i dati sperimentali finora acquisiti offrono elementi che sono probanti per stabilire il loro carattere di non dannosità e sono ritenuti irrinunciabili per un giudizio morale, che deve comunque tenere conto di elementi extrascientifici di valutazione. L’altro cardine filosofico di riferimento, che è i l rapporto uomo/natura/economia, si incentra sulla sostenibilità, concetto di matrice economica. I criteri della sostenibilità debole e della sostenibilità forte vedono rispettivamente la predominanza dello sviluppo economico sulla natura oppure la priorità della preservazione assoluta della natura sullo sviluppo. I diversi significati di sostenibilità sono motivati da concezioni radicalmente diverse di natura: la natura come risorsa, la natura come bene intangibile. L’orientamento personalista permette di superare la dicotomia incremento dello sviluppo/tutela della natura, con un radicale cambiamento di prospettiva, uno sviluppo non più sfrenato ed autonomo, che diventa sapiente amministrazione, ed una natura non più fine a se stessa, che diventa dono. Il concetto di amministrazione del dono affonda le sue radici nel libro della Genesi, laddove è scritto che Dio creò l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. L’imperativo del coltivare sollecita l’uomo ad impegnare la sua intelligenza e la sua libertà per fare fruttificare il giardino, con l’avvertenza però di non dimenticare che esso proviene da una “originaria donazione di Dio”. L’imperativo del custodire chiama in causa la responsabilità dell’uomo nel custodire l’essere, l’essere delle cose e l’essere dell’uomo, che dalla creazione sono inscindibilmente connessi. Ed è proprio la connessione originaria che impone alla bioetica questa come domanda etica di fondo: nel nostro rapporto con la natura, che cosa perdiamo o acquistiamo di noi stessi, che uomini diventiamo? In definitiva il vero sviluppo che siamo chiamati a realizzare non riguarda l’economia e quindi l’avere di più ma la pienezza di un’umanità autentica, e quindi l’essere di più mediante l’agire virtuoso: un agire prudente, temperante e, per ultimo, ma non da ultimo, giusto. ---------- The reading keys of bioethics about the creation and the utilization of GMO that are adopted in contemporary cultural and philosophical debate are: the philosophy of experimental sciences/ethics relationship and the philosophy of man/nature/economy relationship. The experimental sciences/ethics relationship could be read following two perspectives: the scientistic-progressist perspective and the precautionary perspective. The scientistic-progressist perspective, getting involved in the scientific and naturalistic fallacy, sustains that GMO are ethically acceptable because up to now they do not prove to be harmful. On the contrary, the precautionary perspective, supported by a substantially antiscientific prejudice, affirms that science does not offer elements of certainty about the absence of damage and that thus it is up to the right to establish the criteria of ethical acceptability of biotechnologies. The personalist approach dissociates itself from both perspectives, affirming the following points of view: experimental sciences, because of their epistemic statute, can not offer elements of absolute certainty about GMO harmlessness, so it is necessary to increase research, case by case experimentation and long-term follow-up; experimental data acquired up to now offer probative elements for establishing their character of harmlessness and that are considered as irrenounceable for a moral judgement which in any case must take into account extra-scientific elements of evaluation. The other philosophical support of reference, the man/nature/economy relationship, is based on sustainability, a concept having an economical matrix. The criteria of weak and of strong sustainability reflect respectively the prevailing of economic growth over nature or the priority of absolute preservation of nature over development. The different meanings of sustainability derive from radically different ideas of nature: nature as a resource, nature as intangible good. The personalist approach allows to overcome the dichotomy between the increase of development and the protection of nature through a radical change of perspective, a development which is no more unbridled and autonomous, which becomes wise administration and a nature which is no more an end in itself but becomes a gift. The idea of administration of the gift is rooted in the Book of Genesis, where it is written that God created man and put him in the Garden of Eden to dress it and to keep it. The imperative of dressing it urges man to use his intelligence and freedom to make the garden fructify, with the advise of never forgetting that it derives from a “God’s prior and original gift”. The imperative of keeping it involves man’s responsibility in keeping the being, the being of things and the being of man that from creation are inseparably connected. It is precisely this original connection that imposes on bioethics the following question as a basic ethical question: through our relationship with nature, what we lose or acquire of ourselves, what kind of men we become? Finally, the true development we are called to realize does not concern economy and thus having more, but the fullness of an authentic humanity, that is to say being more by acting virtuously: acting prudently, temperately and, last but not least, rightly.
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