Journal articles on the topic 'POLITICA ESTERA ITALIANA'

To see the other types of publications on this topic, follow the link: POLITICA ESTERA ITALIANA.

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the top 37 journal articles for your research on the topic 'POLITICA ESTERA ITALIANA.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Browse journal articles on a wide variety of disciplines and organise your bibliography correctly.

1

Basciani, Alberto. "Tra politica culturale e politica di potenza. Alcuni aspetti dei rapporti tra Italia e Albania tra le due guerre mondiali." MONDO CONTEMPORANEO, no. 2 (December 2012): 91–113. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002004.

Full text
Abstract:
Durante gli anni Venti e Trenta la politica estera fascista fece dell'Albania uno degli obiettivi piů importanti dell'espansione politica, economica e culturale dell'Italia nel Sud-Est dell'Europa. Il saggio, con l'ausilio di molti documenti inediti provenienti dall'Archivio del ministero degli Affari esteri e dall'Archivio Centrale dello Stato, analizza alcune delle principali direttrici della politica estera e della politica culturale italiana nel paese adriatico. Nonostante i tentativi di re Zog di conservare dei margini di autonomia, a partire dalla metŕ degli anni Trenta la pressione italiana non fece altro che aumentare: cospicui prestiti finanziari, aiuti militari, aumento del numero delle scuole italiane, imposizione della lingua italiana quale materia obbligatoria di insegnamento, il ricorso massiccio alla corruzione, che non risparmiň neppure il sovrano albanese e la sua cerchia, furono i metodi che il regime fascista utilizzň per aumentare la propria influenza politica e la capacitŕ di ingerenza negli affari interni albanesi. Il fine apertamente dichiarato da Ciano era quello di ottenere l'annessione del paese vicino quando la situazione internazionale avesse reso possibile l'aggressione
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Bellucci, Paolo, and Pierangelo Isernia. "OPINIONE PUBBLICA E POLITICA ESTERA IN ITALIA: IL CASO DELLA BOSNIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, no. 3 (December 1999): 441–80. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200028914.

Full text
Abstract:
IntroduzioneLa guerra contro la Repubblica Federale di Jugoslavia ha evidenziato i problemi della politica estera italiana degli anni '90. Con non più del 40% dell'opinione pubblica stabilmente a favore dei raid aerei contro la Serbia ed il Kosovo, una veemente opposizione del Vaticano e del Papa in prima persona ed una maggioranza di governo divisa al suo interno tra negoziatori ad oltranza ed auspici di una immediataescalationterrestre, si riproponeva, con maggiore evidenza del passato, il ridotto margine di autonomia dell'esecutivo nel settore della politica di sicurezza. A poco meno di due anni dalla crisi albanese, la leadership politica italiana si è trovata così ad affrontare l'ennesima prova di politica estera, per giunta sul terreno delle armi, un terreno sul quale nell'ultimo quarantennio repubblicano raramente un governo si era avventurato. Rispetto all'ambiente tut to sommato «placido» nel quale la politica estera italiana ha operato nel secondo dopoguerra, gli anni '90, con un ininterrotto susseguirsi di crisi (dal Golfo alla Somalia, dall'Albania alla Bosnia, per finire con il Kosovo) hanno prodotto un maggior numero di sfide, in aree molto più vicine e rilevanti per gli interessi nazionali italiani e in un quadro di minore possibilità di far ricorso al proprio tradizionale alleato, gli Stati Uniti, per risolvere i propri fondamentali problemi di sicurezza. Da qui la necessità di costruire un consenso nazionale intorno alle scelte del governo e, di conseguenza, il crescente interesse per il ruolo che l'opinione pubblica assume nella politica estera italiana. Il Kosovo tuttavia non è il primo caso in cui l'opinione pubblica entra nei calcoli dei decisori nazionali. In questo saggio intendiamo esplorare questo ruolo in un'altra recente crisi che ha visto coinvolta l'Italia, quella relativa al dissolvimento della ex-Jugoslavia, con particolare riferimento alla crisi in Bosnia-Herzegovina. Come diremo nelle conclusioni, da questa esperienza è possibile trarre alcune considerazioni che sembrano dimostrarsi valide anche nel caso del Kosovo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Ratti, Luca. "Mario Toscano e la politica estera italiana nell’era atomica." Contemporary Italian Politics 5, no. 3 (December 2013): 330–32. http://dx.doi.org/10.1080/23248823.2013.852389.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Di Michele, Andrea. "Berlusconi-Putin. Le ragioni di una vicinanza." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 260 (February 2011): 494–510. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260008.

Full text
Abstract:
La prima parte del saggio indaga gli elementi di comunanza tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin (leaderismo esasperato, populismo con venature nazionalistiche, controllo dei mezzi d'informazione), nonché il significato assunto dal rapporto con la Russia nella complessiva politica estera di Berlusconi, che ha visto l'Italia distaccarsi dal suo tradizionale europeismo e intessere relazioni preferenziali con Stati Uniti e Russia. Nella seconda parte, l'attenzione si sposta dai rapporti Berlusconi-Putin a quelli Italia-Russia, mostrando come la politica di avvicinamento a Mosca sia stata perseguita da tutti i governi italiani, di centrodestra e di centrosinistra, degli ultimi 10-15 anni. La Russia č per l'Italia un partner economico-commerciale fondamentale, in particolare in qualitŕ di fornitore di prodotti energetici. Eni e Gazprom hanno costruito un rapporto di collaborazione e integrazione che non č esagerato definire strategico e che ha fatto di Eni il primo partner commerciale di Gazprom. Le scelte nazionali di politica energetica, che hanno determinato una crescente dipendenza dall'approvvigionamento russo, influenzano fortemente la piů generale politica estera italiana, che crea malumore in Europa e negli Stati Uniti per il legame troppo forte e sbilanciato con Mosca.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Sfredda, Francesco. "Vienna e Berlino 1873: l'Italia unita si presenta all'Europa." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (June 2011): 5–38. http://dx.doi.org/10.3280/mon2011-001001.

Full text
Abstract:
Il saggio analizza uno dei momenti cruciali della politica estera italiana nei primi anni dopo l'Unitŕ, ossia la visita ufficiale in Austria e Germania di re Vittorio Emanuele II, accompagnato da Minghetti e Visconti Venosta (1873). Fra le fonti consultate dall'autore, oltre alla stampa periodica e ai documenti diplomatici editi dei tre Stati coinvolti, vi sono anche fonti primarie inedite, provenienti da archivi romani, viennesi e berlinesi. L'evento viene analizzato, oltre che dal punto di vista diplomatico, anche da quello cerimoniale e celebrativo, con una particolare attenzione al processo di nazionalizzazione dell'opinione pubblica nei tre paesi coinvolti. Il saggio dimostra che le grandi novitŕ che rivoluzionarono le relazioni internazionali alla metŕ dell'Ottocento (l'unificazione tedesca, quella italiana, l'austro-ungarico, la nascita della Terza repubblica francese) erano allora ancora precarie. Nuovi documenti sul reale atteggiamento tenuto da Bismarck verso l'Italia finiscono infine per rivalutare in senso positivo le scelte di politica estera della Destra storica, e screditare invece le posizioni sostenute allora dalla Sinistra,da Francesco Crispi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Triola, Filippo. "Il riavvicinamento dell'Italia alla Germania tra il 1945 e il 1949." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (March 2013): 31–80. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-003002.

Full text
Abstract:
L'autore ricostruisce ed esamina la storia dei rapporti italo-tedeschi negli anni immediatamente precedenti la riapertura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica federale tedesca. Un riavvicinamento economico e politico progressivo, ma che suscitň forti contrasti tra i principali attori della diplomazia italiana. Il saggio si basa su una documentazione conservata presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri e l'Archivio Centrale dello Stato. L'autore sostiene che le relazioni economiche italo-tedesche assunsero un ruolo centrale nel processo di elaborazione della politica estera italiana sulla questione tedesca nel corso di questi anni. Prima dell'istituzione della Repubblica federale tedesca, l'Italia divenne un partner economico fondamentale per la Germania occidentale. Tra il 1945 e il 1949 l'Italia fu il primo paese europeo favorevole alla rinascita di un nuovo Stato tedesco non sottoposto alla diretta influenza dell'Unione Sovietica. Il presidente del Consiglio De Gasperi e il ministro degli Esteri Sforza per sostenere la nuova Germania attuarono una precisa azione diplomatica di riavvicinamento politico, promuovendo diversi scambi di visite e di incontri con i rappresentanti tedeschi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Wright, A. D. "French policy in Italy and the Jesuits, 1607–38." Papers of the British School at Rome 75 (November 2007): 275–86. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003561.

Full text
Abstract:
LA POLITICA FRANCESE IN ITALIA E I GESUITI, 1607–38Agli inizi della guerra dei Trent'anni (1618–48) le ostilità affliggevano la penisola italiana, benché il conflitto fosse iniziato nei territori boemi e tedeschi. Queste estensioni della guerra erano dovute in gran parte all'intervento francese nella penisola, anche prima che la Francia entrasse apertamente nella guerra principale (1635). Un simile intervento preliminare minacciò da solo di sciogliere la solidarietà cattolica, per cui fu criticato non solo in Italia ma, nella Francia stessa, anche da alcuni estremisti cattolici, che si opponevano alia politica estera del cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII. Un recente studio ha dimostrato convincentemente che la presenza, durante la guerra, presso varie corti cattoliche, di confessori della casa reale rappresentati dalla Compagnia di Gesù non risultava in nessuna normale politica adottata dagli stati cattolici che furono coinvolti nella guerra. Un'ulteriore ricerca negli archivi centrali dei Gesuiti a Roma, qui presentata, rivela quanto complessi e ambigui erano gli interessi della società, quando la politica francese colpiva gli affari italiani.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Di Scala, Spencer M. "La Politica Estera Italiana, 1860-1985. Richard J. B. Bosworth, Sergio Romano." Journal of Modern History 66, no. 1 (March 1994): 180–81. http://dx.doi.org/10.1086/244812.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Evangelista, Matthew. "Leopoldo Nuti, La sfida nucleare: La politica estera italiana e le armi atomiche 1945–1991." Journal of Cold War Studies 11, no. 2 (April 2009): 152–55. http://dx.doi.org/10.1162/jcws.2009.11.2.152.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Varriale, Francesco. "La politica estera italiana e la Cina durante la guerra civile fra Kuomintang e comunisti (1945-1949)." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (May 2009): 5–44. http://dx.doi.org/10.3280/mon2009-001001.

Full text
Abstract:
- According to the author, after the Second World War, Italy was too weak to build an autonomous foreign policy in China or to influence the conflict between Communists and Nationalists. However, Italian diplomacy, especially the Italian ambassador in China Sergio Fenoaltea, tried to have his own vision of the Chinese Civil War and to take advantage of the weakness of Italy to establish a good relationship with the Kuomintang government: China was a great power, especially at the United Nations, and it could be very important for the future of Italy. Furthermore, Fenoaltea criticized Marshall's mediation between the Communists and the Nationalists along with the American endorsement of Jiang Jieshi. From the perspective of the Italian ambassador, the USA was not able to understand the situation in China or to support a really democratic force. Finally, Italian diplomats in China tried to be equidistant between the two parties acting during the Civil War to protect the little Italian community in China and to not impair the possibility of a pacific and positive relationship with the future winner of the Civil War. Key words: Italy-China relationship, Italian foreign policy, ambassador Fenoaltea, Chinese Civil War, international politics, Communists and Kuomintang.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
11

Caviglia, Daniele. "Dal primato della nazione alla sfida dell'ordine post bipolare: evoluzione e prospettive della politica estera italiana." VENTUNESIMO SECOLO, no. 42 (October 2018): 78–95. http://dx.doi.org/10.3280/xxi2018-042005.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
12

Burigana, David. "Non solo diplomazia. Esperti e tecnici in scienza e tecnologia nella politica estera italiana fra Guerra fredda e costruzione europea." VENTUNESIMO SECOLO, no. 40 (November 2017): 5–15. http://dx.doi.org/10.3280/xxi2017-040001.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
13

Capisani, M. Lorenzo. ""Cina d'oggi" e Guerra fredda nella politica estera italiana: il Centro studi per lo sviluppo delle relazioni economiche e culturali." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 289 (March 2019): 40–71. http://dx.doi.org/10.3280/ic2019-289002.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
14

Duggan, Christopher. "Reviews : Richard J.B. Bosworth and Sergio Romano, eds, La politica estera italiana (1860-1985), Bologna, Società editrice il Mulino, 1991; 360 pp.; Lire 38.000." European History Quarterly 23, no. 4 (October 1993): 616–19. http://dx.doi.org/10.1177/026569149302300421.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
15

Perazzoli, Jacopo. "Wilsonismo e socialismo europeo: alcune note sul caso del socialismo italiano (1917-1919)." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 293 (August 2020): 99–120. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-293004.

Full text
Abstract:
In linea con il filone storiografico che da tempo riflette sulle influenze e sulla ricezione del wilsonismo in Italia e nei soggetti politici italiani, questo saggio vuole analizzare le modalità secondo cui i progetti in politica estera del presidente statunitense vennero recepiti nei programmi del socialismo italiano tra il 1917 e il 1919, ossia il triennio in cui fu più estesa la popolarità del leader della Casa Bianca nella Penisola.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
16

Croci, Osvaldo. "La sfida nucleare: La politica estera italiana e le armi atomiche 1945–1991, by Leopoldo Nuti, Bologna, Il Mulino, 2007, 425 pp., €32.00 (paperback), ISBN 978-88-15-11942-1." Modern Italy 15, no. 1 (February 2010): 108–10. http://dx.doi.org/10.1080/13532940903477971.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
17

Esposito, Assunta. "Un vescovo per Bressanone. Autorità italiane, gerarchie cattoliche e la vacanza della diocesi di Bressanone nel primo dopoguerra (1918-1921)." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (September 2020): 5–51. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-001001.

Full text
Abstract:
La vittoria sull'Austria nella prima guerra mondiale dava all'Italia insieme al sospirato confine al Brennero l'acquisto del Sudtirolo. Fra i problemi posti dal nuovo assetto ci fu dal lato ecclesiastico la situazione della diocesi a popolazione tedesca di Bressanone, una delle due diocesi, insieme a Trento, insistenti sul nuovo territorio italiano. La diocesi si trovava vacante da prima della fine della guerra ed era molto estesa, comprendeva infatti anche il Tirolo settentrionale, che sarebbe rimasto fuori dal nuovo confine italiano. Un vescovo, mons. Waitz, era stato in realtà nominato dall'imperatore d'Austria alla vigilia dell'abdicazione. Alle autori-tà italiane come alla S. Sede però era chiara la necessità di riconsiderare tanto la candidatura di Waitz, dal profilo politico troppo esposto in senso antitaliano, quanto di segnare nuovi confini alla diocesi, per separare definitivamente la parte austriaca dalla parte italiana. A questi intenti si opponevano la volontà di clero e popolazione locale di mantenere unita la diocesi in funzione di una futura riunione all'Austria e gli sforzi di Waitz per mantenere la propria candidatura. Il saggio rico-struisce analiticamente le tappe della laboriosa decisione attraverso il dialogo fra gerarchie cattoliche locali e romane e autorità italiane militari e civili sulla base di una documentazione archivistica edita e inedita.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Mario Cucciolla, Riccardo. "La perestrojka vista dall'Italia: le lettere degli italiani al segretario generale del Pcus, tra gorbymania e scetticismo." MONDO CONTEMPORANEO, no. 2 (May 2021): 171–90. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-002009.

Full text
Abstract:
La perestrojka rappresenta una stagione unica in termini di riforme, dibattiti aperti e mobilitazione dei cittadini dal basso. La stessa figura di Gorbacëv divenne molto popolare in quell'opinione pubblica occidentale che si rivolgeva al leader sovietico per chiedere un cambiamento politico, la pace e la conclusione della Guerra Fredda. In Italia, la "gorbymania" si manifestò in migliaia di lettere che politici, scienziati, artisti, ecclesiastici, accademici, o semplici cittadini inviavano al leader sovietico e alla moglie Raisa. La varietà di contenuti, di toni e di critiche furono caratteristiche delle lettere degli italiani. Incoraggiavano le svolte in politica estera, sostenevano il processo di rinnovamento del regime e ne condannavano apertamente i limiti. Il presente articolo vuole esaminare - attraverso le lettere inviate dall'Italia a Michail e Raisa Gorbacëv nel periodo 1988-1989 - la percezione e la risposta attiva degli italiani a quelle trasformazioni in atto in Urss, e offrire un livello analitico transnazionale delle relazioni italo-russe che andava oltre la dimensione istituzionale e coinvolgeva direttamente i singoli individui.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
19

Berardi, Silvio. "Le colonie italiane nel secondo dopoguerra: il Partito repubblicano e la questione somala (1948-1950)." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (July 2012): 91–118. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-001004.

Full text
Abstract:
Il saggio intende ricostruire una tra le pagine piů complesse della politica coloniale italiana: la questione somala dai tragici fatti di Mogadiscio dell'11 gennaio 1948 al ritorno italiano in Somalia del 1950. La stampa nazionale fu concorde nel ritenere indirettamente responsabili dell'eccidio i funzionari britannici in Somalia, incapaci di tutelare e proteggere la comunitŕ italiana presente sul territorio. Il Partito repubblicano, impegnato in una difficile e complessa riorganizzazione interna, evitň di prendere nell'immediato una posizione ufficiale. Il ministro degli Esteri, il repubblicano Carlo Sforza, intervenendo a Napoli al XX congresso del partito, in cui l'orientamento prevalente fu quello di continuare a sostenere l'esecutivo e le politiche democristiane, escluse la responsabilitŕ del governo britannico nella strage. All'interno del partito, tuttavia, si stavano delineando delle frizioni, del resto sempre presenti, ma mai cosě ben avvertite: mentre la maggioranza era vicina alla posizione di Sforza di favorire il ritorno degli italiani negli antichi territori somali al fine di stimolare la collaborazione tra Europa ed Africa e salvare l'onore nazionale, una piccola minoranza, composta tra gli altri da Giovanni Conti e Giulio Andrea Belloni, richiamandosi agli antichi ideali del Partito repubblicano, era contraria a tale ritorno. La posizione "colonialista" risultň vincitrice, anche per l'emergere di una nuova classe dirigente, destinata a modificare, non senza contraccolpi, gli orientamenti del partito stesso.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
20

Deplano, Valeria. "Dall'anticolonialismo all'antimperialismo: associazionismo e attivismo degli studenti africani nell'Italia degli anni Sessanta." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 299 (August 2022): 225–51. http://dx.doi.org/10.3280/ic299-oa2.

Full text
Abstract:
Con la fine degli imperi coloniali europei, l'afflusso di studenti universitari provenienti dai paesi di nuova indipendenza crebbe da entrambe le parti della Cortina di ferro. Questi si resero protagonisti di attività e mobilitazioni politiche tanto nei paesi del blocco orientale, quanto in Germania occidentale, Francia, Gran Bretagna. Gli studi su questi aspetti sono invece assenti per il caso italiano. Questo articolo intende proporre una prima ricostruzione della geografia dell'attivismo studentesco africano in Italia negli anni Sessanta, ricostruendone le modalità associazionistiche e proponendo una prima mappatura dei legami di tale attivismo con varie organizzazioni italiane, in particolare con alcuni gruppi studenteschi anticoloniali e con l'Ufficio centrale studenti esteri in Italia, di matrice cattolica. L'articolo mostra come, nel corso del decennio, negli interessi dei gruppi africani l'anticolonialismo venga sostituito dall'antimperialismo, e come l'associazionismo africano subisca un processo di radicalizzazione in parte connesso alla similare trasformazione del movimento studentesco italiano, e in parte connesso agli sviluppi della politica africana
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
21

Chiodi, Giovanni. "Oltre la sovranità nazionale: Filippo Vassalli in missione a Londra (1945)." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 22, 2022): 401–31. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19451.

Full text
Abstract:
Nel novembre-dicembre 1945, il civilista Filippo Vassalli intraprese una missione a Londra, a capo di una delegazione di giuristi invitati dal British Council ad osservare il funzionamento delle istituzioni inglesi, attraverso un “legal sightseeing” fatto di “talks” e “meetings” con illustri esponenti della politica e della cultura giuridica britannica. Alcuni documenti dell’archivio Vassalli consentono ora di approfondire i risvolti di questo viaggio, di cui il giurista stilò un resoconto in alcuni suoi scritti. La ricerca, in particolare, intende dimostrare che Vassalli, durante la missione, maturò l’idea del superamento del mito della sovranità nazionale in ambito internazionale, visione successivamente estesa nel campo del diritto civile. Vassalli supportò l’orientamento favorevole alla creazione di un’organizzazione superiore ai singoli Stati, che assicurasse la pace nel mondo e offrisse una tutela sovranazionale dei diritti dell’uomo. La missione ebbe anche conseguenze sull’ordinamento della giustizia, della polizia e della vita economica italiana, alla vigilia della Costituente, di cui pure Vassalli non fu chiamato a prendere parte. Come capo della missione, infatti, egli portò in Italia a De Gasperi, titolare del dicastero degli Esteri, un messaggio del Ministro degli Esteri Bevin, personalità eminente della politica anglosassone, che aveva già influenzato Vassalli sul terreno del futuro assetto delle relazioni internazionali in tempo di pace. La missione a Londra, di conseguenza, rappresenta una vicenda centrale per comprendere il pensiero di Vassalli nel decennio repubblicano.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
22

Latinovic, Goran. "Yugoslav-Italian Economic relations (1918‒1929): Main aspects." Balcanica, no. 46 (2015): 171–94. http://dx.doi.org/10.2298/balc1546171l.

Full text
Abstract:
The article looks at some aspects of Yugoslav-Italian economic relations from the end of the First World War to the beginning of the Great Depression. Those relations were not always driven by pure economic interests, but they also had political and strategic aims. Although Yugoslav-Italian political and diplomatic relations were well served in both Serbian/Yugoslav and Italian historiography, little has been written about economic relations between the two countries. Therefore, the article is mainly based on the documents from the Central State Archives (Archivio centrale dello Stato) and Historical-Diplomatic Archives of Ministry of Foreign Affairs (Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri) in Rome, as well as from the Archives of Yugoslavia (Arhiv Jugoslavije) in Belgrade.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
23

Nencioni, Tommaso. "Tra neutralismo e atlantismo. La politica internazionale del Partito socialista italiano 1956-1966." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 260 (February 2011): 438–70. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260005.

Full text
Abstract:
L'articolo illustra gli elementi di continuitŕ e di rottura nell'azione internazionale del Partito socialista italiano, e la stretta relazione tra i cambiamenti nei riferimenti internazionali del partito e le mutazioni nella strategia da esso adottata per la lotta politica in Italia. Nella prima parte, l'autore analizza i caratteri del dibattito teorico che si sviluppa all'interno del partito socialista nel periodo in cui esso definisce la sua strategia in termini neutralisti. Sono passati in rassegna i termini del dibattito ideologico tra la corrente autonomista guidata da Nenni e Lombardi e quella di sinistra sui temi del neutralismo: europeismo, sostegno al Movimento dei non allineati, riavvicinamento al socialismo europeo e azione da svolgere in politica estera col governo di centrosinistra. Nella seconda parte dell'articolo l'autore esamina il ruolo della politica internazionale nella definizione degli equilibri del centrosinistra e il dibattito sull'Europa e sulle rivoluzioni in atto nel "terzo mondo" che si sviluppa all'interno del Psi, fino alla riunificazione di questo col Partito socialdemocratico e il suo ingresso nell'alveo del socialismo europeo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
24

Spinelli, Laura Chiara. "American Comics and Italian Cultural Identity in 1968: Translation Challenges in a Syncretic Text." Estudios de Traducción 11 (June 4, 2021): 81–93. http://dx.doi.org/10.5209/estr.71489.

Full text
Abstract:
Translation supports the construction of a national identity through the selection of foreign texts to be transferred to the target language. Within this framework, the effort made in the 1960s by Italian editors and translators in giving new dignity to comics proves emblematic. This paper aims to reconstruct the reception of American comic strips in Italy going through the issues of Linus published in 1967 and 1968: the selected cartoonists (e.g. Al Capp, Jules Feiffer, and Walt Kelly) participate in the cultural debate of the time discussing politics, war, and civil rights. The analysis of the translation strategies adopted will reveal the difficulty of reproducing the polysemy of metaphors, idioms and puns, trying to maintain consistency between the visual and the verbal code, but primarily the need to create a purely Italian cultural discourse.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
25

Spigarelli, Francesca. "Gli investimenti diretti esteri della Federazione russa." QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, no. 1 (March 2011): 151–84. http://dx.doi.org/10.3280/qu2011-001007.

Full text
Abstract:
Gli investimenti diretti all'estero stanno caratterizzando l'espansione internazionale di molte economie emergenti, che fanno leva su di essi per affermarsi rapidamente a livello economico e politico globale. La Russia č uno dei protagonisti in questo scenario. Essa si contraddistingue sia per il fatto che le imprese investitrici all'estero sono poche ed operanti tipicamente nel settore primario, sia per la portata finanziaria delle singole iniziative. Il lavoro propone un'analisi delle principali caratteristiche del fenomeno, a livello globale, europeo ed italiano: direttrici degli investimenti, trend principali, protagonisti e motivazioni strategiche sottostanti. Alcune riflessioni di sintesi su criticitŕ e prospettive del processo di internazionalizzazione dell'economia russa chiudono il contributo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
26

Zilio, Francesca. "Le relazioni fra Roma e Bonn durante il primo governo Brandt fra Ostpolitik e Csce." MONDO CONTEMPORANEO, no. 2 (December 2012): 5–34. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002001.

Full text
Abstract:
Sulla base di fonti primarie italiane e tedesche e di documenti pubblicati, l'articolo analizza le opinioni italiane sulla Ostpolitik e le posizioni di entrambi i paesi sulla progettata Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), discusse negli incontri bilaterali fra capi di governo e ministri degli Esteri. L'autrice evidenzia le paure italiane causate in particolare dalla velocitŕ dei primi negoziati della Ostpolitik e poi dalla lentezza delle trattative su Berlino che ritardarono l'apertura dei negoziati preliminari sulla Csce. All'inizio Roma temeva che la fretta dei tedeschi di ottenere risultati per la loro questione nazionale, insieme alla pericolosa politica europea di Mosca, portasse ad eccessive concessioni da parte di Bonn che avrebbero potuto danneggiare gli interessi occidentali. In seguito l'Italia si preoccupň che l'attesa per la conclusione degli accordi su Berlino, che era stata posta dall'Ovest come precondizione per la convocazione dei preliminari sulla Csce, potesse causare una perdita del momentum per prendere le redini della distensione e combattere gli obiettivi e la propaganda orientali. Al contrario, Bonn intendeva approfittare dell'impazienza orientale per l'apertura della Csce, in opposizione alla disponibilitŕ occidentale a prendersi il suo tempo, per ottenere migliori risultati nella Ostpolitik e garanzie sulla Csce.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
27

Poggi, Stefano. "Conflitti d'identità. Pratiche, gestione e controllo delle identità nell'Italia napoleonica." SOCIETÀ E STORIA, no. 172 (June 2021): 287–320. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-172003.

Full text
Abstract:
Di fronte allo sviluppo dello Stato amministrativo, i governi delle repubbliche Cisalpine/Italiana e del regno d'Italia elaborarono un sistema identificatorio statale autonomo dal modello francese. Il caso studio della città di Vicenza - capoluogo del dipartimento del Bacchiglione - permette di verificare l'effettiva applicazione di questo progetto politico a livello locale. Attraverso lo studio sistematico dell'archivio del commissariato di polizia di Vicenza emerge così un insieme di pratiche popolari e strategie di controllo distante dal sistema uniforme previsto dalla legislazione nazionale. Un modello duale, in cui i sistemi identificatori tradizionale e statale convivevano intrecciandosi e integrandosi. Un modello che rispecchiava due diverse concezioni di identità: una, promossa dallo Stato, rigida ed esterna alla società; l'altra, radicata nella mentalità degli attori storici, fluida e costantemente ridefinita.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
28

Conti, Giuseppe, and Maria Carmela Schisani. "I banchieri italiani e la haute banque nel Risorgimento e dopo l'UnitÀ." SOCIETÀ E STORIA, no. 131 (May 2011): 133–70. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-001005.

Full text
Abstract:
Nell'Europa di metÀ ottocento i mercanti banchieri furono gli artefici principali della rivoluzione finanziaria, ossia della formazione della banca ‘moderna' e dei mercati finanziari collegati allo sviluppo di societÀ anonime. In Italia ebbero difficoltÀ ad affermare forme di specializzazione, coordinamento, conquista di spazi e di ruoli. La loro azione risentě di un ambiente politico e economico parcellizzato e chiuso in ambiti locali. La concorrenza dei banchieri dellacontribuě al cambiamento ma anche a indebolire potenzialitÀ e dinamiche autonome. Il frazionamento politico, in particolare, ebbe conseguenze rilevanti sulla formazione di un mercato nazionale di titoli pubblici e ritardň la crescita dell'emissione stessa di titoli privati (di ferrovie e banche). Negli stati preunitari molte furono le iniziative, poche quelle che andarono a buon fine. Il debito pubblico e lo sviluppo di alcune istituzioni bancarie seguě percorsi differenziati tra prima e dopo il 1848 per Regno delle Due Sicilie e Stato pontificio, da una parte, e gli altri stati, dall'altra. Per primi l'esposizione debitoria fu particolarmente rilevante dopo la Restaurazione per ragioni diverse dal crescente indebitamento che dopo il 1848 interessň i secondi, Regno di Sardegna, in particolare, dove servě a finanziare guerre e ferrovie. Con l'UnitÀ il peso delle divisioni continuň a disgregare gli interessi e le istanze sociali e territoriali, contribuendo all'insuccesso del programma di centralizzazione del credito (banca d'emissione unica, un grande istituto di credito fondiario e agricolo) secondo un disegno coerente e ambizioso. Prevalsero invece soluzioni di ripiego che finirono per limitare le possibilitÀ di crescita della banca privata in Italia, senza ridurre ancora l'influenza della finanza estera.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
29

Garibaldo, Francesco. "Le trasformazioni del lavoro e della sua qualitŕ." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 127 (September 2012): 161–76. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-127010.

Full text
Abstract:
Il saggio presenta le trasformazioni del lavoro attraverso le ricerche empiriche condotte nell'arco di trent'anni dall'autore e/o dagli Istituti da lui diretti: l'Ires nazionale e l'Istituto Per il Lavoro (Ipl), nonché da altri autori e Istituti italiani ed esteri. Le trasformazioni analizzate riguardano sia gli aspetti macro, sia i problemi della qualitŕ del lavoro richiesta dalle organizzazioni.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
30

Bosi, Alfredo. "Caminhos entre a literatura e a história." Estudos Avançados 19, no. 55 (December 2005): 315–34. http://dx.doi.org/10.1590/s0103-40142005000300024.

Full text
Abstract:
O ARTIGO resume o itinerário do autor como historiador da Literatura Brasileira, teórico de poesia e estudioso de nossa formação cultural. Os momentos iniciais desse percurso recebem particular atenção: o estudo da Estética de Croce, o conhecimento da filosofia marxista de Gramsci, a influência do existencialismo cristão no final dos anos de 1950 e o engajamento na política de esquerda no Brasil dos anos de 1960 e 1970. Como docente de Literatura Italiana, o autor escreveu teses sobre Pirandello e Leopardi, ambas inéditas. Trabalhando no campo da história literária, na esteira da obra de Otto Maria Carpeaux, examinou as relações dialéticas entre ideologia e poesia e ideologia e narrativa, o que lhe abriu caminho para o seu conceito de literatura como resistência. Ao elaborar a Dialética da Colonização, dedicou-se ao estudo das tensões que marcam a história das ideologias no Brasil.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
31

Pertot, Gianfranco. "Memoria e memorie risorgimentali a Venezia dopo l'annessione all'Italia." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 111–63. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132005.

Full text
Abstract:
Il Risorgimento a Venezia ebbe il suo piů fulgido episodio nell'esperienza della Repubblica di San Marco del 1848-49, che ebbe come protagonisti Daniele Manin, Niccolň Tommaseo e altri personaggi di spicco della cultura veneziana. Dopo l'annessione all'Italia (1866) i veneziani vollero innanzitutto ricordare gli eroi e le vicende di quel periodo. Anche a Venezia si costruirono monumenti al Re e a Garibaldi, ma mancň quell'opera capillare, estesa e continua di celebrazione dei protagonisti del Risorgimento, con manifesto intento di alfabetizzazione politica, quale si manifestň in molte altre cittŕ italiane nei primi decenni dopo l'Unitŕ. Pochi furono i monumenti eretti (con molte polemiche, ritardi, contrasti fra istituzioni, comitati, rappresentanti delle élite della cittŕ) e pochi anche i cambiamenti nella toponomastica. Venezia dopo il 1866 era una cittŕ in profonda crisi economica, sociale e di identitŕ. I modi contradditori con cui affrontň la celebrazione risorgimentali sono sintomo della difficile contingenza e della problematica convivenza fra il nuovo ordine moderato imposto con l'Unitŕ (peraltro in sintonia con il patriziato, ancora saldamente rappresentato ai vertici del governo cittadino), il ricordo dell'eroica ma sfortunata esperienza rivoluzionaria del 1848-49 e quello, latente, dell'autonomia goduta fino al 1797.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
32

Daniels, R. V. "Henry Kissinger e l'ascesa dei neoconservatori: Alle origini della politica estera americana (Henry Kissinger and the rise of the neoconservatives: On the origins of American foreign policy). By Mario Del Pero. (Rome-Bari: Laterza, 2006. 197 pp. Paper, 18.00, ISBN 88-420-8009-8.) In Italian." Journal of American History 94, no. 2 (September 1, 2007): 651–52. http://dx.doi.org/10.2307/25095108.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
33

Mihaljcic, Rade. "Mljet kao bastina kotorske vlastele." Zbornik radova Vizantoloskog instituta, no. 41 (2004): 387–97. http://dx.doi.org/10.2298/zrvi0441387m.

Full text
Abstract:
(italijanski) L'isola di Mljet, ehe si trovava all'interno dello stato dei Nemanji?, apparteneva, comunque, al Comune di Dubrovnik durante la seconda meta del XIV secolo. Prima l'isola era considerata corne patrimonio d?lia nobilt? di Kotor. Lo zar Uros il 10 aprile 1357 aveva concesso Mljet alla nobilt? di Kotor ossia a Basilio Barincelo Bivolicic e Trifone Michovic Bucic. Due settimane dopo in base ad una richiesta degli ambasciatori di Dubrovnik, lo zar Uros eman? un altro editto per Mljet. L'editto dello zar Uros alla nobilt? di Kotor ? stato tradotto all'inizio del XVII secolo nella lingua italiana dell'epoca. Questi documenti dello zar Uros sono stati pubblicati in raccolte famose di fonti original!. Ecco perch? ? strano ehe questi documenti non siano stati presi in considerazione da Branimir Gusic, Vinko Foretic e Ivo Dabelic, ehe hanno svolto ricerche dirette sul fatto come Mljet avesse cambiato il proprio signore supremo. I due nobili di Kotor non erano in grado di realizzare i diritti di patrimonio su Mljet. Con la cessione della penisola di Peljesac e di Ston al comune di Dubrovnik nel 1333, Stefan Dusan determine il successivo destino dell'isola. II governo serbo veniva ancora riconosciuto, ma i legami con 1'isola lontana diventavano sempre pi? rari e il controllo debole. L'abate del monastero benedettino di Mljet era sottoposto all'arcivescovo di Dubrovnik, mentre la popolazione dell'isola si sentiva parte integrata all'immediato entroterra ehe, dal 1333, si trovava nell'ambito del comune di Dubrovnik. Questi fattori dimostrano come Mljet appartenesse territorialmente, economicamente e religiosamente al comune di Dubrovnik, mentre politica, mente all? stato serbo. Dal momento dell'annessione di Peljesac e di Ston, gli abitanti di Dubrovnik hanno approfittato di ogni occasione per confermare la propria influenza su Mljet. II Comune, per?, non aveva fretta per estendere il proprio dominio sull'isola. Era solo una questione di tempo. II regno serbo era attraversato da lotte intestine per la successione, mentre attacchi esterai minacciavano le regioni vicine ai confini. D'altra parte, attendendo una conferma dei benefici per lo svolgimento d?lie proprie attivit? economiche in Serbia, il Comune espresse la propria fedelt? a Stefan Uros. Signore, Mljet ? il tuo regno, e non a casa sua abbiamo dei problemi, affermarono gli ambasciatori di Dubrovnik due settimane dopo ehe Mljet era diventata patrimonio della nobilt? di Kotor. Nel frattempo la situazione reale intravedeva una guerra tra il gran nobile serbo Vojislav Vojnovic e Dubrovnik. Attendendo un attacco a Peljesac e Ston, il Comune mobilit? 25 persone di Mljet e nel luglio 1361, la Grande Assemblea decise de accipiendo insulam Melite...et accipere totum ius sclavorum. Comunque nel complesso gioco diplomatico il comune si comport? corne se niente fosse successo. Con la pace di Onogost nel 1362, il Comune si impegno di restituire al signore di Kotor i territori presi. La rendita reale sull'isola Mljet, fu realizzata da Stefan Uros the anni pi? tardi. Nel maggio del 1366 a Mljet si menzion? il soldato del regno Maroje Milosevic. II governo locale a Mljet era organizzato nello stesso modo del governo locale interne. Il monastero benedettino di Santa Maria a Mljet aveva il proprio celnic come il monastero Decani. Pi? di 2 secoli dopo la scomparsa del governo serbo sull'isola, la questione di Mljet era ancora attuale. La stessa Repubblica di San Marco, ehe governava Kotor nel 1420, dimostr? un notevole interesse nei confront! di questi documenti della nobilt? di Kotor riguardanti 1'isola di Mljet.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
34

D’Elia, Nicola. "BOTTAIS BERICHT AN DEN DUCE ÜBER SEINE DEUTSCHLANDREISE 0 VOM SEPTEMBER 1933." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 93, no. 1 (January 2014). http://dx.doi.org/10.1515/qfiab.2014.93.1.283.

Full text
Abstract:
RIASSUNTOIl rapporto che Bottai scrisse a Mussolini nel settembre del 1933, al ritorno dalla sua prima visita in Germania, rappresenta una delle testimonianze più esplicite dei sentimenti di diffidenza e di preoccupazione che si diffusero negli ambienti fascisti nei mesi successivi all’andata al potere di Hitler. Oltre alla scarsa considerazione umana che Bottai nutriva per il Führer e gli altri gerarchi nazisti, la relazione mette in luce soprattutto i suoi timori per il futuro delle relazioni italo-tedesche. Agli occhi di Bottai, il regime hitleriano esibiva chiari segni di non voler seguire l’esempio italiano sul piano dell’organizzazione interna dello Stato, come dimostrava l’atteggiamento di sostanziale indifferenza per il progetto corporativo che si stava tentando di realizzare in Italia. Inoltre, in politica estera il nazionalsocialismo tedesco non nascondeva le sue ambizioni di sottrarre al fascismo italiano la leadership ideologica sui movimenti fascisti europei né le sue aspirazioni pangermanistiche, che minacciavano direttamente gli interessi territoriali dell’Italia.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
35

Espinoza, Filippo Marco. "«Il problema turistico dell’Egeo non presenta soltanto un interesse economico»: villeggiatura e politica estera nel Dodecaneso italiano (1923-1939)." Diacronie, N° 37, 1 (March 29, 2019). http://dx.doi.org/10.4000/diacronie.11161.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
36

Laufs, Markus. "… uno de’ più belli e più culti paesi del Mondo. Lorenzo Casonis Berichte aus der Niederländischen Republik als Quellen der Fremdwahrnehmung." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 96, no. 1 (January 1, 2017). http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2016-0014.

Full text
Abstract:
Riassunto Le lettere di Lorenzo Casoni, segretario della nunziatura al congresso di Nimega (1676-1679), destinate al segretario delle Cifre, Agostino Favoriti, sono fonti eccezionali per studiare la percezione della Repubblica delle Province Unite da parte della curia. Fino ad oggi questo tema e stato trascurato dalla storiografia. Casoni offre un quadro fondamentalmente positivo dei Paesi Bassi. Egli ricollega la stereotipata mentalita commerciale olandese, spesso vista negativamente, alla tolleranza religiosa, vedendo in quest’ultima una garanzia perché la minoranza cattolica possa esercitare la sua fede in tutta sicurezza. Inoltre apprezza l’alto grado formativo del popolo olandese. L’unica venatura fortemente negativa, inerente alla prospettiva cattolico-curiale del tempo, traspare nel fatto che avverte gli olandesi e i protestanti come una minaccia. Casoni offre un quadro semplificato della situazione politica olandese, difficile da comprendere per molti stranieri, riducendola al dualismo tra alcune citta dell’Olanda da un lato e lo statolder dall’altro. Nella presentazione della Repubblica delle Province Unite fornita da Casoni ritroviamo molti elementi dell’immagine che all’epoca gli italiani si facevano dell’impero. La sua percezione positiva e le sue relazioni pragmatiche con lo stato protestante e repubblicano si inseriscono nella politica estera svolta dalla curia durante il pontificato di Innocenzo XI e diretta a integrarsi nelle strutture dell’Europa secolare.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
37

Milne, Esther. "'The Ministers of Locomotion'." M/C Journal 3, no. 3 (June 1, 2000). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.1844.

Full text
Abstract:
'The vital experience of the glad animal sensibilities made doubts impossible on the question of our speed; we heard our speed, we saw it, we felt it as a thrilling; and this speed was not the product of blind insensate agencies, that had no sympathy to give, but was incarnated in the fiery eyeballs of the noblest amongst brutes, in his dilated nostril, spasmodic muscles, and thunder-beating hoofs.' -- Thomas de Quincey (1849), "The English Mail-Coach" For Thomas de Quincey, the thrust of speed is intimately linked with the thrust of the body. Subjectivity is formed by and through a corporeal experience of acceleration. In this way, De Quincey has the jump on those other lovers of automated speed: the Italian Futurists. That heady clash of bodies, speed and information, or the technological sublime, we characteristically associate with the development of twentieth-century communication is already articulated some sixty years before Marinetti imagines the 'divine fusion' of body and machine. Thomas de Quincey's 1849 ode to the postal service -- "The English Mail Coach" -- functions as a significant text in modernity's velocity culture. Specifically, de Quincey allows us to historicise the critical terms of 'speed', 'body' and 'circulation'. This paper makes some preliminary historical observations about the acceleration of communication and transport systems and how this rapidity might give rise to new forms of subjectivity or the emergence of what Jeffrey T. Schnapp calls 'the kinematic subject'. The perceptual reconfiguration of time and space is central to an understanding of modernity's preoccupation with speed. Rapid data circulation through digital information systems means that distance appears to shrink and time seems to collapse. Manuel Castells calls this a 'new time regime' (429). Temporality now functions according to a double logic: a simultaneous binary of 'the eternal and of the ephemeral'. The contemporary 'manipulation of time' turns on 'instantaneity and eternity: me and the universe, the self and the net' (462-3). For David Harvey the defining feature of postmodernity is 'time-space compression'. Capitalism is 'characterised by speed-up in the pace of life, while so overcoming spatial barriers that the world sometimes seems to collapse inwards upon us' (241). Castells and Harvey are not, of course, the first to notice the degree to which the changing rhythms of a communication vehicle might impact upon perceptions of time and space. In 1909 Marinetti announces its demise: 'Time and Space died yesterday. We already live in the absolute, because we have created eternal, omnipresent speed'. Yet this death is prefigured some 120 years before by the 18th century author Hannah More in a letter where, quoting Alexander Pope, she illustrates her reaction to the introduction of the mail coach: I have just been thinking that if the amorous poet, who modestly wished to annihilate time and space had lived to see our fortunate days, he would have seen his prophetic visions realised... cards having well-nigh accomplished the first, and mail-coaches the last. (Qtd. in Lewis 264) This letter is dated 1788, only four years after the establishment of the mail coach system. Initially the service ran between London and Bristol so that Hannah More writing from Somerset would complain of being bypassed by this new mode of information circulation: Of the other blessing, the annihilation of space, I cannot partake; mail-coaches, which come to others, come not to me. Letters and newspapers, now that they travel in coaches like gentlemen and ladies, come not within ten miles of my hermitage. (265) More here identifies an important historical factor in the transformation of information networks. It concerns the coupling of transportation and communication: information travels 'in coaches like gentlemen and ladies'. In More's 18th century account the two remain connected while, as James Carey has noted, the significance of the 19th century's invention of the telegraph is that it splits the two processes. The telegraph 'allowed symbols to move independently of geography and independently of and faster than transport' (213). For de Quincey, a pivotal feature of the mail coach is the way in which communication and transportation function coextensively. Recounting his travels on the coach as it distributes news from the Napoleonic wars he notes that 'the grandest chapter of our experience, within the whole mail-coach service, was on those occasions when we went down from London with the news of victory' (290). For de Quincey, as for other commentators, the mail coach is a political instrument. Through the increasing efficiency of its communication infrastructure, it 'binds the nation together' (Austen 361). As de Quincey puts it 'the mail-coach, as the national organ for publishing these mighty events, thus diffusively influential, became itself a spiritualised and glorified object to an impassioned heart' (272). What impresses de Quincey most, however, is the speed of this vehicle. Or perhaps, more accurately, it is a particular relation between the self and speed, which confers on the mail coach a 'glory of motion' (270). By the time he publishes his essay, postal and newspaper circulation by mail-coach is nearly at an end. The last mail coach ceases action in London in 1846 (Daunton 123) and postal distribution begins to be carried out by rail. De Quincey clearly mourns the loss of this form of communication. And his regret depends on the self's perception of speed. That is, to qualify as an authentic act of transportation (of the body, of the post or of language), one must, to some degree, be aware of the systems of circulation, the modes of delivery and the vehicle of communication. One ought to be able to experience the speed at which one travels or the mail is delivered. The body must remain in contact with the message. In de Quincey's view the railway communication system fails for these sorts of reasons: The modern modes of travelling cannot compare with the mail-coach system in grandeur and power. They boast of more velocity, not however as a consciousness, but as a fact of our lifeless knowledge, resting upon alien evidence; as, for instance, because somebody says that we have gone fifty miles in the hour though we are far from feeling it as a personal experience ... . Apart from such an assertion, or such a result, I myself am little aware of the pace. But, seated on the old mail-coach, we needed no evidence out of ourselves to indicate the velocity. (283, emphasis in the original) Perched atop the careening mail coach, the self needs no secondary evidence to confirm its propulsion: 'we heard our speed, we saw it, we felt it as a thrilling'. But with the emergence of railway systems, the self somehow becomes cut off or distanced from the mode of transport: 'But now, on the new system of travelling, iron tubes and boilers have disconnected man's heart from the ministers of his locomotion' (284). To be sure, rail is faster. But that fails to impress de Quincey for the rail cannot offer him the same sublime effect. The mail coach is drawn by 'royal horses like cheetahs' (282) while the train lacks the power to raise even 'an extra bubble in a steam-kettle' (284). The sublimity of speed is also aural. But once again the railroad fails to inspire awe: 'the trumpet that once announced from afar the laurelled mail; heartshaking, when heard screaming on the wind ... has now given way for ever to the pot-wallopings of the boiler' (284). In Burke's formulation of the sublime there is danger and terror but there must also be a certain distance from this threat. It is 'simply painful' when we are aroused by causes that 'immediately affect us' but it is sublime when 'we have an idea of pain and danger, without being actually in such circumstances' (51) . For de Quincey sitting inside the carriage seems to offer too much safety and distance, the interior reserved as it is for the 'porcelain variety of the human race' (273). Instead, he travels aloft near the driver because of 'the air, the freedom of prospect, the proximity to the horses, the elevation of seat' (275). And he has the possibility of reining them in himself: 'the certain anticipation of purchasing occasional opportunities of driving' (275)1. The closer he is to the ministers of his locomotion, the better de Quincey likes it. The more he becomes the agent of his own speed, the more immediate, authentic and sublime seems his journey. For de Quincey, then, the superiority of the mail coach over the railroad lies not in terms of absolute speed but rather it concerns issues about the body's experience of and relation to that speed. As Matthew Schneider (1995) puts it 'the difference between the two with respect to their speed, privileges mail coaches by virtue of their violent immediacy, their ability to transmit the actual or living sensations rather than one that is intermediate or representational' (152)2. In a fascinating paper about the correlation between speed and subjectivity Jeffrey T. Schnapp identifies the mail coach in general and de Quincey in particular as emblematic of an 'inaugural moment' in the development of an 'anthropology of speed' (3). With a quick side swipe at the ahistorical and apocalyptic underpinning of Paul Virilio's Speed and Politics, Schnapp argues that although speed has always been 'an agent of individuation' it is with modernity that it begins to depend on the relation between self and vehicle: ... the mere experience of riding on horseback was not enough to establish a modern culture of velocity. Speed's rise as a cultural thematic, its move into an everyday realm of perceptibility, its adoption as sacrament of modern individualism, became possible only with the development of mechanical buffers between rider, horse, and roadway: buffers that enable new fantasies of attachment, first, between rider and engine, and, then, according to a more complex logic, between rider, engine, vehicle, and/or landscape. (10-1) What is particularly productive about Schnapp's account is that he schematises the history of transportation in terms of the relation between speed, body and vehicle. For Schnapp this is a pivotal dynamic. De Quincey's equestrian desire and his disdain for railroad travel, is part of a historical process where individuality comes to be 'identified with administration of one's own speed' (14). In Schnapp's model, there are 'two concurrent yet distinct experiences of velocity', one that he calls 'thrill-based' and the other 'commodity-based'. The first is experienced in modes such as on top of the mail-coach and later, cars, motorbikes and aeroplanes. 'Commodity-based' refers to train and bus travel. The difference between the two is that thrill-based transportation occurs when the passenger 'can envisage himself as the author of his velocity' while in 'commodity-based' forms the traveller is 'shielded from the natural environment and the engine, and passively submits himself to velocity' (18-9). De Quincey's essay is a valuable resource for communications historiography. Like Jacques Derrida, he recognises how the rhythms of the postal service function to construct identity. As a system of circulation and exchange, the post office institutionalises modes of correspondence, producing and regulating particular subjectivities. And like Postman Pat, de Quincey knows the corporeal pleasures of delivering the mail. Footnotes There are also issues of class at work here. Tickets were more expensive to sit inside the carriage which de Quincey, then a student at Oxford, could not afford. He attempts to reverse these class distinctions by arguing that 'inside which had been traditionally regarded as the only room tenantable by gentlemen, was, in fact, the coal-cellar in disguise' (187). The secondary material on de Quincey is quite extensive. In the last 15 years his work has been investigated from a number of different angles including poststructuralist approaches to language and his transitional status as a figure between Romanticism and Modernism. As well as Schneider, see Clej and Snyder. References Austen, Brian. British Mail-Coach Services 1784-1850. New York and London: Garland, 1986. Burke, Edmund. A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful. Ed. James T. Boulton. 2nd ed. Oxford: Basil Blackwell, 1987. Carey, James W. Communication as Culture: Essays on Media and Society. Boston: Unwin Hyman, 1988. Castells, Manuel. The Information Age: Economy, Society and Culture. Volume 1: The Rise of the Network Society. Cambridge, Massachusetts: Blackwell Publishers, 1996. Clej, Alina. A Genealogy of the Modern Self: Thomas De Quincey and the Intoxication of Writing. Stanford: Stanford UP, 1995. Daunton, M.J. Royal Mail: The Post Office since 1840. London: The Athlone Press, 1985. De Quincey, Thomas. "The English Mail-Coach." The Collected Writings of Thomas De Quincey. Ed. David Masson. Vol. 13. Edinburgh: Adam & Charles Black, 1890. Derrida, Jacques. The Postcard: From Socrates to Freud and Beyond. Trans. Alan Bass. Chicago: U of Chicago P, 1987. Harvey, David. The Condition of Postmodernity: An Enquiry into the Origins of Cultural Change. Cambridge, Massachusetts: Blackwell Publishers, 1990. Lewis, W.S., ed. Horace Walpole's Correspondence. Vol 31. New Haven: Yale UP, 1961. Marinetti, FT. "The Founding and Manifesto of Futurism." First published 1909. Futurist Manifestos. London: Thames and Hudson, 1973. Schnapp, Jeffrey T. "Crash (Speed as Engine of Individuation)." Modernism/Modernity 6.1 (1999): 1-49. Schneider, Matthew. Original Ambivalence: Autobiography and Violence in Thomas De Quincey. New York: Peter Lang, 1995. Snyder, Robert Lance, ed. Thomas De Quincey Bicentenary Studies. Norman: U of Oklahoma P, 1985. Virilio, Paul. Speed and Politics: An Essay on Dromology. Trans. Mark Polizzotti. New York: Semiotexte, 1986. Citation reference for this article MLA style: Ester Milne. "'The Ministers of Locomotion': Some Historical Speculations on Velocity Culture." M/C: A Journal of Media and Culture 3.3 (2000). [your date of access] <http://www.api-network.com/mc/0006/ministers.php>. Chicago style: Ester Milne, "'The Ministers of Locomotion': Some Historical Speculations on Velocity Culture," M/C: A Journal of Media and Culture 3, no. 3 (2000), <http://www.api-network.com/mc/0006/ministers.php> ([your date of access]). APA style: Ester Milne. (2000) 'The ministers of locomotion': some historical speculations on velocity culture. M/C: A Journal of Media and Culture 3(3). <http://www.api-network.com/mc/0006/ministers.php> ([your date of access]).
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography