Academic literature on the topic 'Proprietà nel diritto comunitario'

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Journal articles on the topic "Proprietà nel diritto comunitario"

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Bilancia, Francesco. "Profili evolutivi dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo." Revista do Direito, no. 43 (May 19, 2014): 03–24. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v0i43.5661.

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Abstract:
Questo breve scritto intende fornire un quadro d’insieme dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento all’uso degli accordi internazionali di protezione dei diritti umani, che opera attraverso un “processo di grandiose proporzioni, il quale investe il futuro stesso dello Stato: non di questo o quello Stato, ma – se così può dirsi – della forma-Stato”. Questo processo, destinato a svolgersi in un indefinibile arco di tempo ma costantemente sostenuto dalla più attenta giurisprudenza, non avrebbe – non ha – potuto “non investire il destino della stessa (…) Costituzione ”. La lunga e complicata evoluzione del processo di “interazione” tra i diversi documenti costituzionali statali e tra questi e le Carte internazionali di protezione dei diritti fondamentali si è spesso caratterizzato per un cammino di piccoli passi, di fasi di integrazione a volte più intense, a volte più incerte, senza escludere vere e proprie battute d’arresto, ma comunque qualificato ed arricchito da importanti episodi giurisprudenziali di cui, momento per momento, la dottrina ha preteso di ricostruire la fotografia di sintesi, nell’incessante vano tentativo di ridurre la complessità a sistema. Non è, è bene dirlo subito, l’intenzione di queste brevi note che traggono, piuttosto, spunto da alcune più recenti pronunce della Corte costituzionale italiana, riferite alla Convenzione ed alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), riconducibili al percorso giurisprudenziale avviato a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 . Come è noto ormai la Corte costituzionale italiana riconduce il contrasto tra una norma interna ed una norma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla violazione mediata dell’art. 117, comma 1, Cost., di cui la stessa Corte costituzionale dovrà essere investita nel caso in cui il giudice interno non sia in condizione di risolvere l’antinomia per via di interpretazione conforme. A giudizio della Corte resta, infatti, preclusa al giudice di merito la strada dell’applicazione diretta della norma CEDU mediante la contestuale disapplicazione della norma interna incompatibile , ritenendo non assimilabile tale sistema di garanzie allo schema di adattamento del diritto interno al diritto comunitario e dell’UE . Piuttosto, a giudizio della Corte costituzionale resta, non solo possibile, ma addirittura necessario verificare, in sede di giudizio di costituzionalità, la specifica compatibilità in concreto della norma CEDU invocata quale parametro, per come interpretata ed applicata dalla Corte di Strasburgo, con le diverse disposizioni costituzionali. Sul piano formale della dottrina costituzionale del sistema delle fonti le disposizioni della CEDU , quindi, in quanto dotate di forza passiva superiore a quella delle norme di legge ordinaria, fungeranno da norme interposte nel giudizio di costituzionalità delle norme interne con esse incompatibili per violazione indiretta dell’art. 117 Cost. Laddove, all’opposto, stante la loro non equiparabilità formale alle disposizioni costituzionali, potrebbe darsi il caso di un giudizio di costituzionalità della legge di recepimento della Convenzione nell’ipotesi di contrasto con altre disposizioni costituzionali; non quindi più soltanto dei principi fondamentali come previsto, secondo la nota dottrina costituzionale dei “controlimiti”, con riferimento ai rapporti del diritto interno con le norme di diritto comunitario direttamente applicabili.
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Prospero, Michele. "Proprietà e lavoro nel diritto liquido." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (January 2016): 189–206. http://dx.doi.org/10.3280/sd2015-003010.

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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Abstract:
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Rampazzo, Lino, and José Marcos Miné Vanzella. "RIFUGIATI: MINORANZE SENZA PROPRIETÀ?" Revista Direitos Fundamentais & Democracia 23, no. 3 (December 14, 2018): 258. http://dx.doi.org/10.25192/issn.1982-0496.rdfd.v23i31189.

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Abstract:
Questo studio si propone di esaminare il tema del “Diritto di Proprietà”, espresso particolarmente nei due primi articoli della questione 66 (II-II) della Somma Teologica di San Tommaso, che è ripreso, nel secolo XX, dal filosofo francese Emmanuel Mounier. La riflessione cerca, prima di tutto, di situare la questione 66, che tratta “Del Furto e della Rapina”, sia nella visione più ampia di tutta la Somma, come nel contesto specifico della parte morale della medesima opera. Subito dopo si analizzano i due articoli della Somma sul “Diritto di Proprietà”. Poi si studia un capitolo dell’opera “Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana” di Mounier, che fa valere la dottrina tomista nel contesto della crisi mondiale della sua epoca. Si pretende così, a partire da un autore clássico, analizzare il tema del “Diritto di Proprietá”, con la possibilità di mostrare, come Mounier, un percorso che indichi la sua funzione sociale. Significativa è pure la ripresa della posizione tomista nella Dottrina sociale della Chiesa, che, in documenti ufficiali, dei quali si indicano due, a titolo do esempio, cita espressamente la stessa questione 66 (II-II) della Somma Teologica, su cui basa il suo insegnamento. La ripresa di questo problema è applicada alla situazione dei profughi, in particolare in Europa, al fine di mostrare il "diritto di proprietà" che essi possiedono, in una situazione di estrema necessità. E, molto significativo in questo senso, é il recente messaggio di Papa Francesco per la giornata del migrante e del Rifugiato.
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Graziadei, Michele. "La proprietà fiduciaria, la proprietà nell’interesse altrui, e i trust. Un itinerario." gennaio-febbraio, no. 1 (February 3, 2022): 26–47. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.47.

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Abstract:
TesiTanto nel mondo di common law, quanto nel mondo di civil law, è necessario disporre di regole robuste, quando si tratta di gestire la ricchezza delegando tale compito ad altri. Nel diritto italiano, il tentativo di mettere al bando ogni forma di proprietà eretta nell’interesse altrui non si è rivelata vincente, ed è da ripensare. Questo ripensamento è compatibile con le strutture fondamentali del diritto italiano, le quali devono riconoscere come fisiologico il potere di alienare i beni su cui verte il rapporto tra le parti. Tale potere, infatti, salvaguarda il valore capitale gestito. Qualunque sia l’origine del rapporto, è dunque un errore ritenere che si caratterizzi essenzialmente per il limitato potere di disposizione del gestore. The author’s view Both in the common law world and in civilian jurisdictions robust rules are necessary when it comes to managing wealth by delegating this function to others. Italy’s attempt to ban all forms of ownership established for the benefit of others has not proved successful, and needs to be reconsidered. The fundamental structures of Italian law are compatible with the regular recognition of the power to alienate assets entrusted to the manager. The power to dispose of such assets, safeguards the capital value of the managed wealth. Whatever the origin of the relationship, it is therefore a mistake to think this relationship it fundamentally characterized by the manager’s limited power of disposition.
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Góralski, Wojciech. "Problematyka małżeństwa i rodziny w kwartalniku "Prawo Kanoniczne"." Prawo Kanoniczne 51, no. 1-2 (June 5, 2008): 31–55. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2008.51.1-2.03.

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Abstract:
La problematica del matrimonio e della famiglia presente nel periodico „Prawo Kanoniczne” della Facoltà di Diritto Canonico dell’Accademia di Teologia Cattolica in Varsavia (dal 1999 dell’Università del Cardinale Stefan Wyszyński in Varsavia), fondato nel 1958, è assai ricca e abbraccia 120 articoli (pubblicati da 45 autori) appartenenti ai diversi campi di diritto matrimoniale e familiare. Quella problematica viene presentata secondo la seguente sistematica: 1) la concezione del matrimonio, i suoi fini, le proprietà essenziali, il carattere sacramentale e 1’amore coniugale; 2) la preparazione al matrimonio; 3) gli impedimenti matrimoniali; 4) il consenso matrimoniale; 5) la forma canonica del matrimonio; 6) i matrimoni misti; 7) lo scioglimento del vincolo e la convalidazione del matrimonio; 8) altre questioni. Le più numerose pubblicazioni (il 25% di tutte) sono state consacrate al consenso matrimoniale.
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Menis, Claudio. "Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Liso, Francesco. "Il diritto al lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 121 (April 2009): 139–58. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-121009.

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Abstract:
L'Autore rilegge un saggio del 1999, nel quale Massimo D'Antona cercava, da un lato, di individuare il significato pregnante dell'articolo 4 della costituzione e, dall'altro lato, di dar conto dei problemi e delle implicazioni derivanti dai cambiamenti di contesto, in particolare dalla collocazione del nostro ordinamento nell'ambito di quello comunitario. L'Autore analizza criticamente i diversi profili del "diritto al lavoro" (inteso come liberŕ da interferenze nella scelta del lavoro, pretesa ad interventi pubblici rivolti ad aumentare le occasioni di lavoro, e infine come diritto a svolgere il proprio lavoro) e le connessioni tra l'ordinamento italiano e quello europeo.
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Masina, Luisa. "Interdisciplinarità e consulenze tecniche in ambito familiare." MINORIGIUSTIZIA, no. 1 (July 2021): 132–40. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-001014.

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Abstract:
L'autrice riflette sulle consulenze tecniche in ambito civile in materia di diritto di famiglia, correlando la propria esperienza alle teorie di riferimento e dando conto del metodo utilizzato. Approfondisce la distinzione fra consulenze tecniche "valutative" e consulenze tecniche "terapeutiche" proponendo un modello alternativo, che si caratterizza per la sua proprietà di attivare potenziali trasformazioni. Si sofferma infine sulla questione della ricerca di un linguaggio comune fra le diverse professionalità coinvolte nelle consulenze, indicando nel lavoro di gruppi costituiti cosiddetti misti uno strumento adeguato.
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Lazzari, Chiara. "L'obbligo di sicurezza nel lavoro temporaneo, fra ordinamento interno e diritto comunitario." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 124 (March 2010): 633–72. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-124003.

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Abstract:
Il saggio propone, in chiave critica, ma attenta a valorizzare le potenzialitŕ della norma, una riflessione sulla disciplina dell'obbligo di sicurezza nel lavoro temporaneo, per tale intendendo, sulla falsariga della definizione accolta nell'art. 1 della direttiva n. 91/383/CEE, quello a termine ed interinale (oggi in somministrazione). La ricerca, condotta alla luce dell'effettiva conformitŕ dell'ordinamento interno ai principi posti dal diritto comunitario ed aperta altresě ad una dimensione comparata (segnatamente con la legislazione francese), mira ad indagare le forme di tutela apprestate per i lavoratori temporanei, com'č noto esposti a maggiori rischi proprio in ragione della natura del loro rapporto di lavoro, con particolare attenzione alle novitŕ recate dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni.
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Dissertations / Theses on the topic "Proprietà nel diritto comunitario"

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ARTARIA, RICCARDO. "La proprietà fra Costituzione e carte europee." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/45606.

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Abstract:
La proprietà, al pari degli altri diritti costituzionalmente tutelati, si apre oggi ad una tutela articolata su molteplici livelli: in particolare, l’elaborato approfondisce lo studio della Costituzione italiana, della Cedu e del diritto comunitario (nel quale ha di recente assunto forza normativa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione). Queste Carte compongono un sistema complesso di tutela della proprietà che, se contribuisce a incrementare le garanzie di effettività per il singolo, impone nuove riflessioni: può infatti creare problemi con riguardo tanto alla composizione delle varie fonti concorrenti quanto ai rapporti fra le relative giurisdizioni esclusive di legittimità e più in generale, impegna a ripensare al ruolo della dimensione sociale della proprietà. Lo studio è infatti stato condotto secondo la logica del rapporto fra prospettiva individuale e sociale nella configurazione della proprietà, al fine di verificare come il sapiente bilanciamento fra queste due dimensioni cristallizzatosi nella disciplina costituzionale si sia aperto alla europeizzazione dei diritti vivendo una profonda trasformazione. Partendo dallo studio dell’evoluzione storico-politica delle concezioni relative alla proprietà, l’elaborato si sofferma sull’analisi dell’art. 42 Cost. evidenziando come l’imprescindibile rapporto fra proprietà e comunità politica sia svolto dallo Stato sociale disegnato in Costituzione secondo un disegno singolare, che determina la perdita di centralità della proprietà in favore del valore della persona umana sintetizzato nel principio personalista e in quello solidarista, cristallizzato nella formula della “funzione sociale”: la Costituzione supera così la naturale tensione fra il principio di eguaglianza e il riconoscimento del diritto di proprietà, prescrivendo che l’integrazione sociale sia costruita anche attraverso una disciplina della proprietà capace di armonizzare l’interesse individuale con quello della comunità, secondo la prospettiva tipica dello Stato sociale. Per questo, su un diverso piano, si è considerato che in virtù della “funzione sociale” nemmeno può dirsi che l’art. 42, comma 2, Cost. intenda costituzionalizzare un diritto fondamentale dell’individuo. A chi scrive è quindi sembrato difficile accedere all’idea, che anima il diritto di matrice europea ed ora anche la nostra giurisprudenza costituzionale, della massimizzazione della tutela della proprietà, proprio in ragione della finalità redistributiva della ricchezza che è imprescindibile per lo Stato sociale In tale ottica, si è approfondito lo studio della tutela della proprietà disegnata dalla Cedu e dal diritto dell’Unione europea; per conseguenza, si è delineata la dimensione della distanza fra il modello sociale della nostra Costituzione e il modello liberale del diritto europeo, orientato verso la maggior soddisfazione delle ragioni della proprietà. Si è quindi affrontato il problematico nodo della composizione dei diversi livelli normativi alla luce dell’art. 117, comma 1, Cost. e della relativa giurisprudenza costituzionale, rilevando che la tutela multilivello della proprietà sembra ruotare in particolare attorno alla garanzia scolpita nell’art. 1 del Prot. n. 1 alla Cedu e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Tuttavia, se la prospettiva che si adotta nel pensare alla tutela dei diritti è quella dell’ampliamento della tutela stessa, come vorrebbe la Corte costituzionale, l’elemento della «funzione sociale» che innerva lo statuto costituzionale della proprietà non può che trovarsi corrispondentemente dimidiato. A dimostrazione di ciò si è approfondita la rilevante influenza del diritto sovranazionale con riguardo a taluni temi specifici: la determinazione dell’indennizzo per l’espropriazione; l’espropriazione indiretta; il bilanciamento fra diritto all’abitazione e proprietà espresso dalla disciplina in materia di sfratti. In conclusione, si è rilevato che la recente giurisprudenza costituzionale sembra trascurare il necessario bilanciamento fra interessi costituzionalmente protetti: ad avviso di chi scrive, infatti, la prevalenza della norma internazionale, sul piano interpretativo o applicativo, non è assoluta, ma trova un limite nel bilanciamento fra il principio internazionalista e gli altri princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale, fra i quali la funzione sociale della proprietà.
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Dagnino, Francesco <1980&gt. "Il trattamento delle società straniere e pseudostraniere nel Diritto Comunitario e nel Diritto Interno." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1182/1/Tesi_dagnino_Francesco.pdf.

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Dagnino, Francesco <1980&gt. "Il trattamento delle società straniere e pseudostraniere nel Diritto Comunitario e nel Diritto Interno." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1182/.

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Manzini, Pietro. "L' esclusione della concorrenza nel diritto antitrust comunitario /." Milano : Giuffrè, 1994. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/272108472.pdf.

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Serrano', G. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/65563.

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Abstract:
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case.
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SERRANO', GIUSEPPE. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/10281/47090.

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Abstract:
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case
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Gubel, Sebastien <1982&gt. "Il trattamento delle imprese comuni nel diritto comunitario della concorrenza." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/10579/1134.

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Abstract:
La tesi analizza la disciplina del diritto comunitario della concorrenza nei suoi rapporti con le imprese comuni. Le imprese comuni possono essere assoggettate ad una serie di regole antitrust a seconda della loro natura. Sia dal punto di vista delle pratiche anticoncorrenziali (valutazione ex-post) che sotto il profilo delle regole sulle concentrazioni (valutazione ex-ante), le imprese comuni fanno l'oggetto di un trattamento particolare dal legislatore europeo. I patti parasociali contribuiscono alla determinazione dell'applicazione delle dette regole.
Under EC Competition law, joint ventures are subject to a set of rules that differs according to the kind of transaction which is concerned. Both merger control and anticompetitive practice provisions apply to them and may even be combined under certain circumstances. It is of relevance to consider the way the Commission has developed an effect based approach aiming at targeting transactions that can effectively undermine market conditions. Shareholders' agreements play a crucial role in this regard to the extent to which they set out anticompetitive object or lead to undue distorted effect on competition.
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Negrelli, A. "La stabilità degli atti nazionali nel diritto comunitario (provvedimento, contratto, sentenza)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/152696.

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Abstract:
The topic of this work is based on comparison of the stability and resistance opposed by national acts, enacted by a judge (sentence) or the Public Administration (act or contract), that are now conclusive because no one has brought the Court before, for challenging their unlawful. the answer to the question initially posed shows the opposite graduation among the measures compared, in the national and European Court of Justice view.
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9

Trenta, Cristina <1967&gt. "Iva e servizi di comunicazione nel modello comunitario e nell'esperienza italo-svedese." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/126/1/iva_servizi_di_comunicazione.pdf.

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Abstract:
Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.
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Trenta, Cristina <1967&gt. "Iva e servizi di comunicazione nel modello comunitario e nell'esperienza italo-svedese." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/126/.

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Abstract:
Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.
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Books on the topic "Proprietà nel diritto comunitario"

1

Nerina, Boschiero, ed. Bioetica e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario: Questioni generali e tutela della proprietà intellettuale. Torino: G. Giappichelli, 2006.

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2

Magelli, Silvia. L'estetica nel diritto della proprietà intellettuale. Padova: CEDAM, 1998.

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3

Bellodi, Leonardo. Telecomunicazioni e concorrenza nel diritto comunitario. Napoli: Editoriale scientifica, 1999.

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4

Manfrini, Riccardo. Il traffico marittimo nel diritto comunitario. Torino: G. Giappichelli, 1994.

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5

Magno, Pietro. La tutela del lavoro nel diritto comunitario. Padova: CEDAM, 2000.

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6

Roberti, Gian Michele. Gli aiuti di stato nel diritto comunitario. Padova: CEDAM, 1997.

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7

Ballarino, Tito. Gli aiuti di stato nel diritto comunitario. Napoli: Editoriale scientifica, 1997.

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8

Baruffi, M. C. Il diritto di visita nel diritto internazionale privato e comunitario. Padova: CEDAM, 2005.

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9

Milanesi, Enzo Moavero. Antitrust e concentrazioni fra imprese nel diritto comunitario. Milano: A. Giuffrè, 1992.

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10

Pinto, Emilia Cortese. Ostacoli non tariffari agli scambi nel diritto comunitario. Milano, Italy: F. Angeli, 1985.

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