Journal articles on the topic 'Pratiche filosofiche'

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1

Palazzani, Laura. "Bioetica dei principi e bioetica delle virtù: il dibattito attuale negli Stati Uniti." Medicina e Morale 41, no. 1 (February 28, 1992): 59–85. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1115.

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Abstract:
L'autore approfondisce il dibattito filosofico sulla fondazione etica della bioetica negli Stati Uniti focalizzando l'attenzione sul paradigma dei principi proposto da T.L. Beauchamp e J.F. Childress e sugli interventi critico-integrativi ad esso apportati dalla bioetica delle virtù. Il dibattito è inquadrato nell'ambito dell'evoluzione della riflessione filosofica d'oltreoceano che reagendo alla astrattezza e schematicità della teorizzazione dei principi recupera in ambito morale la categoria della virtù che pone maggiore attenzione alla concretezza poliedrica della vita morale e alle motivazioni dell'agire. L'articolo intende evidenziare la rilevanza del recupero del concetto di virtù nel dibattito attuale della bioetica quale integrazione alla formulazione dei principi regolativi dell'agire biomedico sottolineando la necessità di un approfondimento fondativo sul piano delle giustificazioni che sia rispettoso del valore centrale della persona sia nei principi che nel giudizio ultimo pratico.
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2

FERRAGUTO, Federico. "NATURA E RIVELAZIONE IL CONCETTO DI FINE NEL SAGGIO DI UNA CRITICA DI OGNI RIVELAZIONE DI J.G. FICHTE. UNA RILETTURA FICHTEANA DI KANT." Estudos Kantianos [EK] 4, no. 1 (July 15, 2016): 15–30. http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501.2016.v4n1.03.p15.

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Abstract:
Apparentemente scritto più per ragioni di opportunità economica che non per motivi sistematici, il Versuch einer Critik aller Offenbarung occupa una posizione importante nel percorso filosofico di Fichte. In questo suo primo scritto, infatti, il filosofo di Rammenau tenta di colmare un’importante lacuna nel dibattito teologico dell’epoca1, offre una sintesi complessiva della sua formazione filosofica e sviluppa una prima e impegnativa rielaborazione della filosofia di Kant. Non a caso diversi interpreti del Versuch si sono concentrati sulla valutazione del contributo dato da Fichte ai possibili sviluppi della filosofia pratica kantiana e al suo rapporto con la Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft2. In questo contesto, l’indagine fichtiana sulle condizioni di possibilità del concetto di rivelazione viene considerata come una tappa indubbiamente decisiva nel passaggio dalla teologia alla filosofia della religione, che coincide con quello da un´indagine che mira alla definizione scientifica dell’essenza di Dio a una descrizione delle condizioni di possibilità del “senso religioso” come espressione della natura dell’essere umano3.
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3

Scoppettuolo, Antonio. "Un’etica per la salute a partire dal concetto di malattia in senso cognitivista / An ethic for health from the concept of disease in a cognitivist perspective." Medicina e Morale 66, no. 4 (October 11, 2017): 475–94. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.502.

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Abstract:
Un’etica della salute è possibile attraverso la ricognizione della soggettività che interpreta la malattia. Il saggio analizza l’evoluzione teoretica del concetto di malattia: dall’idea tradizionale di affezione del corpo al paradigma cognitivista delle più recenti elaborazioni filosofiche e bioetiche nate in ambito anglosassone come quella del filosofo australiano Stan Van Hooft. Il concetto tradizionale, pur cercando la sede della malattia a livello organico, non mette in discussione l’unitarietà e l’integrità somatica. L’epistemologia contemporanea, a partire dalla genetizzazione, invece ha scomposto il corpo in un aggregato biologico. Questo ha prodotto un cambio epocale dello sguardo e delle pratiche mediche e dello status stesso del malato nella società post genetica. Nella difficile concettualizzazione della salute (e dunque delle caratteristiche e dei limiti della malattia) che si muove tra gli estremi del sub ottimale e dell’ottimo, l’autore prende in esame il paradigma dei 4 livelli di soggettività di Van Hooft e ne aggiunge un quinto. Il quinto livello attraverso cui la malattia viene vissuta e interpretata dalla soggettività riguarda la dimensione relazionale del soggetto, la cui assenza descrive la malattia come mancanza di libertà. I livelli di funzionamento non sono prescrittivi ma di carattere metodologico perché permettono la comprensione della dimensione della malattia. Grazie a questa conoscenza è possibile costruire anche i principi che guidano la professione medico- scientifica che dipendono dal modo in cui l’azione terapeutica è pensata per il malato. ---------- Health ethics is possible by acknowledging that subjectivity interferes with the diseases. This essay analyzes the theoretical evolution of the concept of disease: from the traditional idea of the physical disease up to the latest philosophical and bioethical theories concerning the cognitivist view born in the Anglo-Saxon world such as the studies of the Australian philosopher Stan Van Hooft. The traditional conception, even if it has been looking for the location of the disease on an organic level, has never questioned about unitarity and the somatic integrity. Whereas contemporary epistemology, from the genotyping on, has discomposed the human body into a biological aggregate. All this has produced an epochal change of view both of the medical practices and of the clinical status of the patients in the post-genetic society. In the difficult conceptualization of health and consequently of the features and limitations of the diseases between suboptimal and optimal extremes, the author examines the paradigm of the 4 levels of subjectivity by Van Hooft and adds a fifth one to them. The fifth level, through which the disease is experienced and interpreted by the subjectivity, concerns the relational aspect of the subject, whose absence defines the disease as lack of freedom. The operating levels are not prescriptive but of methodological type because they allow to understand the extent of the disease. Thanks to this knowledge it is also possible to state the medical-scientific guidelines of the profession depending on how the therapeutic action on the patient is conceived.
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4

Lancioni, Tarcisio. "Dietro la maschera. Verità in semiotica." Estudos Semióticos 18, no. 2 (August 26, 2022): 216–36. http://dx.doi.org/10.11606/issn.1980-4016.esse.2022.194353.

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Abstract:
L’articolo propone una riflessione, condotta con gli strumenti della semiotica, sulla verità e sui suoi travisamenti (maschere, segreti), attraverso l’analisi di un racconto: Doppio sogno (Traumnovelle, 1926) di Arthur Schnitzler. Dopo un excursus su alcune concezioni della verità, derivate sia dal discorso filosofico che dalla prassi quotidiana, l’analisi testuale è volta a mostrare come i processi discorsivi, quali sono messi in scena dal racconto, presentano un ampio intreccio di pratiche “veritative” diverse, quali la constatazione, la confessione, l’inchiesta, la messa alla prova, lo smascheramento, la simulazione e la dissimulazione. Pratiche che sono a loro volta correlate a concezioni e valorizzazioni diverse della verità. Infine, l’articolo si concentra sul ruolo della “maschera”, nei processi di tematizzazione e di attorializzazione, come mezzo di nascondimento e rivelazione.
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5

Starace, Fabrizio. "Medical decisions at the end of life: epidemiological and psychiatric aspects." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 7, no. 2 (August 1998): 135–46. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00007272.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo— Il dibattito attuale sulle decisioni mediche di fine vita (DMFV) è caratterizzato da toni ed argomentazioni prevalentemente filosofici e confessionali. Scarsa attenzione è stata sinora rivolta a chiarire la reale diffusione di queste pratiche ed ancor meno esplorato risulta il ruolo che lo psichiatra e chiamato a svolgere in tale delicato contesto.Metodo— È stata condotta una revisione sistematica della letteratura degli ultimi dieci anni sulle DMFV, selezionando gli studi che riportavano: 1) stime della frequenza con cui i medici avevano ricevuto richieste di eutanasia (EU) e di assistenza al suicidio (SA); e/o 2) stime della frequenza con cui i medici avevano realmente praticato EU/SA. Sono stati inoltre passati in rassegna i lavori nei quali erano considerati i problemi relativi alia consulenza psichiatrica.Risultati— I risultati delle indagini esaminate documentano che le DMFV sono molto phi frequenti di quanto comunemente si ritenga. Una stima conservativa indica che almeno un medico su dieci ha praticato l'EU/SA. Una scarsa considerazione della consulenza psichiatrica è l'atteggiamento prevalente rilevato nei rari studi condotti sul tema.Conclusioni— L'eutanasia e le altre DMFV impongono alia coscienza ed alia pratica medica una riflessione profonda sui criteri che guidano l'agire umano e professionale degli operatori sanitari. Il contributo che la ricerca epidemiologica e psicosociale puo offrire al dibattito bioetico è indispensabile.
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Migone, Paolo. "Il problema della "traduzione" di aspetti delle filosofie orientali nella psicoterapia occidentale." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 1 (March 2010): 35–52. http://dx.doi.org/10.3280/pu2010-001003.

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Abstract:
Vi sono due modi per concepire il rapporto tra filosofie orientali e psicoterapia occidentale. Un modo č rispettare la diversitŕ delle filosofie occidentali (ad esempio nelle visioni del mondo) e introdurne aspetti a scopo terapeutico: in questo senso alcuni parlano di "integrazione" o "eclettismo", con tutte le controversie legate a questi termini. Un secondo modo č partire da una sola prospettiva, quella di una psicoterapia occidentale, e studiare le pratiche orientali per comprenderne il meccanismo di azione. Questo articolo segue questo secondo modo, e utilizza la teoria psicoanalitica per discutere tecniche quali il rilassamento, il training autogeno (una versione occidentale dello yoga), la meditazione, la mindfulness e altri "esercizi". Vengono discusse anche tecniche occidentali, come la epochč fenomenologica, le "associazioni libere" e l'"attenzione liberamente fluttuante" di Freud, il "momento presente" di D.N. Stern, la terza ondata (third wave) del movimento cognitivo-comportamentale, e cosě via.
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Migone, Paolo. "Risposta all'intervento di Gherardo Amadei." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 4 (December 2010): 531–32. http://dx.doi.org/10.3280/pu2010-004007.

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Abstract:
L'autore risponde a un intervento di Gherardo Amadei (Psicoterapia e Scienze Umane, 2010, XLIV, 4: 526-530) a proposito dell'articolo, scritto dallo stesso Migone, "Il problema della ‘traduzione' di aspetti delle filosofie orientali nella psicoterapia occidentale" (Psicoterapia e Scienze Umane, XLIV, 1: 35-52). Alcuni degli aspetti discussi sono i seguenti: la supposta origine "orientale" di pratiche terapeutiche quali la mindfulness, la trasversalitŕ di determinati fenomeni clinici e la loro comprensione, il ruolo di "esercizi" terapeutici ripetuti, la differenza teorica e clinica tra approccio "psicodinamico" e "cognitivo-comportamentale", e cosě via.
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Giovedì, Davide. "Risonanze pragmaticistiche in T. Kuhn." Nóema 1, no. 13 (November 20, 2022): 68–97. http://dx.doi.org/10.54103/2239-5474/18860.

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Abstract:
La struttura delle rivoluzioni scientifiche, dopo più di mezzo secolo dalla sua pubblicazione, è ancora in grado di offrire un contributo alla pratica filosofica? In questo articolo, attraverso i concetti peirceani di Abito, Abduzione e Verità, si propone una lettura pragmaticista del testo di Kuhn che intende rilanciare un fecondo confronto, ancora poco considerato, tra i due filosofi.
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Viafora, Corrado. "Formazione bioetica: presupposti teorici ed esperienze pratiche." Medicina e Morale 51, no. 3 (June 30, 2002): 453–76. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.694.

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Abstract:
Il saggio tratta della formazione bioetica, campo di attività in continua espansione. Acquisita ormai la convinzione che una gestione del progresso biomedico all’altezza dei valori in gioco non possa essere contenuta entro la sola normatività medico-sanitaria, si tende a sensibilizzare alla bioetica una cerchia sempre più vasta. Sullo sfondo di questo fenomeno si indicano i presupposti di carattere epistemologico alla base della formazione bioetica. La presentazione di una serie di diversificate esperienze pratiche nel campo della formazione bioetica, sia in ambito medico che in ambito filosofico, sia per quanto riguarda la formazione di base che la formazione permanente permette di focalizzare i parametri della progettualità educativa: differenziare le finalità, specificare gli obiettivi, articolare contenuti e metodi, aggiustare tempi e modalità di verifica. Le esperienze riportate fanno insieme emergere le questioni da affrontare per portare la bioetica verso la sua maturità pedagogica. Il saggio si conclude con un riferimento ad alcune dinamiche che, per quanto rispondenti anche ai bisogni di formazione bioetica, appartengono prima ancora a ogni maturazione etica: a. la dinamica di reciprocità tra dimensione personale e dimensione culturale; b. la dinamica di circolarità tra problemi-casi particolari e principi generali; c. la dinamica della tolleranza e del dialogo; d. la dinamica della responsabilità, con particolare riferimento alle “sfide” (Z. Bauman) poste dalle attuali strategie della sua “neutralizzazione”.
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Condello, Angela. "Per esempio." Revista do Direito, no. 35 (January 22, 2011): 37–54. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v0i35.2451.

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Abstract:
Analogia, paradigma ed esemplarità condividono un’origine comune e suggestiva. Aristotele usa il termine “paradigma” per descrivere ciò che in seguito la tradizione filosofica ha chiamato “analogia”. Questi tre dispositivi argomentativi sono da collocare nello spazio intermedio fra pratica e teoria nel diritto. In questo articolo discuto il fatto che si possa stabilire definitivamente se essi dimostrino la prevalenza della teoria sulla pratica o viceversa –il che richiama il dibattito diffuso nel contesto del realismo giuridico americano sulla questione se il diritto consista in esperienza (practice) o in logica. La tesi conclusiva é che sia pressoché impossibile stabilire l’origine della paradigmaticità.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Dinacci, Lucia. "Filoso-fare nell'epoca della pandemia: attualità e nuove sfide per la Philosophy for Children." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 1 (June 2021): 230–29. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2021oa11803.

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Abstract:
A partire dalle sfide e dalle criticità di fronte alle quali ci ha posto la situazione pandemica da Covid-19, in quest'articolo si esplorano le possibilità che il Curriculum della Philosophy for Children, attraverso lo specifico dispositivo educativo della Comunità di Ricerca Filosofica, potrebbe offrire non solo a livello didattico, ma anche a livello comunitario. La proposta della Philosophy for Children, che si esplicita nella pratica dialogica del filoso-fare, potrebbe permettere di riorganizzare l'esperienza pandemica in un nuovo orizzonte di senso e significato, recuperando, nel contesto di questa "nuova normalità" in cui alla riflessività si è sostituita un'azione di tipo emergenziale, una prospettiva orientata al valore e alla cura dell'altro. Inoltre si sottolinea l'importanza della dimensione latente della communitas, in quanto condizione originaria e presupposto trascendentale della nostra esistenza, facendola 2dialogare" con la Comunità di Ricerca Filosofica, considerata come modello ideale verso cui tutte le comunità dovrebbero tendere.
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Carrión, Víctor Antonio. "Liberdade e necessidade em Friedrich Engels. a contribuição dos escritos de Mikhail Lifschits da década de 1960." Germinal: Marxismo e Educação em Debate 12, no. 3 (January 19, 2021): 296. http://dx.doi.org/10.9771/gmed.v12i3.38995.

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Abstract:
Neste artigo, sefaz una revisão de como, nos anos 60 do século XX, ou chamado marxismo ocidental, desautorizou os escritos filosoficos do Friedrich Engels, pelo fato de considerarlos alheos ao autentico pensamento do Marx no que diz respeito a dialetica da natureza, teoria do reflexo e a relação entre necessidade e libertade, isto ultimo expresado com particular agudeza na discussão da estetica marxista. Retomando os escritos do filosofo sovietico Mikhail Lifschits, nós evidenciamos as consecuencias praticas das posturas esteticas dos marxistas ocidentales, contrarias a todo movimento democratico com base nas masas trabalhadoras
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Gasparetti Landolfi, Simona, and Myriam Ines Giangiacomo. "La pratica filosofica come risorsa per i gruppi in apprendimento." FOR - Rivista per la formazione, no. 92 (December 2012): 27–31. http://dx.doi.org/10.3280/for2012-092005.

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Strummiello, Giusi. "La confessione come pratica filosofica. María Zambrano lettrice di Agostino." Quaestio 6 (January 2006): 431–56. http://dx.doi.org/10.1484/j.quaestio.1.100074.

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Pessina, Adriano. "L’ermeneutica filosofica come sfondo teorico della bioetica." Medicina e Morale 45, no. 1 (February 28, 1996): 43–70. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.918.

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Abstract:
L’articolo esamina il rapporto tra l’ermeneutica filosofica e la bioetica, discutendo criticamente alcune tesi al riguardo di Hans Georg Gadamer, e argomenta la possibilità di uno statuto epistemologico della bioetica. L’Autore ritiene, infatti, che la verità nella ricerca di impianti teorici di bioetica che molti studiosi – soprattutto di formazione bioetica – tentano per fornire un quadro valutativo che si armonizzi con le concrete esigenze operative sollecitate dal progresso scientifico altro non riveli che una situazione di “fluidità” epistemologica della bioetica. Tale situazione, poi, viene enfatizzata dalla perdurante crisi dei modelli della razionalità occidentale e che coinvolge sia le discipline scientifiche sia la filosofia. La prospettiva ermeneutica intende mostrare che 1. la fluidità e la storicità dlle valutazioni e delle procedure di intervento costituiscono una condizione insuperabile; 2; la fusione tra l’atto della comprensione e il momento dell’applicazione sono necessari. Tenuto conto di certe pretese riduzionistiche della stessa ermeneutica, allora la giustificazione della bioetica come episteme passa attraverso la confutazione di tali pretese. L’articolo, intatti, sostiene la legittimità della bioetica non solo a livello pratico-valutativo, ma anche teorico-normativo.
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Celentano, Maria Silvana. "Oratorical Exercises from the Rhetoric to Alexander to the Institutio oratoria: Continuity and Change." Rhetorica 29, no. 3 (2011): 357–65. http://dx.doi.org/10.1525/rh.2011.29.3.357.

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Abstract:
Quintiliano dedica la sua attenzione all'exercitatio in due luoghi distinti dell'Institutio oratoria, rispettivamente nel libro II e nel libro X. La pratica dell'exercitatio si è consolidata dall'età ellenistica in poi nell'insegnamento scolastico di grammatica e retorica sia in Grecia che a Roma, con modalità e sviluppi differenziati. Ma a tempi ben più antichi riconducono le tracce delle prime formulazioni di tale exercitatio: più precisamente si può risalire fino alla Rhetorica ad Alexandrum. Nel sec. I d.C. è in atto un vivace dibattito interno all'ambito tecnico retorico, ma anche un rinnovamento della formazione filosofica dei giovani. Il riferimento ad antichi modelli di exercitatio, opportunamente adattati alla realtà culturale e formativa contemporanea, conferisce una nuova attualità alla Rhetorica ad Alexandrum.
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Cafiero, Alessandro. ""Le idee che insegnano a capire". I benefici della pratica filosofica applicata all'mpresa." FOR - Rivista per la formazione, no. 77 (March 2009): 95–101. http://dx.doi.org/10.3280/for2008-077023.

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Zippel, Nicola. "Pensare nel tempo. La storia della filosofia nella pratica filosofica con i bambini." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 68 (November 2020): 108–15. http://dx.doi.org/10.3280/las2020-068010.

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Calcaterra, Rosa M. "Post-filosofia e migliorismo La sfida estetica di Richard Rorty." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 44 (September 2012): 7–24. http://dx.doi.org/10.3280/las2012-044001.

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Abstract:
La centralitÀ della categoria temporale del futuro e la preminenza della "conversazione umana" sono gli aspetti basilari della versione rortiana del pensiero democratico americano e della filosofia pragmatista. Nel rinnovare gli assunti di base del migliorismo statunitense, Rorty chiama in causa le consonanze tra autori come John Dewey e William James e le istanze anti-fondazionaliste provenienti dall'Europa, in vista di un ripensamento radicale della pratica filosofica. Essa va intesa non piů alla stregua di una ricerca dei fondamenti ultimi della realtÀ ma piuttosto come un impegno edificante basato sul criterio della Social Hope. Gli autori del pragmaatismo sono frequentati con disinvoltura da Rorty, che condivide con James e particolarmente con Dewey la fiducia nella capacitÀ costruttiva dell'intelligenza umana e nella cooperazione sperimentale degli individui, accantonando invece Peirce e la sua importante nozione di "infinite hope".
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Estrada, Bernardo. "La fiducia nella Provvidenza. Commentario di san Bonaventura a Lc 12,13-34." Teologia w Polsce 9, no. 1 (March 27, 2020): 5–16. http://dx.doi.org/10.31743/twp.2015.9.1.01.

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Abstract:
Nel lavoro esegetico attorno a Lc 12 il Dottore Serafi co fa un’analisi dettagliata del contenuto e determina le due parti fondamentali di 12,1-34. La sua esegesi dei singoli passi è in concordanza con il senso del testo, e le sue osservazioni ermeneutiche, dal punto di vista teologico, filosofico e pratico, sono apprezzabili. Seguendo un metodo collaudato già dai tempi di Agostino, che poi si affermò nella scuola dei Vittorini, è frequente vedere nella sua interpretazione delle citazioni incrociate, in modo da rinforzare il ragionamento mediante testi biblici con un contenuto analogo. Quando si prende fra le mani un testo di un grande teologo come Bonaventura, non si può non ammirare la sua acutezza, il ragionamento logicamente svolto, le conclusioni e i consigli che ne ricava. Il contatto con la sua interpretazione è sempre illuminante.
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Spataro, Armando. "Otto anni dopo l'11 settembre (Il modello anglosassone e quello europeo nell'azione di contrasto del terrorismo internazionale)." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 5 (November 2009): 151–64. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-005010.

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Abstract:
- La tragedia dell'11 settembre ha drammaticamente posto all'attenzione del mondo il tema del terrorismo internazionale e della modalitŕ con cui contrastarlo. A otto anni di distanza da quei fatti appare possibile interrogarsi sui risultati conseguiti, cercando di verificare se le scelte adottate dalle democrazie occidentali abbiano comportato, e in che misura, strappi insopportabili alle regole su cui esse si reggono. Si sono confrontate-scontrate, in questi anni, diverse filosofie riconducibili a due principali filoni di pensiero: da un lato, quello dei Paesi anglosassoni (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e, in parte, Australia), dall'altro quello dei Paesi dell'Europa continentale, all'interno dei quali, soprattutto nel periodo immediatamente successivo all'11 settembre, non sono perň mancate le concessioni alle teorizzazioni e alle prassi anglosassoni. Solo recentemente, grazie al cambio dell'amministrazione statunitense, sembra che la comunitŕ internazionale stia recuperando la ragione e tornando a praticare le regole minime di ogni democrazia.
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Milani, Claudia. "Morale naturale e morale religiosa nel pensiero di Samuel David Luzzatto, sulla scorta delle fonti filosofiche e della tradizione ebraica più antica." Doctor Virtualis, no. 17 (May 14, 2022): 169–84. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17844.

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Abstract:
Il presente contributo indaga la questione del fondamento della legge morale ebraica sulla scorta dell’insegnamento di Samuel David Luzzatto (1800-1865). Egli afferma che le norme etiche sono insite nell’essere umano, ma questo non basta perché vengano rispettate: la rivelazione divina sostiene quindi la morale naturale, senza insegnare nulla di diverso da quest’ultima, ma fornendo un’adeguata propedeutica e prevedendo sanzioni e premi chiari. Soltanto il monoteismo, con il suo necessario corollario cultuale, può dunque fondare una morale efficace, che si manifesta essenzialmente nel praticare umanità e giustizia verso tutti gli esseri umani. This paper investigates the Jewish moral law’s foundation according with teaching of Samuel David Luzzatto (1800-1865). He affirms that ethical norms come from human being, but this is not enough for them to be respected: therefore divine revelation supports natural morality, teaching the same, but providing adequate preparation and providing penalties and rewards. Only monotheism, with its necessary worships, can therefore found an effective morality. It appears essentially in humanity and justice towards all human beings.
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Forni, Lorena. "La vaccinazione obbligatoria sui minori in Italia, tra libertà e responsabilità / Mandatory childhood vaccination in Italy, between freedom and responsibility." Medicina e Morale 67, no. 4 (October 30, 2018): 437–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.551.

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Abstract:
La sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018 è l’occasione per affrontare la questione dei vaccini sui minori in Italia. Questo paper si propone di discutere il complesso tema con gli strumenti propri dell’analisi filosofico- giuridica. A tale proposito, saranno passate in rassegna le principali obiezioni alla pratica vaccinale minorile, per capirne la sostenibilità e per opporre differenti ragioni giustificanti. Saranno in particolare chiariti i fraintendimenti tra liberà di scelta e di cura, riguardo all’esercizio del diritto alla salute per i minori. ---------- The ruling by the Italian Constitutional Court n. 5/ 2018 is an opportunity to address the issue of childhood vaccination. This paper aims to discuss the complex theme from an legal and philosophical perspective. In this regard, the main objections to the minors vaccination practice will be reviewed, to understand their sustainability and to oppose other justifying reasons. In particular, the misunderstandings between freedom of choice and freedom of care regarding the exercise of children’s right to health will be clarified.
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Fiorelli, Fabio. "La scomparsa della realtà." PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, no. 2 (November 2021): 143–63. http://dx.doi.org/10.3280/psp2021-002010.

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Abstract:
In questo lavoro l'autore si interroga sulle possibili conseguenze delle trasformazioni attuali in campo tecnologico sulla teoria e sulla pratica psicoanalitiche. In particolare, viene presa in considerazione la progressiva "virtualizzazione" della realtà che molti autori, in ambito filosofico e no, rilevano. Se viene meno la nozione di realtà per come la si è sempre pensata - per esempio contrapposta alla fantasia e all'immaginazione - sono ancora valide le categorie che la psicoanalisi utilizza e che derivano da un pensiero che si è costituito prima che tali trasformazioni avvenissero? La stessa nozione di genealogia sembra in profonda trasformazione: come incide su alcuni dei fondamenti su cui la psicoanalisi poggia, per esempio la differenza tra le generazioni? Anche il corpo appare soggetto alla stessa opera di smaterializzazione e disseminazione; ne sarebbero testimonianza le opere recenti di artisti che utilizzano ciò che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Non occorre allora ripensare alcuni fondamenti della psicoanalisi proprio a partire, però, dal metodo classico che può fornire comunque una sonda e uno sguardo scientifico su questa nuova categoria di umano che sembra andare costituendosi? Anche nell'ambito psicoanalitico stesso si sta riflettendo sull'impatto di tali cambiamenti, forse irreversibili, e confrontando con l'esigenza di individuare un possibile, ma probabil-mente necessario, punto di equilibrio tra la tradizione psicoanalitica, con i suoi strumenti di indagine, e il "nuovo" che si sta manifestando.
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Slaby, Jan. "Appunti per una critica delle neuroscienze." COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no. 20 (December 2010): 105–26. http://dx.doi.org/10.3280/cost2010-020008.

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Abstract:
Questo studio introduce le motivazioni e l'idea sottese al varo recente di un'iniziativa interdisciplinare dal titolo Neuroscienza Critica. (www.criticalneuroscience. org). Si tratta di un approccio che si sforza di capire, spiegare, contestualizzare e - qualora chiamata farlo - criticare, gli sviluppi attuali nel campo nelle neuroscienze e in quei settori sociali in cui tali sviluppi si applicano, allo scopo di creare le competenze necessarie a trattare responsabilmente le nuove sfide e interessi emergenti in materia di scienze del cervello. Neuroscienza critica si rivolge agli studiosi di discipline umanistiche cosě come (e non si tratta di figure di minore importanza) a coloro che svolgono una pratica in campo neuroscientifico, a chi si occupa di polizze di assicurazione, e a coloro che operano nel settore pubblico in senso lato. La neuroscienza suscita davvero effetti a largo raggio, oppure stiamo collettivamente sovrastimando il suo impatto, a spese di altri importanti vettori di mutamento sociale e culturale? Quali sono i canali e i tramiti grazie ai quali le neuroscienze interagiscono con le idee correnti in tema di personalitŕ, identitŕ e benessere? Inoltre, cosa altrettanto importante, Neuroscienza critica si sforza di rendere i risultati di tali valutazioni, rilevanti per la pratica scientifica stessa. Essa aspira a motivare i neuro scienziati, a lasciarsi coinvolgere nell'analisi dei fattori contestuali, delle traiettorie storiche, delle difficoltŕ concettuali e delle conseguenze potenziali in connessione con il lavoro empirico. Questo studio comincia ad abbozzare un fondamento filosofico che sostenga il progetto di delineare esempi d'interazione che hanno luogo fra neuroscienze e contesto sociale e culturale nel quale esse sono inserite, esponendo alcune delle assunzioni e dei modelli interpretativi che sottostanno agli approcci dominanti. Un recente lavoro antropologico verrŕ discusso, al fine di porre i profani nelle condizioni di capire il senso di interazioni de facto interno al sapere neuroscientifico, le sue proiezioni future, nonché la propria auto comprensione. Questo puň costituire un primo passo verso una fenomenologia di quella "allure seducente" che le neuroscienze stanno esercitando sia sul mondo accademico sia nell'immaginazione popolare.
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Wazlawick, Patrícia. "Pensiero filosofico della Cultura Umanistica come pressupposto alla Pedagogia Ontopsicologica: resultati del percorso formativo dei giovani nell’educazione universitariaPhilosophical thought of Humanistic Culture as a prerequisite to Ontopsychological Pedagogy: the training of young people in higher education results you." Saber Humano: Revista Científica da Faculdade Antonio Meneghetti 6, no. 8 (August 4, 2016): 29. http://dx.doi.org/10.18815/sh.2016v6n8.133.

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Abstract:
Ricerca esplorattiva ed empirica, approccio quantitativo-qualitativo, nell’interfaccia tra filosofia (pensiero filosofico della cultura umanistica), pedagogia ontopsicologica e educazione universitaria. L’obbiettivo generale è investigare come la pedagogia ontopsicologica contribuisce alla formazione personale/professionale dei giovani. Fondamentasi teoreticamente, in modo storico e pratico, nell’educazione, pedagogia ontopsicologica e formazione dei giovani nella contemporaneità. Il campione è stato formato con 49 giovani, studenti dei corsi di laurea in Amministrazione, Diritto e Sistemi Informativi, in una facoltà privata, localizzata in municipio al sud del Brasile. Questi giovani, età media di 25 anni, hanno risposto a tre test quantitativi di ricerca in due momenti diverse: quando si sono ingressati nei corsi di laurea, e di nuove mesi ad un anno dopo, caratterizando la seconda applicazione. I test utilizzati sono stati: a) Inventario dei Cinque Grandi Fattori della Personalità (Big Five); b) Scala Esistenziale di Längle; c) Test Forma Mentis. Dopo è stato applicato un questionario qualitativo con questione aperte, per raccogliere informazione di significati/sensi dei partecipanti che hanno avuto un maggior risultato di significanza statistica nell’applicazione dei test quantitativi. Lo studio ha realizzato analisi statistici e analisi del contenuto e del discorso. Con l’analisi e discussione dei risultati il problema di ricerca è stato risposto, siccome l’obbiettivo generale e gli obbiettivi specifici, producendo tre conclusioni principali. Si conclude che la pedagogia ontopsicologica contribuisce con resultati efficienti nell’aspetto psicologico dei giovani, una volta che la dinamica di sviluppo della personalità mentre il periodo studiato realmente esiste, e ausilia nello sviluppo sano personale, esistenziale e professionale degli studenti.
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Dolazza, Anna. "Il corpo dell’auleta." Greek and Roman Musical Studies 4, no. 2 (September 1, 2016): 286–310. http://dx.doi.org/10.1163/22129758-12341280.

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Abstract:
The versatility of the aulos is passed on to the musician, who in turn is transformed into a physical representation of the instrument’s sound. With the precious aid of book iv of Pollux’s Onomasticon it is possible to reconstruct the special set of vocabulary linked to the sound of the aulos. If it could already in itself be considered as ἐπαγωγόν, the additional effect of the movements, gestures, and facial expressions of the aulete resulted in a strong visual, as well as emotional, impact. Nor can we forget, on the other hand, the less than favorable judgments, abundant in philosophical texts, that arose in regard to auletic performances: just as certain physiognomic traits of the aulos are to blame, so too are certain bodily movements of the aulete: almost as if the negative characteristics are passed reciprocally from instrument to musician in a sort of circular breathing. La versatilità dell’aulos si trasmette all’esecutore, che durante la performance diviene così immagine fisica e concreta del suono percepito. Con il prezioso ausilio del libro iv dell’Onomasticon di Giulio Polluce è possibile ricostruire il campo semantico legato alla produzione del suono auletico. Se esso poteva già di per sé essere avvertito come ἐπαγωγόν, inoltre, i movimenti, i gesti e le espressioni facciali dell’auleta risultavano di forte impatto visivo, oltre che emotivo. Non ci si può dimenticare, d’altro canto, dei giudizi poco benigni, affioranti soprattutto dai testi filosofici, in merito alla pratica auletica: come alcuni tratti della fisionomia dell’aulos, così anche alcuni atteggiamenti del corpo dell’auleta sono biasimevoli, quasi che le caratteristiche negative passino vicendevolmente da strumento a esecutore in una sorta di respirazione circolare. This article is in Italian.
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Haaland, Torunn. "Le vie verso la ragione: i segni del nuovo realismo in Gomorra." Quaderni d'italianistica 37, no. 2 (January 27, 2018): 191–210. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29235.

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Abstract:
Il saggio si concentra sui concetti di realtà e impegno etico e civile in Gomorra. Il romanzo-inchiesta di Roberto Saviano viene in­serito nel contesto del ritorno al realismo e dell’emergere di “oggetti narrativi non-identificati” nella narrativa contemporanea, per poi es­sere associato al dibattito sul nuovo realismo sviluppatosi nell’ultimo decennio in campo filosofico. Costituiscono un punto di riferimento essenziale il Manifesto del nuovo realismo ed altri scritti di Maurizio Fer­raris, così come La questione morale di Roberta de Monticelli. Il primo approfondisce la natura inemendabile della realtà ontologica, separan­dola nettamente dalla realtà epistemologica, mentre la seconda riven­dica il valore della ragione pratica come base di conoscenza e giudizio. Entrambi i filosofi si oppongono allo scetticismo etico in favore di una rivalutazione della capacità della percezione d’accertare tutto ciò che non è socialmente costruito o che non è vero. Il fatto che ci sia una re­altà esterna e indipendente dal sapere umano permette di formulare dei giudizi intesi a indirizzare l’agire umano. L’analisi di Gomorra mostra, precisamente, una tendenza a ricorrere ai sensi come prove dei fatti e alla ragione per acquisire una conoscenza approfondita dei fatti stessi. Le esperienze sensibili si trasmettono, inoltre, nella parola testimoniale e nella presenza fisica sul territorio dell’autore-testimone: due elementi chiave su cui si costruiscono le condanne delle realtà rivelate. I giudizi morali pronunciati suggeriscono che la libertà consiste nel dovere di portare a compimento i diritti civili e di rendere ragione e chiedere agli altri di rendere ragione del proprio agire. In fine, una tale concezione della scrittura e dell’impegno civile rivendica la capacità della parola scritta di documentare, come propone Ferraris, fatti e azioni, e la poten­za della ragione quale fondamento per un dialogo critico con i lettori.
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Turoldo, Fabrizio. "Dire la verità / To tell the truth." Medicina e Morale 67, no. 1 (March 23, 2018): 71–88. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.529.

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Abstract:
Dire o non dire la verità? Mentire a fin di bene? Dire subito tutta la verità, oppure farla trapelare progressivamente, tenendo conto della capacità che l’interlocutore ha di sopportarla? Questi dilemmi etici si pongono nei più svariati campi professionali e, prima ancora, nella nostra vita quotidiana. Le diverse tradizioni che hanno dato origine alla cultura occidentale, a cominciare dalla cultura greca e da quella giudaico-cristiana, hanno avuto atteggiamenti diversificati nei confronti della verità e della menzogna? E la modernità come si è posta di fronte a questo tema? Infine, come si è sviluppata la riflessione filosofica su questi temi? Come si sono posti autori quali Platone, Agostino, Machiavelli, Montaigne, Grozio, Kant, Constant, Feyerabend, MacIntyre, Sandel, di fronte a questo problema? Dopo aver preso in esame queste questioni il saggio prova a dare una risposta alla difficile problematica, facendo leva sulla nozione aristotelica di phronesis e su quella kantiana del giudizio riflettente, mettendone alla prova l’efficacia soprattutto nel campo della bioetica e della pratica clinica in medicina. ---------- Can we lie for a good purpose? Is it better to tell the whole truth immediately, or to leak it progressively, taking into account the interlocutor’s capacity to suffer? These ethical dilemmas are often raised in the most varied professional fields and first of all in our daily life. Do the different traditions that gave rise to western culture share similar attitudes towards truth and lies? What about Greek culture? What about Judeo-Christian culture? What about Modernity? How has philosophical reflection developed these topics? What did Plato, Augustine, Machiavelli, Grotius, Kant, Constant, Feyerabend, MacIntyre and Sandel think about these issues? After dealing with these difficult questions, this short essay tries to look for an answer in the Aristotelian concept of phronesis and in the Kantian notion of reflective judgement, testing these conceptual tools through bioethical and clinical medical cases.
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Gerbino, Lucia. "La progettualità CLIL e l'autonomia del discente: un'analisi meta-cognitiva e di mediazione psico-linguistica nella didattica della Filosofia." International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 2, no. 1 (June 25, 2016): 457. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2015.n1.v2.88.

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Abstract:
Abstract:Considering the romance languages, especially spanish, it is of vital importance, to study the autonomous feedback of every single student, basing the analysis on the description of CLIL's independence and general characteristics. Furthermore, I will examine the didactic method as a result of the idea of "Bildung", discussed in Philosophy, Science Education and IT. in the third part, the paper will underline the philosophycal and practical foundation of education in both CLIL (Content and Language Integrated Learning) and the autonomy of the student. Moreover it will consider these determinants from a psycho-pedagogical point of view and from that of the digital learning created by the new technologies in communication. As a final remark, the paper illustrates the pilot experiment realized, thanks to the collaboration of Professor J. Sarabia Martinez (interpreter), at the High School of Rome "Lucrezio Caro", in the academic year 2014/15.Keywords: paideia/mimesis, philosophy, education, cooperative learning, comunication, L/2, metacognition, contrast in linguistics, digital. Abstract:In base alla descrizione di alcune caratteristiche generali dell’autonomia clil (content and language integrated learning) occorre studiare il feed-back autonomo del discente, nelle lingue romanze, in particolare la lingua spagnola. successivamente si analizza la metodologia didattica come una risultanza dell’idea di “bildung” discussa in filosofia, scienze dell’educazione e nuove tecnologie. Nella terza parte vengono sottolineati i nuclei fondativi della pratica filosofica come determinanti, sia nella prassi clil, che nell’autonomia del discente, anche dal punto di vista psico-pedagogico e delle tecniche e forme comunicative dell’apprendimento nel digitale. nelle mie osservazioni conclusive con una scheda della sperimentazione pilota, realizzata insieme al lettore, prof. j. sarabia martinez, presso il liceo lucrezio caro di roma, a.s. 2014/15, vengono riassunte le questioni principali di questo paper.Keywords: paideia/mimesis, filosofia, educazione, cooperative learning, comunicazione, LS/2, meta-cognitivo, linguistica contrastiva, digitale.
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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna." Prawo Kanoniczne 35, no. 1-2 (June 5, 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Abstract:
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Alloa, Emmanuel. "Le premier livre de Merleau-Ponty, un roman." Chiasmi International 21 (2019): 253–68. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192123.

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Abstract:
Dans son oeuvre tardive, Merleau-Ponty a souligné les convergences entre une pensée philosophique et une pensée s’exprimant par l’écriture littéraire, considérant que toutes deux répondent à une tâche commune liée à la description du monde. Ses premiers écrits théoriques – Simone de Beauvoir comme Jean-Paul Sartre l’ont souligné – sont quant à eux marqués par une distance plus nette vis-à-vis de la pratique littéraire. Pourtant, bien avant de publier ses premières monographies (La structure du comportement en 1942 et Phénoménologie de la perception en 1945), Merleau-Ponty est l’auteur d’un livre écrit pour le compte d’un autre : Nord. Récit de l’arctique, paru en 1928 chez Grasset. Le roman qui traite de la vie d’un explorateur dans le grand nord canadien, entre commerce de fourrures entre rencontre avec les Inuits, n’est qu’un travail de commande, que Merleau-Ponty ne revendiquera jamais. On trouve cependant dans cet écrit de jeunesse quelques motifs intéressants qui préfigurent sa pensée à venir. In his late writings, Merleau-Ponty stressed the convergences between philosophy and literature, highlighting their “common task” of describing the world. His early philosophical texts though – both Simone de Beauvoir and Jean-Paul Sartre pointed this out – insist on demarcating themselves from literature. However, well before publishing his first monographs (The Structure of Behaviour in 1942 and Phenomenology of Perception in 1945), Merleau-Ponty had already written a book on someone else’s behalf: Nord. Récit de l’arctique, published in 1928 by French publisher Grasset. The novel, which deals with the life of an explorer in Canada’s far north, between fur trade and encounters with the Inuit, is the result of ghostwriting, carried out for a friend (Jacques Heller). Merleau-Ponty later never stood to that book. There are nonetheless some interesting motifs in this early piece of writing that prefigure his future thinking.Nei suoi ultimi scritti, Merleau-Ponty ha sottolineato le convergenze tra filosofia e letteratura, evidenziando il loro “comune compito” nel descrivere il mondo. I suoi primi testi filosofici – lo hanno sottolineato sia Simone de Beauvoir che Jean-Paul Sartre – insistono però a distinguersi dalla letteratura. Tuttavia, ben prima di pubblicare le sue monografie (La struttura del comportamento nel 1942 e Fenomenologia della percezione nel 1945), Merleau-Ponty aveva già scritto un libro per conto terzi: Nord. Récit de l’arctique, pubblicato nel 1928 per le stampe di Grasset. Per questo romanzo, che tratta della vita di un esploratore nell’estremo nord canadese, tra commercio di pellicce e incontri con gli Inuit, Merleau-Ponty fa da ‘ghostwriter’ ad un amico (Jacques Heller). Mentre ulteriormente, egli non si avvalse mai della paternità del romanzo, questo primo scritto contiene già alcuni spunti che prefigurano il suo pensiero futuro.
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Ignazi, Piero. "LA CULTURA POLITICA DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 431–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008650.

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Abstract:
IntroduzioneIl mondo politico-culturale della destra italiana del dopoguerra è stato trascurato, per lungo tempo, dalla comunità scientifica. A parte il pionieristico lavoro di Giorgio Galli, risalente alla metà degli anni settanta, è soltanto con l'inizio di questo decennio che si sviluppa una seria linea di ricerca su alcune componenti della destra italiana. In particolare, per motivi diversi, vengono privilegiati due versanti: la Nuova Destra e l'area radicale e terrorista. L'attenzione dedicata a questi due fenomeni non è casuale ma trova spiegazione nel fatto che essi costituiscono una sorta di “novità” rispetto al filone centrale del neofascismo: da un lato, la Nuova Destra, emersa alla fine degli anni settanta sulla scia dellaNouvelle Droitefrancese, rappresenta il contributo intellettualmente piò originale e articolato di riflessione e rielaborazione delle coordinate ideologiche e politiche della destra; dall'altro, l'area radicale e terrorista costituisce per la sua intrinseca drammaticità un forte stimolo all'approfondimento delle motivazioni, del costrutto ideologico e delle articolazioni organizzative. Gli studi condotti negli anni ottanta su queste due aree forniscono importanti tasselli alla ricostruzione o alla comprensione dellaWeltanschauungdi destra. Tuttavia è rimasto escluso da questo risveglio di interesse l'espressione piò solida e corposa della destra italiana, vale a dire il Movimento Sociale Italiano.Va subito precisato, infatti, che il MSI, i movimenti di destra radicale (DR) e la Nuova Destra (ND) pur essendo contigui, si differenziano percomplessità organizzativa, strategia politicaereferenti culturali.Per quanto riguarda la complessità organizzativa, essa è:— elevata nel MSI: il partito si struttura secondo il classico modello duvergeriano del «partito di massa» e, tra l'altro, inquadra centinaia di migliaia di iscritti;— ridotta nelle formazioni della DR: i vari gruppi si strutturano o come piccole sette (i movimenti golpisti e terroristi) o come «comitati» (i movimenti di contromobilitazione moderata e reazionaria degli anni settanta);— molto bassa nella ND: essa mantiene uno stadio fluido di movimento culturale legato ad iniziative editoriali.In merito alla strategia politica, essa si articola in tre posizioni distinte:— alternativa al regime ma accettazione (e pratica) delle regole democratiche per il MSI;— abbattimento immediato e violento del sistema e rifiuto dei meccanismi democratici per la DR;— estraneità rispetto al sistema e superamento degli istituti liberaldemocratici attraverso un processo «metapolitico» di egemonizzazione culturale e di ridefinizione delle coordinate ideologiche («al di là della destra e della sinistra») per la ND.Per quanto attiene, infine, ai referenti culturali si può affermare che, nonostante tutte le componenti attingano ad un medesimo serbatoio, esse si differenziano:a)per la diversa considerazione del contributo evoliano — superficiale-strumentale nel MSI («doveroso» omaggio ad uno dei pochissimi pensatori forti della destra ma sostanziale ininfluenza dei suoi contributi), esegetico-esistenziale nella DR («il mondo delle rovine», «rapolitia», «l'uomo differenziato», «lo spirito legionario», ecc.), marginale nella ND dove viene ridimensionato per la sua impostazione anti-moderna («il mito incapacitante»);b)per l'assenza nella DR e nella ND di alcuni cardini della cultura politica missina come il pensiero giuridico (Rocco e Costamagna) e filosofico (Gentile e Spirito) fascista.Anche se la delimitazione dei confini di queste tre componenti, è stata, in certi periodi e per certi gruppi, alquanto incerta, soprattutto perché il MSI ha rappresentato sempre ilprimum mobiledi tutta Tarea di destra (di qui i frequenti passaggi di confine tra partito e organizzazioni esterne di variroutiersdella destra), esse vanno tenute adeguatamente distinte.Ciò premesso, in questo lavoro intendiamo occuparci esclusivamente del soggetto rimasto finora più in ombra, il Movimento Sociale Italiano. Più in particolare, ci soffermeremo sui tratti salienti della «cultura politica» di questo partito quale emerge, in primo luogo, dalla pubblicistica interna e dai documenti ufficiali (e quindi l'immagine che il partito proietta — e/o intende proiettare — all'esterno) e, in secondo luogo, dalle risposte ad una serie di domande di atteggiamento fornite da un campione significativo di quadri intermedi del MSI.
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Cristin, Renato. "Verità e libertà come fundamenti del circolo fenomenologico." Investigaciones Fenomenológicas, no. 4-I (January 15, 2014): 93. http://dx.doi.org/10.5944/rif.4-i.2013.29740.

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Abstract:
Il tema principale del saggio è un’interpretazione del metodo fenomenologico che, focalizzando la questione dell’identità, ne mette in evidenza il lato trascendentale ed egologico. L’obiettivo è il recupero dell’idea di filosofia come scienza rigorosa e il conseguente ritorno alla centralità del soggetto fenomenologico-trascendentale.Viene introdotto il concetto di circolo fenome-nologico, con il quale si intende indicare la ricorsività della riduzione e la necessità di restare in essa, per mantenere il livello fenomenologico dell’esperienza e della conoscenza. Si tratta di una circolarità virtuosa, non solo perché è produttiva, ma anche perché procede attraverso una costante messa fra parentesi dei risultati e una continua riapertura degli orizzonti. Il circolo fenomenologico è un continuo campo di rimandi, caratteristico anche della correlazione noetico-noematica, tra l’io e il mondo, tra la libertà de-ll’atteggiamento e la verità dell’evidenza, un campo polarizzato i cui elementi si relazionano incessantemente e dal quale l’io esce con l’obiettivo però di farvi ritorno. L’io trascendentale dev’essere libero di compiere questo ritorno a se stesso, perché dentro di sé risiede la verità. Questa circolarità è dunque generatrice di libertà per quanto riguarda l’esercizio del metodo del “vedere fenomenologico”, e portatrice di verità per quanto riguarda l’esito del metodo stesso.Viene sottolineato come l’aspirazione fenomenologica a “vivere nella verità” sia uno sforzo per ricostituire quella verità fluente rappresentata dalla vita della soggettività nel terreno del mondo-della-vita. L’epoché, in quanto “totale rivolgimento esistenziale”, diventa il perno di uno stile di vita rivolto alla verità. Per la fenomenologia, vivere nella verità vuol dire vivere nella libertà, perché se la verità scaturisce dall’epoché, e se quest ’ultima si realizza come “sguardo veramente libero”, allora la verità non è solo legata alla libertà, ma ne è anche dipendente.Si sostiene qui che la soggettività fenomenologico-trascendentale rappresenta la chiave per una svolta rispetto alla situazione culturale attuale, nella quale il concetto di “io” è diventato uno dei principali bersagli critici. Viene mostrato come la soggettività sia collegata al metodo: infatti, annota Husserl in un manoscritto del 1924, “la soggettività è il mio tema, ed è un tema puro e in sé conchiuso, indipendente. Mos-trare che e come ciò sia possibile è il compito della descrizione del metodo della riduzione fenomenologica. Il “tema” di Husserl è dunque il suo compito filosofico e la sua missione esistenziale.Da qui si può interpretare anche la fenomenologia dell’intersoggettività sul piano storico-fattuale: la teoria fenomenologica dell’esperienza dell’estraneo non va confusa con i problemi della multiculturalità né tanto meno con le retoriche dell’alterità, ma è un’istanza che ripropone oggi l’antica questione della filosofia che si determina come ethos della theoria e quindi come “ragione pratica”, un’istanza che rimette al centro dell’attenzione quel fondamento che rischia di andare perduto nell’anonimato della tecnoscienza e nell’indistinto di una forma culturale globalizzata e globalizzante, un’istanza che richiama tutti noi a ritornare a ciò che Husserl chiamerebbe la costituzione originaria di senso della civiltà europea.El tema principal del paper es una interpretación del método fenomenológico que, enfocando la cuestión de la identidad, pone en evidencia su dimensión trascendental y egológica. El objetivo es el rescate de la idea husserliana de filosofía como ciencia rigurosa o estricta y el consiguiente regreso a la centralidad del sujeto fenomenológico-trascendental.Se introduce el concepto de círculo fenomenológico, que alude a la recursividad de la reducción y la necesidad de permanecer en ella, para mantener el nivel fenomenológico de la experiencia y del conocimiento. Se trata de una circularidad virtuosa, no sólo porque es productiva, sino porque avanza a través de una constante puesta entre paréntesis de los resultados y una continua reapertura de los horizontes. El círculo fenomenológico es un infinito campo de rebotes referenciales –propio en primer lugar de la correlación noético-noemática– entre el ego y el mundo, entre la libertad de la actitud y la verdad de la evidencia, un campo polarizado cuyas partes se relacionan incesantemente y del cual el ego sale (o se expone) pero con el objetivo de volver a entrar. El ego trascendental debe ser libre de cumplir este retorno a sí mismo, porque dentro de sí reside la verdad. Esta circularidad es entonces generadora de libertad por lo que se refiere al ejercicio del método del “mirar fenomenológico”, y portadora de verdad por lo que se refiere al resultado del método mismo.Se subraya la aspiración fenomenológica a “vivir en la verdad” como esfuerzo que se propone reconstruir esa verdad fluyente constituida por la vida de la subjetividad en el terreno del mundo de la vida. La epoché, en tanto “total transformación existencial”, se vuelve el perno de un estilo de vida orientado hacia a la verdad. Para la fenomenología, vivir en la verdad quiere decir vivir en la libertad, porque si la verdad surge de la epoché, y si esta última se realiza como “mirada verdaderamente libre”, entonces la verdad no está sólo ligada a la libertad, sino que resulta dependiente de ella.Se sostiene que la subjetividad fenomenológico-trascendental representa la clave para un viraje respecto de la situación cultural que prevalece en la actualidad, en la cual el concepto de “yo” se ha vuelto uno de los principales blancos de crítica. Se muestra aquí la radicalidad del nexo entre la subjetividad y el método. En un manuscrito de 1924 Husserl efectivamente anota: “la subjetividad es mi tema, y es un tema puro y en sí completo, independiente. Mostrar que ello es posible y de qué manera, es el cometido de la descripción del método de la reducción fenomenológica”. El “tema” de Husserl es por lo tanto su cometido filosófico y su misión existencial.A partir de aquí es posible interpretar también la fenomenología de la intersubjetividad a nivel histórico-fáctico: la teoría fenomenológica de la experiencia del extraño no debe ser confundida con los problemas de la multiculturalidad ni, menos aún, con las retóricas de la alteridad, sino que es una instancia que vuelve nuevamente actual la antigua cuestión de la filosofía que se determina como ethos de la theoria y por ende como “razón práctica”, una instancia que vuelve a poner al centro de nuestra atención ese fundamento que corría el riesgo de perderse en el anonimato de la tecnociencia y en lo indistinto de una forma cultural globalizada y globalizante, una instancia que reclama un retorno, de parte de todos nosotros, a lo que Husserl llamaría la constitu-ción originaria de sentido de la civilización europea.
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Bevilacqua, Silvia. "IL BISOGNO DI PENSIERO E IL DESIDERIO DI COMPRENDERE." RevistAleph, no. 29 (December 13, 2017). http://dx.doi.org/10.22409/revistaleph.v0i29.25172.

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Abstract:
In questo contributo si intende esplorare alcuni aspetti dell’orizzonte rappresentato dal desiderio di comprendere e dal bisogno di pensare. Lo faremo attraverso alcune riflessioni intorno alle pratiche di filosofia in generale e prendendo spunto dalla philosophy for children e for community in particolare. Il contributo si sviluppa attraversando diversi piani: la presa in considerazione del testo filmico come pretesto in grado di originare riflessioni filosofiche; la possibilità di mettere in questione come l’esercizio della filosofia possa prendere corpo a partire da stimoli considerati non filosofici in senso stretto; la messa a fuoco di alcuni aspetti politici, etici e filosofici delle pratiche di filosofia in relazione alla condizione esistenziale contemporanea. Il contributo è organizzato in modo che ogni questione sollevata sia presentata attraverso un fotogramma che dovrebbe invitare ad ulteriori considerazioni, dubbi e riflessioni con l’idea che queste e altre considerazioni possano rimanere un cantiere permanente intorno a l’esperienza della filosofia.
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Gambino, Gabriella. "Il moderno diritto al figlio. Riflessioni biogiuridiche a partire dal Giudizio delle due madri di Re Salomone." Medicina e Morale 62, no. 2 (April 30, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.102.

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Abstract:
Investita da capacità di controllo e di gestione medica e tecnologica che stanno trasformando forme e tempi della procreazione e della nascita, la maternità si sta corredando di situazioni giuridiche assolutamente inedite e controverse. Insistentemente ridotta a mera capacità procreativa e diritto riproduttivo delle donne, essa è destinataria e risultato di interventi biomedici e pratiche quotidiane – la contraccezione, l’aborto, la fecondazione artificiale, ma anche la diagnosi prenatale e la selezione fetale – che sempre più domandano l’intervento della bioetica e del diritto, non solo per analizzare le questioni morali e legislative che emergono dalla manipolazione di corpi e vite, ma ancor prima per tentare una pre-comprensione delle dimensioni etiche, culturali e filosofiche dalle quali la maternità viene continuamente investita. In particolare, il dibattito più recente sulla legittimità costituzionale di alcune norme della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita in Italia – soprattutto con riguardo al divieto di fecondazione eterologa – sta sollecitando in maniera insistente la pubblica opinione e i giuristi con l’invocazione di un presunto “diritto al figlio” che, sebbene non abbia ancora trovato un fondamento nel nostro ordinamento, sembra trovare conforto in una cultura giuridica, soprattutto di matrice sovranazionale, non priva di implicazioni bioetiche e sociali. A partire da tali considerazioni, il presente contributo intende proporre delle linee di riflessione di natura filosofico-giuridica su quella ambivalenza della maternità che il racconto biblico del giudizio delle due madri di Re Salomone è capace di esplicitare in maniera straordinariamente moderna ed attuale. Il dolore femminile per la sterilità – che richiede tempi e spazi di elaborazione – è uno degli aspetti che la tecnologia riproduttiva cerca di rimuovere, con l’effetto di annullare ogni possibilità di cogliere il senso profondo della sterilità come condizione umana, oltre che il valore autentico della maternità come accoglienza e dono. ---------- Maternity is nowadays invested by possibilities of medical and technological control and management, which are transforming modalities and timing of procreation and birth, and for this reason it is characterised by new and controversial juridical situations. Constantly reduced to mere procreative capability and to women’s reproductive right, it is addressed and result of biomedical interventions and daily practices – contraception, abortion, artificial fertilisation, prenatal diagnosis and foetal selection – which ask more and more the intervention of bioethics and law, not only to analyse ethical and legal questions arising from the manipulation of bodies and lives, but some more to try a pre-comprehension of ethical, cultural and philosophical dimensions which are assailing maternity. In particular, the most recent debate on constitutional legacy of some rules of law n. 40/2004 on medically assisted procreation in Italy – especially with regard to the prohibition of heterologous fertilisation – is pressing public opinion and jurists about a supposed “right to child” which has not been recognised within our juridical order but which is supported by a juridical international culture, full of bioethical and social implications. Starting from these considerations, this contribution aims to propose some philosophical and juridical considerations on the ambivalence of maternity, which is so well expressed in such a modern and actual way by the biblical tale on King Salomon’s judgement towards the two mothers. The feminine pain for sterility – which asks for time and spaces to be worked through – is one of the aspects that reproductive technologies try to repress, undoing every possibility to catch the deep sense of sterility as human condition, besides the authentic value of maternity as acceptance and gift.
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Figueiredo, Antonio Macena de. "Tanatologia: Approccio storico-filosofico alla morte nel contesto della medicina legale e del diritto." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, October 7, 2020, 26–55. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/medico-legale.

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Abstract:
La tanatologia forense integra uno dei rami della Medicina Legale legati agli aspetti scientifici con la morte, i suoi segni e la sua natura. Sebbene la morte sia un fenomeno naturale ha implicazioni in ambito giuridico e sociale, ma è sempre stata un enigma nella cultura occidentale. L’obiettivo è quello di discutere il tema tanatologia sotto tre punti di riflessione: ritagliati dal punto di vista dei filosofi dell’antichità che hanno lavorato di più su questo tema, la visione della morte in Occidente narrata dallo storico francese Philippe Ariés e come la medicina legale e il diritto hanno lavorato a questo tema nella pratica professionale. Questo è uno studio di revisione della letteratura specializzata. Essendo dimostrato come la tanatologia medico-legale e legale contribuiscono a queste riflessioni, così come nella definizione e nel concetto di morte, tuttavia, sono stati i filosofi di Platone (428-347 a. C.) storici che questo tema è stato affrontato sotto diversi aspetti. Si conclude che il modo in cui affrontare questo tema si è trasformato nel tempo. Oggi, il fenomeno della morte è medicalizzato, ricoverato, distante dalla famiglia, dalla società e persino dalla formazione accademica. Sebbene la medicina legale e il diritto siano discipline intrinsecamente associate, il tema è ancora lontano sia dall’insegnamento che dalla pratica professionale. Prove che dimostrano la necessità di ridiscutere il tema nella formazione dei professionisti del settore medico e legale.
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Vitale, Nicola. "Problematizzazione, contesa e rivalutazione del bello nell’arte, tra relativismo filosofico, pratica artistica e senso comune." Materiali di Estetica. Terza serie, no. 8.2 (January 10, 2022). http://dx.doi.org/10.54103/mde.i8.2.17000.

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Abstract:
Aesthetic perception is today a confused and controversial experience. In common sense relativistic conception of beauty, coexists with the consideration of the so-called “masterpieces” as works in which there is a stable aesthetic value. Philosophical and scientific relativism seems to have definitively set aside the conception of beauty not only as a universal value, but also as the essence of art, as it is counted among those universal metaphysical values, which have long been questioned. But some philosophers, such as Severino, say the opposite. Today seems to be a tendency to rediscover beauty above all in art, as a contemplative perception. Would the eventual return of art to beauty mean a return to universal metaphysical values? The difference between Kantian adherent beauty and free beauty is analyzed. The first is linked to metaphysical values, as an expression of an idea. The second, free beauty, on the other hand, has no metaphysical characteristics because it is not linked to a concept, therefore an expression of empirical harmonies. But also with regard to free beauty, the Kantian idea that sentiment can perceive its universality as an intersubjective value, is today difficult to accept both theoretically and empirically. This happens because today sentiment is no longer cultivated in the perception of beauty through canons, which are also disqualified for the pretense of universality in determined forms. Here, too, a distinction must be made between classical anthropometric canons and archaic non-naturalistic canons. We discover that the former are affected by a metaphysical foundation, while the latter reveal a different structure with other functions. According to Florenskij, the canon is not oppressive but liberating. On these suggestions and on empirical evidence we theorize that the (non-naturalistic) canon constitutes a guide for the recognition of a polyvalence of expressive language in which feeling coordinates with the other functions of consciousness, leading to transcend language itself in a non-metaphysical dimension. This suggests that this polyvalent structure that emerges from the canons is associated with beauty, as aimed at its realization.
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Scoppettuolo, Antonio. "L’epistemologia e l’etica clinica di Giuseppe Moscati." Medicina e Morale 60, no. 3 (June 30, 2011). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2011.167.

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Abstract:
Il saggio cerca di ricostruire la temperie culturale e filosofica nella quale si è formato ed ha operato il medico Giuseppe Moscati. Si tratta soprattutto di uno scavo nell’humus teorico ed epistemologico dell’arte medica dello scienziato e santo napoletano. Si esaminano perciò i fondamenti della scuola medica calando Moscati all’interno del dibattito sul positivismo scientifico dal quale si discosta attraverso la pratica di una medicina umanizzante. Seppure legato profondamente all’ambiente intellettuale e scientifico napoletano ha saputo apportare alla scienza e all’arte medica una impronta personalissima. ---------- The essay traces the philosophical and cultural climate in which the physician Giuseppe Moscati worked. This is above all a theoretical and epistemological investigation of the medical art of the Neapolitan medical scientist and saint. Therefore we examine the fundamentals of medical school withim the debate on scientific positivism from which Moscati deviates through the practice of humanizing medicine. Though he was deeply tied to the Neapolitan intellectual and scientific context, he left a personal mark on medical science.
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Papa, Alessandra. "Tecnicizzazione della nascita e vita frozen La categoria filosofica di natality di Hannah Arendt." Medicina e Morale 61, no. 2 (April 30, 2012). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.141.

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Abstract:
Questo articolo affronta la rappresentazione teorica del venire al mondo all’interno della lunga tradizione filosofica occidentale, anzitutto a partire dal contributo della filosofa ebrea Hannah Arendt, che con il neologismo natality ha avuto il merito di introdurre una nuova categoria di pensiero. La tradizione occidentale ha, infatti, sempre escluso l’evento umano della nascita dalla riflessione filosofica a vantaggio del thanatos e, dunque, dell’abbandono del mondo con l’idea preconcetta che l’ethos passi non già attraverso il nuovo e il generato, ma attraverso il dato in senso deterministico e la distruzione del bios. La nascita ci colloca a pieno, d’altra parte, nel territorio della cittadinanza e dell’etica politica. Le tecnoscienze, con il loro armamentario strumentale, possono trasformare l’evento della generazione in un processo programmato e modificabile. Il pericolo che si corre con l’introduzione dell’artificiale nell’atto procreativo, dunque, è quello di trasformare la nascita in una procedura, rischiando al tempo stesso di farne una sorta di strumento di igiene sociale, rispondendo a meri criteri bio-chimici di valutazione della vita per realizzare un progetto sociale di umanità superiore. La vita frozen – per usare un termine arendtiano, ovvero una vita impoverita, o comunque una vita fabbricata – come tutte le pratiche eugenetiche che introducono la fabbricazione nella sfera pubblica può, perciò, esporre la politica a un grave fraintendimento, ritenere cioè che lo spazio pubblico (che è poi lo spazio in cui si appare e si nasce) possa essere “governato” ricorrendo alle parole della biologia e al linguaggio della tecnica, ma soprattutto alla sofisticazione delle tecnai per controllare, per esempio, le future generazioni, ma inevitabilmente minacciando le libertà ingenite. In questo senso la riflessione bioetica, aperta dalla prassi della fecondazione in vitro e dalla diagnosi pre-impianto, ci pone di fronte al pericolo di un vuoto etico e alla necessità di elaborazione teorica di un natale tra casualità e programmazione dell’origine. ---------- This article examines the theoretical representation of our coming into this world within the philosophical tradition. Western philosophy has, in fact, always favoured thanatos and, therefore, the abandonment of this world. Hence the erroneous belief that ethos does not pass through the new and the generated, but through fact in a deterministic sense and through the destruction of bios. Our birth places us well within full citizenship and political ethics. On this front, the German Jewish philosopher Hannah Arendt has enriched the philosophical reflection on birth with the neologism natality and has had the merit of introducing a new category of thought. The danger that we run today, with the introduction of the artificial into the procreative act, is to transform birth into a procedure, risking at the same time to make it some sort of instrument of social hygiene, so as to fulfill a project of superior humanity. A “frozen” life - to use an Arendtian term, an impoverished life, or at least a fabricated life - like all eugenic practices that introduce fabrication into the public sphere, may therefore expose politics to a serious misunderstanding: that of assuming that public space (the space in which one appears and is born) can be “ruled” to control, for example, future generations. In this sense, bioethical reflection, opened by the practice of in vitro fertilization and of pre-implantation diagnosis, puts us in front of the danger of an ethical void and of the need for a theoretical development of birth (native) between randomness and planning of human source.
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Bellino, Francesco. "La consulenza etica nella pratica clinica tra expertise e counseling: aspetti fondativi." Medicina e Morale 64, no. 6 (August 1, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.5.

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Abstract:
La bioetica clinica è etica applicata e si occupa dei problemi morali che sorgono al “letto del malato” e nella pratica clinica. Il consulente bioetico deve essere in possesso di una duplice competenza, quella specifica (expertise) in etica applicata e quella più generale di tipo relazionale (counseling). Oltre a svolgere funzioni deliberative o di supporto tecnico alle questioni morali in rapporto ai casi clinici e funzioni di informazione, documentazione e formazione nell’ambito della comunità socio-sanitaria, il Sevizio di bioetica dovrebbe prendersi cura (counseling) delle singole persone coinvolte, dei loro dilemmi morali, del disagio esistenziale e dei problemi di senso. Deve aiutare il paziente a concettualizzare il dolore. Il consulente bioetico può offrire il supporto tecnico, valoriale, relazionale, perché i diretti interessati possano prendere le opportune decisioni morali. Il counselling etico-filosofico può operare una svolta culturale profonda, perché pone la persona malata al centro dell’impegno socio-sanitario. ---------- Clinical ethics is mainly applied ethics. It deals with moral problems, rising at the bedside and in a real-life ethical practice. The bioethical consultant should possess two main competences: one competence is specific, and we may define it “expertise”; the other one is more broad in scope and it shows an intrinsic relational nature, and we will refer to it as “counselling”. Bioethical Consultation in the NHS (National Health System) should take care by counselling the individual persons involved about their moral dilemmas, their existential malaise, and their questions over the sense of life. Bioethical consultation should help patients to conceptualize their suffering. The bioethical consultant, as a consequence, could offer technical (meaning ethical), value-based, and relational support, in order to allow people to take decisions in life, that is, being more conscious of the sense that these decisions will take in their life as a whole. Philosophical-ethical counselling could provide a radical cultural change in the way medical care is conceptualized in health systems, in so far as persons are the centre of the engagement of the NHS.
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Guerra López, Rodrigo. "Por una bioética sin adjetivos (III) Importancia de las relaciones entre ética y biología para la constitución de la bioética." Medicina e Morale 57, no. 5 (October 30, 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.269.

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Abstract:
L’autore continua nell’esame degli elementi necessari alla fondazione di una Bioetica “senza aggettivi”, ossia di una Bioetica che, lontana da qualsiasi riferimento di tipo ideologico, assuma i connotati di una scienza “in senso stretto”. Nel presente contributo, l’attenzione viene posta, in particolare, sulla relazione intercorrente tra tre differenti forme di sapere: la Biologia, che è una scienza sperimentale; l’Etica, che è una scienza pratico-normativa; la Bioetica, che è una materia interdisciplinare. La suggestiva tesi proposta è che anche la biologia, sebbene rappresenti una scienza sperimentale, possieda una filosofia implicita al momento della sua elaborazione e della sua espressioni. In altre parole, ogni ricerca relativo all’ambito della Biologia presupporebbe una precomprensione di tipo filosofico dal momento che è proprio di questa scienza esprimersi oltre il momento puramente descrittivo-sperimentale. ---------- The author continues to examin the elements that are necessary to the foundation of a Bioethics “without adjectives”, that is a Bioethics which, far from any ideological reference, assumes the characteristics of a science in the strict sense. In the present contribution, the attention is given, particularly, to the existing relationship among three different forms of knowledge: Biology, that is an experimental science; Ethics, that is a practical-normative science; Bioethcis, that is an interdisciplinary subject. The suggestive proposed thesis is that also Biology, although it represents an experimental science, has an implicit philosophy during its elaboration and its expressions. In other words, every research related to the circle of Biology would presuppose a philosophical precomprehension as this science expresses itself beyond the purely descriptive-experimental moment.
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Papa, Alessandra. "Il malato e il nemico Questioni etiche e antropologiche dell’uso sociale della medicina." Medicina e Morale 61, no. 4 (April 4, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.128.

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Abstract:
L’articolo è una riflessione filosofica intorno alla medicina predittiva; una nuova forma di indagine medica che rischia di diventare un’insormontabile verità oracolare, allorquando la malattia si traduce culturalmente in processi di esclusione e di riconoscimento negativo: processi che identificano definitivamente l’essere umano con il suo danno organico. Rischio culturale, inoltre, quello dell’inimicizia rispetto al malato, che in chiave politica si ripropone in termini di cittadinanza fragile, come per esempio accade con i tentativi di strumentalizzare le nuove metodologie di lettura profonda della persona. Una capacità di predizione che, nelle sue applicazioni pratiche, ci mette perciò di fronte a non pochi aspetti problematici, persino inediti. Si profila, cosicché, la possibilità che l’azione terapeutica stessa sia esautorata per rispondere a esigenze di una mera medicalizzazione e che questa abbia, in effetti, come unico obiettivo quello di soddisfare solo meri criteri di produttività funzionale, all’interno di un progetto sociale sanitario legato a modelli interpretativi bio-organici della persona umana. Da qui l’implosione degli stessi concetti di malattia e di malato, la malattia è, infatti, intesa come fatto privato e debitum sociale, anche quando solo presunta e attesa, e la persona malata viene ad essere intesa come disfunzionale, non degna di amicizia e solidarietà sociale, cioè come una sorta di nemico pubblico. Il che, su un piano politico, si risolve inevitabilmente in una perdita di cittadinanza attiva. Nei nuovi e più complessi scenari della medicina diagnostica – rispetto all’eredità genetica e rispetto alla cosiddetta biopolitica – si pone allora come un’emergenza il problema della cittadinanza fragile e del cittadino vulnerabile, a causa del prevalere della lettura dell’immagine genetica dell’essere umano rappresentato, oramai, mediante la comparazione di screening, test diagnostici e profili di rischio. ---------- The article is a philosophical reflection about the predictive medicine, a new form of medicine which could become an insurmountable oracular truth, when the disease is reflected culturally in processes of exclusion and negative acknowledgment, processes that identify definitively the human being with his organic damage. A cultural risk, moreover, that enmity respect to the patient, in which key policy intends in terms of citizenship fragile, as for example the face of attempts to exploit the new methodologies of deep reading of the person. Ability to predict that, in its practical applications, puts us in front of many problematic aspect, even unpublished. There is thus the possibility that the therapeutic action itself is concerned to respond to the needs of a mere medicalization with the sole aim of satisfying the criteria of productivity functional into a social welfare-related health linked to bio-organic interpretative models of the human person. Hence the implosion of the same concepts of disease and sick, so the disease is understood as a private fact and social debitum even when only presumed and waiting and on the other the sick person seen as dysfunctional, not worthy of friendship and social solidarity that is, as a kind of public enemy. Which, on a political level, results in a loss of citizenship. In new and more complex scenarios of diagnostic medicine – in front ofthe legacy genetics and compared to the so-called biopolitics – this raises the problem of citizenship as an emergency fragile and vulnerable citizen, because of the prevalence of reading the image of genetics’ human being represented by the comparison of screening, diagnostic tests and risk profiles.
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Piovezan, Gustavo. "Apontamentos retóricos sobre o conceito de oração em Teresa d'Ávila:." EDUCAÇÃO E FILOSOFIA 35, no. 75 (January 6, 2022). http://dx.doi.org/10.14393/revedfil.v35n75a2021-59384.

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Abstract:
Apontamentos retóricos sobre o conceito de oração em Teresa d'Ávila: rumo a uma pedagogia mística Resumo: Neste texto apresento algumas reflexões que se constituíram por meio de leituras do pensamento filosófico e religioso de Teresa D’Ávila. Meus objetivos concentram-se em identificar elementos teóricos vinculados à educação do pensamento renascentista-moderno na Espanha. Dentre os conceitos investigados, ressalto a relação entre ensino, oração e praxis no discurso cristão, inferindo, neste contexto, sobre a possibilidade de uma pedagogia teresiana. O foco de minha análise repousa na obra Castelo interior, a qual, do ponto de vista retórico, configura-se como um relato da experiência vivida pela autora. Tal fato leva-me a refletir os escritos da monja carmelita como um certo tipo de ensino, fundado na experiência mística. Assim, a estrutura do conceito de oração em Teresa desvela-se em uma prática de meditação que gera e impulsiona o conhecimento de si e para o outro. A oração, então, pode ser apreendida tal como qualquer outro tipo de instrução (técnica), por meio de etapas (método), e apresentando um resultado: a união entre a alma e Deus. Dessa união resulta um tipo subjetivo de conhecimento, a saber: o conhecimento místico. Palavras chaves: oração; técnica; ensino; retórica; conhecimento. Rhetorical notes on the concept of prayer in Teresa of Ávila: towards a mystical pedagogy Abstract: In this paper, I present some reflections resulting from readings on Teresa of Ávila philosophical and religious thought. My objectives are focused on identifying theoretical elements that are linked to education in the Renaissance Modern thought in Spain. Among the concepts investigated, I highlight the relationship between teaching, prayer and praxis in Christian discourse, inferring, in this context, the existence of a Teresian pedagogy. The focus of my analysis is on Interior castle, which, from a rhetorical point of view, is configured as an account of the experience lived by the author. This fact leads me to reflect on the writings of the Carmelite nun as a certain type of teaching, based on mystical experience. Thus, the structure of the concept of prayer in Teresa is revealed in a meditation practice that generates and impels knowledge of oneself and for the other. Prayer, then, can be apprehended just like any other kind of instruction (technique), through stages (method), and presenting a result: the union between the soul and God (mystical knowledge). From this union results a subjective type of knowledge, namely: mystical knowledge. Key-words: prayer; technique; teaching, rhetoric; knowledge. Note retoriche sul concetto preghiera in pensiero teresiano: verso uma pedagogia mistica Astratto: In questo testo presentiamo alcune riflessioni che sono state costituite attraverso letture del pensiero filosofico e religioso di Teresa de Ávila. Nostri obiettivi sono focalizzati sull'individuazione di elementi teorici legati all'educazione del pensiero medievale. Tra i concetti indagati, si evidenzia il rapporto tra insegnamento, preghiera e prassi nel discorso cristiano, inferendo, in questo contesto, la possibilità di una pedagogia teresiana. Il fulcro della nostra analisi poggia sull'opera Castelo interior, che, da un punto di vista retorico, si configura come racconto dell'esperienza vissuta dall'autore. Questo fatto ci porta a riflettere gli scritti della monaca carmelitana come un certo tipo di insegnamento, basato sull'esperienza mistica. Così, la struttura del concetto di preghiera in Teresa si rivela in una pratica meditativa che genera e spinge alla conoscenza di sé e per l'altro. La preghiera, quindi, può essere appresa proprio come qualsiasi altro tipo di istruzione (tecnica), attraverso passaggi (metodo), e presentando un risultato finale: l'unione tra l'anima e Dio (conoscenza mistica). Parola chiave: preghiera; técnica; insgnamento; retorica; conoscenza. Data de registro: 19/02/2021 Data de aceite: 20/10/2021
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