Academic literature on the topic 'Principi generali del diritto penale'

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Journal articles on the topic "Principi generali del diritto penale"

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Wołodkiewicz, Witold. "LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ." Zeszyty Prawnicze 1 (January 27, 2017): 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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Abstract:
LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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Barbera, Marzia. "Trasformazioni della figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 126 (July 2010): 203–55. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2010-126001.

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Abstract:
Il saggio analizza le trasformazioni subite dalla figura del datore di lavoro a seguito dei grandi mutamenti economici e sociali che hanno interessato l'ultima parte del secolo scorso, nonché le risposte che il diritto del lavoro ha dato a questi mutamenti. Viene, dapprima, descritta la disarticolazione dello spazio interno dell'impresa, con i processi di frammentazione ed esternalizzazione del ciclo produttivo, che hanno dato nuova centralitŕ alla questione di chi sia il datore di lavoro; e, successivamente, la disarticolazione spaziale esterna, dovuta all'allargarsi dei confini del mercato su scala transnazionale, che ha determinato un'accresciuta scelta da parte del datore del diritto che governa il rapporto di lavoro. Il saggio descrive poi come il diritto del lavoro ha affrontato le conseguenze di tali processi, ed in particolare la disarticolazione delle responsabilitŕ datoriali e la creazione per il datore di nuovi ambiti di immunitŕ nell'esercizio dei propri poteri. Le nuove tecniche di tutela impiegate sono prevalentemente di tipo relazionale, intervengono, cioč, in relazioni nelle quali diritti e doveri delle parti non sono interamente determinati a priori, e lo fanno attraverso strumenti quali l'adozione di criteri di attribuzione funzionale delle responsabilitŕ datoriali fra diverse entitŕ economiche e attraverso varie forme di bilanciamento di interessi, mediate dalle clausole generali e dai principi di eguaglianza e ragionevolezza. Ne risultano un'accentuata flessibilizzazione delle regole giuridiche e un tasso piů elevato di incertezza e imprevedibilitŕ del diritto, ma anche la scoperta di nuove funzioni dei principi e dei diritti fondamentali.
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Castellani, Cesare. "Essere madri nella separazione." MINORIGIUSTIZIA, no. 3 (January 2021): 93–103. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-003010.

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Abstract:
Dopo un'analisi introduttiva dei principi generali in materia di affidamento della prole in seguito alla scissione della coppia genitoriale e in particolare sul principio della bigenitorialità, il contributo riflette in prospettiva di genere su alcuni "nodi" del diritto vivente della separazione legale. Viene così esaminata la questione degli effetti economici della separazione, con un particolare riguardo alle ricadute della suddetta sulla figura materna e alla questione della cosiddetta violenza economica. Inoltre, si approfondisce la tematica della violenza di genere ed in particolare si esaminano: gli strumenti giuridici per contrastarla, l'approccio dei giudici ai procedimenti di separazione caratterizzati dalla presenza di condotte violente e la rilevanza attribuita a quest'ultime nella decisione del regime di affidamento dei figli minori.
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Caporale, Maria. "Aspetti civilistici e penalistici della maternità su commissione." Medicina e Morale 44, no. 1 (February 28, 1995): 91–111. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.992.

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Abstract:
L'articolo esamina i riflessi giuridici in campo civile e penale del fenomeno della "maternità su commissione" affrontando il problema della frontiera etica del progresso scientifico. L'Autrice individua i rischi connessi all'insorgere di tali pratiche "sostitutive"descrivendo una molteplicità di situazioni limite: la frammentazione delle funzioni della maternità (ovulazione, gestazione, educazione) che tecnicamente possono essere ricondotte a soggetti diversi; il conseguente smarrimento dell'identità materna; l'enfatizzazione di un presunto diritto del singolo alla procreazione; il sacrificio-distruzione di embrioni superflui; i danni psico-sociali connessi alla frantumazione delle strutture parentali e dei modelli di genitorialità socialmente consolidati; la destrutturazione deii'ordine giuridico che compromette l'identità certa del soggetto. Molte le questioni poste all'attenzione del giurista: dalla definizione di uno statuto per l'embrione, alla tutela di beni essenziali quali l'unità familiare, alla salvaguardia del valore della procreazione, alla liceità dei mezzi e dei fini che caratterizzano le applicazioni in campo scientifico. Le considerazioni svolte trovano un sostegno culturale e giuridico in numerose leggi, Convenzioni e Dichiarazioni sia nazionali che sovranazionali. L'Autrice analizza poi brevemente le soluzioni legislative offerte dai diversi Paesi alla luce di principi internazionali. Emerge l'esigenza della formulazione di una disciplina globale del diritto alla vita prenatale, di una regolamentazione organica di tipo penalistico di beni essenziali e la predisposizione di adeguate garanzie al fine di tutelare un'ampia serie di beni complementari, con specificazioni rispetto a particolari questioni tecniche.
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Delval, Eugénie. "The Kunduz airstrike before the European Court of Human Rights: a glimmer of hope to expand the Convention to UN military operations, or a tailored jurisdictional link?" Military Law and the Law of War Review 59, no. 2 (January 19, 2022): 244–75. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.02.04.

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Abstract:
On 16 February 2021, the Grand Chamber of the European Court of Human Rights ruled, in Hanan v. Germany, that Germany exercised its extraterritorial jurisdiction for the purpose of its procedural obligation under Article 2 of the European Convention on human rights to investigate the airstrike it carried out in Afghanistan within the framework of a United Nations Security Council resolution. To establish an extraterritorial jurisdictional link, the Court relied on the ‘special features’ threshold that it has recently introduced in its jurisprudence, along with the threshold of the ‘institution of a criminal investigation’. This potentially extends the standards of protection under the ECHR to situations where Contracting States are carrying out massive military operations in armed conflict, such as airstrikes, even within the framework of a UN mandate. Nonetheless, the Court remains cautious not to formulate general theories of jurisdiction and retains a very strict (and casuistic) control over the new jurisdictional thresholds. Le 16 février 2021, la Grande Chambre de la Cour européenne des droits de l’homme a conclu, dans l’affaire Hanan c. Allemagne, que l’Allemagne a exercé sa juridiction extraterritoriale en invoquant son obligation procédurale, découlant de l’article 2 de la Convention européenne des droits de l’homme, d’enquêter sur la frappe aérienne menée en Afghanistan dans le cadre d’une résolution du Conseil de sécurité des Nations Unies. Pour établir un lien juridictionnel extraterritorial, la Cour s’est appuyée sur la notion de « circonstances propres » qu’elle a récemment introduite dans sa jurisprudence, ainsi que celle d’« institution d’une procédure pénale ». Cela étend potentiellement les normes de protection en vertu de la CEDH à des situations où les États signataires mènent des opérations militaires de grande envergure dans un conflit armé, telles que des frappes aériennes, même dans le cadre d’un mandat des Nations Unies. Néanmoins, la Cour ne se risque pas à formuler des théories de juridiction générales et maintient un contrôle très strict (et au cas par cas) sur les nouveaux seuils juridictionnels. Op 16 februari 2021 oordeelde de Grote Kamer van het Europees Hof voor de Rechten van de Mens in de zaak Hanan tegen Duitsland dat Duitsland zijn extraterritoriale rechtsmacht uitoefende in toepassing van zijn procedurele verplichting krachtens artikel 2 van het Europees Verdrag voor de Rechten van de Mens om een onderzoek in te stellen naar de luchtaanval die het uitvoerde in Afghanistan in het kader van een resolutie van de Veiligheidsraad van de Verenigde Naties. Om een extraterritoriale rechtsbevoegdheidsband vast te stellen, baseerde het Hof zich op de drempel van de ‘specifieke omstandigheden’ die het onlangs in zijn rechtspraak heeft ingevoerd, net zoals de drempel van de ‘instelling van een strafrechtelijk onderzoek’. Hierdoor kunnen de beschermingsnormen krachtens het EVRM mogelijk worden uitgebreid tot situaties waarin verdragsluitende staten grootschalige militaire operaties uitvoeren in een gewapend conflict, zoals luchtaanvallen, zelfs in het kader van een VN-mandaat. Niettemin blijft het Hof voorzichtig met het formuleren van algemene theorieën over rechtsbevoegdheid en behoudt het een zeer strikte (en casuïstische) controle over de nieuwe drempels inzake rechtsbevoegdheid. Il 16 Febbraio 2021 la Grande Camera della Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che, nella causa Hanan v. Germany, la Germania ha esercitato, ai fini del suo obbligo procedurale ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la sua giurisdizione extraterritoriale per indagare sul bombardamento aereo che, nel quadro di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha effettuato in Afghanistan. Per stabilire un legame giurisdizionale extraterritoriale, la Corte si è basata sui principi delle “caratteristiche speciali” che ha recentemente introdotto nella sua giurisprudenza, insieme a quelli della “istituzione di un’indagine penale”. Questo estende potenzialmente gli standard di protezione della CEDU a situazioni in cui gli Stati contraenti stanno conducendo operazioni militari di massa in un conflitto armato, come gli attacchi aerei, anche entro il quadro di un mandato delle Nazioni Unite. Tuttavia, la Corte rimane cauta nel non formulare teorie generali di giurisdizione e mantiene un controllo molto rigoroso (e sul caso) sulle nuove soglie giurisdizionali. El 16 de febrero de 2021, la Gran Sala del Tribunal Europeo de Derechos Humanos dictaminó, en Hanan vs. Alemania, que Alemania ejerció su jurisdicción extraterritorial, a efectos de cumplir la obligación procesal en virtud del artículo 2 del Convenio Europeo de Derechos Humanos, al investigar el ataque aéreo que se llevó a cabo en Afganistán en el marco de la ejecución de una resolución del Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas. Para establecer un vínculo jurisdiccional extraterritorial, el Tribunal se basa en el umbral de las “características especiales” que ha introducido recientemente en su jurisprudencia, junto con el umbral de la “instrucción de una investigación penal”. Esto amplía potencialmente los estándares de protección bajo el CEDH a situaciones donde los Estados Contratantes llevan a cabo operaciones militares masivas en conflictos armados, tales como ataques aéreos, incluso dentro del marco de un mandato de la ONU. No obstante, el Tribunal se mantiene cauteloso para no formular teorías generales sobre jurisdicción y mantiene un control muy estricto (y casuístico) sobre los nuevos umbrales jurisdiccionales. Am 16. Februar 2021 hat die Große Kammer des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte in der Sache Hanan vs. Deutschland entschieden, dass Deutschland seine extraterritoriale Gerichtsbarkeit zum Zwecke seiner Verfahrenspflicht nach Artikel 2 der Europäischen Menschenrechtskonvention ausgeübt hat, um den von ihm im Rahmen einer Resolution des UN-Sicherheitsrates durchgeführten Luftangriff zu untersuchen. Zur Feststellung eines extraterritorialen Gerichtsbarkeitsbands basierte sich der Gerichtshof auf die Schwelle der ‘besonderen Merkmale’, die er vor Kurzem in seiner Rechtsprechung eingeführt hat, ebenso wie die Schwelle der ‘Einleitung eines Ermittlungsverfahrens’. Dies weitet die Standards des Schutzes gemäß der EMRK potenziell auf Situationen aus, in denen Vertragsstaaten in einem bewaffneten Konflikt groß angelegte Militäreinsätze, wie Luftangriffe, selbst im Rahmen eines UN-Mandats, durchführen. Trotzdem ist der Gerichtshof weiterhin behutsam, indem er vermeidet, allgemeine Theorien über die Gerichtsbarkeit zu formulieren, und erhält er eine sehr strikte (und kasuistische) Kontrolle über die neuen Gerichtsbarkeitsschwellen aufrecht.
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Donati, Luigi, and Mariachiara Tallacchini. "Ingegneria tessutale: bioetica e prodotti bioartificiali." Medicina e Morale 46, no. 2 (April 30, 1997): 267–85. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.882.

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Abstract:
Con ingegneria tessutale (IT) si fa riferimento a un campo disciplinare che applica i principi dell’ingegneria e delle scienze della vita per la realizzazione di sostituti biologici che ripristinino, mantengano o migliorino le funzioni di tessuti o organi. Questo nuovo settore di ricerca e applicazione clinica, che attualmente consente di realizzare principalmente cute, cartilagine e osso semiartificiali, può in prospettiva sostituire le tecnologie dei trapianti di organi naturali. Ma l’ingegneria dei tessuti pone dei quesiti bioetici: alcuni di tipo generale, implicati anche da altre questioni di interesse bioetico, altri ad essa peculiari. Quesiti generali sono, per esempio, i limiti della donazione di tessuti e i rapporti tra il mercato e la scienza. Un problema che l’ingegneria dei tessuti pone invece con sfumature inedite verte sullo statuto da riconoscere ai prodotti bioartificiali: entità che utilizzano (in alcuni casi) tessuti umani, ma che si collocano al confine tra naturale e artificiale. Interessante è, inoltre, nella ridefinizione della coppia naturale/artificiale, il ruolo assunto dal diritto, che in particolare con le norme sulla brevettabilità del biologico - integra ormai la scienza nella definizione delle stesse realtà scientifiche, e che diventa, quindi, al pari della scienza, un elemento fatturale da sottoporre al vaglio etico. Data la novità della materia, l’articolo ha un intento essenzialmente descrittivo: l’esposizione dei più importanti conseguimenti dell’ingegneria dei tessuti e dei temi di interesse bioetico che esigono un dibattito.
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Cafagno, Maurizio. "L'evoluzione delle procedure di gara, alla ricerca di un bilanciamento tra le ragioni dell'efficienza economica e le ragioni dell'imparzialità amministrativa." ECONOMIA PUBBLICA, no. 3 (November 2021): 55–80. http://dx.doi.org/10.3280/ep2021-003003.

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Abstract:
Lo scritto muove dalla constatazione che studi ed osservazioni empiriche illu-strano come la disomogenea distribuzione di informazioni tra soggetti che si tro-vano a negoziare alimenta l'incertezza e concede spazio all'opportunismo, in-nalzando i costi di transazione. Calando, però, la questione strategica della miti-gazione dell'opportunismo all'interno dei tre diversi ordini di rapporti chiamati in causa dalle negoziazioni pubbliche, ossia il rapporto tra pubblica amministrazio-ne e funzionari, tra pubblica amministrazione e concorrenti e tra pubblica am-ministrazione e contraenti, possono affiorare delle prospettive legittime che, uscendo dalle strettoie della modellistica contabile familiare alla prassi giuridica , consentano di acquisire e sfruttare nuova informazione, in corso di gara, adat-tando stime e proposte e consentendo, in tal modo, di guadagnare parecchio in termini di efficienza. In definitiva ed in sintesi, teoria ed esperienza, che trovano ampio supporto ed ispirazione nel diritto europeo, inducono a pensare che l'obiettivo di innalzare efficienza e convenienza dei meccanismi di gara postula il ricorso a modelli di-versificati, aperti a gradi variabili di flessibilità. A ben vedere il diritto europeo, assumendo il patrocinio di procedure contrattuali più aperte e di criteri di bilan-ciamento più flessibili, ispirati dall'idea che la stretta sorveglianza dei funzionari e delle amministrazioni non sia la finalità incondizionatamente prioritaria, ac-credita piuttosto l'idea che gli oneri del formalismo vadano sopportati soltanto sinché si può supporre che ne discendano benefici superiori in termini di stimolo all'intensificazione degli scambi. Lo scritto approda alla conclusione che l'efficienza vada considerata alla stregua di una variabile endogena, e non esogena, rispetto alle politiche di promozione della concorrenza. Onde, sarebbe utile convalidare anche nel nostro ordinamento un criterio di libertà delle forme procedimentali, almeno per i cosiddetti contratti esclusi, che non sempre e non necessariamente siano tenute a tradursi in procedure di gara, fatta salva la possibilità di accesso alla tutela giurisdizionale per l'aspirante che dimostri di aver subito gli effetti lesivi e discriminatori della violazione dei principi generali.
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Góralski, Wojciech. "Ewolucja ustawodawstwa Kościoła łacińskiego w przedmiocie małżeństwa katolika z nieochrzczonym." Prawo Kanoniczne 49, no. 1-2 (June 15, 2006): 139–70. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2006.49.1-2.06.

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Abstract:
La Chiesa fin dall’inizio della sua attività ha ritenuto, per salvare la fede dei propri credenti, di proibire il matrimonio di un cattolico con una persona non battezzata. Questa proibizione abbracciava del resto anche il matrimonio di un cattolico con la parte battezzata appartenente pero all’eresia o alla scisma. Solo nel XIII secolo nella dottrina si è cominciato a distinguere fra l’impedimento dirimente esistente fra cattolico e non battezzato (disparitas cultus) e l’impedimento proibente esistente fra cattolico e un battezzato non cattolico (chiamato poi mixta religio). La disciplina giuridica della Chiesa Latina relativa all’impedimento di disparità di culto, come del resto a quella mixta religio, nel medioevo, quindi dopo il Trento e nei secoli seguenti incluso il periodo della vigenza del Codice di Diritto Canonico del 1917 era improntata da un rigore e ad una intransigenza assolutamente incompatibili con quell’atteggiamento di apertura e di comprensione verso le altre forme di credenza che ha iniziato il Concilio Vaticano II. Il nuovo clima ecumenico ha permesso di cambiare assai sostanzialmente la disciplina tradizionale nel campo dei matrimoni misti, tra l”altro per quanto riguarda l’unione di un cattolico con un non battezzato. Una riforma su questa materia apparve pertanto urgente. L’Istruzione „Matrimonii Sacramentum” della S. Congregazione per la Dottrina della Fede del 18 marzo 1966 è stato il primo passo nella strada verso gli ulteriori cambiamenti. Il papa Paolo VI per cui il problema dei matrimoni misti era uno dei più scottanti e urgenti ha proposto ai membri della prima assamblea generale del Sinodo dei Vescovi (nel ottobre 1967) un fascicolo dal titolo „Argmumenta de quibus disceptabitur in primo generali coetu Synodi Episcoporum, pars altera”, nel quale sono state inserite fra l’altro le questioni dei matrimoni misti. Come il frutto di questa consultazione si è mostrato il motu proprio dello stesso pontefice „Matrimonia mixta” del 31 marzo 1970. Il documento paolino ha rivelato un notevolo sforzo di adeguamento ai principi conciliari e ha segnato in tal senso un notevole progresso rispetto al precedente regime giuridico. Con la promulgazione il 25 gennaio 1983 dal papa Giovanni Paolo II del nuovo Codice di Diritto Canonico, in cui si codifica quasi ad litteram la legislazione del motu proprio di Paolo VI, resta invariato l’impedimento di disparità di culto. L’evoluzione della disciplina della Chiesa Latina in materia dei matrimoni fra cattolici e non battezzati, pur rivelando un significativo progresso rispetto al passato, dovrebbe continuare ad essere più adatta ai fattori sociologici caratteristici dalla cultura occidentale moderna.
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Aznar, Justo, and Julio Tudela. "Gestational surrogacy. Ethical aspects / Maternità surrogata. Questioni etiche." Medicina e Morale 67, no. 3 (July 30, 2018): 277–90. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.539.

Full text
Abstract:
Gestational surrogacy is the practice that takes place when a woman becomes pregnant with a foetus with which she is not genetically related, and the eggs used to produce it come from a donor or the contracting mother, to whom the baby will be handed over after the birth. The woman acting as surrogate may be contracted commercially and remunerated for her service, or the surrogacy may be altruistic, a circumstance that arises when, generally, a member of the family or friend selflessly volunteers. The ethical debate lies in which should prevail: the hypothetical right of the parents to have a child, the reproductive rights of the woman, or even the good of the child itself. At the heart of the matter is the risk of “objectification” of the gestational mother and the child itself. To resolve this question, we must assess the overall ethical principles of the reproductive process and what it implies for all parties involved, as well as the ethicality of the means used and the end pursued. Instrumentalisation of mother and child invalidates any other reason that may be adduced to positively value gestational surrogacy, from an ethical point of view.----------La maternità surrogata è quella pratica che ha luogo allorché una donna rimane incinta di un feto con il quale non è geneticamente collegata, e le uova usate per produrlo provengono da un donatore o da una madre con cui si sia stipulato un contratto, a cui il bambino sarà consegnato dopo la nascita. Con la donna che agisce come surrogata può essere stipulato un contratto commerciale ed ella può essere remunerata per il suo servizio, oppure la maternità surrogata può essere altruistica, una circostanza che si verifica, in genere, quando un membro della famiglia o un amico si offre volontariamente in maniera disinteressata. Il dibattito etico si riferisce a quel che dovrebbe prevalere: l’ipotetico diritto dei genitori di avere un figlio, i diritti riproduttivi della donna, o anche il bene del bambino stesso. Il nocciolo della questione è il rischio di “oggettivazione” della madre gestazionale e del bambino stesso. Per affrontare questa questione, occorre valutare i principi etici generali del processo riproduttivo e quel che implica per tutte le parti coinvolte, nonché l’eticità dei mezzi utilizzati e il fine perseguito. Da un punto di vista etico, la strumentalizzazione della madre e del bambino invalida qualsiasi altra ragione che possa essere addotta per sostenere il valore positivo della maternità surrogata.
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Delgado-Mendez, Jesus M., José António Moreira, Sara Dias-Trindade, and Ana Machado. "Educação e cidadania ambiental em contexto prisional - um programa de extensão universitária para cidadãos reclusos (Education and environmental citizenship in prison context - a university extension program for prisoners)." Revista Eletrônica de Educação 15 (March 24, 2021): e4710042. http://dx.doi.org/10.14244/198271994710.

Full text
Abstract:
e4710042At the end of the 20th century, the Council of Europe adopted a set of recommendations on needs and responsibilities related to Prison Education. These recommendations stipulated that individuals in reclusion must have access to education and training programs that serve an integral purpose of acquiring / developing life skills, leading to an effective reintegration into society and the labor market and that, simultaneously prevent recurrence. Based on these assumptions, a University Extension program was developed in the area of Environmental Citizenship, the main goal of which was to promote the acquisition of environmental citizenship skills and to develop social and emotional skills, such as critical thinking, communication and collaboration. The analysis of the program's results was developed based on the qualitative analysis of the participations of the eighteen trainees/prisoners in the virtual classrooms created in the virtual learning environment, having as reference the pedagogical model developed by Moreira (2017). The results reveal that the use of cinema in virtual environments, anchored in the pedagogical model for the deconstruction of moving images, can have very positive effects in the acquisition of knowledge in ecological science and in the development of environmental citizenship, social and emotional skills.ResumoNos finais do século XX o Conselho da Europa adotou um conjunto de recomendações sobre necessidades e responsabilidades em matéria de Educação em Prisões, sendo que essas recomendações estipulavam que os indivíduos em contexto de reclusão devem ter acesso a programas de educação e formação, que sirvam um propósito integral de aquisição/desenvolvimento de competências de vida, conduzindo a uma efetiva reintegração na sociedade e mercado de trabalho e que, em simultâneo, previnam fenómenos de recidiva. Baseados nesses pressupostos desenvolvemos um programa de Extensão Universitária, na área da Cidadania Ambiental, sendo que o seu principal objetivo foi promover a aquisição de competências de cidadania ambiental e desenvolver competências sociais e emocionais, como o pensamento crítico, a comunicação e a colaboração. A análise dos resultados do programa foi realizada a partir da análise qualitativa das participações e narrativas dos dezoito formandos/reclusos nas salas de aula virtuais criadas no ambiente virtual de aprendizagem, tendo como referencial o modelo pedagógico desenvolvido por Moreira (2017). Os resultados revelam que a utilização do cinema em ambientes virtuais, ancorado no modelo pedagógico para a desconstrução de imagens em movimento, pode ter efeitos muito positivos na aquisição de conhecimentos na ciência ecológica e no desenvolvimento de competências, quer de cidadania ambiental, quer sociais e emocionais.Palavras-chave: Educação nas prisões, Cidadania ambiental, Ambientes virtuais, reclusão.Keywords: Prison education, Environmental citizenship, Virtual environments, Imprisonment.ReferencesALBANO, A.; PICOZZI, F. Gli incerti confini del sovraffollamento carcerario. Revista Eletrônica da Faculdade de Direito da Universidade Federal de Pelotas, v. 2, n.º 2, p.49-59, 2016.BARATTA, A. Criminologia crítica e crítica del diritto penale: introduzione ala sociologia giurídico-penale. Bologna: Il Mulino, 1982.BARDIN L. L´analyse de contenu. Paris: PUF, 1977.CNMP. CONSELHO NACIONAL DO MINISTÉRIO PÚBLICO. A Visão do Ministério Público sobre o Sistema Prisional do Brasil. Brasília-DF, 2018.COSTA, E.; MOREIRA, J. A. O b-Learning e a percepção de competências de aprendizagem em ambientes virtuais no ensino da História. Tecnologia, Gestão e Humanismo, v.2, n.º 1, p. 42-55, 2013.DIAS-TRINDADE, S.; MOREIRA, J. A. Reintegração e Inclusão Digital em Estabelecimentos Prisionais. Um Programa de Aprendizagem para o Desenvolvimento de Competências. In: C. P. VIEIRA; J. A. MOREIRA. Educação, Cidadania e Inclusão Digital. Práticas e Desafios. Santo Tirso: Whitebooks, p. 75-88, 2018.DIAS-TRINDADE, S.; MOREIRA, J. A. Pedagogical scenarios enriched with audiovisual technologies and their impact on the promotion of the learning skills of inmate students in Portugal. Digital Education Review, n.º 35, p. 97-110, 2019. Disponível em: http://revistes.ub.edu/index.php/der/article/view/27302/pdf_1DIREÇÃO-GERAL DE REINSERÇÃO E SERVIÇOS PRISIONAIS (DGRSP). Estatísticas Prisionais Anuais, Lisboa: Ministério da Justiça, 2018. Disponível em: http://dgrsp.justiça.gov.pt/. 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Dissertations / Theses on the topic "Principi generali del diritto penale"

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Bonon, Camilla. "La tipicità del fatto colposo nel diritto penale del lavoro. Tra principi generali in tema di colpa e nuove esigenze di tutela." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423943.

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Abstract:
The theme of the research project assigned to the writer regards "The peculiarity of the fact culpable in criminal law of labor. Between general principles concerning fault and new protection requirements”. The work is basically divided into three parts: the first part concerning the classical concept of guilt in his profiles philosophical, dogmatic and existential; a second, which concerns the introduction of the precautionary principle in our legal and its impact on the classical concept of guilt; a third part, which concerns the reflection of this principle in the specific area of criminal law of work through an excursus both normative jurisprudential. The present work is, therefore, the deepening of the specific theme consists of the importance of the precautionary principle in contexts that involve variously safety and reflections of the same in the specific area of criminal law of the work with reference to the evolution of the classical concept of criminal guilt. The research carried out, therefore, in the first phase was concerned with the study of the classical concept of guilt. Then I analyzed the different conceptions of guilt developed in doctrine and the basic elements of the judgment negligent liability, namely the unwillingness of the fact, the precautionary rules, the c.d. concretization of risk, predictability and avoidance detrimental event and, finally, the enforceability by the party's agent alternative behavior lawful. In a second step was carried out, then, the study of the c.d. precautionary principle as a criterion of risk management in terms of scientific uncertainty. On the theme, on the one hand, sources, assumptions and fields of application of that principle were analyzed, the other the legitimacy of that under criminal law, identifying the differences between the criminal law of prevention and precaution, from 'more deformations that following the entry of this principle in our system are undergoing causation and guilt criminal with particular reference to the evolution of the concept of predictability of the event. On the basis of the deepening made you come to the conclusion that this principle, pending the generic prescriptive that characterizes it, is likely to conflict with the character of certainty of the criminal standard and lends itself to play a role as a potential factor in the expansion of the categories of classical criminal law. It could, in fact, affect two fundamental factors for the configuration of the typical fact: first, on the objective level of causation, exploiting the probabilistic structure and turning it into a "nexus of risk"; secondly on the subjective level of guilt deforming in its more recognizable cognitive risk and predictability of the result. Finally, the third part of the research project has been directed towards the study of reflexes that the precautionary principle has had in the specific field of criminal law of work through an excursus both normative jurisprudential. The matter of safety at work, the expected legal interests protected by primary degree, you are, indeed, characterizing a transition from rule to rule precautionary precautionary: that fact marks the release of preventing the event from the conduct conforms to the rule previously identified by placing, consequently, in the crisis the same function garantistic rule precautionary. In this sector, indeed, one might come to affirm the responsibility culpable of a subject matter a concrete verification about the actual effectiveness of the predictive rule remand in relation to the specific offense to the legal interest protected by the rule, so as to impute the event even where there is only the possibility that the detrimental effects occur, with direct and obvious impact on the subjective level of predictability and avoidance, which are no longer subject to a specific event, but rather a class or kind of events. Emblematic on the subject, and object of study, some judgments regarding the exposure of workers to asbestos or harmful substances such as vinyl chloride monomer. In response, in fact, the protection of victims and the needs of substantial justice, we are witnessing an obvious flexibility of the paradigm of guilt and criminal liability from asbestos, offering a rich case law, constitutes a particular field of reflection for what concerns the evolution of the classical dogmatic categories of criminal law for charging the damaging event. Jurisprudential analysis performed, it seems, indeed, take off a micro-penal system from occupational exposures, where the deconstruction of guilt, through the distortion of the value of the regulatory rule precautionary determines an instance of absolute protection of the victim, with a corresponding load iperdeterrece for the author, called to bear risks criminal gravitating outside its sphere of recognition.
Il tema oggetto del progetto di ricerca assegnato alla scrivente concerne “La tipicità del fatto colposo nel diritto penale del lavoro. Tra principi generali in tema di colpa e nuove esigenze di tutela”. Il lavoro è sostanzialmente suddiviso in tre parti: una prima parte avente ad oggetto il concetto classico di colpa nei suoi profili filosofici, dogmatici ed esistenziali; una seconda, che concerne l’introduzione nel nostro ordinamento del principio c.d. precauzionistico ed i suoi riflessi sul concetto classico di colpa; una terza parte, infine, che concerne i riflessi di detto principio nel settore specifico del diritto penale del lavoro attraverso un excursus sia normativo sia giurisprudenziale. Il presente lavoro costituisce, quindi, l’approfondimento dello specifico tema costituito dalla rilevanza del principio di precauzione in contesti che involgono a vario titolo la sicurezza e dai riflessi dello stesso nel settore specifico del diritto penale del lavoro con riferimento all’evoluzione del concetto classico di colpa penale. L’attività di ricerca svolta, quindi, nella prima fase ha avuto ad oggetto lo studio del concetto classico di colpa. Si sono, pertanto, analizzate le diverse concezioni di colpevolezza sviluppatesi in dottrina e gli elementi fondanti il giudizio di responsabilità colposa, ossia la non volontà del fatto, le regole cautelari, la c.d. concretizzazione del rischio, la prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo ed, infine, l’esigibilità da parte del soggetto agente del comportamento alternativo lecito. In una seconda fase si è proceduto, poi, allo studio del c.d. principio precauzionistico quale criterio di gestione del rischio in condizioni di incertezza scientifica. Sul tema, sono stati analizzati in primo luogo, le fonti, i presupposti e i campi di applicazione di detto principio, in secondo luogo la legittimazione dello stesso nell’ambito del diritto penale, individuando le differenze tra diritto penale della prevenzione e della precauzione, ed infine, le deformazioni che a seguito dell’ingresso di tale principio nel nostro ordinamento stanno subendo il nesso di causalità e la colpa penale con particolare riferimento all’evoluzione del concetto di prevedibilità dell’evento. Sulla base dell’approfondimento effettuato, si è giunti alla conclusione che tale principio, attesa la genericità precettiva che lo caratterizza, rischia di confliggere con il carattere di determinatezza della norma penale e si presta a giocare un ruolo di potenziale fattore di espansione delle categorie classiche del diritto penale. Esso potrebbe, infatti, incidere su due fattori fondamentali per la configurazione del fatto tipico: innanzitutto, sul piano oggettivo del nesso di causalità, sfruttandone la struttura probabilistica e trasformandolo in un “ nesso di rischio”; in secondo luogo sul piano soggettivo della colpa deformandone gli aspetti propriamente cognitivi di riconoscibilità del rischio e prevedibilità del risultato. Infine, la terza parte del progetto di ricerca concerne lo studio dei riflessi che il principio precauzionistico ha avuto nell’ambito specifico del diritto penale del lavoro attraverso un excursus sia normativo sia giurisprudenziale. La materia della sicurezza sul lavoro, attesi i beni giuridici tutelati di grado primario, si sta, invero, caratterizzando da un passaggio dalla regola cautelare alla regola precauzionale: tale circostanza segna lo sganciamento della prevenzione dell’evento dalla condotta conforme alla regola previamente individuata ponendo, conseguentemente, in crisi la stessa funzione garantistica della regola cautelare. In tale settore, quindi, si potrebbe giungere ad affermare la responsabilità colposa di un soggetto a prescindere da una concreta verifica circa l’effettiva efficacia predittiva della regola cautelare in relazione alla specifica offesa al bene giuridico tutelato dalla norma, così da imputare l’evento anche ove sussista soltanto la possibilità che le conseguenze dannose si verifichino, con diretti ed evidenti riflessi sul piano soggettivo della prevedibilità ed evitabilità, che non hanno più ad oggetto un evento specifico, bensì una classe o genere di eventi. Emblematiche sul tema, ed oggetto di studio, alcune sentenze relative all’esposizione dei lavoratori all’amianto o a sostanze nocive quali il cloruro di vinile monomero. A fronte, infatti, della tutela delle vittime e di esigenze di giustizia sostanziale, si assiste ad un’evidente flessibilizzazione del paradigma della colpa e la responsabilità penale da amianto, offrendo una ricca casistica giurisprudenziale, costituisce un particolare campo di riflessione per quel che concerne l’evoluzione delle categorie dogmatiche classiche del diritto penale ai fini dell’imputazione dell’evento lesivo. Dall’analisi giurisprudenziale effettuata, sembra, invero, prendere il largo un micro-sistema penale da esposizioni professionali, in cui la destrutturazione della colpa, per il tramite dello snaturamento della valenza regolamentare della regola cautelare, determina un’istanza di tutela assoluta della vittima, con un corrispondente carico di iperdeterrenza per l’autore, chiamato a sopportare rischi penali che gravitano al di fuori della sua sfera di riconoscibilità.
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DONATI, GAIA. "LA «VERITA'» DEL DIRITTO PENALE NELLA «CHIARA LUCE» DEI PRINCIPI. PROVE DI RESISTENZA AL POPULISMO PUNITIVO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/117009.

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Abstract:
Nella coscienza ferita tardo-moderna, il sentimento generale di impotenza e di depressione antropologica riscontra una inedita proiezione in ambito penalistico, congiungendo il senso di inquietudine alla criminalità. In un clima generalizzato di hybris, lo ius criminale è chiamato a compensare le insufficienze dei legami fiduciari, con conseguenze distorsive sulla produzione legislativa, sull’interpretazione giurisprudenziale e sugli stessi rapporti sociali. La presente analisi si propone di esaminare l’odierna tendenza a reagire, rispetto ai più eterogenei problemi individuali e sociali, con una «risposta ‘accusatoria’» e di comprendere quella preoccupante strategia securitaria cui si attribuisce l’icastica denominazione di ‘populismo penale’. Terreno elettivo per una valutazione in merito alle sollecitazioni che sottopongono a torsione i principi fondamentali si rivela l’articolato ‘arcipelago’ dei delitti contro la pubblica amministrazione, con specifico riferimento a quelli preposti al contrasto alla corruzione. L’ambizioso obiettivo della ricerca è quello di fornire risposte al primario quesito su come debba procedersi per evitare che il settore penalistico perpetui la propria natura di «fabbrica delle illusioni». Per favorire un virtuoso cambio di paradigma, viene valorizzata l’esigenza, oltre che di un ripensamento critico del proprio ruolo da parte del legislatore e della magistratura, della promozione di una crescita culturale di tutte le componenti della collettività.
In the wounded late-modern consciousness, the general feeling of impotence and anthropological depression finds an unprecedented projection in the penal field, linking the sense of unease to criminality. In a generalized climate of hybris, the criminal law is called to compensate for the inadequacies of bonds of trust, with distorting consequences on production of legislation, interpretation of jurisprudence and social relations. This analysis aims to examine the current tendency to react, with respect to the most heterogeneous individual and social problems, with an «accusatory ‘response’» and to understand that worrying securitarian strategy called ‘penal populism’. An elective terrain for an evaluation of the solicitations that distort the fundamental principles is the articulated ‘archipelago’ of crimes against the public administration, with specific reference to those designed to combat corruption. The purpose of this research is to provide answers to the question of how to proceed to avoid that the criminal justice sector perpetuates its own nature of «factory of illusions». To promote a virtuous change of paradigm, it is emphasized the need of not only a critical rethinking of their role by the legislature and the judiciary but also the promotion of a cultural growth of all components of the community.
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Bigi, G. "I principi generali di diritto e il diritto internazionale penale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/61733.

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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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GUARDAMAGNA, CHIARA. "I principi generali nell'esperienza giuridica. Prospettive di diritto pubblico dell'economia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/42375.

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Abstract:
I principi generali compongono una categoria concettuale indefinita. Per indagarne la posizione e il ruolo nell’esperienza giuridica occorre fare i conti con la loro ambivalente natura di norme che incorporano valori. Infatti, proprio l’essere sospesi tra il puro diritto e la dimensione metagiuridica delle regole assiologiche appartenenti all’etica e alla morale rende i principi generali un unicum difficile da incasellare. A questo unicum, indeterminato fin che si vuole, l’ordinamento attribuisce effetti giuridici. Da qui, ossia dal fatto che il diritto si serva dei principi perché ai principi riconosce delle funzioni, occorre muovere per dare ai principi se non una definizione almeno un senso giuridico. Un senso che va oltre quel che la legge “dice” sui principi generali e si delinea più che altro nella considerazione complessiva del giuridico come sistema unitario, per quanto non sempre ordinato ed omogeneo. Un senso, allora, che si rivela e si riassume nell’utilità che i principi rivestono per e nel sistema giuridico. È l’inadeguatezza del diritto positivo, sempre più frammentato e incerto, ad avvalorare il senso giuridico dei principi generali, quella loro attitudine ad affiancarsi alla norma scritta per migliorarla. Talché, se sul piano dogmatico i principi generali sono concetto trasversale all’intero diritto, ciò nondimeno la loro importanza pratica è tanto maggiore in rapporto a quegli ambiti di disciplina più toccati dall’inflazione legislativa e dalle varie manifestazioni di quella che suole chiamarsi crisi del diritto. Da ciò si deduce la ragione di affiancare i principi generali, argomento classico di teoria generale, allo studio del diritto dell’economia che è tra i settori più colpiti dai fenomeni di ipertrofia della produzione normativa. L’idea di fondo è che nei principi generali sia possibile trovare quell’ancoraggio che la sola norma positiva non è in grado di imprimere all’ordine economico.
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Magnani, Rino. "Nuove prospettive sui principi generali nel sistema delle fonti del diritto internazionale /." [Milano] : Mursia, 1997. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/280262140.pdf.

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Messina, Cecilia <1993&gt. ""Tradizione romanistica" e principi generali del diritto: Il dibattito italiano tra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10186/1/Tesi.dottorato.di.ricerca.2022..pdf.

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Abstract:
Il presente lavoro verte sul ruolo svolto dal diritto romano e – più in generale – dalla “tradizione romanistica” all'interno del sistema giuridico nazionale posteriore alla codificazione civile del 1865. L'attenzione è rivolta principalmente all'art. 3 delle Disposizioni preliminari del Codice del 1865 con il suo riferimento ai 'principi generali del diritto' e, dunque, all'analogia iuris. La prima parte dello studio si concentra sull'analisi di alcune voci della scienza giuridica italiana tra Otto e Novecento, nei loro diversi approcci – laddove riscontrabili – rispetto allo studio e al recupero (in chiave moderna) del diritto romano. La seconda parte è invece dedicata all'esame della prassi giudiziaria e, più specificamente, delle Corti di Cassazione. In questa fase si persegue un duplice obiettivo: da un lato, verificare se, ed eventualmente in che misura, il diritto romano possa ancora svolgere un ruolo nella (moderna) giurisprudenza di legittimità; dall'altro, valutare la concreta possibilità, prospettata da una parte della scienza giuridica, di ricorrere in Cassazione per impugnare una sentenza asseritamente contraria ai principi generali del diritto sanciti dall'art. 3 co. 2 delle Preleggi. L'analisi prende dunque le mosse dal contenuto delle singole decisioni della Cassazione, per poi passare all'esegesi dei frammenti di volta in volta richiamati; infine, si concluderà con un'operazione di sintesi volta a valutare, per ciascun caso, la coerenza (giuridica) del ragionamento analogico.
The research deals with some aspects of the reuse of Roman sources, and of their modern tradition, within the national legal system after the civil codification. The attention is directed mainly to art. 3, Preliminary provisions of the Code of 1865 with its reference to the ‘general principles of law’ in order to the analogia iuris. Based on this research approach, the study focuses on the analysis of some specific voices of Italian legal science from both nineteenth and twentieth centuries. The second part of the study is devoted to an examination of judicial practice and, more specifically, of the Supreme Courts. At this stage we pursue a twofold objective: on the one hand, to ascertain whether, and if so to what extent, Roman law could still play a role in the (modern) jurisprudence of legitimacy; on the other hand, to assess the concrete possibility, envisaged by a part of legal science, of appealing to the Supreme Court to challenge a judgment allegedly contrary to the general principles of law laid down in Art. 3 par. 2 of the Prelaws. The analysis thus starts from the content of the individual decisions of the Supreme Court, then moves on to the exegesis of the fragments referred to each time; finally, we will conclude with a summary operation aimed at assessing, for each case, the (legal) consistency of the analogical reasoning.
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Piratti, Marianella. "SUL CONTRIBUTO DEL DIRITTO DI MATRICE ISLAMICA ALLA COSTRUZIONE DEI PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO NELL'€™ORDINAMENTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424807.

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Abstract:
Abstract English International law originates from the Western history and legal culture. If this is a fact established, a research on the contribution of Islamic law to the construction of the general principles of law in the International legal system, requires the consideration of a cultural and legal tradition other from the Western one and, by extension, other than that which informed the international legal phenomenon. The need for such a consideration is held then in several respects: first, under a methodological point of view, to determining whether the methodology of International Law is itself as a whole to be ascribed to the Western legal tradition or whether it is given to find an Islamic methodological approach to the study of International law. Hence are then outlined the main features of the Islamic political theory and legal system. A second level of analysis is carried out on the elaboration of the international theory between the late nineteenth and the first half of the twentieth century, to frame what the conception of the international community was at the time, in relation to the then recent phenomenon of inclusion in the family of Nations of States with a cultural, legal and religious background, other than that in which the States of Western tradition recognized themselves. If the principle of the sovereign equality of States is not formally challenged, the legal traditions of domestic law other than those marked by the European legal tradition, are considered an obstacle to the full recognition of States in International law. It followed that the adjustment of domestic law to European standards, was considered by the international theory as a necessary condition to the full recognition of the international subjectivity. These considerations were carried out with particular reference to the Ottoman Empire, that means a State of Islamic tradition. The different legal, cultural and religious traditions that characterize the various States, appear to be absorbed in International Law in what can be defined as an "neutral order", i.e. the Western legal, cultural and religious tradition. An attempt to overcome this setting, will be establish by the international teaching only in the second half of the twentieth century. The discourse on the contribution of Islamic law to the construction of the general principles of law in the International legal system, is thus incardinated in this context. Since the first formalization of the general principles of law in Article 38. 1 c) of the Statute of the Permanent Court of International Justice, according to which the Court applies "the general principles of law recognized by civilized nations", the detection of general principles was made mostly following an axiomatic technique of detection, i.e. without verifying the implementation of the principles set out in the various legal systems of the world. Such a mode of detection was plausible in an international community substantially homogeneous as to the national legal systems. When, from the second half of the twentieth century, the social base of international society has expanded, thus including States with legal traditions different than the Western one, an axiomatic detection of the general principles should have been no longer considered plausible and general principles of law should have been detect from a survey of comparative law. If this need has been considered by the teachings of the publicists since the sixties of the last century, it should be noted that the domestic law of the States of Islamic tradition, is excluded from the comparative analysis. If there are only a few examples of legal cases in which, in general terms, is possible to find some references to the Islamic legal tradition, for a number of converging factors a strengthened interest of international legal theory on the Muslim law system, has been observed after the end of the bloc politics. From a theoretical point of view, the acknowledgment of the principles of the domestic law of States of Islamic tradition, reveals a specific complexity due to the fact that they are mixed systems, i.e. systems in which coexist both elements derived from European and Islamic law. A preliminary synthesis of these two factors should be the necessary condition for the recognition of the general principles of law in International law, which considers also the legal systems of the States of Islamic tradition, as it may not be assumed that the principles of Islamic law should be acknowledged from the traditional Muslim law, that is just one of the components of the legal systems of the contemporaries Islamic States. Additional considerations are carried out on what is believed to be the nature of the general principles of law in the previous phase and the phase following the adoption of the Charter of the United Nations. The final part, dedicated to the recognition of the various instruments of International law in which the general principles are formalized, explores some aspects of the Rome Statute, relevant to the detection of the general principles also from the system of Islamic law.
abstract Italiano Il diritto internazionale trae origine dalla storia e dalla cultura giuridica occidentale. Se questo è un dato assodato, una ricerca sul contributo del diritto di matrice islamica alla costruzione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, richiede la considerazione di una tradizione culturale e giuridica altra da quella occidentale e quindi per estensione, altra da quella che ha informato il fenomeno giuridico internazionale. L’esigenza di una tale considerazione è svolta quindi sotto diversi profili: innanzitutto sotto un profilo metodologico, per appurare se la metodologia giuridica in diritto internazionale sia anch’essa nel complesso da ascriversi alla tradizione giuridica occidentale o se sia dato rinvenire un approccio metodologico di matrice islamica allo studio del diritto internazionale. Di qui sono quindi tratteggiati i principali tratti distintivi della teoria politica e del sistema giuridico della tradizione islamica. Un secondo piano d’analisi, è svolto sull’elaborazione dottrinale tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, per inquadrare quale fosse la concezione della comunità internazionale dell’epoca, in rapporto all’allora recente fenomeno dell’affacciarsi nella comunità delle Nazioni, di Stati con un sostrato culturale, giuridico e religioso, diverso da quello in cui si riconoscevano gli Stati di tradizione occidentale. Se il principio della sovrana uguaglianza degli Stati non è formalmente messo in discussione, le tradizioni giuridiche di diritto interno diverse da quelle improntate alla tradizione giuridica europea, vengono considerate un ostacolo al pieno riconoscimento degli Stati in diritto internazionale. Ne conseguiva che l’adeguamento del diritto interno a degli standard europei, fosse considerato dalla dottrina una condizione necessaria al fine del pieno riconoscimento della soggettività internazionale. Tali considerazioni dottrinali sono svolte con particolare riferimento all’Impero ottomano, uno Stato quindi di tradizione islamica. Le diverse tradizioni giuridiche, culturali e religiose di cui sono portatori gli Stati, paiono essere assorbite in diritto internazionale in quello che può essere definito come un “ordine neutro”, vale a dire la tradizione giuridica, culturale e religiosa occidentale. Un tentativo di superamento di tale impostazione, si affermerà in dottrina solo nella seconda metà del XX secolo. Il discorso sul contributo del diritto di matrice islamica alla costruzione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, è dunque incardinato in questo contesto. Dal momento della formalizzazione prima dei principi generali di diritto nell’articolo 38. 1 c) dello Statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, secondo cui la Corte applica “i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”, la rilevazione dei principi generali è avvenuta per lo più seguendo una tecnica di rilevazione assiomatica, ossia senza una verifica dell’operatività dei principi richiamati nei diversi sistemi giuridici del mondo. Una simile modalità di rilevazione era plausibile in una comunità internazionale sostanzialmente omogenea quanto ai sistemi di riferimento di diritto interno. Quando la base della società internazionale si è allargata a partire dalla seconda metà del XX secolo, includendo quindi Stati con tradizioni giuridiche diverse da quella occidentale, una rilevazione assiomatica dei principi generali non si sarebbe più dovuta considerare plausibile e i principi generali di diritto si sarebbero dovuti rilevare a partire da un’indagine di diritto comparato. Se tale esigenza è avvertita dalla dottrina a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, va rilevato che il diritto interno degli Stati di tradizione islamica è escluso dall’analisi comparatistica. Se sono pochi gli esempi della prassi in cui si rinvengono in termini generali dei riferimenti alla tradizione giuridica dell’Islam, un maggior interesse della dottrina internazionalistica verso il sistema di diritto islamico, si è potuto osservare, per una serie di fattori convergenti, all’indomani della fine della politica dei blocchi. Sotto un profilo teorico la rilevazione dei principi di diritto interno degli Stati di tradizione islamica rivela una particolare complessità dovuta al fatto che si tratta di sistemi misti, in cui cioè coesistono sia elementi di diritto di derivazione europea che elementi di diritto islamico. Una preliminare sintesi tra questi due fattori dovrebbe essere la condizione necessaria per la rilevazione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, che consideri anche gli ordinamenti degli Stati di tradizione islamica, non potendo assumere che i principi di diritto islamico debbano rilevarsi a partire dal diritto musulmano classico che è solo una delle componenti degli ordinamenti degli Stati di tradizione islamica contemporanei. Ulteriori considerazioni sono svolte su quella che si ritiene essere la natura dei principi generali di diritto, nella fase precedente e nella fase successiva all’adozione della Carta delle Nazioni Unite. La parte conclusiva, dedicata alla ricognizione dei diversi strumenti di diritto internazionale in cui sono formalizzati i principi generali, approfondisce alcuni aspetti dello Statuto di Roma, rilevanti ai fini della rilevazione dei principi generali anche a partire dal sistema di diritto islamico.
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Lobba, Paolo <1983&gt. "Il volto europeo del reato di negazionismo tra richieste di incriminazione UE e principi fondamentali CEDU." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5980/1/Lobba_Paolo_tesi.PDF.

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Abstract:
La presente indagine mira ad esaminare, in chiave innovativa, i rapporti tra l’Europa ed un reato prettamente europeo: il negazionismo. Sviluppatosi in maniera assolutamente predominante nel nostro continente, le ragioni della sua diffusione sono molteplici. Al di là della lotta a razzismo ed antisemitismo, il motivo principale va identificato nel ruolo “fondativo” che riveste la memoria dell’Olocausto in Europa, collocata nel cuore dell’universo valoriale su cui si reggono i due principali attori europei, ovverosia l’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo. La ricerca, dunque, ruota attorno a due poli tematici. Da un lato, sono state esaminate le politiche normative dell’Unione europea in materia di razzismo e xenofobia, entro cui spicca la promozione dell’incriminazione del negazionismo “allargato”, cioè esteso alle condotte di negazione non solo dell’Olocausto, ma anche degli altri crimini internazionali. Dall’altro lato, l’analisi della trentennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia ha evidenziato come, con riguardo alle manifestazioni negazioniste, sia stato elaborato uno “statuto speciale”, che si risolve nel perentorio diniego di tutela per questa categoria di opinioni, sottratte a monte all’ordinario giudizio di bilanciamento in quanto giudicate incompatibili con i valori sottesi alla CEDU. Lo scopo di questo lavoro riposa nel tentativo di individuare le interazioni tra questi due sistemi istituzionali, per interpretare una tendenza che converge con nettezza verso un incremento della repressione penale della parola. Da questo complesso intreccio di norme e principi, di hard law e soft law, sarà possibile enucleare la natura giuridica ed il contenuto delle richieste di incriminazione rivolte agli Stati membri. Una volta appurato che agli Stati è concesso di restringere il campo di applicazione del reato di negazionismo, adottando degli indici di pericolosità delle condotte, sarà analizzata la tenuta di questi “elementi opzionali del reato” alla luce dei principi penalistici di tassatività, materialità, offensività e laicità.
The present study aims to analyse the legal treatment of the crime of denialism by the two main European actors, namely the European Union (‘EU’) and the European Court of Human Rights (‘ECtHR’). These two systems find themselves in a delicate position that raises a need for deep investigation. They have to cherish and protect the memory of a historical event that is central to their own identity, whereas at the same time promoting the respect of fundamental rights such as freedom of speech. The first section seeks to identify the obligations stemming from the EU legal system, the institutional mandate of which is to harmonise criminal legislation of Member States by setting some basic common elements. Notably, the impact on domestic systems of the Framework Decision 2008/913/JHA on racism and xenophobia shall be assessed. The second part of the present research shall turn to the jurisprudence of the ECtHR to examine the relationship between Holocaust denial as a crime and the right to freedom of expression, with a view to deducing the principles with which States have to comply in the criminalisation of this kind of utterance. The overall goals shall be to identify: a) the interactions between these two systems; b) whether their policies on denialism may be better portrayed in terms of contrast or mutual support; c) the legal nature and content of the obligations originating for the Member States; d) whether a Europe-wide criminal prohibition on denialism appears likely to occur, whether it would be desirable and, if so, under which conditions.
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Books on the topic "Principi generali del diritto penale"

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Stanzione, Pasquale. Principi generali del diritto civile. Torino: G. Giappichelli, 2011.

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Stanzione, Pasquale. Principi generali del diritto civile. Torino: G. Giappichelli, 2011.

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Fornasari, Gabriele. I principi del diritto penale tedesco. Padova: CEDAM, 1993.

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Donini, Massimo. Illecito e colpevolezza nell'imputazione del reato. Milano: Giuffrè, 1991.

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Donini, Massimo. Illecito e colpevolezza nell'imputazione del reato. Milano: Giuffrè, 1991.

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Vinciguerra, Sergio. Introduzione allo studio del diritto penale inglese: I principi. Padova: CEDAM, 1992.

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Magnani, Rino. Nuove prospettive sui principi generali nel sistema delle fonti del diritto internazionale. Roma: Pontificia Università lateranense, 1997.

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Al di là dei confini statuali: Principi generali del diritto pubblico globale. Bologna: Il Mulino, 2009.

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Convegno sul tema I principi generali del diritto (1991 Roma). Convegno sul tema: I principi generali del diritto: Roma, 27- 29 maggio 1991. Roma: Accademia nazionale dei Lincei, 1992.

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nazionale, Società italiana di filosofia giuridica e. politica Congresso. Soggetto e principi generali del diritto: Atti del XV Congresso nazionale, Pisa-Viareggio, 16-18 maggio 1985. Milano: A. Giuffrè, 1987.

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