Academic literature on the topic 'Principio di stabilità dei rapporti giuridici'

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Journal articles on the topic "Principio di stabilità dei rapporti giuridici"

1

Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae." Medicina e Morale 48, no. 3 (June 30, 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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Abstract:
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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2

Cassatella, Antonio. "Situazioni giuridiche soggettive e status militare." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 1 (March 2022): 95–116. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-001005.

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Abstract:
Il saggio è dedicato all'analisi delle posizioni giuridiche soggettive del militare in servizio, da vagliare in rapporto ai limiti del potere decisionale dei superiori gerarchici. Si distinguono posizioni di diritto soggettivo ad esercizio condizionato e posizioni di interesse legittimo, oltre ad interessi di mero fatto. La qualificazione è necessaria al fine di stabilire la profondità del sindacato del giudice amministrativo sul contenuto delle decisioni. Sulla base della casistica esaminata, si formulano alcune considerazioni finali sulle caratteristiche del sindacato. Si reputa che l'attuale disciplina, per quanto finalizzata a garantire l'efficienza degli apparati militari, non sia del tutto coerente con i principi desumibili dagli artt. 24, 52 e 97 Cost.
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3

Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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4

Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Abstract:
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Dissertations / Theses on the topic "Principio di stabilità dei rapporti giuridici"

1

BORGNI, DAVIDE. "La definitività dell'accertamento tributario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29817.

Full text
Abstract:
Muovendo dalla constatazione dell'indeterminatezza propria del rapporto d'imposta, sia sul versante fattuale, sia su quello normativo, la ricerca condotta ha ad oggetto la definitività dell'accertamento, quale forma di attuazione all'interno dell'ordinamento tributario del principio di stabilità dei rapporti giuridici, che si concretizza nell'insieme delle disposizioni che conducono la pretesa fiscale verso l'intangibilità, precludendo l'esercizio dei poteri di intervento in ordine alla determinazione del tributo concessi, tanto all'Amministrazione finanziaria, quanto al contribuente. All'esito della disamina, si è ravvisata la sussistenza di una vocazione ordinamentale tendente alla progressiva erosione delle preclusioni all'esercizio dei poteri concessi agli Uffici e dei diritti riconosciuti al contribuente, al fine di incidere sulla quantificazione dell'obbligazione tributaria. Si è verificato, inoltre, che, a cagione della pressoché illimitata potestà concessa agli Uffici di rideterminare e reiterare la pretesa fiscale entro i termini di decadenza per l'adozione dei provvedimenti accertativi, l'ordinamento tributario, nel dare attuazione al principio dell'equo riparto dei carichi pubblici, mira prevalentemente a preservare l'interesse erariale, in tal modo inducendo l'interprete a guardare alle preclusioni all'esercizio dei diritti che consentono al contribuente di incidere sulla quantificazione del prelievo come a mere minorazioni defensionali, non in grado di condurre alla cristallizzazione del rapporto tributario, la quale insorge soltanto a seguito dello spirare dei termini di decadenza per l'adozione dei provvedimenti d'imposizione, unica effettiva soglia procedimentale della definitività. Nondimeno, qualora il soggetto passivo dia corso alla contestazione della pretesa mediante il tempestivo esercizio del diritto d'azione dinanzi al Giudice tributario, il conseguimento della condizione della definitività dell'accertamento viene ulteriormente postergato sino alla formazione della res iudicata, che rappresenta la forma di stabilizzazione del rapporto tributario, in vista del cui raggiungimento l'ordinamento attua la più compiuta parità delle armi tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente.
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