Academic literature on the topic 'Principio di non discriminazione'

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Journal articles on the topic "Principio di non discriminazione"

1

Zaccardi, Glauco. "Il principio di non discriminazione nel rapporto di lavoro." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 1 (July 2014): 173–85. http://dx.doi.org/10.3280/qg2014-001015.

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2

Staiano, Fulvia. "Diritto dei minori rom all'istruzione in condizioni di non discriminazione: il caso Orsus e altri c. Croazia." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 1 (May 2011): 93–103. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-001006.

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Abstract:
1. Il diritto all'istruzione in condizioni di non discriminazione nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo: centralitŕ del popolo Rom - 2. La tutela dei diritti fondamentali del popolo Rom nell'ambito del Consiglio d'Europa - 3. Il caso Orsus c. Croazia - 4. I Rom come "vera minoranza europea": problemi teorici e pratici relativi all'inquadramento dei Rom nel concetto di minoranza - 5. Tutela delle minoranze o principio di non discriminazione? La scelta pragmatica della Corte europea - 6. La tutela delle minoranze nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: limiti e punti di forza - Conclusione.
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3

Loy, Gianni. "LA DISABILITA’ NELLE FONTI INTERNAZIONALI DISABILITY IN INTERNATIONAL SOURCES." Revista Direito das Relações Sociais e Trabalhistas 4, no. 1 (October 10, 2019): 16–41. http://dx.doi.org/10.26843/mestradodireito.v4i1.157.

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Abstract:
La disabilità: una storia tragica nascosta nell’inconscio collettivo; 2. La palingenesi nei più recenti orientamenti legislativi: una tardiva riparazione? 3. La non omogenea nozione di disabilità nelle fonti internazionali; 4. Ma serve veramente una nozione rigida di disabilità? 5. Posto che tutti, in una certa misura, possiamo essere considerati dei disabili; 6. Ma, quindi, le persone affette da minorazioni esistono in quanto categoria? 7. La problematica distinzione tra discriminazione diretta e discriminazione indiretta; 8. Le cause di giustificazione e le deroghe; 9. Il diverso trattamento riservato ai disabili non costituisce discriminazione positiva ma è espressione del principio di uguaglianza; 10. Rimane da capire quando si possa ritenere che le cause di giustificazione siano ragionevoli; 11. Interpretazioni ed omissioni del legislatore italiano; 12. Ma le azioni volte a garantire l’uguaglianza dei lavoratori disabili non si limitano alla disciplina antidiscriminatoria.
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Fattori, Gilberto. "La cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia." PRISMA Economia - Società - Lavoro, no. 2 (October 2020): 94–104. http://dx.doi.org/10.3280/pri2019-002007.

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Abstract:
In materia di cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età la Corte di Giustizia dell'Unione Europea sta svolgendo un ruolo propulsivo nell'implementazione del diritto antidiscriminatorio. Tuttavia, come emerge dalle recenti sentenze su questo tema, le problematiche che emergono dal bilanciamento tra diritti sociali fondamentali dei lavoratori e scelte di politica economica ed occupazionale dei governi degli Stati membri dell'UE sono questioni che rimangono centrali nella giurisprudenza della Corte. In questa trattazione si analizzano due recenti sentenze particolarmente significative su questo tema: nella sentenza Rasmussen si mette in luce come la Corte riaffermi una volta di più la propria giurisprudenza sull'esistenza di un principio generale di non discriminazione per età nell'ordinamento europeo, sottolineando la forza delle conseguenze giuridiche che ciò comporta per gli ordinamenti degli Stati membri. Nell'analisi della causa Aber-crombie si mettono invece in luce aspetti problematici relativi al bilanciamento tra diritto alla non discriminazione per età e scelte di politica occupazionale dei gover-ni nazionali, e di come ciò abbia creato un notevole dibattito in dottrina.
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5

Brunelli, Giuditta. "Minori immigrati, integrazione scolastica, divieto di discriminazione." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 1 (April 2010): 58–77. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-001004.

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Abstract:
Il saggio si sofferma sull'accesso all'istruzione obbligatoria e sulle condizioni di esercizio del diritto fondamentale all'istruzione dei minori stranieri. Su tali posizione soggettive incidono in modo significativo ipotesi di intervento quali le "classi-ponte" (o classi di inserimento) e recenti provvedimenti ministeriali (il limite massimo del 30% di alunni stranieri nelle classi previsto dalla circolare del Ministero dell'istruzione n. 2 del 2010). Dopo aver argomentato la dimensione antidiscriminatoria assunta dal principio di eguaglianza nella giurisprudenza costituzionale sulla condizione dello straniero, l'A. mette in luce i profili problematici di proposte che tendono a superare il modello di integrazione scolastica piena affermatosi in Italia negli ultimi vent'anni. L'opzione politica in favore delle classi-ponte, oltre ad apparire culturalmente arretrata e tecnicamente inadeguata, si rivela soprattutto costituzionalmente discriminatoria. A sua volta, il provvedimento sul "tetto" del 30% presenta margini non irrilevanti di ambiguitŕ (proprio in relazione alla possibile creazione "mascherata" di classi di inserimento) e dŕ luogo a numerose difficoltŕ applicative, alcune delle quali suscettibili di configurare vere e proprie discriminazioni. Si propongono pertanto, anche sulla base di indicazioni provenienti dall'Unione europea, altre modalitŕ di intervento, piů efficaci e rispettose dell'autonomia scolastica.
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6

Di Donato, Giulio. "TRAME DEL RICONOSCIMENTO: DA HEGEL ALL’IDENTITÀ DI GENERE." Il Politico 256, no. 1 (June 28, 2022): 179–89. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.690.

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Abstract:
La prevenzione e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere e sull’orientamento sessuale rappresentano un’esigenza sentita in maniera ormai trasversale e allo stesso tempo un tema oggetto di polemiche infuocate nel momento in cui si passa dal piano della petizione di principio al piano della traduzione normativa (se ad esempio si tratta di modificare gli articoli 604 bis e ter del Codice penale e la successiva legislazione in materia di istigazione a delinquere, equiparando la discriminazione per i motivi di cui sopra a quella su base razziale, etnica o religiosa). Polemiche che hanno reso e rendono assai difficile intavolare una discussione laica e ragionata sul merito, al di là degli opposti isterismi e delle opposte strumentalizzazioni. In questa sede, lontani dalla concitazione del dibattito più acceso e fanatico, proveremo a riflettere sulle implicazioni di carattere filosofico-giuridico che l’eventualità di un intervento normativo in materia solleva: dalle definizioni di sesso e di genere all’equilibrio fra salvaguardia della libertà di opinione e lotta alle discriminazioni, per soffermarci infine sulla contraddizione fra le istanze soggettivistiche e contingenti alla base del concetto di identità di genere (comunemente definita l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione) e i criteri di oggettività e stabilità che sono propri della dimensione giuridica e in particolar modo della norma penale.
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7

Sgreccia, Elio. "Quando la fede si confronta con la legge nell’ambito delle biotecnologie umane." Medicina e Morale 51, no. 3 (June 30, 2002): 407–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.691.

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Abstract:
L’articolo analizza il rapporto tra istanze religiose e la legge civile, tenendo presente i possibili interventi della legge nel campo della genetica e della procreazione. Dopo aver argomentato che il dialogo tra fedi religiose e regimi democratici stia diventando sempre più urgente per evitare sia i fondamentalismi religiosi sia presunte neutralità morali delle democrazie liberali, l’autore afferma che il fatto religioso cristiano-cattolico ponga tre esigenze fondamentali per un corretto rapporto tra fede e legge: l’esigenza antropologica, cioè di una concezione dell’uomo esigitiva del rispetto della dignità di ogni persona umana; l’esigenza epistemologica, per cui la fede non deve opporsi alla ricerca scientifica e razionale, ma deve indicare il senso della ricerca stessa, nel quadro dei fini dell’uomo; il principio dell’accettazione del sistema democratico nel quale deve essere garantito per ogni uomo il diritto alla libertà-responsabilità in un clima di dialogo e persuasione. Infine, l’articolo si sofferma sugli orientamenti di carattere normativogiuridico sulla genetica e sulla procreazione artificiale che una visione centrata sulla dignità della persona umana richiede: 1. la protezione di individuo umano, cioè la tutela del diritto alla vita di ogni essere umano innocente; 2. il Principio di non discriminazione; 3. il divieto di ogni intervento genetico non terapeutico alterativo; 4. il divieto di brevettazione del genoma umano; 5. la promozione della ricerca in tema di terapia genetica; 6. la protezione degli individui che operano e sperimentano nei laboratori di biotecnologie sul DNA.
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8

Palazzani, Laura. "Il concetto di persona tra bioetica e biogiuridica." Medicina e Morale 53, no. 2 (April 30, 2004): 301–16. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.645.

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Abstract:
L’Autore riflette a lungo sul concetto di persona, notando la centralità che tale nozione ha nelle questioni di natura bioetica, specie negli ultimi anni. In realtà, i modi in cui è possibile interpretare il concetto sono diversi; nel contesto della discussione attuale, è possibile, in particolare, individuare due tendenze opposte sul modo di concepire la persona: una tendenza “riduzionista” (per la quale l’essere umano non è sempre persona, anzi, a volte persona è anche chi non è essere umano) e una tendenza “personalista” (in cui si sostiene l’identità tra persona ed essere umano). L’Autore si sofferma sull’analisi critica della tendenza riduzionista, a sua volta costituita da diverse teorie bioetiche e biogiuridiche, concludendo che la nozione di persona, elaborata in principio dalla filosofia per caratterizzare l’essere umano, rischia di venire usata contro l’uomo stesso creando pericolose forme di “discriminazione”. L’articolo si conclude con alcune riflessioni che intendono avallare la scelta teoretica del riconoscimento di una dignità intrinseca (etica) e di diritti forti (diritto) ad ogni essere umano che, dunque, possiede uno statuto personale dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. In tal senso, una biogiuridica per l’uomo è chiamata a non essere “neutrale”, ma a prendere posizione per proteggere e tutelare l’essere umano che non è ancora (come l’embrione) o non è più (ad es.: il malato in stato vegetativo persistente) in grado di rivendicare i propri diritti.
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Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae." Medicina e Morale 48, no. 3 (June 30, 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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Abstract:
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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10

Carrasco de Paula, Ignacio. "Etica e Salute: due quesiti, due compiti." Medicina e Morale 51, no. 6 (December 31, 2002): 1039–46. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.679.

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Abstract:
Etica e salute pur essendo due componenti di ogni singolo uomo sono lette spesso come realtà inconciliabili. Il diritto alla salute occupa un posto di rilievo tra le conquiste della modernità. Tuttavia, nonostante la ben nota definizione di salute che ha dato l’OMS, definizione tendente a precisare, più che una realtà, un potere d’intervento da parte dell’istituzione stessa, è ancora necessario chiarire con che cosa si identifichi, nella pratica, tale diritto: non si tratta di mera sopravvivenza, ma neppure del godimento della pienezza somatica e funzionale del proprio corpo, e comunque non si può prescindere dal considerare in questo contesto anche il benessere spirituale della persona. Il centro dell’attenzione va posto sull’uomo sofferente. Diviene inoltre prioritario affrontare la minaccia della discriminazione nell’accesso ai servizi indispensabili per la difesa della salute stessa. Quest’ultimo aspetto si pone come una questione di giustizia e si gioca a due livelli: quello della giustizia commutativa, nel contesto di un rapporto medico-paziente ridotto a prestazione professionale meramente contrattuale, fondata sull’informazione più che su una reale comunicazione. C’è poi la questione della giustizia distributiva che prevede che a ciascuno venga dato quanto gli spetta. Questa deve essere guidata dal principio di sussidiarietà, dove il sussidio non deve divenire un surrogato pena l’impossibilità da parte dello Stato di farsi carico dei bisogni di tutti. Nell’allocazione delle risorse il rispetto della giustizia distributiva si gioca a tre livelli di responsabilità molto precisi: quello delle politiche sanitarie, quello della professione medica e quello gestione locale delle risorse e dei servizi. Il perseguimento del bene comune trova però un limite nella centralità e preziosità di ogni singola persona, sana o malata che sia, la cui dignità rappresenta un limite invalicabile, neppure nel nome della giustizia.
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Dissertations / Theses on the topic "Principio di non discriminazione"

1

Bolzon, Elena <1987&gt. "Il principio di territorialità e quello di non discriminazione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3786.

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Abstract:
La territorialità connessa al ramo tributario, quindi l'approfondimento di come l'esercizio della potestà legislativa tributaria viene regolato nelle fattispecie aventi connotati di transnazionalità, assicurando la non discriminazione del contribuente, a livello nazionale, comunitario e internazionale.
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2

Faiello, Maria Rosaria. "L'evoluzione del principio di non discriminazione nell'Unione Europea con particolare riferimento al divieto di discriminazione razziale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/313.

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Abstract:
2010 - 2011
L’Europa ha conosciuto, nella seconda metà del XX secolo, importanti mutamenti nella composizione delle popolazioni dei suoi Stati a causa dei processi migratori legati alla ricerca di lavoro. Un’organizzazione politicamente unitaria come l’Unione europea non poteva trascurare di regolamentare questi flussi, né di considerarne le conseguenze, tra le quali, purtroppo, alcune si sono appalesate in un’accezione fortemente negativa, contrariamente alle aspettative dei Padri fondatori delle originarie Comunità europee. Tra i fattori che costituiscono un punto oscuro della raggiunta unità dell’Europa si colloca la mancata integrazione di elementi di diversità in contesti preesistenti, ossia gli episodi di discriminazione che, in maniera trasversale, si verificano in tutti i Paesi e in tutti i settori, dalla scuola al mondo del lavoro. Nel contesto di questo studio, si è concentrata l’attenzione su un aspetto particolare della discriminazione, ossia la discriminazione per motivi legati alla razza, che si presenta come un’anomalia in un progetto di integrazione e globalizzazione che dovrebbe privilegiare il solo merito, indipendentemente dalle origini, e soprattutto che dovrebbe porre al centro del sistema-Europa il rispetto dell’essere umano e dei suoi diritti. Proprio la prevenzione e la soluzione della violazione degli stessi diritti, dettata dal pregiudizio razziale, costituisce l’aspetto connotante un intero quadro normativo, definito “diritto antidiscriminatorio”, che mira a colpire e disincentivare comportamenti basati su singoli aspetti e, nello specifico caso della discriminazione razziale, su elementi legati alla provenienza o all’appartenenza ad un particolare ceppo etnico. Attraverso lo studio delle Direttive, delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea e di particolari casi giurisprudenziali che più di altri hanno tracciato il percorso della lotta alla discriminazione razziale si è portato a compimento un lavoro di analisi che consente di mettere in risalto come tutte le istituzioni dell’Unione europea abbiano preso – gradualmente – coscienza di quanto la lotta verso le forme di discriminazione sia complessa e di come il divieto di discriminazione razziale, problema ancor più attuale oggi rispetto al passato, sia costantemente disatteso nonostante i “buoni propositi” e il grande dispendio di energie sia a livello europeo che internazionale. L’elaborato si compone di tre capitoli che, in maniera “graduale”, affrontano la tematica in oggetto, restituendo un quadro della situazione caratterizzato da un lato da una copiosa produzione di atti normativi, dall’altro dalla resistenza opposta dai singoli Stati al recepimento degli stessi. Il primo capitolo ha per oggetto il divieto di discriminazione nel diritto dell’Unione europea e l’analisi è condotta attraverso l’esplicazione di concetti fondamentali quali quello di discriminazione in tutte le sue accezioni e di “diritto antidiscriminatorio” come nuovo strumento per la tutela dei soggetti “deboli” e potenzialmente discriminabili. Attraverso l’inquadramento normativo del divieto di discriminazione e l’analisi delle Direttive-antidiscriminazione vengono isolati i fattori di discriminazione, il fenomeno delle discriminazioni multiple, i comportamenti vietati e le deroghe alla normativa. Fondamentale è l’analisi del principio di non discriminazione nelle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in quanto è proprio la sua giurisprudenza che rende “vivo” il cd. diritto antidiscriminatorio. La stessa Corte ha visto, infatti, un’evoluzione delle proprie posizioni passando da una iniziale fase di chiusura nei confronti di un proprio coinvolgimento in tema di tutela dei diritti umani ad una fase di apertura definita “protezionistica”, instaurando anche un dialogo aperto con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Le strade delle due Corti, prima rigidamente distinte, hanno infatti iniziato a convergere sul piano della protezione dei diritti umani a partire dalla seconda metà degli anni ’80. A tal riguardo, il discorso trova un suo completamento nell’oggetto del secondo capitolo, ossia il divieto di discriminazione nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il capitolo prende le mosse da una questione molto dibattuta: l’adesione dell'Unione europea alla CEDU, nell’ottica di una rafforzata tutela dei diritti umani. Questo argomento si colloca in un processo di approfondimento che vede l’Unione europea impegnata a cercare mezzi sempre più efficaci ai fini della tutela e della difesa dei diritti umani, e la CEDU si presta, più di ogni altro strumento, ad assumere il ruolo di linea guida per la protezione degli stessi. Mentre tutti gli Stati dell’Unione fanno parte del Consiglio d’Europa, l’Unione come tale non partecipa al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia le interferenze esistenti tra le responsabilità degli Stati rispetto agli obblighi derivanti dalla Convenzione europea e quelle derivanti dall’appartenenza all’Unione, portano a dire che già ora vi sono difficili, ma importanti elementi di integrazione tra il sistema dell’UE e quello della Convenzione. Come le Corti costituzionali e le Corti supreme degli Stati membri, la Corte UE interpreta ed applica la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nelle controversie che sono portate al suo esame. Come è stato rilevato in dottrina, sotto l’ala protettrice dell’uguaglianza si staglia l’immagine di un’Europa nuova, condivisa e coordinata dalla giurisprudenza delle due Corti. Sembra, ormai, sempre più chiara la tendenza delle più recenti pronunzie della Corte di Giustizia a considerare i contenuti della CEDU e le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come un ‘obbligatorio’ punto di riferimento nella definizione di casi che coinvolgano fundamental rights; al di sopra di tutto pare, d’altro canto, muoversi il principio di uguaglianza che emerge come strumento di integrazione non solo giurisprudenziale, ma anche politica in sede europea. La stessa dottrina rileva come la tutela dei diritti fondamentali, che sembra avvicinare le due Corti, trovi nella parità di trattamento il suo nodo centrale; tale convergenza, tuttavia, ha il proprio ubi consistam e, forse, al contempo, il proprio confine, in quello che potrebbe essere definito un “metaprincipio” del diritto europeo, il principio di uguaglianza, sovraordinato, incondizionato ed immediatamente applicabile. E, tuttavia, ad un esame più approfondito, il contatto fra le Corti può assumere una diversa e più ampia portata e, soprattutto, può superare il rischio di incorrere in quelli che sembrerebbero inevitabili contrasti qualora si muova lungo i binari di quel completo restatement dei diritti fondamentali provenienti dalle fonti più disparate che, nelle intenzioni dei compilatori, era destinato a diventare il first point of reference per tutti i soggetti coinvolti nella tutela dei diritti fondamentali nell’ambito del diritto dell’Unione Europea: la Carta di Nizza-Strasburgo. Al cuore non più solo della giurisprudenza della CEDU ma anche di quella della CGCE si trovano diritti legati alla tutela della persona che più di altri si prestano ad un dialogo serrato con i giudici nazionali e con i legislatori nazionali. Sembra che il principio di uguaglianza vada, via via, assumendo una forza dirompente, unificante, rispetto alle giurisprudenze nazionali e a quelle sovranazionali promananti dalle due Corti. Tuttavia tale processo di stabilizzazione richiede il compimento di un percorso di integrazione europea nel rispetto assoluto dei diritti fondamentali. Ed è in quest’ottica che assume forza aggregatrice la realizzazione del processo di adesione dell’Unione europea alla CEDU. Il lavoro prosegue con l’analisi della tutela prevista dall’art. 14 della CEDU, delle questioni legate al suo limitato ambito di operatività e del tentativo di ampliamento della stessa operato dal Protocollo n. 12. Nel sottolineare la portata dei diritti sanciti dalla CEDU, vengono infine presentati i casi di applicazione giurisprudenziale più rilevanti: dal caso Nachova c/ Bulgaria al caso S.H. e altri c. Austria. Il terzo capitolo, infine, entra nel vivo della questione, affrontando il tema del divieto di discriminazione su base razziale nell’ordinamento europeo ed internazionale. L’analisi non può prescindere dalla presentazione di quelli che sono gli sviluppi recenti del principio di non discriminazione razziale negli atti europei ed internazionali, in quanto proprio il continuo “divenire” di tale principio assicura una tutela ed un’attenzione costante su un tema così delicato ed importante. Particolare attenzione è dedicata alla Direttiva 2000/43/CE, grazie alla quale è possibile individuare i casi di discriminazione razziale diretta e indiretta, e alla Decisione-quadro 2008/913/GAI del Consiglio in tema di lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia che, seppur non recepita, rappresenta comunque un passo fondamentale nel processo di costruzione delle tutele in quanto pone una caratterizzazione di tipo penale, a differenza di quanto sino ad allora accaduto. I meccanismi di tutela dalla discriminazione e il principio di «integrazione orizzontale delle pari opportunità in tutti i settori di azione», ossia il mainstreaming, completano il quadro analitico. Infine, a completamento del percorso di indagine, è presentato il c.d. “caso Feryn”, che costituisce ad oggi la prima, se non esclusiva, interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia sulla Direttiva 2000/43/CE e, pertanto, si configura come una “pietra miliare” nel processo di interpretazione del divieto di discriminazione razziale. [a cura dell'autore]
X n.s.
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Zaccaroni, Giovanni. "Il Principio di Non Discriminazione e l’Identità Costituzionale dell’Unione Europea." Thesis, Strasbourg, 2015. http://www.theses.fr/2015STRAA015/document.

Full text
Abstract:
L’objectif de cette recherche est d’évaluer la contribution du principe de non-discrimination à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne. Pour ce faire, il est nécessaire de clarifier la notion d’identité dont nous parlons. Dans la première section/partie nous analysons la structure des arrêts pour juger sur la discrimination. La structure de l’arrêt sur la discrimination permet, après une phase initiale d’ajustement dont nous avons signalé, d’identifier quatre phases différentes au sein desquelles la Cour de justice développe son raisonnement. Ces phases sont : 1) introduction de l’affaire devant la Cour de justice de l’Union européenne 2) identification du désavantage 3) comparaison et 4) justification. La deuxième section/partie porte sur l’analyse de la contribution à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne par la lutte contre sept motifs spécifiques de discrimination : sexe, nationalité, handicap, âge, religion, orientation sexuelle et race. Le choix des motifs de discrimination (par exemple, entre les beaucoup plus nombreux motifs dans la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne) est lié à un critère normatif : ce sont les motifs de discrimination qui ont fait l’objet de la législation dérivée. D’où il suit un critère supplémentaire, celui quantitatif : la présence d’un acquis législatif stable autorise la Cour de justice à saisir un plus grand nombre des causes, qui font significative l’examen des motifs proposés. L’identification d’une contribution si riche à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne peut reconnaître le principe de non-discrimination en tant que principe constitutionnel, qui, inspiré par l’identité constitutionnelle des États membres, peut constituer l’épine dorsale de la future constitution "formelle “européenne
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of the analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/1/Tesi_G_ZACCARONI.pdf.

Full text
Abstract:
La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/.

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Abstract:
La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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SIDOTI, Maria Rita. "IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE TRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL'UNIONE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488061.

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Abstract:
IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE IN AMBITO FISCALE Premessa 1.1 Il potere fiscale nel diritto interno e nel diritto dell’Unione 1.1.1 Le radici storiche 1.1.2 La portata negativa dell’attività di normazione europea 1.1.3 principio di non discriminazione e il suo ruolo 1.2 I postulati dell’ordinamento dell’Unione e loro attuazione nella politica fiscale 1.3 Le competenze unionali nella materia fiscale: l’imposizione diretta e quella indiretta 1.4 Il diritto tributario europeo derivato 1.5 L’adattamento del diritto interno al diritto eurounitario: il ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE QUALE PRINCIPIO CARDINE DELL’UNIONE EUROPEA 2.1 La non discriminazione in ambito fiscale 2.2 La positive integration 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Attività tese all’armonizzazione delle imposte sulle società 2.3.1 Imposizione fiscale equa, trasparenza fiscale e lotta contro l'elusione fiscale e la concorrenza fiscale sleale 2.4 La tassazione delle persone fisiche 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Negative integration 2.5 La portata degli interventi della Corte di Giustizia 2.6 Rule of reason e cause di giustificazione 2.6.1 Coerenza del sistema fiscale 2.6.2 Misure atte ad evitare elusione ed evasione 2.6.3 Equilibrata ripartizione del potere impositivo 2.6.4 Effettività dei controlli fiscali e della riscossione dei tributi 2.7 Società: libertà di forma sociale ed uniformità trattamento 2.8 Giurisprudenza dell’Unione e convenzioni contro le doppie imposizioni PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE E PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA 3.1 Il principio di non discriminazione fiscale e il diritto tributario interno 3.2 Il principio di non discriminazione nel sistema delle fonti 3.2.1 La teoria monista della CGUE e la primauté 3.2.2 La teoria dualista della C. Cost. e i controlimiti Evoluzione 3.2.3 La vicenda Taricco e i controlimiti della Corte Costituzionale 3.3 Il principio di eguaglianza nell’ordinamento nazionale e dell’Unione e i controlimiti 3.4 Il principio di non discriminazione ed il principio di eguaglianza: nessi e limiti 3.5 Il legame tra la politica fiscale e le altre politiche dell’Unione IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE E IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA NELLE AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA RICERCA E LO SVILUPPO Premessa 4.1 Agevolazioni e principio di eguaglianza 4.2 Il divieto di aiuti di stato e il principio di non discriminazione 4.2.1 L’origine statale dell’aiuto 4.2.2 Il vantaggio economico 4.2.3 Gli effetti distorsivi sugli scambi e sulla concorrenza 4.2.4 Misure selettive e misure generali 4.3 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il principio di equità costituzionale 4.4 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il divieto di aiuti di Stato 4.5 La disciplina vigente del credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo (2014-2020) 4.5.1 Iter normativo 4.5.2 Principali caratteristiche dell’agevolazione 4.5.3 Presupposto soggettivo 4.5.4 Presupposto oggettivo 4.5.5 Costi ammissibili 4.5.6 Modalità di fruizione , documentazione e certificazione Considerazioni conclusive
THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION WITHIN THE FISCAL FIELD Premise 1.1 The fiscal power in domestic law and in Union law 1.1.1 Historical roots 1.1.2 The negative scope of European standardization activity 1.1.3 principle of non-discrimination and its role 1.2 The postulates of the EU legal system and their implementation in fiscal policy 1.3 Union competences in tax matters: direct and indirect taxation 1.4 The derived European tax law 1.5 The adaptation of national law to Euronary law: the role of the Court of Justice of the European Union THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AS THE CARDINAL PRINCIPLE OF THE EUROPEAN UNION 2.1 Non-discrimination in the tax area 2.2 Positive integration 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Activities aimed at harmonizing corporate taxes 2.3.1 Fair taxation, tax transparency and the fight against tax avoidance and unfair tax competition 2.4 Taxation of natural persons 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Negative integration 2.5 The scope of the actions of the Court of Justice 2.6 Rule of reason and reasons for justification 2.6.1 Coherence of the tax system 2.6.2 Measures to avoid circumvention and evasion 2.6.3 Balanced distribution of taxation power 2.6.4 Effectiveness of tax controls and tax collection 2.7 Society: freedom of social form and uniformity of treatment 2.8 EU jurisprudence and double taxation conventions PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION OF FISCAL AND PRINCIPLE OF EQUALITY 3.1 The principle of fiscal non-discrimination and internal tax law 3.2 The principle of non-discrimination in the system of sources 3.2.1 The monastic theory of the CJEU and the primauté 3.2.2 The dualist theory of C. Cost. And the Contrimiths Evolution 3.2.3 The Taricco affair and the controlimiti of the Constitutional Court 3.3 The principle of equality in national and Union law and the control systems 3.4 The principle of non-discrimination and the principle of equality: links and limits 3.5 The link between fiscal policy and other Union policies THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AND THE PRINCIPLE OF EQUALITY IN FISCAL AGREEMENTS FOR RESEARCH AND DEVELOPMENT Premise 4.1 Facilities and principle of equality 4.2 The prohibition of state aid and the principle of non-discrimination 4.2.1 The state origin of the aid 4.2.2 Economic advantage 4.2.3 The distortive effects on trade and competition 4.2.4 Selective measures and general measures 4.3 The compatibility of tax incentives for research and development with the principle of constitutional fairness 4.4 The compatibility of tax breaks for research and development with the prohibition of state aid 4.5 The current regulation of tax credit for investments in research and development (2014-2020) 4.5.1 Iter normative 4.5.2 Main characteristics of the facilitation 4.5.3 Subjective assumption 4.5.4 Objective assumption 4.5.5 Eligible costs 4.5.6 Method of use, documentation and certification Final considerations
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ZACCARONI, GIOVANNI. "Il Principio di Non Discriminazione e l’Identità Costituzionale dell’Unione Europea/Le principe de non-discrimination et l'identité constitutionelle de l'Union européenne." Doctoral thesis, Università di Bologna, 2015. http://hdl.handle.net/10281/370833.

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Abstract:
L’objectif de cette recherche est d’évaluer la contribution du principe de non-discrimination à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne. Pour ce faire, il est nécessaire de clarifier la notion d’identité dont nous parlons. Dans la première section/partie nous analysons la structure des arrêts pour juger sur la discrimination. La structure de l’arrêt sur la discrimination permet, après une phase initiale d’ajustement dont nous avons signalé, d’identifier quatre phases différentes au sein desquelles la Cour de justice développe son raisonnement. Ces phases sont : 1) introduction de l’affaire devant la Cour de justice de l’Union européenne 2) identification du désavantage 3) comparaison et 4) justification. La deuxième section/partie porte sur l’analyse de la contribution à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne par la lutte contre sept motifs spécifiques de discrimination : sexe, nationalité, handicap, âge, religion, orientation sexuelle et race. Le choix des motifs de discrimination (par exemple, entre les beaucoup plus nombreux motifs dans la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne) est lié à un critère normatif : ce sont les motifs de discrimination qui ont fait l’objet de la législation dérivée. D’où il suit un critère supplémentaire, celui quantitatif : la présence d’un acquis législatif stable autorise la Cour de justice à saisir un plus grand nombre des causes, qui font significative l’examen des motifs proposés. L’identification d’une contribution si riche à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne peut reconnaître le principe de non-discrimination en tant que principe constitutionnel, qui, inspiré par l’identité constitutionnelle des États membres, peut constituer l’épine dorsale de la future constitution "formelle “européenne.
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Ricchiari, Marco. "Lo status dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti nel territorio dell'Unione nel quadro della direttiva 2003/109/CE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3160.

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Abstract:
2007/2008
All’indomani della sua adozione, la direttiva n. 2003/109/CE si proponeva di essere lo strumento attraverso il quale l’Unione intendeva dar corso al mandato ricevuto dal Consiglio europeo di Tampere, garantendo ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri una serie di diritti uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i cittadini comunitari. Nonostante la Direttiva si inserisca in un contesto normativo fortemente frammentato, dove non esistono regole comuni applicabili indistintamente agli stranieri legalmente residenti nel territorio di uno degli Stati membri, essa, ad ogni modo, contribuisce a superare, sebbene solo parzialmente, le divisioni esistenti. Limitato il campo di applicazione ratione personae ai soli stranieri che possono dimostrare, sulla base della durata del periodo di soggiorno, un legame durevole con lo Stato ospitante, la Direttiva favorisce la loro integrazione assicurandogli la parità di trattamento in alcuni settori della vita economica e sociale, esclusi i diritti politici e il diritto alla cittadinanza. Rimane, in ogni caso, ferma la possibilità per le autorità nazionali sia di rendere più gravoso il godimento dei diritti comunque riconosciuti sia di estendere la portata del divieto di discriminazione, assicurando allo straniero il medesimo trattamento riservato ai propri cittadini in settori non espressamente contemplati dalla Direttiva. Nonostante occorra ancora tenere distinta l’immigrazione dei cittadini di paesi terzi nel territorio dell’Unione, che riguarda il loro primo ingresso nello spazio comunitario, dalla migrazione successiva verso un altro Stato membro all’interno della Comunità, che incide, invece, sulla loro possibilità di circolarvi e soggiornarvi, la Direttiva introduce una deroga al principio che vuole ciascuno Stato responsabile di decidere dell’ammissione dello straniero sul proprio territorio. Le disposizioni del Capo III, infatti, regolano il diritto del residente di lungo periodo di soggiornare in uno Stato membro diverso da quello che gli ha attribuito lo status. Pur allineandosi a quanto previsto dalla Convenzione Schengen per gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno di lunga durata, la Direttiva se ne discosta poiché il residente di lungo periodo acquisisce il diritto di soggiornare in un altro paese membro solamente se soddisfa le condizioni prescritte dalla stessa Direttiva e non, invece, quelle imposte dal diritto interno dello Stato richiesto. È certo, comunque, che l’impatto che la Direttiva avrà sulla condizione giuridica degli stranieri dipenderà dall’approccio interpretativo scelto dalle autorità statali al momento della sua trasposizione nei singoli ordinamenti nazionali e, principalmente, dall’uso che esse faranno del margine di discrezionalità che talune disposizioni riservano loro. Occorrerà, a ogni buon conto, attendere le prime pronunce della Corte di giustizia per verificare se, e in che misura, il provvedimento adottato, garantendo agli immigrati condizioni di vita e di lavoro comparabili a quelle di chi ha la nazionalità di uno degli Stati membri, contribuisce ad evitare, o quantomeno a ridurre, l’esclusione sociale di coloro che sono riusciti ad integrarsi e a dare un importante apporto allo sviluppo economico e sociale dei paesi ospitanti.
XX CICLO
1977
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Nardocci, C. "LE DISCRIMINAZIONI ETNICO-RAZZIALI NEL SISTEMA MULTILIVELLO DI TUTELA DEI DIRITTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/261871.

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Abstract:
ABSTRACT Discrimination based on race or ethnic origin is a deep-rooted problem of contemporary multicultural societies. The coexistence of a plurality of groups which differ for race, ethnic origin, language and culture within the same state entity may be likely to trigger discrimination as a result of ethnic groups conflicts and prejudice. Thus, discrimination has primary a social meaning, which reveals how differences in treatment often come from a hierarchical system of social structure – named social stratification – that distinguishes among a dominant group and one or more minority or subordinated groups. Discrimination, as a both social and anthropological phenomenon, covers the very first part of the study, aimed at introducing the overall theoretical context throughout an insight of several of the implications hidden underneath. The investigation of the role of Law in addressing racial and ethnic discrimination, on which focus the second, along with the third and the fourth parts, is based on a multilevel approach, according to the cross-border nature of racial and ethnic discrimination. Along with a multilevel approach, the study chooses to examine the issue related to racial and ethnic discrimination from a dual perspective. More specifically, it moves from an individual to a group-based approach to non discrimination, in order to challenge the liberal path of human right as individual rights only and to assess new ways of balancing individual and collective rights From a constitutional viewpoint, the study aims at exploring new mechanisms to tackle racial and ethnic discrimination, that goes beyond Article 3 of the Constitution, through the development of the principle set out in Article 6 of the Constitution, which protects linguistic minorities.
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Mascellaro, Maria Maddalena. "Pubblicazione di dati di traiettoria preservando il principio di non informatività." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Al giorno d'oggi i dati di traiettoria, grazie alle nuove tecnologie di tracciamento della posizione, sono presenti in svariati scenari applicativi. Dall'analisi di questi dati possono trarre beneficio diverse applicazioni del mondo reale, come ad esempio la gestione del traffico e i servizi basati sulla posizione. Una traiettoria rappresenta il cambiamento della posizione di un utente o un oggetto nello spazio rispetto al tempo. Con la diffusione delle tecnologie che si occupano di questo tipo di dati, sono stati studiati algoritmi in grado di estrapolare informazioni da essi. Tuttavia, le traiettorie possono divulgare informazioni altamente sensibili di un individuo, come ad esempio modelli di mobilità, dati personali o relazioni sociali, rendendo indispensabile l'utilizzo di tecniche per la protezione della privacy nell'ambito della pubblicazione di dataset di traiettorie. Per garantire la privacy su tali dati, non è sufficiente nascondere le singole posizioni, ma è necessario preservare tutte le informazioni derivate dalle loro correlazioni. La protezione della privacy deve però tenere conto di un importante fattore, ossia l'utilità dei dati. L'obiettivo del lavoro presentato in questa tesi è l'analisi delle tecniche note in letteratura che trattano i modelli di privacy esistenti, con uno specifico approfondimento del principio di non informatività. Esso si pone l'obiettivo di minimizzare la differenza tra la conoscenza di un avversario prima e dopo l'accesso a un dataset. In particolare vengono enfatizzati i criteri di privacy di questo principio e viene condotto uno studio approfondito dell'algoritmo kte-hide. Quest'ultimo consente infatti l'anonimizzazione di dati di traiettoria rispettando il principio di non informatività, minimizzando la distorsione dei dati protetti.
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Books on the topic "Principio di non discriminazione"

1

Amatucci, Fabrizio. Il principio di non discriminazione fiscale. Padova: CEDAM, 1998.

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2

Mantello, Marco. Autonomia dei privati e principio di non discriminazione. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2008.

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3

Mantello, Marco. Autonomia dei privati e principio di non discriminazione. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2008.

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4

Borelli, Silvia. Principi di non discriminazione e frammentazione del lavoro. Torino: G. Giappichelli, 2007.

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5

Dio oltre il principio di non contraddizione. Brescia: Morcelliana, 2009.

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Berto, Francesco. Teorie dell'assurdo: I rivali del principio di non-contraddizione. Roma: Carocci, 2006.

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7

Moccia, Sergio. La promessa non mantenuta: Ruolo e prospettive del principio di determinatezza/ tassatività nel sistema penale italiano. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2001.

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Polacchini, Francesca. Doveri costituzionali e principio di solidarietà. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg285.

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Abstract:
Il volume offre una riflessione intorno al principio di solidarietà e allo statuto dei doveri costituzionali, evidenziandone il ruolo nell’ordinamento costituzionale. Lo studio muove dalla ricostruzione del significato del principio di solidarietà attraverso la lettura sistematica dei principi fondamentali. L’ampia prospettiva entro la quale si muove l’analisi consente di cogliere la connotazione solidaristica di molti principi della Carta repubblicana. Nell’ambito del lavoro si offre un affresco di alcune delle più recenti applicazioni del principio di solidarietà nell’ambito dei rapporti interprivati. Dall’esame della letteratura e della giurisprudenza che hanno compiuto uno sforzo di rilettura di alcuni istituti codicistici alla luce del principio solidarista emerge la straordinaria vitalità del testo costituzionale e delle sue disposizioni di principio. L’indagine non trascura di considerare anche il contesto dell’Unione europea, individuando in modo analitico tutte le sedi di emersione del principio di solidarietà, che viene considerato il paradigma di riferimento per i futuri sviluppi del processo d’integrazione sovranazionale. Si ricostruisce infine lo statuto costituzionale dei doveri costituzionali, tentando di chiarire la posizione di tali situazioni giuridiche soggettive all’interno del sistema giuridico.
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Tordini Cagli, Silvia. Principio di autodeterminazione e consenso dell'avente diritto. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg238.

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Abstract:
La tematica del consenso dell’avente diritto viene affrontata con particolare riferimento al fondamento, alla collocazione sistematica e ai limiti di efficacia di questo istituto, attraverso un percorso che coinvolge profili di diritto costituzionale, di filosofia morale e di criminologia, oltre, che, naturalmente, più prettamente penalistici. Il riconoscimento di una rilevanza alla volontà della vittima nell’ambito dell’ordinamento penale non è un dato di immediata evidenza, essendo il diritto penale ramo del diritto pubblico caratterizzato da un rapporto di subordinazione del singolo allo Stato; ciononostante il consenso ha sempre avuto un ruolo nella determinazione della responsabilità penale. Negli attuali ordinamenti democratici, soprattutto con l’entrata in vigore delle Costituzioni repubblicane, si riscontra una tendenza ad una sempre maggiore valorizzazione della libertà di autodeterminazione del soggetto in relazione alla gestione dei propri beni e/o diritti. Affrontare la questione del fondamento del consenso dell’avente diritto e della sua efficacia nell’ambito del diritto penale significa interrogarsi sul fondamento e sui limiti del diritto di autodeterminazione, essenza del consenso stesso. Poter individuare un fondamento costituzionale del diritto di autodeterminazione significa, oggi, garantire la massima estensione al consenso dell’avente diritto. È in questa ottica che si snoda il percorso di approfondimento seguito dall’autrice, al fine di ampliare l’alveo dei diritti disponibili, con un rifiuto netto del principio del c.d. paternalismo (forte) quale criterio di legittimazione dell’intervento penale e negazione, dunque, della legittimità di una tutela (penale) dell’individuo "da se stesso". Silvia Tordini Cagli è attualmente ricercatore di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna. È altresì titolare dell’insegnamento di Diritto penale generale e del lavoro nell’ambito del corso di laurea per Consulente del lavoro. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Parma ed è stata titolare di assegno di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Bologna. Tra le sue pubblicazioni si segnala: "Peculato e malversazione", voce in Digesto delle discipline penalistiche , vol. IX, Torino, 1995, 334 ss.; Condotta della vittima ed analisi del reato , in "Rivista italiana di diritto e procedura penale", 2000, 3, 1148 ss.; "La rilevanza penale dell’eutanasia tra indisponibilità della vita e principio di autodeterminazione", in Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona , a cura di S. Canestrari e G. Fornasari, Bologna, 2001; "Delitto preterintenzionale e principio di colpevolezza", in Casi e materiali di diritto penale , Parte generale, vol. I, a cura di A. Cadoppi, S. Canestrari, Milano, 2002; "Accanimento terapeutico o eutanasia neonatale?", in Medicina, bioetica e diritto , a cura di P. Funghi e F. Giunta, Pisa, 2005, 265 ss.; "Consenso dell’avente diritto", voce in Il Diritto , Enc. Giur. del Sole 24 ore, 2007, vol. III.
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Monducci, Juri. Il dato genetico tra autodeterminazione informativa e discriminazione genotipica. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg274.

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Abstract:
I dati genetici costituiscono il patrimonio più profondo dell’individuo, tale da ridurre la persona, in caso di trattamento illegittimo, ad un mero portatore di patrimonio genetico. L’eccezionalismo genetico, capace di rivelare il destino delle generazioni future, potrebbe creare molte più occasioni di rischio discriminatorio, soprattutto in ambito lavorativo e assicurativo. La disciplina normativa sul trattamento dei dati genetici, introdotta dal legislatore sin dal 1999, è stata attuata solo nel 2007 per via del rischio, sempre più concreto, che si venisse a creare una nuova forma di schiavitù; dopo la codificazione del genoma umano, infatti, ci si è resi conto della possibilità di delineare le più intime caratteristiche della persona, tanto da arrivare a conoscere le immodificabili connotazioni sia del singolo individuo sia delle generazioni future, tanto da poter intervenire sul futuro dell’essere umano. Il volume si propone pertanto di fornire una lettura ragionata della normativa italiana sul trattamento dei dati genetici, finalizzata a tutelare non solo i singoli contro il rischio discriminatorio individuale, ma anche la collettività – intesa come gruppo sociale meritevole di tutela – da modificazioni genetiche tali da impedirne lo sviluppo secondo il naturale schema evolutivo. L’intenzione dell’autore è quindi quella di approfondire la lettura della disciplina vigente, in un contesto in cui il biodiritto non dovrebbe essere finalizzato alla normazione dell’etica, bensìall’individuazione dei confini da non superare per evitare di arrivare a quel rischio discriminatorio che, nello specifico contesto spazio temporale, potrebbe far prevalere una razza, un genere, una filosofia di vita o, comunque, un gruppo sociale, su altri, di minor forza.
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Book chapters on the topic "Principio di non discriminazione"

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Parisoli, Luca. "La non-universalità del principio di contraddizione: un’ipotesi su un approccio filosofico da Anselmo d’Aosta a Duns Scoto." In Anselmo d’Aosta e il pensiero monastico medievale, 463–96. Turnhout: Brepols Publishers, 2018. http://dx.doi.org/10.1484/m.nutrix-eb.5.112930.

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