Dissertations / Theses on the topic 'Poesia italiana contemporanea'
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FIORILLO, Alessandro. "Pasolini in controluce. Cinema, poesia, prosa." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2021. http://hdl.handle.net/11384/109484.
Full textSteffan, Paolo <1988>. "Una poesia di resistenza. Luciano Cecchinel tra ecologia e letteratura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4270.
Full textGiglio, Lorenzo <1988>. "«Il verso gettato al vento». Sulla poesia di Tommaso Landolfi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4452.
Full textPORTESINE, CHIARA. "Lo statuto dell’ecfrasi nella poesia della Neoavanguardia (1956-1979)." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2022. https://hdl.handle.net/11384/125223.
Full textFANTINI, SILVIA. "Il discorso metapoetico, metalinguistico e metatestuale nella poesia italiana del secondo Novecento e contemporanea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1055938.
Full textMaccari, Chiara <1996>. "La figura femminile nella poesia crepuscolare: Guido Gozzano e altri poeti." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19878.
Full textAnnovi, Gian Maria <1978>. "Altri corpi: temi e figure della corporalità nella poesia degli anni Sessanta." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/32/1/Tesi_di_Dottorato_di_Gian_Maria_Annovi%2C_Italianistica_anno_2.pdf.
Full textAnnovi, Gian Maria <1978>. "Altri corpi: temi e figure della corporalità nella poesia degli anni Sessanta." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/32/.
Full textCatulini, Daria <1987>. "Tra "lacune di luogo" e "iperspazi": poesia, percezione e immaginario in Andrea Zanzotto." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8658/1/TESI%20DOTTORATO%20Daria%20Catulini-xxx%20ciclo.pdf.
Full textAs exemplified by recent works (Contro le radici; Rootedness; The philosopher’s plant), the image of the root recurs very often in contemporary metaphorology. This figure is used not only in politics in order to communicate a relationship between culture and groundedness, but also in other fields. More precisely, the vegetal metaphor is a paradigm through which contemporary philosophers and writers depict the relation between man and the world. This inquiry starts from Heidegger’s stance. According to him, a valuable work of art has to be rooted in the native land of the artist. The aim of this work is to highlight the controversial aspects of this statement through the work of Andrea Zanzotto. Although he is the most “rooted” poet in Italian literature, his poetics is related to a philosophical questioning that leads to doubt of the interdependence between authenticity and groundedness. Therefore, the discovery of a reality without any center is reflected by peculiar images and figures. The lexicon used to describe is very close to the botanical and geological metaphors used by philosophers like Deleuze, Guattari, Glissant. Thanks to a methodology founded on phenomenology and aesthetics, this survey wants to offer a new interpretation of Zanzotto’s poetry and prose.
Vignati, Sara <1986>. "La teoria del piacere di Leopardi Un percorso intellettuale nello Zibaldone tra poesia e filosofia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3302.
Full textDe, March Silvia. "La passione della realtà." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3423612.
Full textLa ricerca ha condotto un'indagine ad impianto prevalentemente tematico rintracciando elementi di mimesi della contemporaneità nella poesia italiana dopo la soglia del Duemila: luoghi, strumenti, figure sociali, termini di neoconiazione, riferimenti a fatti pubblici o a condizionamenti della sfera privata da parte di economia e società. Non interessava una scrittura realistica nel senso descrittivo: i vari elementi sono risultati interessanti quando spia di mutamenti della percezione della realtà da parte degli uomini. Nei casi migliori la loro inclusione nel tessuto poetico non si limita ad aggiornare l’arredo dello sfondo di un’azione lirico-soggettivistica; anzi, quei termini tratti dalla realtà contemporanea instaurano dialettiche e dinamiche per alcuni introspettive, per altri estroflesse fino a veri e propri movimenti extrasoggettivi. Sostanziale, dunque, è la loro funzione strumentale per fuoriuscire dalla speculazione lirica. La prima parte della ricerca, dedicata alla periodizzazione del Novecento fino alla sua estrema conclusione, consente di collocare le scritture emergenti dopo il Duemila nella loro alterità o filiazione rispetto al backgrund precedente, sia da un punto di vista antropologico-percettivo che stilistico. Nella seconda parte si è cercato di ricostruire il significato e l’evoluzione del concetto di engagement, che ha ipotecato oltre misura molte scritture attente al reale e che oggi può essere riutilizzato se sdoganato da una definizione esclusivamente ideologica, nutrita da corrispettivi politici o fideistici. Ancor oggi si può parlare di engagement, di passione per la realtà o di impegno della scrittura laddove questa sfidi le mire alienanti e anomiche della società di massa attraverso forme, non fughe, di attenzione al reale plasmate da un impegno etico. Fatta chiarezza sul significato di una “poesia impegnata nel reale”, questa viene proposta come possibile soluzione per ricondurre la poesia (o meglio la lirica) da una posizione marginale a una nuova collocazione sociale. Ne sono emblematici, esempi come Pusterla, De Signoribus, Magrelli. Infine, il monitoraggio e la valutazione comparativa di voci emergenti ha portato a definire un piccolo canone della contemporaneità: Gian Maria Annovi, Adriano Padua, Sara Ventroni, Giovanna Frene sono esponenti di punta di una miscellanea di testimonianze accomunate da un simile afflato nei confronti della realtà. La casistica è stata passata al vaglio, oltre che da un filtro di rilevanza etica, da un giudizio di valore formale, consapevole di un imprescindibile nesso tra forma e contenuto. Sono state predilette forme che esprimessero coerenza con gli intenti e con i contenuti stessi, senza trattare oggetti e situazioni della realtà contemporanea come meri elementi referenziali. Dal punto di vista letterario si è rilevato una consonanza stilistica in un’attitudine “algida”, persuasa e coesa nella propria scrittura
DI, MARIA RAFFAELLA. "Poesia ai margini: Luigi Pirandello e le cupe gigantesche necessità." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1436.
Full textSerio, Stefania <1997>. "«I suoi mondi, i suoi sfondi, i suoi sogni nei bordi dei fogli» Rap come poesia nella musica di Murubutu (Alessio Mariani)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21596.
Full textRAMPAZZO, ELENA. "La poesia di Paolo Buzzi dagli esordi al Poema dei Quarantanni: temi e tensioni liriche fra tradizione e Futurismo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1036.
Full textThe dissertation analyzes the Poetry of Paolo Buzzi from "Rapsodie leopardiane" until "Poema dei Quarantanni" (1898-1922), identifying lyrical themes and tensions present throughout the time period examined. Since Buzzi is known as a futurist poet, the dissertation analyzes in particular its production attributable to the forefront, to understand how he, considered instances of the first collection, was the intention of futurism.
RAMPAZZO, ELENA. "La poesia di Paolo Buzzi dagli esordi al Poema dei Quarantanni: temi e tensioni liriche fra tradizione e Futurismo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1036.
Full textThe dissertation analyzes the Poetry of Paolo Buzzi from "Rapsodie leopardiane" until "Poema dei Quarantanni" (1898-1922), identifying lyrical themes and tensions present throughout the time period examined. Since Buzzi is known as a futurist poet, the dissertation analyzes in particular its production attributable to the forefront, to understand how he, considered instances of the first collection, was the intention of futurism.
Fantini, Enrico. "Stili personali. Uno studio della poesia italiana dal 1930 al 1956." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2017. http://hdl.handle.net/11384/86096.
Full textBergamin, Maddalena. "Il corpo nella lettera. Le tracce del femminile nella poesia italiana contemporanea : le voci di Anedda, Cavalli e Gualtieri." Thesis, Paris 4, 2017. http://www.theses.fr/2017PA040158.
Full textThe research presented here concerns the analysis of the poetic writing of three contemporary Italian women writers: Antonella Anedda (1955), Patrizia Cavalli (1947) and Mariangela Gualtieri (1951). We decided to approach this corpus on the basis of certain theories of Lacanian psychoanalysis. The starting hypothesis rests on the idea that poetic text, because of its particular status within language, needs to be examined on the basis of scrupulous reflection on the relation between the unconscious and language. We have developed a notion of poetic text that is based on two major approaches by Jacques Lacan, namely the unconscious as the space of the subject manque-à-être and the unconscious parlêtre. From this point on, we have defined the text as the place of coexistence of two distinct universes: that of the Symbolic, which refers to the incessant sliding of the subject on the chain of signifiers, and that of the Real, which is singular, opaque and indecipherable lalangue, which inhabits every speaking being. It has therefore proved necessary to question the issues of enunciation and interpretation in depth. The Lacanian concept of pas-tout, closely linked to the feminine question, has guided us in the formulation of an ethic of reading the text that aims not to neglect its real, corporeal and irreducible dimension. We then tested our approach through the analysis of the chosen poetic corpus. Examining the specific mode of enunciation of each of the three poets referred to has allowed us to give a voice to three major exemples of contemporary Italian poetry. The writings of Anedda, Cavalli and Gualtieri have thus established themselves not only as three completely original experiments in the panorama of Italian poetry of recent years, but above all as three complex and different answers in relation to the issues of contemporary subjectivity
Grandelis, Alessandra. "«Come un Barbaro indecifrabile»: il tema del barbaro nella poesia e nella narrativa di Pasolini (1950-1975)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426092.
Full textLa figura di Pier Paolo Pasolini, di sicuro rilevo nel panorama letterario e intellettuale della nostra contemporaneità, è stata accompagnata da uno strano destino per quanto concerne la critica, che nasce già matura: l’immediata conseguenza di questa precocità è stata la costrizione dell’eclettico poeta dentro paradigmi interpretativi troppo rigidi che, spesso, hanno aprioristicamente scartato o sottovalutato non solo prospettive diverse di lettura dell’opera, ma anche capitoli innovativi della creazione artistica. Dopo periodi di notevole indifferenza, il rinnovato e fervido interesse per lo scrittore, osservato negli ultimi anni, ha prodotto un aumento esponenziale delle pubblicazioni, che sovente hanno confuso biografia e letteratura, e il voler a tutti i costi privilegiare senza ragione alcuna la prima, ha trascurato la concretezza delle parole. Nell’esigenza di una generale rivalutazione dell’opera pasoliniana, liberata da fuorvianti categorie interpretative, il presente lavoro desidera procedere a una ricognizione del tema del barbaro – o meglio, del «meraviglioso barbaro» così come ce lo descrive Pasolini stesso – nella lirica e nella narrativa, dentro l’alveo di quegli studi che si legano in modo indissolubile alla scrittura, senza lasciarsi condizionare da formule stereotipate. La ricerca ha le sue premesse in un noto studio di Fabien S. Gérard uscito nel 1981, Pasolini ou le mythe de la barbarie, che circoscrive il campo di indagine al solo ambito cinematografico. Senza negare quanto la rappresentazione della barbarie sia viva nei film e che una fase cruciale della tematizzazione del barbaro si rilevi nel momento della conversione cinematografica, si è manifestato necessario compiere un percorso a ritroso perché, appunto, il fascino arcaico del barbaro è anteriore alla magia della pellicola. Il lavoro ambisce, dunque, a ricomporre, nella sua colorata varietà, l’universo barbaro di Pasolini con un’analisi sul corpus poetico e narrativo (non dialettale) – a cui si sono affiancate, tenuto conto dell’osmosi che intercorre tra le diverse forme artistiche in cui si è cimentato, le innumerevoli pagine saggistiche, le recensioni e, quando necessario, le trascrizioni delle sceneggiature e i testi teatrali – compreso nell’arco cronologico che si estende dal 1950 al 1975: è in questo intervello temporale che la riflessione si arricchisce, con nuovi contributi al “semplice” primitivismo friulano e, nel contempo, senza rinchiudersi nel perimetro dell’inferno della Roma periferica. La volontà di non tradire gli intenti dell’autore, ha consigliato di procedere a un recupero delle fonti pasoliniane attraverso due strade parallele. Come prima cosa, si sono interrogati i testi, con un lavoro sui nomi citati o che si potevano chiaramente intuire, da cui è emersa una galleria ricca di personalità e di gusti letterari: dai primi influssi decadenti e dionisiaci che si protrarranno fin dentro gli esiti più maturi con la loro spiccata sensibilità verso il fascino dell’irrazionale e la felicità delle origini (sopra tutti Rimbaud e Kavafis), sino a comprendere la miseria arcaica del Belli, Tommaseo con la sua «rozzezza squisita», per poi approdare all’ispiratrice Morante, al mistero dei Godoari della Banti, alle suggestioni vichiane e agli apporti, anche in questo ambito, del magistero leopardiano. Inoltre, la possibilità di visionare la biblioteca personale di Pasolini, conservata a Roma dall’erede Graziella Chiarcossi, ha consentito di entrare nell’officina dello scrittore che si è dimostrata essenziale per un confronto reale tra testi letti e opera. Questo tipo di ricerca, qui al suo stadio aurorale, si è rivelata di massimo interesse; vista la cura pasoliniana nell’ “imprimere” la propria curiosità e interesse sulle pagine dei volumi saggistici, è stata fatta una selezione tra questi e si è istituito un rapporto diretto – testimoniato da un apparato iconografico – tra letteratura e saggi. In particolare, le passioni antropologiche, per loro natura in grado di catturare molto bene il senso del primitivo, del selvaggio e dell’ancestrale, vengono plasmate da Pasolini a guisa delle esigenze della letteratura. Poiché un tema, così quello del barbaro, lo si suppone, si è quindi voluto riservare una corposa parte del lavoro all’individuazione nell’opera – presa nella nuda oggettività – di motivi concreti legati alla sfera del barbaro, a partire dagli spunti offerti dall’etimo della parola. In questo modo, la grande quantità di materiale eterogeneo ha trovato un ordine, con l’individuazione degli argomenti principali: le pure scelte terminologiche operate dall’autore, dall’esotismo di alcune tessere lessicali, a particolari “manie” descrittive capaci di esprimere l’anelo alla regressione, sino alla compilazione di un “bestiario pasoliniano”; il linguaggio e le sue forme, quelle verbali insieme a quelle del corpo; l’Africa come simbolo di tutti i Sud del mondo; e infine il barbaro inteso come esigenza di ribellione alle usuali forme di espressione letteraria per ricercare, mediante lo straniamento stilistico, nuove possibilità di comunicazione. Lo scandagliare l’opera con questi presupposti, oltre a permettere di entrare in questioni interpretative ancora aperte, ha evidenziato la persistenza del tema del barbaro nel tempo e nelle variazioni più impensabili: esso mostra una sotterranea dimensione organica che vive, si radica sempre più evolvendosi, in un ossimorico e sempre nuovo dualismo di significati, positivo e negativo. Questo ha permesso di entrare nei testi con una prospettiva nuova che vorrebbe dare ossigeno alla scrittura di Pasolini, che ha ancora molto da regalare.
RUSSO, ALBERTO. "LA POESIA DI ANDREA ZANZOTTO E IL REGISTRO LACANIANO DEL REALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/471113.
Full textOttieri, Alessandra. ""Infanzia infera". Il mondo poetico-pittorico di Toti Scialoja." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1850.
Full textL’immagine che a tutt’oggi si ha di Toti Scialoja è quella di un pittore professionista, tra i più quotati esponenti dell’espressionismo astratto italiano, animato da «una grande voglia di poesia», come recita il titolo di un importante scritto auto-esegetico degli anni Ottanta. Si tratta di un’immagine semplicistica e pregiudiziale che fa torto al poeta e limita la piena comprensione del pittore, la cui attività artistica è strettamente correlata con quella poetica. Se confrontiamo le date, e crediamo a quanto ci ha raccontato nel corso degli anni lo stessoScialoja, la passione per la letteratura addirittura precede quella per la pittura («Ho cominciato a scrivere poesia verso i dieci anni. Erano strofette comico-grottesche, per lo più concentrate sugli animali. Sono stato pascoliano, crepuscolare, a diciott’anni ero innamorato di Ungaretti, a venti fui ipnotizzato da Mallarmé»). Tuttavia il giudizio sbrigativo e crudele di un amico “competente” (al quale il giovane Toti sottopone le sue prime prove poetiche) lo induce a cambiare rotta e a “virare” verso la pittura che dopo i vent’anni diviene l’interesse predominante. Scialoja, quindi, abbandona temporaneamente la poesia, ma continua a scrivere, pubblicando numerose recensioni e cronache d’arte su «Mercurio» (dopo la Liberazione) e più tardi su «Immagine» di Cesare Brandi. Il ritorno alla poesia si compie solo nel 1961, quando Scialoja, ormai artista affermato, si trasferisce a Parigi dove risiede fino al 1964. A partire da quegli anni il percorso poetico di Scialoja procede parallelamente a quello pittorico, caratterizzato quest’ultimo da una costante ricerca di nuovi stimoli e linguaggi, da continue “crisi” e “rinascite” che scandiscono un itinerario sofferto, articolato in almeno quattro fasi principali. Gli anni Trenta-Quaranta sono quelli dell’esordio, in cui l’artista frequenta l’ambiente della Scuola romana di Scipione e Mafai e si muove nell’alveo di un figurativismo di tipo morandiano. Gli anni Cinquanta sono quelli decisivi, della “svolta”: Toti si accosta alle sperimentazioni cubiste, approdando ad un nuovo concetto di spazio inteso come luogo della coscienza, dell’«esistere» fuori dalla contingenza temporale. Dopo il soggiorno a New York (1956-57), Scialoja rinuncia anche alla profondità ingannevole della prospettiva (con la sua illusione di trascendenza), preferendo la verità nuda e cruda della superficie «intesa […] come unico spazio e unico tempo possibile: il presente temporale, su cui inscrivere la traccia dell'esistenza, il ritmo […]» (Barbara Drudi). Abbandonato il pennello, l’artista imprime direttamente il colore sulla tela con fogli o stracci intrisi di pigmento alla maniera degli action painters statunitensi; tuttavia Scialoja sfugge all’automatismo assoluto di matrice surrealista, dei colleghi d’oltreoceano e riconduce la violenza anarchica del “gesto” all’interno della forma. Il gesto ribelle, infatti, trova un «freno» nella chiusura dell’“impronta”. A partire dal 1958 le “impronte” si moltiplicano sulla tela e si susseguono sulla superficie, con ritmo cadenzato. È proprio nell’ossessiva ricerca del ritmo – che in pittura significa riprodurre, attraverso la ripetizione dell’immagine stampata, l’assolutezza temporale dell’“evento” – che si riscontra una perfetta consonanza tra Scialoja pittore astrattista e Scialoja poeta, che negli anni Sessanta scrive molte delle sue poesie nonsensiche. Il ritmo, che sulla superficie della tela è ottenuto con la sequenza seriale delle “impronte” impresse secondo una precisa scansione temporale, è ricercato e ottenuto in poesia attraverso la sonorità martellante delle parole scomposte e anagrammate e il gioco insistito delle allitterazioni e delle rime. Il «metodo puramente linguistico automatico» che sorregge il gioco delle sillabe in poesia, corrisponde in pittura all’automatismo psichico delle “impronte" che si rincorrono e sfumano sulla tela. In entrambi i casi il dato naturalistico-referenziale è cancellato e si procede – con i colori così come con le parole – verso la creazione di una realtà altra, astratta, nonsensica, e dunque profondamente eversiva rispetto a quella data. Negli anni Settanta giungono i primi riconoscimenti autorevoli che “sdoganano” Scialoja poeta, ma sono anche gli anni più difficili per Scialoja pittore, segnati dalla ripresa dei moduli geometrici da tempo abbandonati e dal ritorno all’uso del pennello. Ma un viaggio a Madrid nel 1982 e la conseguente scoperta della forza espressiva della pittura di Goya inducono Scialoja a compiere la sua ultima, e definitiva, “metamorfosi”, da intendersi non come “strappo” rispetto alle esperienze passate, ma come naturale evoluzione e approfondimento delle precedenti “incarnazioni”. Nei dipinti della metà degli anni ’80 Toti ritrova, infatti, l’immediatezza e la spontaneità del “gesto” approdando definitivamente ad un espressionismo astratto in cui la superficie della tela (nuovamente di grandi dimensioni) viene “aggredita” fisicamente dalla mano, dal braccio del pittore, riempiendosi di macchie, di segni e colature di colore (secondo la tecnica del dripping). Le opere di Scialoja, ora, esprimono un’ansia di emancipazione totale da ogni forma di rappresentazione naturalistica, un desiderio di astrazione e di sintesi, un bisogno irrefrenabile di libertà espressiva che esploderà con ancora maggiore vitalismo nelle ultime tele degli anni ’90. Ora cos’è in realtà il nonsense? Né le stravaganze del Burchiello, né più tardi Lorenzo Lippi e Ludovico Leporeo coi loro bisticci allitterativi possono essere fatti rientrare nella sfera del nonsense. Con queste poche, ma convinte, parole Scialoja liquidava, nel 1986, ogni possibilità di far risalire alla tradizione burchiellesca (e, quindi, italiana e medievale) la sua passione per la poesia nonsensical e indicava in Lear e Carroll gli autori prediletti dell’infanzia e della prima giovinezza. Tuttavia, anche se Scialoja comprensibilmente prende le distanze dalle «stravaganze» del Burchiello e dai «bisticci allitterativi» dei poeti barocchi, preferendo apparentare la propria poesia con quella di area anglosassone, in anni recenti è emersa la possibilità di tracciare una mappa più antica e soprattutto italiana del nonsense che avrebbe la sua nascita ufficiale proprio nei sonetti del Burchiello che tanta fortuna ebbero nella seconda metà del ’400 e in tutto il ’500, in Italia e all’estero, in Inghilterra, in Spagna e in Francia. In Italia tuttavia la pesante eredità classicista e l’“eccesso di serietà” della nostra cultura ufficiale, cosiddetta “alta”, hanno in un certo senso bloccato il libero fiorire di una tradizione letteraria nonsensical. Alessandro Caboni ha tentato di individuare e circoscrivere un «filone carsico» della letteratura nonsensical in Italia che da Burchiello si snoderebbe attraverso Folengo, Berni, i poeti barocchi Giulio Cesare Croce e Anton Francesco Doni fino a Giambattista Basile. Ma è nel Novecento che quel filone semi-clandestino sembrerebbe venire alla luce ed entrare di diritto nel canone della letteratura ufficiale con Palazzeschi, Petrolini, Landolfi. Andrea Afribo avrebbe addirittura individuato tracce di nonsense in Montale, Caproni, Nelo Risi, Zanzotto. Ma preferiamo non allargare a dismisura la nozione di nonsense e restare nell’ambito di una nozione più ristretta del genere, per cui ci sembra più che mai giustificata l’affermazione di Italo Calvino che, al principio degli anni Settanta, indicava in Toti Scialoja l’unico caso italiano di poeta nonsense. Scialoja comincia a scrivere le sue poesie-filastrocche durante il soggiorno parigino degli anni 1961-1963. È dalla capitale francese, infatti che Scialoja indirizza al nipotino James lettere ricche di versi giocosi e scioglilingua Nel corso degli anni Settanta escono 5volumi di poesie (nati in un periodo di stasi sul piano della ricerca pittorica) che raccolgono l’intera produzione nonsensical di Scialoja, che si colloca negli anni 1961-1979. Sono poesie brevi, a volte di soli due versi accompagnati quasi sempre da disegni ingenui, volutamente infantili, alla maniera dei nonsense rhymes and pictures di Edward Lear, caratterizzati appunto dalla commistione di poesia e immagini. Le poesie “giocose” di Scialoja sono contrassegnate dal gioco insistito delle rime, delle allitterazioni, delle consonanze e assonanze, delle parole spezzate, ribaltate, anagrammate che creano «paesaggi di parole», popolati da bizzarri animali: topi, zanzare, lepri, tartarughe, corvi, rinoceronti, marmotte, ecc. Animali che parlano, danzano, mangiano, litigano animati dagli stessi comportamenti, vizi e virtù degli uomini. A ciascun animale è associato il nome di una nazione, di una città, di una piccola località, ma sono nomi scelti dal poeta solo per il loro potere evocativo, per la loro particolare sonorità e dunque per salvaguardare il gioco fonico e ritmico dei versi (i topi alle Termopili, le marmotte sul Mar Morto, le cimici in Cina o a Micene, la triglia di Marsiglia, la lucciola a Casamicciola, la mucca di Lucca, e così via). Non solo i luoghi, ma anche gli atteggiamenti, i sentimenti e le azioni degli animali sono dettati dalla fonetica del nome, come nel caso della «sarta tartaruga» che «non sogna che la fuga»,della«savia salamandra» che «siede sola in una sala /dove regna la penombra» e poi di una lunga serie di insetti dal comportamento anomalo: dalla zanzara sbronza, all’ape apatica, alla vespa pesta e così via. Il segreto di questi versetti è tutto nella particolare sonorità, nella “parola-melagrana” che contiene in sé e fa germinare i semi sillabici di tutte le altre. Ma il gioco linguistico di Scialoja non va interpretato come semplice girotondo di parole, virtuosismo verbale privo di implicazioni semantiche, è semmai «musica concettuale» generatrice di sensi plurimi che a volte possono “scartare” in direzioni alternative rispetto alle attese di chi legge e anche rispetto alle intenzioni iniziali di chi scrive. È la parola-suono che «accende l’epifania», che sprigiona significati inattesi, ma solo a patto che essa sia priva di «esperienza vissuta e personalistica», priva di «sofferenza lamentata», priva «di lordura». La parola della poesia non può essere quella logora, puramente connotativa, del linguaggio comune, né quella consunta, sovraccarica di memoria, propria della tradizione letteraria, deve essere parola “smemorata”, priva di sovrastrutture, di significati sedimentati, che ritrova il suo peso, la sua consistenza primitiva; è quindi pronta ad essere catturata e manipolata dal poeta, scomposta nei suoi semi sillabici e combinata con altre in virtù delle sue qualità puramente sonore. Quando parla di «smemoratezza» della parola o «infanzia della parola», tuttavia Scialoja sa di poter dar luogo a fraintendimenti. Da qui l’esigenza di chiarire, di meglio specificare il suo pensiero. Nulla a che vedere con il fanciullino pascoliano. L’infanzia di cui parla Scialoja non è luogo edenico, spazio della fantasia innocente, del riso, del gioco, della leggerezza, bensì «infernale regno delle apparizioni», insieme paradiso e inferno mescolati in un presente assoluto. Il bambino non ha coscienza della morte, conduce in modo “sfrontato” la sua esistenza («sfrontata perché aliena di morte»), vive ogni situazione con la massima intensità, non fa differenza tra il sogno e la realtà e si muove con disinvoltura tra le creature misteriose ed inquietanti che egli stesso è capace di suscitare. Ma non è forse questo l’identikit di Alice, lo straordinario personaggio uscito dalla penna di Lewis Carroll? Alice è catapultata in un mondo affascinante e terribile, si aggira tra personaggi stravaganti – animali e esseri umani sfuggenti o enigmatici o crudeli – senza minimamente scomporsi dinanzi all’assurda logica dei loro insensati ragionamenti. Gli animali che popolano le poesie nonsensiche di Scialoja, che compongono il suo fantastico bestiario, appartengono allo stesso mondo labirintico e allucinato di Alice, potrebbero tranquillamente stare in compagnia del Bianconiglio, di Bill la lucertola, del gatto del Cheshire, della lepre marzolina o del bruco blu che fuma il narghilè. Sono animaletti cinici o crudeli che divertono con i loro atteggiamenti folli ma non inteneriscono, appaiono e scompaiono dall’orizzonte visivo del lettore, spesso pronunciando frasi sconnesse. Gli animali di Scialoja fanno sorridere perché i loro comportamenti scartano dalla norma, sono inquietanti e maliziosi come la strana «bestia» di Ostia «coperta di nafta / che sputacchiava e basta», o come i «pessimi» passeri di Campobasso che con superbia militaresca «marciano tutti al passo / e soffiano nei pifferi / inciampando a ogni sasso», oppure come la «scema e maligna» scimmia di Signa che «appena mi vede / si copre col piede / il grugno e digrigna / i denti di mummia» (ivi, p. 82). Vi sono insetti che ammiccano al lettore e lo disorientano con i loro contegni imprevedibili e addirittura cani che si sbronzano al bar, litigano, o fumano il sigaro. Il nonsense, insomma, è un genere letterario «legato strutturalmente all’infanzia della parola», capace di produrre «una sorta di logica altra, che procede verso l’assurdo, una cancellazione del dato cognito», ma – e qui Scialoja mette in guardia i lettori meno avvertiti contro ogni tentativo di riduzione semplicistica e denigrativa – «chi interpreta la poesia nonsense come balordaggine, buffoneria, accozzaglia di termini eterogenei va fuori strada». Il gioco delle parole anagrammate o delle aggregazioni sillabiche mette in crisi il senso comune del lettore minacciando le fondamenta della sua logica cartesiana, costringendolo ad abbracciare una logica alternativa che «si affida ad un’idea allucinatoria del linguaggio». Negli anni ’80 e ’90 diviene più arduo procedere per riscontri e parallelismi: le “due anime” di Scialoja si dissociano e paiono prendere strade divergenti, se non addirittura contrastanti. Il filo che teneva unite l’esperienza pittorica e quella poetica sembra spezzarsi. Identica è l'ansia di rinnovamento e l'entusiasmo con cui l'anziano artista si cimenta in nuove sfide, con se stesso e con la propria arte, mostrando un inesausto desiderio di esplorare la realtà e di entrare in comunicazione con essa – profondamente diverse sono le direttrici del cambiamento. Giovanni Raboni – che ha definito l’artista romano «poeta-pittore dai destini incrociati» – ha interpretato forse nella maniera più semplice e corretta la «perfetta simmetria» esistente tra le due passioni di Scialoja, individuando nella «radicale estraneità al ricatto del senso comune» l’unico vero tratto unificante. All’estrema libertà di espressione e alla totale emancipazione dalla “prigione” della forma, cui giunge Scialoja nella sua ultima stagione pittorica, corrisponde in campo poetico la ricerca di massimo rigore formale e la necessità di calare l’invenzione verbale, sempre strepitosa, in rigide «gabbie metriche». Nemico dichiarato del verso libero, Scialoja compone negli anni Ottanta «poesie di metro molto breve (settenari, ottonari, novenari) e molto sintetiche»: di questo tipo sono le poesie raccolte in Scarse serpi (1983), Le sillabe della sibilla (1983-1985) e i Violini del diluvio (1986-1988). Eppure, verso la fine dei Violini, già appare qualcosa di mutato, di nuovo rispetto al passato: «un rallentamento del ritmo e un allungamento del verso. L’endecasillabo diventa, anche, in certi momenti, dodecasillabo, mai ipèrmetro però, mai sfiorando il verso libero». Una nuova poesia, dunque, dalla «metrica precisa e tuttavia rallentata». Dettagli del passato, larvate presenze femminili, ricordi nostalgici di estati trascorse al mare, cupi presagi di morte sono i nuovi elementi della poesia scialojana di questi anni, nella quale è evidente il «desiderio di raccontare più che di folgorare». Il bisogno di rallentare i tempi, «di raccontare più pacatamente, nei dettagli, cercando di prolungare il racconto», conduce Scialoja, nelle ultime raccolte degli anni Novanta – Rapide e lente amnesie (1994), Le Costellazioni (1997) e il volume postumo Cielo coperto (con poesie del biennio ’97-’98) – a recuperare addirittura l’esametro. In un’intervista rilasciata ad Antonella Micaletti, Scialoja si dichiara incantato dal «ritmo così gestuale e prolungato» di questa speciale forma metrica, ed anche nell’Avvertenza al volume ritorna (e sorprende) l’uso dell’aggettivo “gestuale” (che nella pittura informale, abbiamo visto, è sinonimo di azione cieca ed istintiva, non predeterminata) riferito alla “gabbia chiusa” dell’esametro che letteralmente “imbriglia” le parole nel verso. Imprevedibilità del gesto vs predeterminazione del metro: è, questa, una radicale antinomia che, prima facie, porrebbe l’artista-poeta di fronte alla necessità di operare una scelta, di stare da una parte o dall’altra: libertà o costrizione? In realtà la contraddizione è solo apparente se consideriamo il nuovo modo – consapevole e “controllato” – di intendere il gesto da parte di Scialoja pittore che, pur riprendendo, negli anni Novanta, la poetica esistenziale dell’espressionismo astratto di matrice americana, ne rinnova le premesse attraverso una personale opera di chiarificazione e di razionalizzazione. Come l’azione del pittore è tanto più libera quanto più è consapevole e “controllato” il suo gesto, così il poeta può raggiungere un’autentica libertà espressiva solo attraverso l’assunzione di regole che incanalano i suoni e i significati delle parole nella direzione da lui voluta. Ecco allora che nei versi delle ultime raccolte scialojane sono proprio i rigidi schemi della metrica barbara a rendere “gestuale” (nel senso di “libera”) l’ispirazione dell’anziano poeta: […] per me la poesia deve avere la rima, tutte le convenzioni e le restrizioni possibili. Più ne ha più la poesia è libera, per me. [a cura dell'autore]
XI n.s.
BAIONI, PAOLA. "La nascita della poesia ermetica nelle riviste degli anni Trenta." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/186.
Full textStarting from a wide investigation in the literary reviews in the '30s, the research has focused on the major magazines, for which hermetic poets and critics worked. The correspondence between poets and editors in chief and members of the editorial staff has proved extremely interesting; the most meaningful letters, especially the unpublished ones, are presented in the thesis. Many critic-theoretic documents and some rare poetries by Mario Luzi (never collected nor published by critics) are also reproduced. Moreover lyrics by various poets, such as Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi, have been anthologised (with text transcription and apparatus criticus below); all of them present some changes in text compared to the final version, printed in volume. This analysis represents, at least, the third part of the thesis.
BAIONI, PAOLA. "La nascita della poesia ermetica nelle riviste degli anni Trenta." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/186.
Full textStarting from a wide investigation in the literary reviews in the '30s, the research has focused on the major magazines, for which hermetic poets and critics worked. The correspondence between poets and editors in chief and members of the editorial staff has proved extremely interesting; the most meaningful letters, especially the unpublished ones, are presented in the thesis. Many critic-theoretic documents and some rare poetries by Mario Luzi (never collected nor published by critics) are also reproduced. Moreover lyrics by various poets, such as Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi, have been anthologised (with text transcription and apparatus criticus below); all of them present some changes in text compared to the final version, printed in volume. This analysis represents, at least, the third part of the thesis.
Daraio, Martina. "Lo spazio della poesia. Il caso marchigiano negli anni della diaspora e della mobilità." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424813.
Full textLa tesi intende approfondire il rapporto tra spazio e scrittura poetica nel caso marchigiano contemporaneo. La sua struttura si compone di due parti interconnesse: nella prima, dopo aver definito le coordinate terminologiche del lavoro, viene descritto il percorso socio-culturale della regione alla luce del dibattito critico internazionale sulle forme di rappresentazione della spazialità; la seconda parte presenta invece una selezione antologica in cui viene messo in relazione il lavoro poetico di tre autori nati attorno agli anni Trenta che hanno esordito a partire dagli anni Cinquanta (Paolo Volponi, Luigi Di Ruscio, Franco Scataglini), con l'opera di autori nati tra agli anni Settanta e Ottanta che hanno esordito a partire dagli anni Zero (Luigi Socci, Renata Morresi, Massimo Gezzi, Franca Mancinelli). Il passaggio dalla diaspora alla mobilità cui il titolo allude rimanda quindi all'idea di una trasformazione che ha interessato tanto le modalità dell'abitare, quanto quelle della rappresentazione poetica dei luoghi, quanto, infine, l'efficacia dello spazio come categoria critica.
Tonon, Stefano <1983>. "Il "trobar leu" di Fernando Bandini." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4621.
Full textManigrasso, Leonardo. "Capitoli autobiografici. Poeti traduttori a confronto tra terza e quarta generazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422087.
Full textIl dott. Leonardo Manigrasso ha focalizzato la sua tesi sulla storia della traduzione di poesia francese ad opera di poeti nati tra il secondo decennio e i primissimi anni Venti del secolo. L’obiettivo è quello di sondare in primo luogo le forme del tradurre ermetico tra gli anni Trenta e Quaranta, poi la storia del suo declino almeno fino alla metà del decennio seguente, e infine il successivo imporsi di strategie traduttive non più inscritte in una koiné, ma anzi in linea di massima liberate dai codici formali più stringenti. Il perimetro di indagine è nella fattispecie circoscritto alla categoria dei poeti-traduttori di terza e quarta generazione nati tra il 1910 e il 1922, salvaguardando nondimeno il diritto, quando è il caso, di derogare ai questi confini mobilitando voci rappresentative di altre generazioni, quali ad esempio Diego Valeri o Giovanni Raboni. Il metodo critico adottato è quello comparatistico, basato sul raffronto di diverse traduzioni di uno stesso testo-fonte (le cosiddette “varianti inter-autoriali”, da un minimo di due a un massimo di quattro per volta) al fine di mettere in maggior rilievo le dissonanze, gli espedienti tecnici e, eventualmente, le analogie tra le opzioni messe in pratica dai vari poeti. A questo scopo ho indagato: a) una figura “di frontiera” come Beniamino Dal Fabbro, le cui traduzioni da Rimbaud e Baudelaire – poste a confronto con quelle di Luzi e Parronchi – consentono di collocarlo subito al di fuori della più stretta cerchia di traduttori dell’universo ermetico; b) le traduzioni “intergenerazionali” di Delfica di Nerval da parte di Valeri, Parronchi e Risi, piattaforma ideale per indagare le opzioni aperte dalla gerarchizzazione dei livelli che l’atto traduttivo fatalmente comporta, tra gli estremi della scelta del criterio rimico-metrico di Valeri e quello letterale-semantico di Parronchi: particolare attenzione poi è stata rivolta alle declinazioni, i prestiti e i prelievi che la mitopoiesi nervaliana ha intrattenuto con le opere in versi dei traduttori; c) le versioni di Le crépuscule du matin di Baudelaire messe a punto da Parronchi e Fortini, che permettono di verificare come diversissime concezioni del rapporto tra il nuovo testo e i codici formali della tradizione approdino a una stessa contestazione della società contemporanea; d) le versioni di Ta chevelure d’oranges di Éluard prima di Bigongiari e Fortini, portavoci l’una di una via ermetica all’esperienza del tradurre, basata sul tema dell’assolutezza della memoria, e l’altra di senso opposto in quanto fondata sul principio dell’antagonismo soggiacente tra immaginazione e realtà, e poi le traduzioni dallo stesso testo di Traverso e Zanzotto, sulle quali accertare due modalità diverse di ricorso al lessico petrarchesco; e) le versioni di Bigongiari e Sereni di Septentrion di Char, dove è possibile testare l’influenza sulle strategie del tradurre della prossimità o distanza della propria poetica da quella dell’autore tradotto; f) le cinque traduzioni di La vie antérieure ancora di Baudelaire allestite da Luzi, Parronchi, Pagano e Raboni (due stesure), attraverso le quali mettere a referto l’irreversibile indebolimento tra gli anni Quaranta e Novanta delle istituzioni formali del codice d’arrivo in favore di sempre più complesse tattiche di remunerazione distribuite lungo i vari livelli del testo; g) le versioni di La cordillera de los Andes di Henri Michaux operate da Luzi e Erba in anni quasi concomitanti, in cui confluiscono due diverse poetiche relative alla determinazione metageografica e psicologica del “qui” e dell‘ “altrove”, da inscriversi (soprattutto per Luzi) nel quadro della consumata dissoluzione della koinè ermetica; h) le versioni di Erba e Caproni di Les canaux de Milan di Frénaud, volte a stabilire la distanza tra una concezione dell’atto traduttivo come ricerca del compromesso ideale tra le aspettative del piano semantico e quello fonico dell’ipotesto e, al contrario, la rivendicazione da parte del poeta del diritto al rifacimento; i) la comparazione tra le versioni, ancora di Frénaud, di J’ai bâti l’idéale maison e Espagne di Risi e Caproni, sulle quali sperimentare come il diverso trattamento delle partiture iterative del testo di partenza implichi decisive conseguenze sul piano semantico. Queste campionature esemplari sono poi corredate e inquadrate da un lato dagli Appunti per una storia della traduzione dall’ermetismo in poi, una rassegna delle principali traduzioni di questi poeti – in rivista e in volume – all’interno di un bilancio generale della storia del tradurre poesia a partire dagli anni Quaranta; dall’altra da una indicizzazione dei principali volumi di interesse traduttivo di questi autori, tra antologie personali dei traduttori, antologie miscellanee di poesia straniera e antologie di traduzioni “monografiche”, dedicate ai singoli autori francesi
Cardilli, L. "DAL LACANISMO ALL'ESEMPLIFICAZIONE TESTUALE: RIPENSARE L'OLTRANZA POETICA DI ANDREA ZANZOTTO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/469498.
Full textDaino, L. "Una stilistica dell’usuale : gli esordi poetici di Giovanni Raboni tra ‘stile semplice’ e ‘grande stile’ (1950-1965)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/236945.
Full textMARCHESI, VALENTINA BARBARA. "LE PROSE CRITICHE DI EUGENIO MONTALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1037.
Full textEugenio Montale (1896-1981) has been a literary critic as long as he lived. Since 1920 till death, Montale worked together with many newspapers and with the most important literary reviews of his period. In 1948 was assumed at «Corriere della sera», in Milan: here he became a journalist as a job and dedicated himself to disclosure Italian and European literature, with a particular attention for English and French ones. This essay analyzes his critical proses, identifying their main themes: authors and books reviewed, themes and cultural issues which Montale wrote about as long as he wrote. Some figures of writers, critics and philosophers (Sergio Solmi, Emilio Cecchi, Benedetto Croce, Roberto Bazlen) represent the ideal boundaries for an idea of poetry, which Montale points in his proses: communicating with these figures, he reflects upon the main issues of contemporary culture and literature. Montale’s critical style can infact be placed between journalism and literary criticism. In the last part of this essays it has been tried to find out some important junctions between literary essays, narrative proses and poetry, living all together in Montale’s activity.
MARCHESI, VALENTINA BARBARA. "LE PROSE CRITICHE DI EUGENIO MONTALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1037.
Full textEugenio Montale (1896-1981) has been a literary critic as long as he lived. Since 1920 till death, Montale worked together with many newspapers and with the most important literary reviews of his period. In 1948 was assumed at «Corriere della sera», in Milan: here he became a journalist as a job and dedicated himself to disclosure Italian and European literature, with a particular attention for English and French ones. This essay analyzes his critical proses, identifying their main themes: authors and books reviewed, themes and cultural issues which Montale wrote about as long as he wrote. Some figures of writers, critics and philosophers (Sergio Solmi, Emilio Cecchi, Benedetto Croce, Roberto Bazlen) represent the ideal boundaries for an idea of poetry, which Montale points in his proses: communicating with these figures, he reflects upon the main issues of contemporary culture and literature. Montale’s critical style can infact be placed between journalism and literary criticism. In the last part of this essays it has been tried to find out some important junctions between literary essays, narrative proses and poetry, living all together in Montale’s activity.
TRIACHINI, STEFANIA. "MONALDO LEOPARDI "CAVALIERE CRISTIANO". L'ESPERIENZA LETTERARIA GIOVANILE TRA CULTURA GESUITICA E ACCADEMIE RECANATESI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/46248.
Full textThis work aims to study the first literary production of Monaldo Leopardi (1176-1847), Giacomo Leopardi’s father, according to a cultural and historical point of view. Initially, we rebuilt the relationship between Monaldo Leopardi and his family with the Society of Jesus (XVI-XVIII Century), pointing out the model of «Christian hero» he embodied during his jesuitical homeschooling. Then, we analysed Monaldo Leopardi’s literary production (1800-1806) considering three different aspects: first of all, the connection with the Italian Accademie that we investigated thanks to archives resources, with a special focus on the Accademia dei Disuguali Placidi Ravvivati (1801-1803) he founded; afterwards, we studied his poetic and theatrical works referring to the volume "Opere del conte Monaldo Leopardi Gonfallonieri da Recanati" (1803). Finally, we decided to examine the development of this literary production with main Christian traits, by comparing father’s and son’s literature and by focussing on the journal “La Voce della Ragione” (1832-1835) and the letters between Monaldo and the jesuitical general Jan Philip Roothaan.
TRIACHINI, STEFANIA. "MONALDO LEOPARDI "CAVALIERE CRISTIANO". L'ESPERIENZA LETTERARIA GIOVANILE TRA CULTURA GESUITICA E ACCADEMIE RECANATESI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/46248.
Full textThis work aims to study the first literary production of Monaldo Leopardi (1176-1847), Giacomo Leopardi’s father, according to a cultural and historical point of view. Initially, we rebuilt the relationship between Monaldo Leopardi and his family with the Society of Jesus (XVI-XVIII Century), pointing out the model of «Christian hero» he embodied during his jesuitical homeschooling. Then, we analysed Monaldo Leopardi’s literary production (1800-1806) considering three different aspects: first of all, the connection with the Italian Accademie that we investigated thanks to archives resources, with a special focus on the Accademia dei Disuguali Placidi Ravvivati (1801-1803) he founded; afterwards, we studied his poetic and theatrical works referring to the volume "Opere del conte Monaldo Leopardi Gonfallonieri da Recanati" (1803). Finally, we decided to examine the development of this literary production with main Christian traits, by comparing father’s and son’s literature and by focussing on the journal “La Voce della Ragione” (1832-1835) and the letters between Monaldo and the jesuitical general Jan Philip Roothaan.
BENIGNI, PAOLA. "Pensando a te nelle voluttuose spire, le sigarette della tua gentilezza. Lettere inedite di Mario Luzi a Giacinto Spagnoletti." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1085.
Full textMario Luzi and Giacinto Spagnoletti were major figures of the 20th century literary milieu. Luzi, in particular, was among the most important representatives of the Florentine Hermetic literary circle. Given the prestige of the two characters, it is possible to easily understand the documentary and historical value of the present study, whose aim is to report on the letters written by the poet from Castello to the critic from Taranto. The letters cover a time span of more than a half century, from 1941 to 1993, and are reported integrally for the first time. As proof of their importance, suffice it to say that some of the letters were partially quoted by Stefano Verdino, editor of the volume Mario Luzi. L’opera poetica [Mario Luzi. Poetical works] published in 1998 in the collection «I Meridiani» by Mondadori, containing a section entitled Cronologia in which Verdino quotes them in order to draw a very detailed biographical sketch of the poet. The reported autograph texts are kept, but not yet catalogued, in the library of the Schlesinger Foundation, in Lugano. The present research study has proved very challenging and interesting, especially the part concerning the contextualization of references, the reconstruction of events and the identification of works and characters, who are often referred to through nicknames (explained in the footnotes and in the section “Annotazioni” [‘Notes’] at the bottom of every letter). The reading of the correspondence between coeval literary characters and the consultation of the most important reviews of the time proved of primary importance for the analysis of the letters. The mentioned research made it possible to report integrally and, hopefully, to preserve for future memory, Luzi’s 163 letters, which, besides testifying a more than 50-year-long friendship between Luzi and Spagnoletti, provide useful information about relevant events and characters of the literary and, more generally, intellectual entourage of the time (publishing industries, literary competitions, universities, newspapers and journals, etc.). Of particular critical and philological interest proved the letters in which Luzi describes his modus operandi to his friend and reveals the tormented phases of his prose and poetic production, thus providing even the reader with the key to enter his precious literary ‘workshop’. Of the same relevance are the letters in which Luzi becomes a critic of the work of his addressee, who was not only an author of anthologies and ‘militant’ reviews, but also of novels and poems of which Luzi was an attentive reader and the first, sometimes unrelenting, critical mentor. If the great value of these texts is to be acknowledged firstly from a documentary and historic point of view, it must also be underlined that they are of great relevance because of the personal and private information they provide. In other circumstances Giacinto Spagnoletti himself stated that ‘we could not get [that information] from any other sources’ [“non conosceremmo da altra fonte”]; the most evident contribution given by the letters is to provide the scholars with information which integrate and complete the official biographies of the two writers, thus helping to better understand some autobiographical and intimist issues which can only be found in the embryonic phase in their literary production.
Sartori, Enio. "Tra "bosco e non bosco". Ragioni poetiche e gesti stilistici ne "Il Galateo in Bosco" di Andrea Zanzotto." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426113.
Full textl'operazione critica che qui viene proposta si pone come obiettivo quello di circoscrivere ed individuare le ragionipoetiche e i gesti stilistici attraverso cui Andrea Zanzotto produce la sua singolare relazione con la lingua in generale, con la parola poetica e con il più complessivo tema del luogo e dell'abitare
SACCONAGHI, CARLO. "VITTORIO SERENI TRADUTTORE DI EZRA POUND." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/471648.
Full textDI, MAIO FABRIZIO. "L'opera di Ottiero Ottieri." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1284.
Full textThe subject of this thesis concerns the Ottieriâ s literary work from his first novel Memorie dellâ incoscienza (1954) to Una irata sensazione di peggioramento (2002), analysing three themes which come over his poetry: industry, sanatorium and politics. The thesis is planned on seven chapters. In the introduction, the characteristics of Ottieriâ s novels are developed: original and unclassifiable, Ottieri has organized an extensive literary project through thirty works connected by a continuous plot of themes and leitmotivs which are linked on different subject as Italian and European literature, history, psychiatry, art, politics. In the first chapter, the Ottieriâ s youthful devotion to fascism is analysed in the light of his own memories (Memorie dellâ incoscienza), an autobiographic novel in which an alter ego (Lorenzo Bandini) analyses the dramatic issues of Italy during the Second World War. In the second chapter the emergent theme concerns the industrial world through four works (two novels: Tempi stretti and Donnarumma allâ assalto, the diary La linea gotica and the play I venditori di Milano) which allow him to be the â pioneerâ of Italian industrial literature. From the third to the fifth chapter, the principal theme which comes over is mental illness; depression, schizophrenia, alienation are bound to be the centre of his literary works and not only of his life. The sixth chapter studies two novels, La storia del PSI and Il poema osceno, which are the summary of his political ideas. The seventh chapter is about the last works of Ottieri; aware of his imminent death, the poet describes his life as a borderline individual and as an unsuccessful writer.
CAPPELLO, MASSIMILIANO. "GIUDICI, ZANZOTTO, RABONI. AUTONOMIE ED ETERONOMIE DELLA PROSA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/931625.
Full textToppani, Valentino <1989>. "Il mito del Fanciullino pascoliano nella produzione poetica di Pierluigi Cappello." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12995.
Full textFeltrin, Laura <1993>. "La poetica di Guido Gozzano da La Via del rifugio a I Colloqui." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12615.
Full textTANTALO, LUCIA. "PADRE LUIGI PIETROBONO COMMENTATORE DELL'OPERA POETICA DI GIOVANNI PASCOLI. CON UN'APPENDICE DI LETTERE A MARIA PASCOLI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/46249.
Full textThe aim of the present work is to provide a thorough analysis of the critical production of Pietrobono concerning Giovanni Pascoli with a particular emphasis on the influence that he exercised in building the literary and interpretative tradition on Pascoli’s poetic heritage. The research project is focused on the critical analysis of Pietrobono as a literary man, as an interpreter and close friend of Giovanni Pascoli. The analysis builds on the study of his activity in light of the comments to the opera Poesie of Pascoli made by the “Scolopio” father and of the common relations that clearly emerge from a critical assessment of their respective production. Particular attention has been devoted to the building of the florilegium and to the editorial choices and to the comment to the Pascoli’s anthology first published in 1918 and then re-edited several times. This works presents a detailed and careful analysis of the different editions and in particular of the different choices concerning the works included and of the changes in the comments. A section of the present research work is focused on the epistolary correspondence between Luigi Pietrobono and Maria Pascoli that started in 1912 and continued up to 1950. From the letters it clearly emerges a close relationship and very productive literary-editorial interaction between the two writers that advise and support each other concerning their works on Pascoli’s production. These letters, preserved in the archive of the Casa Museo di Castelvecchio, have been transcribed and commented in the present research work.
TANTALO, LUCIA. "PADRE LUIGI PIETROBONO COMMENTATORE DELL'OPERA POETICA DI GIOVANNI PASCOLI. CON UN'APPENDICE DI LETTERE A MARIA PASCOLI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/46249.
Full textThe aim of the present work is to provide a thorough analysis of the critical production of Pietrobono concerning Giovanni Pascoli with a particular emphasis on the influence that he exercised in building the literary and interpretative tradition on Pascoli’s poetic heritage. The research project is focused on the critical analysis of Pietrobono as a literary man, as an interpreter and close friend of Giovanni Pascoli. The analysis builds on the study of his activity in light of the comments to the opera Poesie of Pascoli made by the “Scolopio” father and of the common relations that clearly emerge from a critical assessment of their respective production. Particular attention has been devoted to the building of the florilegium and to the editorial choices and to the comment to the Pascoli’s anthology first published in 1918 and then re-edited several times. This works presents a detailed and careful analysis of the different editions and in particular of the different choices concerning the works included and of the changes in the comments. A section of the present research work is focused on the epistolary correspondence between Luigi Pietrobono and Maria Pascoli that started in 1912 and continued up to 1950. From the letters it clearly emerges a close relationship and very productive literary-editorial interaction between the two writers that advise and support each other concerning their works on Pascoli’s production. These letters, preserved in the archive of the Casa Museo di Castelvecchio, have been transcribed and commented in the present research work.
Brigatti, V. "'UOMINI E NO' DI ELIO VITTORINI. IL TESTO TRA CARTE E POETICA, TRA EDIZIONI E CRITICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/218727.
Full textMIGLIORATI, MASSIMO. "MEMORIA E INNOCENZA DELLA POETICA CRITICA DI GIUSEPPE UNGARETTI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1032.
Full textThe aim of this essay is investigate the evolution of ideas like memory and innocence in Ungaretti's critical writings. These ideas were influenced from studies on Bergson, Agostino e Vico' philosophical teories during the Thirties in Brazil. Thanks to these investigations Ungaretti can wide the bounds of those concepts. Particularly important was Vico's influence and the association introduced between memory and imagination by the neapolitan philosopher in his most important work, the Scienza Nuova. Furthermore, Ungaretti is interested in Vico's humankind origins theory, a fundamental topic for who, like the italian poet, set the idea of archetypical innocence as a human and artistic target attainable by memory.
MIGLIORATI, MASSIMO. "MEMORIA E INNOCENZA DELLA POETICA CRITICA DI GIUSEPPE UNGARETTI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1032.
Full textThe aim of this essay is investigate the evolution of ideas like memory and innocence in Ungaretti's critical writings. These ideas were influenced from studies on Bergson, Agostino e Vico' philosophical teories during the Thirties in Brazil. Thanks to these investigations Ungaretti can wide the bounds of those concepts. Particularly important was Vico's influence and the association introduced between memory and imagination by the neapolitan philosopher in his most important work, the Scienza Nuova. Furthermore, Ungaretti is interested in Vico's humankind origins theory, a fundamental topic for who, like the italian poet, set the idea of archetypical innocence as a human and artistic target attainable by memory.
RONDENA, ELENA. "La letteratura concentrazionaria." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/290.
Full textSuch a long time has passed since the end of the Shoah and it has become clear that there are a lot of works written in those years which now form the corpus of literature based on the experiences in concentration camps. The authors of these works are not very well-known and they are usually considered minor but their works have often reached highly intellectual, moral and stylistic results. The narration of their traumatic memories is the result of precise decisions, i.e. what to tell, in what chronological order, but especially in what forms. The texts based on the experiences in concentration camps can in fact be studied from different points of view. The most unusual is their study through genres: short story, autobiography, essay, novel, journal, letter, poetry. The distinction between one genre and another is not often clear-cut. What is interesting to underline is that in front of a tragedy, as the Holocaust was, it is possible to choose to tell one's own experience by paying special attention to the way of expressing it. This is evidence that in front of evil man does not ever lose the desire to look for truth and beauty.
RONDENA, ELENA. "La letteratura concentrazionaria." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/290.
Full textSuch a long time has passed since the end of the Shoah and it has become clear that there are a lot of works written in those years which now form the corpus of literature based on the experiences in concentration camps. The authors of these works are not very well-known and they are usually considered minor but their works have often reached highly intellectual, moral and stylistic results. The narration of their traumatic memories is the result of precise decisions, i.e. what to tell, in what chronological order, but especially in what forms. The texts based on the experiences in concentration camps can in fact be studied from different points of view. The most unusual is their study through genres: short story, autobiography, essay, novel, journal, letter, poetry. The distinction between one genre and another is not often clear-cut. What is interesting to underline is that in front of a tragedy, as the Holocaust was, it is possible to choose to tell one's own experience by paying special attention to the way of expressing it. This is evidence that in front of evil man does not ever lose the desire to look for truth and beauty.
IZZO, ANNA. "Ragioni e passioni di una fine. Per una poetica della clôture narrativa nel romanzo realista-naturalista." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2006. http://hdl.handle.net/11384/86085.
Full textFEDERICO, LUCA. "L'apprendistato letterario di Raffaele La Capria." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005664.
Full textVasarri, Francesco. "Dall'ape alla zanzara. L'entomologia nella poesia italiana contemporanea." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1136880.
Full textCIACO, MARILINA. "Dopo la poesia? Installazioni, esperienza estetica, allegoria nella poesia del Duemila." Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/10808/44912.
Full textCASTELLANO, FRANCESCA PIA. "Interviste a Eugenio Montale (1931-1981)." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/857720.
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