Dissertations / Theses on the topic 'Principio di effettività della tutela'

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Tagliasacchi, Eugenio. "Tecniche di garanzia del principio di effettività e tempestività della tutela nel processo amministrativo." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2022. http://hdl.handle.net/11579/144260.

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Abstract:
La tesi propone una rilettura delle principali novità legislative nonché delle fondamentali svolte della giurisprudenza nazionale ed europea nell'ambito del diritto processuale amministrativo, evidenziando come queste siano state determinate dall'esigenza di dare attuazione al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che ha condotto al superamento delle principali regole classiche del processo amministrativo, portando all'affermazione del principio di atipicità delle azioni, al superamento del binomio illegittimità-annullamento, all'annullamento non retroattivo o dotato di soli effetti conformativi cosi come alla tutela cautelare atipica e ante causam e alla crisi della stabilità del giudicato.
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TARRICONE, SILVIA. "L'effettività della tutela giurisdizionale civile minorile. Premesse per uno studio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7885.

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Abstract:
Lo studio condotto si propone di osservare il sistema delle tutele giurisdizionali civili minorili, mettendone in evidenza i punti di maggiore criticità. La ricerca viene condotta assumendo a criterio guida il principio di effettività della tutela giurisdizionale, ricostruito nei suoi formanti, attingendo all'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale per l'assenza di un'espressa definizione normativa. Individuateni i corollari minimi nel c.d. principio dell'accesso al Giudice, del giusto processo e dell'utilità del rimedio giurisdizionale, l'indagine prosegue tra spazio giuridico interno e sovranazionale, ricostruendo la soggettività giuridica del minore ed esaminando alcune tra le questioni che il dibattito scientifico evidenzia in argomento.Il sindacato sul tema di indagine prescelto prosegue, affrontando l'esame dei temi della competenza in materia minorile, del rito e delle garanzie fondamentali del processo e dell'esecuzione ed attuazione dei provvedimenti. Lo studio si conclude con la formulazione di alcune perfettibili soluzioni di riforma del sistema osservato che esprimano i principi sanciti anche nel consesso sovranazionale e garantiscano al soggetto in formazione di ottenere per il tramite del rimedio giurisdizionale "tutto quello e proprio quello che ha diritto di ottenere".
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ROMANI, ELISABETTA. "L'ESECUZIONE DELLE SENTENZE DELLA CORTE EDU NEL SISTEMA PROCESSUALE AMMINISTRATIVO E LA CERTEZZA DEL DIRITTO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829899.

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Abstract:
Nel sistema di tutela multilivello, la necessità di garantire una tutela effettiva dei diritti umani sta progressivamente comportando un fenomeno di cedevolezza del giudicato interno, così superando la visione tradizionale ancorata al principio di intangibilità e, in ultima analisi, al valore della certezza del diritto. Dal dinamismo della tutela dei diritti umani non poteva rimanere escluso il sistema processuale amministrativo, il quale è stato chiamato anch’esso ad affrontare la problematica dell’esecuzione delle sentenze rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, laddove queste ultime risultino in contrasto con quanto precedentemente affermato da una pronuncia divenuta definitiva del giudice amministrativo. Si viene, dunque, a delineare un’antinomia tra giudicati che è tutt’altro che eventuale, in quanto, in applicazione della regola del previo esaurimento dei rimedi interni (art. 35 CEDU), le sentenze della Corte europea si confrontano fisiologicamente con il giudicato nazionale. Con riferimento al giudicato amministrativo anticonvenzionale, il punto di tensione tra i due diversi livelli di tutela si è avuto con i casi Mottola e Staibano c. Italia e Guadagno e altri c. Italia, che hanno portato alle pronunce della Corte costituzionale n. 123 del 2017 e n. 19 del 2018. Le conclusioni a cui è pervenuta la Consulta, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale volta ad ampliare i casi di revocazione ex art. 106 c.p.a., dimostrano che per il processo amministrativo, allo stato dell’arte, non si rinviene un rimedio volto ad assicurare l’ottemperanza al decisum convenzionale allorquando sia divenuta definitiva la decisione del giudice amministrativo, disvelando una lacuna nell’effettività della tutela della protezione dei diritti umani. La sentenza della Corte costituzionale ha in particolare messo in risalto come il tema dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea nasconda l’esigenza di compiere un giudizio di bilanciamento tra gli opposti interessi in gioco: da un lato, l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali, a cui è sottesa la tendenza alla giustizia sostanziale, e dall’altro la tutela della certezza del diritto, così come garantita dalla res iudicata, declinazione della sovranità dello Stato. Da un diverso angolo prospettico, volto ad evidenziare le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo, si vedrà che nel sistema processuale amministrativo diviene necessaria un’ulteriore ponderazione relativa alle diverse declinazioni dell’art. 24 Cost., tra il diritto ad ottenere una tutela effettiva del ricorrente risultato vittorioso a Strasburgo e il diritto di difesa degli eventuali controinteressati e cointeressati del giudizio nazionale. Prendendo l’avvio dal percorso logico-argomentativo seguito dai giudici delle leggi, l’obiettivo principale del presente lavoro è quello di verificare se gli ostacoli, che sono stati addotti all’introduzione di una sorta di “revocazione europea” anche per il processo amministrativo, siano superabili e, in una prospettiva de iure condendo, di osservare come alcuni istituti tipici del diritto amministrativo, sostanziale e processuale, possano consentire di rispondere alle nuove sfide poste dalla tutela dei diritti umani. Si parlerà, dunque, di “rimedi armonizzati” proprio per accentuare questa nuova funzione che il diritto amministrativo è chiamato a svolgere, di raccordo tra i diversi piani di tutela così da rendere effettiva quella protezione dei diritti umani che lo Stato italiano nell’ormai lontano 1955, ratificando la Convenzione, si è auto-vincolato a rispettare.
The phenomenon of multilevel jurisdictions has been progressively caused a decreasing of the effectiveness of the res judicata, thus overcoming the traditional view anchored to the principle of intangibility and, therefore, affecting the value of legal certainty. From the dynamism of the protection of human rights, administrative procedural law could not be excluded, which had to deal with the problem concerning the enforcement of judgments of the European Court of Human Rights (hereinafter “ECtHR”), which modify, totally or partially, the statement declared on a national level by an Administrative Court or by the State Council. Therefore, a conflict between administrative national rulings and rulings of the ECtHR is reasonably possible, thanks to the subsidiarity principle and to the rule provided by Article no. 35 of the European Convention of Human Rights (hereinafter “ECHR”). With particular reference to an administrative res judicata in violation of ECHR, the full enforcement of a ruling by the ECtHR is an issue characterized by absolute relevance, as also demonstrated by the recent rulings of the Italian Constitutional Court no. 123/2017 and no. 19/2018. Such constitutional question regards the execution of the decisum stated by the ECtHR in Mottola and others v. Italy, Staibano and others v. Italy and Guadagno v. Italy. The administrative judges raised the issue of constitutionality, by means of which they suggested to introduce the reopening of domestic judicial proceeding, which cases in administrative procedural law are strictly defined and do not include the violation of ECHR and of ECtHR’s case-law. The Constitutional Court ruled that the question concerning the constitutionality of Article no. 106 of Code of Administrative Procedure, raised with reference to Articles no. 117, § 1 of the Constitution and no. 46 of the ECHR, was unfounded. These decisions show that in the Italian legal system there is nowadays no legal remedy for the implementation of supranational law if there is a domestic res judicata, bringing out a gap in the enforcement. In particular, the question that we have to answer is as follows: Which value should prevail? On the one hand, there is the protection of human rights and the tendency to enhance substantial justice, even overcoming legal instruments as the res judicata, and on the other there is the principle of legal certainty, which hide the will to defend the national sovereignty. With particular reference to the administrative proceedings, such balancing is made even more complex by the need to ensure respect for the right of defense (Article no. 24 of the Italian Constitution) of third parties and for their legitimate expectations and reliance on legal certainty. In the ECtHR system, third parties do not have a right to participate in the judgment before ECtHR, despite the fact they have taken part in the domestic proceeding and, thus, they are influenced by the res judicata. The main purpose of the paper is to demonstrate that all arguments of the Constitutional Court can be overcome and to propose possible solutions, which allow the domestic legal system to carry out what has been stated by the ECtHR and to protect its effectiveness. This will avoid that the intangibility of the res judicata could result in a violation of the fundamental rights and values protected by the ECHR system.
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Pappalardo, Giovanni. "Tutela cautelare e principio di effettività." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1247.

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Abstract:
La tutela cautelare nel processo amministrativo ha attraversato 130 anni nei quali ha conosciuto una notevolissima evoluzione verso (e a favore della) l effettività della tutela giurisdizionale. Ma sono stati soprattutto gli ultimi 10 anni a segnare le tappe fondamentali di tale percorso: la tutela cautelare in passato consentiva solo di sospendere l atto illegittimo in vista del suo annullamento definitivo. A partire dal 2000, a seguito delle elaborazioni giurisprudenziali del Consiglio di Stato e gli impulsi provenienti dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di giustizia CE, la misura è stata resa atipica con la legge 21 luglio 2000, n. 205. Oggi, con il nuovo codice del processo amministrativo introdotto dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, è stata ulteriormente potenziata con l introduzione della tutela ante causam, così il giudizio cautelare è divenuto il vero protagonista del processo amministrativo. Le esigenze di celerità ed effettività della risposta giudiziaria non consentono l attesa della decisione di merito, per cui, oggi, il vero processo è quello cautelare. Qui le parti in giudizio devono essere in grado di esprimere in modo completo le loro ragioni e il giudice deve acquisire tutti i necessari mezzi istruttori, perché l ordinanza cautelare ha acquisito un peso formidabile in quanto a contenuto decisorio e l interesse a ricorrere si consuma sempre più spesso nella fase cautelare. Inoltre, con l introduzione del c.p.a. è stato notevolmente ampliato lo spettro delle azioni di cognizione ammissibili innanzi al giudice amministrativo, ma se si sia raggiunta l atipicità delle azioni è ancora presto per dirlo, certamente la giustizia amministrativa ha intrapreso un nuovo percorso evolutivo e oggi il giudice amministrativo è molto più attrezzato che in passato per affrontare le sfide della postmodernità (si pensi alle nuove frontiere del diritto del rischio) e la tutela cautelare è la più efficace tra queste attrezzature perché è servente all effettività dell azione del giudice. Tutto ciò però deve andare di pari passo con la qualità della giurisdizione che è tale se è capace di essere effettiva, ma effettiva con tutti , senza soppesare la (pregiudiziale) qualità intrinseca degli interessi contrapposti (competenza che non è del giudice, ma dell amministrazione) ed essendo capace di sviluppare la sua azione nell alveo dei principi che regolano il giusto processo, come previsto dall art. 111 della Costituzione, anche nella fase cautelare, soprattutto motivando adeguatamente il provvedimento cautelare. Effettività e qualità, insieme ad una forte, ma giusta , azione cautelare, possono determinare un effetto positivo anche nel modo di amministrare, posto che il giudice potrà conoscere profondamente lo sviluppo del procedimento, così la discrezionalità amministrativa, spesso paravento dell autorità per mantenere integro il proprio potere, si ridurrà notevolmente, a tutto vantaggio dei cittadini.
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MALDONATO, LUCIA. "QUESTIONI DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA PENALE A PARTIRE DAI REATI AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61786.

Full text
Abstract:
La tesi si propone l'obiettivo di investigare il ruolo che il diritto penale può avere nel fronteggiare i cosiddetti "problemi della modernità". In particolare, ci si interroga sulle reali capacità che lo strumento penalistico, attraverso i reati di pericolo astratto e delle fattispecie incentrate sul principio di precauzione, può avere nel garantire adeguata tutela ai sistemi ecologici. Il primo capitolo del lavoro è dedicato alla disamina critica delle posizioni dottrinali emerse in ordine alla definizione del pericolo quale elemento costitutivo della fattispecie, mentre il secondo si concentra sull'analisi del principio comunitario di precauzione, con l'obiettivo di segnalare i rischi dell'appiattimento della legislazione penale su tale principio. Nel corso dei successivi capitoli lo studio si concentra sulla complessa realtà della legislazione ambientale e vuole evidenziare, da un lato, come le fattispecie di pericolo astratto presunto mal si prestino a garantire opportuna salvaguardia al sistema complesso costituito dalle matrici ecologiche e, dall'altro, come la recente introduzione dei reati contro il bene ambiente all'interno del codice penale non abbia affatto rimediato ai diversi profili di ineffettività del sistema. In conclusione del lavoro, si propone un nuovo modello di gestione della questione ambientale, fondato su una più marcata valorizzazione dei profili di responsabilità della persona giuridica, unico soggetto realmente in grado di prevenire e contrastare i più gravi fatti di compromissione ambientale.
The thesis aims to investigate the role that criminal law can play in dealing with the so-called "problems of modernity". In particular, the paper investigates the real capabilities that the criminal instrument can have in guaranteeing adequate protection to ecological systems. The first chapter of the work is dedicated to the critical examination of the doctrinal positions in order to define danger as a constitutive element of the crime, while the second focuses on the analysis of the precautionary principle. In the following chapters, the study focuses on the complex reality of environmental legislation and aims to highlight, on one hand, how crimes of abstract danger cannot guarantee adequate protection to the complex system constituted by the ecological matrices and, on the other hand, how the recent introduction of crimes against the environment within the criminal code has not at all remedied the different profiles of ineffectiveness of the system. In conclusion, a new model of managing environmental issue is proposed, based on a more marked enhancement of the profiles of responsibility of the legal person, the only subject really able to prevent and counter the most serious facts of environmental compromise.
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MALDONATO, LUCIA. "QUESTIONI DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA PENALE A PARTIRE DAI REATI AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61786.

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Abstract:
La tesi si propone l'obiettivo di investigare il ruolo che il diritto penale può avere nel fronteggiare i cosiddetti "problemi della modernità". In particolare, ci si interroga sulle reali capacità che lo strumento penalistico, attraverso i reati di pericolo astratto e delle fattispecie incentrate sul principio di precauzione, può avere nel garantire adeguata tutela ai sistemi ecologici. Il primo capitolo del lavoro è dedicato alla disamina critica delle posizioni dottrinali emerse in ordine alla definizione del pericolo quale elemento costitutivo della fattispecie, mentre il secondo si concentra sull'analisi del principio comunitario di precauzione, con l'obiettivo di segnalare i rischi dell'appiattimento della legislazione penale su tale principio. Nel corso dei successivi capitoli lo studio si concentra sulla complessa realtà della legislazione ambientale e vuole evidenziare, da un lato, come le fattispecie di pericolo astratto presunto mal si prestino a garantire opportuna salvaguardia al sistema complesso costituito dalle matrici ecologiche e, dall'altro, come la recente introduzione dei reati contro il bene ambiente all'interno del codice penale non abbia affatto rimediato ai diversi profili di ineffettività del sistema. In conclusione del lavoro, si propone un nuovo modello di gestione della questione ambientale, fondato su una più marcata valorizzazione dei profili di responsabilità della persona giuridica, unico soggetto realmente in grado di prevenire e contrastare i più gravi fatti di compromissione ambientale.
The thesis aims to investigate the role that criminal law can play in dealing with the so-called "problems of modernity". In particular, the paper investigates the real capabilities that the criminal instrument can have in guaranteeing adequate protection to ecological systems. The first chapter of the work is dedicated to the critical examination of the doctrinal positions in order to define danger as a constitutive element of the crime, while the second focuses on the analysis of the precautionary principle. In the following chapters, the study focuses on the complex reality of environmental legislation and aims to highlight, on one hand, how crimes of abstract danger cannot guarantee adequate protection to the complex system constituted by the ecological matrices and, on the other hand, how the recent introduction of crimes against the environment within the criminal code has not at all remedied the different profiles of ineffectiveness of the system. In conclusion, a new model of managing environmental issue is proposed, based on a more marked enhancement of the profiles of responsibility of the legal person, the only subject really able to prevent and counter the most serious facts of environmental compromise.
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Bertarini, Beatrice <1983&gt. "Il principio di precauzione quale strumento di tutela della salute umana: limite o incentivo al commercio dei farmaci?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7110/1/BERTARINI_BEATRICE_TESI.pdf.

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Abstract:
La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.
The study focuses its attention on the analysis of the precautionary principle and its application in the phases that characterize the production chain of the medicine. The precautionary principle is applied when the risk related to an event is not a risk determined, but it is a potential risk because scientific data do not demonstrate a clear connection between the incident and damage The need to minimize the risk associated with the recruitment of a medicinal requires a defense of Public Authority that is implemented through the manufacturing authorization, the marketing authorization, authorization for distribution and marketing.
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Bertarini, Beatrice <1983&gt. "Il principio di precauzione quale strumento di tutela della salute umana: limite o incentivo al commercio dei farmaci?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7110/.

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Abstract:
La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.
The study focuses its attention on the analysis of the precautionary principle and its application in the phases that characterize the production chain of the medicine. The precautionary principle is applied when the risk related to an event is not a risk determined, but it is a potential risk because scientific data do not demonstrate a clear connection between the incident and damage The need to minimize the risk associated with the recruitment of a medicinal requires a defense of Public Authority that is implemented through the manufacturing authorization, the marketing authorization, authorization for distribution and marketing.
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FORTE, FEDERICA. "Tutela giurisdizionale delle imprese nel mercato degli appalti pubblici tra giurisdizione soggettiva ed oggettiva. Il modello processuale ed i profili critici." Doctoral thesis, Università degli Studi di Foggia, 2019. http://hdl.handle.net/11369/382776.

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Abstract:
Il lavoro di tesi ha ad oggetto l’analisi della disciplina del rito speciale in materia di appalti pubblici e si pone lo scopo di individuare il modello processuale in cui inquadrare il rito de quo, oggi disciplinato agli artt. 120 e ss. c.p.a. La rilevanza degli interessi pubblici e privati tutelati, la stretta correlazione tra la tutela giurisdizionale e le dinamiche di mercato, nonché la funzione di “laboratorio processuale”, ove vengono sperimentate importanti innovazioni successivamente estese agli altri rami del processo amministrativo, sono indici dell’influenza esercitata dal rito appalti sull’evoluzione della nostra giustizia amministrativa. Se a ciò si aggiunge che la trasposizione della vecchia disciplina del processo appalti dal Codice dei contratti pubblici al C.p.a. è stata dettata dallo scopo di ridurre i tratti di “eccentricità” che caratterizzavano la normativa ex d.lgs. n. 53 del 2010 per creare un unico modello di tutela dinanzi al giudice amministrativo emerge il pregio dell’obiettivo che la presente ricerca si propone di perseguire, vale a dire saggiare la compatibilità del rito appalti con il modello di processo amministrativo di natura soggettiva accolto dal C.p.a. La metodologia d’indagine prescelta, ossia la lettura in chiave critico-evolutiva non solo del dato normativo, ma anche degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, con particolare riferimento alla giurisprudenza amministrativa, costituzionale e della Corte di Giustizia, unitamente alla ricerca, per ogni disposizione esaminata, delle ragioni che ne hanno determinato l’adozione, consente di ricondurre a sistema i numerosi interventi legislativi che si sono avvicendati nel corso degli anni, rendendo maggiormente intellegibile la ratio delle modifiche legislative del 2016, riscoprendo la primazia di interessi e la riemersione di problematiche che sembravano essere state consegnate al passato. Ebbene, per indagare sulle ragioni della “specialità” e carpire le caratteristiche peculiari del modello processuale in cui inquadrare il rito appalti, l’analisi prende le mosse dalle origini del contezioso de quo, interrogandosi sulle ragioni che hanno determinato l’adozione delle direttive ricorsi di prima e seconda generazione, che fungono da paradigma in ordine al livello minimo di tutela da garantire agli operatori economici dei vari Stati membri dell’UE. L’ampliamento dell’angolo visuale alle origini del contenzioso è essenziale, in quanto consente di comprendere la ratio delle “contaminazioni” di natura oggettiva imposte dal diritto comunitario attraverso l’ingresso negli ordinamenti nazionali di nuovi valori destinati alla realizzazione dei principi del mercato comune europeo. Tali valori incidono inevitabilmente sugli istituti classici della giustizia amministrativa influenzando, in primo luogo, il tipo di sindacato condotto dal g.a., chiamato ad operare un difficile bilanciamento tra gli eterogenei interessi che si agitano nel concreto della fattispecie. Ebbene, la ricerca parte dall’analisi delle direttive ricorsi e prosegue lungo un ipotetico tragitto che conduce sino ai giorni nostri. Attraverso l’esame delle prime disposizioni acceleratorie si individuano le principali peculiarità su cui si basa il rito appalti e si comprende il percorso evolutivo che ha interessato il processo de quo, che, partendo da interventi legislativi sporadici volti a favorire lo “sblocco” delle attività economiche si è, nel corso degli anni, trasformato in un rito abbreviato con regole autonome rispetto al rito ordinario. Successivamente si analizza il d.lgs. n. 53 del 2010 (con cui è stata recepita in Italia la direttiva 2007/66/CE) che decreta la nascita di un “microsistema processuale accelerato con regole autonome” e il definitivo allontanamento del rito appalti dal modello processuale previsto all’art. 23-bis della L. Tar. Nella terza parte della ricerca si esaminano gli artt. 120 e ss. c.p.a. e si cerca di verificare la compatibilità del rito appalti con l’effetto utile delle direttive ricorsi, vale a dire la garanzia dell’effettività della tutela giurisdizionale e dell’effettività della normativa comunitaria, concentrandosi sui punti su cui si è maggiormente incentrato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale riguardo alla riconducibilità del processo appalti ai canoni del modello processuale di natura soggettiva: la latitudine dei poteri esercitabili dal g.a. ex art. 121 e 122 c.p.a. e la natura della giurisdizione. Per verificare la compatibilità del rito appalti con il modello processuale di natura soggettiva, ovvero se esso sia ascrivibile alla nuova categoria dei modelli processuali differenziati di matrice oggettiva, l’indagine è condotta mediante uno studio “multilivello”, ossia non solo si compie una comparazione tra rito appalti e modello processuale ordinario, ma si vaglia la compatibilità di ogni disposizione legislativa esaminata con i canoni del giusto processo amministrativo, sulla base di almeno altri tre livelli: costituzionale, comunitario (le direttive ricorsi) ed internazionale (CEDU). Tale metodologia d’indagine, arricchita dall’analisi degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia, consente di giungere alla conclusione che il processo de quo corrisponde ad un modello processuale ibrido, prevalentemente di natura soggettiva, ma con “aperture parziali” di diritto oggettivo, compatibile sia con il dettato costituzionale, che con la ratio delle direttive ricorsi, dal momento che sembra essere raggiunto un giusto punto di equilibrio tra la tutela oggettiva della concorrenza e l’effettività della tutela giurisdizionale. Diversamente, il rito “super-speciale” e le modifiche apportate al processo appalti ex d.lgs. n. 50 del 2016, si pensi soprattutto alla tutela cautelare, oggetto di approfondita analisi nella quarta parte della ricerca, estremizzano le aperture oggettivistiche già presenti nella disciplina del rito appalti e decretano la sua riconducibilità nell’alveo dei “modelli processuali differenziati” di matrice oggettiva. Lo studio offre l’occasione per riflettere sulla compatibilità delle innovazioni esaminate con le tradizionali categorie giuridiche (legittimazione ad agire, interesse a ricorrere) e sui pericolosi effetti sulla dogmatica generale delle situazioni giuridiche soggettive. Coloro che ritengono che le innovazioni apportate comportino una trasfigurazione delle tradizionali categorie giuridiche, con conseguente sconfinamento in una giurisdizione di tipo oggettivo che limita fortemente la tutela giurisdizionale, pongono dubbi di legittimità costituzionale e compatibilità comunitaria dell’art. 120, co. 2-bis, 6-bis, c.p.a. Al termine della ricerca si giunge alla conclusione che i suddetti dubbi non derivano tanto dal catalogare le innovazioni legislative del 2016 e il rito super-speciale in un modello processuale di matrice oggettiva (non vietato totalmente dalla Costituzione), quanto dall’eccessiva limitazione della tutela giurisdizionale, che avviene a prescindere dall’indirizzo ermeneutico a cui si ritiene di aderire (che, a seconda dei casi, inscrive il rito de quo nel modello processuale di natura soggettiva od oggettiva). Pertanto, si individua la vera responsabile della limitazione della tutela giurisdizionale nella celere prosecuzione dell’azione amministrativa senza “turbamenti giurisdizionali”. La limitazione avviene deflazionando il contenzioso attraverso la riduzione dei ricorsi giurisdizionali, in contrasto con l’esercizio del diritto di azione e di difesa. Travisando e strumentalizzando il considerando 122 della direttiva 2014/24/UE torna prevalente l’interesse di natura patrimoniale della stazione appaltante “alla sollecita esecuzione dell’opera” nel suo solo ed esclusivo interesse e non nell’interesse dei partecipanti alla gara, in aperta antitesi con la ratio delle direttive ricorsi. Difatti, nel bilanciamento degli interessi operato dal legislatore italiano sembra che l’interesse pubblico al rilancio dell’economia e il principio di ragionevole durata del processo, quale proiezione dell’esigenza di celerità, siano irragionevolmente prevalsi sulla garanzia di accesso alla giustizia e sul principio di effettività della tutela giurisdizionale.
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Fornaciari, B. "LA DIRETTIVA 2012/13/UE SUL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE.LA CONOSCENZA NEL PROCESSO PENALE FRA UNIONE EUROPEA E ORDINAMENTO INTERNO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/369477.

Full text
Abstract:
La presente ricerca si propone di analizzare la Direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali ed il suo impatto sul sistema processuale italiano. L'analisi prende le mosse da un primo capitolo dedicato al sistema multilivello delle fonti: sul panorama nazionale e sovranazionale, infatti, la direttiva è solo l'ultima norma, in ordine di tempo, a disciplinare il diritto fondamentale alla conoscenza dell'indagato e dell'imputato. Necessario quindi apprestare una panoramica delle fonti che garantiscono la protezione multilevel dei diritti, e descrivere le loro reciproche interazioni. Imprescindibile, poi, un approfondimento sulla tutela dei diritti nello Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia dell'UE, con un'attenzione particolare all'era post-Lisbona ed al valore aggiunto che le direttive ex art. 82 co. 2 TFUE possono portare sul sistema multilevel. Il secondo ed il terzo capitolo sono dedicati all'analisi normativa della fonte europea. La trattazione si muove lungo le tre visuali prospettiche che la norma europea attribuisce al diritto all'informazione: diritto alla conoscenza dei propri diritti; diritto alla conoscenza dell'accusa; diritto alla conoscenza degli atti di indagine. Le disposizioni europee vengono continuamente integrate con la giurisprudenza della Corte EDU, che inietta di significato le norme della direttiva e fornisce gli standards di tutela laddove non specificati. Vengono messe in rilievo le disposizioni più innovative, che consentono alla direttiva di non essere solo “codificazione” del case law di Strasburgo, ma fonte autonoma e progredita di diritti. Il capitolo finale è infine focalizzato sull'impatto che la direttiva ha prodotto sul sistema processuale interno. La trattazione è suddivisa tra l'analisi delle modifiche apportate dalla normativa di attuazione italiana, d. lgs. 101/2014, e la disamina delle sue lacune: il legislatore ha dato luogo ad un intervento minimalista, omettendo di dare esecuzione proprio alle disposizioni europee più innovative che avrebbero permesso al nostro sistema di essere in linea con i dettami sovranazionali. Particolare attenzione è data al tema delle modifiche all'imputazione e al principio Iura novit curia, sulla scorta dei punti saldi elaborati dalla Corte EDU nel noto caso Drassich. In conclusione, vengono proposti gli scenari futuri che potrebbero conseguire all'efficacia diretta della direttiva e alla penetrazione, per il suo tramite, delle norme CEDU nell'ordinamento giuridico nazionale.
The present research examines the European Directive on the right to information in criminal proceedings (Directive 2012/13/EU, hereinafter ‘the Directive’), assessing the impact that it is likely to have on the Italian legal system. Before analyzing the legislation, the thesis provides an historical overview of the status of human rights safeguards in the EU and a description of its multi-layered system of protection. Starting from the early ECJ case law setting out a ‘human rights theory’, the research moves on to consider the Charter of Nice and the development of a European Area of Criminal Justice, until the Stockholm Program and the entry into force of the Lisbon Treaty. In addition, it addresses the question as to whether and to what extent the directives ‘of new generation’ based on art. 82 par. 2 TFEU bring an added value to the aforementioned human rights protection system. Chapters 2 and 3 of the research focus on the analysis of the legislation and on the three meanings that the Directive attaches to the right to information in criminal proceedings, namely, the right to information about rights, the right to information about accusation, and the right to information about case file. The effort is shedding some light on the most innovative prescriptions, while at the same time highlighting how much the EU legislation owes to the ECtHR case law, which is used as a yardstick for the evaluation and interpretation of the Directive. Finally, Chapter 4 addresses the Italian implementing legislation (d. lgs. 101/2014) and the impact of the Directive on our legal system. It finds that the NIM is highly unsatisfactory, as the Italian legislator has failed to comply with the most innovative EU standards. In this regard, the research illustrates the impact of EU prescriptions on the jurisdiction of national judges, in particular, the impact of the ‘new’ right to information about accusation. It concludes that Italian judges can (in)directly apply ECtHR case law standards due the direct effect of the Directive (which can be regarded as an ‘ECtHR case-law codification’).
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PISI, MATTEO. "L'armonizzazione delle regole processuali nazionali nello spazio giudiziario civile europeo." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1079466.

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Abstract:
Oggetto della presente ricerca è stato quello di esaminare e valutare l'incidenza del diritto dell'Unione sugli ordinamenti processuali degli Stati membri. In particolare, si è tentato di determinare se - ed eventualmente tramite quali modalità - i principi d'effettività, d'equivalenza e di tutela giurisdizionale effettiva, combinati con i vari provvedimenti sparsi di diritto UE in materia processuale, possano produrre, direttamente o indirettamente, un ravvicinamento e/o un'armonizzazione delle regole processuali nazionali. L'elaborato esamina, inoltre, quel complesso rapporto che sussiste fra l'effettività del diritto dell'Unione ed il principio di tutela giurisdizionale effettiva - quest'ultimo adesso espressamente sancito dalla Carta e dai Trattati, unitamente con la Convenzione - sia valutando le possibilità che questi due concetti, ed i valori che essi proteggono, possano eventualmente entrare in conflitto, sia immaginando possibili soluzioni normative al fine di evitare e/o risolvere un siffatto conflitto. ---- My thesis investigates the influence of EU law over the procedural law of member States. It tries, in particular, to determine whether the principles of effectiveness and equivalence, together with other EU legislation regarding procedural matters, determine, directly or indirectly, a growing harmonization of the various national legislations in this specific field. The research also aims to examine the complex relationship between the principle of effectiveness and the right to an effective judicial protection, now enshrined in both the Charter and the Convention, and whether these two concepts, and the values they protect, may eventually enter in conflict.
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MANCA, Sergio Salvatore. "Giurisdizione amministrativa e giustizia sportiva. Effettività della tutela e giusto processo." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1263528.

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Abstract:
Il tema della giustizia in ambito sportivo solo apparentemente attiene e si colloca in una posizione minore o, comunque, “di nicchia” nell’ampio spettro degli studi aventi ad oggetto i sistemi giurisdizionali e quelli giustiziali. Difatti, la tematica in questione implica, innanzitutto, ai fini del suo inquadramento un’analisi dei rapporti tra ordinamenti (sportivo settoriale e statuale generale) e, pertanto, una riflessione – anche - sulle relazioni tra i rispettivi sistemi destinati ad occuparsi del contenzioso e, quindi, tra giustizia sportiva e giurisdizione dello Stato. Inoltre, il sistema di giustizia sportiva per così come congegnato all’interno dell’ordinamento sportivo italiano si caratterizza per la previsione – e operatività – nell’ambito di esso di taluni istituti che paiono, se non già determinano, una deminutio di tutela, rispetto a quella assicurata alle altre situazioni giuridiche soggettive rilevanti nell’ordinamento generale statuale (al cui interno quello sportivo, comunque, si colloca quale settoriale), per le posizioni giuridiche di coloro che (soggetti dell’ordinamento sportivo ma, al contempo, alla luce di quanto appena esposto, anche di quello generale nazionale) vengono ad essere incisi, nella propria sfera giuridica, da provvedimenti adottati nei loro confronti dagli organi giustiziali sportivi. Ciò che accade, soprattutto, in ordine ai provvedimenti eventualmente adottati dagli organi di giustizia sportiva in materia disciplinare rispetto ai quali, anche qualora – come sovente accade – i relativi effetti risultano tali da assumere rilevanza al di fuori dell’ambito sportivo, al soggetto che ne è destinatario è preclusa la tutela annullatoria nell’ambito dell’ordinamento statuale (sebbene pure all’interno di questo tali effetti – negativi per la sfera giuridica di coloro i quali dalla sanzione disciplinare vengono ad essere colpiti – si riverberano). Basti pensare in proposito, a titolo esemplificativo, alla sanzione disciplinare con cui viene comminata la radiazione dall’ordinamento sportivo di un determinato soggetto di questo : il che, come osservava già nel 1949, nelle sue “Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi” M.S. GIANNINI “per un’associazione (oppure - n.d.r. – altra persona giuridica) sportiva significa la fine; e per un atleta professionista equivale a una condanna a cambiar professione”. Altresì occorre tenere, al fine di evidenziarne la rilevanza, seppur sotto questo aspetto su un piano più descrittivo e tuttavia non meno importante in quanto capace di rilevarne l’importanza sociale, che il tema della giustizia in ambito sportivo riveste sempre maggiore attualità e rilevanza anche per l’importanza degli interessi che ruotano intorno agli sport più diffusi e, segnatamente, al calcio che costituisce, come risulta anche da dati recentemente diffusi, uno dei maggiori fattori generatori di P.I.L. nell’ambito dello Stato italiano, oltre che un fenomeno tale da determinare ingenti movimenti di flussi finanziari anche a livello internazionale. Tale rilevanza sul piano economico trova il suo substrato sotto il profilo culturale nella notevole attenzione che, non solo nel nostro paese ma altresì in ambito internazionale, la collettività attribuisce al fenomeno sportivo, dimostrandone, pertanto, anche sul piano sociale il suo sicuro rilievo. In ogni caso, la giustizia in ambito sportivo costituisce, in primo luogo per quanto interessa in questa sede, un tema di sicura rilevanza scientifica. L’interesse sul piano scientifico del tema di cui trattasi deriva, innanzitutto, dalla “trasversalità” della giustizia sportiva, la cui materia, invero, seppur impinge necessariamente e in primo luogo alla competenza degli organi giustiziali previsti dall’ordinamento sportivo, può costituire oggetto di trattazione anche da parte della giurisdizione statuale, ivi compresa la giustizia amministrativa, nei casi di rilevanza per l’ordinamento statuale delle situazioni giuridiche soggettive e fattispecie che, di volta in volta, vengono a presentarsi. Invero, come già implicitamente esposto, la giustizia in ambito sportivo implica, innanzitutto, un rapporto – e confine – tra giurisdizioni. L’interesse all’analisi scientifica deriva, in particolare, dal fatto che i soggetti dell’ordinamento sportivo sono, al contempo, soggetti anche di quello statuale (nell’ambito del quale il primo si colloca quale settoriale e, per questo, infrastatuale); per cui, soprattutto e in primo luogo nelle ipotesi in cui le relative situazioni soggettive sono destinate ad assumere rilevanza anche nell’ordinamento generale (oltre che in quello sportivo) ad esse deve essere assicurata una tutela pari a quella garantita alle altre situazioni giuridiche in questo rilevanti e, comunque, un’effettiva protezione di esse. Invero, il principio dell’effettività della tutela costituisce un traguardo cui ogni sistema giurisdizionale (o, comunque, giustiziale) deve - o dovrebbe comunque - ambire anche in applicazione del principio del giusto processo, oramai recepito a livello sovranazionale, comunitario e nazionale, peraltro, nell’ordinamento statuale italiano, con normativa di rango costituzionale. Sotto questo profilo, i codici di giustizia sportiva (del CONI e delle singole Federazioni nazionali), seppure si sono ispirati a tale principio e hanno determinato sicuramente “un passo in avanti” nella direzione dell’effettività della tutela, non hanno eliminato alcune aporie e discrasie in proposito ancora riscontrabili nel sistema della giustizia sportiva vigente in Italia. Tali distonie, in conseguenza dell’attuale stato e regolamentazione dei rapporti tra ordinamento sportivo e statuale (e, di conseguenza, giustizia sportiva e giurisdizione dello Stato), si ripercuotono sul grado di effettività della tutela all’interno dell’ordinamento giuridico generale delle situazioni giuridiche soggettive che, seppur aventi origine in ambito sportivo, assumono rilevanza anche nell’ordinamento giuridico statuale. La tesi di dottorato ha cercato di evidenziare, in primo luogo, i termini delle questioni che, in proposito, assumono rilevanza. Il presente lavoro, poi, al fine di individuare possibili margini di soluzione di esse, si è soffermato anche sulle più importanti decisioni degli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo nazionale e dell’ordinamento statuale italiano (ivi comprese quelle della giustizia amministrativa e costituzionale in proposito intervenute) e, seppur per grandi linee, sui sistemi che gli ordinamenti di altri Stati hanno adottato per regolamentare il fenomeno giustiziale in ambito sportivo. Il fatto, poi, che differenti sono i termini in cui l’esercizio della funzione giustiziale (nell’ordinamento sportivo) e giurisdizionale (in quello statuale) avviene da parte degli organi a ciò deputati (perché, almeno in in parte, diversi sono gli istituti o comunque la regolamentazione di essi cui si procede nei due sistemi) ha implicato la venuta in rilievo di un ulteriore campo di ricerca e “terreno da arare”. In particolare, nella ricerca, si è proceduto, innanzitutto, in un primo capitolo ad una ricognizione del quadro – normativo – pregresso e attuale del sistema di giustizia sportiva italiana e descritti i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizioni dello Stato, ponendo particolare attenzione, con riferimento a questi ultimi, a taluni istituti che, per come previsti, svolgono, funzioni di raccordo tra i due sistemi di giustizia (è il caso della c.d. pregiudiziale sportiva) oppure di preclusione all’accesso alla giurisdizione dello Stato (come nel caso del c.d. vincolo di giustizia). Le relazioni e i confini tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa hanno, poi, costituito l’oggetto di un esame condotto, funditus, in un apposito e specifico secondo capitolo. Dopo aver compiuto, nel terzo capitolo, un’analisi avente ad oggetto l’applicazione del sistema di giustizia sportiva agli sport di squadra e, segnatamente, al calcio, nel quarto (capitolo), l’attenzione è stata rivolta alle criticità che, in particolare sotto il profilo della effettività della tutela, il sistema di giustizia sportiva italiano ancora, pur dopo le riforme operate nel 2014, presenta anche nei suoi rapporti con gli organi giurisdizionali dello Stato e che, pertanto, incidono anche sul grado di tutela – e sull’effettività di questa – nell’ambito dell’ordinamento giuridico generale delle situazioni giuridiche del soggetto dell’ordinamento sportivo in quanto e quale cittadino. Tra gli aspetti “critici” in chiave di effettività della tutela in ordine ai quali nel quarto capitolo della tesi di dottorato si è soffermata l’attività di ricerca meritano – si ritiene – menzione quelli aventi ad oggetto : - il problema della terzietà degli organi della giustizia sportiva endofederale; - i riflessi che in proposito – e, soprattutto, nei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa – comporta la previsione e presenza nei vari ordinamenti federali del c.d. vincolo di giustizia sportiva teso ad impedire nelle materie in cui opera l’accesso alla giurisdizione statuale e, inoltre, quella, in altre materie, della c.d. “pregiudiziale sportiva” che precede e condiziona l’accesso alla giustizia amministrativa in materia sportiva e implica il venire in rilievo della giurisdizione del giudice amministrativo solo quale “successiva” e “condizionata” rispetto alle decisioni degli organi della giustizia sportiva; - l’operare nell’ambito dell’ordinamento sportivo, in ordine alle modalità di imputazione della responsabilità disciplinare per illecito sportivo di forme, quali quella della responsabilità oggettiva e della responsabilità presunta della società, peculiari (oltre che - per quanto concerne la responsabilità oggettiva – recessive, se non desuete, in altri ordinamenti) e la cui previsione comporta anch’essa dei riflessi in tema di effettività e pienezza della tutela. Nel quinto capitolo in ordine alle suddette “criticità” e, in particolare, con riferimento ai rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statuale, si è proceduto a un’analisi, in chiave comparatistica, del “come” tali rapporti e talune di siffatte tematiche sono state affrontate negli ordinamenti di alcuni altri Stati nei quali lo sport del calcio è particolarmente diffuso. La comparazione, in particolare, ha avuto come termini – e Stati – di riferimento la Spagna, l’Inghilterra, la Francia, la Germania e, al di fuori dell’Europa, il Brasile. Infine, nel sesto e ultimo capitolo sono state rassegnate le conclusioni della ricerca svolta, formulando “embrioni di soluzioni” – alle criticità individuate nel corso della stessa attività di ricerca - in un’ottica finalisticamente orientata alla più ampia effettività di tutela per le situazioni giuridiche soggettive incise o comunque coinvolte nell’ambito delle controversie sorte in ambito sportivo.
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BELLESINI, CARLO. "La tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico davanti al giudice ordinario (criteri di riparto ed effettività della tutela, anche in prospettiva comparatistica)." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/911526.

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Abstract:
La presente tesi si pone l’arduo compito di analizzare criticamente il sistema di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico, con particolare riferimento ai casi in cui la protezione delle situazioni giuridiche soggettive lese dai pubblici poteri sia rimessa al giudice ordinario. Vista la vastità dell’argomento e la notevole quantità di contributi dottrinari a riguardo, si è voluto affrontare il tema da un’angolatura molto specifica. In particolare, oggetto della presente disamina è innanzitutto la valutazione del criterio di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico alla luce del principio della certezza del diritto. Successivamente, l’analisi si concentra sul grado di effettività della tutela giurisdizionale offerta dai giudici ordinari alle situazioni giuridiche soggettive qualora abbiano subito una lesione a fronte di episodi di esercizio del pubblico potere. In altre parole, la correttezza dell’ordinamento giuridico italiano, che ammette la giurisdizione ordinaria, oltre quella amministrativa, sulle controversie di diritto pubblico, è valutata attraverso il prisma del principio di certezza del diritto, dell'effettività e della pienezza delle tutele, secondo i dettami costituzionali e sovranazionali (Costituzione, CEDU e diritto UE) . Si è altresì voluta arricchire la ricerca attraverso uno studio comparatistico di altre esperienza europee (Francia e Germania), cercando convergenze tra queste ultime ed il sistema italiano. Deve essere infatti chiaro come alla luce degli ordinamenti sovranazionali (Cedu e UE), gli ordinamenti giuridici europei siano tenuti a configurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva per le situazioni giuridiche soggettive pregiudicate dal pubblico potere. Allo stesso modo, gli stessi ordinamenti devono assicurare l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo chiamato a svolgere tale funzione sia da influenze di poteri privati, sia dagli altri poteri sovrani dello Stato (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 6 e 13 della CEDU). In altre parole, si vuole ricercare una tendenza comune a livello europeo nella costruzione di una giurisdizione indipendente, che persegua unitariamente l’obiettivo di fornire una protezione piena alle situazioni giuridiche soggettive, sia nei rapporti interprivati che nei rapporti con la pubblica Autorità. Nell’evidenziare tale percorso convergente, ci si muove dalla nota distinzione dei modelli di Giustizia amministrativa . A riguardo, la tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, pur nella specificità delle varie esperienze nazionali di Giustizia amministrativa, ha seguito due modelli: quello monistico e quello dualistico. Nel primo (appannaggio dell’esperienza anglosassone), le liti aventi ad oggetto il corretto esercizio del pubblico potere sono rimesse alla stessa Autorità giurisdizionale che decide sulle controversie di diritto comune; nel secondo (presente in Francia, Germania ed Italia), le controversie di diritto pubblico sono devolute ad un giudice speciale, il giudice amministrativo, diverso dal giudice ordinario. Nei sistemi dualistici si registra una tendenziale “collateralità” tra il giudice amministrativo e l’Amministrazione; una vicinanza giustificata da una maggiore attenzione alle ragioni sottese alle scelte discrezionali dell’Amministrazione. Secondo un noto orientamento, la nascita della Giustizia amministrativa non trova la sua unica affermazione nello Stato di diritto e nella necessità di garantire tutela ai diritti dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri. Secondo un’affermazione che lo stesso Autore definiva “sbrigativa e brutale”, il giudice speciale amministrativo ha una sua “ragione politica”, di natura “autoritativa”, ossia quella di perfezionare la struttura del cosiddetto “stato amministrativo”, per esso intendendosi l’ordinamento statuale nel quale l’attività dei pubblici poteri sia soggetta ad un regime proprio, speciale rispetto a quello di diritto comune: chi esercita il pubblico potere è capace di incidere unilateralmente nella sfera giuridica di altri soggetti, attraverso provvedimenti “autoritativi” , per legge volti alla cura del pubblico interesse. Nel sistema monistico, invece, si ha una più intensa autonomia ed indipendenza, sia strutturale che organizzativa, del giudice rispetto all'amministrazione. Negli ordinamenti monistici anglosassoni, non esistono giudici speciali amministrativi perché per la rule of law, l’Amministrazione, seppur nell'esercizio delle sue funzioni pubblicistiche, agisce attraverso poteri non derogatori delle regole di diritto comune (salvo alcune eccezioni, dove si manifestano istituti propri dello Stato amministrativo e, conseguentemente, vengono istituiti i primi giudici speciali per dirimere le relative controversie). Nella disamina dei sistemi monistico e dualistico, si è altresì parlato di un “trade off” (ossia di un rapporto di proporzionalità inversa) tra indipendenza strutturale del giudice ed effettività della tutela . Si è dimostrato come nei sistemi monistici vi sia un tendenziale maggiore grado di deference dei giudici nel valutare l’azione discrezionale dei pubblici poteri e, conseguentemente, le valutazioni si arrestano ad una verifica formale della validità dell’atto amministrativo in relazione al modello legale. D’altro canto, nei sistemi dualistici, il giudice amministrativo esercita un sindacato più penetrante e approfondito sull'esercizio del potere amministrativo, godendo di una vicinanza maggiore alle dinamiche sottese all'esercizio dei pubblici poteri e potendo verificare la correttezza delle scelte pubbliche in relazione agli interessi perseguiti (si pensi ai casi di invalidità del provvedimento per eccesso di potere) . E si è osservato come i vari modelli nazionali dualistici (tra cui quello italiana) stiano convergendo verso il superamento di tale trade off, alla luce dei dettami sovranazionali che impongono allo stesso tempo un giudice indipendente e dotato di strumenti di tutela pieni ed effettivi, nel dare protezione alle situazioni giuridiche soggettive nei confronti dei pubblici poteri. Si vuole quindi analizzare la tendenza del processo amministrativo a perdere i vecchi tratti di “specialità”, configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente (di interesse legittimo o di diritto soggettivo), come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall'amministrazione col suo operato: e si parla allora di giudice amministrativo “specializzato” . Il modello italiano di tutela giurisdizionale sulle controversie di diritto pubblico rappresenta un caso “peculiare” ed “anomalo” rispetto alle esperienze europee, che fondano il riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa sulla natura pubblica o privata della controversia . Per alcuni, anzi, l’ordinamento giuridico italiano sarebbe “l’unico sistema che meriti il nome” di dualistico, poiché la tutela giurisdizionale sulle liti aventi ad oggetto atti manifestazione di esercizio del potere pubblico è equamente suddivisa tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla base della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio; per espressa previsione costituzionale (artt. 24 e 113, comma 1, Cost.), la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi è devoluta alla giurisdizione ordinaria, mentre quella dell’interesse legittimo alla giurisdizione amministrativa, salvo nelle particolari materie di giurisdizione esclusiva, dove può conoscere anche di diritti soggettivi (art. 103, I co. Cost.) . Riassumendo, da tale anomalia del sistema dualistico italiano discende la ragione della presente disamina. Ci si chiede se ed in quali limiti il giudice ordinario possa conoscere delle liti concernenti l’esercizio del pubblico potere. Si pongono quesiti sulla ragionevolezza di tale criterio di riparto alla luce del principio della certezza del diritto. Ci si interroga sul grado di effettività della tutela giurisdizionale da questo offerto. Si tenta di evidenziare anomalie e disfunzioni e di proporre eventuali correttivi, anche alla luce degli altri principali modelli dualistici europei (Francia e Germania). Sul punto, si cercano convergenze che possano dimostrare una tendenza verso l’affermazione dell’unità della funzione giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, volta alla cura delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere e tale da giustificare l’affermazione di un giudice amministrativo specializzato. De jure condendo, si evidenziano le ragioni di un’eventuale proposta di modifica legislativa, anche costituzionale. A tali fini, il primo capitolo ripercorre brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Italia, dal contenzioso amministrativo, alla sua abolizione nel 1865, sino alla nascita nel 1889 della giurisdizione amministrativa e del consequenziale problema del riparto di giurisdizione con quella ordinaria nelle controversie di diritto pubblico (che ancora caratterizza i nostri giorni). Come è stato osservato, l’avvento della giurisdizione amministrativa e la sua consacrazione a livello costituzionale non hanno fatto venir meno la matrice monista sulla cui base è sorto il dualismo tra giurisdizione ordinaria e amministrativa ; in altre parole, resta la possibilità per il giudice civile di conoscere delle controversie di diritto pubblico qualora abbiano ad oggetto diritti e non interessi legittimi, alla luce della Costituzione e della legge abolitiva del contenzioso ad oggi vigenti. Di qui, il secondo capitolo cerca di analizzare in maniera tendenzialmente esaustiva (vista la vastità dell’argomento) le singole controversie di diritto pubblico devolute al giudice ordinario sulla base dell’assunto (non sempre pacifico) che si faccia questione della tutela di un diritto soggettivo dinanzi ad un episodio di esercizio del potere. Si vuole così esaminare il criterio di riparto alla luce del principio di certezza del diritto. L’analisi si rivolge innanzitutto ai casi in cui sia la legge a devolvere espressamente al G.O. la cognizione di controversie di diritto pubblico. E tali casi non creano particolari questioni, poiché l'espressa previsione normativa consente all'operatore di orientarsi in maniera sufficientemente chiara nella scelta della giurisdizione (salvo le criticità registrate nel contenzioso sulle sanzioni amministrative, in materia elettorale e sulla tutela della straniero). Viceversa, assai problematica appare la disamina delle ipotesi di giurisdizione ordinaria sulle controversie di diritto pubblico, al di là dei casi eccezionali di legge ed all'interno (spesso) di materie di giurisdizione esclusiva. Si assiste ad una dequotazione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva da parte della Cassazione. Come si avrà modo di vedere, la Cassazione, svolgendo il suo ruolo di giudice ultimo della giurisdizione, ha più volte affermato la giurisdizione ordinaria sul presupposto teorico che in determinati casi il diritto non degradi ad interesse legittimo, seppur a fronte di atti esercizio di poteri pubblicistici . Come noto, il provvedimento amministrativo ha natura imperativa ed è frutto di un potere idoneo ad incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei suoi destinatari, estinguendole, modificandole o costituendone di nuove. La degradazione è dunque uno degli effetti in cui si articolerebbe l’imperatività. Conseguentemente, si considerò la carenza di potere come limite all'imperatività ed alla giurisdizione amministrativa . Tuttavia, la Cassazione ha dapprima ancorato la giurisdizione amministrativa sull'esistenza o meno del potere per poi deviare verso un criterio di riparto fondato sugli effetti degradatori del provvedimento. In altre parole, si è dichiarato competente il giudice ordinario su controversie di diritto pubblico sulla base del presupposto che nella fattispecie il provvedimento non abbia affievolito il diritto trasformandolo in interesse legittimo . L’errore concettuale del pensiero della Cassazione riposa nella circostanza che per decidere se la controversia di diritto pubblico sia ascrivibile alla giurisdizione ordinaria o amministrativa non si debba guardare alla presenza o meno del potere ma agli effetti che questo ha avuto sulla situazione giuridica in lite. Si analizzeranno alcune (anche recentissime) pronunce della Suprema Corte, in base alle quali sono state affidate alla giurisdizione ordinaria categorie di controversie di diritto pubblico ritenendo che a fronte di poteri pubblicistici la lite verta comunque sulla lesione di diritti soggettivi, in quanto non degradati o degradabili; citando sinteticamente i casi più importanti, i giudizi aventi ad oggetto gli atti nulli per difetto assoluto attribuzione (art. 21-septies l. n. 241/90), i provvedimenti vincolati rispetto ai quali non sussista alcun margine di discrezionalità in capo alla P.A. , la lesione di diritti fondamentali, i comportamenti dell’Amministrazione. Si affronteranno i casi più problematici in materia di espropri, di revoca dei contributi pubblici e di danno da provvedimento favorevole legittimamente annullato o revocato nella materia dei contratti di appalto pubblici. La tesi della degradazione, così come interpretata dalla giurisprudenza, presenta due profili applicativi: da un lato (e tradizionalmente) è stata utilizzata per escludere la giurisdizione ordinaria nei casi in cui si faccia questione dell'esercizio del potere; dall'altro, la stessa è stata applicata per escludere la giurisdizione amministrativa (anche esclusiva) sulla base del presupposto che in determinate ipotesi il potere non è in grado di degradare il diritto. Ci si è chiesti dunque se tali orientamenti non siano forieri di perplessità e dunque debbano superarsi alla luce di un criterio di riparto più lineare che guardi esclusivamente alla presenza o meno nella lite del potere pubblico e che sia maggiormente idoneo a garantire la certezza del diritto . Come evidenzia il Primo Presidente della stessa Cassazione nella relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2015, dal fatto che circa il 70% delle decisioni a Sezioni Unite abbia avuto ad oggetto questioni di giurisdizione, sembra agevole rilevare l’esistenza di oggettive criticità ordinamentali nel riparto dei plessi giurisdizionali, a loro volta generatrici di rinnovate domande di giustizia. Ci si è dunque interrogati sul se limitare notevolmente gli spazi e gli ambiti delle ipotesi di legge di giurisdizione esclusiva non sia in controtendenza con quanto affermato dalla Corte costituzionale e dal novello codice del processo amministrativo, secondo cui la cognizione del g.a. dovrebbe estendersi anche ai comportamenti, purché siano mediatamente riconducibili all'esercizio del potere. In tutti questi casi, si vuole valorizzare un criterio di riparto che guardi al giudice amministrativo come l'unica autorità chiamata a sindacare dell'esercizio del potere seppur manifestato in via indiretta attraverso comportamenti. Si vuole dimostrare come solo i comportamenti adottati dalla p.a. attraverso le cd. vie di fatto, se lesivi di situazioni giuridiche, esulano dalla giurisdizione esclusiva del g.a.. La giurisdizione esclusiva tenderebbe, dunque, a soddisfare l'esigenza di concentrazione delle controversie e di specializzazione del giudice, onde facilitare l'accesso alla tutela giurisdizionale e la certezza dei rapporti giuridici. Come si vedrà, le pronunce della Cassazione tese a limitare gli ambiti della giurisdizione esclusiva sono retaggio della concezione tralatizia secondo cui il giudice amministrativo nasce come giudice di legittimità, non adatto a dare piena soddisfazione agli interessi del ricorrente. Una tutela effettiva del diritto sarebbe possibile solo adendo la giurisdizione ordinaria. In realtà, ad oggi ed alla luce del codice del processo amministrativo, la giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico, quale espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente, offre un apparato di tutele completo ed idoneo a dare piena protezione alle situazioni giuridiche incise dal pubblico potere, anche superiore a quanto è nelle possibilità del giudice ordinario. Il codice è infatti ispirato al principio della pluralità di azioni: si è ormai consolidato il passaggio da un giudizio sull’atto ad un giudizio sul rapporto. L’azione di annullamento (art. 29 c.p.a.) si accompagna all’azione di adempimento ad un facere pubblicistico (art. 34 I co. lett c) c.p.a.) . Per suffragare tali argomentazioni, il terzo capitolo analizza dettagliatamente gli strumenti di tutela esperibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico. La giurisdizione svolge la funzione di garantire la realizzazione dell’interesse sotteso alla situazione giuridica di cui si chiede tutela. E la tutela si ritiene effettiva qualora sia in grado di raggiungere il risultato pratico consistente nella soddisfazione del bene della vita spettante al titolare della pretesa giuridicamente rilevante . Corollario dei suesposti principi è altresì la regola della pienezza della tutela giurisdizionale. Come si evidenzia, per pienezza di tutela si intende che tutte le situazioni protette debbono poter usufruire di tutti i mezzi di tutela (azioni) riconosciuti dall'ordinamento. Per effettività di tutela, si considera la predisposizione di mezzi idonei a dare concreta soddisfazione all’interesse dedotto in giudizio . I principi suddetti devono operare pienamente anche nelle controversie di diritto pubblico dinanzi al giudice ordinario. Di qui, si esamina l'incisività dei limiti che il giudice ordinario incontra nelle controversie di diritto pubblico alla luce della legge abolitiva del contenzioso (Legge n. 2248 del 1865, all. e)). E si vuole in particolare evidenziare come nell’odierno quadro costituzionale, il giudice ordinario nell’esercizio della sua funzione di tutela delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere deve incontrare il solo divieto di sostituirsi a scelte di merito dell’Amministrazione (limite esterno). In altre parole, non possono delinearsi ostacoli interni alla stessa giurisdizione, privando il g.o. di strumenti processuali ritenuti idonei a proteggere gli interessi dedotti in giudizio dalle parti. La disamina abbraccia dunque tutte le azioni di cognizione, cautelari ed esecutive proponibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico, al fine di proporre uno spettro completo sul punto. Innanzitutto, tra le azioni di cognizione, i problemi più spinosi sorgono in relazione alle azioni costitutive, in virtù dei noti limiti di cui alla legge abolitiva del contenzioso secondo cui quando la lite verte su di un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio senza poterlo revocare o modificare se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso. Il giudice ordinario può di regola disapplicare il provvedimento e non annullarlo (art. 4 L.A.C.). In realtà, come si vedrà, l’ambito di applicabilità della disapplicazione in via principale del provvedimento si è negli anni molto ristretto (in specie dopo la devoluzione dell’azione risarcitoria per lesione degli interessi legittimi al G.A.), sino a far dubitare della reale effettività della norma, se non nei limiti della disapplicazione incidentale. Nondimeno, si approfondiranno i rischi dell’emergere di ipotesi di doppia tutela (disapplicazione dinanzi al g.o. e annullamento dinanzi al g.a.) nel contenzioso sulle patologie contrattuali derivanti dall’invalidità degli atti prodromici al negozio in materi di appalti pubblici di lavori servizi e forniture. Ancora, notevoli perplessità si sono evidenziate in relazione all’esperibilità di azioni di condanna ad un facere pubblicistico, con precipuo riferimento alla tutela di diritti assoluti come la salute. Qui, la giurisprudenza (a volte in modo perplesso) sembra superare de plano i limiti della L.A.C. escludendo che si faccia questione dell’esercizio del potere pubblico e di interessi legittimi essendo in presenza di diritti cosiddetti indegradabili. Nei casi di cd. giurisdizione piena del giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico , espressamente previsti dalla legge, non si registrano invece particolari problematiche, in quanto, ai sensi dell’articolo 113, III co., della Costituzione, il Legislatore individua specifiche materie nelle quali il giudice può fintanto annullare il provvedimento impugnato in deroga a quanto previsto dall’art. 2 della lg. N. 2248 del 1865, all. E). La scelta è dettata dalla necessità di assicurare la pienezza della tutela nei casi in cui il giudice ordinario può conoscere del corretto esercizio del potere in deroga ai tradizionali criteri di riparto. Si individuano disfunzioni nella disamina della tutela esecutiva, tanto nei confronti dei provvedimenti cautelari che di merito, emessi dal giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico ed aventi ad oggetto una condanna (interinale o decisoria) ad un facere provvedimentale per sua natura infungibile. Il giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo è infatti esperibile solo nei confronti di provvedimenti del giudice ordinario passati in giudicato (art. 122 c.p.a.). Per le decisioni esecutive si possono utilizzare i meccanismi di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bic c.p.c.. Ci si chiede dunque se tale assetto non rappresenti un vuoto di tutela in contrasto con il principio di effettività e se possano prospettarsi eventuali soluzioni. Ancora, si analizzano le tutele interinali. Ed in particolare si evidenziano le criticità sottese all'orientamento prevalente in giurisprudenza che esclude l'esperibilità di una tutela cautelare atipica nei giudizi ordinari aventi ad oggetto controversie di diritto pubblico. Diversamente, nel processo amministrativo il ricorrente può chiedere l'adozione di tutte le misure che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio (art. 55 c.p.a.). Di nuovo ed alla luce di dati positivi di natura processuale, ci si chiede se il giudice amministrativo sia l’autorità naturale, “ordinaria” e “specializzata”, con poteri di cognizione, cautelari ed esecutivi “pieni”, per tutte le controversie involgenti l’esercizio di un pubblico potere. Particolare attenzione, sia nel secondo che nel terzo capitolo, è stata poi riservata alla giurisdizione ordinaria sulle controversie di pubblico impiego privatizzato, alle quali è stato dedicato un apposito paragrafo per evidenziare eventuali problematicità sia in punto di riparto di giurisdizione che di concentrazione delle tutele , (con particolare riferimento al contenzioso relativo ai cd. atti di macro-organizzazione, in materia di concorsi cd interni o nei rapporti tra diritto all'assunzione e invalidità degli atti amministrativi prodromici, laddove si paventa il rischio di doppia tutela del medesimo bene della vita dinanzi a due plessi giurisdizionali diversi). Nel quarto e quinto capitolo, in chiave comparatistica si valutano le esperienze straniere francesi e tedesche al fine di verificare la sussistenza di convergenze con il nostro sistema verso un modello unitario di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico . La Francia è da sempre ritenuto il paese più simile a noi, vista l’influenza che in passato le dominazioni Napoleoniche hanno avuto sugli Stati preunitari (in particolare quello piemontese) e come ciò si sia riflesso nell’ordinamento adottato dallo Stato Italiano. Si ritiene utile studiare brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Francia, per poi approfondirne l’organizzazione, il criterio di riparto e l’effettività delle tutele. Nel quarto capitolo si procede così ad analizzare alcune significative assonanze tra l’ordinamento francese e quello italiano utili a costruire un modello di giurisdizione subiettiva, la cui precipua funzione sia la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, anche nei confronti dei poteri pubblici. In particolare, si analizzano il recours de pleine juridiction e i referees, quali azioni rispettivamente di merito e cautelare, idonee a dare una protezione piena al ricorrente leso da atti illegittimi della Pubblica Amministrazione. Ancora, il criterio di riparto della giurisdizione fondato su i blocs de compétence consente al giudice amministrativo di pronunciarsi in specifiche materie, indicate dalla Legge o dalla giurisprudenza, come la salute, l’immigrazione, i contratti di appalto pubblici, il diritto d’asilo, in cui si fa questione della lesione di diritti da parte della puissance publique. Le questioni di giurisdizione sono poi risolte in ultimo grado dal Tribunal des Conflits, organo composto in egual numero da giudici appartenenti alle magistrature amministrative e civili, così da evidenziare ancora una volta l‘unitarietà della giurisdizione alla luce della sua funzione Tuttavia, si evidenziano anche i carattere marcatamente obiettivi della giurisdizione amministrativa francese: il recours pour exces de pouvoir, per cui sono legittimati ad agire per ottenere l’annullamento di provvedimenti amministrativi tutti i cittadini della Repubblica, senza che sia necessario dimostrare la lesione di un proprio interesse, essendo sufficiente la dimostrazione di un vulnus all’interesse generale alla legalità violata. Sulla stessa falsariga, si evidenzia la figura del Rapporteur public, sorta di pubblico ministero chiamato ad agire esclusivamente per gli interessi pubblici coinvolti in giudizio. Insomma, la giurisdizione amministrativa in Francia denota una natura oggettiva che l’allontana dall’esperienza italiana. E, non a caso, in Francia il giudice ordinario è considerato giudice naturelle delle leibertà fondamentali e della proprietà, proprio in considerazione del fatto che quest’ultimo sia più attrezzato nella tutela dei diritti. Di qui, nel quinto capitolo ci si chiede se, contrariamente alla tradizione, l’Italia sia ormai più vicina al sistema tedesco. Nel capitolo si procede dunque allo studio dell’organizzazione della giurisdizione tedesca, del suo criterio di riparto e degli strumenti messi a disposizione del ricorrente per proteggere i propri diritti nei confronti della Pubblica Autorità. Si guarda con particolare attenzione il carattere unitario della giurisdizione tedesca, divisa in 5 rami, ordinario, amministrativo, finanziario del lavoro e sociale. Al loro interno, una general klausen sancisce la competenza del giudice amministrativo nella generalità delle controversie di diritto pubblico, salvo eccezioni. L’ordinamento processuale mette poi a disposizione dell’attore tutti gli strumenti idonei a garantire una tutela piena della propria pretesa nell’alveo del giudizio amministrativo:nel merito, come si vedrà, la parte lesa può esperire una pluralità di azioni (oltre quella di annullamento (anfechtungsklage), si ha ad esempio l’azione di adempimento pubblicistica (verpflichtungsklage), l’azione volta ad ottenere prestazioni di natura non provvedimentale ma materiale (leistungsklage) e l’azione di accertamento (festellungsklage). Peraltro, il novero delle azioni previste dal codice del processo amministrativo tedesco non è tassativo. Insomma, ci si chiede se il giudizio amministrativo tedesco nel suo complesso (e ad eccezione della tutela esecutiva) assicuri una protezione piena ed effettiva ai diritti soggettivi pubblici vantati dall’attore, contro ingiustificate lesioni da parte dei pubblici poteri. E se il carattere evidentemente subiettivo del processo amministrativo tedesco possa portare all’affermazione di un concetto unitario di tutela giurisdizionale dei diritti, tanto in sede civile che amministrativa. Si evidenzia sul punto la tendenza in Germania del giudice ordinario a guadagnare sempre più spazi nella cognizione delle controversie di diritto pubblico (es. nella responsabilità per i danni determinati da funzionari della Pubblica Amministrazione in violazione dei doveri d’ufficio, nei contratti appalti pubblici, nella privatizzazione dei pubblici servizi). Ci si chiede se la suddivisione della cognizione delle controversie tra il giudice civile e quello amministrativo risentendo di questa diversa concezione della giurisdizione amministrativa avvenga più sul terreno di un “riparto di competenze”, che su quello tradizionale del “riparto delle giurisdizioni”, e quindi più in termini di “specializzazione” delle competenze, che del binomio “ordinarietà-specialità” della giurisdizione. Ci si interroga infine sul se le convergenze tra sistema tedesco e italiano debbano condurre alla valorizzazione della giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico come espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente. Il processo amministrativo sembra perdere i vecchi tratti della “specialità” e venire configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente, come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione col suo operato, come un giudice “specializzato” . A tal fine, si guardano con interesse alcune peculiarità dell’ordinamento giuridico tedesco in relazione all’indipendenza dei giudici (il reclutamento e lo status giuridico di tutti componenti dei rami della magistratura tedesca è infatti il medesimo ai sensi della legge federale sulla Magistratura ed avviene per concorso), ai meccanismi di risoluzione di conflitti di giurisdizione ( la cd. bendinde Wirkung blinda la scelta del giudice competente fatta dal giudice a quo nell’ordinanza di rimessione dando un senso di complementarietà tra le giurisdizioni), all’organo di ultima istanza chiamato a decidere sulla giurisdizione (il Gemeinsamer Senat che rispecchia in egual misura tutte i rami della giurisdizione tedesca, così garantendo una soluzione di compromesso tra le magistrature ordinaria e amministrativa). Guardando all’evoluzione storica del sistema italiano di Giustizia amministrativa, al suo attuale criterio di riparto, all’ambito della giurisdizione ordinaria nelle controversie di diritto pubblico ed al grado di effettività delle tutele da essa offerta rispetto a quanto garantito dal giudice amministrativo ed, infine, alle convergenze con gli altri sistemi dualistici (specialmente l’ordinamento tedesco), ci si interroga se in Italia la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa debbano venire in considerazione come due giurisdizioni pariordinate, ciascuna con un proprio ambito di competenza generalizzata, “ordinaria” e “naturale”, definita da clausole generali di contenuto speculare: l’una a tutela delle situazioni giuridiche nate in seno a rapporti di diritto privato; l’altra a tutela dell’interessi meritevoli di tutela in quanto lesi da episodi di esercizio del pubblico potere. E ci si chiede se una risposta affermativa al quesito possa garantire un più lineare criterio di riparto delle giurisdizioni ed una pienezza delle tutele nelle controversie di diritto pubblico. In caso di risposta affermativa, si prospettano eventuali modifiche dell’attuale assetto espresso in Costituzione.
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SALVIA, LUIGI. "Trasformazioni e modelli di esercizio della funzione giustiziale nell'ordinamento nazionale ed europeo." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1100316.

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Abstract:
La tesi mira a costruire un modello effettivo per la funzione giustiziale, prendendo spunto dalle Commissioni di ricorso istituite presso alcune agenzie europee di regolazione, in grado di offrire una più ampia tutela delle posizioni giuridiche soggettive e di coordinarsi con la tutela offerta dal giudice amministrativo. Il modello individuato è poi calato nella realtà dell'ordinamento nazionale, confrontandolo con gli strumenti attualmente previsti dal diritto vigente e valutando le più recenti innovazioni normative, che dimostrano una spiccata attenzione alla risoluzione giustiziale delle controversie per quanto lontana dai requisiti di indipendenza e ampiezza del sindacato che sono ritenuti fondamentali ai fini di garantire una tutela effettiva.
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Casazza, Alberto. "Strategie di gestione dei costi nei finanziamenti bancari: tecniche contrattuali e rimedi privatistici." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238916.

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Abstract:
La gestione dei costi del rapporto di finanziamento bancario rappresenta un terreno privilegiato d’indagine per comprendere le dinamiche degli assetti di forza e degli equilibri economici nei contratti di durata. Dal momento della negoziazione a quello esecutivo, emergono infatti plurime chiavi di lettura del sistema di distribuzione dei rischi e di manutenzione della relazione economica. L’insieme dei problemi suscitati dalla prassi fornisce, da questo punto di vista, notevoli indicazioni e consente di delineare rimedi efficienti ed equi nel ventaglio di ipotesi che possono presentarsi innanzi all’operatore giuridico, nel caso in cui il rapporto sia staticamente o dinamicamente sbilanciato a causa dell’opportunismo contrattuale o di una sopravvenienza rilevante. Autonomia privata e assetto giurisdizionale in senso ampio svolgono un ruolo essenziale in una realtà che muta continuamente forma, mescolandosi alla sfuggente materia economico-finanziaria: per questo motivo, è più che mai indispensabile ricostruire l’armamentario interpretativo del giurista a partire dall’analisi sul campo della giurisprudenza e della prassi bancaria. In tal modo, viene in evidenza l’insufficienza di soluzioni rigidamente dogmatiche: è preferibile, invece, differenziare le scelte rimediali sulla base di un’analisi multilivello, che coniughi il profilo economico con la dimensione etica del rapporto contrattuale. The cost management of bank financing represents an excellent topic to deal with the dynamics of economic balances in long-term contracts. From the moment of negotiation to the executive one, in fact, several keys to understanding the risk distribution system and the maintenance of the economic relationship emerge. The set of problems raised by the practice provides, from this point of view, significant indications and allows to outline efficient and equitable remedies in the range of hypotheses that may arise before the legal operator, in the event that the relationship is statically or dynamically unbalanced due to contractual opportunism or a significant contingency. Private autonomy and jurisdiction in a broad sense play an essential role in a reality that constantly changes form, mixing with the elusive economic-financial matter: for this reason, it is more than ever essential to reconstruct the interpretative instruments of the jurist starting from the analysis on the field of jurisprudence and banking practice. In this way, the insufficiency of strictly dogmatic solutions is highlighted: it is preferable, in fact, to differentiate the remedial choices based on a multilevel analysis, which combines the economic profile with the ethical dimension of the contractual relationship.
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