Academic literature on the topic 'Pratica lavorativa'

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Journal articles on the topic "Pratica lavorativa"

1

Bruzzone, Silvia. "Pirotecnica: l'incendio come pratica lavorativa." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (March 2011): 99–123. http://dx.doi.org/10.3280/so2010-002005.

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2

Marzano, Antonio, and Mena Beneduce. "L’instabilità lavorativa e la pratica professionale del docente precario." ECPS - Educational, Cultural and Psychological Studies, no. 7 (June 2013): 187–218. http://dx.doi.org/10.7358/ecps-2013-007-marz.

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3

Marino, Leda, and Vincenza Capone. "Risorse personali per contrastare il malessere degli studenti lavoratori: il ruolo di mediatore del Work-Study Conflict nella relazione tra percezioni di autoefficacia e performance." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 1 (January 2021): 78–98. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-001006.

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Abstract:
L'obiettivo dello studio è stato quello di indagare il ruolo di mediazione del Work-Study Conflict (WSC), considerato dalla letteratura un rischio psicosociale, nella relazione tra perce-zioni di autoefficacia studentesca e lavorativa e performance accademica (auto-riferita). Sono stati somministrati due questionari self-report all'inizio del semestre accademico (T1, N=134) e dopo sei mesi comprensivi di una sessione d'esame (T2, N=100), a studenti-lavoratori part-time iscritti a differenti corsi di laurea delle università campane. È stato implementato un mo-dello di path analysis con l'ausilio del software Mplus 8.0. In linea con le ipotesi il WSC è risultato mediatore totale della relazione tra autoefficacia lavorativa e performance accademica e mediatore parziale della relazione tra autoefficacia studentesca e performance. In un'ottica di sostegno alla carriera degli studenti l'università è chiamata a mettere in pratica strategie di in-tervento per la promozione del benessere e che facilitino la conciliazione tra i differenti ruoli che gli studenti stessi si trovano a ricoprire. In quest'ottica, lo studio si propone di evidenziare alcune variabili che vanno a facilitare la conciliazione studio-lavoro, migliorando l'efficacia nella prestazione.
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4

Sicurello, Rossana. "La revisione dell'istruzione professionale: giovani, orientamento, competenze trasversali e occupabilità PDF." EXCELLENCE AND INNOVATION IN LEARNING AND TEACHING, no. 1 (June 2020): 5–28. http://dx.doi.org/10.3280/exioa1-2020oa10074.

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Abstract:
Il processo di globalizzazione e il progresso tecnologico alla base della Quarta Rivoluzione Industriale hanno sconvolto il tradizionale modello di organizzazione dell'istruzione e del mercato del lavoro divenuti sempre più dinamici e complessi. La formazione professionale, cercando di rispondere ai bisogni attuali dei singoli e della società della conoscenza e del lavoro 5.0, si sta adoperando per assicurare azioni efficaci di modernizzazione e di innovazione delle pratiche didattiche, formative e valutative, facendo dell'orientamento e della pratica lavorativa gli strumenti principali della loro azione. Lo scopo è quello di verificare la propria capacità di stare al passo con i cambiamenti sociali, nonché di contribuire in maniera significativa alla crescita economica e, quindi, alla promozione della mobilità e dell'employability di cui le soft skills costituiscono una dimensione chiave, soprattutto nell'ambito dell'attuale dibattito politico, sociale, culturale ed economico attorno al mercato del lavoro e al tema della disoccupazione.
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5

Tirelli, Valentina, Maria Clara Cavallini, Silvia Flauto, Luisa Amato, Anna Meneghelli, and Emiliano Monzani. "Abilità di studio nell'intervento precoce per le psicosi: uno studio pilota su tre p." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 4 (February 2022): 1–16. http://dx.doi.org/10.3280/rip2021oa13223.

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Abstract:
La ricerca e la pratica clinica più innovative stanno evidenziando un'area di bisogno rappresentata dalle esigenze di persone giovani nelle fasi iniziali delle psicosi schizofreniche, che, in mancanza di un'individuazione tempestiva e di un intervento specifico e mirato, possono scivolare verso un aggravamento della patologia, compromettendo la possibilità di realizzare un soddisfacente progetto esistenziale.Gli interventi di sostegno allo studio nei giovani a rischio psicotico portano ad esiti positivi come il diploma, il titolo di laurea, lo sviluppo di abilità interpersonali e l'occupazione lavorativa, mentre il dropout scolastico in questa fase può portare all'arresto dello sviluppo di competenze interpersonali cruciali in una varietà di ruoli di vita.  Nonostante le evidenze, pochi studi prima d'ora si sono occupati di sistematizzare un intervento di sostegno allo studio efficace per questa popolazione.Questo studio-pilota si propone di analizzare gli esiti di un intervento volto all'implementazione di alcune abilità di studio (Goal Setting, Auto-monitoraggio e componenti di Abilità di Studio) su un campione di studenti definiti a rischio o in fase di esordio psicotico.Le strategie sono state identificate dalla letteratura come importanti componenti dell'autogestione del comportamento che minimizzano il rischio di fallimenti scolastici.
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6

Caputo, Carmela. "Un piccolo sguardo oltre la scuola di specializzazione: l'esperienza di una giovane nefrologa." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 2 (June 30, 2014): 202–3. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.891.

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Abstract:
Una giovane nefrologa racconta l'esperienza decennale del suo percorso lavorativo per dare alcuni spunti di riflessione e piccoli aiuti concreti alla nuova classe di giovani professionisti, che potrebbero ritrovarsi a esercitare in realtà diverse dal punto di vista organizzativo, culturale e pratico rispetto a quella della scuola di specializzazione di provenienza. La nefrologia è una branca specialistica della medicina interna che a sua volta racchiude in sé diverse ultraspecializzazioni, come la dialisi peritoneale, l'emodialisi extracorporea, il trapianto renale e così via. È, quindi, concreta la possibilità che i neospecialisti si trovino a lavorare in settori in cui, pur avendo le appropriate conoscenze teoriche, non hanno ancora la dovuta esperienza pratica.
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7

Romano, Alessandra. "L'inclusione scolastica e lavorativa nella prospettiva della teoria trasformativa. Strumenti e pratiche per il disability management." EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no. 2 (December 2021): 37–58. http://dx.doi.org/10.3280/erp2-special-2021oa12916.

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Abstract:
Il contributo esplora le pratiche di disability management e le metodologie a supporto dell'inclusione lavorativa di persone in condizione di disabilità, a partire da una ricerca collaborativa triennale che ha visto la partecipazione di un team di ricercatori/rici universitari e un network interistituzionale composto da aziende, cooperative del settore educativo, centri per l'impiego, Ufficio Scolastico Regionale, scuole secondarie e associazioni di familiari di persone con sindromi dello spettro autistico. Nello specifico, si articolano il percorso metodologico e i risultati emergenti della ricerca, che ha intercettato pratiche formative e dispositivi organizzativi in grado di sostenere processi di inserimento (e reinserimento) lavorativo di persone adulte in condizione di disabilità, quali le metodologie del Disability Tool e della Consulenza Collaborativa Organizzativa. Nel paragrafo conclusivo si discutono le implicazioni dei risultati per l'inclusione scolastica e le azioni a sostegno dello sviluppo della professionalità docente
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Boccon, Elena, Domenico Massano, Alessandro Milanesio, Antonio Murtas, and Matteo Viberti. "Un processo di produzione vinicola come rottura della prassi normalizzante." WELFARE E ERGONOMIA, no. 1 (September 2021): 149–67. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-001013.

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Abstract:
Il lavoro descrive come dal 2015 ad oggi siano state accolte circa quindici persone con fragi-lità all'interno della progettualità 8Pari. I beneficiari sono persone che hanno avuto poca possibilità di sperimentare le proprie capacità e competenze lavorative, in parte a causa delle difficoltà e fragilità presenti (non per tutte legate alla disabilità) ma anche e soprattutto a causa della mancanza di contesti idonei ad accoglierli. In questo lavoro si presenta una ri-flessione sulle dinamiche di inclusione generate dall'azione produttiva nel contesto agricolo, in una prospettiva aperta ed in divenire. Le persone che ogni giorno creano il vino 8Pari so-no state coinvolte direttamente nel processo di raccolta delle informazioni propedeutiche alla scrittura e riflessione critica. In particolare, nel lavoro si illustrano tre dimensioni: storica, riepilogativa di 8Pari nei suoi sviluppi identitari fino ad oggi e come esso si sia intersecato al contesto sociale e lavorativo circostante; fenomenologica, esplorativa dei vissuti emotivi e delle dinamiche relazionali vissute dai lavoratori rispetto alla pratica quotidiana e rispetto al contesto esterno. E "prospettica", ipotizzando come la pratica di 8Pari possa essere miglio-rata e integrata tentando di superare i tradizionali modelli di inclusione, per portare al cen-tro del dibattito una riflessione critica e un'azione trasformativa sulla dicotomia normali-tà/disabilità.
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9

Orsenigo, Achille. "Obiettivo 2: I nodi della formazione: questioni di metodo e scelte politiche." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 2 (May 2009): 96–104. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-002008.

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Abstract:
- La scelta della metodologia da adottare nella formazione non č solo un fatto tecnico, ma ha anche inevitabilmente un valore, un senso "politico". La formazione mette in scena, configura uno specifico sistema di relazioni, di rapporti con le autoritŕ, di esercizio del potere, quindi un'idea di ambiente lavorativo e di societŕ. Essa, piů o meno consapevolmente, pratica, nel senso che li mette in atto, dei valori. L'optare per un approccio formativo o per un altro č un tassello nella costruzione dei nostri luoghi di lavoro, quindi, in una qualche misura, delle nostre polis.
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10

Testa, Emanuele, and Giuseppe Scaratti. "Valutare l'apprendere nelle organizzazioni: trasformazioni di pratiche lavorative e identità professionali." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 1 (July 2018): 9–39. http://dx.doi.org/10.3280/so2018-001001.

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Dissertations / Theses on the topic "Pratica lavorativa"

1

RIZK, Pascale. "Studio dell’impatto sociopolitico sull’apprendimento e l’uso della lingua inglese dalla pratica scolastica alla pratica lavorativa in Italia e nel Libano." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2013. http://hdl.handle.net/11392/2388911.

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Abstract:
The progress of physical and virtual communication is multiplying the meeting points of cultures in the world. Whether at an individual level or at a governmental one, the process of globalization is reducing the differences between countries. Languages are found in the heart of cultural domains hence they are indispensable vectors for communication and expression of identity. The diversity of languages assures the pluralism and the wealth of representations. This thesis examines the impact of the educational policies and the social components on the linguistic attitude of people who learn and use English at work and in social life in two sample countries: my country of birth, Lebanon and the country of my actual residency, Italy. It provides a sociolinguistic profile of both countries and focuses on the learning policies and the use of English (and French and Arabic to a lesser extent). This study also examines the Lebanese and the Italian attitudes toward using the English language for social and professional purposes. The project used diverse methods (observational accounts, field notes, and questionnaire) to describe the presence of foreign languages in both societies. Primary data includes results from a questionnaire (445 participants) and three years’ worth of observational accounts and field notes. Findings from this study suggest that language learning does not initiate in the English class but in the mind of people which is strongly conditioned by the necessities of life. The more the constant challenges and varied the linguistic opportunities, the more and better the chances to learn and use English are. The study concludes with some implications for the use of English in school practice and in work practice.
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RIVA, VANNA. "La professionalità dell'assistente sociale nelle pratiche lavorative. Uno studio etnografico di due uffici di servizio sociale per anziani." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19716.

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3

Menin, Michela <1991&gt. "UNA NUOVA UMANITA’ A PARTIRE DALL’AGRICOLTURA Il capability approach e l’agricoltura sociale come pratica innovativa di inclusione lavorativa delle persone con disabilità." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11471.

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Abstract:
La società, governata dalle logiche economiche dell’utilità, tende a considerare “normale” l’uomo all’apice della sua autonomia e produttività, escludendo chi si trova in una condizione di dipendenza momentanea o permanente. La legislazione italiana prevede l’attuazione di politiche di inserimento lavorativo di soggetti con disabilità e di agevolazione per le aziende (lg n. 68/99), che tuttavia non provvede di fatto a garantire una piena occupazione di tale categoria, oltre a mancare gli effettivi controlli dell’adempimento di tale disposizione. Attraverso questo lavoro di tesi, si vuole proporre un cambio di approccio che sposti l’attenzione dal concetto economico di utilità a quello di capacità, definito dall’economista indiano Amartya Sen. Il rivoluzionario approccio di Sen, pone al centro la persona umana e il suo benessere in termini sociali e di realizzazione personale, conferendo dignità alle persone con vulnerabilità e rinnovando il concetto di lavoro non più inteso come mera produzione, ma come strumento di inclusione e integrazione sociale. La domanda a cui si cerca di trovare risposta, attraverso la modalità della ricerca qualitativa, è se le attività di agricoltura sociale, possano rappresentare una alternativa vincente ed efficace alla questione dell’inserimento lavorativo delle persone adulte con disabilità. Attraverso la somministrazione di un questionario, ci si è soffermati sulla conoscenza di sei realtà presenti nel territorio veneto al fine di delineare le caratteristiche principali, i punti deboli e i punti a favore dell’agricoltura sociale come nuova pratica per offrire un servizio valido al territorio nella questione dell’inserimento lavorativo delle persone con difficoltà e svantaggio sociale.
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AVOLIO, ROCCO. "Artigiani della luce. Etnografia delle pratiche lavorative di uno studio di lighting design." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/40813.

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Abstract:
Questa ricerca, basata su un’etnografia della durata di 9 mesi, indaga le pratiche lavorative quotidiane all’interno di un piccolo studio di lighting design. Il lavoro parte dalla convinzione che, per definire in cosa consista il lavoro, occorra indagare il contenuto effettivo del lavoro stesso, ossia le pratiche lavorative immerse nel loro contesto naturale, laddove esse avvengono. La pratica e le pratiche rappresentano una chiave di lettura dei diversi fenomeni sociali. Sul piano dell'ontologia sociale, le pratiche diventano l'oggetto costitutivo della società, come luogo di incontro delle diverse istanze oggettive e soggettive, micro e macro, strutturali e individuali, e dove queste stesse istanze si dissolvono. E, sul piano epistemologico, attraverso la lente delle pratiche, le stesse dicotomie oggetto/soggetto, struttura/azione, micro/macro vengono rigettate, nel tentativo di restituire la densità e la complessità della realtà sociale intesa come continuo prodotto endogeno delle pratiche stesse di attori concreti e reali, umani e non-umani. Per poter dare conto del lavoro di ricerca compiuto, ho scelto di iniziare accompagnando il lettore nel retroscena della ricerca stessa. Per questa ragione, nel primo capitolo racconto, nella forma di una storia naturale della ricerca, le scelte di ordine teorico e metodologico sottese al lavoro di ricerca. Descriverò come, a partire da un interrogativo di tipo teorico ed epistemologico sul concetto di pratica come strumento euristico e oggetto di ricerca, sono passato allo sviluppo delle domande di ricerca, all'individuazione del campo di indagine e alla definizione del piano empirico di ricerca. Nel secondo capitolo passo in rassegna i diversi modi in cui in sociologia è stato affrontato il tema delle pratiche. Da un lato, abbiamo autori classici, come Harold Garfinkel e in generale l'etnometodologia, Pierre Bourdieu, Anthony Giddens ed un filosofo come Theodore Schatzki; dall'altro un insieme di studi interdisciplinari di matrice organizzativa, che va sotto il nome di Practice-Based Studies, incentrati principalmente sugli aspetti cognitivi e materiali delle pratiche lavorative. I tre capitoli successivi sono dedicati al resoconto etnografico ed all'analisi delle pratiche lavorative di Studio Lambda. Nel terzo capitolo parlo degli spazi e dei tempi lavorativi di Studio Lambda, intesi non come sfondo all'azione dei soggetti, ma come essi stessi attori sociali. Nel quarto capitolo parlo delle diverse pratiche e micropratiche lavorative osservate all'interno di Studio Lambda, e che costituiscono il contenuto effettivo del lavoro dei lighting designers di Studio Lambda. Nel quinto capitolo vediamo quali sono i modi pratici attraverso cui i lighting designers costruiscono la propria identità professionale: I lighting designers protagonisti di questo resoconto etnografico sono degli artigiani della luce poiché trattano la luce nei suoi aspetti materiali e simbolici attraverso il dispiegamento quotidiano del proprio saper fare pratico. Nell'ultimo capitolo, infine, vengono tratte alcune conclusioni sul lighting design come un mondo sociale costituito da un insieme eterogeneo di attori umani e non-umani, in cui la luce e la progettazione illuminotecnica rappresentano un prodotto endogeno delle loro interazioni.
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5

Del, Negro Matteo <1980&gt. "Polifonie viventi in area triveneta : le polifonie viventi in ambito lavorativo: assetti, profili, pratiche." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4619.

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Abstract:
La ricerca intende proporre alcune riflessioni intorno alle attuali realizzazioni polifoniche vocali che insistono in area triveneta. Alla luce del concetto di performance e sulla scorta delle riflessioni intorno ai beni culturali immateriali, l’indagine mira a censire e documentare pratiche polifoniche di gruppo attivate in contesti lavorativi o sociali. In questo senso, procedure e dinamiche performative ricevono una contestualizzazione in relazione ai dati trasmessi dalle singole formazioni. Nonostante i mutati assetti lavorativi, il canto di gruppo rilevato in area triveneta presenta ancora, pur nelle diverse articolazioni e sensibilità specifiche, motivazioni e necessità connesse alla dimensione associativa, solidale e volontaria. Le testimonianze provenienti dalla letteratura etnomusicologia in merito al canto di gruppo rilevato in contesti lavorativi perlopiù rurali ricevono, in questa prospettiva, una attualizzazione che indica affinità e divergenze, analogie e differenze in un quadro socio-economico complesso e articolato in cui, tuttavia, la performance appare quale importante elemento connesso sia alla dimensione estetica sia ludica, esito di procedure poste in essere da esigenze difformi. La realizzazione musicale, in questa prospettiva, diviene segno e testimonianza –immateriale- di identità particolari, espresse tramite il vettore performativo.
The purpose of this project is to offer some observations about the current vocal polyphonic happenings which can still be found in the Italian regions of Veneto, Friuli Venezia Giulia and Trentino- Alto Adige (the Triveneto). In the light of the idea of performance and according to the considerations about the Intangible Cultural Heritage, the investigation aims at providing documentary evidences of group polyphonic activities which can be found in working or social backgrounds. In this sense, the dynamics of the performances obtain a contextualization in relation to the specific groups. Despite the transformation of working contexts, the singing groups detected in the Northeast of Italy still manifest needs and motivations which are related to social and volunteering purposes. The bibliography about ethnomusicology testifies that the singing groups detected in working contexts, mostly rural contexts, gain a renovation which indicates similarities and differences in a complex socio-economic picture in which, nevertheless, the performance seems to be the most important element, connected to both the aesthetic and the recreational aspect. In this perspective, the musical happening becomes an intangible sign and an evidence of specific identities, expressed by the performance.
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6

Buonaguidi, Alice <1994&gt. "L’integrazione lavorativa dei rifugiati in Italia: lacune delle politiche attive per il lavoro e pratiche socialmente innovative." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17587.

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Abstract:
I rifugiati e i richiedenti asilo, al termine del percorso di accoglienza, devono affrontare numerose sfide nel proprio percorso verso l'autonomia, inclusa quella relativa alla loro piena integrazione all'interno del mercato del lavoro. Questo elaborato si propone di analizzare quali siano le principali politiche attive per il lavoro a supporto di questo aspetto dell’integrazione, oltre che i loro possibili aspetti deficitari, e come le pratiche socialmente innovative possano contribuire al loro superamento. Per fare ciò, si partirà da un’analisi comparativa delle politiche impiegate nei paesi dell'Europa centrale per poi spostare l'attenzione sul caso italiano. In particolare, l'elaborato si sofferma ad analizzare due pratiche socialmente innovative nell’ambito dell’integrazione lavorativa dei rifugiati nelle città di Bologna e Parma. Nella parte finale del lavoro verrà discusso anche l'impatto della crisi scatenata dal COVID-19 sul percorso lavorativo dei rifugiati e sulle pratiche innovative analizzate.
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7

Riccio, Martina <1987&gt. "Dis-fare la disabilità infantile: le pratiche lavorative di operatrici e operatori dei servizi, e il ruolo della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7306/1/riccio_martina_tesi.pdf.

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Abstract:
Nel presente lavoro di tesi si sostiene che la disabilità infantile si produce nelle pratiche lavorative di operatrici e operatori dei servizi il cui agire diviene dis-abilitante poiché fortemente vincolato alle forme istituzionali, materiali e simboliche, della relazione terapeutica ed educativa. Attraverso la relazione individuale con l'educatrice/ore, l'abitudine a tenere il ragazzo certificato fuori dalla classe, l'orientamento scolastico alle scuole professionali, l'impossibilità di costruire percorsi educativi continuativi e in contesti eterogenei, ma anche attraverso i numerosi documenti necessari per attivare i percorsi di integrazione scolastica e le normative emesse dal Ministero dell'Istruzione, la disabilità viene quotidianamente prodotta e riprodotta. Questa, infatti, non pre-esiste alle pratiche che vengono messe in atto ma è parte di esse. Allo stesso tempo tale riproduzione coesiste sempre con tentativi di trasformazione che il “lavoro vivo”, di relazione (di cura o educativa), necessariamente implica. Parallelamente, nel corso dell'elaborato, viene sviluppata una riflessione sul ruolo sociale della ricerca come dispositivo di trasformazione. La ricerca(trice) che riconosce questo spazio di tensione tra riproduzione e trasformazione nel lavoro di operatrici e operatori può infatti scegliere di sostenere , attraverso il metodo stesso di ricerca, l'una o l'altra tendenza. Nel caso in cui si opti per la seconda è prima di tutto la pratica di ricerca a divenire campo di partecipazione e terreno di negoziazione per le alternative possibili e percorribili. Un necessario passo verso il cambiamento parte dunque dal riconoscere che tra ricercatrici/ricercatori e soggetti della ricerca, così come tra operatrici/operatori e “utenti”, vi è un campo comune di bisogni e intenti a partire dal quale solamente si possono ri-costruire pratiche educative, di cura e di liberazione.
The present thesis states that childhood disability is produced in the everyday practices of health and social workers. Their practices become dis-abling because are strongly tied to the institutionalized forms, material and symbolic, of the therapeutic and educational relation. Through the individualization of the relation with the educator, the habit of taking the “certified” child out of the class, the tendency to orient disable students to professional schools, the impossibility of creating continuous and heterogeneous educational paths, but also through the many documents needed to start school integration programs, disability is daily produced and reproduced, it is enacted. Disability does not pre-exist workers practices, but is part of them. At the same time reproduction always coexists with the possibility of difference and attempts to transformation. This tension is in fact constitutive of “live work in action” implicated in therapeutic and educational relation. Simultaneously in the thesis, the author develops a reflection on the social role of research as a tool for transformation. The research(er) who recognizes this “field of tension” between reproduction and transformation in the practices of health and social workers may choose to sustain, through the method of the research itself, the first or the second tendency. If we decide to choose the second, the practice of research first of all becomes a field of participation and negotiation for alternative possibilities. A necessary step towards change, thus, starts from recognizing that there are common needs and intents between researchers and subjects of research, and between social/health workers and “users”. Only from this common ground it is possible to re-build practices of care, education and liberation.
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8

Riccio, Martina <1987&gt. "Dis-fare la disabilità infantile: le pratiche lavorative di operatrici e operatori dei servizi, e il ruolo della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7306/.

Full text
Abstract:
Nel presente lavoro di tesi si sostiene che la disabilità infantile si produce nelle pratiche lavorative di operatrici e operatori dei servizi il cui agire diviene dis-abilitante poiché fortemente vincolato alle forme istituzionali, materiali e simboliche, della relazione terapeutica ed educativa. Attraverso la relazione individuale con l'educatrice/ore, l'abitudine a tenere il ragazzo certificato fuori dalla classe, l'orientamento scolastico alle scuole professionali, l'impossibilità di costruire percorsi educativi continuativi e in contesti eterogenei, ma anche attraverso i numerosi documenti necessari per attivare i percorsi di integrazione scolastica e le normative emesse dal Ministero dell'Istruzione, la disabilità viene quotidianamente prodotta e riprodotta. Questa, infatti, non pre-esiste alle pratiche che vengono messe in atto ma è parte di esse. Allo stesso tempo tale riproduzione coesiste sempre con tentativi di trasformazione che il “lavoro vivo”, di relazione (di cura o educativa), necessariamente implica. Parallelamente, nel corso dell'elaborato, viene sviluppata una riflessione sul ruolo sociale della ricerca come dispositivo di trasformazione. La ricerca(trice) che riconosce questo spazio di tensione tra riproduzione e trasformazione nel lavoro di operatrici e operatori può infatti scegliere di sostenere , attraverso il metodo stesso di ricerca, l'una o l'altra tendenza. Nel caso in cui si opti per la seconda è prima di tutto la pratica di ricerca a divenire campo di partecipazione e terreno di negoziazione per le alternative possibili e percorribili. Un necessario passo verso il cambiamento parte dunque dal riconoscere che tra ricercatrici/ricercatori e soggetti della ricerca, così come tra operatrici/operatori e “utenti”, vi è un campo comune di bisogni e intenti a partire dal quale solamente si possono ri-costruire pratiche educative, di cura e di liberazione.
The present thesis states that childhood disability is produced in the everyday practices of health and social workers. Their practices become dis-abling because are strongly tied to the institutionalized forms, material and symbolic, of the therapeutic and educational relation. Through the individualization of the relation with the educator, the habit of taking the “certified” child out of the class, the tendency to orient disable students to professional schools, the impossibility of creating continuous and heterogeneous educational paths, but also through the many documents needed to start school integration programs, disability is daily produced and reproduced, it is enacted. Disability does not pre-exist workers practices, but is part of them. At the same time reproduction always coexists with the possibility of difference and attempts to transformation. This tension is in fact constitutive of “live work in action” implicated in therapeutic and educational relation. Simultaneously in the thesis, the author develops a reflection on the social role of research as a tool for transformation. The research(er) who recognizes this “field of tension” between reproduction and transformation in the practices of health and social workers may choose to sustain, through the method of the research itself, the first or the second tendency. If we decide to choose the second, the practice of research first of all becomes a field of participation and negotiation for alternative possibilities. A necessary step towards change, thus, starts from recognizing that there are common needs and intents between researchers and subjects of research, and between social/health workers and “users”. Only from this common ground it is possible to re-build practices of care, education and liberation.
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De, Pretto Daniele. "Dentro l'architettura. Tecnologie, utenti e materiali nelle pratiche di progettazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423557.

Full text
Abstract:
Interaction between designers, software & other tools, mistakes, management of time & space are just some of the dimensions that make up a design trajectory in an atelier of architecture and made it possible. Understanding architectural objects without investigating the process that make them possible, hide us the most part of dynamics that make the realization of the project itself feasible. These dimensions have often been neglected by sociological studies of architecture that, instead, are often focused on fruition of space by users, the training of architects in a sociology of professions perspective, rather than the building, seen in a symbolic way. With my research, starting from an STS perspective, I highlight design practices involved in the creation of a new artefact, trying to connect material elements, actors involved in the heterogeneous network and the technological artefacts that contribute to the achievement of the project. The research focuses on the issue of technological innovation see also as management of new spatial relationship between context and content, materials and architectural theories, software and designers. In order to facilitate the emergence of knowledge, innovation and design practices, the empirical context of the research was investigated through the tools of ethnography. These led me to spent about one year in an important atelier of architecture in north Italy, where I alternated participant observation, in-depth interviews, photographs and analysis of atelier's documents, in order to follow the trajectory of different projects and the non-linear path from the idea's conception to the final drawings. From data analysis, emerge a complex “pluriverse” of interactions between different kind of actors, that work together in a technologically dense environment, in which the project-artifact condenses a relevant number of socio-technical dimensions. With my research I want to made little bit less obscure the understandings of design processes, giving importance to organizational and technoscientific dynamics, with a methodological account that allowed me to understand peculiarities about all different actors that play in the design arena, going “inside architecture”.
Le interazioni tra progettisti, software e altri strumenti utilizzati, errori e la gestione del tempo e dello spazio sono solo alcune delle dimensioni che compongono e rendono possibile la traiettoria di progettazione di un nuovo artefatto all'interno di un atelier di architettura. Studiare il risultato delle pratiche progettuali, senza indagare il processo che lo permette, porta a non comprendere la maggior parte delle dinamiche che rendono la realizzazione del progetto stesso possibile. Queste dimensioni sono state spesso trascurate dagli studi sociologici sull'architettura che, invece, hanno focalizzato la loro attenzione sulla fruizione dello spazio da parte degli utenti, sulla formazione degli architetti partendo da un'ottica di sociologia delle professioni, oppure sui significati simbolici incorporati negli edifici realizzati. Con la mia ricerca, partendo da una prospettiva STS (Science and Technology Studies), metto in luce le pratiche di progettazione implicate nella creazione di un artefatto particolare, il progetto architettonico, cercando di collegare gli elementi materiali, gli attori che vanno a comporre il network eterogeneo, le tecnologie e le diverse forme di conoscenza esperta coinvolti. La ricerca si concentra sul tema dell'innovazione tecnologica vista, per quanto concerne l'architettura, come gestione di nuovi rapporti spaziali tra contesto ed edificio, materiali, teoria architettonica, software, futuri utenti e progettisti. Il contesto empirico individuato per la ricerca è stato indagato attraverso gli strumenti dell'etnografia, che mi hanno portato a passare circa un anno in un importante atelier di architettura nel nord Italia, dove ho alternato osservazione partecipante, interviste in profondità, raccolta di fotografie e analisi documentale, al fine di seguire diverse traiettorie progettuali dal concepimento dell'idea ai disegni finali. Dall'analisi dei dati è emerso un complesso "pluriverso" di interazioni tra diversi tipi di attori, che collaborano in un ambiente tecnologicamente denso, in cui l'artefatto-progetto condensa un numero rilevante di importanti dimensioni socio-tecniche. Con la mia ricerca ho voluto rendere un po' meno oscura la comprensione dei processi progettuali, attribuendo importanza tanto alle dinamiche organizzative, quanto a quelle tecnoscientifiche, attraverso un account metodologico attento a cogliere le peculiarità di tutti gli attori che partecipano alla progettazione di questo nuovo artefatto, e che mi ha permesso di entrare “dentro l'architettura”.
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Turrini, Mauro. "La clinica nel laboratorio. Etnografia dell'incertezza nella diagnosi prenatale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426442.

Full text
Abstract:
CLINICS IN THE LABORATORY An ethnography of uncertainty in prenatal diagnosis The research is an empirical investigation of scientific and medical uncertainty in the context of prenatal diagnosis. Combining sociology and anthropology of health with social studies of science and technology, its aim is to scrutinize the interaction between medicine and science in a clinical arena characterized by the fundamental role of scientific activity within the clinical laboratory. Modern medicine has evolved to a point where diagnostic judgements based on subjective evidence are progressively being supplanted by judgements based on objective evidence provided by laboratory procedures. Representing a typical example of geneticization of medicine, prenatal diagnosis is a pregnancy test based on devices and knowledge of genetics and, more specifically, cytogenetics. The hybrid character of prenatal diagnosis makes prenatal cytogenetic laboratories particularly uncertain and controversial. On the one hand, the role of laboratory data makes the scientific work critical in the process of decision-making. On the other hand, the scientific context of a cytogenetics laboratory is shaped and moulded by cultural, existential, juridical meanings, particular to clinical culture. Theoretically, this investigation draws upon the recent dialogue between two sociological disciplines illuminating their intersection and developing a new, innovative category in the sociology of medical science and technology. Uncertainty has been largely ignored or denied by medicine and science because of rationalist training and attitude. Social sciences’ scrutiny of work practices has demonstrated the distance between how these disciplines work in practice and the rhetoric of the official literature. Thus, the primary rationale of the methodological approach, which is inspired by qualitative analysis. In particular, the data came from ethnographic observations of the daily routines of physicians, biologists and technologists combined with informal and in-depth interviews of professionals as well as analysis of scientific documents such as articles, guidelines, protocols, and manuals The empirical analysis is structured in two main parts. First, a micro-social analysis is focused on laboratory procedures of manipulation and interpretation of biological samples. Uncertainty is a pervasive phenomenon which dominates the work practice of laboratory since it informs not only know-hows and professional identities, but also standardization programmes. Second, the analysis involves the articulation between the different social worlds which are part of the biomedial network. Comparing prenatal diagnosis to other biomedical platforms such as oncoematology, it demonstrates that uncertainty is embedded in the relationships between medical and scientific components. The suggestion is that the source, character, and amount of uncertainty is not merely technical, but it is negotiated and flexible. The social nature of uncertainty also means a more ambiguous definition of it. In fact, uncertainties are not merely a threat to practice, but they are also a resource which affords negotiation between identities of the different components of biomedical networks.
LA CLINICA NEL LABORATORIO Etnografia dell’incertezza nella diagnosi prenatale La ricerca prende le mosse dall’analisi empirica di un’area specifica della medicina, la diagnosi prenatale, caratterizzata dal ruolo fondamentale della componente scientifica di laboratorio, allo scopo di analizzare l’incertezza, un tema che accomuna sia gli studi sociali della salute che quelli della scienza e della tecnologia. Frutto della tendenza secolare, tipica della medicina moderna, ad inglobare saperi e strumenti aventi una genealogia scientifica, tale ambito medico rappresenta un caso esemplare di applicazione in campo sanitario di strumenti della scienza genetica e, più specificatamente, delle tecniche di analisi citogenetica. Il lavoro svolto dal laboratorio di citogenetica, una volta assunto un ruolo centrale in ambito sanitario, pur essendo fortemente caratterizzato dalla propria origine scientifica, risulta permeato e modellato da significati culturali e giuridici peculiari della medicina prenatale. Lo sforzo teorico è diretto a rielaborare prospettive analitiche su un argomento non certo nuovo, a partire dal dialogo tra due tradizioni sociologiche che, pur essendo state a lungo distanti, sembrano ora aver trovato diversi punti di contatto. Concepita dapprima in relazione ai processi decisionali medici, l’incertezza acquisisce successivamente una nuova centralità sociologica grazie allo studio empirico del lavoro scientifico, che dimostra il profondo iato tra la scienza che esiste in pratica e la scienza descritta nella letteratura. Da qui discende la scelta di un metodo ispirato a strumenti propri dell’indagine qualitativa, quali l’osservazione partecipante e l’intervista in profondità, orientati ad esplorare la dimensione lavorativa quotidiana nei diversi contesti medici e scientifici che compongono il network biomedico della diagnosi prenatale. Essendo rivolta unicamente al punto di vista dei professionisti, la ricerca si è svolta attraverso una graduale opera di avvicinamento alla prospettiva degli osservati, a partire dallo studio teorico della letteratura medico-scientifica di riferimento, dagli strumenti operativi quali le linee-guida e i protocolli, sino ad arrivare allo scambio di vedute in occasione della presentazione in un convegno scientifico di genetica. L’ibridizzazione tra medicina e scienza enfatizza un tratto comune alle pratiche di entrambi gli ambiti disciplinari, l’incertezza, studiata empiricamente da un duplice punto di vista. In primo luogo, si privilegia una prospettiva microsociale concentrata a ricostruire le strategie di addomesticamento dell’incertezza nella processazione e nell’interpretazione dei campioni biologici. Si intende così dimostrare come la pervasività dell’incertezza penetri in maniera costitutiva nel processo di soggettivazione professionale dei citogenetisti, nelle metodiche di analisi e, infine, nei programmi di standardizzazione. In secondo luogo, si allarga il campo di indagine all’articolazione delle diverse componenti che costituiscono tale piattaforma biomedica, comparandole con altre aree biomediche quali l’oncoematologia. Sia nelle relazioni tra i diversi elementi che compongono il laboratorio sia nelle relazioni tra i contesti medici e quelli scientifici, l’incertezza appare un fenomeno non esclusivamente di tipo tecnico, ma frutto di una percezione e di rappresentazioni che partecipano alla formazione tanto della cultura di un ambiente lavorativo quanto dello status professionale di chi vi lavora. L’incertezza risulta essere non solo un ostacolo, derivato dall’applicazione contestuale di regole generali, ma anche una risorsa di natura sociale, essenziale nell’articolare gli elementi eterogenei appartenenti ad una stessa rete.
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Books on the topic "Pratica lavorativa"

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Silvia, Gherardi, ed. Studiare le pratiche lavorative. Bologna: Il Mulino, 2007.

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Bianchi, Arturo. Mindset Business: Guida Pratica in 7 Regole per una Vita Privata e Lavorativa Di Successo. Independently Published, 2022.

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Bertoli, Tarcisio. Da Vittime a Cittadine: Percorsi Di Uscita Dalla Prostituzione E Buone Pratiche Di Inserimento Sociale E Lavorativo. Ediesse, 2002.

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