Academic literature on the topic 'Problema del fondamento'

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Journal articles on the topic "Problema del fondamento"

1

De Castro, Alexander, and Francesco Macri. "IL PROBLEMA DEI DELITTI DI BAGATELLA NELL’EMERGENZA DELLO STATO COSTITUZIONALE: BREVE ANALISI DELL’EVOLUZIONE DEL SUO TRATTAMENTO TECNICO-DOGMATICO IN BRASILE E IN ITALIA." Revista Direitos Sociais e Políticas Públicas (UNIFAFIBE) 6, no. 2 (December 19, 2018): 538. http://dx.doi.org/10.25245/rdspp.v6i2.486.

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Abstract:
Riassunto: Il principio di offensività in quanto fondamento del diritto penale odierno si affermò in maniera definitiva negli ultimi decenni con l’emergenza dello Stato costituzionale nel secondo dopo guerra. I penalisti sono pressoché unanimi nel riconoscere la sua piena validità perfino quando manca un esplicito fondamento costituzionale o legale. La discussione sulla necessaria offensività della condotta e sul carattere sussidiario della tutela penale fece subito emergere il problema dei delitti bagatellari, cioè quelli caratterizzati da un livello minimo di lesione / pericolo di lesione al bene giuridico. Nel presente saggio, analizzeremo due percorsi di discussione che hanno provato a dare una soluzione tecnico-dogmatica al problema de quo, ovvero:1) quello brasiliano e il cosiddetto principio dell’insignificanza; 2) quello italiano ed il principio della tenuità del fatto.
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2

Tarantino, Antonio. "Eutanasia e diritto alla vita: problemi etico-sociali." Medicina e Morale 41, no. 2 (April 30, 1992): 199–217. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1105.

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Abstract:
Il problema dell'eutanasia nella società odierna non si caratterizza più per la sua natura eugenetica, ma trova il suo fondamento nell'ambito di un movimento ideologico, nella secolarizzazione, dove si afferma il diritto del malato ad essere protetto dalla sua malattia, dove ciò che si privilegia non è il diritto alla vita ma il diritto alla qualità della vita. L'autore, dopo aver affermato che il diritto del malato a essere protetto dalla sua malattia non può portare all'assurda conclusione del rifiuto della vita per evitare la sofferenza, in quanto la sofferenza e il dolore sono aspetti costitutivi dell'esistenza umana, conclude che soltanto nel rifiuto dell'eutanasia si attua il pieno rispetto dei diritti essenziali di ogni persona umana.
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3

Giannakoulas, Andreas, and Max Hernandez. "Rimembrare la mente e rammentare il corpo." PSICOANALISI, no. 2 (January 2011): 69–81. http://dx.doi.org/10.3280/psi2010-002007.

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Abstract:
Winnicott sostiene che l'individuo sano deve sentire il suo corpo come il fondamento del sé immaginativo. Questo č stato sottolineato alcuni anni dopo in riferimento a ciň che chiamň(insediamento) come processo che permette "l'acquisizione di una relazione stretta e semplice tra la psiche e il corpo e il funzionamento corporeo". Un adeguatopotrebbe essere impedito molto presto nella vita come conseguenza del fallimento ambientale. In questo caso il funzionamento mentale viene a soffrire di una rigiditŕ prematura e acquista la qualitŕ di una "cosa" (di un oggetto) in se stessa. In queste situazioni, spesso la mente sostituisce la madre e diventa ciň che si prende cura del bambino stesso. In altri termini il problema č la relazione del sé con la mente.
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4

Cazzola, Franco. "LA CORRUZIONE POLITICA IN ITALIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 18, no. 2 (August 1988): 223–58. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200012193.

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Abstract:
IntroduzioneIn altra sede ho già avuto modo di ricordare come intorno al problema «corruzione politica» (un fenomeno difficile da afferrare) sia venuta fuori una miriade babelica di esercizi denotativi riconducibile a tre grandi filoni, a seconda del criterio che vi viene posto a base. Se si assume il criterio legalistico corruzione è «un comportamento che devia dai doveri formali di un ruolo pubblico (una carica elettiva o dovuta a nomina) per ottenere vantaggi legati a questioni private (personali, di famiglia, di clan privato) relative al denaro o allo status; oppure che viola delle regole stabilite per impedire indebite forme di influenza privata». Se, invece, si pone a fondamento della definizione il criterio dell'interesse pubblico si allarga notevolmente il concetto di corruzione: «Un sistema di ordine pubblico e civile esalta l'interesse comune ponendolo al di sopra di interessi particolari; trasgredire l'interesse comune per interessi particolari è corruzione». Se, infine, si cerca nel criterio dell'opinione pubblica il fondamento della definizione abbiamo che è corruzione ciò che viene considerato tale dal peso dell'opinione pubblica: un atto è presumibilmente corrotto solo se la società lo condanna come tale, e se chi lo compie sente dei sensi di colpa nel compierlo.
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5

Pulcini, Elena. "Per una filosofia della cura." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 38 (September 2010): 9–20. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-038002.

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Abstract:
Da sempre svalutato e marginalizzato dalla riflessione filosofica, il tema della cura č tornato a imporsi all'attenzione, particolarmente all'interno del pensiero femminista. A partire dal testo di Carol Gilligan In a different voice, si č sviluppato un dibattito che coinvolge molti approcci disciplinari. Ciň che tuttavia resta ancora inesplorato č il problema delle motivazioni che stanno a fondamento della relazione di cura. Qui la filosofia puň offrire il suo fondamentale contributo: riabilitare la cura significa ripensare il soggetto, per opporre al paradigma moderno di un soggetto sovrano quello di un soggetto in relazione. La de-rimozione e la valorizzazione della costitutiva vulnerabilitÀ del soggetto consente di fondare l'universalitÀ della cura e di uscire dalla falsa alternativa tra individualismo e altruismo: vale a dire di pensare un soggetto capace di cura in quanto si riconosce a sua volta bisognoso di cura.
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6

Gherri, Paolo. "Primi appunti per una storia delle origini della Teologia del Diritto (Canonico)." Ius Canonicum 50, no. 99 (July 17, 2015): 221–53. http://dx.doi.org/10.15581/016.50.2658.

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Abstract:
La Teologia del Diritto sviluppatasi nella Canonistica cattolica con l’insegnamento di Mörsdorf mostra le proprie radici più profonde nel problema espressamente germanico dell’autonomia giuridica delle Chiese rispetto allo Stato. La questione venne posta da Sohm negando ogni fondamento a tale autonomia: il Kirchenrecht è di competenza esclusiva dello Stato e contraddice la natura della Chiesa. A Barmen (1934), guidata da Barth, la Chiesa evangelica si ruppe rifiutando le leggi razziali naziste per dotarsi di una regolamentazione autonoma intra-ecclesiale (ancora: Kirchenrecht) da fondare attraverso una Kirchenrechtstheologie anziché filosoficamente. Nel dopo-guerra Mörsdorf seguì tale linea per rivitalizzare il Diritto canonico (Kanonischenrecht) pre-conciliare. Ciò avvenne, tuttavia, scambiando il Kanonischenrecht col Kirchenrecht, poiché il vocabolario e la cultura tedesca erano ormai cambiati. Il Kirchenrecht di Sohm era Diritto dello Stato sulle Chiese (Diritto ecclesiastico); quello di Mörsdorf era Diritto della Chiesa su se stessa (Diritto canonico). Un solo termine per due realtà inconciliabili.
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7

Brady, Gordon L. "Global Warming: Cognitive Dissonance, Incipient Regimes, and Rent-Seeking *." Journal of Public Finance and Public Choice 11, no. 1 (April 1, 1993): 41–52. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539608.

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Abstract:
Abstract Questo scritto applica il concetto psicologico di dissonanza cognitiva per esaminare il fondamentale problema ambientale del cambiamento climatico globale. Gli studi di psicologia definiscono la dissonanza cognitiva come la frustrazione che fa seguito ad una decisione presa in assenza di informazioni rilevanti, ma che vengono acquisite successivamente.Un «regime incipiente» nasce come frutto di particolari gruppi d’interesse che comprendono la burocrazia pubblica e gruppi d’interesse pubblici e privati, i quali approfittano della dissonanza cognitiva per far rendere accettabile la creazione di strutture la cui utilità per la collettività non è dimostrata.Questa tesi è sostenuta attraverso un’analisi di asserzioni molto diffuse circa gli effetti dei cambiamenti climatici, il cui fondamento appare più emotivo che scientifico.
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8

Grocholewski, Zenon. "La bioetica e l’educazione al Vangelo della Vita." Medicina e Morale 53, no. 2 (April 30, 2004): 225–39. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.641.

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Abstract:
L’articolo è incentrato sul tema dell’educazione in bioetica. Esso si divide in tre parti, ciascuna delle quali è affrontata partendo dalla considerazione che oggi riveste un’importanza notevole sviluppare un’autentica educazione al rispetto ed alla promozione della vita, nei luoghi in cui tale processo educativo avviene: nella famiglia, nella scuola e nelle altre istituzioni educative di diverso grado. Nella prima parte del contributo, l’Autore si sofferma sull’orizzonte culturale ed educativo del nostro tempo per quanto riguarda la bioetica, disciplina che ormai ha lasciato la torre eburnea in cui era inizialmente confinata per aprirsi al più vasto pubblico, agenzie educative comprese. Nella seconda parte dell’articolo viene affrontato il tema del fondamento antropologico dell’educazione, che per la Chiesa è costituito dalla persona e dal suo valore unico. Dopo uno sguardo alla necessità che l’educazione dell’uomo sia integrale, ossia che tenga presente tutto l’uomo, nella sua globalità, l’Autore conclude con alcune osservazioni per contestualizzare la bioetica nel processo educativo. Giovanni Paolo II più volte ha invitato coloro che svolgono nella società un ruolo educativo a “combattere” per una cultura della vita. La scuola, in tal senso, dovrebbe diventare campo di battaglia privilegiato, tenendo presenti alcuni presupposti fondamentali come l’individuazione delle implicazioni etico-morali che scaturiscono dai progressi delle scienze riguardo alla vita dell’uomo e delle altre specie, come pure dall’uso delle biotecnologie; l’impostazione delle modalità didattiche di approccio al problema, tenendo conto della interdisciplinarità dei problemi di bioetica; la formazione iniziale e permanente dei docenti.
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9

Bovero, Michelangelo. "Che cosa è non decidibile: cinque regioni del coto vedado." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 1, no. 1 (December 13, 2018): 129–41. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v1n1.2018.p129-141.

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Abstract:
In questo articolo, l’A. richiama l’attenzione sul concetto di «sfera dell’indecidibile» coniato da Luigi Ferrajoli, ponendolo a confronto con la nozione di «coto vedado» di Ernesto Garzón Valdés e con l’analoga idea di «territorio» o «frontiera» inviolabile elaborata da Norberto Bobbio: le tre nozioni indicano l’insieme di principi e regole costituzionali che nessun potere politico può violare negli stati democratici di diritto, al centro del quale si trovano i diritti individuali fondamentali. L’A. propone un’interpretazione estensiva della teoria della democrazia di Bobbio capace di offrire una soluzione più avanzata al problema dei limiti del potere politico democratico. Invita a riconoscere nelle «regole del gioco» indicate da Bobbio le condizioni (in senso logico) della democrazia, articolate in due serie: cinque condizioni formali, contenute nelle regole di competenza e di procedura che riguardano il «chi» e il «come» delle decisioni collettive; e cinque condizioni sostanziali, contenute nei principi normativi impliciti nella «sesta regola» dell’elenco di Bobbio, che prescrivono limiti e vincoli al «che cosa», ossia alla sostanza delle medesime decisioni. Tali condizioni sostanziali corrispondono a quelle che l’A. chiama le «cinque regioni del coto vedado». L’A. torna in conclusione sulla concezione di Ferrajoli, in cui riconosce un miglioramento teorico rispetto alle elaborazioni esplicite sia di Bobbio sia di Garzón Valdés; ma sostiene che la teoria delle condizioni e precondizioni della democrazia ricavata per interpretazione estensiva dalla costruzione teorica di Bobbio offre un miglior fondamento razionale alla costruzione della «sfera dell’indecidibile».
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10

Meghnagi, David. ""Le parole per dire". Trauma e scrittura nell'opera di Primo Levi." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (July 2012): 39–62. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-002003.

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Abstract:
La formazione scientifica di Levi, col suo linguaggio chiaro e lontano "dal linguaggio del cuore", la tensione morale dei suoi scritti, hanno offerto una combinazione unica di elementi psicologici, stilistici e formali nel dare corpo a una delle opere piů significative di testimonianza che sia mai stata scritta sull'esperienza dei Lager. Per dare fondamento alla testimonianza, Primo Levi fa ricorso a un modello dantesco. Il suo attraversamento di un inferno reale č descritto attraverso una discesa dove l'internamento di Fossoli funge da limbo. Quando le parole di Dante non son in grado ad assolvere il compito, egli ricorre al linguaggio della Bibbia da cui fa sprigionare scintille. La lingua "marmorea" di Levi, la sua prosa asciutta e chiara, hanno una funzione allo stesso tempo etica e letteraria. Collocare Levi in una zona limite posta tra la letteratura vera e propria e l'attivitŕ di testimone, ha contribuito a occultare e rimuovere il problema della responsabilitŕ degli scrittori di fronte ai problemi piů inquietanti del nostro piů recente passato Per molti anni č sfuggito ai piů che "Se questo č un uomo" č un testo letterario oltre che un trattato filosofico antropologico su un'esperienza estrema che l'autore non ha smesso di rivisitare. Sotto questo aspetto il concetto di zona grigia, che nell'ultima sua opera occupa uno spazio dilatato rispetto alla sua prima opera, ha per Levi un valore euristico che oltrepassa la descrizione del comportamento umano in situazioni limite. La zona grigia di Levi assume nell'ultima opera di Levi il significato di un potente strumento conoscitivo che in un duplice gioco di specchi collega la ricerca di Levi alla monumentale ricerca storica di Hilberg alle riflessioni della Arendt e agli esperimenti di Stanley Milgram sull'obbedienza all'autoritŕ.
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Dissertations / Theses on the topic "Problema del fondamento"

1

Zucatti, Tommaso. "I problemi del fondamento e della genesi delle azioni collettive nel sistema filosofico di John Searle." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. http://hdl.handle.net/11572/351220.

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Abstract:
La presente tesi ha come oggetto due problemi della filosofia di John Searle, entrambi definibili come problemi del fondamento. Il primo è il problema del fondamento vero e proprio, e cioè il problema del tentativo di Searle di ancorare la mente umana (con la sua irriducibilità ontologica) alla realtà fisica e naturale, attraverso un’inedita soluzione del problema mente-corpo che prende il nome di naturalismo biologico. Il secondo è, invece, il problema del fondamento della realtà sociale, e cioè il problema del tentativo di Searle di collocare tanto l’origine ontologica quanto il principio esplicativo della realtà sociale e istituzionale dentro la coscienza (ogni singola coscienza) e, in particolare, nell’intenzionalità collettiva. In questo senso, la presente tesi ha lo scopo di mostrare che i tentativi di Searle non sembrano essere andati del tutto a buon fine. Per quanto riguarda il primo – e cioè il problema del fondamento vero e proprio – si cercherà di mostrare che a) il naturalismo biologico sembra essere fondato su una metafisica a livelli non adeguatamente sviluppata per sorreggerlo e giustificarlo, e che, di conseguenza, b) il naturalismo biologico non sembra essere quella soluzione semplice al problema mente-corpo che pretende di essere. Per quanto riguarda il secondo – e cioè il problema del fondamento della realtà sociale – si cercherà di mostrare che a) il costruttivismo sociale di Searle sembra sfociare in una forma di solipsismo apparentemente incompatibile con qualsiasi concetto di intenzionalità collettiva, ma che, ciononostante, b) sembra esserci una soluzione per questo problema non solo interna alla filosofia della mente di Searle, ma anche in grado di svilupparne le potenzialità inespresse.
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2

GHIGNOLI, ANTONELLA. "Documenti e proprietà altomedievali. Fondamenti e problemi dell'esegesi storica delle fonti documentarie nello specchio della tradizione delle carte pisane dei secoli VIII-XI." Doctoral thesis, 2002. http://hdl.handle.net/2158/469861.

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3

RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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Books on the topic "Problema del fondamento"

1

Stizzi, Antonio. I Padri della Chiesa e il problema del fondamento. Canterano (RM): Aracne editrice, 2019.

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2

Forlin, Francesco. Limite e fondamento: Il problema del male in Schelling, 1801-1809. Milano: Guerini e associati, 2005.

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3

Il caso serio del diritto naturale: Il problema del fondamento ultimo del diritto nel pensiero giuridico del sec. XX. [Padova]: CEDAM, 2011.

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4

Cascavilla, Michele. Il socialismo giuridico italiano: Sui fondamenti del riformismo sociale. Urbino: QuattroVenti, 1987.

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5

Strumia, Alberto. Il problema dei fondamenti: Da Aristotele a Tommaso d'Aquino all'ontologia formale. Siena: Cantagalli, 2007.

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6

Il problema dei fondamenti: Un'avventurosa navigazione dagli insiemi agli enti passando per Gödel e Tommaso d'Aquino. Siena: Cantagalli, 2009.

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7

Strumia, Alberto. Il problema dei fondamenti: Un'avventurosa navigazione dagli insiemi agli enti passando per Gödel e Tommaso d'Aquino. Siena: Cantagalli, 2009.

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Book chapters on the topic "Problema del fondamento"

1

Kaboré, Boniface. "L’universel démocratique et ses adaptations socio-culturelles." In The Paideia Archive: Twentieth World Congress of Philosophy, 140–45. Philosophy Documentation Center, 1998. http://dx.doi.org/10.5840/wcp20-paideia199841748.

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Abstract:
Partant du principe que l’idéal démocratique est une norme universelle, la discussion au coeur de ce travail soulève une série de questions causuistiques liées à la mise en oeuvre concrète des démocratiques dans toute société humain, quels que soient ses particularismes socio-historiques et culturels. Cette démarche découle entièrement de l’hypothèse suivant laquelle le problème fondamental de la démocratisation, autrement dit de la domiciliation de l’idéal démocratique, se ramène à celui de son ap-propriation, d l’adaption du principle universal aux structures de base d’une société donnée, produit de conditions socio-culturelles, religieuses, politiques et économiques. Dans le but de dévoiler l’enjeu primordial qui polarise les différents aspects de la question, nous tentons, en premier temps, de mettre en évidence la ‘particularité culturelle’ du modèle de la démocratie libérale. Cette tenative débouche, en fin de compte, sur une remise en question de la prétention universaliste de la démocratie occidentale. Nous discutons ensuite des difficult ensuite des difficultés practiques qu’entraînent l’exigence traditionnelle du multipartisme et la définition des droits et libertés de base dans tout processus de démocratisation. Notre objectif, en abordant ces différentes questions, est de faire ressortir, avant tout, le caractére inextricable, voire insoluble, des problèmes practiques que soulève l’appropriation socio-culturelle de l’idéal démocratique, lesquels problèmes imposent de recourir à une méthode d’analyse cauistique des processus de démocratisation et de ne plus se satisfaire de l’universalisme abstrait et dogmatique.
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