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Journal articles on the topic 'Prima metà del XIV secolo'

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Bianchi, Giovanna. "Tecniche costruttive e forme di potere nella Toscana sud-occidentale (secc. VIII-XIV)." Arqueología de la Arquitectura, no. 4 (December 30, 2005): 47. http://dx.doi.org/10.3989/arq.arqt.2005.75.

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Abstract:
Nell’articolo si tratta l’analisi delle tecniche murarie desunta da dati provenienti da ampi progetti di indagine archeologica svolti in ambito rurale nella Toscana occidentale dalla metà degli anni Novanta dello scorso secolo ad oggi. Nel testo si esaminano i cambiamenti dei modi di edificare a partire dall’edilizia in legno dei primi abitati di altura di VII-VIII secolo, sino agli insediamenti più strutturati di seconda metà VIII e IX secolo, caratterizzati da un primo uso della pietra e dalla presenza di maestranze specializzate. In seguito si analizza la più complessa organizzazione del cantiere propria della costruzione dei castelli di XI e XII secolo in rapporto ai poteri politici ed economici delle nascenti signorie territoriali. Un differente uso delle tecniche costruttive caratterizza la successiva formazione di nuovi borghi tra XIII e XIV secolo, spesso impiantati sui preesistenti castelli, legati ai locali organismi comunali, soggetti all’influenza politica ed economica di Pisa in questo territorio.
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Sondel, Janusz. "PRAWO RZYMSKIE JAKO PODSTAWA PROJEKTÓW KODYFIKACYJNYCH W DAWNEJ POLSCE." Zeszyty Prawnicze 1 (January 27, 2017): 47. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.03.

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Abstract:
Ił DIRITTO ROMANO QUALE BASE NEI PROGETTI DI CODIFICAZIONE NELL’ANTICA POLONIATra i diversi settori, ove si puó constatare l’influsso del diritto Romano sul diritto dell’antica Polonia, e necessario ricordare inanzi tutto l’utilizzo di questo diritto quale materia prima nei tentativi di codificazione del diritto polacco. Questi tentativi non diedero tuttavia grandi risultati, il che fece si che praticamente 1’unica codificazione compredente il complesso del diritto in Polonia, prima della sua spartizione, fossero costituiti dagli Statuti di Casimiro il Grande, risalenti alla metà del XIV secolo. Altre raccolte uffîciali erano solo un semplice riordino cronologico delle normative oppure comprendevano solamente un determinato settore del diritto o ad uno specifico territorio.In questa situazione, data la mancanza di codificazione uffîciali si diede importanza ai progetti elaborati, i quali venivano applicati nella prassi giuridica. In gran parte i loro autori erano persone con istruzione giuridica, lo si desume dalfinflusso del diritto romano sui loro elaborati. Questi influssi sono anche evidenti negli Statuti di Casimiro il Grande pur essendo molto più numerosi nei progetti di codificazione corne lus Polonicum Sigismundinum (I metà del XVI secolo) di Maciej Sliwnicki, il quale fondô il suo elaborato sul diritto romano, nonché nella raccolta posteriore, la cosidetta Correctura iurium. Numerosi elementi romanistici, li rilevano anche le opere di Bartlomiej Groicki, risalenti alla metà del XVI secolo, che vennero applicate nelle prassi delle città polacche, locate sul diritto di Magdeburgo nonché i progetti delle codificazioni délia Prussia. Tra questi ultimi mérita particolare attenzione Jus Culmense Revisum (1594), la quaîe è costituita da una raccolta di leggi dal ricco contenuto romanistico. Molti altri esempi dell’applicazione del diritto romano, compendenti le citazioni testuali délia Codificazione di Giustiniano, li possiamo trovare nel Codice di Anrzej Zamojski del 1778.
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Alessio, Gian Carlo. "L'ars dictaminis nel Quattrocento italiano: eclissi o persistenza?" Rhetorica 19, no. 2 (2001): 155–73. http://dx.doi.org/10.1525/rh.2001.19.2.155.

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Abstract:
Con particolare riferimento alle norme tramandate dai manuali composti tra la seconda meta dell'XI secolo e la fine del Quattrocento vengono individuate ed esaminate nel loro manifestarsi in testi rappresentativi del genere le linee di sviluppo dell'ars dictaminis. Questo consente di accertare che nel XV secolo l'ars dictaminis mantiene ancora un ruolo primario non solo come normativa per la scrittura dell'epistola ma anche come corpus di regole riferibili alla composizione di qualsiasi testo, scritto ed orale; in questo periodo la normativa contenuta nei trattati si compone di una mescolanza di elementi tradizionali, che provengono soprattutto dalla trattatistica del XIII secolo, e di innovazione, attraverso spunti dottrinari che hanno la loro prima origine nel XIV secolo.
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Meloni, Maria Giuseppina. "Ordini religiosi e politica regia Nella Sardegna catalano-aragonese della prima metà del XIV secolo." Anuario de Estudios Medievales 24, no. 1 (April 2, 2020): 831. http://dx.doi.org/10.3989/aem.1994.v24.1002.

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Abstract:
Le roi catalan Jacques II et son fils, l’Infant Alphonse, en entrepre­nant la conquête de la Sardaigne pisane, croyèrent de fondamentale impor­tance obtenir l'appui du clergé local. La documentation retrouvée dans les Archives de la Couronne d'Aragon met en évidence le considérable rôle attribué par les souverains catalano-aragonais aux Ordres Mendiants, sur­tout Franciscains et Dominicains, comme véhicule pour la catalanization de l’île, et les efforts faits pour s'en assurer la fidélité. La documentation démontre, en outre, comme l'occupation catalano-aragonaise marque le déclin définitif des Ordres Monastiques Bénédictins, dépuis longtemps en grave décadence, même si encore propriétaires de vastes extensions territo­riales.
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d'Arcangelo, Potito. "La signoria composita. Poteri signorili a Montevergine dalle origini all'età sveva (seconda metà del XII secolo - prima metà del XIII secolo)." SOCIETÀ E STORIA, no. 140 (May 2013): 227–63. http://dx.doi.org/10.3280/ss2013-140001.

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Mihaljcic, Rade. "Mljet kao bastina kotorske vlastele." Zbornik radova Vizantoloskog instituta, no. 41 (2004): 387–97. http://dx.doi.org/10.2298/zrvi0441387m.

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Abstract:
(italijanski) L'isola di Mljet, ehe si trovava all'interno dello stato dei Nemanji?, apparteneva, comunque, al Comune di Dubrovnik durante la seconda meta del XIV secolo. Prima l'isola era considerata corne patrimonio d?lia nobilt? di Kotor. Lo zar Uros il 10 aprile 1357 aveva concesso Mljet alla nobilt? di Kotor ossia a Basilio Barincelo Bivolicic e Trifone Michovic Bucic. Due settimane dopo in base ad una richiesta degli ambasciatori di Dubrovnik, lo zar Uros eman? un altro editto per Mljet. L'editto dello zar Uros alla nobilt? di Kotor ? stato tradotto all'inizio del XVII secolo nella lingua italiana dell'epoca. Questi documenti dello zar Uros sono stati pubblicati in raccolte famose di fonti original!. Ecco perch? ? strano ehe questi documenti non siano stati presi in considerazione da Branimir Gusic, Vinko Foretic e Ivo Dabelic, ehe hanno svolto ricerche dirette sul fatto come Mljet avesse cambiato il proprio signore supremo. I due nobili di Kotor non erano in grado di realizzare i diritti di patrimonio su Mljet. Con la cessione della penisola di Peljesac e di Ston al comune di Dubrovnik nel 1333, Stefan Dusan determine il successivo destino dell'isola. II governo serbo veniva ancora riconosciuto, ma i legami con 1'isola lontana diventavano sempre pi? rari e il controllo debole. L'abate del monastero benedettino di Mljet era sottoposto all'arcivescovo di Dubrovnik, mentre la popolazione dell'isola si sentiva parte integrata all'immediato entroterra ehe, dal 1333, si trovava nell'ambito del comune di Dubrovnik. Questi fattori dimostrano come Mljet appartenesse territorialmente, economicamente e religiosamente al comune di Dubrovnik, mentre politica, mente all? stato serbo. Dal momento dell'annessione di Peljesac e di Ston, gli abitanti di Dubrovnik hanno approfittato di ogni occasione per confermare la propria influenza su Mljet. II Comune, per?, non aveva fretta per estendere il proprio dominio sull'isola. Era solo una questione di tempo. II regno serbo era attraversato da lotte intestine per la successione, mentre attacchi esterai minacciavano le regioni vicine ai confini. D'altra parte, attendendo una conferma dei benefici per lo svolgimento d?lie proprie attivit? economiche in Serbia, il Comune espresse la propria fedelt? a Stefan Uros. Signore, Mljet ? il tuo regno, e non a casa sua abbiamo dei problemi, affermarono gli ambasciatori di Dubrovnik due settimane dopo ehe Mljet era diventata patrimonio della nobilt? di Kotor. Nel frattempo la situazione reale intravedeva una guerra tra il gran nobile serbo Vojislav Vojnovic e Dubrovnik. Attendendo un attacco a Peljesac e Ston, il Comune mobilit? 25 persone di Mljet e nel luglio 1361, la Grande Assemblea decise de accipiendo insulam Melite...et accipere totum ius sclavorum. Comunque nel complesso gioco diplomatico il comune si comport? corne se niente fosse successo. Con la pace di Onogost nel 1362, il Comune si impegno di restituire al signore di Kotor i territori presi. La rendita reale sull'isola Mljet, fu realizzata da Stefan Uros the anni pi? tardi. Nel maggio del 1366 a Mljet si menzion? il soldato del regno Maroje Milosevic. II governo locale a Mljet era organizzato nello stesso modo del governo locale interne. Il monastero benedettino di Santa Maria a Mljet aveva il proprio celnic come il monastero Decani. Pi? di 2 secoli dopo la scomparsa del governo serbo sull'isola, la questione di Mljet era ancora attuale. La stessa Repubblica di San Marco, ehe governava Kotor nel 1420, dimostr? un notevole interesse nei confront! di questi documenti della nobilt? di Kotor riguardanti 1'isola di Mljet.
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Condorelli, Orazio. "Prima del 1054: centri e periferie, universitalitá e particolaritá nel diritto della chiesa al tempo di San Simeone di Siracusa Treviri (1035)." Revista Española de Derecho Canónico 77, no. 188 (January 1, 2020): 105–51. http://dx.doi.org/10.36576/summa.130955.

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Abstract:
San Simeone fu un monaco bizantino di origine siciliana che concluse la propria vita a Treviri, dove la sua memoria è venerata dall’anno della sua morte (1035). La storia della sua vita mostra l’intensità dei processi di comunicazione tra la Chiesa latina e la Chiesa bizantina agli inizi del secolo XI, ed è presa come il punto di inizio di uno studio sulla configurazione del sistema giuridico della Chiesa latina tra la fine del primo Millennio e i primi decenni del secondo. La ricerca concentra quindi l’attenzione sull’esperienza istituzionale della «Chiesa imperiale», articolata intorno ai due poli dell’impero e del papato. L’ideale ecclesiologico e politico di collaborazione fra potere civile e potere ecclesiastico trovò esplicazione nelle iniziative di riforma ecclesiastica promosse da imperatori come Enrico II ed Enrico III e sostenute da alcuni fra i migliori Pontefici della prima metà del secolo XI. Alcune collezioni canoniche della prima metà del secolo XI si impegnarono nello sforzo di selezionare e coordinare le fonti del diritto canonico al fine di assecondare i propositi di riforma della vita ecclesiale.
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Pedrocchi, Anna Maria. "IL CAPOLAVORO DI UN ARGENTIERE ROMANO:I QUARANTA MARTIRI DEL BRASILE." ARTis ON, no. 9 (December 26, 2019): 171–78. http://dx.doi.org/10.37935/aion.v0i9.248.

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Abstract:
In questo testo presenterò e discuterò un pezzo mai studiato prima: una metà del diciassettesimo secolo medaglione romano raffi gurante “I 40 martiri del Brasile”, realizzato in bassorilievo d’argento, quello appartiene alla SS. Nome della chiesa di Gesù a Roma.
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Russo, Saverio. "I Rinuccini nel Regno di Napoli. Prime linee di ricerca." SOCIETÀ E STORIA, no. 176 (August 2022): 240–79. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-0176003.

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Abstract:
Il saggio si occupa di un'importante famiglia del patriziato fiorentino, estinta a fine Ottocento, i Rinuccini. Di essa si ricostruiscono le attività economiche nel Regno di Napoli e la gestione del piccolo feudo appenninico di Baselice, ora in provincia di Benevento, dalla prima metà del Seicento fino all'eversione della feudalità e alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte di Pier Francesco Rinuccini. Attraverso una prima analisi della ricca documentazione presente nel fondo della famiglia, conservato nell'archivio Corsini, si ricostruisce, in particolare, l'attività imprenditoriale del marchese Alessandro Rinuccini, che anima a lungo un sodalizio intellettuale di cui è protagonista Bartolomeo Intieri, amministratore dei patrimoni di molte famiglie fiorentine nel Regno di Napoli nella prima metà del Settecento. Il contributo si sofferma, inoltre, sulle tensioni che, lungo tutto il XVIII secolo, caratterizzano la gestione del feudo.
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Segagni Malacart, Anna. "Incidenze Transalpine nell'architettura Padana della prima metà del secolo XI." Hortus Artium Medievalium 3 (January 1997): 141–47. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.2.305106.

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Silva, Gisele Batista da. "Il ruolo delle riviste letterarie italiane nella prima metà dell’Ottocento." Revista Italiano UERJ 11, no. 1 (January 28, 2021): 22. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2020.57414.

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Abstract:
In questo saggio analizziamo la creazione, lo sviluppo e il ruolo di alcune riviste letterarie italiane sorte nella prima metà del XIX secolo, tra le quali si distaccano Biblioteca Italiana, Il Conciliatore e Antologia. Nel nostro studio mettiamo in evidenza le relazioni politiche e culturali tra i loro fondatori e i vari interlocutori e consideriamo altresì la partecipazione e il contributo di queste riviste alla diffusione della questione romantica o alla critica della stessa – questione particolarmente dibattuta nella Italia di quegli anni. Esaminiamo inoltre l’influenza esercitata da queste riviste sui circoli di letterati italiani, svolgendo un ruolo chiave nella presa di posizione di questi intellettuali, in particolare per quanto riguarda le questioni culturali dell’Italia del XIX secolo.
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Łapiński, Józef. "Stanowisko prawne Zakonu Klarysek w Polsce do Soboru Trydenckiego." Prawo Kanoniczne 32, no. 1-2 (June 5, 1989): 173–222. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1989.32.1-2.10.

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Abstract:
Le clarisse in Polonia sono arrivate nella prima metà del tredicesimo secolo. Esse sono l’ordine contemplativo ed all‘inizio della loro vita in Polonia hanno avuto tre suore polacche beate: Salomea a Cracovia, Kinga fondatrice del monastero a Stary Sącz e Jolanta fondatrice del monastero a Gniezno, Fino al Concilio di Trente le clarisse erano sotto la giurisdizione dei provinciali francescani. Dopo il Trento i monasteri di Cracovia e di Stary Sącz sono stati riformati da Radziwiłł cardinale di Cracovia e perciò nella seconda metà del sedicesimo secolo e sopra elancati monasteri sono stati passati sotto la giurisdizione del vescovo. Il monastero di Gniezno è stato riformato dal provinciale francescano e perciò è rimasto sotto la giurisdizione dei frati francescani. I monasteri di Cracovia e Stary Sącz continuano la loro vita fino d’oggi, invece le Clarisse di Gniezno sono state sopresse dell‘autorità civili nel und’evicessimo secolo.
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Brazzoduro, Andrea. ""Se un giorno tornasse quell'ora".La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 296 (August 2021): 255–75. http://dx.doi.org/10.3280/ic296-oa3.

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Abstract:
Questo articolo propone un'inedita genealogia della nuova sinistra in Europa occidentale tra la metà degli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta. Discostandosi dalle interpretazio-ni correnti, riafferma l'importanza storica della Guerra d'indipendenza algerina (1954-62), e più in generale del terzomondismo, nella genealogia delle nuove culture politiche che si svi-lupparono nei global 1960s. Una generazione di militanti si riappropriò della memoria della Resistenza declinandola in un registro non semplicemente difensivo ma attivante, sovrappo-nendo il mito della "Resistenza tradita" all'immagine dell'imperialismo come il "nuovo fascismo". La guerra civile europea, identificata da Enzo Traverso come il tratto caratteristico del-la prima metà del ventesimo secolo, veniva così riconfigurata su scala mondiale come "guerra civile globale".
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Pezzini, Elena. "Questioni sulle produzioni ceramiche palermitane tra fine XII e XIV secolo: un confronto tra fonti scritte e dato ceramico." ARCHIVIO STORICO PER LA SICILIA ORIENTALE, no. 1 (May 2021): 28–37. http://dx.doi.org/10.3280/asso2020-001003.

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Abstract:
Si affrontano alcune questioni relative alle produzioni ceramiche bassomedievali di Palermo provando a mettere a confronto fonti documentarie, fonti archeologiche e dato ceramologico per fasce cronologiche. I dati analizzati coprono un arco cronologico (fine XII-prima metà XIV secolo) che vede la trasformazione della Palermo plurilingue con una corposa popolazione islamica e arabofona in una città cristiana e prevalentemente latina, queste trasformazioni si riflettono anche sulle produzioni ceramiche. Parole chiave: Palermo, produzione ceramica, normanni, svevi, bassomedioevo
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Russo, Eugenio. "La scultura della seconda metà del IV secolo d.C." Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia 30 (February 20, 2019): 249–308. http://dx.doi.org/10.5617/acta.6874.

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Abstract:
Si parte dalla scultura di Costantinopoli, che assume una propria identità non con Teodosio I come si pensa comunemente, ma con il nipote Teodosio II: la scultura di carattere mitologico, grazie alla statuetta di Cristo del Museo Nazionale Romano e alla statua di Valentiniano II, da Afrodisia, può essere attribuita, unitamente alla produzione “cristiana”, a maestranze afrodisiensi attive nella capitale. Maestranze di Afrodisia che contemporaneamente hanno lavorato a Roma: non solo per soggetti pagani, ma pure per a statuetta diCristo e per sarcofagi cristiani (come quello di Giunio Basso), tra cui spicca - come l’esemplare di più alta qualità - il sarcofago del beato Egidio in S. Bernardino a Perugia. Maestranze afrodisiensi sicuramente attive anche a Mantova per il sarcofago della cattedrale: dove tuttavia, come per i varii esemplari di Roma , vi è la compresenza di maestranze romane, italicheforse. Pure in Renania notiamo l’attività degli artefici di Afrodisia; mentre a Ravenna siamo davanti a sarcofagi importati direttamente da Costantinopoli, nella cui esecuzione si vede evidente la mano di maestranze afrodisiensi di vario livello. Per Efeso, ho rinvenuto nella città alta un capitello di pilastro di età antonina, ch’è stato in parte rilavorato in modo mimetico forse all’inizio del V secolo: è l’unico elemento nuovo tra le opere di artefici effemini finora apparso per questo periodo nella città , accanto ai capitelli della prima basilica di S. Giovanni, della”Stigengasse” e dell’edificio a ovest del Prytaneion.
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Bartolozzi, Giuseppe. "Origene e il dibattito sulla divinità del Logos nella prima metà del secolo III." Augustinianum 50, no. 1 (2010): 61–82. http://dx.doi.org/10.5840/agstm20105013.

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Maestri, Diego. "Comacchio e i suoi ponti." Boletín de Arte, no. 34 (November 18, 2017): 161–78. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2013.v0i34.3544.

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Abstract:
La città di Comacchio, a trenta chilometri a nord di Ravenna, essendo sorta all’interno di una vasta zona di Valli da Pesca, è rimasta isolata dalla terraferma fino alla metà del secolo XIX. Alla devoluzione del Ducato di Ferrara alla Santa Sede (1598), la Città di Comacchio, le sue saline e le sue Valli da Pesca sono state sfruttate dalla Reverenda Camera Apostolica per circa due secoli. Nella prima metà del secolo XVII, per volontà di alcuni illuminati cardinali Legati di Ferrara, la città di Comacchio ha visto la realizzazione di importanti interventi urbani e territoriali, tra cui la costruzione di numerosi ed interessanti ponti e l’escavazione di un canale navigabile, per metterla in comunicazione diretta con il Mare Adriatico. Lo scritto tratta, brevemente, della particolare configurazione urbana del centro storico della città e della costruzione dei ponti, che sono ancora oggi la caratteristica principale della città lagunare, e in particolare delle caratteristiche di tre di essi (il Treponti, il Ponte delle Carceri e il Ponte di Piazza).
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Rigo, Antonio. "Autografi, manoscritti e nuove opere di Giuseppe Kalothetos (metà del XIV secolo)." Revue d'Histoire des Textes 12 (January 2017): 107–39. http://dx.doi.org/10.1484/j.rht.5.112809.

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Cerino, Badone Giovanni. "La cultura della guerra. Sapere teorico e sapere empirico nel mondo militare del XVII secolo." SOCIETÀ E STORIA, no. 136 (July 2012): 277–98. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-136002.

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Abstract:
Se percorriamo gli scaffali di una ideale biblioteca militare europea della prima metÀ del XVII secolo possiamo trovare numerosi testi legati al periodo classico. I trattati militari, sia quelli di "arte militare" che quelli dedicati alle armi, furono in realtÀ piů strumenti di propaganda che effettivi manuali di addestramento e preparazione per la guerra. Essi compongono una vastissima biblioteca ma in realtÀ sappiamo veramente poco di quanto gli ufficiali leggessero questi testi. I libri di tattica e storia militare potevano essere sia voluminosi messaggi cartacei, destinati a celebrare un esercito, che oggetti destinati al mercato dei collezionisti di libri, agli eruditi, quindi a di persone "non addette ai lavori". L'autore cerca quindi di dimostrare quanto l'esperienza dominasse la formazione del soldato del XVII secolo, divenendo in seguito la base della pianificazione strategica ed operativa delle guerre future. .
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Balossino, Simone. "Un territorio conteso : l’espansione del comune di Avignone nelle aree extracittadine (prima metà del secolo xiii)." Mélanges de l'École française de Rome. Moyen Âge, no. 123-2 (December 15, 2011): 397–416. http://dx.doi.org/10.4000/mefrm.629.

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Sárközy, Péter. "Fortuna e traduzione delle opere letterarie italiane in Ungheria." Italianistica Debreceniensis 25 (March 29, 2020): 20–35. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5552.

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Abstract:
La critica letteraria, sia in Ungheria che in Italia, ha prestato grande attenzione alla fortuna e all'irradiazione della letteratura italiana in Ungheria, basti pensare ai tredici volumi, frutto della collaborazione scientifica della Fondazione Giorgi Cini di Venezia e dell'Accademia ungherese delle scienze. L'articolo mira a offrire un'ampia panoramica del successo della letteratura italiana in Ungheria, soprattutto attraverso le traduzioni. L'articolo esamina i vari periodi storici e i movimenti letterari che hanno caratterizzato i contatti letterari tra i due paesi. Fino alla seconda metà del XVIII secolo, l'irradiazione della letteratura italiana si manifestava innanzitutto nell'adozione dei suoi modelli letterari e delle sue formule poetiche nelle opere dei maggiori autori della letteratura ungherese. Il diciannovesimo secolo vide invece la stagione della traduzione dei grandi classici della prima letteratura italiana (Dante, Petrarca e Boccaccio) tradotti di nuovo nel ventesimo secolo, grazie anche all'impegno degli italiani magiari. Infine, l'articolo si concentra sulla situazione attuale, descrivendo le traduzioni di autori contemporanei.
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Bertini, Ferruccio. "Il corpo della volpe e del lupo nelle miniature del codice Leidense di Ademaro di Chabannes." Reinardus / Yearbook of the International Reynard Society 25 (December 31, 2013): 28–35. http://dx.doi.org/10.1075/rein.25.03ber.

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Abstract:
Il monaco Ademaro di Chabannes, vissuto, tra la fine del X e la prima metà dell’XI secolo tra il monastero di Saint-Cybard ad Angoulême e quello di Saint-Martial a Limoges, è autore delle 67 favole esopiche di origine prevalentemente fedriana contenute nei ff. 195-203v del ms. Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. 8° 15 (sec. XI). Di mano dello stesso Ademaro sono anche le illustrazioni che su questo codice accompagnano il testo dei singoli apologhi, intersecandosi disordinatamente a esso. L’A. si concentra in particolare sulle raffigurazioni delle favole 28 e 40, che hanno entrambe come protagonisti un lupo e una volpe. Particolarmente interessante è soprattutto la seconda, che, con una tecnica fumettistica ante litteram, fonde insieme tre distinti momenti del racconto.
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Carocci, Sandro. "Le comunalie di Orvieto fra la fine del XII e la metà del XIV secolo." Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes 99, no. 2 (1987): 701–28. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.1987.2930.

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Berg, Sven. "The House of Nobility Revisited: Benchmen Elections and Subgroup Voting Power*." Journal of Public Finance and Public Choice 9, no. 2 (October 1, 1991): 95–106. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345289.

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Abstract:
Abstract Viene esaminato, dal punto di vista probabilistico, il potere di voto, nell’ambito del sistema parlamentare svedese del secolo scorso.Nella prima metà del secolo decimonono, la Camera della Nobiltà, nella quale era applicato il metodo di votazione doppiamente indiretto, fornisce esempi interessanti di situazioni in cui un gruppo di persone determinato e coesivo esercita una sproporzionata influenza sul risultato delle elezioni in un’assemblea. I casi esaminati sono due: quello degli «Indipendenti», che nel 1823 formarono un gruppo del tipo «caucus»; e il caso in cui nel 1840 l’opposizione riportò una sorprendente vittoria sui governativi, malgrado questi ultimi godessero della maggioranza in Parlamento.Appare dal primo caso che, sebbene il potere d’influenzare i risultati si riduca con la suddivisione in piccoli gruppi, tuttavia le minoranze organizzate sono in grado di ricorrere a scambi di voti e altri tipi di comportamento strategico che possono ampiamente compensare tale effetto. Nel secondo caso, la vittoria dell’opposizione à probabilmente dovuta ad una distribuzione ad essa favorevole dei votanti all’interno dei sottogruppi.Rimangono alcuni quesiti che dovrebbero essere esaminati alia luce delle moderne teorie del voto, come quello degli effetti distorsivi del metodo di voto indiretto adottato dalla Camera e quello dei problemi strategici che deriverebbero qualora fosse consentita la vendita di voti prima delle elezioni.
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Toroš, Anna. "Le figure femminili nella poesia slovena e italiana su Trieste della prima metà del XX secolo." Quaderni d'italianistica 35, no. 1 (January 15, 2015): 135–48. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v35i1.22356.

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Abstract:
Argomento del presente contributo è quel segmento della poesia slovena e italiana su Trieste della prima metà del XX secolo in cui hanno trovato espressione le figure femminili. A seconda del modo in cui queste figure sono rappresentate, la maggior parte può essere inserita in uno dei due gruppi: quello realistico oppure quello simbolico. Nel primo gruppo, cioè quello di rappresentazione realistica, troviamo delle descrizioni di donne triestine che sono legate alla Trieste asburgica oppure alla Trieste interbellica, ma che in entrambi i casi appartengono alle classi sociali più povere. Spesso queste donne provenivano dal retroterra triestino e si recavano quotidianamente in città per motivi di lavoro: questo è il caso delle fioraie, delle lattaie, delle fruttivendole, ma anche delle mondatrici di caffè e di altri prodotti. In tale contesto i poeti accennarono qualche volta alla loro provenienza slovena. In queste poesie prevalgono temi sociali, che però non sempre sono accompagnati da toni elegiaci. Quest’ultimi sono caratteristici soprattutto della poesia slovena, che accanto al problema della crisi economica si occupa anche della correlata problematica nazionale. Nell’altro gruppo, quello delle figure di tipo simbolico, troviamo invece figure più complesse, spesso costruite mediante lo strumento poetico della personificazione. Accanto a Jadranka, figura materna e portatrice di conforto agli sloveni triestini, troviamo nella poesia italiana dei primi due decenni del XX secolo la figura di Trieste come sposa irredenta d’italia, che apparirà anche nelle poesie italiane dei decenni successivi, sebbene con toni e sfumature diversi.
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Lorenzi, F. "Breve Storia del Metodo Gemellare 2 - Le Attuali Formulazioni del Metodo." Acta geneticae medicae et gemellologiae: twin research 47, no. 1 (January 1998): 57–71. http://dx.doi.org/10.1017/s0001566000000386.

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Abstract:
Il termine LISREL e l'acronimo di LInear Structural RELationship ed è nato inizialmente come nome di un software messo a punto dallo svedese Karl Joreskog e dai suoi collaboratori nei primi anni '70 per stimare, col metodo della massima verosimiglianza, i coefficienti strutturali dei modelli basati su sistemi di equazioni strutturali.Tali modelli, nella elaborazione tramite il LISREL, rappresentano la sistemazione logica, prima ancora che statistica o computeristica, di tecniche di analisi multivariata le cui prime proposte risalgono all'ininzio del secolo; riconducendo ad un unico modello che ne costituisce una geniale sintesi, approcci ed itinerari scientifici fino ad allora distinti e non comunicanti, quali l'analisi fattoriale, i modelli causali e i modelli di misurazione. In particolare rappresentano in questo momento la più completa e sistematica risposta al problema di operazionalizzare in termini di ricerca e di verifica empirica, nel campo delle scienze sociali, la controversa, ma non per questo meno fondamentale, nozione di causalità. Essi sono quindi la reinterpretazione, sistemazione e soprattutto generalizzazione di quelli che negli anni '60 venivano chiamati i modelli causali e che nella prima metà degli anni '70 avevano conosciuto una notevole popolarità fra i sociologi soprattutto attraverso la tecnica della path analysis.
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Mauri, Antonella. "Il re soldato. L’immagine di Vittorio Emanuele III nella prima metà del XX° secolo a." Italies, no. 19 (October 1, 2015): 159–80. http://dx.doi.org/10.4000/italies.5204.

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Musiani, Elena. "Marco Minghetti: una prospettiva europea per i notabili bolognesi nella prima metà del XIX secolo." IL RISORGIMENTO, no. 2 (February 2020): 31–56. http://dx.doi.org/10.3280/riso2019-002002.

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D’Alessandri, Antonio. "Viaggiatori romeni in Italia durante il Risorgimento." IL RISORGIMENTO, no. 1 (May 2021): 96–116. http://dx.doi.org/10.3280/riso2021-001005.

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Abstract:
Il saggio affronta l'immagine dell'Italia durante la prima metà del XIX secolo negli scritti di viaggio di alcuni fra i più importanti autori romeni che, a vario titolo, visitarono la penisola. L'obiettivo è di mettere a fuoco in che modo la cultura italiana sia stata recepita e, soprattutto, come abbia influenzato l'elaborazione dell'identità nazionale romena contemporanea nella sua fase di formazione. L'analisi tiene in considerazione i maggiori eventi della storia romena dell'epoca, per collocare quelle opere nel loro contesto originario. Per i romeni del XIX secolo, l'Italia, con la sua storia, la lingua, la cultura, significò soprattutto la riscoperta delle antiche radici culturali della nazione. Accanto a ciò, la percezione romena dell'Italia, così come si può leggere nei testi dei viaggiatori selezionati, racchiudeva in sé anche gli stimoli a trovare, nei luoghi visitati, esempi concreti che potessero contribuire all'incipiente sviluppo delle terre romene e, infine, l'ammirazione per l'azione politica del Piemonte sabaudo nel processo di formazione statale italiana.
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Swiggers, Pierre. "Su alcuni principi della grammaticografia latino-volgare: i frammenti grammaticali latino-friulani." Linguistica 31, no. 1 (December 1, 1991): 325–29. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.31.1.325-329.

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Abstract:
Questo saggio è offerto al nostro amico Pavao Tekavčić come omaggio all'opera sua, d'importanza fondamentale nei campi della grammatica italiana e della linguistica reto-romanza e balcano-romariza. Come argomento ho scelto i frammenti grammaticali della seconda metà del secolo XIV provenienti da Friuli. Quei frammenti, che lo Schiaffini aveva pubblicati nel 1921-1922, si inseriscono in un quadro d'istruzione grammaticale elementare per il quale abbiamo testimonianze non solo nel nord d'Italia, ma anche nel dominio d'oil.
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Themelly, Alessandra. "Immagini di Maria nella pittura e nei mosaici romani dalla crisi monotelita agli inizi della seconda iconoclastia (640-819)." Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia 21 (September 21, 2017): 107–38. http://dx.doi.org/10.5617/acta.5533.

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Abstract:
L’articolo analizza le immagini della Vergine, pittoriche e musive, presenti a Roma dalla metà del VII secolo ai primi decenni del IX. Il taglio prescelto cerca di usare in parallelo le diverse chiavi interpretative proposte dalla storiografia: l’analisi storica, le ricerche iconografico-iconologiche, le letture stilistico-formali. Nelle rappresentazioni di Maria si riflettono le dinamiche religiose dello sviluppo dottrinale e della pratica devozionale, legate prima alla eresia monotelita poi alla crisi iconoclasta; in seguito in esse convergono nuovi significati politici connessi alla nascente ideologia dello Stato della Chiesa. Lo sviluppo delle immagini mariane mostra nel corso dei quasi duecento anni esaminati il progressivo distacco dalla cultura bizantina ed il profilarsi di una nuova identità culturale.
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Sordyl, Krzysztof. "Powstanie i rozwój Kościoła nowacjańskiego." Vox Patrum 55 (July 15, 2010): 553–67. http://dx.doi.org/10.31743/vp.4356.

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Abstract:
Nel periodo iniziale dello sviluppo dello scisma romano di Novaziano niente lasciava prevedere che potesse minacciare l’intera Chiesa. In quel periodo Novaziano aveva mandato in Africa, Alessandria e Antiochia i suoi emissari. Grazie alla loro attività la comunità dei novaziani cresceva in potenza, e sviluppando in modo progressivo la propria dottrina è diventato un rivale significativo della Chiesa cattolica. La Chiesa di Novaziano si è diffusa in Gallia, nei terreni dell’Italia settentrionale (Milano), a Roma, in Africa, Egitto e Siria. In Oriente si è lottato a lungo contro le sue regole e abitudini. Anche nell’Asia minore i novaziani erano numerosi. Socrate fornisce molte informazioni su di loro. Racconta dettagliatamente la storia della comunità novaziana a Costantinopoli: descrive la disposizione delle loro chiese nella città e presenta la successione dei vescovi novaziani fino alla sua epoca. Eppure non vi è modo di stabilire, anche approssimativamente, il numero di singole comunità. L’ottavo canone del concilio di Nicea presumeva che in alcuni posti la chiesa di Novaziano avesse attratto la totalità della popolazione cristiana. Le informazioni sul presbitero romano e la sua chiesa non sono precise. I trattati, che si sono conservati, mostrano piuttosto la polemica teologica che la dimensione storica. La legge civile del 326 ha creato una situazione favorevole per gli appartenenti alla chiesa di Novaziano, riconoscendogli il diritto di possedere i luoghi di culto e i cimiteri. Le comunità novaziane in Oriente si sono trovate al centro della reazione antiniceana, le cui conseguenze avevano il carattere non solo teologico, ma anche esistenziale. Socrate riporta i momenti drammatici vissuti a Costantinopoli dai cattolici e dai novaziani che non volevano accettare il credo dei seguaci degli homoios. Nella prima metà del V secolo a Roma, il papa Innocente I, Bonifacio I e Celestino I chiudono le chiese dei novaziani. Cirillo invece combatteva i novaziani ad Alessandria. Socrate ricorda che a Costantinopoli, dove sicuramente era più difficile scordarsi delle sofferenze comuni, la situazione della comunità novaziana è rimasta buona fino all’ascesa al trono di Nestorio (428). La collaborazione della Chiesa e dello stato porta gradualmente alla sparizione, prima nelle grandi città, a poi addirittura in campagna, delle comunità organizzate, e finalmente degli ultimi rappresentanti della setta. Probabilmente gli ultimi novaziani asiatici collaboravano con i pauliciani. In Oriente dalla metà dell’VIII secolo sparisce la questione dei novaziani come eretici viventi. Gli ultimi cenni risalgono ai tempi di Giovanni di Damasco e Eulogio di Alessandria. In Occidente erano spariti già da molto prima: non se ne trova quasi nessuna informazione già dalla metà del V secolo. Secondo alcuni ricercatori le idee propagate dalla chiesa di Novaziano hanno influito sui bogomilisti, e anche sui catari dell’Occidente.
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Laurenzi, Elena. "Dal passato al futuro. La trasmissione del progetto politico attraverso una genealogia femminile nella prima metà del secolo XX." HISTORIA MAGISTRA, no. 24 (November 2017): 100–116. http://dx.doi.org/10.3280/hm2017-024009.

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Licordari, Mariangela. "Le sale cinematografiche nello scenario moderno dell’architettura portoghese della prima metà del XX secolo : alcuni esempi a confronto." Revista de História da Sociedade e da Cultura 18 (December 22, 2018): 207–26. http://dx.doi.org/10.14195/1645-2259_18_10.

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Abstract:
Vero e proprio fenomeno culturale del XX secolo, in ambito architettonico il cinema rappresenta da sempre il simbolo della modernità e del progresso tecnologico. Nella storia dell’architettura moderna, la progettazione delle sale cinematografiche va di pari passo con la sperimentazione di nuove forme architettoniche rese possibili dall’impiego di moderni materiali da costruzione (quali in primis il cemento armato), divenendo un importante banco di prova tanto per la verifica tecnologica degli stessi quanto per l’immaginazione spaziale di nuovi ambienti, così divergenti da quelli propriamente classici dei teatri. Spazio architettonico fruibile e funzionale al vissuto umano, il cinema diventa rapidamente espressione di crescita, di sviluppo sociale ed economico e di prestigio urbanistico. Anche in Portogallo, come nel resto dell’Europa, le sale cinematografiche sono segnali tangibili del cambiamento stilistico e formale dell’architettura della prima metà del Novecento, facendosi portavoce di un’immagine nuova che rapidamente adornerà le città portoghesi d’un aspetto moderno e scenografico al tempo stesso.
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Brown, Rosalind. "Monastic Decline in Sardinia: S. Leonardo di Bosue (Sassari) 1300–1401." Papers of the British School at Rome 53 (November 1985): 329–41. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200011570.

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Abstract:
DECLINO MONASTICO IN SARDEGNA: S. LEORNARDO DI BOSUE (SASSARI) 1300–1401S. Leonardo, di proprietà del convento pisano di Ognissanti, si trovava in una delle zone di maggior declino economico della Sardegna del XIV secolo. Prima della conquista aragonese, Ognissanti si affidava alla protezione dell'Arcivescovo di Torres e della influente famiglia Palas. Durante i decenni successivi, l'abbandono e l'invasione da parte dei potenti Aragonesi ridussero decisamente il valore del possedimento; questo declino può essere paragonato ai problemi che anche altrienti religiosi incontrarono nell'isola. Dopo una drastica revisione delle sue aspettative, tuttavia, Ognissanti poté mantenere il controllo di un piccolo nucleo quasi fino alla fine del secolo.
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D’Amia, Giovanna. "La Commissione d'Ornato a Milano, tra ortodossia classicista e cultura prospettica." TERRITORIO, no. 93 (January 2021): 156–55. http://dx.doi.org/10.3280/tr2020-093023.

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Abstract:
L'articolo prende in esame un aspetto poco indagato dell'attività della Commissione d'Ornato di Milano nella prima metà dell'Ottocento, interrogandosi sugli effetti della presenza di esponenti della cultura prospettica, come Paolo Landriani e Francesco Durelli, in un organo destinato a sovrintendere l'edilizia cittadina. Attraverso una serie di indizi tratti dalle fonti d'archivio emerge infatti la loro disponibilità ad allargare i riferimenti espressivi dalle norme vitruviane alle più libere proporzioni del linguaggio bramantesco e la loro sensibilità per la dimensione complessa dello spazio urbano. Attitudini che svolgono un'azione erosiva nei confronti dei modelli culturali su cui la commissione era chiamata a vigilare, traghettando la sensibilità della cultura architettonica milanese dal rigido classicismo di inizio secolo al più variegato panorama degli anni preunitari.
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Potter, T. W., and Filippo Delpino. "Cronache veientane. Storia delle ricerche archeologiche a Veio I. Dal xiv alla metà del xix secolo." American Journal of Archaeology 91, no. 1 (January 1987): 153. http://dx.doi.org/10.2307/505478.

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Capra, Carlo. "Donati e il patriziato milanese tra sette e ottocento." SOCIETÀ E STORIA, no. 129 (December 2010): 597–604. http://dx.doi.org/10.3280/ss2010-129009.

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Abstract:
L'ultimo capitolo de L'idea di nobiltÀ in Italia, secoli XIV-XVIII (1988) di Claudio Donati propone una penetrante indagine della nobiltÀ lombarda e milanese del diciottesimo e diciannovesimo secolo e dei dibattiti intorno ad essa. Questo capitolo e i successivi contributi di Donati sull'argomento sono esaminati da Capra sulla base di una conoscenza di prima mano delle fonti e dei problemi relativi.
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Caputo, Vincenzo. "Un transfert cinquecentesco: Scipione l'Africano." Quaderni d'italianistica 28, no. 2 (June 1, 2007): 89–102. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v28i2.8522.

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Abstract:
L'intervento si pone l'obiettivo di analizzare la fortuna di Scipione l'Africano nel corso della seconda metà del XVI secolo. Sulla scia delle dispute quattrocentesche e dell'opera latina del Petrarca, il mito di Scipione si impone nel secondo Cinquecento attraverso la mediazione dei machiavelliani Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, dove si fornisce la narrazione delle gesta esemplari dell'illustre capitano antico. Grazie a queste premesse l'Africano diviene un preciso punto di riferimento per molte biografìe di uomini d'arme e di stato. E possibile, in questo senso, soffermarsi in maniera specifica su alcune comparazioni'. Nella biografia di Ferrante Gonzaga, scritta da Alfonso de' UUoa (1563), si accosta, ad esempio, la vicenda di Scipione a quella del capitano cinquecentesco, mentre nella vita di Cornelio Scipione l'Emiliano, scritta da Antonio Bendinelli (2 ed., 1568), si associano le gesta del 'maggiore' Africano con quelle dell'omonimo 'minore'. Il discorso, in realtà, finisce per coinvolgere diversi letterati (da Bernardo Segni e Antonio Benivieni il Giovane a Scipione Ammirato e Scipione de' Monti), nelle cui opere l'Africano diviene sicuramente un continuo, e nobilitante, termine di paragone.
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Imbruglia, Girolamo. "Osservazioni conclusive." SOCIETÀ E STORIA, no. 134 (February 2012): 735–40. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-134005.

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Abstract:
L'elemento che accomuna i saggi di Morales, Melai e Bianchini, presentati nel seminario La Compańía de Jesús y la cultura del siglo XVIII (Instituto Internacional Xavier María de Munibe di Azkoitia, 26-27 giugno 2009), č costituito dall'analisi dell'azione della Compagnia di Gesů nella seconda metÀ del XVIII secolo, prima e dopo la sua soppressione. Tale azione č colta in tre momenti significativi: la pratica missionaria nelle riduzioni del Paraguay descritta da una testimonianza coeva, le strategie educative accampate in Francia dagli ex-gesuiti e infine la difesa e l'apologia dell'attivitÀ evangelizzatrice in Sud-America. La discussione sulla Compagnia di Gesů fu uno dei motivi che accompagnň l'intera parabola dello sviluppo della cultura illuminista; la prospettiva proposta dai tre saggi privilegia l'epoca della dissoluzione della Compagnia, soprattutto in riferimento al suo ramo spagnolo. Quel dibattito affrontň, al di lÀ della polemica politica contingente, la questione piů generale della natura dello stato d'antico regime; i saggi qui discussi ci fanno sentire la voce del potere monarchico assoluto, che si fondava sul tradizionalismo, sul nesso e non sulla separazione di religione e politica.
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Perkins, P., and S. Schafer. "The excavation of the Villa Pigneto Sacchetti." Papers of the British School at Rome 68 (November 2000): 269–320. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003950.

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Abstract:
LO SCAVO DELLA VILLA PIGNETO SACCHETTII resti della Villa Pigneto Sacchetti, progettata da Pietro da Cortona, sono stati localizzati e parzialmente scavati nel 1992. Lo scavo ha rivelato che il Casino è sopravvissuto appena sopra il livello di fondazione e che anche le parti più interne del ninfeo e della grotta sono sopravvissute. I risultati dello scavo consentono una rivalutazione della correttezza delle piante del XVIIII secolo. Due fasi di sviluppo sono state riconosciute — inizialmente una piccola fontana, e successivamente una villa di più grandi dimensioni con un ninfeo e una grotta. La villa è risultata essere di progetto originale e non una ristrutturazione di un edificio gia esistente, come creduto in precedenza. L'analisi dei resti archeologici e dei documenti che sono sopravvissuti consente una rivalutazione della datazione della costruzione, con una prima fase risalente alia metà del 1637 ed una seconda ad un periodo che va dal 1638 al 1644. I reperti archeologici sono pochi, ma la presenza di una serie di vasi da fiori con disegni araldici papali è degna di nota.
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La Delfa, Angela Maria. "Il significato della visione del Natale di santa Brigida di Svezia nel contesto della cultura tardo medievale." De Medio Aevo 10, no. 2 (July 25, 2021): 319–38. http://dx.doi.org/10.5209/dmae.76262.

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Abstract:
L’ampia e interessante letteratura sull’argomento ha coperto gran parte degli aspetti legati alla genesi della visione brigidina. Questo articolo si prefigge di indagare nel dettaglio alcune questioni che finora non sono state approfondite dalla critica. Ci si riferisce in particolare alle fattezze fisiche della Vergine Maria e alla rappresentazione del Bambino Gesù nudo e sospeso per aria o raffigurato già disteso in terra. Si tratta di dettagli di rilievo, anche in relazione al tema del corpo della Vergine e del Cristo che riveste grande importanza nella spiritualità tardomedievale. Si analizzano le differenze tra le prime tavole della Natività in Italia, ma anche quelle realizzate nella prima metà del XV secolo nel nord Europa. Si indaga tra quelle più fedeli alla visione e quelle che vi si ispirano liberamente pur essendo Brigida presente nella rappresentazione. Dal confronto con l’iconografia precedente, particolarmente con quella tramandata tramite i manoscritti delle Meditaciones Vitae Christi, è possibile stabilire cosa della visione del Natale di Brigida assume rilievo per l’arte figurativa, come e con quale scopo ciò viene recepito nell’immaginario collettivo e in che misura essa abbia rappresentato il vero punto di svolta di questo soggetto nell’arte occidentale.
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Perkins, Philip, and Ida Attolini. "An Etruscan farm at Podere Tartuchino." Papers of the British School at Rome 60 (November 1992): 71–134. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009806.

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Abstract:
UNA FATTORIA ETRUSCA NEL PODERE TARTUCHINOGli scavi della fattoria etrusca rinvenuta nel podere Tartuchino (GR) sono stati compiuti in due successive campagne, eseguite nel 1985 e nel 1986. Lo scopo di questo articolo è quello di fornire una descrizione dei resti strutturali, completata da una ricostruzione della sequenza cronologica entro la quale questi sono stati edificati, un catalogo dei rinvenimenti e, infine, di dare una interpretazione dei dati ottenuti da un punto di vista economico e sociale. Il sito fu frequentato inizialmente durante l'Età del Bronzo, ma nessuna delle strutture scavate può essere riferita a questo periodo. L'occupazione etrusca è datata tra la fine del sesto e il quarto secolo a.C. La più antica struttura individuata è una ambiente rettangolare costruito in pietra con un portico ligneo e un tetto coperto da tegole. Tale struttura fu ingrandita durante la prima metà del quinto secolo e trasformata in un edificio con quattro ambienti principali ed un cortile parzialmente recintato. All'interno di tali ambienti sono stati rinvenute numerose buche di palo, interpretate come i resti di divisioni interne. L'ambiente più grande conteneva un focolare e un pithos interrato che probabilmente veniva usato per la produzione del vino. La fattoria fu abbandonata in seguito ad un incendio. Le evidenze ottenute durante gli scavi circa la produzione di vino, grano e tessuti sono qui usate allo scopo di formulare un'ipotetica ricostruzione dell'organizzazione economica del sito. Vengono inoltre confrontati i dati architettonici con quelli ottenuti da altre strutture scavate in siti dell'Etruria e del Lazio, databili ad eta arcaica e classica.
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Fentress, Elizabeth, Teresa Clay, Michelle Hobart, and Matilda Webb. "Late Roman and medieval Cosa I: the arx and the structure near the Eastern Height." Papers of the British School at Rome 59 (November 1991): 197–230. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009715.

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Abstract:
COSA TARDO ROMANO E MEDIEVALE I: L'ARCE E LA STRUTTURA NELLA PARTE NORD-ORIENTALE DELLA CITTAL'obiettivo degli scavi è di ricontrollare e datare l'insediamento post-romano a Cosa alla luce dei recenti studi sulla ceramica tardo-romana e medievale. Due aree sono state esplorate sull'Arce: la prima a nord della porta principale e la seconda a ovest del tempio D. Infine, una torre posta al di sopra delle mura romane nella parte nord-orientale dell città è stata parzialmente messa in luce.Sull'Arce si può ricostruire un'occupazione di epoca Bizantina: l'insieme comprendeva quartieri di abitazione all'interno del tempio, con un granaio, un fienile e stalle adiacenti. Si tratta probabilmente di una mansio, fortificata dopo un incendio nel VI secolo. Invece, la torre scavata nella zona nord-est della città romana testimonia una presenza medievale. Si tratta di una struttura tondeggiante irregolare che si appoggia alle mura romane guardando il Portus Cosanus. Potrebbe essere interpretata come base per una catapulta, datata verso l'inizio del XIV secolo.
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Carocci, Sandro, and Nicoletta Giannini. "Portici, palazzi, torri e fortezze. Edilizia e famiglie aristocratiche a Roma (XII-XIV secolo)." Studia Historica. Historia Medieval 39, no. 1 (May 31, 2021): 7–44. http://dx.doi.org/10.14201/shhme2021391744.

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Abstract:
Basato sull’esame sistematico delle fonti scritte e sul censimento e l’analisi archeologico-architettonica di tutta l’edilizia civile medievale, l’articolo illustra i patrimoni immobiliari e le forme di residenza sia dei vertici della aristocrazia romana, i cosiddetti baroni, sia del resto della nobiltà cittadina. L’esame di portici, domus magne, palatia, torri e fortezze mostra bene come dall’XI e, soprattutto, dal XII secolo si sia affermato con una forza prima sconosciuta un legame strutturale fra ricchezza e investimenti in costruzioni durature. Pietra, laterizi e malta si sono imposti come uno strumento fondamentale per manifestare l’identità aristocratica e come luogo di espressione dell'agency individuale e familiare.
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Guidi, Andrea. "Armi proprie” e machiavellismo militare: con alcune note sul concetto di “autore” nella trattatistica del Cinquecento." Las Torres de Lucca. International Journal of Political Philosophy 11, no. 2 (June 13, 2022): 285–95. http://dx.doi.org/10.5209/ltdl.80659.

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Abstract:
La circolazione dell’Arte della guerra di Machiavelli ha dato un fondamentale contributo allo sviluppo della cultura militare europea in volgare del Cinquecento. Questo saggio analizza alcuni specifici aspetti della ricezione di quest’opera nella produzione scrittoria militare del tempo e in particolare si concentra su quegli elementi di pensiero legati al tema delle “armi proprie” fortemente propagandato dal libro machiavelliano. A questo proposito, si è qui deliberatamente scelto di offrire l’esempio di due opere diverse per natura ideologica e altezza cronologica: l’una risalente alla prima metà del Cinquecento, l’altra originatasi nell’ambito delle guerre di religione e della diaspora dei protestanti francesi in area elvetica. Si tratta, in effetti, di due libri che permettono di comprendere sfumature poco note del processo di riuso di certi concetti machiavelliani che all’epoca potevano essere considerati politicamente controversi. Al tempo stesso, le due opere sono capaci di far risaltare le difficoltà che emergono ogni volta che si prova ad applicare il moderno concetto di autore a testi nati in un contesto caratterizzato da un continuo riutilizzo e dalla rielaborazione di temi ed elementi ascrivibili a una lunga e articolata tradizione di scrittura militare che si sviluppò lungo il corso del secolo, la quale, tuttavia, aveva trovato un momento di passaggio cruciale nel contributo di Machiavelli
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Ventura, Iolanda. "Sulla trasmissione vernacolare dello «Schriftencorpus» attribuito allo Ps.-Mesue: per una ricognizione delle traduzioni tra XIII e XVI secolo." Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 9, no. 2 (December 30, 2021): 183–265. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/15674.

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Abstract:
Il saggio esamina la diffusione del corpus di scritti attribuiti allo Ps.-Mesue (Canones universales, De consolatione simplicium medicinarum, Antidotarium sive Grabadin, Practica sive Grabadin) nelle principali aree linguistiche europee, ed è diviso in due parti. Esso presenta, nella prima parte, una panoramica delle traduzioni (ebraico, tedesco, inglese, francese, spagnolo) medioevali e rinascimentali sinora reperite ed analizza le modalità di ricezione non latina dello Schriftencorpus. In una seconda parte, vengono invece analizzate i quattro volgarizzamenti italiani prodotti tra il XIV ed il XV secolo in area toscana e veneta.
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Ribeiro Oliviera. "Relazioni transatlantiche tra circoli repubblicani radicali durante l'era delle rivoluzioni: la centralità delle donne." International Journal of Science and Society 4, no. 2 (June 3, 2022): 174–88. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i2.460.

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Abstract:
I movimenti migratori tra le due sponde dell'Atlantico sono stati di grande rilevanza, sia per la loro quantità che per la loro eterogeneità, dal momento in cui questi territori sono entrati in contatto. Il flusso costante di persone, nonché di beni e idee in questo ambiente oceanico, fece sì che nella seconda metà del 18° secolo i circoli repubblicani inglese e americano rafforzassero i loro legami, con alcune donne come attiviste di rilievo. La scrittrice inglese Catharine Macaulay (1731-1791), oltre a scrivere degli eventi cruciali del momento, ha attraversato l'oceano con il desiderio di starle vicino e viverli in prima persona. D'altra parte, per interessi comuni, mantenne per più di vent'anni un intenso rapporto epistolare con la scrittrice americana Mercy Otis Warren (1728-1814). Nonostante i limiti che trovavano in ambiti prevalentemente maschili, come la storia e la politica, il contributo di queste donne non si limitava al sostegno atteso, ma le loro preoccupazioni si riflettevano in alcuni importanti scritti per la causa repubblicana. Nonostante questo e paradossalmente, questi movimenti rivoluzionari non hanno portato cambiamenti significativi nella situazione e nei diritti delle donne.
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Arthur, Paul, Umberto Albarella, Brunella Bruno, and Sarah King. "‘Masseria Quattro Macine’ — a deserted medieval village and its territory in southern Apulia: an interim report on field survey, excavation and document analysis." Papers of the British School at Rome 64 (November 1996): 181–237. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200010382.

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Abstract:
‘MASSERIA QUATTRO MACINE’ — UN VILLAGGIO MEDIEVALE ABBANDONATO ED IL SUO TERRITORIO NELIA PUGLIA MERIDIONALE: UNA RELAZIONE PRELIMINARE SULLA RICOGNIZIONE, LO SCAVO E L'ANALISI DOCUMENTARIAQuesta relazione presenta i risultati dei primi quattro anni di un progetto archeologico che esamina l'entroterra di Otranto, in Puglia meridionale. La ricognizione suggerisce che l'area vide un incremento dell'insediamento sia nel periodo tardo Romano/alto Bizantino che nel tardo Medio Evo. Gli scavi riguardano due siti principali.Il primo sito è quello della chiesa monumentale di Le Centoporte, Giurdignano, che sembra essere stata costruita come parte di un monastero tra il tardo quinto e l'inizio del sesto secolo. Sembra che la costruzione non sia mai stata completata e che intorno al settimo secolo fu riprogettata in maniera che potesse ospitare una piccola comunità all'interno delle sue mura.Il secondo sito è quello del villaggio medievale di Quattro Macine, che potrebbe essere stato fondato prima della conquista normanna della Puglia, nel 1071, per essere poi abbandonato durante il XIV secolo ed infine sostituito da una fattoria. Due chiese, di fondazione normanna e bizantina, con i loro cimiteri associati, vengono descritte. Ulteriori ritrovamenti vengono anche discussi, con lo scopo di presentare un modello preliminare di cambiamento dell'insediamento e di uso del territorio.
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Todorović, Suzana. "I TEMPI VERBALI DEL MODO INDICATIVO NEL DIALETTO ISTROVENETO DEL LITORALE SLOVENO." Folia linguistica et litteraria XI, no. 30 (2020): 281–300. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.16.

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Abstract:
Nel presente contributo ci proponiamo di presentare l’impiego dei tempi verbali istroveneti del modo indicativo. Il lessico istroveneto (attinente all’area istriana nordoccidentale) è riportato in otto dizionari dialettali, ovvero Dizionario storico fraseologico etimologico del dialetto di Capodistria (Giulio Manzini e Luciano Rocchi, 1995), Dizionario del dialetto capodistriano (Dino Parovel, 2006), Voci della parlata isolana nella prima metà di questo secolo (Antonio Vascotto, 1987), Vocabolarietto del dialetto isolano (Antonio Delise, 2006), Dizionario del dialetto isolano: raccolta di parole e modi di dire della parlata isolana di ieri, di oggi e, forse, di domani (Silvano Sau, 2009), Le perle del nostro dialetto (Ondina Lusa e Marino Bonifacio, 2004, 2010, 2012). In alcuni dizionari gli autori riportano altresì una selezione di elementi grammaticali senza fornire un puntuale quadro grammaticale delle parlate prese in esame; oltre a ciò, non sempre vi è rispondenza tra gli elementi grammaticali riportati e quelli rilevati sul campo durante le nostre ricerche, essendo (stati) gli autori dei dizionari perlopiù amanti della parola dialettale e non linguisti o dialettologi. Le regole d’uso dei tempi verbali istroveneti (presente, imperfetto, futuro semplice, passato prossimo, imperfetto, trapassato rossimo, futuro anteriore) sono state definite mediante materiali testuali registrati sul campo durante le inchieste dialettali effettuate in sette punti d’inchiesta istroveneti. Tutti i testi ricavati sul campo sono stati corredati da traduzioni in italiano. Per ogni tempo verbale riportiamo le coniugazioni dei verbi ausiliari ˈeṡer ‘essere’ e ver ‘avere’ e le coniugazioni dei verbi regolari con infinito in -ar o -a (Pirano); -er (Capodistria), -e (Isola) o -i (Pirano e Strugnano); -ir (Capodistria, Isola) o -i (Pirano). Nel caso dei tempi verbali composti è stata messa in rilievo la loro modalità di formazione.
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