Academic literature on the topic 'Principio di effettività della tutela'

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Journal articles on the topic "Principio di effettività della tutela"

1

Gragnoli, Enrico. "Gli strumenti di tutela del reddito di fronte alla crisi finanziaria." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 136 (December 2012): 573–618. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2012-136003.

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Abstract:
Lo scritto si occupa della crisi dello stato sociale e dei suoi riflessi sulla effettivitŕ dei principi costituzionali. L'autore si sofferma sugli istituti di tutela del reddito e, in particolare, sul c.d. «reddito di cittadinanza», considerato non conforme ai principi costituzionali sul lavoro. Si esaminano le relazioni tra il contesto istituzionale e il settore privato. In particolare, si analizza il ruolo attribuito agli enti bilaterali. Il saggio studia il nesso tra politiche attive e passive di promozione e di difesa dell'occupazione, nonché il ruolo svolto dalle regioni. Infine, si individua nel sistema dei trattamenti in deroga e nella sua disciplina, il sintomo piů evidente di disarticolazione del sistema protettivo.
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Alpa, Guido. "I rimedi di diritto privato nella normativa di derivazione comunitaria." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 2 (December 2010): 227–44. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-002002.

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Abstract:
L'applicazione del principio di effettivitŕ combinato con il principio di sussidiarietŕ e con il principio della prioritaria competenza del legislatore nazionale e del preventivo ricorso ai rimedi previsti dal sistema processuale nazionale rispetto alla competenza del legislatore comunitario e alla operativitŕ dei rimedi previsti in ambito comunitario per la violazione di normative comunitarie, modella la disciplina dei rimedi previsti dall'ordinamento interno: si tratta sia di rimedi concernenti la violazione di normativa comunitaria, sui quali si č raccolta vasta letteratura, sia di rimedi concernenti i rapporti di diritto privato disciplinati dall'ordinamento comunitario nelle materie di propria competenza. In queste pagine mi occuperň di questo secondo aspetto. Comunque, in ciascuno dei due settori la disciplina dei rimedi e la loro applicazione da parte del giudice č affidata al diritto interno, sempre che esso provveda a tutelare gli interessi protetti in modo adeguato; altrimenti sovviene l'ordinamento comunitario. In questo senso il ricorso ai rimedi comunitari č solo residuale.
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3

Staiano, Fulvia. "Diritto dei minori rom all'istruzione in condizioni di non discriminazione: il caso Orsus e altri c. Croazia." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 1 (May 2011): 93–103. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-001006.

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Abstract:
1. Il diritto all'istruzione in condizioni di non discriminazione nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo: centralitŕ del popolo Rom - 2. La tutela dei diritti fondamentali del popolo Rom nell'ambito del Consiglio d'Europa - 3. Il caso Orsus c. Croazia - 4. I Rom come "vera minoranza europea": problemi teorici e pratici relativi all'inquadramento dei Rom nel concetto di minoranza - 5. Tutela delle minoranze o principio di non discriminazione? La scelta pragmatica della Corte europea - 6. La tutela delle minoranze nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: limiti e punti di forza - Conclusione.
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Panzarola, Andrea. "IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ TRA UTILITARISMO ANGLOSASSONE E CODICI PROCESSUALI ATTUALI." Revista Direito das Relações Sociais e Trabalhistas 3, no. 1 (October 9, 2019): 155–82. http://dx.doi.org/10.26843/mestradodireito.v3i1.106.

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Abstract:
Anche nel settore del giudizio civile si registra un crescente interesse per il giurista e filosofo londinese Jeremy Bentham e per le sue proposte in tema di disciplina della prova e di organizzazione della procedura giudiziaria. Le tesi utilitaristiche benthamiane possono scorgersi pure nella impostazione generale delle “Civil Procedure Rules” inglesi e nella teoria, che vi è accolta, della “proportionate justice”. Peraltro, tanto le concezioni di Bentham, quanto l’impiego del canone di proporzionalità in chiave utilitaristica, pongono delicati problemi e rischiano di ostacolare una piena tutela dei diritti individuali alla tutela giudiziaria.
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5

Schafer, Roy. "Principio di realtŕ, nodi tragici e processo analitico." PSICOANALISI, no. 1 (September 2010): 51–68. http://dx.doi.org/10.3280/psi2010-001003.

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Abstract:
Il disagio della civiltŕ occupa un posto speciale nello sviluppo della teoria e della tecnica psicoanalitica freudiana. In particolare alcune sue implicazioni permettono una compren- sione piů ampia del principio di realtŕ. Il concetto dei nodi tragici viene definito ed usato per evidenziare la capacitŕ di Freud di includere gli aspetti tragici della vita in questo principio. Un'ampia sezione č dedicata ad illustrare la diffusione dei nodi tragici in svariati aspetti della vita umana: vittimizzazione, intimitŕ e tutela della privacy. Da ultimo, vengono illustrate le implicazioni per la valutazione clinica dell'elaborazione dei conflitti inconsci.
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6

Golser, Karl. "La diagnosi prenatale preimpianto ed il Magistero della Chiesa cattolica." Medicina e Morale 48, no. 2 (April 30, 1999): 301–20. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.806.

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Abstract:
Lo studio riassume quanto l’Enciclica Evangelium Vitae (1995) e la Dichiarazione Donum Vitae della Congregazione per la Dottrina della Fede 81987) affermano circa la possibilità di una diagnosi prenatale. Il principio al quale questo documenti si rifanno è l’assoluta tutela della vita umana fin dal momento della fecondazione. Quindi gli esami sono leciti solo in quanto non danneggiano l’embrione o il feto e sono finalizzati e sono finalizzati alla sua terapia, ami alla sua uccisione. Riguardo alla diagnosi preimpianto vengono esaminati un documento dei Vescovi Francesi e uno dei Vescovi Tedeschi, mentre i menzionati documenti pontifici non ne entrano in merito. Questa possibilità di diagnosi ha una valenza morale diversa, perché finora essa ha avuto una finalità orientata esclusivamente verso la selezione e distruzione di embrioni “difettosi”. Ciò è eugenismo ed è un netto contrasto con il principio della tutela di ogni vita umana.
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7

Zambrano, Viriginia. "TRA PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA E RESPONSABILITÀ: DIVERSI ITINERARI DI TUTELA DEL MINORE." Revista de Direito Brasileira 23, no. 9 (February 11, 2020): 389. http://dx.doi.org/10.26668/indexlawjournals/2358-1352/2019.v23i9.5748.

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Abstract:
Scopo di questa ricerca è quello di evidenziare come il minore sia innanzitutto “persona”, rispetto alla quale occorre declinare i principi di uguaglianza e responsabilità. La metodologia utilizzata è di tipo deduttivo. Lo studio si avvale dei contributi della giurisprudenza e della dottrina sia italiana che straniera. Infine, la ricerca è qualitativa. Si intende rilevare come la tutela del minore dipenda da una serie di profili che si collegano ad una etica sociale della legalità e dei diritti umani. Il diritto ad una famiglia, alla casa di abitazione, il diritto a conoscere le proprie origini sono alcuni degli aspetti sui quali si è inteso riflettere, per dimostrare su cosa poggia la protezione del minore. Questi è un essere in formazione, sia dal punto di vista fisico che psichico, e ha bisogno di essere tutelato in quanto persona. Non si tratta di vedere solo cosa stabilisce la norma: per rendere efettiva la tutela occorrono adeguate politiche pubbliche in grado di garantire l'applicazione dei principi di uguaglianza e responsabilità, nonché etici. Sia nel campo teorico che nell'attuazione delle politiche pubbliche, occorre assicurare lo sviluppo della personalità del minore.
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8

Maria Caruso, Giovanni. "Il principio "do no significant harm": ambiguità, caratteri e implicazioni di un criterio positivizzato di sostenibilità ambientale." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 2 (December 2022): 151–98. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2022-002007.

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Abstract:
Il principio "do no significant harm" si è rapidamente affermato nel contesto europeo fino a diventare uno dei parametri condizionanti l'accesso ai finanziamenti del Next Generation EU. Il contributo, partendo dall'analisi della disciplina di riferimento, ne ricostruisce le caratteristiche essenziali e, mettendo in risalto assonanze e differenze rispetto ad altri strumenti posti a tutela dell'ambiente, offre un primo inquadramento giuridico della valutazione che sottende. Anche in ragione dell'ambiguità della disciplina di riferimento, l'applicazione del principio, benché contribuisca alla definizione del ruolo economico delle istituzioni europee, presenta significative problematiche che vengono declinate anche in funzione di possibili interventi di razionalizzazione.
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9

Scaglione, Francesco. "Giuseppe Toniolo e il diritto contrattuale tra personalismo e solidarietà." Società e diritti 7, no. 14 (December 9, 2022): 39–47. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/19311.

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Abstract:
Il saggio si sofferma sulla relazione tra personalismo e solidarietà nel diritto contrattuale, le cui radici si ritrovano nelle riflessioni profetiche ed ancora attuali di Giuseppe Toniolo. Si evidenzia, in particolare, come la tutela della parte debole del rapporto, secondo un principio di eguaglianza sostanziale, si traduce nella realizzazione di un sistema economico di mercato fondato sul rispetto della dignità della persona umana.
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10

Trentini, Carlo. "Il diritto alla salute tra dignitŕ della persona e tutela costituzionale." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 1 (March 2010): 74–80. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-001007.

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Dissertations / Theses on the topic "Principio di effettività della tutela"

1

Tagliasacchi, Eugenio. "Tecniche di garanzia del principio di effettività e tempestività della tutela nel processo amministrativo." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2022. http://hdl.handle.net/11579/144260.

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Abstract:
La tesi propone una rilettura delle principali novità legislative nonché delle fondamentali svolte della giurisprudenza nazionale ed europea nell'ambito del diritto processuale amministrativo, evidenziando come queste siano state determinate dall'esigenza di dare attuazione al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che ha condotto al superamento delle principali regole classiche del processo amministrativo, portando all'affermazione del principio di atipicità delle azioni, al superamento del binomio illegittimità-annullamento, all'annullamento non retroattivo o dotato di soli effetti conformativi cosi come alla tutela cautelare atipica e ante causam e alla crisi della stabilità del giudicato.
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2

TARRICONE, SILVIA. "L'effettività della tutela giurisdizionale civile minorile. Premesse per uno studio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7885.

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Abstract:
Lo studio condotto si propone di osservare il sistema delle tutele giurisdizionali civili minorili, mettendone in evidenza i punti di maggiore criticità. La ricerca viene condotta assumendo a criterio guida il principio di effettività della tutela giurisdizionale, ricostruito nei suoi formanti, attingendo all'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale per l'assenza di un'espressa definizione normativa. Individuateni i corollari minimi nel c.d. principio dell'accesso al Giudice, del giusto processo e dell'utilità del rimedio giurisdizionale, l'indagine prosegue tra spazio giuridico interno e sovranazionale, ricostruendo la soggettività giuridica del minore ed esaminando alcune tra le questioni che il dibattito scientifico evidenzia in argomento.Il sindacato sul tema di indagine prescelto prosegue, affrontando l'esame dei temi della competenza in materia minorile, del rito e delle garanzie fondamentali del processo e dell'esecuzione ed attuazione dei provvedimenti. Lo studio si conclude con la formulazione di alcune perfettibili soluzioni di riforma del sistema osservato che esprimano i principi sanciti anche nel consesso sovranazionale e garantiscano al soggetto in formazione di ottenere per il tramite del rimedio giurisdizionale "tutto quello e proprio quello che ha diritto di ottenere".
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ROMANI, ELISABETTA. "L'ESECUZIONE DELLE SENTENZE DELLA CORTE EDU NEL SISTEMA PROCESSUALE AMMINISTRATIVO E LA CERTEZZA DEL DIRITTO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829899.

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Abstract:
Nel sistema di tutela multilivello, la necessità di garantire una tutela effettiva dei diritti umani sta progressivamente comportando un fenomeno di cedevolezza del giudicato interno, così superando la visione tradizionale ancorata al principio di intangibilità e, in ultima analisi, al valore della certezza del diritto. Dal dinamismo della tutela dei diritti umani non poteva rimanere escluso il sistema processuale amministrativo, il quale è stato chiamato anch’esso ad affrontare la problematica dell’esecuzione delle sentenze rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, laddove queste ultime risultino in contrasto con quanto precedentemente affermato da una pronuncia divenuta definitiva del giudice amministrativo. Si viene, dunque, a delineare un’antinomia tra giudicati che è tutt’altro che eventuale, in quanto, in applicazione della regola del previo esaurimento dei rimedi interni (art. 35 CEDU), le sentenze della Corte europea si confrontano fisiologicamente con il giudicato nazionale. Con riferimento al giudicato amministrativo anticonvenzionale, il punto di tensione tra i due diversi livelli di tutela si è avuto con i casi Mottola e Staibano c. Italia e Guadagno e altri c. Italia, che hanno portato alle pronunce della Corte costituzionale n. 123 del 2017 e n. 19 del 2018. Le conclusioni a cui è pervenuta la Consulta, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale volta ad ampliare i casi di revocazione ex art. 106 c.p.a., dimostrano che per il processo amministrativo, allo stato dell’arte, non si rinviene un rimedio volto ad assicurare l’ottemperanza al decisum convenzionale allorquando sia divenuta definitiva la decisione del giudice amministrativo, disvelando una lacuna nell’effettività della tutela della protezione dei diritti umani. La sentenza della Corte costituzionale ha in particolare messo in risalto come il tema dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea nasconda l’esigenza di compiere un giudizio di bilanciamento tra gli opposti interessi in gioco: da un lato, l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali, a cui è sottesa la tendenza alla giustizia sostanziale, e dall’altro la tutela della certezza del diritto, così come garantita dalla res iudicata, declinazione della sovranità dello Stato. Da un diverso angolo prospettico, volto ad evidenziare le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo, si vedrà che nel sistema processuale amministrativo diviene necessaria un’ulteriore ponderazione relativa alle diverse declinazioni dell’art. 24 Cost., tra il diritto ad ottenere una tutela effettiva del ricorrente risultato vittorioso a Strasburgo e il diritto di difesa degli eventuali controinteressati e cointeressati del giudizio nazionale. Prendendo l’avvio dal percorso logico-argomentativo seguito dai giudici delle leggi, l’obiettivo principale del presente lavoro è quello di verificare se gli ostacoli, che sono stati addotti all’introduzione di una sorta di “revocazione europea” anche per il processo amministrativo, siano superabili e, in una prospettiva de iure condendo, di osservare come alcuni istituti tipici del diritto amministrativo, sostanziale e processuale, possano consentire di rispondere alle nuove sfide poste dalla tutela dei diritti umani. Si parlerà, dunque, di “rimedi armonizzati” proprio per accentuare questa nuova funzione che il diritto amministrativo è chiamato a svolgere, di raccordo tra i diversi piani di tutela così da rendere effettiva quella protezione dei diritti umani che lo Stato italiano nell’ormai lontano 1955, ratificando la Convenzione, si è auto-vincolato a rispettare.
The phenomenon of multilevel jurisdictions has been progressively caused a decreasing of the effectiveness of the res judicata, thus overcoming the traditional view anchored to the principle of intangibility and, therefore, affecting the value of legal certainty. From the dynamism of the protection of human rights, administrative procedural law could not be excluded, which had to deal with the problem concerning the enforcement of judgments of the European Court of Human Rights (hereinafter “ECtHR”), which modify, totally or partially, the statement declared on a national level by an Administrative Court or by the State Council. Therefore, a conflict between administrative national rulings and rulings of the ECtHR is reasonably possible, thanks to the subsidiarity principle and to the rule provided by Article no. 35 of the European Convention of Human Rights (hereinafter “ECHR”). With particular reference to an administrative res judicata in violation of ECHR, the full enforcement of a ruling by the ECtHR is an issue characterized by absolute relevance, as also demonstrated by the recent rulings of the Italian Constitutional Court no. 123/2017 and no. 19/2018. Such constitutional question regards the execution of the decisum stated by the ECtHR in Mottola and others v. Italy, Staibano and others v. Italy and Guadagno v. Italy. The administrative judges raised the issue of constitutionality, by means of which they suggested to introduce the reopening of domestic judicial proceeding, which cases in administrative procedural law are strictly defined and do not include the violation of ECHR and of ECtHR’s case-law. The Constitutional Court ruled that the question concerning the constitutionality of Article no. 106 of Code of Administrative Procedure, raised with reference to Articles no. 117, § 1 of the Constitution and no. 46 of the ECHR, was unfounded. These decisions show that in the Italian legal system there is nowadays no legal remedy for the implementation of supranational law if there is a domestic res judicata, bringing out a gap in the enforcement. In particular, the question that we have to answer is as follows: Which value should prevail? On the one hand, there is the protection of human rights and the tendency to enhance substantial justice, even overcoming legal instruments as the res judicata, and on the other there is the principle of legal certainty, which hide the will to defend the national sovereignty. With particular reference to the administrative proceedings, such balancing is made even more complex by the need to ensure respect for the right of defense (Article no. 24 of the Italian Constitution) of third parties and for their legitimate expectations and reliance on legal certainty. In the ECtHR system, third parties do not have a right to participate in the judgment before ECtHR, despite the fact they have taken part in the domestic proceeding and, thus, they are influenced by the res judicata. The main purpose of the paper is to demonstrate that all arguments of the Constitutional Court can be overcome and to propose possible solutions, which allow the domestic legal system to carry out what has been stated by the ECtHR and to protect its effectiveness. This will avoid that the intangibility of the res judicata could result in a violation of the fundamental rights and values protected by the ECHR system.
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Pappalardo, Giovanni. "Tutela cautelare e principio di effettività." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1247.

Full text
Abstract:
La tutela cautelare nel processo amministrativo ha attraversato 130 anni nei quali ha conosciuto una notevolissima evoluzione verso (e a favore della) l effettività della tutela giurisdizionale. Ma sono stati soprattutto gli ultimi 10 anni a segnare le tappe fondamentali di tale percorso: la tutela cautelare in passato consentiva solo di sospendere l atto illegittimo in vista del suo annullamento definitivo. A partire dal 2000, a seguito delle elaborazioni giurisprudenziali del Consiglio di Stato e gli impulsi provenienti dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di giustizia CE, la misura è stata resa atipica con la legge 21 luglio 2000, n. 205. Oggi, con il nuovo codice del processo amministrativo introdotto dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, è stata ulteriormente potenziata con l introduzione della tutela ante causam, così il giudizio cautelare è divenuto il vero protagonista del processo amministrativo. Le esigenze di celerità ed effettività della risposta giudiziaria non consentono l attesa della decisione di merito, per cui, oggi, il vero processo è quello cautelare. Qui le parti in giudizio devono essere in grado di esprimere in modo completo le loro ragioni e il giudice deve acquisire tutti i necessari mezzi istruttori, perché l ordinanza cautelare ha acquisito un peso formidabile in quanto a contenuto decisorio e l interesse a ricorrere si consuma sempre più spesso nella fase cautelare. Inoltre, con l introduzione del c.p.a. è stato notevolmente ampliato lo spettro delle azioni di cognizione ammissibili innanzi al giudice amministrativo, ma se si sia raggiunta l atipicità delle azioni è ancora presto per dirlo, certamente la giustizia amministrativa ha intrapreso un nuovo percorso evolutivo e oggi il giudice amministrativo è molto più attrezzato che in passato per affrontare le sfide della postmodernità (si pensi alle nuove frontiere del diritto del rischio) e la tutela cautelare è la più efficace tra queste attrezzature perché è servente all effettività dell azione del giudice. Tutto ciò però deve andare di pari passo con la qualità della giurisdizione che è tale se è capace di essere effettiva, ma effettiva con tutti , senza soppesare la (pregiudiziale) qualità intrinseca degli interessi contrapposti (competenza che non è del giudice, ma dell amministrazione) ed essendo capace di sviluppare la sua azione nell alveo dei principi che regolano il giusto processo, come previsto dall art. 111 della Costituzione, anche nella fase cautelare, soprattutto motivando adeguatamente il provvedimento cautelare. Effettività e qualità, insieme ad una forte, ma giusta , azione cautelare, possono determinare un effetto positivo anche nel modo di amministrare, posto che il giudice potrà conoscere profondamente lo sviluppo del procedimento, così la discrezionalità amministrativa, spesso paravento dell autorità per mantenere integro il proprio potere, si ridurrà notevolmente, a tutto vantaggio dei cittadini.
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5

MALDONATO, LUCIA. "QUESTIONI DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA PENALE A PARTIRE DAI REATI AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61786.

Full text
Abstract:
La tesi si propone l'obiettivo di investigare il ruolo che il diritto penale può avere nel fronteggiare i cosiddetti "problemi della modernità". In particolare, ci si interroga sulle reali capacità che lo strumento penalistico, attraverso i reati di pericolo astratto e delle fattispecie incentrate sul principio di precauzione, può avere nel garantire adeguata tutela ai sistemi ecologici. Il primo capitolo del lavoro è dedicato alla disamina critica delle posizioni dottrinali emerse in ordine alla definizione del pericolo quale elemento costitutivo della fattispecie, mentre il secondo si concentra sull'analisi del principio comunitario di precauzione, con l'obiettivo di segnalare i rischi dell'appiattimento della legislazione penale su tale principio. Nel corso dei successivi capitoli lo studio si concentra sulla complessa realtà della legislazione ambientale e vuole evidenziare, da un lato, come le fattispecie di pericolo astratto presunto mal si prestino a garantire opportuna salvaguardia al sistema complesso costituito dalle matrici ecologiche e, dall'altro, come la recente introduzione dei reati contro il bene ambiente all'interno del codice penale non abbia affatto rimediato ai diversi profili di ineffettività del sistema. In conclusione del lavoro, si propone un nuovo modello di gestione della questione ambientale, fondato su una più marcata valorizzazione dei profili di responsabilità della persona giuridica, unico soggetto realmente in grado di prevenire e contrastare i più gravi fatti di compromissione ambientale.
The thesis aims to investigate the role that criminal law can play in dealing with the so-called "problems of modernity". In particular, the paper investigates the real capabilities that the criminal instrument can have in guaranteeing adequate protection to ecological systems. The first chapter of the work is dedicated to the critical examination of the doctrinal positions in order to define danger as a constitutive element of the crime, while the second focuses on the analysis of the precautionary principle. In the following chapters, the study focuses on the complex reality of environmental legislation and aims to highlight, on one hand, how crimes of abstract danger cannot guarantee adequate protection to the complex system constituted by the ecological matrices and, on the other hand, how the recent introduction of crimes against the environment within the criminal code has not at all remedied the different profiles of ineffectiveness of the system. In conclusion, a new model of managing environmental issue is proposed, based on a more marked enhancement of the profiles of responsibility of the legal person, the only subject really able to prevent and counter the most serious facts of environmental compromise.
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MALDONATO, LUCIA. "QUESTIONI DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA PENALE A PARTIRE DAI REATI AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61786.

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Abstract:
La tesi si propone l'obiettivo di investigare il ruolo che il diritto penale può avere nel fronteggiare i cosiddetti "problemi della modernità". In particolare, ci si interroga sulle reali capacità che lo strumento penalistico, attraverso i reati di pericolo astratto e delle fattispecie incentrate sul principio di precauzione, può avere nel garantire adeguata tutela ai sistemi ecologici. Il primo capitolo del lavoro è dedicato alla disamina critica delle posizioni dottrinali emerse in ordine alla definizione del pericolo quale elemento costitutivo della fattispecie, mentre il secondo si concentra sull'analisi del principio comunitario di precauzione, con l'obiettivo di segnalare i rischi dell'appiattimento della legislazione penale su tale principio. Nel corso dei successivi capitoli lo studio si concentra sulla complessa realtà della legislazione ambientale e vuole evidenziare, da un lato, come le fattispecie di pericolo astratto presunto mal si prestino a garantire opportuna salvaguardia al sistema complesso costituito dalle matrici ecologiche e, dall'altro, come la recente introduzione dei reati contro il bene ambiente all'interno del codice penale non abbia affatto rimediato ai diversi profili di ineffettività del sistema. In conclusione del lavoro, si propone un nuovo modello di gestione della questione ambientale, fondato su una più marcata valorizzazione dei profili di responsabilità della persona giuridica, unico soggetto realmente in grado di prevenire e contrastare i più gravi fatti di compromissione ambientale.
The thesis aims to investigate the role that criminal law can play in dealing with the so-called "problems of modernity". In particular, the paper investigates the real capabilities that the criminal instrument can have in guaranteeing adequate protection to ecological systems. The first chapter of the work is dedicated to the critical examination of the doctrinal positions in order to define danger as a constitutive element of the crime, while the second focuses on the analysis of the precautionary principle. In the following chapters, the study focuses on the complex reality of environmental legislation and aims to highlight, on one hand, how crimes of abstract danger cannot guarantee adequate protection to the complex system constituted by the ecological matrices and, on the other hand, how the recent introduction of crimes against the environment within the criminal code has not at all remedied the different profiles of ineffectiveness of the system. In conclusion, a new model of managing environmental issue is proposed, based on a more marked enhancement of the profiles of responsibility of the legal person, the only subject really able to prevent and counter the most serious facts of environmental compromise.
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Bertarini, Beatrice <1983&gt. "Il principio di precauzione quale strumento di tutela della salute umana: limite o incentivo al commercio dei farmaci?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7110/1/BERTARINI_BEATRICE_TESI.pdf.

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Abstract:
La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.
The study focuses its attention on the analysis of the precautionary principle and its application in the phases that characterize the production chain of the medicine. The precautionary principle is applied when the risk related to an event is not a risk determined, but it is a potential risk because scientific data do not demonstrate a clear connection between the incident and damage The need to minimize the risk associated with the recruitment of a medicinal requires a defense of Public Authority that is implemented through the manufacturing authorization, the marketing authorization, authorization for distribution and marketing.
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Bertarini, Beatrice <1983&gt. "Il principio di precauzione quale strumento di tutela della salute umana: limite o incentivo al commercio dei farmaci?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7110/.

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Abstract:
La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.
The study focuses its attention on the analysis of the precautionary principle and its application in the phases that characterize the production chain of the medicine. The precautionary principle is applied when the risk related to an event is not a risk determined, but it is a potential risk because scientific data do not demonstrate a clear connection between the incident and damage The need to minimize the risk associated with the recruitment of a medicinal requires a defense of Public Authority that is implemented through the manufacturing authorization, the marketing authorization, authorization for distribution and marketing.
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FORTE, FEDERICA. "Tutela giurisdizionale delle imprese nel mercato degli appalti pubblici tra giurisdizione soggettiva ed oggettiva. Il modello processuale ed i profili critici." Doctoral thesis, Università degli Studi di Foggia, 2019. http://hdl.handle.net/11369/382776.

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Abstract:
Il lavoro di tesi ha ad oggetto l’analisi della disciplina del rito speciale in materia di appalti pubblici e si pone lo scopo di individuare il modello processuale in cui inquadrare il rito de quo, oggi disciplinato agli artt. 120 e ss. c.p.a. La rilevanza degli interessi pubblici e privati tutelati, la stretta correlazione tra la tutela giurisdizionale e le dinamiche di mercato, nonché la funzione di “laboratorio processuale”, ove vengono sperimentate importanti innovazioni successivamente estese agli altri rami del processo amministrativo, sono indici dell’influenza esercitata dal rito appalti sull’evoluzione della nostra giustizia amministrativa. Se a ciò si aggiunge che la trasposizione della vecchia disciplina del processo appalti dal Codice dei contratti pubblici al C.p.a. è stata dettata dallo scopo di ridurre i tratti di “eccentricità” che caratterizzavano la normativa ex d.lgs. n. 53 del 2010 per creare un unico modello di tutela dinanzi al giudice amministrativo emerge il pregio dell’obiettivo che la presente ricerca si propone di perseguire, vale a dire saggiare la compatibilità del rito appalti con il modello di processo amministrativo di natura soggettiva accolto dal C.p.a. La metodologia d’indagine prescelta, ossia la lettura in chiave critico-evolutiva non solo del dato normativo, ma anche degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, con particolare riferimento alla giurisprudenza amministrativa, costituzionale e della Corte di Giustizia, unitamente alla ricerca, per ogni disposizione esaminata, delle ragioni che ne hanno determinato l’adozione, consente di ricondurre a sistema i numerosi interventi legislativi che si sono avvicendati nel corso degli anni, rendendo maggiormente intellegibile la ratio delle modifiche legislative del 2016, riscoprendo la primazia di interessi e la riemersione di problematiche che sembravano essere state consegnate al passato. Ebbene, per indagare sulle ragioni della “specialità” e carpire le caratteristiche peculiari del modello processuale in cui inquadrare il rito appalti, l’analisi prende le mosse dalle origini del contezioso de quo, interrogandosi sulle ragioni che hanno determinato l’adozione delle direttive ricorsi di prima e seconda generazione, che fungono da paradigma in ordine al livello minimo di tutela da garantire agli operatori economici dei vari Stati membri dell’UE. L’ampliamento dell’angolo visuale alle origini del contenzioso è essenziale, in quanto consente di comprendere la ratio delle “contaminazioni” di natura oggettiva imposte dal diritto comunitario attraverso l’ingresso negli ordinamenti nazionali di nuovi valori destinati alla realizzazione dei principi del mercato comune europeo. Tali valori incidono inevitabilmente sugli istituti classici della giustizia amministrativa influenzando, in primo luogo, il tipo di sindacato condotto dal g.a., chiamato ad operare un difficile bilanciamento tra gli eterogenei interessi che si agitano nel concreto della fattispecie. Ebbene, la ricerca parte dall’analisi delle direttive ricorsi e prosegue lungo un ipotetico tragitto che conduce sino ai giorni nostri. Attraverso l’esame delle prime disposizioni acceleratorie si individuano le principali peculiarità su cui si basa il rito appalti e si comprende il percorso evolutivo che ha interessato il processo de quo, che, partendo da interventi legislativi sporadici volti a favorire lo “sblocco” delle attività economiche si è, nel corso degli anni, trasformato in un rito abbreviato con regole autonome rispetto al rito ordinario. Successivamente si analizza il d.lgs. n. 53 del 2010 (con cui è stata recepita in Italia la direttiva 2007/66/CE) che decreta la nascita di un “microsistema processuale accelerato con regole autonome” e il definitivo allontanamento del rito appalti dal modello processuale previsto all’art. 23-bis della L. Tar. Nella terza parte della ricerca si esaminano gli artt. 120 e ss. c.p.a. e si cerca di verificare la compatibilità del rito appalti con l’effetto utile delle direttive ricorsi, vale a dire la garanzia dell’effettività della tutela giurisdizionale e dell’effettività della normativa comunitaria, concentrandosi sui punti su cui si è maggiormente incentrato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale riguardo alla riconducibilità del processo appalti ai canoni del modello processuale di natura soggettiva: la latitudine dei poteri esercitabili dal g.a. ex art. 121 e 122 c.p.a. e la natura della giurisdizione. Per verificare la compatibilità del rito appalti con il modello processuale di natura soggettiva, ovvero se esso sia ascrivibile alla nuova categoria dei modelli processuali differenziati di matrice oggettiva, l’indagine è condotta mediante uno studio “multilivello”, ossia non solo si compie una comparazione tra rito appalti e modello processuale ordinario, ma si vaglia la compatibilità di ogni disposizione legislativa esaminata con i canoni del giusto processo amministrativo, sulla base di almeno altri tre livelli: costituzionale, comunitario (le direttive ricorsi) ed internazionale (CEDU). Tale metodologia d’indagine, arricchita dall’analisi degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia, consente di giungere alla conclusione che il processo de quo corrisponde ad un modello processuale ibrido, prevalentemente di natura soggettiva, ma con “aperture parziali” di diritto oggettivo, compatibile sia con il dettato costituzionale, che con la ratio delle direttive ricorsi, dal momento che sembra essere raggiunto un giusto punto di equilibrio tra la tutela oggettiva della concorrenza e l’effettività della tutela giurisdizionale. Diversamente, il rito “super-speciale” e le modifiche apportate al processo appalti ex d.lgs. n. 50 del 2016, si pensi soprattutto alla tutela cautelare, oggetto di approfondita analisi nella quarta parte della ricerca, estremizzano le aperture oggettivistiche già presenti nella disciplina del rito appalti e decretano la sua riconducibilità nell’alveo dei “modelli processuali differenziati” di matrice oggettiva. Lo studio offre l’occasione per riflettere sulla compatibilità delle innovazioni esaminate con le tradizionali categorie giuridiche (legittimazione ad agire, interesse a ricorrere) e sui pericolosi effetti sulla dogmatica generale delle situazioni giuridiche soggettive. Coloro che ritengono che le innovazioni apportate comportino una trasfigurazione delle tradizionali categorie giuridiche, con conseguente sconfinamento in una giurisdizione di tipo oggettivo che limita fortemente la tutela giurisdizionale, pongono dubbi di legittimità costituzionale e compatibilità comunitaria dell’art. 120, co. 2-bis, 6-bis, c.p.a. Al termine della ricerca si giunge alla conclusione che i suddetti dubbi non derivano tanto dal catalogare le innovazioni legislative del 2016 e il rito super-speciale in un modello processuale di matrice oggettiva (non vietato totalmente dalla Costituzione), quanto dall’eccessiva limitazione della tutela giurisdizionale, che avviene a prescindere dall’indirizzo ermeneutico a cui si ritiene di aderire (che, a seconda dei casi, inscrive il rito de quo nel modello processuale di natura soggettiva od oggettiva). Pertanto, si individua la vera responsabile della limitazione della tutela giurisdizionale nella celere prosecuzione dell’azione amministrativa senza “turbamenti giurisdizionali”. La limitazione avviene deflazionando il contenzioso attraverso la riduzione dei ricorsi giurisdizionali, in contrasto con l’esercizio del diritto di azione e di difesa. Travisando e strumentalizzando il considerando 122 della direttiva 2014/24/UE torna prevalente l’interesse di natura patrimoniale della stazione appaltante “alla sollecita esecuzione dell’opera” nel suo solo ed esclusivo interesse e non nell’interesse dei partecipanti alla gara, in aperta antitesi con la ratio delle direttive ricorsi. Difatti, nel bilanciamento degli interessi operato dal legislatore italiano sembra che l’interesse pubblico al rilancio dell’economia e il principio di ragionevole durata del processo, quale proiezione dell’esigenza di celerità, siano irragionevolmente prevalsi sulla garanzia di accesso alla giustizia e sul principio di effettività della tutela giurisdizionale.
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Fornaciari, B. "LA DIRETTIVA 2012/13/UE SUL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE.LA CONOSCENZA NEL PROCESSO PENALE FRA UNIONE EUROPEA E ORDINAMENTO INTERNO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/369477.

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Abstract:
La presente ricerca si propone di analizzare la Direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali ed il suo impatto sul sistema processuale italiano. L'analisi prende le mosse da un primo capitolo dedicato al sistema multilivello delle fonti: sul panorama nazionale e sovranazionale, infatti, la direttiva è solo l'ultima norma, in ordine di tempo, a disciplinare il diritto fondamentale alla conoscenza dell'indagato e dell'imputato. Necessario quindi apprestare una panoramica delle fonti che garantiscono la protezione multilevel dei diritti, e descrivere le loro reciproche interazioni. Imprescindibile, poi, un approfondimento sulla tutela dei diritti nello Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia dell'UE, con un'attenzione particolare all'era post-Lisbona ed al valore aggiunto che le direttive ex art. 82 co. 2 TFUE possono portare sul sistema multilevel. Il secondo ed il terzo capitolo sono dedicati all'analisi normativa della fonte europea. La trattazione si muove lungo le tre visuali prospettiche che la norma europea attribuisce al diritto all'informazione: diritto alla conoscenza dei propri diritti; diritto alla conoscenza dell'accusa; diritto alla conoscenza degli atti di indagine. Le disposizioni europee vengono continuamente integrate con la giurisprudenza della Corte EDU, che inietta di significato le norme della direttiva e fornisce gli standards di tutela laddove non specificati. Vengono messe in rilievo le disposizioni più innovative, che consentono alla direttiva di non essere solo “codificazione” del case law di Strasburgo, ma fonte autonoma e progredita di diritti. Il capitolo finale è infine focalizzato sull'impatto che la direttiva ha prodotto sul sistema processuale interno. La trattazione è suddivisa tra l'analisi delle modifiche apportate dalla normativa di attuazione italiana, d. lgs. 101/2014, e la disamina delle sue lacune: il legislatore ha dato luogo ad un intervento minimalista, omettendo di dare esecuzione proprio alle disposizioni europee più innovative che avrebbero permesso al nostro sistema di essere in linea con i dettami sovranazionali. Particolare attenzione è data al tema delle modifiche all'imputazione e al principio Iura novit curia, sulla scorta dei punti saldi elaborati dalla Corte EDU nel noto caso Drassich. In conclusione, vengono proposti gli scenari futuri che potrebbero conseguire all'efficacia diretta della direttiva e alla penetrazione, per il suo tramite, delle norme CEDU nell'ordinamento giuridico nazionale.
The present research examines the European Directive on the right to information in criminal proceedings (Directive 2012/13/EU, hereinafter ‘the Directive’), assessing the impact that it is likely to have on the Italian legal system. Before analyzing the legislation, the thesis provides an historical overview of the status of human rights safeguards in the EU and a description of its multi-layered system of protection. Starting from the early ECJ case law setting out a ‘human rights theory’, the research moves on to consider the Charter of Nice and the development of a European Area of Criminal Justice, until the Stockholm Program and the entry into force of the Lisbon Treaty. In addition, it addresses the question as to whether and to what extent the directives ‘of new generation’ based on art. 82 par. 2 TFEU bring an added value to the aforementioned human rights protection system. Chapters 2 and 3 of the research focus on the analysis of the legislation and on the three meanings that the Directive attaches to the right to information in criminal proceedings, namely, the right to information about rights, the right to information about accusation, and the right to information about case file. The effort is shedding some light on the most innovative prescriptions, while at the same time highlighting how much the EU legislation owes to the ECtHR case law, which is used as a yardstick for the evaluation and interpretation of the Directive. Finally, Chapter 4 addresses the Italian implementing legislation (d. lgs. 101/2014) and the impact of the Directive on our legal system. It finds that the NIM is highly unsatisfactory, as the Italian legislator has failed to comply with the most innovative EU standards. In this regard, the research illustrates the impact of EU prescriptions on the jurisdiction of national judges, in particular, the impact of the ‘new’ right to information about accusation. It concludes that Italian judges can (in)directly apply ECtHR case law standards due the direct effect of the Directive (which can be regarded as an ‘ECtHR case-law codification’).
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Books on the topic "Principio di effettività della tutela"

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Corn, Emanuele. Il principio di precauzione nel diritto penale: Studio sui limiti all'anticipazione della tutela penale. Torino: G. Giappichelli editore, 2013.

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1961-, Astone Francesco, ed. La differenziazione dei riti processuali tra certezza ed effettività della tutela: Atti del convegno di Catanzaro, 18-19 ottobre 2007. Soveria Mannelli: Rubbettino, 2009.

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Tordini Cagli, Silvia. Principio di autodeterminazione e consenso dell'avente diritto. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg238.

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Abstract:
La tematica del consenso dell’avente diritto viene affrontata con particolare riferimento al fondamento, alla collocazione sistematica e ai limiti di efficacia di questo istituto, attraverso un percorso che coinvolge profili di diritto costituzionale, di filosofia morale e di criminologia, oltre, che, naturalmente, più prettamente penalistici. Il riconoscimento di una rilevanza alla volontà della vittima nell’ambito dell’ordinamento penale non è un dato di immediata evidenza, essendo il diritto penale ramo del diritto pubblico caratterizzato da un rapporto di subordinazione del singolo allo Stato; ciononostante il consenso ha sempre avuto un ruolo nella determinazione della responsabilità penale. Negli attuali ordinamenti democratici, soprattutto con l’entrata in vigore delle Costituzioni repubblicane, si riscontra una tendenza ad una sempre maggiore valorizzazione della libertà di autodeterminazione del soggetto in relazione alla gestione dei propri beni e/o diritti. Affrontare la questione del fondamento del consenso dell’avente diritto e della sua efficacia nell’ambito del diritto penale significa interrogarsi sul fondamento e sui limiti del diritto di autodeterminazione, essenza del consenso stesso. Poter individuare un fondamento costituzionale del diritto di autodeterminazione significa, oggi, garantire la massima estensione al consenso dell’avente diritto. È in questa ottica che si snoda il percorso di approfondimento seguito dall’autrice, al fine di ampliare l’alveo dei diritti disponibili, con un rifiuto netto del principio del c.d. paternalismo (forte) quale criterio di legittimazione dell’intervento penale e negazione, dunque, della legittimità di una tutela (penale) dell’individuo "da se stesso". Silvia Tordini Cagli è attualmente ricercatore di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna. È altresì titolare dell’insegnamento di Diritto penale generale e del lavoro nell’ambito del corso di laurea per Consulente del lavoro. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Parma ed è stata titolare di assegno di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Bologna. Tra le sue pubblicazioni si segnala: "Peculato e malversazione", voce in Digesto delle discipline penalistiche , vol. IX, Torino, 1995, 334 ss.; Condotta della vittima ed analisi del reato , in "Rivista italiana di diritto e procedura penale", 2000, 3, 1148 ss.; "La rilevanza penale dell’eutanasia tra indisponibilità della vita e principio di autodeterminazione", in Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona , a cura di S. Canestrari e G. Fornasari, Bologna, 2001; "Delitto preterintenzionale e principio di colpevolezza", in Casi e materiali di diritto penale , Parte generale, vol. I, a cura di A. Cadoppi, S. Canestrari, Milano, 2002; "Accanimento terapeutico o eutanasia neonatale?", in Medicina, bioetica e diritto , a cura di P. Funghi e F. Giunta, Pisa, 2005, 265 ss.; "Consenso dell’avente diritto", voce in Il Diritto , Enc. Giur. del Sole 24 ore, 2007, vol. III.
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Rasia, Carlo. La crisi della motivazione nel processo civile. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg283.

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Abstract:
La crisi della motivazione diventa un nuovo e diverso fenomeno di “patologia giudiziaria”, in quanto i rimedi apprestati dalle recenti riforme normative – sulla struttura, sul contenuto e sul controllo motivazionale delle sentenze – non riescono a fornire una soluzione al problema generale dell’aumento del carico giudiziario, il quale continua a trovare il principale “collo di bottiglia” nel momento della redazione della parte motiva della decisione. L’idea di riconoscere uno stretto legame tra completezza argomentativa e correttezza della motivazione – frutto di una cultura crociana ispirata all’eleganza estetico-letteraria – non risulta più attuale ed è destinata al tramonto, poiché non giova innanzitutto all’efficacia e ai tempi della giustizia. Si sta facendo oggi avanti l’idea di una motivazione che punta più al rafforzamento del proprio profilo funzionale che di quello formale: flessibile, deformalizzata ed improntata a conciliare i bisogni di effettività della tutela delle parti con le esigenze di efficienza del sistema. Si cerca, infatti, di rendere una motivazione comprensibile ed idonea ad esplicitare il ragionamento decisorio ma, al contempo, di giungere alla conclusione della lite in tempi ragionevoli. In questo volume, l’autore, dopo un’attenta analisi della disciplina vigente e della giurisprudenza di legittimità, propone una lettura sistematica della motivazione all’interno di una più ampia visione del nostro sistema processuale contemporaneo, giungendo al risultato che essa è, da un lato, in crisi, ma dall’altro, comincia a rinascere a nuova vita, ponendosi più in linea con le molteplici forme e contenuti che caratterizzano oggi la decisione giudiziaria. Un costrutto motivazionale, dunque, sempre più vicino a un processo civile prossimo a lasciare modelli rigidi per schemi flessibili e semplificati, nel quale si affida al giudice e alla sua sensibilità il potere di calibrare anche il momento decisorio, rendendolo più aderente allo scopo del singolo processo
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Torre, Valeria. La «privatizzazione» delle fonti di diritto penale. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg266.

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Abstract:
Il declino della legislazione di fonte statuale e la progressiva espansione della tendenza alla cosiddetta autonormazione hanno determinato un fenomeno per effetto del quale la disciplina di ampi settori delle attività sociali non è più rimessa all’originaria competenza statale, ma è, invece, affidata a quelli che sono i suoi più diretti destinatari, sì da dar luogo ad una sostanziale autodisciplina dei loro rapporti. Tali procedure di autoregolamentazione urtano, sul terreno del diritto penale, con il principio-cardine di questo ramo dell’ordinamento giuridico, che è rappresentato dal principio di [ii]riserva di legge . L’Autrice ritiene che questo contrasto possa essere superato in forza delle garanzie di democraticità interna che quelle procedure di autonormazione e di co-legislazione assicurano; e che, d’altra parte, le statuizioni, che ne sono il prodotto, paiono garantire un grado di effettività ben maggiore di quello associabile a quelle promananti da una legislazione statuale (che si vuole) esposta ad un alto grado di ineffettività. La materia sulla quale viene vagliata la tenuta complessiva di questi assunti è la disciplina penale della sicurezza sul lavoro. Si intraprende, in tal senso, un’ampia e articolata indagine comparata, che ha ad oggetto i paesi di common law e in particolare i modelli offerti dall’esperienza inglese e statunitense. Questa documentata disamina vale a confortare l’assunto per cui il ricorso all’autodisciplina, in sede di normazione avente ad oggetto la sicurezza sul lavoro nelle imprese, lungi dal condurre a riedizioni occulte del liberismo, garantisce il rispetto di tutti gli interessi in gioco; ciò in specie se e nella misura in cui alla stessa autodisciplina si abbina un sistema di controlli pubblici efficienti.
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Casale, Davide. L'automaticità delle prestazioni previdenziali. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg289.

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Abstract:
Il volume s’incentra sul principio d’automaticità delle prestazioni previdenziali, in base al quale a talune condizioni esse spettano al lavoratore anche quando la contribuzione obbligatoria non sia stata versata dal datore. Questa tutela mitiga i deleteri effetti dell’omissione contributiva, contemperando la necessità di finanziamento del sistema con le fondamentali esigenze di solidarietà sociale, ai fini dell’effettività e, quindi, dell’adeguatezza delle provvidenze(art. 38 Cost.). Nel centenario dalla sua prima apparizione in Italia nella disciplina infortunistica del 1917,la progressiva affermazione di questo principio, confluito nel Codice civile (art. 2116 c.c.), viene ricostruita criticamente sino agli sviluppi recenti. Anche a seguito di un’esplicita giurisprudenza costituzionale di fine secolo, difatti, è tutt’ora in corso un’espansione dell’ambito d’applicazione oggettivo e soggettivo di questa tutela. L’automaticità è declinata dal legislatore in maniera non omogenea per le diverse prestazioni: l’attenzione viene qui concentrata sulla tutela d’invalidità, vecchiaia e superstiti, al cui proposito si pongono le più delicate questioni di bilanciamento valoriale. Al centro della trattazione sono le responsabilità correlate all’automaticità dei diritti previdenziali, in particolare quelle del datore e dell’ente previdenziale. L’idea di responsabilità assume importanza anche con riguardo al crescente ruolo del lavoratore. Dalla ricostruzione emerge come la modulazione legale dei limiti, condizionanti l’applicazione dell’automaticità delle prestazioni, sia funzionale alla convergenza dell’interesse individuale con l’interesse pubblico: l’uno inerente all’integrità della posizione contributiva e l’altro all’effettività della riscossione.
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Pacilli, Matteo. L’abuso dell’appello. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg277.

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Abstract:
Questa riflessione sistematica sull’abuso dell’appello muove dalla constatazione della difficoltà di assicurare la tutela giurisdizionale nel doppio grado: il principio costituzionale di ragionevole durata del processo si riflette nel concetto di abuso, vale a dire nella richiesta di protezione giuridica di posizioni che non ne sono meritevoli. Le recenti e non terminate tensioni legislative, che hanno visto l’introduzione nel 2012 del c.d. filtro in appello, esprimono la fatica nel trovare un giusto equilibrio fra il diritto di difesa e la necessità di sfoltire rapidamente le impugnazioni abusive. Tradizionalmente, l’interesse ad impugnare è stato identificato con la semplice soccombenza. L’autore propone, invece, di integrare tale presupposto dell’azione impugnativa con la sussistenza di una ragionevole attesa di ottenere un risultato utile. Se questo ulteriore elemento manca, l’appello risulta carente di interesse e quindi abusivo, il che giustifica l’adozione, da parte del legislatore, di misure (quelle attuali o altre diverse e future) idonee a permettere la reiezione dell’impugnazione in via immediata. Il punto non è solo italiano e l’autore lo dimostra analizzando le soluzioni di altri sistemi, da quello dell’Unione europea a quello tedesco, talora impropriamente assunto a modello della riforma del 2012. Le tesi svolte nel volume si distaccano, in una certa misura, dalla posizione della dottrina prevalente che ha ampiamente criticato l’introduzione del filtro in appello, proponendo invece una lettura che, almeno in parte, recupera in positivo l’iniziativa del legislatore
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Tubertini, Claudia. Pubblica amministrazione e garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg242.

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Abstract:
L’opera si propone di verificare l’Incidenza sulla Pubblica Amministrazione della nuova previsione contenuta all’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione, che affida al legislatore statale la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (i cd. LEP). Se, da un lato, il riconoscimento di maggiori competenze alle autonomie territoriali può incidere sul concreto godimento dei diritti, d’altro lato nella Costituzione attuale esistono numerosi strumenti che consentono di differenziare lo status delle Regioni e degli enti locali, garantendo, al contempo, parità di accesso su tutto il territorio nazionale alle prestazioni ritenute coessenziali alla cd. cittadinanza sociale. Tra questi strumenti, vi è senza dubbio la previsione dei LEP che, se correttamente interpretata alla luce del principio di uguaglianza, può costituire uno strumento per il superamento di tutte le disuguaglianze, derivanti o meno dall’intervento degli enti sub-statuali, e può consentire al livello nazionale di mantenere entro i binari del federalismo cooperativo l’attuale sistema amministrativo. Da tale lettura discendono precise conseguenze sull’interpretazione dei contenuti e dello spessore che può rivestire la disciplina dei LEP, la quale non solo può abbracciare, entro certi limiti, aspetti qualitativi, quantitativi ed organizzativi (e dunque assumere una funzione di indirizzo dell’amministrazione e della relativa organizzazione), ma può anche giustificare la creazione di meccanismi di finanziamento basati sulla predeterminazione dei costi di erogazione e di meccanismi di monitoraggio dell’effettiva erogazione. Nel campo della tutela della salute, l’analisi dell’esperienza sinora condotta mostra il positivo sforzo compiuto dallo Stato e dalle Regioni nell’identificazione delle prestazioni essenziali sulla base dei principi di pertinenza, efficacia e, soprattutto, appropriatezza, intesa come contemperamento tra idoneità alla soddisfazione dei bisogni dei destinatari e concreta realizzabilità, alla luce delle complessive condizioni organizzative e finanziarie del servizio; la conclusione è un sostanziale apprezzamento (sia pure a fronte delle inevitabili difficoltà attuative e di alcune indubbie forzature del testo costituzionale, nella direzione di un riaccentramento di competenze) della direzione intrapresa, con metodo collaborativo, per garantire l’erogazione dei LEA su tutto il territorio nazionale e, dunque, per rendere effettivo anche il “dovere di adeguatezza organizzativa” che ricade sulla Pubblica Amministrazione.
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